Una prudente follia d`amore
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Una prudente follia d`amore
UNA PRUDENTE FOLLIA D’AMORE Santa Chiara d’Assisi Agli inizi del secolo XIII, la figura e l’esperienza di Francesco aveva già riempito Assisi. E proprio una giovinetta d’Assisi lascia che lo sconcertante ideale del suo concittadino le rapisca il cuore e la porti a sognare “la dolcezza delle nozze con Cristo”. Protagonista di tale avventura è Chiara, figlia di messer Favarone di Offreduccio e Ortolana, che la leggenda, fin dall’inizio definisce “mirabile donna, Chiara di nome e chiara per virtù” (FF 3154). È lei che, attratta dall’esempio di san Francesco, la notte delle domenica delle Palme 1211 (1212) abbandona la casa paterna e, presso la chiesetta della Porziuncola, inizia un cammino arduo e paradossale, perseguito con impegno radicale per 42 anni. La sua scelta straordinaria diviene la risposta di un amore totale senza misura e senza condizioni, totalmente gratuito verso Colui che “per amore suo tutto si è donato”. La sua vita si consuma nel piccolo chiostro del monastero di San Damiano, nella gioiosa sequela di Cristo povero e crocifisso. In una vita semplice, laboriosa e fraterna, attraverso la via della povertà, ella si apre al mistero di Dio. Il dono della fraternità è frutto di questo cammino: con lei nasce una nuova forma di vita, quella delle Sorelle Povere, poi chiamate Clarisse. All’età di trent’anni per Chiara inizia una lunga malattia che la renderà inferma e la costringerà a giacere sul giaciglio per circa 28 anni. Malgrado ciò continua ad essere per le sue sorelle una madre premurosa, una guida sapiente e un esempio di vita veramente evangelica. A San Damiano, l’11 agosto 1253 compie il suo beato transito al cielo, celebrando il dono della vita: Volgendosi poi a se stessa, la vergine santissima parla silenziosamente alla sua anima: «Và sicura – le dice – perché hai buona scorta, nel viaggio. Và, perché Colui che t’ha creata, ti ha santificata e sempre guardandoti come una madre suo figlio, ti ha amata con tenero amore». «E tu, Signore – soggiunge – sii benedetto, che mi hai creata». Interrogandola una delle sorelle a chi stesse parlando, rispose: «Io parlo all’anima mia benedetta». (FF 3252) L’eco della sua vita evangelica varca i confini di Assisi: “Chiara si nascondeva nel piccolo chiostro del suo monastero, ma la sua vita era nota a tutti, chiara taceva: ma la sua fama gridava. Nulla di strano in questo perché non poteva avvenire che una lampada tanto vivida, tanto splendente, rimanesse occulta senza diffondere luce” (FF 3284-85). Fin dai primi anni della sua conversione si moltiplicarono rapidamente le comunità su iniziativa di principesse che, felici di seguire e servire il Signore costruiscono dei monasteri nei quali esse stesse si ritirarono. È il caso di Agnese, figlia del re di Boemia, che fonda a Praga il primo monastero dell’Ordine di san Damiano. Chiara entra in contatto con Agnese e la loro corrispondenza resta un monumento di altissima commozione spirituale, di esperienza mistica tra le più suggestive. Ed è proprio nelle quattro lettere indirizzate a questa “venerabile e santissima vergine, donna Agnese”, mai incontrata di persona, che Chiara rivela le fibre più profonde tenere del suo cuore. Chiara, è vero, si rispecchia nella Regola, scritta da lei stessa e approvata dal Papa alla vigilia della sua morte: in essa ha trasfuso tutta la radicalità del suo seguire Cristo, nell’assoluta povertà della croce. Di questa Regola Chiara resta l’icona più fulgida e la testimone splendida che incarna senza compromessi il carisma francescano. Lo conferma col linguaggio affascinante il suo testamento. Ma lo specchio della sua santissima anima sono proprio le quattro lettere ad Agnese di Praga. Esse ci permettono di entrare nel cuore della sua spiritualità che è essenzialmente vita di comunione con il Signore Gesù nella via del Vangelo. Ne richiamiamo qualche suggestione, quasi finestre aperte su un orizzonte sconfinato di luce e di amore. La contemplazione del mistero di Cristo povero e crocifisso è al centro del suo pensiero. Chiara tiene costantemente lo sguardo su Cristo, uno sguardo semplice e amante. Essa sa che solo mediante l’umiltà, con la forza della fede e le braccia della povertà, si può abbracciare il tesoro incomparabile, nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani, col quale si compra Colui che dal nulla trasse tutte le cose. (cfr FF 2885) In questo passo si sente la gioia evangelica di chi avendo lasciato ogni bene terreno per seguire Gesù povero e affidarsi alla Provvidenza del Padre ha ricevuto fin d’ora il centuplo. È in questa povertà che l’uomo trova la ricchezza. Chiara torna costantemente a questa intuizione fondamentale: la esprime poeticamente e la canta con le più svariate modulazioni. O povertà beata! A chi t’ama e t’abbraccia procuri ricchezze eterne. O povertà santa! A quanti ti possiedono e desiderano, Dio promette il regno dei cieli, ed offre in modo infallibile eterna gloria e vita beata. O povertà pia! Te il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, giacché bastò un cenno della sua parola e tutte le cose furono create, si degnò abbracciare a preferenza di ogni altra cosa. Disse egli, infatti: Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli del cielo i nidi, ma il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo; e quando lo reclinò sul suo petto, fu per rendere l’ultimo respiro. FF 2864 Se, dunque, tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini – che erano poverissimi e indigenti, affamati per l’eccessiva penuria del nutrimento celeste –, divenissero in Lui ricchi col possesso dei reami celesti; esultate e godete molto, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letizia. FF 2865 La volontà di Chiara di collocarsi nella fedele sequela di Cristo povero è testimoniata nel famoso episodio nel quale si scontra con Papa Gregorio IX; lo ascoltiamo dalla Leggenda. Volendo che la sua famiglia religiosa si nominasse con il nome della povertà, impetrò da Innocenzo III di buona memoria il privilegio della povertà). Quell’uomo magnifico, rallegrandosi dell’ardore così grande della vergine, sottolineò la singolarità del proposito, poiché mai era stato richiesto alla Sede Apostolica un privilegio di tal genere. E, per rispondere con insolito favore all’insolita petizione, il Pontefice in persona, di sua propria mano, scrisse con grande letizia la traccia del privilegio richiesto. Il signor papa Gregorio, poi, di felice memoria, uomo degnissimo della Sede quanto venerabile per meriti personali, ancora più intensamente amava con affetto paterno questa Santa. E si studiava di persuaderla che acconsentisse a possedere qualche proprietà, per far fronte ad ogni eventuale circostanza e ai pericoli del mondo; ed anzi, gliene andava offrendo lui stesso generosamente. Ma ella si oppose con decisione incrollabile e in nessun modo si lasciò convincere. E quando il Pontefice le replicò: «Se temi per il voto, Noi te ne dispensiamo», «Santo Padre – ella rispose – a nessun patto e mai, in eterno, desidero essere dispensata dalla sequela di Cristo!». Accoglieva con grande letizia i frammenti di elemosina, i tozzi di pane che i questuanti riportavano e, quasi triste per i pani interi, era felice invece per quei pezzetti. A che moltiplicare le parole? Attendeva a conformarsi in perfettissima povertà al Crocifisso povero, così che nessuna cosa transitoria separasse l’amante dall’Amato, o ritardasse la sua corsa col Signore. FF 3187-88 È nell’evento della passione e della morte di Gesù che si realizza il mistero supremo della povertà di Cristo. Chiara desidera ricalcare le orme del Cristo povero e crocifisso e rivestirsi dei suoi stessi sentimenti: Attaccati, vergine poverella, a Cristo povero. Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo, e segui il suo esempio rendendoti, per amor suo, spregevole in questo mondo. Mira, o nobilissima regina, lo Sposo tuo, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato, e morente perfino tra i più struggenti dolori sulla croce. Medita e contempla e brama di imitarlo. Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai; se con Lui piangerai, con Lui godrai; se in compagnia di Lui morirai sulla croce della tribolazione, possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi, e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita e diverrà famoso tra gli uomini. Perciò possederai per tutta l’eternità e per tutti i secoli la gloria del regno celeste, in luogo degli onori terreni così caduchi; parteciperai dei beni eterni, invece che dei beni perituri, e vivrai per tutti i secoli.FF 2879-80 Nella spiritualità di Chiara la sequela di Cristo conduce alla contemplazione e alla trasformazione in lui, che è più della semplice imitazione esteriore. Colloca i tuoi occhi davanti allo specchio dell’eternità, colloca la tua anima nello splendore della gloria, colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza, e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nella immagine della divinità di Lui. Allora anche tu proverai ciò che è riservato ai soli suoi amici, e gusterai la segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall’inizio per coloro che lo amano. Senza concedere neppure uno sguardo alle seduzioni, che in questo mondo fallace ed irrequieto tendono lacci ai ciechi che vi attaccano il loro cuore, con tutta te stessa ama Colui che per amor tuo tutto si è donato. FF 2888-89 È lo Spirito che effettua la nostra trasformazione in figli di Dio, imprimendo in noi la sua immagine. Noi veniamo trasformati nell’immagine di Dio in Gesù, chiamato specchio dell’eternità. Lo specchio diventa l’immagine privilegiata da Chiara per esprimere il processo della trasformazione in Cristo, nel rapporto sponsale. E poiché questa visione di lui è splendore dell’eterna gloria, chiarore della luce perenne e specchio senza macchia, ogni giorno porta l’anima tua, o regina, sposa di Gesù Cristo, in questo specchio e scruta in esso continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e circondata di varietà, e sii adorna dei variopinti fiori di tutte le virtù e ancora di vesti splendenti, quali convengono alla figlia e sposa del sommo Re. In questo specchio poi rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità; e questo tu potrai contemplare, con la grazia di Dio, diffuso su tutta la superficie dello specchio. Mira, in alto, la povertà di Colui che fu deposto nel presepe avvolto in poveri pannicelli. O mirabile umiltà e povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra, è adagiato in una mangiatoia! Vedi poi, al centro dello specchio, la santa umiltà, e insieme ancora la beata povertà, le fatiche e pene senza numero ch’Egli sostenne per la redenzione del genere umano. E, in basso, contempla l’ineffabile carità per la quale volle patire sul legno della croce e su di essa morire della morte più infamante. Perciò è lo stesso specchio che, dall’alto del legno della croce, rivolge ai passanti la sua voce perché si fermino a meditare: O voi tutti, che sulla strada passate, fermatevi a vedere se esiste un dolore simile al mio; e rispondiamo, dico a Lui che chiama e geme, ad una voce e con un solo cuore: Non mi abbandonerà mai il ricordo di te e si struggerà in me l’anima mia. Lasciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità! L’amore appare sotto la forma di fuoco: il pensiero di Cristo infiamma ardentemente il cuore di Chiara. Contemplare significa godere delle indicibili delizie, delle ricchezze, sospirando di desiderio e di amore; contemplare significa rimanere in attesa dell’Amato, sospirando, aspirando a lui. Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: Attirami a te, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo. Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella inebriante. Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi abbracci deliziosamente e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca. FF 2906 Rimanere in attesa dell’Amato significa rimanere protesi verso il compimento eterno quando la comunione con Cristo, lo Sposo celeste, sarà perfetta. Te veramente felice! Ti è concesso di godere di questo sacro convito, per poter aderire con tutte le fibre del tuo cuore a Colui, la cui bellezza è l’ammirazione instancabile delle beate schiere del cielo. L’amore di lui rende felici, la contemplazione ristora, la benignità ricolma. La soavità di lui pervade tutta l’anima, il ricordo brilla dolce nella memoria. Al suo profumo i morti risorgono e la gloriosa visione di lui formerà la felicità dei cittadini della Gerusalemme celeste. FF 2901 È un linguaggio non usuale e un percorso non agevole quello proposto da Chiara ad Agnese: ma è l’incontro di due anime ardenti che come due fuochi fondono luce e calore per un più intenso splendore. San Francesco, in uno dei suoi biglietti a Chiara e alle sue sorelle, scrisse: E prego voi, mie signore, e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. FF 2790 La preghiera da Francesco fu accolta da Chiara in Assisi e da Agnese a Praga. Continuiamo a sperare che questa accoglienza sia sempre nuova, generosa e totale anche per coloro che, affascinati dall’unica Bellezza che salva, sull’esempio di Chiara si pongono alla sequela di Gesù povero e crocifisso. Su tutti scenda copiosa la benedizione che Chiara ha scritto per le sue sorelle. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. II Signore vi benedica e vi custodisca. Mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia. Rivolga a voi il suo volto e vi doni la sua pace; a voi, sorelle e figlie mie, e a tutte coloro che verranno dopo di voi e rimarranno in questa nostra comunità e alle altre tutte, che in tutto l’Ordine persevereranno sino alla fine in questa santa povertà. Io, Chiara, serva di Cristo, pianticella del santo padre nostro Francesco, sorella e madre vostra e delle altre Sorelle Povere, benché indegna, prego il Signore nostro Gesù Cristo per la sua misericordia e per l’intercessione della sua santissima madre Maria, del beato arcangelo Michele e di tutti i santi Angeli di Dio, [del beato padre nostro Francesco] e di tutti i santi e le sante di Dio, perché lo stesso Padre celeste vi doni e vi confermi questa santissima benedizione in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi, con la sua grazia e le sue virtù, fra i suoi servi e le sue serve nella Chiesa militante; in cielo, esaltandovi e glorificandovi nella Chiesa trionfante fra i suoi santi e sante. Vi benedico in vita mia e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni, con le quali lo stesso Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i suoi figli e le sue figlie spirituali, e con le quali ciascun padre e madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen. Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore. Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui. Amen.