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Bimestrale edito dalla Libera Compagnia Padana
Anno V - N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
S
peciale:
Il sogno e
il progetto:
l’evoluzione dei
progetti
costituzionali padani
25
26
La Libera
Compagnia
Padana
Quaderni Padani
Casella Postale 55 - Largo
Costituente, 4 - 28100 Novara
Direttore Responsabile:
Alberto E. Cantù
Direttore Editoriale:
Gilberto Oneto
Redazione:
Alfredo Croci
Corrado Galimberti
Flavio Grisolia
Elena Percivaldi
Andrea Rognoni
Gianni Sartori
Carlo Stagnaro
Alessandro Storti
Grafica:
Laura Guardinceri
Collaboratori
Giuseppe Aloè, Camillo Arquati,
Fabrizio Bartaletti, Alina Benassi
Mestriner, Claudio Beretta, Daniele
Bertaggia, Dionisio Diego Bertilorenzi,
Diego Binelli, Roberto Biza, Giorgio
Bogoni, Giovanni Bonometti, Romano
Bracalini, Nando Branca, Ugo Busso,
Giulia Caminada Lattuada, Claudio
Caroli, Marcello Caroti, Giorgio
Cavitelli, Sergio Cecotti, Massimo
Centini, Enrico Cernuschi, Gualtiero
Ciola, Carlo Corti, Michele Corti, Mario
Costa Cardol, Giulio Crespi, PierLuigi
Crola, Mauro Dall’Amico Panozzo,
Roberto De Anna, Alexandre Del Valle,
Corrado Della Torre, Alessandro
D’Osualdo, Marco Dotti, Leonardo
Facco, Rosanna Ferrazza Marini, Davide
Fiorini, Alberto Fossati, Sergio
Franceschi, Carlo Frison, Giorgio
Fumagalli, Pascal Garnier, Mario Gatto,
Ottone Gerboli, Michele Ghislieri,
Giacomo Giovannini, Michela Grosso,
Joseph Henriet, Thierry Jigourel,
Matteo Incerti, Eva Klotz, Alberto
Lembo, Pierre Lieta, Gian Luigi
Lombardi Cerri, Carlo Lottieri, Pierluigi
Lovo, Silvio Lupo, Berardo Maggi,
Andrea Mascetti, Pierleone Massaioli,
Ambrogio Meini, Ettore Micol, Alberto
Mingardi, Renzo Miotti, Aldo Moltifiori,
Maurizio Montagna, Giorgio Mussa,
Andrea Olivelli, Giancarlo Pagliarini,
Alessia Parma, Giò Batta Perasso,
Mariella Pintus, Daniela Piolini,
Francesco Predieri, Ausilio Priuli,
Leonardo Puelli, Laura Rangoni, Igino
Rebeschini-Fikinnar, Giuliano Ros,
Sergio Salvi, Lamberto Sarto, Gianluca
Savoini, Massimo Scaglione, Laura
Scotti, Marco Signori, Silvano Straneo,
Giacomo Stucchi, Candida Terracciano,
Mauro Tosco, Nando Uggeri, Fredo
Valla, Giorgio Veronesi, Antonio Verna,
Alessio Vezzani, Eduardo Zarelli,
Antonio Zòffili.
Spedizione in abbonamento postale:
Art. 2, comma 34, legge 549/95
Stampa: Ala, via V. Veneto 21, 28041
Arona NO
Registrazione: Tribunale di Verbania:
n. 277
Periodico Bimestrale
Anno V - N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
I «Quaderni Padani» raccolgono interventi di aderenti alla
“Libera Compagnia Padana” ma sono aperti anche a contributi di studiosi ed appassionati di cultura padanista.
Le proposte vanno indirizzate a: La Libera Compagnia Padana.
Il sogno e il progetto - Brenno
L’evoluzione dei progetti costituzionali padani - Gilberto Oneto
Io guardo all’Olanda - Alberto Mingardi
Crisi italiana e Padania come? - Ettore A. Albertoni
Saggio sulle costituzioni padane - Antonio Zòffili
Intervista ad Alessandro Storti - Enrico Cernuschi
Perché anche in Padania è necessaria una Diciarazione
dei Diritti - Carlo Stagnaro
1
2
9
14
23
29
Proposte per uno statuto etnonazionalista padano - Flavio Grisolia
34
38
Discussione sulle tasse nella Repubblica
federale - Giancarlo Pagliarini
46
53
54
Allegati
Il Decalogo di Assago
Proposta di Riforma Federalista della Costituzione
della Repubblica Italiana
Disegno di Legge Costituzionale
Costituzione della Comunità politica
dei popoli del Nord
Costituzione transitoria
Costituzione della Padania
Patto Costituzionale fra le Comunità Padane
Costituzione della Confederazione
delle Comunità Padane
Costituzione dell’Unione Federale Padana
Ipotesi per una riforma
Proposta di legge per le province autonome
Bozza di Costituzione del Piemonte
Costituzione della Federazione Ligure
Il “Patto eterno” del Grütli
Dichiarazione di Indipendenza Americana
La Carta di Chivasso
Dichiarazione di Venezia
Carta dei Diritti dei Cittadini Padani
Patto d’’Unione
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Il sogno e il progetto
L
a storia delle
costituzioni (che
sono contemporaneamente descrizione del
sogno e del progetto)
delinea fedelmente la formazione dell’idea di
patria padana. Negli ultimi affannati e densi dieci
anni essa si è sviluppata
su due filoni principali,
uno “italianista” e l’altro
padanista.
Il primo, più moderato, “si contenta” di una federazione italiana costruita sulle regioni esistenti o su
loro aggregazioni. Il secondo trova vigore nell’ideale
di una Padania del tutto indipendente o, in subordine,
di una Padania federata o confederata con altre porzioni dell’attuale Repubblica italiana.
Non è solo una differenza di dimensioni ma di concezione. Una non concepisce che un nebuloso Nord i
cui confini vagano dal Piceno al Po, che si configura
in omogeneità socio-economiche.
L’altra sogna una patria dai precisi confini scolpiti da
millenni di cultura, storia e identità. Una si barcamena su regioni e provincie italiane, indossa il vestito
che gli ha cucito addosso l’oppressore; l’altra cerca le
comunità naturali, le piccole patrie eterne costruite
sul legame antico con il territorio.
Entrambe prevedono il consenso: uno basato su convergenze di convenienze e l’altro su comunanze profonde che sono solo rafforzate e confermate da convenienze sociali ed economiche.
Certo, anche le aspirazioni più tiepide all’autonomia
sono grande cosa rispetto al nulla che gli oppressori
intendono concedere, fatto di fìnte autonomie locali,
di crescente oppressione fiscale e di un centralismo
che diventa sempre più arrogante, man mano che si
indeboliscono le forze reali dell’autonomismo padano.
Le due scuole hanno ciascheduna sviluppato loro progetti. Questi si sono sviluppati paralleli elaborando le
due visioni che il movimento padanista si trascina
dietro come una mai risolta contraddizione. In esso
hanno sempre convissuto le due anime, quella riformista e quella indipendentista, prevalendo ora l’una
ora l’altra. Agli inizi (fino alle elezioni del ‘94 e
all’ambiguo matrimonio con il Polo) ha prevalso decisamente la prima (“Repubblica del Nord”, la questioAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ne settentrionale, l’oppressione e la protesta
fiscale), dopo ha preso
vigore la seconda fino ad
allora relegata negli
ambienti usciti dal vecchio e variegato mondo
a u t o n o m i s t a .
Quest’ultima è poi esplosa in un crescendo di vittorie e di consensi (le
lezioni del ‘96, la “Tre
giorni del Po”, la “gazebata” per l’indipendenza della Padania, la creazione di
Parlamenti e di Governi padani) ma poi si è accartocciata sotto l’impreparazione culturale e la pochezza
morale di molti dirigenti politici, cresciuti alla vecchia scuola italianista. Entrata in crisi (e collassata
con le elezioni europee) la scuola padanista, ha ripreso inaspettato vigore la corrente riformista che - si è
scoperto quasi con stupore -aveva per tutto questo
tempo continuato a produrre a Roma disegni di legge
italianisti mostrando, fra l’altro, una spaccatura fra la
base e il territorio e gli eletti nelle stanze romane. Il
ritorno ufficiale delle istanze compromissorie (e il
ripudio di ogni idealità padanista) è avvenuto ad
Acqui in una sbrodolata di intrugli lessicali (settentrione, devolution) e identitari (la ‘’nordificazione’’ di
Tirolo, Umbria e Marche): qui ogni altra aspirazione è
stata abbandonata in cambio di un “Ministero per le
aree oppresse” e di una illusione di un referendum
che - con quei modi- non si farà mai.
Nella camera mortuaria di Acqui (su cui catafalcheggiava una improbabile bandiera di una Umbria padanizzata per la luttuosa circostanza) si è cercato di
celebrare il funerale della Padania e della padanità.
Ma la Padania esiste ed esistono molti Padani che
vogliono continuare a coltivare il sogno di una patria
libera ed europea, di cui in questi anni sono stati gettati i semi cui neanche la repressione più feroce (e il
disfattismo più ottuso) potranno impedire di crescere.
Per questo non bisogna smettere di sognare e di lavorare per trasformare il sogno, prima in progetto, e poi
in realtà concreta. Quello di non essere più condannati ad essere Italiani settentrionali ma di potersi
orgogliosamente chiamare Padani. Solo e finalmente
Padani.
Brenno
Quaderni Padani - 1
L’evoluzione dei progetti
costituzionali padani
di Gilberto Oneto
U
n disegno di grande riforma istituzionale trova
la sua naturale descrizione nel progetto di
Costituzione. E’ perciò naturale che il grande e
composito movimento autonomista padano abbia
reso manifesti i suoi obiettivi anche sotto la forma di
disegni di riforma costituzionale o di carte costituzionali alternative che finiscono per costituire il vero
programma di azione di tutte le sue componenti.
Si possono così leggere la storia e l’evoluzione del
movimento, e le sue articolazioni interne, anche e
soprattutto attraverso le bozze costituzionali che ha
prodotto e che ne hanno accompagnato il cammino.
Sono moltissimi i testi che in meno di dieci anni
sono stati prodotti e l’esame e il confronto dei loro
contenuti consente di effettuare una analisi delle evoluzioni ideologiche e dei “rapporti di forza” che le
varie correnti di pensiero hanno avuto all’interno del
mondo padanista.
Il primo documento organico che affronta la tematica
dell’autonomia di parte delle comunità padane è sicuramente la Carta di Chivasso. (1) Essa è stata molto
semplicemente una dichiarazione di intenti, un
abbozzo di progetto autonomista che non aveva pretesa di costituire un organico disegno istituzionale
ma che resta comunque un punto storico nodale per
l’importanza che ha avuto nel fomentare e formare
l”’ideologia” autonomista degli ultimi decenni: non
c’è infatti autonomista autentico che non abbia trovato in essa ispirazione ideale o che non l’abbia interpretata come il vero “turning point” di tutto quel
mondo autonomista anti-italiano di cui il movimento
padanista è l’espressione più completa ed efficace.
Per trovare le prime complete proposte di disegni
costituzionali elaborate in forma organica e completa
di testo normativo bisogna però attendere l’inizio
degli anni 90. Il vero e più attivo protagonista di questa prima stagione di elaborazioni è stato Francesco
Speroni, eurodeputato e senatore leghista, ma anche
Ministro per le riforme istituzionali nel governo
Berlusconi, e con ciò l’autonomista che è arrivato più
vicino al centro nevralgico delle potenziali riforme
costituzionali.
Nella sua veste di parlamentare e di ministro, Speroni
ha presentato una serie di Disegni di legge che, alla
luce di tutti i successivi sviluppi, possono sembrare di
portata innovativa piuttosto limitata ma che hanno
(almeno i primi) rappresentato, al momento della
loro elaborazione, dei momenti di
2 - Quaderni Padani
Fig.1
PROGETTO SPERONI
1 - Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria
2 - Lombardia
3 - Veneto, Trentino-SudTirolo e Friuli
4 - Emilia e Toscana
5 - Romagna, Marche, Umbria e Lazio
6 - Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata
7 - Campania e Calabria
8 - Sardegna
9 - Sicilia
originalità, se non proprio di rottura. Si trattava in
generale di progetti di modifica in senso federalista
dello stato italiano che non ne modificavano in
maniera radicale l’assetto generale, ereditandone la
suddivisione territoriale in regioni. (Fig. 1) Esistono
numerosissime variazioni dello schema originario,
frutto di continui (e spesso scoordinati) aggiornamenti e aggiustamenti: si ha anche l’impressione che
Speroni abbia sempre agito senza nessun contatto
con chi stava lavorando su disegni “padanisti” e che la
sua visione “italianista” abbia ripreso vigore dopo il
loro abbandono. (2)
Il primo grande passo verso la ridefinizione dei soggetti costituenti la federazione (e quindi dell’introduAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Fig.2
PROGETTO DI ASSAGO
1 - Repubblica del Nord
2 - Repubblica
dell’Etruria
3 - Repubblica del Sud
4 - Valle d’Aosta
5 - Trentino-SudTirolo
6 - Friuli
7 - Sardegna
9 - Sicilia
Fig.3
PROGETTO MIGLIO
1 - Repubblica del Nord
2 - Repubblica del
Centro
3 - Repubblica del Sud
4 - Valle d’Aosta
5 - Trentino-SudTirolo
6 - Friuli
7 - Sardegna
9 - Sicilia
zione dell’idea di Padania in una struttura costituzionale) è stato fatto con il cosiddetto Decalogo di
Assago (3), elaborato dal professor Miglio, nel quale si
prevedeva la creazione di tre “macroregioni” distinte
a divisione della repubblica. Per la prima volta prendeva forma la Padania, sia pur ancora configurata
come Repubblica del Nord e privata delle tre regioni a
statuto speciale. (Fig 2)
Il sofferto (e catastrofico per le sorti autonomiste)
divorzio di Miglio dalla Lega ha temporaneamente
ridato vigore all’idea di federazione delle regioni esistenti (sia pur raggruppate secondo schemi di razionalizzazione desunti da un noto studio della
Fondazione Agnelli). (4) Si è trattato di un ritorno di
“federalismo italiano” che ha avuto breve durata (e
scarso successo) e che è stato travolto della scelta
indipendentista effettuata dal maggior movimento
padanista che ha fatto nascere una serie di progetti
costituzionali non più estesi alla Repubblica italiana
ma limitati alla Padania, dai confini spesso allargati a
talune regioni centrali (nelle elaborazioni ufficiali) o
ristretti a quelli della Padania storica ed etnonazionalistica. In tutte le elaborazioni di questo periodo (che
va dalla storica giornata del 15 settembre 1996 alla
creazione del Parlamento di Chignolo) i soggetti federati continuavano a essere le attuali regioni. (5) (Fig
4) Come detto, questa nuova stagione di affermata
padanità ha avuto origine con la “Dichiarazione di
indipendenza” di Venezia (6), costruita su quella storica degli Stati Uniti ( 7 ) e sulla più recente
(1) La “Carta di Chivasso” è riportata fra i Documenti storici, a pag 100
(2)Esistono almeno quattro Disegni di Legge Costituzionale elaborati da Francesco Speroni (n.1304 e n.1403 nella XII Legislatura e
n.1975 e n. 3603 della XIII Legislatura). Lo stesso Speroni (solo o
con altri senatori) ha presentato numerosi altro Disegni di Legge
tendenti alla modificazione di un articolo della vigente
Costituzione italiana: nella XI Legislatura il n.20 (Art.127) e il
n.727 (Art.97); nella XII Legislatura il n.27 (Art.97), n.28 (Art.127),
n.225 (Art.78), n.1637 (Art.122) e n.2027 (Art.138); nella XIII
Legislatura il n.3679 (Art.57). Nella XII Legislatura si è fatto promotore di un Disegno di Legge per l’istituzione di una Assemblea
costituente (n.2028), e nella XIII Legislatura del recepimento nella
vigente Costituzione italiana del “principio di autodeterminazione
dei popoli (n.1289 e n.1803). Altri testi sono stati presentati al III
Congresso della Lega Nord e al Parlamento di Mantova. In allegato
sono riportati quelli presentati al Congresso di Genova della Lega
Nord il 6 novembre 1994 (a pag. 55) e il Disegno di Legge costituzionale n.1403, presentato in qualità di Ministro per le Riforme
Istituzionali il 21 gennaio 1995. (a pag. 66)
(3) Il cosiddetto “Decalogo di Assago” è riportato in allegato a pag. 54
(4) Fondazione Agnelli (a cura della), “Il nostro progetto geopolitico”, su Limes, n.4, 1994
(5) Il testo presentato al Parlamento del Nord, di Mantova è riportato in allegato a pag. 72.
(6) La “Dichiarazione di indipendenza e sovranità della Padania” è
riportata in allegato a pag. 101.
(7) La “Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America” è
riportata in allegato a pag. 99.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Quaderni Padani - 3
“Dichiarazione di sovranità” del Quebec. (8)
Sull’onda del fallimento della Bicamerale (che nel
settembre del 1997 aveva partorito l’esangue topolino
costituito da un testo blandamente modificato - e
neppure mai approvato - della sola seconda parte della vigente Costituzione italiana) era stato eletto, il 26
ottobre 1997, il Parlamento della Padania (il cosiddetto Parlamento di Chignolo) con funzione costituente. Nella sua prima seduta del 23 novembre il
Parla-mento aveva nominato una Commissione
Tecnico Scientifica, presieduta dal professor
Albertoni e incaricata di seguire e coordinare i lavori
parlamentari di stesura delle proposte di testo costituzionale. (9)
Dall’opera coordinata dei Comitati di parlamentari e
dalla Commissione sono uscite tre bozze: una provincialista, una federale e una confederale. (10)
La prima (elaborata da Massimo Ferrario e Augusto
Conti ma scherzosamente definita dalla stampa
“Statuto Albertoni”) (11) rappresentava una coraggiosa
variante allo schema regionalista e proponeva per la
prima volta una delimitazione etno-nazionalista della
Padania (Padania storica), escludendo Toscana,
Umbria e Marche ma comprendendo le provincie di
Massa-Carrara e Pesaro-Urbino. (Fig.5) Per l’eccessivo
peso concesso alle istituzioni provinciali (nella loro
attuale connotazione giacobino-prefettizia) questa
bozza era stata presentata ma subito ritirata al
Parlamento nella seduta del 19 aprile 1998. Su questo
documento si è comunque basato il progetto, per un
certo tempo perseguito (non senza una certa confusione) dal movimento padanista, di riforma istituzionale per mezzo della realizzazione di autonomie provinciali. (12)
La bozza federale (13) tornava invece ai confini della
“Grande Padania” (Padania allargata) e quella confederale (14) ometteva di effettuare scelte precise in
materia. Entrambe sono stati discusse a partire dalla
seduta del 28 giugno, e sono state approvate (con
emendamenti) nell’ultima seduta del Parlamento il 12
luglio del 1998. Il 28 giugno era stato anche approvato il “Patto d’Unione” redatto da Roberto Ronchi. (15)
Durante i lavori della Commissione era stato anche
prodotto un testo redatto con alcuni esperti de La
Libera Compagnia Padana (16) che è stato in parte recepito dalle due bozze poi approvate.
Questo conteneva alcune indicazioni “forti”, come la
precisa definizione dei confini padani su base etno-linguistica e storica, l’utilizzo di un lessico padanista e la
decisa difesa dell’identità attraverso una serie di norme
sull’attinenza e sulla cittadinanza. (Fig.6) Sempre a
seguito delle bozze licenziate a Chignolo, sono cominciate ad apparire bozze di Carte costituzionali relative
alle singole Piccole patrie costituenti la più grande
Comunità padana: si è trattato di un piccolo-grande
passo avanti nella presa di coscienza identitaria e di
coerente elaborazione nel campo dell’architettura istituzionale delle aspirazioni autonomiste e indipendentiste. (17)
44- Quaderni Padani
Fig.4
PROGETTO DI VENEZIA
1 - Valle d’Aosta
2 - Piemonte
3 - Lombardia
4 - Liguria
5 - Trentino
6 - SudTirolo
7 - Veneto
8 - Friuli
9 - Trieste
10 - Emilia
11 - Romagna
12 - Toscana
13 - Umbria
14 - Marche
Nella prima metà del 1999 il professor Miglio ripresentava una sua bozza di Carta costituzionale per la
Repubblica italiana (18) nella quale si ricalcavano i
principi che aveva già espresso sia col “Decalogo di
Assago” che nel “Modello di Costituzione” presentato
il 17 dicembre del 1994 al Circolo della Stampa di
Milano e fatto proprio dall’Unione Federalista. In
questo documento ricompare la Repubblica del Nord
separata dalle tre regioni autonome settentrionali.
(Fig3)
Nel frattempo, Speroni e altri non hanno mai cessato
di produrre proposte di riforma costituzionale aventi
per oggetto la Repubblica italiana: l’ultimo Disegno
di legge Costituzionale (n.3603 del Senato, XIII Legislatura) è stato presentato nella data (poco evocatrice
di slanci autonomisti) del 28 ottobre 1998. Il ripiegamento del maggior movimento autonomista su posizioni di blando e rinunciatario riformismo sono state
sancite dalla Dieta di Acqui Terme (3-4 settembre
1999).
Tutto questo complesso cammino evolutivo delle
bozze di riforma costituzionale padanista è stato riassunto e schematizzato nella Tabella A.
Nella stessa tabella viene anche inserito il “Progetto
di legge costituzionale di iniziativa popolare” (per la
creazione di Province autonome) che si discosta da
tutti gli altri per l’obiettivo specifico ma che rappresenta un interessante tentativo di riforma complessiva mediante transizioni accettabili dall’attuale ordinamento costituzionale.
L’evoluzione dell’elaborazione progettuale e delle
proposte può essere analizzata e interpretata utilizzando diversi criteri.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Fig.5
PROGETTO FERRARIO - 49 provincie
Il primo riguarda i tre grandi filoni “di pensiero” che
vi possono essere rintracciati e che possono essere
per semplicità ricondotti alle tre persone che ne sono
un po’ la personificazione emblematica: Speroni,
Miglio e Albertoni. La fase federalista e italianista è
rappresentata da Speroni che è stato un grande e prolifico produttore di testi costituzionali: nella sua carriera parlamentare ha presentato almeno quattro
Disegni di Legge volti a riscrivere completamente la
Costituzione italiana e ha ispirato in qualche modo
altre iniziative.
Su Miglio non occorre spendere troppe parole: è il
grande costituzionalista che ha per primo disegnato
(8) La “Dichiarazione di sovranità” del Quebec è stata pubblicata sui
Quaderni Padani, n.2 (autunno 1995), pagg. 11-14.
(9) La “Commissione Tecnico-Scientifica” era composta da Ettore
Albertoni (Presidente), Giuseppe Brianza, Giovanni Cappelluzzo,
Giancarlo Farè, Massimo Ferrario, Gilberto Oneto, Giorgio
Malagoli e Massimiliano Paleari (Segretario). Come consulenti settoriali: Alberto Fossati, Gianbattista Orizio, Giovanni Balzi,
Maurizio Ughi e Augusto Conti.
(10) Il Parlamento aveva nominato sei “Comitati permanenti per la
redazione della Costituzione”. Ogni Comitato aveva designato al
suo interno un Presidente, due Vicepresidenti e due Segretari (di
seguito elencati in quest’ordine). Comitato “A”
(Autodeterminazione, Diritti delle Comunità e dei cittadini): Ivo
Papadia, Alberto Cantù, Tiziano Gastaldi, Marco Tognetti e Mirta
Teresa Toninato. Comitato “B” (Rapporti economico-sociali):
Tiziana Merlini, Tito Cattaneo, Luciano Modena, Liciano
Grammatica e Edoardo Panizza. Comitato “C” (Sistema delle
garanzie: referendum, iniziativa popolare, tutela): Roberto Cota,
Giovanni Conati, Edoardo Tin, Massimo Morselli e Renato Giaretta.
Comitato “D” (Forma dello Stato padano): Sisto Marchioro, Marco
Fontaneto e Antonio Zoffili. Comitato “E” (Forma del Governo
padano): Mirko Amati, Franco Francone, Emilio Maria Zenoni, Pier
Giovanni Massari e Bruna Maria Franchin. Comitato “F” (Relazioni
con l’Unione Europea e le sue componenti statuali e regionali):
Roberto Ronchi, Pierluigi Maso, Claudio Regis, Walter Gherardini e
Chiara Formentini.
La bozza confederale è stata elaborata dal Comitato “A” (relatore
Alessandro Storti, referente Gilberto Oneto), la bozza federale dal
Comitato “D” (relatore Antonio Zoffili, referente Giorgio Malagoli).
(11) Il testo è riportato in allegato a pag. 80.
(12) Questo disegno operativo ha prodotto un “Progetto di legge
costituzionale di iniziativa popolare” che concerne “Modifiche al
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
PROGETTO LIBERA COMPAGNIA
1 - Arpitania
2 - Piemonte
3 - Liguria
4 - Lombardia Occidentale (Insubria)
5 - Lombardia Orientale
6 - (Tirolo) Trentino
7 - Veneto
8 - Ladinia
9 - Friuli
10 - Trieste
11 - Emilia (Lombardia
meridionale)
12 - Romagna e
Montefeltro
a - Comunità Walser
b - Comunità FrancoProvenzale (o
Arpitana)
piemontese
c - Comunità Occitana
piemontese
d - Comunità Cimbra
e - Comunità Carinziana
f - Comunità Slovena (o
Slavia)
Titolo V della Costituzione in materia di autonomie provinciali e
locali. Attribuzione alla Provincia di Bergamo e ad altre Province
dello Statuto d’Autonomia Provinciale”. Il saggio di Ettore
Albertoni (che viene pubblicato a pag. 14) inquadra sul piano più
generale della critica e della progettualità padaniste anche questa
iniziativa di natura costituzionale rivolta a operare dall’interno dell’ordinamento vigente. Essa è stata preparata da accurati studi
interdisciplinari promossi dal 1997 al 1999 dalle Province leghiste
di Bergamo e di Vicenza. In particolare il testo (che è riportato in
allegato a pag. 92) è stato elaborato nella sua formulazione giuridica dallo stesso Albertoni e rappresenta il risultato finale di una iniziativa costituzionale da parte del popolo bergamasco a norma
dell’Art.71, comma secondo, della Costituzione italiana, che stabilisce che “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto
redatto in articoli”. Si tratta di una assoluta novità nell’uso di questo strumento di legislazione diretta a fini di sostanziali modificazioni autonomistiche della Costituzione. Sono state raccolte a
Bergamo circa 70.000 firme e il Progetto ha concluso il suo iter
giuridico diventando il “Disegno di legge costituzionale n.3994”
assegnato alla Prima Commissione (Affari Costituzionali) del
Senato in data 20 maggio 1999. Analoga azione di mobilitazione è
in corso a Vicenza e Comitati spontanei di cittadini hanno assunto
la stessa iniziativa in molte Province della Padania.
(13) Il testo è riportato in allegato a pag. 87.
(14) Il testo è riportato in allegato a pag. 86.
(15) Il testo è riportato in allegato a pag. 103.
(16) Il testo è riportato in allegato a pag. 84.
(17) I testi esemplificativi di due di tali documenti (relativi al
Piemonte e alla Liguria) sono riportati a pag. 94 e a pag. 95.
(18) Il testo è riportato in allegato a pag. 89.
Quaderni Padani - 5
Tabella A
Data
di presentazione
Luogo
di presentazione
Autori
Ambito di applicazione
o tipo di divulgazione
Numero di articoli
12 dicembre 1993
Gianfranco Miglio
Repubblica italiana
10
Francesco Speroni e altri
Repubblica italiana
147 + 1
Gianfranco Miglio
Francesco Speroni
e altri 26 senatori
Francesco Speroni
con Comitato di esperti
Testo del 6 novembre 1994
con alcune modifiche
Repubblica italiana
Repubblica italiana
Modello in 14 punti + 8
147 + 1
Repubblica italiana
148
Repubblica italiana
143 + 1
Aprile 1996
15 Settembre 1996
21 Gennaio 1997
19 aprile 1998
II Congresso Lega Lombarda,
Assago
III Congresso Lega Nord,
Genova
Presentazione alla stampa
Disegno di Legge
Costituzionale
Disegno di Legge
Costituzionale
Pubblicazione editoriale
Umberto Bossi,
Tutta la Verità
(Milano, Sperling & Kupfer)
Parlamento di Mantova
Manifestazione sul Po
Disegno di Legge Costituzionale
Parlamento di Chignolo Po
Rolando Fontan, Francesco Speroni
Segreteria Federale della Lega Nord
Francesco Speroni
Augusto Conti, Massimo Ferrario
Padania allargata
Padania allargata
Repubblica italiana
Padania storica
Maggio 1998
12 luglio 1998
Comitato Tecnico-scientifico
Parlamento di Chignolo Po
Padania storica
Padania (non definita)
12 luglio 1998
Parlamento di Chignolo Po
Padania allargata
20
28 Ottobre 1998
Disegno di Legge Costituzionale
Repubblica italiana
123
20 Maggio 1999
Primavera 1999
Disegno di Legge Costituzionale
Pubblicazione editoriale Gianfranco Miglio,
L’asino di Buridano (Vicenza, Neri Pozza)
La Libera Compagnia Padana
Comitato “A” (Autodeterminazione)
Alessandro Storti
Comitato “D” (Forma dello stato)
Antonio Zoffili
Francesco Speroni e altri
15 Senatori della Lega Lord
Ettore Albertoni
Gianfranco Miglio
110
9
121
15 + 25 (preambolo) +
dichiarazione preliminare
12
13
Autonomie provinciali
Repubblica italiana
13
28
6 Novembre 1994
17 dicembre 1994
18 gennaio 1995
21 gennaio 1995
Aprile 1995
entità sovraregionali diverse, spezzando il reticolo
banalizzante e paralizzante delle attuali suddivisioni
amministrative e introducendo il concetto di Macroregione (o Cantone) del Nord.
Albertoni ne ha in qualche modo continuato il cammino, gestendo la fase padanista dell’evoluzione. Nei
suoi disegni (e in quelli da lui ispirati o supervisionati
in chiave tecnica) si delinea con maggior chiarezza
l’idea di Padania che assume sempre più la configurazione di identità etno-linguistica e storica.
L’evoluzione può anche essere seguita e interpretata
sulla base delle definizioni delle entità costituenti la
proposta federazione o confederazione.
In tutte le bozze di Speroni vengono conservate le
regioni attuali, accorpate in Stati con intenti di razionalizzazione in parte desunti dalle proposte dalla
Fondazione Agnelli. Alcune di queste aggregazioni
sono piuttosto stravaganti (come la Campania collegata con la Calabria) e vengono perciò attaccate dalla
stampa di regime; altre (come l’unione di Piemonte,
Liguria e Valledaosta, il Triveneto, o l’Emilia attaccata
alla Toscana) sono la negazione di ogni valore identitario vero e costituiscono una manifestazione di neogiacobinismo accentratore oltre che un insulto all’idea stessa di autonomia e di riconoscimento di comunità organiche. Solo nelle ultime versioni alcune di
queste divisioni subiscono parziali modifiche. (Fig 1)
Le elaborazioni di Miglio conservano le limitazioni
delle attuali regioni ma le aggregano sulla base di ele6 - Quaderni Padani
menti storici e culturali assai più fondati e ribadiscono le autonomie speciali esistenti: le ragioni dell’etnonazionalismo sono colte solo in parte, si riprendono antiche divisioni già in qualche misura elaborate
da Gramsci e (in un caso) si inventa una identità
“centrale” priva di ogni ragione di essere. (Figg 2 e 3)
Le successive bozze leghiste ripropongono sempre le
attuali configurazioni regionali insistendo nell’inclusione nella Grande Padania (o Padania allargata) della
Toscana, Umbria e Marche. (Fig 4)
Lo stesso criterio di rispetto delle suddivisioni amministrative esistenti viene mantenuto anche dalla proposta che si basa sull’aggregazione delle provincie esistenti (introducendo anche la fuorviante idea di città
metropoli) ma lasciando finalmente fuori dal disegno
complessivo le regioni centrali, con la giusta eccezione delle due province di Massa-Carrara e di PesaroUrbino. (Fig 5) Solo la proposta de La Libera
Compagnia (che però era stata proprio concepita solo
per sottolineare la necessità di rispettare con più puntualità le identità organiche, e che - nella sua qualità
di ipotesi di lavoro - non è mai stata ufficializzata)
prevedeva una costruzione federale basata sulle
Piccole patrie naturali e sulla modifica dei confini
delle attuali suddivisioni. (Fig 6)
Si può schematizzare il percorso seguito in: conservazioni delle attuali entità amministrative, modifiche
sulla base di considerazioni socio-economiche e definizione di comunità organiche per tratti storici, etnolinguistici e culturali. A questo indirizzo ha fatto da
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
coerente contraltare la crescente preoccupazione per
la difesa delle specificità locali delle minoranze storiche e l’introduzione di nozioni come l’attinenza o la
proporzionale etnica, o la difficoltà di ottenere la cittadinanza che approfondiscono il legame con il territorio e ne fanno il vero caposaldo di tutto il patto
comunitario. Nel tempo sembrano avere acquisito
crescente rilevanza i principi più antichi, desunti
dalla carta di Chivasso ma anche dallo spirito del
Patto del Grütli. (19)
Un altro aspetto del cammino evolutivo è rappresentato dall’aumento di “peso” delle visioni confederali, o
- meglio - della progressiva diminuzione dei poteri
accordati al potere centrale federale. Dall’enorme
dote di competenze ad esso riservate nelle prime
bozze si è giunti a quella confederale di Chignolo
(Storti) e a quella di Miglio dove si da vita a un generalizzato e vero decentramento. In questo senso, si
può dire che si è assistito a un progressivo e inesorabile allontanamento dalla concezione “italiana” di
Costituzione. Questo può essere visualizzato e letto
anche dalla sintomatica riduzione progressiva del
numero degli articoli dei vari documenti: da progetti
onnicomprensivi e desiderosi di occuparsi di ogni dettaglio si tende a passare a carte contenenti solo enunciazioni di principi fondamentali e indicazioni di
larga massima. I primi testi erano composti da un
numero di articoli piuttosto simile a quello della
costituzione italiana (139 articoli e 18 disposizioni
transitorie), gli ultimi sono piuttosto succinti e formati da pochissimi articoli.
Infine c’è stato un interessante percorso di evoluzione
lessicale. All’inizio l’imitazione delle terminologie italiane costituiva la norma generale, poi si sono lentamente introdotti termini diversi, desunti da linguaggi
storici o stranieri. Anche in questo si può leggere una
sintomatica evoluzione in chiave padanista basata su
un dichiarato obiettivo di deitalianizzazione nella
sostanza e nella forma.
Oggi si hanno le idee più chiare. La discussione è
stata lunga e approfondita, e si possono finalmente
tracciare con più sicurezza le linee progettuali sulla
scorta di quanto fatto, dei vari documenti che sono
stati prodotti e sulla base delle esigenze verificate. Di
certo non è più dilazionabile la stesura di un disegno
che diventi una sorta di manifesto politico, necessariamente generico nei dettagli (con aperte tutte le
opzioni definibili democraticamente) ma rigido nelle
affermazioni dei principi basilari.
Ci sono infatti alcuni punti che sono irrinunciabili,
che hanno in questi anni fatto raccogliere sotto le
insegne dell’indipendentismo milioni di persone che
in questi principi si riconoscono e che li vogliono
affermare con forza e determinazione. Ci sono molte
sfumature possibili qualcuno vuole che il documento
fondamentale sia più federalista, altri più confederaliAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Francesco
Speroni
sta, ci sono diversità di opinioni
sul modo di
affrontare l’architettura istituzionale, sulle strutture che devono
essere costruite
per sostenere il
nuovo patto. Ma
ci sono sicuramente alcuni elementi che sono comuni e imprescindibili e che si cercherà di elencare senza pretendere di
dar loro un ordine di importanza che non è possibile.
1. La Costituzione deve essere breve, semplice, scritta
con chiarezza (“a prova di imbecille”, come si
dice...), non deve dare adito a letture capziose o a
conflitti di interpretazione. Deve essere scritta in
poche pagine che tutti i cittadini capiscano e con
dividano: deve contenere i principi etici e non i
dettagli formali del futuro vivere comune. La
nostra gente ha ormai capito che la prolissità (il
numero delle leggi degli articoli, dei codicilli e dei
capoversi) è il contrario della chiarezza e che la
nebulosità è contraria alla libertà.
2. Il patto costituzionale deve essere stipulato fra le
comunità naturali della Padania, fra le Piccole
Patrie nate e cresciute su fondamenta etno-linguistiche, culturali e storiche. Non devono comparire
né le costruzioni burocratico-giacobine su cui si
regge la repubblica italiana né aggregazioni artificiose che non siano il frutto di secoli di aggiustamenti. Sono le antichecomunità padane che
riprendono il loro millenario cammino nella storia.
3. La Costituzione deve conferire al centro il minor
numero di poteri possibili e lasciare alle Piccole
Patrie (e, al loro interno, alle comunità locali e ai
cittadini) il massimo di libertà e di diversità. Il solo
limite all’indipendenza e alla libertà dei contraenti
(19) Il testo del “Patto eterno” del Grütli è riportato in allegato a pag. 98.
Quaderni Padani - 7
il patto è costituito da quanto occorre per sventare
il pericolo di perdere indipendenza e libertà. Le
comunità si associano per difendere le loro diversità e le loro autonomie: rinunciano solo alla piccola
porzione di esse che è strettamente necessaria a
garantire le loro libertà da aggressioni esterne che
avrebbero facile gioco con entità divise e deboli.
Solo unite, le comunità padane possono difendere
prosperità e libertà.
4. Ai cittadini devono essere garantiti tutti i diritti
individuali che gli stati assolutisti (con l’Italia in
testa) cercano di negare loro: la vita, la libertà di
opinione e di espressione (in ogni forma politica,
culturale e religiosa), la proprietà e l’attività economica, l’autodifesa, il perseguimento della prosperità e della felicità. Il potere federale o confederale può e deve intervenire contro una Comunità
esclusivamente in difesa dei diritti dei singoli ove
questi fossero conculcati.
5. La costituzione deve tutelare le minoranze con
misure effettive, riconoscendo le loro autonomie e
garantendole contro chiunque: per questo la carta
costituzionale deve elencare con precisione le
comunità etno-linguistiche e storiche della
Padania e non contentarsi di generiche affermazioni. Questo riguarda anche e principalmente il
diritto alla propria lingua e cultura. Ogni comunità ufficializzerà la propria lingua naturale che avrà
pari dignità e valore della lingua franca. In coerenza con questo principio, ogni rapporto dovrà essere
regolato attraverso l’intelligente applicazione di
criteri di proporzionale etnica.
6. Occorre che la “padanità” sia difesa con grande
forza. Per questo l’accesso alla cittadinanza dovrà
essere regolato da norme che tengano conto del
valore della storia, del legame con la terra, del
lavoro di generazioni e del merito personale. I
Padani hanno arricchito questa terra col loro lavoro e con i loro sacrifici e questo costituisce un titolo di merito che si deve conquistare e che non va
svilito come merce comune. Il profondo legame
con il posto va istituzionalizzate mediante l’utiliz-
8 - Quaderni Padani
zo di una figura giuridica simile a quella dell”’attinenza” utilizzata in parte della Confederazione
elvetica. La ‘padanità” trova forte espressione
anche nell’aspetto fisico e nella gestione del territorio: per questo le comunità si devono impegnare
nella redazione e nel rispetto di norme atte a salva
guardare le libertà individuali, l’efficienza produttiva ma anche le linee con cui la cultura tradizionale ha plasmato l’aspetto fisico e architettonico
delle comunità padane.
7. La nostra lotta di liberazione stà riscoprendo simboli e miti che fanno parte del patrimonio dei
nostri popoli che un potere invasore ha cercato di
cancellare. Questi devono essere riaffermati con
forza nella carta fondamentale anche con il reim
piego di termini lessicali tratti dalla nostra storia e
non da quella degli oppressori.
8. Tutti i contraenti dovranno essere liberi di gestirsi
al loro intemo con la massima libertà, fatto fermo
il rispetto per i diritti fondamentali e inalienabili
dei singoli, e potranno rescindere il patto alla sua
scadenza con una semplice e democratica decisione dei loro cittadini. La Padania libera non negherà a nessuno il diritto di autodeterminazione per
cui stà oggi lottando. L’unione fra le comunità
padane è libera e durerà fintanto che esse liberamente lo vorranno proprio per difendere le comuni libertà.
9. La Costituzione deve essere il risultato di un atto
democratico cui hanno preso parte tutti i cittadini.
Per questo essa deve essere frutto di confronti
aperti ed essere sottoposta al giudizio del popolo
padano.
10. Il documento che verrà prodotto sarà anche e
soprattutto un manifesto politico che descrive
compiutamente il progetto della Padania futura.
L’obiettivo non è di costruire una struttura semplicemente più efficiente dell’Italia, ma di creare un paese
fatto di comunità libere e non di satrapie prefettizie,
di cittadini liberi e non di sudditi: una Padania che
non sia una Italia più piccola, ma il contrario
dell’Italia.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
“Io guardo all’Olanda”
Intervista a Gianfranco Miglio
di Alberto Mingardi
L
e difficoltà delle “riforme”
nascono essenzialmente dal
modo in cui il “presunto”
Stato nazionale italiano è stato
“messo insieme”: a partire da questa riflessione di Gianfranco Miglio
- non certo nuova nel pensiero dell’insigne costituzionalista - si snoda
il filo conduttore de L’asino di
Buridano.
Ultima fatica letteraria del professore, edito da Neri Pozza, L’asino di
Buridano riprende ed amplia quel
progetto di riforma in senso federale dell’Italia che fu propria
dell’(abortita) Unione federalista e,
prima ancora, che venne tratteggiata nel “decalogo di Assago” della
Lega Nord. Nella metafora, Miglio
ovviamente identifica l’insieme dei popoli italiani,
incapaci da un lato di “tornare indietro, ed affondare,
tutti insieme, in un Mediterraneo abitato da popoli
tagliati fuori dall’economia veramente competitiva, e
intristiti da miserevoli piaghe pubbliche”, ma dall’altro anche privi della forza di “rischiare di fare la rivoluzione”.
In questo agile volumetto (102 pagine appena), Miglio
unisce la più coerente stesura del suo progetto con
una sorta di lunga “premessa” storica, nella quale
traccia una visione iconoclasta della storia post-unitaria. Bocciati la stragrande maggioranza degli uomini
politici e dei progetti di questo periodo (Cavour in
testa), salvato il “colto” Minghetti, riabilitati il brigantaggio ed il clientelismo: queste alcune delle questioni-chiave, inquadrate nell’abituale stile crudo e provocatorio cui il professore ha abituato da tempo i suoi
lettori.
Ma qual è il federalismo di Miglio? E quali sono le
chances per l’area padana in un modello costituzionale come quello elaborato dall’ex ideologo della Lega? I
punti essenziali del suo progetto sono molti: la
“dimensione” delle unità territoriali, l’importanza
della “variabilità” del contratto fra le unità amministrative contraenti, appunto, il foedus, la forma di
governo centrale (Direttorio), il riconoscimento di
determinati diritti pre-politici (come le fondamentali
libertà).
Non solo: fondamentale, a questo proposito, è l’assetAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
to che prenderà l’Unione Europea
nei prossimi anni, e dunque il
modello cui saranno costretti a uniformarsi i singoli stati. Due le vie
all’orizzonte: il disperato tentativo
di salvare i “vecchi” stati-nazione,
oppure la nascita di nuove realtà
che si rifacciano a un altro modello.
Quello dell’Olanda e della Svizzera
federali.
Un’alternativa radicale allo Stato
moderno e, forse, allo Stato. Di
tutto questo, abbiamo discusso
direttamente con Miglio, nella sua
dimora comasca, poco dopo
l’uscita de L’asino di
Buridano. L’esito è questo
dialogo su quel federalismo
che ancora non c’è ma
potrebbe rappresentare
l’ancora di salvezza di
un’Europa in inesorabile
declino.
Circa un anno fa, venivano presentate e discusse le
“bozze” costituzionali
padane, elaborate dal
Parlamento di Chignolo Po. Quale
valore, secondo Lei, può essere riconosciuto ai prodotti di quell’esperienza, che pure non si è dimostrata incisiva sul piano “pratico”?
I parlamentari del Parlamento Padano non hanno
saputo impegnarsi a fondo nella stesura della
Costituzione da adottare al posto della attuale italiana. Hanno molto “ciondolato” con riferimento ai
motivi trascendenti della Costituzione Padana, ma
non sono riusciti ad occuparsi dei problemi concreti
della Costituzione. Per questo motivo, nessuna delle
“bozze” da loro proposte può essere presa in esame da
un costituzionalista.
La “bozza” di Costituzione Confederale presentata da
Storti sembra però rifarsi, in vario modo, ad alcuni
dei principi da Lei sostenuti. In particolar modo, in
essa sembra delinearsi lo spirito, più volte da Lei sottolineato, di un patto “a tempo” costantemente rinegoziato dalle parti. Soprattutto in riferimento all’esperienza dell’unità geografica padana, qual è l’imQuaderni Padani -
portanza del fatto che questo “patto” vada continuamente sottoposto al consenso delle comunità e dei
cittadini?
Ho sempre sostenuto che una Costituzione federale
deve essere per sua natura una Costituzione “mobile”, vale a dire che deve avere nelle sue prospettive
una “variabilità” delle posizioni, perché è a sua volta
un insieme di Costituzioni territoriali. La struttura
federale è infatti una struttura territoriale, che sostituisce il primato della territorialità al primato del
Partito. La condizione di una unità territoriale è
quindi variabile: perché può darsi che una certa unità
abbia prima una certa struttura ma possa modificarla. E’ anzi addirittura probabile che il nesso fra i cittadini che compongono una unità territoriale si
modifichi a favore di altri rapporti, e quindi nell’arco
di un trentennio si possa determinare un’autentica
“dislocazione” di un soggetto della comunità federale
che viene a “spostarsi” (si amplia, si riduce...). Può
darsi benissimo che una regione si “sposti” con il passare del tempo perché si accrescono i rapporti fra i
suoi cittadini e quelli di un’unità territoriale vicina
ed affine. E’ un concetto difficile da fare digerire ai
“tecnici” della Costituzione, ma una struttura federale deve essere rivista ogni trentennio per vedere quale
parte dell’unità territoriale è cambiata nel suo rapporto con le altre.
Quando si parla di federalismo, in Italia, vengono
avanzate proposte i cui soggetti sono i più diversi: le
attuali Regioni, le Province, c’è chi rispolvera addirittura i Comuni. Lei ha invece sempre sostenuto la
necessità di un’aggregazione di “macro-regioni”.
Quali sono oggi le ragioni importante per sostenere
una scelta di federalismo macro-regionale?
E’ opinione dominante che “federalismo” voglia essere pluralismo di rapporti che si modificano nel
tempo. Credo che una Costituzione Federale per il
ventunesimo secolo - perché è in prospettiva del
futuro, non dimentichiamocelo, che dobbiamo ragionare - debba essere necessariamente stabile, cioè che
si debbano concepire le unità che compongono una
Federazione come unità che possono rimanere tali
nel tempo. Una Costituzione Federale è, per me,
soprattutto una Costituzione autoritaria: nel senso,
non mi fraintenda, non che imponga autorità, ma
che abbia una vocazione alla costituzione di nuclei di
autorità. Una Costituzione Federale, come del resto la
Costituzione Elvetica, ha una struttura “stabile” e
quindi bisogna scegliere le unità territoriali ottimali;
ogni tentativo di adottare come unità quella urbana cioè i Municipi - oppure le Province, oppure altre
unità (le comunità territoriali per esempio alpine),
non centra la sostanza di una struttura federale.
Bisogna che le unità che compongono la compagine
federale siano unità territoriali “stabili”. In questo
senso, c’è una connessione con quella che al contempo deve essere la “variabilità” di una Costituzione
Federale: le unità territoriali di dimensione apprezzabile sembrano avere una certa vocazione alla stabili10 - Quaderni Padani
tà, mentre viceversa le unità minori sembrano essere
necessariamente “ballerine”. Credo che si debba puntare su unità che trascendano le attuali regioni: perché le venti regioni che costituiscono la Repubblica
Italiana sono regioni differenziate ed inclini a un particolarismo accentuato; lei pensi per esempio al confronto fra la regione Lombardia o la regione
Piemonte e le regioni di parte del Meridione. Il
Molise, la Basilicata sono grosse province, non unità
territoriali. Una Costituzione Federale poggia invece
su una stabilità dei “mattoni” che la compongono: le
unità territoriali vanno costruite in rapporto alla loro
vocazione, e quindi le attuali regioni vanno raggruppate in tre grandi aree e comunità regionali, in cui le
attuali Regioni vengono spezzettate e ricomposte
secondo quelli che sono gli interessi comuni.
Interessi che sono evidenti: le regioni della Valle
Padana hanno manifestamente rapporti stabili fra di
loro, e allo stesso modo vanno riconosciute e create
una comunità regionale del Centro Italiana ed una
del Meridione. Penso che una Federazione basata
esclusivamente sulle regioni attuali sia una
Federazione senza la stabilità e l’autorità che invece
necessariamente deve avere. Autorità che può derivare dal fondarsi su unità territoriali particolarmente
consistenti: nel nostro caso, come ho accennato,
un’area padana, una dell’Italia Centrale, una del Sud.
Solo in queste condizioni possono svilupparsi dei
programmi differenziati: fino ad ora non si è potuto
immaginare un programma economico che corrisponda agli interessi delle unità territoriali maggiori.
Analogamente è stato impossibile pensare a una politica economica, ad esempio, del Sud che fosse magari
anche antagonista a quella delle altre parti. Questa è
la ragione della ricerca della dimensione ottimale
delle unità territoriali.
Andando indietro nel tempo di qualche anno, nel febbraio del 1994 Lei propose al Congresso di Assago
della Lega Nord. In quali termini il “breviario” di
Assago può essere ancora attuale?
Quel documento venne buttato giù di corsa per consentire a Bossi di schivare le conseguenze dell’elargizione da parte della Montedison (nello specifico, di
Gardini), che aveva dato duecento milioni alla Lega.
Bossi era preoccupato delle reazioni dei suoi militanti, e io proposi di sottoporre loro, cogliendo l’occasione del Congresso, lo schema elementare della
Costituzione. Era letteralmente uno schema molto
semplice, dieci punti in cui era condensata l’essenza
della Costituzione. La Costituzione di Assago - che
tanto piace a Tremonti, che dice che è l’essenza del
federalismo - è in nuce una Costituzione, ma oggi va
vista alla luce della nuova (e più completa) elaborazione che ne ho dato nel mio libro L’asino di
Buridano.
Nel 1993, Lei ripropose, affiancandovi una Sua analisi, il celebre saggio sulla disobbedienza civile di
Henry David Thoreau...
In quel libro, io difesi il principio della libertà indiviAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Alexander Hamilton
duale. Si tratta di un pamphlet in chiave ribelle, perché ho voluto chiarire che in nessuna Costituzione,
in nessun ordinamento si può stabilire un vincolo
permanente che sia “per sempre”. I principi di una
determinata Costituzione federale vengono fissati, ma
possono essere modificati. Difendendo la libertà di
decisione dei singoli (e il diritto di ribellarsi a un
ordine iniquo forzosamente imposto dallo Stato),
volevo sottolineare come i cittadini si vincolano liberamente, costituendo liberamente strutture federali
solide quanto si vuole ma naturalmente suscettibili di
modificazione. Senza, peraltro, che questa “variabilità” ne intacchi la stabilità.
Si dice spesso che un sistema federale porti a un ordine più pluralista rispetto a quanto determinato da
altri pensieri. Qual è, in questo senso, il legame di
“parentela” fra il pensiero federalista e il pensiero
liberale?
Il pensiero liberale in Europa ha prodotto l’idea dello
Stato Moderno, struttura stabile e immutabile.
Bisogna chiarire un punto: una Costituzione Federale
è necessariamente basata su di un contratto fra l’autorità centrale e le strutture plurali che compongono
la federazione. A differenza dello Stato Moderno, una
Costituzione Federale non poggia su di un’autorità
sovrana, non c’è autorità sovrana ma sovrano è il contratto. Esiste la possibilità di costituire rapporti contrattuali fra i soggetti che compongono la federazione
e l’autorità centrale. Si tratta di un rapporto contrattuale, si arriva a una rinegoziazione continua, e dunque non c’è un’autorità sovrana e centrale che cala
dall’alto e dice che cosa deve essere il rapporto federale. Il rapporto federale cambia costantemente, perché
riposa su di un contratto. In questo senso, ci sono
semmai più legami con i teorizzatori dell’economia di
mercato che con quello che è stata, in Europa, la tradizione liberale.
A proposito appunto del “contratto”:come si può
ottenere la più ampia legittimazione possibile di questo “patto”?
Un contratto è per sua natura un rapporto volontario
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
e modificabile. Si può dare un impegno dei cittadini
per una Costituzione Federale per un tempo determinato. Noi possiamo (potremmo) fissare oggi una
Costituzione Federale italiana destinata a durare
trent’anni, e tutti i cittadini possono accettare questa
formula con la riserva di modificare la struttura nel
corso del trentennio. Qui si vede come il principio
contrattuale si combina con la stabilità relativa all’unità di tempo della Costituzione Federale.
Guardando alla situazione politica ed economica
attuale dell’Europa: quella che è la globalizzazione
dei mercati finanziari sembra portare a una crisi
degli Stati Nazionali. Ne L’Asino di Buridano Lei
“prevede” che la maggiori metropoli europee possano
diventare nell’arco dei prossimi vent’anni delle
“città-stato”. Quanto secondo lei questi possibili sviluppi possono “costringere” e i singoli Stati europei e
il super-Stato europeo a darsi una forma diversa e
meno centralista?
Io non sono ottimista sull’avvenire dell’Europa, perché credo che la storia degli Stati europei sia ormai
immutabile, per ragioni secolari di stratificazione, e
quindi che gli Stati nazionali europei siano per loro
natura immutabili, prova ne sia che noi abbiamo realizzato l’unione monetaria, ma non abbiamo affatto
individuato le strutture dell’Europa federale. Il federalismo europeo è da tempo un capitolo fermo,
morto, non più sviluppato. Gli Stati nazionali hanno
perso buona parte delle loro prerogative, e sono
necessariamente privati di alcune risorse fondamentali (il potere di fare la guerra, il potere di definire i
confini...), ma rimangono in campo. E rimangono in
campo, credo, perché oggi, se consideriamo le vicende europee più recenti, sono dominate da un “micronazionalismo”. Pensi alla Corsica nello Stato francese, alla Scozia in Gran Bretagna, eccetera... compaiono questi “micro-nazionalismi” e, beh, chi può decidere della legittimità delle loro istanze? Noi siamo
inclini a considerare inammissibile la guerra del
Kosovo per dare ai kosovari la possibilità di strutturarsi in maniera indipendente... oggi, noi rifiutiamo
l’idea che tutti i micro-nazionalismi, che sono latenti
in molti Stati nazionali europei, quando emergeranno provocheranno delle guerre civili.Bisogna focalizzare l’attenzione sulla necessità di trasformare lo
Stato moderno inteso come “Stato nazionale” in uno
Stato federale, perché solo una pluralità di stato federale può fare fronte ai micro-nazionalismi che emergono, e credo emergeranno ancora negli anni a venire.
Dal nazionalismo alla “nazione”: l’idea di “nazione”,
alla fine del ë900, alle porte del 2000, come si connota, da cosa è significata, ha ancora un senso?
L’idea di “nazione” è stata una delle risorse con cui lo
Stato moderno ha completato la sua essenza. Lo
Stato moderno si è fatto “Stato nazionale”, però quest’idea della “grande nazione” è un’idea anacronistica
e storicamente superata. Non solo: è un’idea non tollerabile per la storia dello Stato moderno, tant’è vero
Quaderni Padani - 11
che ha spinto (si pensi alla “volontà di potenza” delle
classi dirigenti tedesche alla vigilia della prima guerra mondiale) gli Stati nazionali a diventare aggressivi. Il nazionalismo macro-nazionale dell’Ottocento e
del Novecento ha condotto alla crisi finale delle due
grandi guerre civili europee che caratterizzano la
nostra storia recente. In questo modo, lo Stato
moderno ha distrutto se stesso. Oggi, immaginare
una vocazione dello Stato moderno come Stato
nazionale non ha più senso: il macro-nazionalismo
ha dominato e caratterizzato la fase finale dello Stato
moderno, distruggendolo.
Riguardo ai due diritti pre-politici di secessione e
resistenza, come potrebbero essere (se devono esserlo) sanciti e riconosciuti da una Costituzione federale? E fino a che punto, a che “dimensione”, è possibile pensare il diritto di secessione?
Il patto di unione che caratterizza una comunità politica è variabile nel tempo, e l’idea di secessione produce un altro Stato. Il lato negativo del principio di
secessione è che la secessione conduce una comunità
politica ad affermare con la sua sovranità, e questo è
in contrasto con il principio federale. Immaginare
una formazione strutturale politica come avente il
diritto di secedere è significare la nascita di nuovi
Stati nazionali, cioè di riproporre gli errori che
hanno condotto allo Stato moderno ed alla sua autodistruzione. E’ però incontestabile che quando una
comunità politica riconosce la propria identità (lei
pensi alla Slovacchia, quando si è staccata dalla
Cechia), una scelta di fondo può essere fatta. Una
comunità politica può decidere di stare per conto
proprio, questo è scritto nella storia delle istituzioni
politiche.
Una critica che Le è stata fatta da alcuni commentatori riguarda il sistema direttoriale. Potrebbe risultare, dicono, una riedizione del cosiddetto “consociativismo” senza per questo garantire stabilità. Come
risponde?
Rispondere è fin troppo facile: tutti i sistemi federali
sono sistemi direttoriali. Basta guardare la
Confederazione Elvetica, che è governata da un direttorio composto sulla base dei principali partiti presenti nel Parlamento svizzero. Il governo direttoriale
è un governo fra eguali: e io immagino che una federazione italiana debba essere necessariamente governata, a livello di macro-regioni, da un direttorio, e a
livello di federazione ancora da un’autorità direttoriale.Bisogna capire la storia del direttorialismo, che
è fallito nella Rivoluzione Francese ma sopravvive
nella Confederazione Elvetica, e non è presente né
nella costituzione pseudo-federale tedesca né nella
costituzione pseudo-federale americana. Ma questa è
una conseguenza del non aver accettato integralmente il principio della federalità, che riposa essenzialmente sui soggetti dell’autorità territoriale. Ogni
membro della federazione è unità territoriale e concorre a comporre una struttura direttoriale.
Un pensatore che lei conosce molto bene, Carl
12 - Quaderni Padani
Schmitt, nel 1982 in un’intervista dichiarò che “l’epoca della statualità giunge alla fine”. L’epoca dello
Stato sta finendo... ma cosa possiamo pensare per il
dopo?
E’ una prospettiva molto difficile perché debbono formarsi al posto degli Stati moderni una pluralità di
Stati federali: io sono convinto che fra trenta/cinquant’anni l’Europa sarà composta di stati federali,
cioè di stati che ammettono una variabilità nella loro
composizione costituzionale. Questa sarà un’impresa
difficilissima da realizzare, perché lo Stato moderno
deve negare se stesso, deve affrontare - Schmitt intuiva cosa doveva cambiare - la propria crisi. Io sono
molto perplesso, molto in dubbio sulla possibilità che
gli Stati moderni europei possano cambiare se stessi
con la radicalità necessaria: rimango della convinzione che troveranno delle difficoltà insormontabili, e
questo è il motivo per cui non credo nell’avvenire
dell’Europa. Non credo che l’Europa possa avere un
grande futuro perché, per averlo, dovrebbe essere
capace di invertire tutti i suoi ultimi quattro/cinque
secoli di storia.
Ritornare dunque “prima” della modernità in tutti i
sensi?
Certo. Per recuperare quella visione pluralistica dell’autorità che c’era nello Stato moderno prima che
diventasse LO Stato moderno, cioè con lo jus publicum europaeum, il principio di sovranità, eccetera.
Quello che deve fare una riforma federale è dunque
rendere produttiva la crisi della modernità? Come
vanno viste in quest’ottica le esperienze pre-moderne?
Il periodo pre-moderno va inteso come il periodo
della Confederazione Elvetica e soprattutto della
Confederazione Olandese, che ne sono esempi tipici,
e poi, in linea molto generale, delle costituzione
urbane contrapposte ai principati (il passo decisivo
fatto verso lo Stato moderno è stato l’accettazione del
principio dell’unità del principato). La storia di queste città è tanto dimenticata, quanto interessante: lei
pensi che uno storico ha recentemente pubblicato un
volume in cui tocca la storia di oltre seicento città
dell’area tedesca... Importante da rimarcare è questa
“struttura urbana”, a stendestat, cioè con uno Stato
fatto di ceti e di rappresentanze di ceti, che ha toccato il proprio vertice nella Repubblica Olandese. La
Repubblica Olandese, che fu distrutta da Napoleone,
era paragonabile per importanza alla Confederazione
Elvetica ed aveva un’autentica vocazione al governo
urbano, senza Principe, perché lo stateholder olandese era solo un funzionario elevato. E anche nei periodi in cui non avevano stateholder, non era pregiudicato il normale funzionamento della Repubblica,
anzi.
Se non erro, una volta Lei definì l’Olanda “l’altra
metà del cielo”... dunque è all’altra metà del cielo
che bisogna guardare?
L’altra metà del cielo, perché una metà è la confederazione elvetica... Va detto però che è difficile immaAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ginare un ritorno dello Stato moderno, con tutto quel
concetto di diritto pubblico che Schmitt chiamava ius
publicum europaeum, a una struttura federale. Nella
Repubblica Olandese governavano i ceti, che si riunivano in espressioni concentrate d’autorità due/tre
volte la settimana, per decidere dei problemi comuni.
E questo va confrontato con il modo con cui governavano invece i Principi nello stesso periodo... In
Olanda, possiamo osservare che esisteva una pluralità
di competenti che variava continuamente. Una caratteristica di queste strutture urbane era il loro carattere oligarchico: noi siamo ossessionati dal problema
dell’oligarchia, anche perché le oligarchie hanno
segnalato la fine del Comune italiano, però il punto
fondamentale è che di tutte le Repubbliche italiane la
più esemplare fu quella che ottenne il massimo di oligarchicità, cioè quella Veneta. E qui si potrebbe aprire tutto un dibattito sulle differenze fra la forma dell’oligarchia tipica del Principato e quella tipica delle
repubbliche urbane... ma questo ci porterebbe troppo
lontano...
Nella ricostruzione storica che costituisce la prima
parte de L’asino di Buridano, Lei dedica alcune belle
e sentite parole a Marco Minghetti e ai suoi quattro
disegni di leggi che propose improntati all’idea di
“libertà amministrativa”. Quale valore può essere
ancor oggi riconosciuto a tali progetti, e perché fu
un’occasione sprecata?
Valore oggi non ne hanno più, perché non ne ha nello
Stato moderno il concetto di libertà di confederazione
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
e di libertà di costituire consorzi. Si è seguita una
strada tutta diversa da quella indicata da Minghetti.
Però, alla prova dei fatti, la Legge sui Consorzi e la
legge sulle regioni sono di una modernità straordinaria. Minghetti (che io “saluto” ogni volta che vado in
Senato, dove c’è un suo bel ritratto che conduce
all’Ufficio Viaggi del Senato) era uno dei pochi uomini politici colti, e per questo era avversato da Vittorio
Emanuele. Era un uomo colto, che si era alimentato
con i grandi pubblicisti tedeschi...
Il clientelismo e uno “statuto” per il Sud, scrive ne
L’asino di Buridano...
Sostengo che il clientelismo ha bisogno di uno statuto che lo inserisca nella cornice costituzionale. Ho
letto recentemente uno scritto di una studiosa che ha
cercato di illustrare gli aspetti positivi del clientelismo, quegli aspetti che producevano autorità e funzionalità attraverso il vincolo della clientela. Quando
sogno (ma non dovrei avere 81 anni...) di scrivere una
Costituzione per il Sud, penso proprio a questa trasformazione del clientelismo.
Da ultimo, una battuta, una frase che possa essere
detta anche al famoso “uomo della strada”, professor
Miglio, quale è l’attributo principe di una
Costituzione Federale.
Mettiamola così: solo una Costituzione Federale consentirebbe ai popoli italiani di sopravvivere in contatto fra di loro, mentre ora coesistono litigando e facendosi le corna l’uno con l’altro.
Quaderni Padani - 13
Crisi italiana e Padania come?
La transizione ed i progetti di legge costituzionale d’iniziativa dei popoli bergamasco e vicentino per l’attuazione e la riforma della Costituzione della repubblica Italiana in materia di autonomia dell’ordinamento dello Stato e dei Comuni,
delle Provincie e delle Regioni.
di Ettore A. Albertoni
1. Una strategia per le
riforme
La crisi globale che da tempo ha
investito l’Italia non può che venire
assunta come il dato centrale e
condizionante per qualsiasi analisi
che voglia essere realistica e che, al
contempo, ambisca porsi anche
come base per ogni seria azione
rivolta ad uscirne. La globalità di
questa crisi va, quindi, collocata
quale premessa e centro di ogni
riflessione e progettualità sul complesso delle riforme culturali, politiche e sociali delle quali sempre
più si parla ma in forme generiche
e confuse. E’ bene, però, che anticipi subito che , a mio avviso, pur in
presenza di una crisi così grave e di carattere talmente ampio come quella in atto sarebbe sbagliato e velleitario pensare che per risolverla si possa ad essa
contrapporre frontalmente e con applicazione immediata un disegno di totale cambiamento dell’intero
sistema etico, politico e sociale.
Karl Popper ( 1902 – 1994) nella sua ormai classica
opera “La società aperta e i suoi nemici” ( 1943 ) ha
in forme assai approfondite criticato con acume e
durezza quei modelli di progettualità politica e statuale che definisce frutto di “ingegneria utopica” e le
cui origini fa risalire a Platone ( 427 – 347 a. C). Ad
essi, che ritiene “totalitari” proprio nel senso moderno del termine, ha contrapposto una diversa progettualità sia metodologica che contenutistica che qualifica come una vera e propria “ingegneria gradualista”. La caratteristica di questa diversa impostazione
consiste nel fatto che essa è fondata su metodi scientifici; di una scientificità molto sofisticata e moderna
che supera sia il meccanicismo newtoniano che il
positivismo. Se si assumono questi principi e questa
metodologia qualsiasi “enunciato” non deve in ogni
caso mai venire considerato come assoluto e definitivo ma, piuttosto, ipotetico e congetturale e, quindi,
da sottoporre a costanti prove sperimentali che consentano di procedere ad aggiustamenti, modifiche e
cambiamenti.
14 - Quaderni Padani
Questo secondo modello è stato da
Popper giudicato e giustificato
come il più razionale e realistico in
quanto non afferma, come avviene
per il primo, l’indiscutibile primato
ideologico - astratto e, troppe volte,
addirittura irraggiungibile nella
pratica - di un tipo di “Stato perfetto”. Esso vuole ,invece, conseguire
l’obiettivo di individuare, i più gravi
mali delle organizzazioni politiche
esistenti. Lo scopo è di porre rimedio a questi guasti costruendo altre
e diverse forme di organizzazione
politica certamente “meno perfette”
rispetto alle tipologie puramente
ideologiche ma rimodellabili e
plasmabili agevolmente secondo
ogni nuova esigenza ed in ogni
momento. Caratteristica politica propria di questo
approccio è il gradualismo, ossia la capacità politica
di concatenare azioni parziali ma tutte coerenti con
gli obiettivi primari che sono di garantire tutte le
difese delle libertà e dei diritti degli individui e dei
principi- fondamentali per l’organizzazione politicadi giustizia, fraternità, sicurezza ed eguaglianza fra i
cittadini.
Ritengo personalmente che questo schema di interpretazione concettuale e politica delle diverse tipologie di Stati e le tecniche (Popper le qualifica come
“tecnologie” sociali e normative) per realizzarle o per
modificarle abbia oggi valore ed attualità notevoli in
una situazione come l’italiana. Qui più che altrove le
classi politiche maggioritarie non hanno affatto
dimostrato di possedere le capacità intellettuali e culturali atte a metterle in grado di individuare quali
siano le priorità strategiche da perseguire. Né hanno
dimostrato di possedere il coraggio e la volontà
morali idonei a sviluppare con ogni energia possibile
i metodi riformatori.
I “nodi” essenziali e cruciali della crisi politica e
costituzionale italiana nascono proprio dalla mancata
impostazione di un adeguato e realistico “scenario
strategico” di priorità. Necessita quindi una solida
strategia per le riforme.
Nonostante non vi sia ormai cittadino che non sia
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
consapevole della devastante portata di questa crisi
gran parte di loro appare, tuttavia, smarrita, frustrata
ed impotente di fronte ad essa ed ai suoi esiti finali
che, stando così le cose, appaiono del tutto imprevedibili. Questa è la conseguenza di una vita pubblica
che è attualmente dominata dalla più accidiosa inerzia e dalla peggiore irresponsabilità dei partiti maggioritari (sia di governo che di opposizione). Questo
è, infine, il ben triste frutto di una falsa, inconcludente e conservatrice dialettica politica e parlamentare
che è sinora stata condotta in modo ossessivo e
perentorio utilizzando uno stravolgente quanto disorientante carosello mediatico e propagandistico nel
peggiore senso manipolativo ed ideologico in quanto
basato su un autentico quanto sciocco conformismo
“di regime” e su un superficiale quanto affannoso ed
inconcludente inseguimento delle quotidiane emergenze.
Potrebbe sembrare che vi sia ormai un posto solo
marginale per analisi serie ma radicali ( cioè capaci di
andare alle radici dei problemi da risolvere) quali
esige l’accelerato dilagare di una crescente condizione di autentico regresso culturale e civile e di una
enorme insicurezza sia sociale che nella difesa stessa
delle persone. Una situazione che peggiora giorno
dopo giorno e che è accompagnata da un crescente,
preoccupantissimo, impoverimento economico di
tutti gli strati di lavoratori, di tecnici, professionisti,
piccoli e medi imprenditori, artigiani e commercianti, che sono la Padania.
Se si vuole davvero iniziare un serio discorso riformatore adeguato alle trasformazioni in atto nell’intero
mondo sviluppato occorre , quindi, senza esitazione
avere il coraggio di andare risolutamente controcorrente sia sul piano dell’ideazione progettuale che
della ricerca politica, costituzionale e sociale.
2. La crisi generale dello Stato
nazionale
Per inquadrare correttamente i problemi della crisi
italiana nella sua globalità non solo interna ma anche
internazionale occorre considerare l’assai modificata
situazione dello Stato nazionale, il “tipo” europeo di
organizzazione politica e costituzionale più compiutamente ideologico che sia mai esistito ma che oggi
ha perso – e sempre più sta perdendo - una grande
parte del suo prestigio, della sua identità, del suo
ruolo e delle sue stesse funzioni. Infatti le nuove
forme di cooperazione sovranazionale a forte connotato vincolistico e prescrittivo (mi riferisco in modo
specifico per quanto riguarda l’Italia alla sua appartenenza alla Unione Europea) hanno già notevolmente
eroso e limitato, dall’alto, la stessa efficacia e vigenza
della sovranità nazionale, ossia della formula ideologica e politica che dalla fine del 1700 in poi ha rappresentato la legittimazione di questo tipo di Stato
moderno. A questa rilevante modifica va aggiunto che
movimenti autonomistici rivolti ad ottenere l’instauAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
razione di forme effettive di autogoverno locale sono
presenti ovunque e che sono ormai assai forti e ramificati anche in Italia. In forme diverse e con tempi e
modalità assai differenziate essi stanno, dal basso,
contestando e contrastando sempre di più la centralizzazione autoritaria che costituisce l’ideologia di
potenza che è la natura essenziale dello Stato nazionale.
La letteratura politica e scientifica esistente su questa
forma di Stato , sul suo “mito” e sulla sua crisi, è
ormai vastissima anche se fu enorme in passato l’elaborazione sulla sua insuperabile eccellenza. Tuttavia
la piena consapevolezza del dato - per noi qui molto
importante - dell’erosione “dal basso” dell’ordinamento politico e costituzionale “nazionale” ancora, quasi
ovunque, in piena vigenza, è piuttosto recente. Ne
possiamo trarre conferma dal fatto che questa autentica “rivoluzione dal basso” non avesse trovato , ad
esempio, alcuna specifica attenzione nell’opera di uno
studioso serio e rigoroso dell’Ateneo pavese, Mario
Albertini ( 1919 –1997), pubblicata quaranta anni fa e
titolata appunto “Lo Stato nazionale” ( 1958; ristampa 1997, Bologna, Il Mulino). Un testo ormai classico
di riferimento non solo in Italia. A questo proposito
va, in ogni caso rilevato, che una parte assai vasta
della ricerca europea dagli anni ’50 in avanti era,
come nel caso esemplare di Albertini, tutta rivolta a
sviluppare un’opera di chiarimento, analisi e demolizione sull’aggressività espansionistica sprigionata
dalle ideologie e dagli ordinamenti fondati sulla
“sovranità nazionale”. Quella ideologia nel passaggio
dall’Ottocento para-liberale e para-democratico al
Novecento totalitario e massificante si modificò,
infatti, in modo trasversale superando da allora e definitivamente l’arcaica distinzione tra “destra” e “sinistra”. La nazionalizzazione delle masse fu l’impegno
che accomunò, al di là delle notevoli differenze politiche e delle finalità ultime, il comunismo russo, il
fascismo italiano ed il nazionalsocialismo germanico.
Può sembrare paradossale ma è altresì certo che i tre
massimi movimenti totalitari del nostro secolo trovarono nella concezione e nell’ordinamento dello
Stato nazionale uno strumento di grande valore pratico ed emotivo a supporto dei loro programmi.
La crisi dello Stato nazionale considerata “dall’alto”,
presenta tuttora, pur nella sua notevole gravità, elementi di perdurante ambiguità per quanto concerne
il problema tuttora irrisolto della indubitabile ( anche
se indebolita) persistenza degli Stati nazionali e dei
loro apparati di legittimazione e di dominio. Non c’è,
infatti, dubbio che il processo di costruzione europea
solo negli ultimissimi anni, con il “Trattato
dell’Unione Europea” (Maastricht, 1992) e le sue successive applicazioni e sviluppi, abbia iniziato ad intaccare seriamente ed in modo abbastanza irreversibile
le prerogative essenziali dello Stato nazionale (abolizione delle frontiere e delle dogane; libera e piena
mobilità delle persone, dei capitali e dei servizi; mercato unico; moneta unica; principi di sussidiarietà e
Quaderni Padani - 15
di concorrenza da attuare a tutti i livelli istituzionali
dell’Unione ma a partire dalle istituzioni sociali e
politiche più vicine ai problemi dei cittadini). Parlo di
un percorso in atto e ne sottolineo la relativa “irreversibilità” perché la storia dimostra che nella esperienza politica e giuridica gli ordinamenti costituzionali sono sempre stati sia rovesciabili frontalmente
che aggirabili da ogni parte.
Va anche rilevato quale ulteriore dato di ambiguità
nella crisi dello Stato nazionale come esso tuttora
presenti quasi ovunque persistenze autoritarie e
nazionaliste in senso ideologico all’interno dei suoi
ordinamenti. E’ infatti evidente che, se pure appare
in continuo sviluppo il processo di limitazione
sostanziale delle singole “sovranità nazionali” dentro il nuovo contesto sovranazionale dell’Unione
Europea, appare, per contro, assai evidente che tali
limitazioni non hanno coerenti riflessi sui consolidati e spesso arcaici ordinamenti interni di molti Stati
dell’Unione; ciò avviene in particolare in Italia.
Questa perdurante conservazione all’interno dei singoli Stati di norme, procedure e mentalità autoritarie
secondo gli stereotipi delle vecchie statualità ottocentesche e, soprattutto, novecentesche, ripropone un
tema che fu anch’esso classico nella letteratura politica riformatrice degli anni ’50 e sul quale possiamo
ancora oggi rileggere un’elaborazione documentata e
sollecitante nell’opera “Il crollo delle nazioni” (
1957; ed.it.1960, Milano, Comunità) di Leopold
Kohr, professore nell’Università di Puerto Rico. Esso
pose la questione che riguarda il superamento delle
grandi unità di dominio e di come liberalizzare e
riorganizzare gli ordinamenti politici garantendo la
formazione di un sistema di piccoli Stati e di eventuali Federazioni tra loro. L’ampia argomentazione a
favore di questo tema contenuta nel vecchio – e,
purtroppo, molto dimenticato – libro di Kohr appare
d’attualità oggi assai di più di quando esso fu pubblicato.
La premessa sulla quale Kohr costruisce la sua interessante ed anticipatrice proposta sta nella costatazione che esistono nelle società dimensioni “critiche” che quando vengono superate generano soltanto
gigantismo burocratico e militaresco insieme con la
totale assenza di forme democratiche e libere di partecipazione politica. Se, infatti, si superano le dimensioni ottimali (medie e piccole) delle aggregazioni
politiche e statuali si entra in una spirale irresistibile
di potenza, espansionismo e guerre all’esterno e di
totalitarismo e denegate libertà all’interno. Una sola
citazione dal testo di Kohr mi sembra al riguardo
molto significativa ed attuale: “Questa , a nostro
avviso, sarebbe la nuova carta dell’Europa. Una volta
eliminate le grandi potenze come la Gran Bretagna,
la Francia, l’Italia e la Germania, al loro posto troveremmo una moltitudine di piccoli Stati come la
Borgogna, la Piccardìa, la Normandia, la Navarra,
l’Alsazia, la Lorena, la Saar, la Savoia, la Lombardia,
Napoli, Venezia, uno Stato Pontificio, la Baviera, il
16 - Quaderni Padani
Baden, l’Hesse, l’Hanover, il Brunswick, il Galles, la
Scozia, la Cornovaglia e così via” ( ivi, p.121).
In una più ravvicinata contemporaneità per quanto
riguarda i movimenti autonomistici - che oggi premono dalla base sociale e territoriale per ridimensionare la formula ideologica della “sovranità nazionale”
tuttora dominante negli Stati nazionali - va aggiunto
che essi trovano sempre più legittimazione sia nelle
stesse normative “nazionali” (che gli ordinamenti
autoritari cercano, però, di contenere o, addirittura,
di non attuare ) sia in ormai diffusi ed accettati principi del diritto internazionale. Penso in particolare al
diritto dei popoli all’autodeterminazione riconosciuto solennemente da una serie di documenti
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Con riferimento all’Italia si può aggiungere che le
istanze e le rivendicazioni autonomistiche, oltre ad
essere già pienamente legittime sul piano della legalità costituzionale vigente, sono anche fondate su
molteplici e sempre più pressanti esigenze delle
Comunità politiche di base. Vi sono motivazioni di
grande attualità che riguardano il problema irrisolto
di come le Comunità territoriali possano autogovernarsi garantendo così sia la partecipazione democratica dei cittadini che l’efficacia politica delle azioni
pubbliche. C’è, a cavallo tra il nuovo diritto europeo
(obbligante in senso politico e formale ) e quello
interno (disatteso sul piano dell’attuazione), il principio della sussidiarietà recepito in forma normativa
dalla Repubblica italiana con la Legge 30 dicembre
1989, n.439, la quale, a sua volta, inserisce integralmente nel corpo delle leggi dello Stato un vincolante
documento come la “Carta Europea dell’autonomia
locale” approvato a Strasburgo sin dal 1985.
A queste considerazioni che indicano diversi gradi di
deperimento, sia dall’alto che dal basso, dell’intero
apparato dello Stato nazionale dal punto di vista delle
“sovrastrutture”, va oggi aggiunto, senz’altro, un
ulteriore importantissimo elemento di indebolimento
che si sviluppa con molto impeto ed accelerazione sul
piano economico il quale è, invece per sua natura, di
carattere squisitamente “strutturale”. Posso qui solo
accennare a questa nuova ed ormai imprescindibile
problematica che ha già prodotto un nutrito ordine
di ricerche e valutazioni critiche che hanno nell’economista giapponese Kenichi Ohmae - autore del fortunato ed acuto libro “La fine dello Stato-nazione.
L’emergere delle economie regionali” (1995; ed.it.
Milano, 1996, Baldini & Castoldi) - un loro originale
interprete sia teorico che, soprattutto, applicativo.
La tesi centrale di Ohmae è che il mondo contemporaneo è condizionato dalla circolazione sempre più
libera e crescente e meno controllabile delle quattro
“I” dominanti: “individui, informazioni, industria,
investimenti”. Di fronte a questo fenomeno generalizzato ed irresistibile lo Stato nazionale, così come
è stato già qui considerato, si presenta, in ogni caso,
profondamente menomato sul piano del suo ruolo,
della sua identità e di talune sue importanti funzioAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ni. E’ la sua stessa formazione storica, risalente agli
ultimi due secoli ( in particolare al XX), che fa sì che
esso rappresenti attualmente e per molti aspetti un
fattore di ritardo e di sfaldamento e, addirittura, talora di vero danno nell’ambito vitale dell’economia
dove le quattro fatidiche “I” caratterizzano ogni dinamica sociale e qualsiasi sviluppo produttivo.
Questa nuova e critica condizione dello Stato viene
così sintetizzata da Ohmae: “ ……….in termini di
flussi reali dell’attività economica, gli Stati - nazione
hanno già perso il proprio ruolo di unità significativa
in grado di partecipare agli sviluppi dell’economia
globale nell’odierno mondo senza frontiere”(ivi,
pp.29 –30 ). Va anche aggiunto che l’economista giapponese cita l’Italia (sesta potenza mondiale in termini
di Prodotto interno lordo globale tra i 29 Stati più
industrializzati dell’OCSE) come uno tra gli esempi
più clamorosi di dimostrazione di come lo Stato nazione si vada “sempre più riducendo a una fantasticheria di sapore nostalgico” (ivi, p.31). Scrive
Ohmae che : “Parlare oggi, per esempio, di un’unica
unità economica riferendosi all’Italia, alla Russia o
alla Cina ha ancora meno senso di qualche anno fa.
Ognuno di questi Stati è infatti una mescolanza eterogenea di territori che differiscono notevolmente in
termini di esigenze e di capacità di contribuire al
bene comune.” (ivi, p.31).
Gli Stati nazionali, come aveva scritto Kohr, furono
costruiti artificialmente perché voluti e strutturati
per fini di potenza, imperialismo e tutela di economie
monopoliste; oggi i fini della politica e dell’economia
sono davvero molto cambiati.
3. Fallimento dei processi di
integrazione italiana
Mi sembra che partendo dalla crisi profonda quanto
ambigua dello Stato nazionale sia utile e pertinente
tenere ora in attenta considerazione il particolare
quanto atipico processo di costruzione della “identità
nazionale italiana” che venne condotto dal 1861 ad
oggi attraverso diversi ed autoritari processi di forzata integrazione unitaria ed accentratrice. Nella specie
si tratta di registrare il fallimento di tutte le politiche
perseguite dallo Stato in oltre 130 anni di storia nel
corso dei quali tutte le azioni intraprese a formare la
“identità italiana” pur avendo battuto tutte le strade
( liberalismo conservatore nell’ultimo Ottocento,
liberalismo democratico e, poi, totalitarismo fascista
nel Novecento e, dal 1945, democrazia repubblicana)
non costruirono, però, mai istituzioni e regole di
libertà, né costumi e pratiche democratiche e moderne, stabili e condivise dai cittadini e dalle loro
Comunità. Un fallimento del quale è emersa sempre
più tutta la gravità specie se si confrontano i risultati
italiani con quelli ben diversi ottenuti dalle plurisecolari ed assai più radicate identità delle grandi nazione
europee - come la Gran Bretagna, la Francia e la
Spagna – che proprio attraverso la forma dello Stato
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
nazionale istituirono, nel corso della storia, i loro
specifici e forti ordinamenti statali e nazionali
anch’essi attualmente ormai in profonda trasformazione costituzionale e politica.
Le ragioni della vastità della crisi italiana sono assai
più radicate nel passato storico di quanto non emerga
da una semplice quanto superficiale considerazione
delle innumerevoli patologie morali, sociali e politiche che ci stanno, purtroppo, ormai costantemente
sotto gli occhi. Non mi è possibile accennare in via
analitica a tutte ma posso sottolineare che non c’è, in
Italia oggi solo un riflesso preciso del declino generale degli Stati nazionali; c’è, invece, molto di più.
Infatti lo Stato italiano - proprio a causa della sua tardiva realizzazione rispetto ai maggiori Stati europei e
della sua debolezza politica e costituzionale – dovette
sin dalle origini per esistere e legittimarsi inventare “
a priori” e di sana pianta, con precisi scopi di dominio
politico e di egemonia ideologica e culturale, una mai
prima esistita “nazionalità italiana”. Per renderla poi
effettiva nel corso di oltre 130 anni di storia unitaria
la dovette fare del tutto coincidere con la continuità
delle sue leggi e dei suoi ordinamenti. Sul piano storico “l’identità italiana” fu costruita e gestita, quindi,
dai poteri di uno Stato essenzialmente militaresco e
classista in senso reazionario ed antipopolare, senza
radici diffuse e senza consenso condiviso e convinto.
Uno Stato che aveva assunto come suo unico ed intollerante dogma fondatore e legittimante la necessità
morale dell’unità politica di tutti gli italiani nella
forma della centralizzazione più rigida ed uniformante.
Questa organizzazione politica ed istituzionale non fu
affatto il motore di un efficiente e sollecito sviluppo
della vita autonoma dei cittadini e delle loro
Comunità, un garante di correttezza nelle regole e
nel buongoverno. Lo Stato divenne, invece, subito
l’unico centro attivo e reale di integrazione culturale,
sociale ed economica, costruì un sistema dirigistico e
regolamentare che interveniva in tutti gli aspetti
della vita individuale e collettiva. In questo modo i
vincitori del Risorgimento diedero vita ad una cultura
ufficiale che, come scrisse egregiamente Piero
Gobetti (1901 – 1926 ), “fu cieca ed inesorabile contro gli avversari del mito unitario”. In base a questa
stretta combinazione di premesse politiche di carattere dogmatico e di cultura “di Stato” retorica e conformistica fu disegnato e perseguito con tenacia e, talora
con violenza e ferocia, un processo di integrazione
coatta degli individui e delle società presenti sul territorio entro le forme e gli ordinamenti rigidi e prefigurati sempre “dall’alto” dello Stato nazionale di filosofia ed impianto napoleonici e post-napoleonici.
Questo lungo e complesso processo d’integrazione fu
condotto senza soluzione di continuità e si svolse in
tre fasi, distinte ma anche sempre concatenate tra
loro, nell’arco temporale che si estende dal 1861 a
tutto l’inizio degli anni ’90 del nostro secolo.
La “prima integrazione” fu sabauda e militaresca e
Quaderni Padani - 17
Il parlamento di Chignolo
consumò la sua crisi mortale tra il 1922 ed il 1925
quando ebbe luogo la conquista dello Stato e l’instaurazione della dittatura nazionalista e populista da
parte di Benito Mussolini (1883–1945) che rappresentò la “seconda integrazione”.
L’atipico e molto spurio Stato liberale nato dalla
“prima integrazione” lasciò in eredità al fascismo
risultati importanti quali l’ormai affermata unicità
dell’ordinamento istituzionale nazionalizzato, la centralizzazione in Roma – Capitale di tutti i poteri
costituzionali e burocratici ed il mercato interno unificato e chiuso nell’interesse dell’oligarchia agraria e
proto - industriale che dominava ed era padrona del
Paese e che ne determinava la sua politica. Il ventennio fascista (1925– 1945) caratterizzò la sua esperienza in senso ancora più autoritario e centralista rispetto alla precedente in quanto esaltò in modo parossistico lo statalismo etico, totalizzante ed imperialista
proprio delle sue dottrine. Il fascismo elaborò ed
affermò il primato di una complessa quanto molto
articolata ideologia nazionalista italiana il cui programma politico centrale consisteva nella rivendicazione della eredità romana e della civiltà cristiana
contro il bolscevismo sovietico ed ateo e poi: imperialismo e razzismo nel nome di una civiltà nazionale
italiana superiore rispetto a quelle di tutti gli altri
popoli; economia “umanizzata”, corporativa e solidale
contro le deviazioni aberranti sia del liberismo capitalista che del collettivismo comunista. Idee propagandate con grande ripetitività e mediante un capillare
controllo del pensiero e di tutte le sue forme di
espressione anche collettiva attraverso un accorto e
martellante impiego di tutti i mezzi e le forme di
comunicazione di massa allora disponibili.
Anche l’esperienza politicamente dittatoriale e d’integrazione coatta del fascismo fu irrimediabilmente travolta insieme con la Monarchia sabauda con la sconfitta italiana nella Seconda Guerra mondiale.
Quest’ultima - che fu la logica conclusione e punizione di una politica di aggressione e di espansionismo
18 - Quaderni Padani
fondati entrambi sulla propaganda ideologica e su
una crescente esaltazione propagandistica di asserite
virtù civilizzatrici, imperialiste e guerriere assunte
quali componenti qualificanti dello Stato italiano
nella sua versione più radicale, compiuta e nazionalista - fu una catastrofe di dimensioni davvero epocali
sul piano morale, ideale e materiale sia per i singoli
che per l’intera società.
La “terza integrazione” - quella democratica e repubblicana - si costruì sui principi e gli ordinamenti previsti dalla nuova Costituzione formale che, dalla sua
entrata in vigore (1948) ad oggi, è stata per larghissima parte inattuata e, spesso, addirittura tradita. Per
contro anche questa “integrazione repubblicana”
assunse subito e di fatto come sua bussola una sorta
di filosofia perenne della continuità storica dello
Stato italiano. Invece di rappresentare discontinuità e
rottura con un passato politico in cui c’erano non
pochi motivi di disonorevole vergogna, sul piano delle
violazioni delle libertà e dei diritti, la nuova legalità
repubblicana non seppe fare di meglio che abbarbicarsi a quanto di meno vecchio e di più funzionale era
stato radicato nell’organizzazione dello Stato, ossia
all’eredità del fascismo. Con il risultato che essa si
sviluppò fragile e chiusa, conservando gelosamente ed
utilizzandoli quotidianamente apparati burocratici
arroganti ed inefficienti, leggi antiliberali in materia
di diritti civili e dirigistiche in economia e relazioni
sociali, filosofie pubbliche centralizzatrici, autoritarie, omologanti e corporative. In questo modo e con
questa totale assenza di coraggio civile la Repubblica
concentrò in sé la somma di tutte le eterogenee e,
troppo spesso, fallite esperienze del passato politico
sia monarchico che fascista. L’assenza di libertà nella
politica e la mancata attuazione di una vera “integrazione comunitaria”, libera, consensuale e condivisa
nel quadro di un moderno, giusto e democratico
Stato di diritto, era il difficile ma non certo impossibile obiettivo che la Repubblica – terza versione dello
Stato italiano in meno di un secolo di vita unitaria –
doveva affrontare e risolvere. Ciò purtroppo non è
avvenuto e la situazione di profondissima crisi in cui
è immersa la politica a noi contemporanea registra
un terzo, inequivocabile fallimento. Va in particolare
sottolineato che il nuovo regime politico a base partitica dichiarò in ogni modo di volere rifiutare i motivi
ideologici del patriottismo ottocentesco e del nazionalismo fascista. Si trattava di una posizione comprensibile in quanto rispecchiava le convinzioni ideologiche e di rifiuto dell’eredità risorgimentale e postrisorgimentale dei partiti largamente maggioritari, la
DC ed il PCI, con un consenso complessivo di oltre il
70% dei voti espressi da un elettorato che si recava
allora alle urne in misura superiore al 90%. Tuttavia
questa politica che sostituiva all’identità “nazionale”
quella “ideologica” dal punto di vista dell’organizzazione dello Stato democratico e della sua legittimazione seppellì unicamente le forme simboliche e marcatamente retoriche di quello che ancora era rimasto
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
(ed era poco) dell’identità nazionale italiana nella versione ottocentesca e, poi, fascista. Ma nei fatti istituzionalmente rilevanti la democrazia repubblicana a
base partitica restò anch’essa più fedele che mai al
dogma ed alla prassi della continuità dello Stato. In
questo modo essa ha accettato senza alcun beneficio
d’inventario tutte le eredità cumulate dal 1861 ed ha
mancato il suo obiettivo principale di rinnovamento e
riforma.
4. L’unione della Padania come
primario obiettivo
Di fronte ad una simile crisi etica e politica si sta ora
affacciando l’ipotesi di una crisi produttiva e sociale
ancora più grave. Non va mai dimenticato che se nel
1998 il “Sistema Italia” è stato al sesto posto mondiale quanto a Pil globale questo risultato si è verificato unicamente grazie alla elevata produttività della
Padania. Tuttavia l’Italia è oggi relegata ad un preoccupantissimo venticinquesimo posto – rispetto ai
ventinove Stati dell’OCSE - quanto a sviluppo produttivo. Questa posizione, aggravata da una disoccupazione giovanile altissima e da una elevatissima denatalità, è la conseguenza complessiva di tutte le disfunzioni politiche ed istituzionali che si sono cumulate
nell’ultimo decennio di mancate riforme costituzionali e di mancata liberalizzazione della società e dell’economia. A questo punto tutti coloro che formano
quello che si configura ormai con piena legittimità
come un vero e proprio, anche se assai articolato e
differenziato (talora addirittura caotico), “Movimento
per la Padania”, hanno più che mai doveri imprescindibili di chiarezza e di rigore nel fissare i punti fermi
e le prospettive strategiche che propongono e vogliono discutere con l’opinione pubblica allo scopo di
ottenerne un attivo consenso che serva a segnare una
vigorosa e decisa reazione alla morsa che ci sta progressivamente uccidendo. Il “Movimento per la
Padania” deve, perciò, avere oggi più che mai la
maturità, il coraggio e la forza di volgere “in positivo”
quanto di negativo sta in forme sempre più accelerate
accadendo nella politica e nella vita sociale ed economica italiana. Per farlo deve, almeno a mio parere,
avviare un urgente aggiornamento ed un rigoroso
approfondimento delle sue stesse esperienze. Deve
possedere in massimo grado memoria storica non
solo attenzione alla quotidianità politica; deve sapere
scrivere, diffondere e propagandare con forza le proprie idee e le proprie proposte. Se si logorerà, invece e
come troppo spesso sta avvenendo, in disquisizioni
bizantine, nella spirale di una cultura chiusa e protestataria, è probabile che esso perda di ruolo e di forza,
il che sarebbe un grossissimo guaio per tanti onesti
cittadini ancora animati da forti e sinceri sentimenti
civili.
E’ trascorso poco più di un anno da quando il Libero
Parlamento della Padania riunito in seduta plenaria
nell’antico Castello pavese di Chignolo Po approvò
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
all’unanimità e dopo un intenso lavoro di elaborazione e molte discussioni assai accese (talora roventi e
talaltra assai dialettiche) un sintetico quanto impegnativo documento di progettualità politica rivolto ad
una ragionata e seria chiarificazione concettuale sulla
Padania; un documento significativamente titolato
“Patto d’Unione”.
E’ bene, infatti, ricordare che in Italia mai prima di
allora un movimento politico e d’opinione era riuscito a coinvolgere con continuità tanta gente, tanta
intelligenza, tanta passione e così varie esperienze
umane e culturali su un terreno – come quello della
formulazione e discussione dei principi politici e delle
architetture costituzionali - che non è certo abitualmente praticato nella storia e nella esperienza politica sia italiana che padana.
I Popoli padani e alpini, avvezzati da centinaia e centinaia di anni a subire imposizioni e vessazioni autoritarie, spirituali, culturali ed economiche di ogni
tipo, grazie all’azione di rottura avviata politicamente
dalla “Lega Nord” e poi, grazie, a questo originale
impegno di studio e proposta del Libero Parlamento
della Padania ed a quello delle energie individuali e
collettive così liberate e canalizzate, hanno iniziato ad
acquisire la coscienza e la consapevolezza di essere
tra loro collegati da un comune destino. Quest’ultimo
è sintetizzato proprio in quella dichiarazione di principi, valori e di interessi che sono compiutamente
espressi dal “Patto d’Unione” e che indicano come la
Padania non sia più un “sogno” - reazione ed evasione contro la tristezza dei tempi oscuri che ci affliggono ma che non ci devono piegare - ma che abbia iniziato ed essere soprattutto un “primario obiettivo” di
grande attualità ed un “progetto politico” di lunga
durata per Popoli e Terre fieri delle proprie identità e
diversità ma accomunati da valori morali e da una
condivisa visione dell’autonomia degli individui e
della società. Principi, idee, anche ed ovviamente
interessi materiali riguardanti sia la vita quotidiana
del presente che del futuro, segnano l’insuperabile
differenza che esiste tra il Movimento padanista e
tutti gli altri partiti o movimenti.
Non c’è dubbio che possiamo ben dire che nella devastante crisi di civiltà che ormai sta soffocando l’Italia
politica e l’organizzazione del suo Stato accentrato ed
autoritario solo la formazione di uno scenario del
tutto nuovo e capace di esprimere volontà, energia ed
unione com’è la Padania - la quale prima di ogni altra
cosa ha assunto il volto e la realtà di una “Comunità
di spiriti, di memorie e di sentimenti” - può ormai
garantire una bussola sicura di libertà e di civile sviluppo per il presente ed il futuro. Penso in modo particolare alle più giovani generazioni che solo in questo scenario della Padania libera, comunitaria e pluralista - che è, quindi, un impegno di vita, di responsabilità e dignità - potranno trovare il senso individuale e sociale di un avvenire diverso e migliore da
quello che si è ormai affacciato al nostro orizzonte.
Ma nessun destino oscuro è ineluttabile se gli uomini
Quaderni Padani - 19
e le Comunità in cui vivono sanno esprimere tutte le
forze positive che possiedono.
E non dimentichiamo mai che la prima grande e positiva reazione è nelle idee, nella cultura e nelle energiche volontà degli uomini.
Per questo motivo ritengo che, pur con tutti i suoi
limiti, dopo questo notevole sforzo collegiale di
immaginazione creativa e di studio espresso dal
Libero Parlamento sia del tutto inutile riproporre,
come sento più volte fare anche in ambienti padanisti, quesiti del tipo: “Che cos’è la Padania?” o peggio
ancora: “Esiste la Padania?”.
Sul piano teorico come su quello dei “fatti”, dei “dati”
storici, culturali, antropologici, psicologici, sociali ed
economici, il “Patto d’Unione” ha già dato con massima chiarezza una risposta positiva e compiuta.
Vorrei sottolineare che la Padania così concepita e
rappresentata appare una realtà davvero capace di
essere – se adeguatamente ed intelligentemente risvegliata, stimolata, motivata e riportata a responsabilità
e spirito d’iniziativa di individui e di Comunità – la
fonte primaria di una enorme quanto sottovalutata
energia positiva e di una altrettanto enorme forza
etica e di volontà.
Questo aspetto che – per chiamarlo con il suo nome –
va detto apertamente spirituale, culturale e volontaristico, appare come del tutto preliminare rispetto a
qualsiasi pur importante elaborazione politica e giuridica. Non si può, infatti, costruire alcunché di nuovo
e di soddisfacente sul piano sociale se non si parte da
visioni radicalmente nuove dell’uomo e delle sue
forme di vita interiore e morale per disegnare poi le
forme conseguenti della organizzazione sociale ed
istituzionale che è pur sua.
5. Disegni costituzionali per la
“Padania-Istituzione”
Piaccia o meno la Padania è, dunque, ormai un
“fatto” posto alla coscienza comune e da essa, almeno
per una parte, accettato. Un “fatto” sicuramente emozionale e, in una certa misura, anche traumatizzante
per molti ma, in ogni caso, di natura assai complessa
e duratura. Un “dato”, comunque, esistente e ben
verificato - proprio per la stretta connessione che
pone tra valori, ideali ed interessi - e che è preciso
merito della “Lega Nord per l’indipendenza della
Padania” avere promosso e sostenuto con ideazione
innovatrice e con gli strumenti della democrazia. Mi
sembra opportuno sottolineare – anche se qui non mi
è possibile sviluppare in dettaglio l’analisi che ho
sopra abbozzato - che la “Questione padana” ormai
definitivamente posta in questa forma è destinata ad
assumere sempre più un suo carattere specifico che
non può non condurre nel tempo a coerenti conseguenze politiche e costituzionali. Mi riferisco, indipendentemente dagli esiti e dalle vicende contingenti
o elettorali, alla solidità delle ragioni di coloro che
affermano la soggettività politica distinta ed autono20 - Quaderni Padani
ma della Padania rispetto alle forme materiali e dominanti della statualità italiana. D’altronde si tratta di
un processo che non è affatto nuovo sotto il profilo
storico. Esso è esattamente avvenuto quando in
tempi e con soluzioni diverse si sono imposte e sono
state risolte in forme diversificate nel nostro secolo
altre “Questioni” di autonomia e, molto spesso, anche
di autentica sovranità. Solo per fare qualche esempio
limitato all’Europa ed a partire dalla separazione della
Norvegia dalla Svezia (1905) e dalla formazione dei
due attuali Stati indipendenti: separazione della
Polonia, ,Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania dalla
Russia a seguito della rivoluzione del 1917 e formazione dei relativi Stati sovrani; formazione in tempi
diversi di: Repubblica d’Irlanda; Repubblica
Cecoslovacca (poi dal 1993 divisa nelle due entità
sovrane della Repubblica Ceca e di quella Slovacca);
Repubblica di Croazia; Repubblica di Slovenia, ecc. Si
può anche continuare menzionando altre soluzioni di
autogoverno come: l’istituzione delle Comunità
Autonome della Catalogna, delle Canarie, ecc. ; la
Autonomia Fiamminga e Vallona nella trasformazione federale del Belgio; la recente “devolution” di prerogative della sovranità del Parlamento britannico al
nuovo Parlamento della Scozia; l’autogoverno locale,
più limitato rispetto a quello scozzese, del Galles e
dell’Irlanda del Nord.
Il problema che la storia pone e che, poi, la politica
con le sue mutevoli e non mai lineari procedure cerca
di risolvere, in modo più o meno pacifico e più o
meno soddisfacente, sta nell’indubitabile insorgenza
di simili “Questioni” che è ormai del tutto insufficiente (anche se può essere chiarificatore ed utile) definire “nazionali”. In realtà si tratta di processi assai più
complessi- e che si complicano sempre più con l’aggrovigliarsi ed il sovrapporsi delle questioni sociali
sottostanti - come documenta l’intera storia del
Novecento. L’avvio, comunque, di simili processi ha
sempre origini in premesse culturali, psicologiche e
di principio coniugate strettamente e passionalmente
con il rifiuto dell’ingiustizia, della negazione delle
libertà e dell’oppressione sociale ed economica.
Il Libero Parlamento della Padania ha ritenuto anche
che si potesse dotare questo composito e molto ramificato, aggregato di energie, volontà, forze e capacità
che costituisce la “ Comunità / Sistema Padania” di
un adeguato, libero, democratico ed, al suo interno,
davvero autonomistico, innovativo e riformatore ordinamento costituzionale ed istituzionale. A completamento della formulazione dei principi espressi dal
“Patto d’Unione” e sotto il profilo dell’architettura
dell’ordinamento politico (che possiamo considerare
come rivolto soprattutto a disegnare forme macro costituzionali per la “Padania – Istituzione”) c’è
stato il lavoro condotto per nove mesi dal Libero
Parlamento. Attraverso di esso sono stati prospettati
certamente alcuni profili importanti e significativi,
anche se non ancora definitivi e fondamentali come
quelli contenuti nel “Patto d’Unione”. Infatti la proAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
blematica riguardante l’ordinamento generale delle
istituzioni costituzionali è stata già affrontata – ma
solo con risultati per ora parziali - a Chignolo Po
mediante la predisposizione da parte del Libero
Parlamento di due bozze di disegni costituzionali
impostati rispettivamente: l’uno in senso confederale
e l’altro in senso federale. Si tratta, almeno a mio
parere, ancora di abbozzi progettuali di interessante
ed utile sollecitazione intellettuale, culturale ed
anche scientifica ma non ancora elaborati in forma
definitiva. Documenti utili ma senz’altro aperti ancora a molte discussioni e ad ulteriori approfondimenti
rivolti a ricercare ulteriori ed originali apporti di
riflessione. Questi documenti andranno, quindi, sviluppati perché possano giungere alla loro completa e
mobilitante efficacia sia sul piano delle progettualità
politiche che delle architetture e delle soluzioni tecnico – giuridiche. Il problema che il “Movimento per
la Padania” deve, quindi, affrontare e risolvere si può
compendiare ora nel quesito complessivo così formulabile: “Come possiamo garantire l’organizzazione
della “Comunità/Sistema-Padania” entro un nuovo
ordinamento costituzionale coerente con i principi e
le proposte politiche contenute nel “Patto d’Unione”
e, conseguentemente, come possiamo far sì che questo nuovo ordinamento costituzionale e politico
padano assicuri il massimo di libertà, di pace ed il
massimo di sviluppo culturale, civile ed economico ai
singoli cittadini coniugandolo con la piena attuazione di un’organizzazione costituzionale e politica che
realizzi autonomia, sussidiarietà, sicurezza ed efficienza per tutte le Comunità territoriali?”.
Dopo avere affermato - con gli atti ed i primi progetti
del Libero Parlamento che ho richiamato - la priorità
strategica di costruire la “Istituzione - Padania” per
sorreggere e rafforzare tutte le potenzialità della
“Comunità/Sistema-Padania” penso che occorra iniziare a precisare “come” assicurare sul piano del diritto
questo processo di radicale passaggio dall’attuale ordinamento italiano alla nuova soggettività della Padania.
Il problema è di come garantire alle Comunità padane
- che sono territorialmente pluricentriche; culturalmente e socialmente pluraliste; politicamente poliarchiche, ossia portatrici di proprie originali ed autonome volontà politiche - quel dovuto e massimo sviluppo
culturale, civile ed economico coniugato con la piena
attuazione di un’organizzazione costituzionale e politica fondata su autogoverno, autodeterminazione, partecipazione, sussidiarietà, sicurezza ed efficienza per
tutte le Comunità territoriali stesse.
6. Riflessioni e proposte per
la transizione
Per avviare un’azione rivolta a dare una risposta alla
somma dei problemi indicati occorre porsi la questione
generale che il Libero Parlamento della Padania non ha
risolto, né era suo compito farlo: “Come attuare la
transizione dall’attuale ordinamento italiano ad un
modello diverso e che risponda ai principi ed agli inteAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ressi contenuti nel “Patto d’Unione ?”. E’ infatti evidente che essendo i Comuni, le Province e le Regioni che
formano la Padania parte integrante dell’ordinamento
della Repubblica Italiana è necessario elaborare un percorso costituzionalmente corretto e democraticamente
legittimo per operare l’avvio di questa vera e propria
transizione dal centralismo attuale alla riorganizzazione
autonomistica e federativa dei poteri territoriali che nel
loro insieme formano la Padania.
Per contribuire a chiarire come si potrebbe risolvere
questa questione richiamo di seguito a questo scritto i
contenuti integrali della “Proposte di Legge
Costituzionale d’iniziativa popolare” e che riguardano
la piena attuazione dell’art.5 Costituzione ed una radicale riforma dell’intero Titolo V (Le Regioni, le Provincie,
i Comuni), Parte II (Ordinamento della Repubblica),
artt. 114 -133 della Costituzione. Si tratta di un disegno
legislativo di portata costituzionale che investe e coinvolge tutte le autonomie comunali, provinciali e regionali e che prevede anche l’istituzione delle Provincie
Autonome. Una progettualità per la transizione elaborata nell’ambito delle Provincie a maggioranza leghista e
padanista di Bergamo e di Vicenza le quali hanno dato
vita a due autentici “laboratori” di carattere scientifico e
culturale oltre che politico ed istituzionale allo scopo di
formulare una precisa risposta a taluni dei quesiti costituzionali che oltre mezzo secolo di democrazia incompleta non hanno mai né affrontato né risolto.
La “Proposta di Legge” studiata sin dal 1997-1998 a
Bergamo è stata formalizzata ed ha avuto il sostegno
attivo di circa 70mila bergamaschi. Essa ha concluso il
suo iter (Legge 25 maggio 1970,n.352) ed è stata assegnata in data 20 maggio 1999 alla Prima Commissione
(Affari Costituzionali) del Senato come “Disegno di
Legge Costituzionale n.3994”. La procedura popolare
è, invece, ancora in corso a Vicenza (che l’ha avviato due
anni dopo Bergamo) e, comunque, questa seconda
“Proposta di Legge” è analoga a del citato “Disegno di
Legge Costituzionale n.3994”. Specifiche relazioni e
differenziati studi preliminari e di fattibilità sulla trasformazione dell’attuale sistema - che è autonomistico
solo sulla carta ed embrionale sul piano istituzionale in un autentico ordinamento di autonomie finalizzate
alla istituzione del federalismo padano sorreggono le
due iniziative legislative di carattere costituzionale che,
a pieno titolo, si inseriscono nella ormai vasta progettualità padanista; in particolare in quella elaborata in
forme organiche e strategiche dal Libero Parlamento
della Padania.
Vi sono stati ampi consensi a questa proposta ma anche
diversi dissensi. Mi sembra che tutto questo sia ovvio e
logico giacché ogni progettualità per affermarsi deve
procedere attraverso critiche ed aggiustamenti di prospettiva. Tuttavia poiché nei confronti di questa proposta mi sono assunto – e mi assumo naturalmente per il
presente ed il futuro - l’intera ed esclusiva paternità dell’ideazione e della stesura (mentre per gli studi preparatori vi è stato un fervido quanto pluralista concorso di
esperti e studiosi sia sotto il profilo scientifico che dei
convincimenti politici) devo dire francamente che mi
Quaderni Padani - 21
sembra sia stato limitativo parlare solo di “Province
Autonome” giacché il “Disegno di Legge Costituzionale
n.3994” se riguarda in forme molto innovative e riformatrici certamente le attuali Province, dedica tuttavia
grande attenzione anche al ruolo ed ai poteri dei
Comuni e, soprattutto, a quelli delle Regioni.
Questo approccio è tipico della “ingegneria gradualista”
della quale ho parlato in apertura di questo scritto (pf.
1.Una strategia per le riforme) perché parte dalla
Costituzione vigente, dall’ordinamento di diritto del
quale siamo pur sempre cittadini sovrani, per saggiare
se essi sorreggano un’ipotesi fattibile “di transizione”
ad un assetto autonomistico e di autogoverno delle
Comunità territoriali fondato sul principio europeo della
sussidiarietà. La risposta alla luce della normativa costituzionale non può che essere positiva.
Considerando, inoltre, che questo processo ha tutte le
caratteristiche di quella “democrazia ascendente” che
costituisce uno dei postulati del libero sviluppo della
vita civile e partecipata “alla padana” che sono stati disegnati dal Libero Parlamento, si può aggiungere che se
esso non è ancora la realizzazione della “Padania
–Istituzione” è, però, sicuramente una corretta e precisa prefigurazione di come la Padania potrà configurarsi
liberamente e in forme federaliste al suo interno.
Aggiungo che oggi una vera e propria elaborazione dottrinale riguardante questa forma di urgente transizione
appare più che mai necessaria nel momento in cui è
fuori discussione che la costruzione della “PadaniaIstituzione” avrà luogo unicamente in forme democratiche, legali e non - violente.
Sul piano dottrinario - giuridico e su quello dell’indirizzo filosofico - politico è stato affermato innumerevoli
volte nel corso dell’ultimo mezzo secolo che la
Costituzione della Repubblica Italiana ha nel principio
autonomistico generalizzato - solennemente affermato
come fondamentale nell’articolo 5 della Costituzione - il
suo essenziale e più originale connotato teorico ed il
suo massimo e vincolante precetto normativo finalizzato
a legittimare e rendere effettiva una incisiva e davvero
radicale riforma dell’ordinamento e della stessa natura
dello Stato. Questo principio caratterizza dal 1 gennaio
1948 la Carta costituzionale e politicamente, addirittura,
contrappone il nuovo e diverso modello statuale in essa
disegnato al centralismo che, come abbiamo visto, ha
storicamente ispirato e dominato con continuità ininterrotta ogni fase della costruzione nazionale italiana e
dei suoi sviluppi sin dal 1861. Il principio costituzionale
“d’autonomia” non rappresenta, quindi, un generico e
vago “indirizzo programmatico”, una dichiarazione propagandistica di buone intenzioni politiche, ma costituisce, invece, una norma primaria compiuta ed obbligante che non solo deve essere applicata a tutte le autonomie territoriali locali (regionali, provinciali e comunali)
ma che deve avere anche piena vigenza per una parte
considerevole delle attività e funzioni dello Stato sia
sul piano legislativo che dell’organizzazione degli uffici
e dei servizi. Il principio autonomistico, l’autonomia
come la chiama la Costituzione, ha perciò contempora22 - Quaderni Padani
neamente il connotato sia di un valore politico fondamentale che di una norma di carattere precettivo ,ossia
immediatamente ed integralmente obbligante il legislatore ordinario (“il Parlamento”) che è sempre subordinato ai dettati costituzionali.
Personalmente ritengo che ogni corrente (e ricorrente!)
discorso di “ingegneria costituzionale” o, se si preferisce, di “tecnologia legislativa”, vuoi in materia di organizzazione dei poteri o, vuoi ancora di più, nella delicatissima materia della legislazione elettorale che materializza e rende possibile qualsiasi forma di “sovranità
popolare”, sia allo stato della situazione politica ed istituzionale italiana una pura e semplice perdita di tempo.
E’, infatti, ormai evidente ed acquisito alla comune consapevolezza che il sistema costituzionale della
Repubblica è bloccato ed inattuato da mezzo secolo e
che la Costituzione vera ed autenticamente vigente non
è quella teorica e scritta bensì quella “materiale” , una
costruzione incoerente, sgangherata e di puro potere,
non fondata, quindi, sui valori ed i principi solennemente proclamati nella Costituzione “formale”. Questa
“Costituzione materiale” alla fine nient’altro è se non
l’eredità plumbea, conservatrice, immobilista che ci sta
alle spalle; il retaggio dei tre falliti processi di “integrazione nazionale”.
Data una simile situazione è conseguente che solo fortissimi, coraggiosi e costanti impulsi di discontinuità e
di autentica frattura che procedano dal popolo - attraverso l’uso accorto e ben mirato dell’art.71,comma
secondo Costituzione ( iniziativa legislativa diretta dei
cittadini) - possono ormai ridare piena legittimità e
senso compiuto e concreto all’impegno politico ormai
declinante e ad un rinnovato interesse da parte dei cittadini alle cose pubbliche. Una simile azione di mobilitazione civile costante e vigile può concorrere sul piano
delle idee (che alla fine sono più forti degli intrighi del
potere) a contrastare il disastroso stato delle cose che ci
sta alle spalle e quello che ci è ora sotto gli occhi.
Vi sono nella Costituzione del 1948 pochissimi orientamenti e precetti che possano avviare una transizione
urgente quanto necessaria dal “vecchio” che offende ed
umilia al “nuovo” che apre alla speranza ed all’ottimismo della ragione e della volontà. Occorre saperli individuare ed usare contro un “sistema politico” ed un ordinamento costituzionale “materiale” che hanno ucciso la
politica e si apprestano ora a fare la stessa cosa con le
libertà. Ma la legalità vera è dalla parte di chi vuole riformare presto e bene, dalla parte del “Movimento” che ha
per primario obiettivo la Padania ma che non trascura
gli obiettivi tattici ed intermedi ; come le iniziative legislative popolari per la “devolution” secondo il “modello
scozzese” e l’istituzione del Ministero per gli Affari
Settentrionali. I citati “Progetti di legge” dei popoli bergamasco e vicentino - che si basano su quei pochissimi
precetti della vigente Costituzione che abbiano in sé
almeno una componente di libertà politica e di responsabilità individuale e comunitaria – indicano un percorso reale e possibile che, in ogni caso, il pluralismo istituzionale della Padania non potrà ignorare.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Saggio sulle costituzioni padane
di Antonio Zòffili
L
a somma degli eventi che si sono avvicendati
nel corso dei secoli riesce a definire il profilo
storico di un Popolo e a condizionarne il destino.
Per questo, è dovere del costituzionalista prendere
innanzitutto in esame il susseguirsi delle umane
vicende: sulla base di queste, e delle risultanti deduzioni connotative di genti e paesi, scriverà gli articoli
della sua Carta. Ecco il punto di partenza per dare ad
un Popolo una forma di Stato ed una forma di
Governo che perfettamente gli convengano.
Così ho fatto. Quanto ho scritto, quali che siano il suo
valore e il suo peso, nasce dalla storia e tiene conto,
umilmente, dei suoi ammaestramenti e della sua
necessità in quanto “fondamento empirico di certezza, somma di esempi, scienza che a volte sembra si
identifichi con la statistica”. Se avessi preteso di eludere questo passaggio obbligato, segnato dai sacrifici
anche estremi di coloro che hanno perseguito il bene
supremo della Libertà, avrei prodotto un documento
pretenzioso e debole. In una parola, astorico. Il mio
modello di Federazione, oltre ad essere profondamente diverso da quello confederativo, lo sopravanza.
Questa convinzione si sostanzia in tre saldi presupposti: l’Unione, la Libertà e la Sovranità popolare, che,
anzichè contrastarsi, si integrano e rafforzano vicendevolmente.
L’Unione nasce da un’esigenza ineludibile: quella di
conservare e difendere la Libertà e le singole autonomie. Ogni entità territoriale, dal Comune alla
Nazione, trova nell’Unione il consolidamento della
propria sovranità, la tutela dei propri interessi, la salvaguardia della propria identità e il rispetto delle proprie minoranze.
Ciò avviene perchè l’Unione, nata dal basso e quindi
dai singoli cittadini, ha una salda base sociale: nasce
dal Popolo ed è del Popolo. “L’Unione non deve trasformare l’uno nell’altro, ma, per così dire, aprire dei
passaggi dall’uno all’altro”. Ogni potere costituzionale, sia delle singole Nazioni che dell’Unione Federale
Padana, deriva dalla Sovranità popolare (Art. 4, 1°
paragrafo). Tutto il contrario dell’Unità, che, sempre
imposta dall’alto e da una volontà politica, spiana la
strada al centralismo. Proprio perchè intimamente
coniugata con la Libertà, l’Unione, contemplando la
facoltà di recedere, potrà non essere, necessariamente, perpetua. Nulla di negativo in questo concetto,
che, confinato nella sfera delle possibilità, diventa secondo ogni logica deduzione - ipotetico o addirittuAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ra velleitario, stante la già declarata e incontrovertibile sinergia delle singole parti nel concorrere alla formazione di quell’organismo comune che, nato e alimentato dalle pluralità, ne rappresenta la più salda
tutela.
Gli ordinamenti federativi sono generalmente caratterizzati dall’essenzialità sia dello organismo comune
che delle singole parti. Dal momento che l’organismo
comune è costituito da tutte le parti, la facoltà di
recedere dovrebbe depauperarlo del suo carattere
essenziale e indispensabile.
In effetti, ciò si verificherebbe soltanto parzialmente e
con conseguenze assai minori per l’Unione che per
l’entità secessionista. La prima conserverebbe, infatti,
pressocchè intatta ogni sua valenza; la seconda, pur
essendo strutturata secondo i principi della più completa autonomia (Artt. 3 e 4), semprechè intenzionata
a conformarsi a detti principi, si vedrebbe privata dell’aiuto coordinato e collegiale dell’Ordinamento unionista in merito alle competenze di cui all’Art. 11.
Si immagini un sintagma, inteso sia in un contesto
letterario che militare, vale a dire come entità elementare sia di una frase che di un esercito: avulso dal
suo contesto, perde, nel primo caso, molti dei suoi
significati; nel secondo caso, rischia di soccombere,
se determinato a combattere, o di finire, prigioniero o
defezionista, nelle file avversarie.
Prende forma così un concetto denso di coraggiosa e
cosciente esaltazione, che fa capo a quella “Lega d’amicizia fraterna”, che, di fatto, potrebbe appropriarsi
dei contenuti, delle finalità e finanche della denominazione della mia Carta costituzionale.
In questo ambito compiutamente pattizio, e quindi
federale, viene superato per pregnanza di significati lo
stesso modello americano. E viene avallato come intimamente federativo un principio, quello della recessione, di per sé antitetico ad un ordinamento federale.
La facoltà di recedere rende l’Unione ancora più sentita, più salda, in quanto la pervade di Libertà. Una
Libertà sostenuta dal raziocinio e non dalla licenza,
dalla volontà consapevole di un Popolo che ricorre all’
iniziativa referendaria in caso di recessione (Art.2),
rifiutando di considerare questa scelta alla stessa stregua di un diritto “che non puo’essere sottoposto ad
alcuna restrizione o eliminazione”. L’Art.6 della
Costituzione confederale asserisce quest’ultimo concetto pur avendolo precedentemente smentito: come
puo’infatti, una procedura, ancorchè non “rinforzata
Quaderni Padani - 23
o aggravata” esimersi dal rispetto di ben precise
regole?
Il modello di Federazione è, come dicevo all’inizio,
diverso e superiore rispetto al modello di
Confederazione. Si può realizzare allorché coincidano due volontà solo apparentemente contrapposte: la
volontà di Indipendenza e la volontà di Unione.
Rappresenta la convergenza del pluralismo e dell’autonomia nell’Unione, intesa come tramite di rafforzamento reciproco grazie alla coordinata collegialità
dei dispositivi ordinamentali. Occorreva ritrovare, tra
tante diversità, un interesse comune, capace di chiamare a sé e riunire tutti gli uomini, in modo di formare una forza imponente. Se tutti abbiamo un interesse comune, la Libertà, il rinnovamento procederà
solo per quel fine che accomuna tutti, e ognuno subordinerà il suo interesse particolare a quello generale, nella piena consapevolezza che da quest’ultimo
dipenderà la piena realizzazione del primo.
Sarebbe stato poco appagante e, comunque, restrittivo, agganciarsi a un patrimonio ideologico preesistente e cercare di risolvere l’urgenza drammatica
delle nostre realtà con l’alchimia di formule desunte
dalla molteplicità di consolidate correnti filosofiche,
politiche ed economiche.
Niente di tutto questo.Gli elementi, o meglio presupposti, dai quali sono partito - l’Unione, la Libertà e la
Sovranità popolare - si impongono con la forza di un
postulato: benchè ricorrenti nella storia dell’Umanità
e in gran parte del pensiero filosofico, rivestono nella
mia Carta significati nuovi e del tutto originali.
L’Art.1, connettendo intimamente tra loro i tre elementi, sancisce un dato di fatto incontrovertibile. “La
Padania è un Unione...”. Nulla di impositivo in questo
esordio, bensì la libera volontà di Popoli sovrani di
opporsi al dramma politico, alla catastrofe economica
ed alla contaminazione etnica, volute da un regime
centralista, che prima ha reso sudditi quei Popoli ed
ora li vuole schiavi.
“Roma è più forte di noi, perchè Roma è UNA e noi
siamo MOLTI”.
“Dobbiamo ricordarci della nostra storia e degli
errori che i nostri Popoli hanno commesso in passato ... Fu la coscienza di essere divisi tra Popoli fratelli
a far perdere il proprio orgoglio ai nostri antenati”.
Oggi, la libera Unione è l’unico mezzo per non soccombere alle forze della mafia politica del meridionalismo e dell’Immigrazione. Come esplicitato nel
Preambolo, i Popoli della Padania riconoscono l’urgente necessità di unirsi in nome del più alto significato della Libertà: Unione e Padania sono inscindibili.
Si leva il vento di una sfida audace e determinata: un
vento più impetuoso di quello che, nell’aprile del
1167, avvolse la Lega Lombarda, stabilita “con obbligarsi sotto forte giuramento di difendersi l’un Popolo
l’altro”, ma limitata dall’ultima clausola: “salva
tamen Imperatoris fidelitate”.
Nella Carta confederale non si avverte l’immanenza
del pericolo e il suo progressivo aggravarsi: i suoi
24 - Quaderni Padani
Carlo
Cattaneo
contenuti meglio si adattano a una situazione di stabilità fluttuante o tale, comunque, da non stimolare
l’impegno congiunto verso un fine supremo ma,
piuttosto, la velleità delle singole entità comunitarie
di fronteggiare gli eventi secondo il loro arbitrio nell’illusione di perseguire in tal modo la Libertà. Dal
suo Art.1 traspare, infatti, la preoccupazione di esaltare al massimo grado la Libertà, condizionando, in
certo qual modo, l’Unione con un attributo - “volontaria” - che apparirebbe del tutto pleonastico, in
quanto naturalmente insito nelle connotazioni “libere e indipendenti” delle Comunità. L’effetto è,
comunque, discordante: l’Unione ne esce sminuita e,
conseguentemente, la Libertà non può che soffrirne.
Ancora: il fatto di non identificare la Padania con la
Confederazione ridimensiona la pregnanza sia dell’una che dell’altra, limitandone gli ambiti e le finalità.
Siamo stati investiti di un compito: preparare uno
strumento idoneo ed efficace, di pronto impiego per i
momenti critici che stiamo vivendo. La Padania, mai
come ora, deve riassumere in se’tutti i suoi requisiti,
e soprattutto quelli politici al di là di quelli meramente geografici. Partire dal presupposto che non
tutte le Comunità aderiscano al Patto non solo non
giova alla validità ed alla credibilità del progetto, ma ciò che più conta- non deve indurre a pensare che la
Padania sia altro se non quell’Unione di Comunità, o
anche quell’unica Comunità il cui Popolo, per ragioni naturali, storiche, identitarie, etniche, politiche,
culturali e socio-economiche abbia il coraggio e la
determinazione di riscattarsi dall’attuale condizione
di sudditanza. D’altra parte, come ho già detto, il
nostro doveva essere un lavoro concreto e non un
saggio accademico. In quest’ottica ho ritenuto di
gran lunga preferibile evitare una visione di sapore
idealistico o, comunque, non rapportata all’intrinseca
“fisicità” della problematica, così come è e cosi come
ci appare.
Da tempo infinito s’è arpeggiato sul tema della
Libertà.
Moltissimi hanno la Libertà sulle labbra, molti la
hanno nella testa, pochissimi nel cuore. La Libertà
non può e non deve essere soltanto intesa come un
qualcosa di talmente immenso da diventare incommensurabile e di così sublime da diventare invisibile
e inconsistente, quindi, sovrannaturale: si rischierebAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
be di non poterla riempire di contenuti. E’questo il
male più grande che s’accompagna ad una concezione
troppo astratta della Libertà e che la toglie proprio
mentre pretende di darla. La Libertà è veramente tale
e, quindi, il maggiore in assoluto dei beni, in quanto
può generare altri beni, come il civile consorzio, la
buona amministrazione, il benessere sociale ed economico.
I Popoli non sempre sanno cos’è la Libertà: imparano
a conoscerla e ad amarla in quanto amano questi beni
e a essi aspirano. E poichè appare chiaro che la
Libertà non è un’idea bensì un sentimento, occorre
farla assaporare ai popoli coi fatti e non tentare di
dimostrarla ricorrendo ai teoremi. Ma il vero amore
della Libertà non nasce soltanto dal desiderio dei beni
che essa genera. Non sempre la Libertà s’accompagna
al benessere, che, anzi, può non esserci o essere limitato, nelle fasi di transizione conseguenti a un governo dispotico. Un benessere che, sia pure in determinate contingenze, può essere garantito - per assurdo soltanto dal dispotismo.
“Chi cerca nella Libertà altra cosa che la Libertà
stessa è fatto per servire”.
Il desiderio di Libertà sfugge ad ogni analisi: certi
Popoli lo perseguono con ostinazione sopportando
pericoli e miserie perchè lo considerano come il più
prezioso dei beni. Altri Popoli lo cedono in cambio del
benessere che la Libertà ha loro procurato: non sono
più liberi perchè, sciagurati loro, hanno perso il desiderio di esserlo. Si tratta di un desiderio affascinante
e sublime, che provano soltanto coloro che sono
degni di riceverlo nei loro cuori. Incomprensibile per
i pusillanimi e i mediocri, che mai l’hanno provato,
nè mai lo proveranno. E c’è ancora da chiedersi da
dove nasca, in quali sentimenti si radichi e da quali
tragga vita quell’amore di Libertà che ha sempre
spronato il genere umano alle più grandi imprese
della storia. Non va confuso con quell’amore di
Indipendenza, in genere poco durevole, di certi Popoli
mal governati, che desiderano governarsi da sè: non
si tratta di amore per la Libertà, ma soltanto di odio
verso il despota. Al contrario, i Popoli nati per essere
liberi odiano, nella loro intima essenza, i mali della
servitù. Proprio alla stessa maniera che amano i beni
della Libertà.
Il concetto di “unanimità”, così come espresso
nell’Art.5 della Carta confederale, mal si concilia con
quello di Libertà. Com’è possibile che si rinvenga una
“totale concordanza di idee, opinioni, aspirazioni,
desideri e simili” in “quell’informe amalgama di qualche saggio e molti sciocchi”, che potrebbe essere designata a costituire un qualsiasi consesso? E se quel
consesso fosse composto soltanto di saggi, costoro la
penserebbero tutti allo stesso modo o non piuttosto in
maniera ancor più discordante, in quanto addestrati
alla consuetudine della critica e della discussione?
Mi sia concessa una digressione storica, essenziale alla
comprensione dei processi evolutivi del mio progetto.
Farò riferimento all’America e al suo modello pluraliAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
stico di democrazia, nato dalla Rivoluzione del 1774
ed ispirato a quei principi troppe volte traditi, in
seguito e sino ad oggi, nei confronti di altri Popoli. La
clausola dell’unanimità, paralizzando qualsiasi decisione importante, rischiò di condurre al disastro ed al
completo fallimento la Guerra d’Indipendenza americana (1774 - 1781). Nel 1780, si poteva credere che gli
Inglesi fossero vittoriosi, tanto che, venuto a conoscenza dell’occupazione di New York, Horace Walpole
così si esprimeva: “ Noi consideriamo l’America come
ormai atterrata ai nostri piedi !”.
La Confederazione era in preda al caos. Gli Stati non
davano più alcun credito ad un Congresso
Continentale che, ridotto all’impotenza, s’abbandonava nelle mani di intriganti e di politici settari. Le
truppe, disgustate da un governo imbelle e senza
fede, disertavano in massa. Fu soltanto grazie ai
25.000 Francesi di Rochambeau e di De Grasse, e non
certo allo sparuto contingente di 7.000 Continentali,
che il genio strategico di Washington, coadiuvato da
La Fayette, riuscì a intrappolare Cornwallis a
Yorktown e, costringendolo alla resa, a por fine vittoriosamente alla guerra. Ma una volta terminato lo
sforzo militare, gli Americani rischiarono di venir travolti dal disordine e dall’anarchia. Il Congresso della
Confederazione, privo di un vero e proprio potere,
paralizzava tutte quelle decisioni che erano essenziali
non solo allo sviluppo ma anche alla vita degli Stati.
Sommosse, ammutinamenti e rivolte si susseguirono
sino al 1788, anno di entrata in vigore della nuova
Costituzione, integralmente rinnovata e di tipo federale. Si trattava di creare un Ordinamento governamentale sufficientemente forte per difendere e tutelare gli Stati, ma non così forte da sminuirne le rispettive autonomie: di far convergere, cioè, gli Stati con
l’Unione.
I Padri Fondatori, ispirati da Locke e da Montesquieu,
riuscirono a realizzare questo straordinario progetto,
creando, al di sopra degli Stati, che mantenevano la
loro completa autonomia, un Ordinamento eletto dal
Popolo ed espressione della sua sovranità.
Contemplare l’unanimità nelle deliberazioni equivale
ad ammettere una generalità e una omogeneità che
mal s’accordano con la libera espressione del pensiero
individuale.
L’unanimità crea, inevitabilmente, l’uniformità e svaluta le minoranze, a difesa e a salvaguardia delle quali
non sussisterebbe più alcun organismo autonomo ed
indipendente.
“La Libertà illimitata di contraddire e disapprovare è
la condizione senza cui non potremo mai stabilire
un’opinione sicura”.
Pur di non arroccarmi sulle posizioni estreme di un
individualismo reciso, ritengo a malapena accettabile
- e soltanto perchè inevitabile e anche meno inibitrice
della libera espressione- quella sorta di coercizione
che viene esercitata secondo il criterio della maggioranza da ogni Governo liberale e democratico. Non
sempre ci troviamo di fronte a verità matematiche, a
Quaderni Padani - 25
proposito delle quali l’unanimità è scontata e ovvia.
In ogni altra materia, dove possono - e devono- esistere opinioni divergenti, la verità “dipende dall’equilibrio che può stabilirsi tra diversi sistemi contraddittori”.
Per non incorrere nel pericolo di creare l’uniformità
che svaluta le minoranze e, in genere, ogni valenza
identitaria, occorrono due requisiti indispensabili, la
Libertà e la flessibilità dell’Ordinamento statuale,
“dalla cui unione nascono il vigore individuale e la
diversità multiforme che, combinati, creano l’originalità”.
E veniamo, ora, all’Art.4 della Carta confederale, che
così esordisce: “Le Nazioni sono depositarie dei poteri...” A titolo puramente accademico, l’entrare così
decisamente nei diritti degli Stati membri configura
una norma del più schietto Federalismo: in concreto,
lascia campo libero a più di una critica. Innanzitutto,
il principio di Nazione detentrice dei poteri non può
non evocare quella “divinizzazione” della Nazione
stessa e, per estensione, dello Stato, che fu l’obbiettivo principale del giacobinismo e, rispettivamente,
dell’idealismo tedesco.
“La Nazione può tutto da sola, ha il potere che
avrebbe il genere umano, se una sola Nazione, un
solo governo reggesse il mondo...la minoranza è
sempre colpevole quand’anche abbia ragione moralmente”. Così si esprimeva, nel 1792, Rètif de la
Bretonne, omuncolo di lettere e omuncolo politico.
Troppo spesso un sistema politico piace non tanto
perchè ritenuto vero e degno di fiducia, ma proprio
perchè piace e, piacendo, seduce: ciò si verifica quando il suo primo imperativo è politico, quando esalta i
diritti rispetto ai doveri e quando, infine non rappresenta una stimolo per la coscienza ma una lusinga
per l’orgoglio. Desmoulins, “enfant terrible” della
Rivoluzione francese, affermava: “La nostra
Rivoluzione, puramente politica, ha le sue radici nell’egoismo e nell’amor proprio di ciascuno, dalla cui
combinazione nasce l’interesse generale”.
Il concetto di Nazione, ricorrente anche nell’Art.11 -e
soltanto due volte nell’intera Carta confederale-, si
contrappone a quello di Comunità, presente in ben
dieci Articoli. E’inoltre collegato al concetto di potere. Ne deriverebbe, alquanto evidente, la volontà di
enucleare dal contesto confederativo un’entità ben
contraddistinta da connotazioni statuali diverse per
consistenza e valenza aggregativa rispetto a quelle
ascrivibili alle più volte nominate Comunità.
Nella Carta federale, il concetto di Nazione, chiaramente definito nei primi due Articoli, è ricondotto, al
di là dell’ètimo e nello spirito del “Patto d’Unione
Fraterna”, a un complesso d’individui che hanno la
coscienza di un patrimonio comune: nasce dal
Popolo, così come “tutti i poteri costituzionali derivano dalla Sovranità del Popolo”. Inoltre, “ogni entità
territoriale, dal Comune alla Nazione”...”detiene e
conserva”, nell’ambito delle proprie competenze
governamentali, una dignità e un’autonomia parita26 - Quaderni Padani
rie nei confronti di qualsiasi altra Comunità e finanche dell’Unione Federale Padana. (Art.4).
Appaiono, in quest’ultima enunciazione, compiutamente definiti i significati e le finalità insiti in una
visione profondamente innovatrice e schiettamente
pattizia del principio di sussidiarietà.
Non vengono nemmeno sfiorati i concetti -peraltro
spuri- di “esecutività” e di “cooperazione” del
Federalismo germanico, che sottende la trasformazione dei Länder in entità gregarie o, comunque, vincolate da obblighi nei confronti dell’Unione; viene
integrata e inequivocabilmente chiarita la visione, in
proposito, del Trattato di Maastricht, che, nel 2°
Comma del suo Art.3B, rischia di destrutturare le
competenze delle entità territoriali, in ossequio ad un
principio di utilità comunitaria.
Ed è proprio dalla contrapposizione -e dallo scontrodi questi Articoli delle due Carte costituzionali, e
dalla diversa derivazione e attribuzione dei “poteri”,
che prende forma e consistenza il principio cardine
della Sovranità popolare.
Con alcune puntualizzazioni.
Gli uomini di questo Popolo sovrano sono quelli, in
carne e ossa, che vivono e lavorano in Padania :
uomini pensanti e operanti e non entità metafisiche
di un popolo immaginario partorito dalla Dea
Ragione o plasmato dai totalitarismi del XX secolo. In
nessuno dei tredici Articoli della Costituzione confederale è nominato il Popolo. Sono nominati i cittadini. Erroneo, ingenuo e non privo di pericolosità
sarebbe il considerare un’unica sovranità: quella del
cittadino.
Un cittadino detentore di sovranità -e non disposto a
cederla- è, secondo la logica più elementare, un
potenziale tiranno.
“Sappiate che voi siete dei re e più che dei re. Non
sentite la sovranità che circola nelle vostre vene?”.
Ecco un eloquente esempio dell’esiziale esaltazione
giacobina, in stridente contrasto con la lucida ed
armoniosa visione di Althusius, che, circa due secoli
prima, così si esprimeva: “La Sovranità appartiene
unicamente alla comunità del Popolo ed è inalienabile”. Un cittadino costretto o indotto a cedere la propria sovranità si sentirà sempre o decaduto o defraudato o sminuito.
Nella migliore delle ipotesi, si sentirà scontento e disilluso. Tutto questo, nell’assenza di un’enunciazione
doverosa e prioritaria in merito a un principio coagulativo: la Sovranità popolare. Non intesa, sia ben chiaro, come concezione astratta di un ideale ugualitario,
come aspetto negativo di un valore meramente
numerico, come “anonimato aritmetico di votanti,
fonte meccanica e praticamente irresponsabile della
legislazione e dell’attività politica di un paese” e,
quindi, “cagione di impotenza, di incapacità costruttiva, che è germe fatalmente produttore di rinnovata
tirannide”.
L’Ordinamento federale realizza compiutamente la
separazione dei tre Poteri - Legislativo, Esecutivo e
Anno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Giurisdizionale- affidati, rispettivamente, al
Congresso, al Direttorio, ai Giudici e ai Pubblici
Ministeri eletti direttamente dal Popolo.
Non altrettanto chiare appaiono le finalità del
Consiglio e dell’Assemblea della Confederazione. Al
primo, che dovrebbe configurare “l’Organismo direttivo”, e quindi esecutivo, vengono attribuite le funzioni elencate nell’Art.5, mentre la seconda sarebbe
deputata ad emanare “regolamenti in ordine all’attuazione” delle funzioni suddette (Artt.5 e 11).
Innanzitutto, trattandosi di una Confederazione, uno
dei due Organismi apparirebbe superfluo.
In secondo luogo, e pur volendo prescindere da una
“schematica” divisione tra “Federazione” e
“Confederazione”, non si comprende come a un
Organismo direttivo possano essere attribuite “funzioni” in determinati ambiti (difesa, rapporti esteri,
eccetera) sulla base di semplici “regolamenti” delegati
all’Assemblea, che, in tal modo, non assurge alla
dignità di un Organismo legislativo.
E a ben vedere, inoltre, l’Organismo direttivo confederale non può non apparire “bicefalo”, costituito,
com’è, dai “governatori” e dai “presidenti di tutte le
Comunità confederate”. Il sovraccarico di mansioni, a
livello di Comunità e di Confederazione, andrà inevitabilmente a discapito di un ottimale espletamento
dellemedesime.
Il Congresso dell’Unione Federale Padana è invece
“competente ad esercitare funzioni legislative” in ben
definite materie, elencate nell’Art.11.
E non stupisca l’elevato numero delle materie in questione. Sarebbe assolutamente errato intravvedere, in
un’attribuzione di tal fatta, un impoverimento dei
poteri e delle sovranità delle Nazioni federate.
Tutt’altro.
L’elenco delle competenze affidate al Congresso federale, quale che sia la sua estensione, sta a significare
un’espressione della libera volontà dei Popoli sovrani
delle singole Nazioni. Quindi, anzichè partire dal presupposto che esistano ambiti riservati
all’Ordinamento federale, sono partito dalla convinzione che esista una volontà di collaborazione e di
aggregazione. Il grande risalto dato all’iniziativa referendaria e la flessibilità della Costituzione garantiscono lo strumento per poter ridimensionare, in ogni
momento, le competenze e gli ambiti del Congresso.
D’altro canto, è proprio la volontà di affrontare collegialmente il maggior numero possibile di problematiche a far sì che l’Unione si rafforzi e, assieme a essa, si
consolidino l’autonomia, la Libertà e l’Indipendenza
delle singole Nazioni. E quanto più grande sarà il
numero degli impegni e delle responsabilità affrontati
di comune accordo, tanto maggiori risulteranno la
fiducia reciproca e la bontà dei risultati. Del resto,
“tutti i poteri costituzionali derivano dalla Sovranità
del Popolo”. Mentre la Commissione bicamerale
romana era partita dallo Stato per arrivare ai Popoli,
ho ritenuto di fare il percorso inverso. L’attenta lettura dell’Art.4 della mia Carta costituzionale fugherà
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
ogni benchè minimo dubbio in proposito.
Immaginiamo un insieme di popolazioni irredente,
che, sfuggite all’oppressione ed insediatesi finalmente
nei loro territori d’origine, debbano affrontare l’urgenza delle necessità primarie e il pericolo delle
aggressioni nemiche. Quale sarebbe il destino di quel
nucleo di uomini che, da soli, volessero approvvigionarsi di acqua, di cibo e di quant’altro è indispensabile alla vita quotidiana, opponendosi alle insidie interne o, addirittura, affrontando, in condizioni di palese
disparità, la minaccia incombente delle forze esterne?
L’Art.14 della Carta federale definisce l’organizzazione popolare del sistema giudiziario: le cariche dei
Giudici e dei Pubblici Ministeri saranno elettive, e,
accanto al Magistrato, opererà una Giuria popolare.
Nessun accenno, nella Costituzione confederale, a
quest’argomento che riveste, oggi più che mai, una
eccezionale importanza. Non a caso, infatti, è prevista
la raccolta di firme per un Referendum popolare
indetto dalla Lega Nord per l’Indipendenza della
Padania e finalizzato all’elezione diretta, da parte del
Popolo, dei Giudici e dei Pubblici Ministeri. In Italia
lo Stato di diritto, se mai è esistito, oggi non esiste
più. L’ha scardinato un esecutivo che legifera a colpi
di decreti legge, decretazioni d’urgenza, deleghe commissionate...Centinaia negli ultimi mesi! E, tra questi, la sanatoria per i clandestini: trecentomila dei
quali, anzichè trentottomila, sono diventati “ospiti
regolari” dell’italica penisola.
L’Art.12 della Costituzione confederale esprime un
principio, quello del controllo di legittimità costituzionale, che, inesistente nelle Confederazioni, è prerogativa degli Stati federali e unitari. Anche a questo
proposito, il rilievo non è puramente accademico:
tende a sottolineare l’evidente dissonanza tra una
sconfinata e incoercibile volontà libertaria e l’esigenza di una ben definita funzione ordinamentale intesa
a garantire detta Libertà.
Nelle “disposizioni generali” della mia Carta sono
contenuti, oltre ai principi fondamentali a garanzia
dei diritti e delle libertà individuali, anche le norme
inerenti al rispetto delle connotazioni storiche, tradizionali ed identitarie dei Popoli padani. Aspetti, questi
ultimi, che risaltano in tutta la loro evidenza anche
nel Preambolo.
La Libertà e l’Unione tutelano e valorizzano le nostre
differenze. Le minoranze etnico-linguistiche di origine padana e le lingue storiche di ogni Popolo hanno
dignità paritaria nei confronti, rispettivamente, dei
Popoli delle altre Nazioni e della lingua ufficiale della
Padania. Occorre far rivivere le nostre tradizioni e le
nostre valenze identitarie, troppe volte obsolete e
misconosciute, ancorchè saldamente radicate nel
suolo padano.
Perchè parlare di “Municipio”, il cui odioso significato -”munera accipio”- evoca inequivocabilmente la
colonizzazione romana? Meglio, senza alcun dubbio,
parlare di Comune. E,condizioni climatiche permettendo, perchè non convocare le sedute consiliari a
Quaderni Padani - 27
cospetto del Popolo, nelle piazze, e le assemblee nelle
aperte campagne, sull’esempio di quei Campi di
Marzo e di Maggio longobardi, che diedero vita ai
moderni Parlamenti? Sono queste le prime, pacifiche
rivoluzioni da attuare in ogni Comune e in ogni territorio conquistato, dove il “Gastaldo” e il
“Margravio” subentrano, di nome e di fatto, al
Sindaco e al Presidente di Provincia e assicurano in
via prioritaria - e contro la volontà dei governatori
romani - casa e lavoro ai cittadini residenti.
La Famiglia è considerata come il “nucleo costitutivo
della Società padana”: una Società di Popoli che non
recideranno mai le loro radici identitarie a favore di
una società multirazziale, sostenuta e perseguita,
anche con i mezzi atroci di una guerra economica,
dai potentati mondiali. Proprietà, lavoro e iniziativa
privata nell’impresa e nel mercato sono incentrati
nella più schietta ottica liberale e anti-monopolistica.
Locke per primo pose la proprietà accanto alla libertà
personale come anteriore a qualsiasi organizzazione
sociale, e dichiarò “liberty and property” due diritti
originari dell’uomo, affidati dall’uomo allo Stato soltanto in custodia e quindi inattaccabili: furono così
gettate le basi di quella dottrina economica puramente individualistica, che trova oggi, nelle versatili
espressioni dell’operosa produttività padana, un tramite di efficace contrapposizione al mondialismo ed
alla globalizzazione dei mercati.
Oggi, le piccole e medie imprese non sempre riescono a sopravvivere, sul suolo della Padania, al cappio
fiscale romano. L’esodo all’estero dei nostri imprenditori è imponente. Soltanto l’autonomia e l’autogoverno, con la conseguente congrua disponibilità delle
entrate tributarie territoriali, così come descritto ed
asseverato negli Artt.16 e 17 della Costituzione federale, può risolvere l’estrema gravità di questa problematica.
E’ciò che si sta perseguendo nelle nostre Province
padane, mediante la proposta di un Progetto di Legge
di iniziativa popolare inteso a modificare il Titolo 5°
della Costituzione in materia di autonomie provinciali e locali.
Stiamo attraversando un periodo di transizione. Il
sogno padano ha incontrato nella moneta unica
europea il vero ostacolo alla sua realizzazione.
Per ora, hanno prevalso gli interessi romani e delle
grandi “holdings” europee e americane: una Padania
libera e autonoma, finalmente sgravata dal problema
meridionale grazie alla doppia moneta, sarebbe stata
pericolosamente competitiva su qualsiasi mercato.
Stiamo risalendo la china. La marcia in avanti è più
faticosa, anche perchè le insidie sono molte. Alcuni si
arrestano, altri passano nelle file avversarie. Non ci
curiamo di loro: si tratta di individui che hanno considerato l’ideale alla stessa stregua di merce da baratto.
Ma i più proseguono.
Può accadere che ci si fermi o si arretri, ma solo per
riprendere fiato e lena o per consolidare una posizione.
28 - Quaderni Padani
Ora sappiamo che il percorso da seguire, pur arduo, è
rettilineo e non ammette deviazioni.
Si chiama “Questione Settentrionale”. Strada facendo, riconquistiamo il territorio e lo contrassegnamo
con il frutto delle nostre libere istituzioni padane:
amministrazione, scuola, lavoro, sanità...
Non è solo la terra a fare la Padania. Tutto ciò che è
materiale è assolutamente insufficiente: sta a noi
aggiungere l’anima.
Non bastano le tradizioni, le etnie, la lingua, la religione, il corso dei fiumi e la direzione delle montagne e delle colline: soltanto una grande aggregazione
di uomini, sani di spirito e generosi di cuore, può
creare quella coscienza morale che si chiama PADANIA.
La Padania è un’anima, un principio spirituale: è il
comune possesso di una ricca eredità di tradizioni,
unito al desiderio di vivere insieme, di continuare a
far valere l’eredità ricevuta. La Padania è il punto
d’arrivo di un lungo passato di fatiche, di sacrifici e di
dedizione: la si ama in proporzione ai sacrifici compiuti e ai mali sofferti assieme, proprio come la casa
che si è costruita e che si lascia ai figli...
Così come io amo questa mia modesta fatica, che, mi
auguro, possa un giorno non lontano tutelare la
Padania, casa di tutti noi.
BIBLIOGRAFIA E RIFERIMENTI VARI
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• U. Bossi, Uniti per la Padania libera, 3° Congresso Federale,
Milano, 15 Febbraio 1997.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Intervista ad Alessandro Storti
di Enrico Cernuschi
D
a poco più di un anno si sono di fatto chiusi i
lavori del Parlamento della Padania. Con la
storica seduta del 12 luglio 1998, infatti,
l’Assemblea di Chignolo Po ha approvato i due testi
definitivi di costituzioni, la Carta Federale e quella
Confederale. Da quel giorno le porte del castello
pavese non si sono più aperte, nè altre lo hanno fatto
per ospitare nuove sedute. Neppure il prato di
Pontida, sede di una delle ultime riunioni, tenutasi il
31 maggio ‘98, ha più accolto i deputati padani.
In effetti il Parlamento verde è praticamente scomparso dalle cronache politiche.
L’esperienza di Chignolo è stata dunque una meteora? Che ne è stato dei due testi costituzionali? Cosa è
rimasto di quei nove mesi che sconvolsero, almeno
un po’, la Padania?
Siamo andati a parlare di questo e altro ancora con
Alessandro Storti, deputato padano eletto nelle file
dei liberali libertari ed estensore della Costituzione
Confederale.
Cominciamo dall’inizio. Come si arrivò alla stesura e alla successiva approvazione di due differenti
testi costituzionali?
L’idea di produrre due Carte non fu preordinata fin
dalla partenza dei lavori. Anzi, la decisione venne
presa per caso. Andiamo in ordine. Con le sedute iniziali, quelle della fine del ‘97, il Parlamento elesse al
suo interno sei comitati che si sarebbero dovuti
occupare ciascuno dell’approfondimento di determinate tematiche. Contestualmente, la nomina da parte
della Presidenza di una Commissione TecnicoScientifica, esterna all’Assemblea, avrebbe permesso
di giungere ad una sintesi dei lavori dei singoli
Comitati, al fine di produrre un testo costituzionale
unico da sottoporre poi al parere del Parlamento.
Questo era il cammino delineato in principio.
Tuttavia tale percorso si incagliò all’inizio della primavera, non appena il progetto definitivo della
Commissione Tecnico Scientifica, presieduta dal
Professor Albertoni, venne presentato all’Assemblea.
Il testo, incentrato sulle provincie come unità politiche minime da federare, non fu in effetti di gradimento dell’aula, che di fatto lo respinse. In questa
sede non è possibile sviscerare i motivi di quella scelta, anche se si può dire, con buona probabilità, che la
proposta della Commissione fu interpretata, da parte
di molti deputati, come una imposizione o, almeno,
Anno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
come una costituzione preconfezionata, non attenta
ai contributi sviluppati dai singoli comitati parlamentari. Un giudizio simile non si discostava molto
dalla realtà, almeno per quanto riguardava gli orientamenti scaturiti dal mio Comitato di appartenenza.
Ma per quale motivo si decise di stendere due
diverse costituzioni?
Lo “sdoppiamento” venne a seguito di un intervento
di Umberto Bossi. L’ingombrante segretario della
Lega Nord, utilizzando come sempre la tribuna del
Parlamento come palco per comizi personali, decise
di intervenire anche a proposito del testo costituzionale elaborato dalla Commissione Tecnico
Scientifica. Bossi, per una volta davvero utile alla
causa del Parlamento, bloccò l’iter altrimenti “blindato” della Carta piovuta dall’alto. Il leader leghista
parlò della necessità di arrivare a due alternative,
l’Unione di Popoli e l’Unione di Nazioni. In verità
Bossi mi diede l’idea di non saper bene ciò di cui parlava. In effetti i termini da lui utilizzati erano logori e
vecchi, assolutamente inadeguati alle nuove teorie
del federalismo, rappresentate dal pensiero di teorici
del calibro di Elazar e Miglio e, in generale, dalla
cosiddetta scuola neofederalista. E’ molto probabile,
comunque, che Bossi avesse deciso di introdurre nel
dibattito la distinzione popoli/nazioni per questioni
politiche interne alla Lega Nord.
In effetti lo sdoppiamento venne repentinamente
interpretato come lo strumento per incanalare le
latenti tensioni fra Liga Veneta da una parte e Lega
Nord dall’altra. Una costituzione in cui si fosse fatto
riferimento alle nazioni si sarebbe dovuta meglio
adeguare a una situazione di maggior autonomia fra
le leghe federate nel partito di Via Bellerio. Una Carta
che, al contrario, si fosse fondata sui popoli, avrebbe
forse rappresentato una Padania più unitaria e quindi, di riflesso, una Lega maggiormente incentrata
sulla segreteria federale piuttosto che su una ampia
autonomia decisionale delle singole componenti
nazionali. Evidentemente si tratta di distinzioni che
lasciano un po’ il tempo che trovano, e che soprattutto dimostrano quanto malauguratamente venissero
sovrapposti piani che si sarebbero assolutamente
dovuti lasciare distinti: il partito politico secessionista padano maggiormente rappresentativo da un lato
e un’Assemblea di tipo parlamentare autoeletta e
aperta a tutti dall’altro.
Quaderni Padani - 29
I testi partoriti dal Parlamento della Padania parlano però di “federazione” e di “confederazione”...
E’ così. Dopo la bocciatura da parte di Bossi della
bozza prodotta dalla Commissione TecnicoScientifica, il Parlamento si indirizzò decisamente
verso la strada del doppio testo. La distinzione proposta dal segretario leghista venne però prontamente
reinterpretata in quella, più facilmente intellegibile
da parte di tutti, di “federazione”/”confederazione”.
Una distinzione che lei ha in più occasioni dichiarato di non condividere...
Sì. Se parlare di popoli e nazioni voleva dire, in termini giuridici, parlare pi˘ o meno del sesso degli angeli,
la situazione non mutava di molto con la nuova
distinzione. Qui però è bene aprire una parentesi,
affinchè il discorso sia chiaro e comprensibile. E dico
subito che bisogna fare un piccolo sforzo per togliersi
alcune convinzioni preconcette, retaggio di un vecchio modo di interpretare lo Stato.
La distinzione fra federazione e confederazione è il
frutto di una visione teorica distorta che ha voluto
definire il fenomeno federativo come una forma dello
Stato unitario. Secondo tale approccio si definisce
“federazione” un’entità statuale unica all’interno della
quale è possibile distinguere sottoentità dotate di un
grado consistente di autonomia in vari campi dell’intervento pubblico. Di contro, con l’espressione “confederazione” si suole indicare un soggetto politico di
tipo comunitario fondato su di un patto o legame
reciproco fra entità statuali che rimangono distinte e,
soprattutto, indipendenti. In concreto il problema
principale che una siffatta teoria pretende così di
risolvere è quello della secessione. Secondo i fautori
di questa impostazione teorica, infatti, il diritto di
secessione potrebbe certamente essere riconosciuto
soltanto alle comunità (stati) facenti parte di una
confederazione, dovendosi invece usare altri criteri
nel caso una richiesta di distacco sorgesse all’interno
di una regione facente parte di una “federazione”.
Secondo alcuni, addirittura, il diritto di recesso da
una unione federale è inesistente tout court. Ciò
significa che la secessione può avvenire solo di fatto o
comunque prevalentemente con atti di natura politica non giuridicamente e proceduralmente riconducibili al patto federale che si vuole sciogliere.
La scuola neofederalista, a cui ho accennato in precedenza, respinge recisamente distinzioni di questo
tipo. Secondo i più autorevoli studiosi un patto o è
federale o non lo è. Punto e basta. Ed è proprio il
diritto di secedere e di affrancarsi dal patto stesso che
fa da cartina di tornasole per valutare la natura autenticamente federale o meno di una unione che tale dir
si voglia.
Fermiamoci un istante, Storti. Lei dice che, in
sostanza, non può esistere una distinzione teorica
fra confederazione e federazione. Almeno non se
entrambe presentano caratteristiche autenticamen30 - Quaderni Padani
te federali. Eppure lei è stato proprio l’estensore di
una delle due costituzioni partorite dal Parlamento
della Padania. Vuole forse dirci che non vi è alcuna
differenza fra la “bozza Storti” e la “bozza Zoffili”?
Certamente no. Fra il testo confederale e quello federale esistono profondissime differenze, sia formali che
sostanziali. Tali distanze mi portano a dire, con assoluta tranquillità, che soltanto la Costituzione che io
ho avuto l’onore di redigere è definibile come autenticamente federale. Ritengo infatti che il testo elaborato dal collega Zoffili non possa essere realmente rappresentativo di una coerente impostazione federalista
del progetto padanista.
Da cosa nasce un giudizio così severo nei confronti
della Costituzione federale di Chignolo Po? Perchè
essa solo nominalmente può essere definita “federale” secondo lei?
La sua domanda ci riporta necessariamente a quanto
si stava dicendo precedentemente a proposito dei
caratteri che differenziano una costituzione federale
autentica da una che tale non è (pur definendosi tale
comunque, anche se a questo punto soltanto su un
piano meramente nominale).
Abbiamo detto che il diritto di secessione è il principale discrimine. Non è un caso che nel testo di Zoffili
la possibilità di secedere sia limitata (e non si tratta
della versione più restrittiva, poichè altre peggiorative
erano state prefigurate, a riprova di uno spirito non
autenticamente federalista diffuso fra i promotori
della opzione cosiddetta federale).
Tuttavia non è certo solo per questo aspetto che mi
sento di definire non federale il testo approvato dal
Parlamento. In generale è tutto l’impianto della costituzione in oggetto a evidenziare caratteri di tipo centralista. In primo luogo la Carta non viene definita
come contratto aperto fra indefinite comunità, bensì
come patto già chiuso e prestabilito fra “nazioni” preventivamente individuate e classificate. Ciò denota
che alla base della Costituzione pseudofederale di
Chignolo Po vi è una visione di tipo organicista e
vagamente giacobina (etnicisti e statalisti nella storia
si trovano spesso, quasi sempre, anche se passando
per differenti sentieri). Che senso ha dire che la
Padania è una Unione Federale fra Lombardia,
Veneto, eccetera, quando è impossibile sapere preventivamente quali aree di tali regioni sarebbero pronte
ad aderire concretamente alla federazione padana?
In secondo luogo la Costituzione di Zoffili ripropone
acriticamente l’impostazione sociale dello Stato. Si
parla di diritto alla salute, di diritto all’istruzione, di
riconoscimento del diritto di culto (“L’Unione
Federale Padana consente...”). Insomma, siamo in
presenza di una entità politica che si attribuisce la
facoltà di entrare nella vita dei singoli individui per
“garantire” e “promuovere”: il tutto, naturalmente,
con leggi e tasse.
La falsa federazione disegnata da Zoffili èsostenuta da
un folto gruppo di deputati (e mi è parso anche da chi
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Thomas Jefferson
ha “diretto” - o tentato di dirigere il Parlamento)
ripropone, sostanzialmente, il vecchio Stato nazionale basato sul nefasto principio della sovranità, ovvero
sul potere di governare coercitivamente una popolazione risiedente sul territorio che è fisicamente controllato dal Governo stesso.
Lei sembra essere molto critico nei confronti del
riconoscimento dei diritti sociali in ambito costituzionale.
Io sono fermamente contrario all’intervento di qualsiasi potere pubblico nell’ambito della vita sociale. In
una parola sono contrario allo Stato, in quanto struttura che pretende di programmare e regolamentare
l’esistenza di cittadini singoli e comunità in virtù
della sola forza militare che possiede, grazie alla quale
controlla il territorio su cui quei cittadini e quelle
comunità risiedono.
Lo Stato che siamo abituati a conoscere non nasce dal
consenso, bensì dalla forza. I servizi che offre non
sono il frutto di una contrattazione, bensì della scelta
unilaterale dei governanti. Le regole che pone non
provengono da accordi fra tutti i partecipanti, bensì
dalla volontà di una maggioranza che inevitabilmente
tende a opprimere una minoranza. La Costituzione
che ho scritto parte proprio
dall’idea di superare questa vecchia impostazione. Si
prevedeva addirittura di far firmare la Costituzione
come un contratto a ogni singolo cittadino che volesse aderire alla Confederazione padana. Questa splendida idea, elaborata dal giurista Guglielmo Piombini,
non è stata purtroppo sufficientemente approfondita
in ambito parlamentare, anche per il colpevole silenzio che la Presidenza dell’Assemblea e la Commissione Tecnico Scientifica hanno calato sulla maggioranza dei documenti discussi in seno al Comitato
Permanente A, brillantemente diretto dal deputato
Papadia e dai suoi vice Rossetto, Cantù e Gastaldi - mi
perdoneranno gli altri colleghi per non averli citati
ma occorrerebbe troppo spazio, quindi mi limito a
coloro che hanno ricoperto incarichi direttivi -.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Per tornare alla Costituzione non-federale di
Chignolo Po, va detto che le innumerevoli competenze qualificanti lasciate all’intervento degli organismi
centrali testimoniano, in ultima istanza, la natura
profondamente non contrattuale del testo elaborato
da Zoffili. Il fatto che la Carta sia modificabile a maggioranza e non all’unanimità dimostra proprio che
non si è voluto predisporre un contratto, bensì una
normale vecchia costituzione in cui il popolo è uno
(quello padano e non quelli delle singole comunità
aderenti al patto federale), la legge è una (la legittimazione finale proviene dal centro, non vi è vera concorrenza istituzionale), la “nazione” è una.
Secondo la Costituzione non-federale di Zoffili,
Formentini, Gnutti e Leoni potrebbe verificarsi una
vicenda di questo tipo: il Veneto chiede, poniamo nel
2005, la secessione e non la ottiene poichè “soltanto”
il 55% degli = elettori si è espresso favorevolmente; il
Veneto si ripropone di chiedere una seconda volta il
distacco ma deve aspettare il 2008 (tre anni) per indire un nuovo referendum; nel frattempo, però, la
Costituzione viene modificata (anno 2006), con referendum generale indetto in tutta la Padania, in senso
più centralista: l’articolo che permette la secessione
viene eliminato dalla Costituzione... Inutile dire che a
questo referendum i Veneti hanno votato al 90% NO.
Torniamo alla questione dei due testi. Finora lei ha
cercato di spiegarci perchè il dualismo federalismo/confederalismo è fittizio. Eppure lei stesso ha
accettato di stendere la Costituzione confederale in
contrapposizione a quella federale. Ci siamo forse
persi qualche passaggio?
La decisione di accettare la inesistente distinzione
teorica proposta dalla Presidenza del Parlamento e
votata dagli stessi deputati è scaturita da alcune semplici considerazioni. Perchè, per prima cosa, avrei
dovuto rifiutare la possibilità di dare un contributo
tanto importante, pur non condividendo l’impostazione teorica del progetto? Agendo come ho agito, ho
potuto mettere la mia firma su un testo che mantiene
comunque il suo valore simbolico, nonostante la triste “chiusura” del Parlamento. Inoltre, e questo è
forse il motivo principale che mi ha portato ad accettare l’incarico di redigere la Carta confederale, ho
ritenuto utile sfruttare l’opportunità fornita
dall’Assemblea di poter elaborare una vera costituzione di stampo federalista. Credo che, con il senno di
poi, Bossi e la Presidenza del Parlamento non avrebbero certo acconsentito all’idea di produrre due testi.
Avrebbero molto probabilmente preferito avere una
Costituzione sola, naturalmente molto simile a quella
votata dai gruppi di Formentini, Gnutti e Leoni o a
quella elaborata dalla Commissione Tecnico
Scientifica. Non per il valore “rivoluzionario” di quei
testi, che reputo scarso, bensì per evitare che in seno
al Parlamento sorgesse un vero dibattito e, con esso,
inevitabili distanze fra singoli deputati. La mia scelta
di accettare il dualismo, che io stesso ho inizialmente
osteggiato per le ragioni teoriche precedentemente
Quaderni Padani - 31
esposte, si è rivelata vincente. Grazie al sostegno di
tanti coraggiosi e intelligenti colleghi, sono riuscito a
spaccare i gruppi preconfezionati all’interno
dell’Assemblea creando l’unica vera “frattura” che
avesse senso: liberali libertari e sinceri autonomisti
contro statalisti di varia estrazione. Naturalmente fra
i molti che hanno sostenuto la Costituzione di Zoffili
vi sono anche persone che sarebbero potute tranquillamente appartenere al primo gruppo. Tuttavia le
poche possibilità concrete di dibattito e i ristretti
tempi imposti dalla Presidenza, oltre ad una certa
dose di prudenza presente in alcuni, hanno impedito
che attorno al testo confederale (cioè autenticamente
federale) si riunissero più deputati. Ho considerato
un successo coinvolgere la maggioranza dei veneti e
un gran numero di altri indipendentisti: pare che un
autorevole persona con incarichi di grande responsabilità all’interno del Parlamento abbia detto che il
testo confederale ha causato la scissione fra Liga
Veneta e Lega Nord. Inoltre penso che, all’alba della
deriva nazionalsocialista del maggior partito (ex)
secessionista padano, la Carta confederale abbia
dimostrato come non esista soltanto un separatismo
etnicista e veteronazionalista, ma anche uno fortemente antistatalista, liberale e libertario, vicino in
sostanza agli ideali politici racchiusi nei testi del
costituzionalismo americano, e in ispecie nel Bill of
Rights jeffersoniano.
A questo punto poco importa l’aver dovuto “subire”
la falsa distinzione Federazione/Confederazione: chi
ha letto i testi sa che quello confederale significa vero
autogoverno e vera libertà. In una parola, vero federalismo.
Che cosa può dirci in conclusione dell’esperienza
del Parlamento della Padania? La ritiene ormai
definitivamente conclusa o pensa che ci sia ancora
spazio per questa istituzione sui generis?
Mi pare che si possano elencare alcuni fatti.
Innanzitutto il Parlamento ha spaventato moltissimo
il sistema politico e istituzionale italiano. Non sono
soltanto gli anatemi e le minacce precedenti al 26
ottobre 1997 a dimostrarlo. Il silenzio dei massmedia
e delle forze politiche in generale ha di fatto circondato, dopo il suo insediamento, l’assemblea di
Chignolo Po. Le poche cronache e gli scarni commenti si sono concentrati prevalentemente sulle sortite di Bossi, quasi sempre relative a vicende politiche
del tutto estranee ai lavori del Parlamento. La stampa
e gli intellettuali non hanno mai cercato di indagare
sulle profonde differenze esistenti fra i vari gruppi di
deputati; se un lavoro del genere fosse stato fatto, il
mondo dell’autonomismo e del secessionismo padano
avrebbe riservato minori sorprese. E’ un fatto certo
che le spaccature che hanno segnato l’ultimo anno
erano tutte ben presenti nel Parlamento della
Padania ed è un fatto altrettanto certo che l’affossamento sostanziale dell’Assemblea pavese è stata la
goccia che ha fatto traboccare il vaso.
32 - Quaderni Padani
Mi sento di dire, in conclusione, che il Parlamento
della Padania è stata un’arma potenzialmente formidabile ma utilizzata nel modo peggiore da chi ha preteso di maneggiarla in via esclusiva. Oggi purtroppo
non vedo spazi di movimento per un’istituzione tanto
originale. Soprattutto perchè ha prevalso un’idea di
Padania di tipo organicista (etnie, popoli, tradizioni,
eccetera) e non consensuale e volontaria. In sostanza,
secondo me e secondo i miei amici libertari, la
Padania avrebbe potuto esistere anche con la proclamazione di indipendenza e secessione dallo Stato italiano di una sola vallata bergamasca; la Padania
sarebbe automaticamente divenuta una piccola
America nel Vecchio Continente, cioè un Paese che si
forma progressivamente, contrattualmente e sulla
base di istanze antagoniste nei confronti dello Stato e
dell’intervento pubblico di qualsiasi potere governativo.
Sfortunatamente le cose non sono andate così e
all’interno del movimento autonomista ha avuto
indubbiamente la meglio una visione di tipo ottocentesco, tendente a interpretare la Padania come un
altro Stato nazionale, magari anche federale a parole,
ma di fatto basato sulle classiche strutture istituzionali che ben conosciamo.
Vuole dire che fra le due Costituzioni ha “vinto”
quella federale e con essa lo schieramento che
all’interno del Parlamento l’ha sostenuta?
Non esattamente. Mi sembra che le due Carte non
siano state più di tanto prese in considerazione, nonostante i discorsi retorici dei “gestori”
dell’Assemblea. Certo, quando parlo di una Padania
vecchio stile la vedo ben riprodotta nel testo costituzionale cosiddetto federale. Ma penso che la “pigrizia
teorica” manifestatasi nella difficoltà a confrontarsi
con un nuovo modo di interpretare i rapporti fra
individui e istituzioni pubbliche, fra società e Stato,
sia qualcosa di molto diffuso sia nella popolazione
padana che nella militanza politica autonomista di
ogni livello.
Un’ultima domanda. Cosa c’è nel suo futuro politico?
Intendo abbandonare la politica attiva. Credo di aver
dato abbastanza ai miei concittadini. Mi pare che nei
padani prevalga sempre un utilitarismo miope e
masochistico. Le vicende storiche che vanno dal
Risorgimento al fascismo sono quanto mai esemplari.
Che dire ad esempio del fatto che verso la fine
dell’Ottocento i milanesi (e non solo loro) chiedevano
la secessione dall’Italia e la costituzione di uno Stato
di Milano e poi, nel giro di 20 anni, erano diventati
tutti, o quasi, fascistissimi? I nostri concittadini
hanno un grosso problema: non sanno mai conquistarsi la libertà e tenerla con le proprie mani; preferiscono piuttosto ricorrere a padroni sempre più
distanti che facciano tacere l’odiato vicino. 150 anni
fa Lombardi e Piemontesi hanno costruito l’Italia,
per poi ritrovarsi prefetti e burocrazie meridionali in
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
casa. Fino a qualche mese fa la stragrande maggioranza dei padani nutriva fiducia cieca nel processo di
unificazione europea; le direttive e gli altri regali dei
tecnocrati di Bruxelles stanno già risvegliando qualche coscienza. Resta comunque l’ONU da trasformare
in Stato mondiale... Dunque per me che ho come più
grande sogno quello di avere due figli che siano cittadini americani, i padani sono ancora troppo europei.
E non ho intenzione di perdere altro tempo con chi
sa solo sbattere la testa contro il muro, senza per
giunta trarne insegnamento.
La libertà ce la si conquista innanzitutto singolarmente e nel privato quotidiano, come sanno fare
Padovan e gli impavidi della Life. Non servono partiti
per distribuire posti di lavoro parassitari, ma associazioni di difesa per liberarci dallo Stato. Ogni centimetro di proprietà liberata dall’invadenza statale e dei
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
poteri pubblici è prezioso. Non servono grandi progetti se la vita quotidiana è resa di giorno in giorno
più difficile dalla presenza di leggi, tasse e burocrati.
Non ha alcun senso rivolgere la propria attenzione a
grandi e invisibili (e forse inesistenti) nemici quando
il primo vero torturatore è fra noi, protetto da cariche, divise, armi, caserme e leggi, che gli danno il
diritto di controllarci, espropriarci e terrorizzarci.
Non vuol dir nulla conquistare cariche pubbliche se
poi esse servono soltanto per aumentare il numero
delle norme e il livello della tassazione, come hanno
finora fatto regolarmente un gran numero di sindaci
e deputati leghisti. Lo Stato è il nemico, il potere
pubblico è il nemico, e non lo si può abbattere occupandolo. O almeno non solo occupandolo. Ma questa
è un’altra storia.
Quaderni Padani - 33
Perché anche in Padania
è necessaria una Dichiarazione dei Diritti
di Carlo Stagnaro
“Non chiederti quello che può fare lo Stato per te,
chiediti che cosa lo Stato ti sta facendo”,
David Friedman
Introduzione:
la Dichiarazione di Indipendenza
Gli Stati, per loro stessa natura, tendono sempre ad
ingrandirsi e ad estendere i propri ambiti di competenza, fino ad arrivare a livelli inauditi di intromissione nella vita privata dei cittadini: è questo, ad esempio, il caso dell’Italia, che quanto a “elefantiasi burocratica” non è molto distante dall’Unione Sovietica
dei tempi d’oro. In Italia è regolamentato, pianificato
e tassato praticamente tutto, dal numero di negozi di
uno stesso tipo che possono esserci in una città alle
dimensioni dei sanitari, dall’utilizzo del territorio alle
transazioni commerciali, fino ad arrivare a situazioni
paradossali come l’IVA su merci prodotte da aziende
statali (in sostanza lo stato “tassa se stesso”).
Di questo pericolo si era già accorto, due secoli orsono, Thomas Jefferson, teorico liberale e padre della
Rivoluzione Americana. A dire il vero, delle concrete
minacce poste dallo Stato alle libertà individuali
aveva già parlato, tra gli altri, John Locke, che per
primo teorizzava in maniera organica - tanto da essere universalmente considerato il padre del liberalismo classico - l’esistenza di diritti naturali inviolabili
e la non – divinità dei governi: questi non erano,
secondo Locke, istituzioni “calate dall’alto” e quindi
inevitabili, come si credeva, ma piuttosto nascevano
da un “patto sociale” tra cittadini che accettavano di
delegare alcune proprie libertà a rappresentanti
comuni preposti alla loro tutela. Ma Jefferson per
primo tolse queste argomentazioni da un ambito
strettamente filosofico e ne fece la base della propria
teoria politica, con tutto quello che una tale scelta
poteva comportare.
Fu così, da una simile applicazione della teoria alla
prassi, che nacque la Dichiarazione di Indipendenza
americana del 1776, vero e proprio vademecum per
ogni sincero liberale: nella Dichiarazione vengono
infatti fissati in maniera chiara e sintetica tutta una
serie di paletti che lo Stato non può oltrepassare, e la
cui violazione da parte della monarchia inglese concede piena legittimità alla rivolta delle tredici colonie. Natan Schachner, uno dei tanti biografi di
Jefferson, in un suo scritto afferma che “dal punto di
34 - Quaderni Padani
vista letterario, dell’articolazione strutturale, della
cadenza concatenata, e anche come ricettacolo di
frasi magiche ed immortali che bruciano nella mente
e cantano nel cuore, la Dichiarazione d’indipendenza
non ha eguali nella storia politica dell’umanità”. In
effetti il saggista ha perfettamente centrato la sostanza della Dichiarazione, e ne ha chiaramente messo in
luce l’enorme portata ed importanza: essa costituisce, al di là del proprio significato contingente, un
esempio per gli indipendentisti di tutto il globo. Si
spiega così anche l’importanza che le hanno assegnato, tra gli altri, i secessionisti padani allorché, in
occasione della manifestazione sul Po, l’hanno presa
a modello e ne hanno seguito la falsariga nello stendere la Dichiarazione di Indipendenza della Padania
(Venezia, 15 settembre 1996) che addirittura ne cita
quasi parola per parola la chiusura.
Ma lo stato maggiore della Lega Nord per
l’Indipendenza della Padania (principale movimento
indipendentista padano) non si è fatto promotore
della sola Dichiarazione: ha anche appoggiato l’insediamento di un Governo Provvisorio (autoconvocato
e supportato tra l’altro dalla liberamente espressa
volontà di oltre un milione di cittadini padani, in
aperta violazione di alcune vetuste normative di
legge, retaggio dell’epoca fascista, tuttora vigenti) e
la promulgazione di una Carta dei Diritti (cfr.
Appendice A). E’ fondamentale quindi capire l’importanza di quest’ultima che, oltre a costituire un ottimo punto di partenza per la costruzione delle future
istituzioni padane, concede ai secessionisti una formidabile arma nei confronti del centralismo italiano:
se giustamente pubblicizzata, infatti, non potrà non
mettere ogni cittadino padano (padanista o no) di
fronte all’alternativa tra una Padania culla della libertà e l’Italia che oggi conosciamo e – ahimè! – viviamo, alla quale paghiamo le tasse e dalla quale riceviamo solo servizi scadenti e costosissimi.
Verranno affrontati quindi in questo scritto due ordini di problemi: in primo luogo l’importanza di avere
una Dichiarazione dei Diritti; in secondo luogo si
tenterà di proporre alcuni emendamenti alla prima
stesura del Bill of Rights padano, che chi scrive giudica in alcune sue parti troppo generico o retorico.
L’esempio che ci proponiamo di seguire è, naturalmente, quello americano.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Sulla necessità di una Dichiarazione
dei Diritti
Tanto per cominciare, è necessario sgombrare il
campo da eventuali equivoci: la Dichiarazione dei
Diritti, di per sé, non ha nulla a che fare con la
Costituzione, non si colloca cioè in una posizione
conflittuale (salvo alcuni casi che vedremo più avanti): possiamo al massimo considerarla una sua integrazione. Mentre il compito della Costituzione è
infatti quello di stabilire, a grandi linee, l’ordinamento giuridico - istituzionale dello Stato e quindi tratteggiarne la forma e le dimensioni, alla Dichiarazione
dei Diritti spetta essenzialmente l’onere di elencare
una serie di principi ritenuti inviolabili: principi che
cioè non possono essere negati o modificati dalla
legge, e a cui la legge stessa deve necessariamente
ispirarsi. In parole povere potremmo affermare che,
se la Costituzione è l’atto pratico di nascita di uno
Stato nonché la sua legge fondamentale, la
Dichiarazione ne è la premessa teorica.
Compito fondamentale di una Dichiarazione è poi
quello di limitare l’ambito di azione dei diversi poteri
dello Stato: ciò che assume una particolare importanza per quanto riguarda la Magistratura. Questa è
infatti un corpo giuridico di grande peso e, soprattutto, dalla funzione molto delicata: la Magistratura, a
parità di leggi ordinarie, può essere tanto uno strumento di libertà quanto uno strumento di tortura. E’
pertanto necessario stabilire dei chiari paletti al suo
operato, pur salvaguardandone l’indipendenza e la
reale possibilità di agire: sicuramente una garanzia
del suo buon lavoro ci viene da una sua elezione
Dichiarazione di indipendenza americana
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
popolare, in maniera tale da slegarla il più possibile
dal potere politico. Un’altra garanzia, però, viene da
una vera istituzionalizzazione di quello che gli
Anglosassoni chiamano “habeas corpus”, sistema
questo che, prima ancora che dalla giurisprudenza,
deve essere recepito come principio.
Spetta alla Dichiarazione dei Diritti fornire una chiave per dirimere tutta una serie di conflitti oggettivi
che si potrebbero venire a creare tra lo Stato e il
popolo: stabilire ad esempio quando e a che condizioni è lecito che il popoli eserciti un’azione di disobbedienza civile, di boicottaggio ai danni dello Stato,
finanche ribellioni e rivoluzioni: solo così infatti è
possibile incanalare malumori e proteste in una via
risoluta ma pacifica, evitare cioè per quanto possibile
(ovvero ridurre al minimo la probabilità) scontri
frontali tra la società e lo Stato. Supponiamo ad
esempio che una larga maggioranza dei cittadini sia
contraria all’intervento in una determinata guerra: se
a nulla valessero le prevedibili manifestazioni di dissenso nei confronti della politica governativa, quale
via potrebbe essere migliore di uno sciopero fiscale?
Viste queste prerogative della Dichiarazione dei
Diritti, è naturale stabilire una scala gerarchica che la
collochi nel punto più alto, seguita dalla Costituzione
e infine dalle leggi ordinarie e preceduta solo dal
Diritto naturale, cioè dalla sacra sfera che racchiude
l’individuo. In quest’ottica diviene più chiaro il precedente riferimento ad una possibile “conflittualità” tra
due di questi tre documenti: se ad esempio la
Costituzione o la legge ordinaria violassero i dettami
della Dichiarazione, diverrebbero immediatamente
illegittime e andrebbero considerate nulle o inesistenti dai cittadini. Analogamente, qualora la
Dichiarazione violasse il Diritto naturale degli individui sarebbe essa stessa inaccettabile: è questa però
un’ipotesi assai remota, visto che per propria stessa
natura una Dichiarazione dei Diritti deve istituzionalizzare ciò che, prima ancora della filosofia politica o
della giurisprudenza, è il buon senso a identificare
come “sacro” (ad esempio “la vita, la libertà, la proprietà”, ovvero la triade posta alla base del pensiero
liberale).
Altro compito fondamentale della Dichiarazione,
dopo quello di elencare i diritti, è stabilire una via,
seppur generica, per tutelarli: il Bill of Rights, ad
esempio, tra le altre cose sostiene che “non si dovranno esigere cauzioni eccessivamente onerose, né
imporre ammende altrettanto onerose, né infliggere
pene crudeli e inconsuete” (art. 8) e quindi fornire
un’indicazione di massima al legislatore. La
Dichiarazione dei Diritti, in altre parole, costituisce
un costante punto di riferimento per ogni aspetto che
riguardi la vita pubblica dei cittadini e la gestione dei
cosiddetti beni comuni: oltre ad affermazioni di principio (in positivo) deve contenere anche prescrizioni
(in negativo) relative a comportamenti o metodi ritenuti illegittimi.
E’ poi necessario, al momento della sua stesura,
Quaderni Padani - 35
distinguere con chiarezza tra diritti e valori: tanto i
primi sono universali e inviolabili quanto i secondi
sono una presa di posizione individuale e arbitraria;
tanto ha senso parlare di “diritti collettivi” (nel senso
di “estendibili ad ogni membro della comunità”)
quanto è platealmente sbagliato ritenere collettivi i
valori. Le applicazioni pratiche di un simile ineludibile principio sono infinite: basti qui prendere in considerazione un esempio ricavato dalla negativa esperienza dell’Italia unita. Lo Stato italiano fin dalla sua
nascita ha avuto l’idea malsana di “proteggere” il
mercato interno con innumerevoli dazi, balzelli e
agevolazioni: tutto questo con l’unico scopo di garantire ai produttori “nazionali” un certo margine di
sicurezza. In altre parole si è anteposto alla naturalità
del libero mercato il presunto interesse “nazionale”
identificato nell’esigenza di favorire le industrie “italiane” (una concezione, questa, tra l’altro amplificata
enormemente dal folle nazionalismo fascista ed ereditata tranquillamente dall’Italia repubblicana).
In definitiva si è negato il diritto al libero scambio in
nome del valore, peraltro falso, dell’unità d’Italia e
dell’italianità delle merci. Il risultato è stato, a fronte
di un iniziale ed effimero aumento della produzione,
la nascita di gruppi monopolistici finanziati dallo
Stato - cioè con i nostri soldi - , il declino di una vera
concorrenza e, in sostanza, abbiamo ricevuto un servizio scadente a prezzo maggiorato: ciò che accade
inevitabilmente ogni volta che lo Stato tenta di allargare le proprie competenze e i propri compiti.
Abbiamo quindi ottenuto una diminuzione del “potere sociale” e un corrispondente aumento del “potere
statale”, o, ciò che è lo stesso, una crescita dei “mezzi
politici” a scapito dei “mezzi economici”
La Dichiarazione dei diritti, dunque, deve contenere
semplicemente ciò che la teoria politica, la ragione e
il comune buon senso ci suggeriscono essere diritti e
non prese di posizione personali ; l’esperienza suggerisce che è necessario, indispensabile e doveroso partire dalla nota triade “vita, libertà e proprietà” che sta
alla base di ogni vero liberalismo.
Proposte operative
Si è visto che alla Dichiarazione dei Diritti spetta l’oneroso compito di fissare una serie di principi ineludibili - “universalizzabili”, cioè validi ovunque, per
chiunque, in qualunque situazione - mentre la
Costituzione deve fornire un pur sommario modello
di organizzazione statale (forma di Stato e di
Governo, elenco delle competenze e dei poteri riservati ai vari livelli e ai diversi organi dello Stato).
Come accennato, inoltre, pare valida la triade canonica del liberalismo: si propone qui, allora, di dare alla
Dichiarazione dei Diritti una struttura “pentapartita”,
in cui a un primo articolo più generale (in cui si fissi,
appunto, l’intenzione di tutelare “la vita, la libertà, la
proprietà”) seguano tre gruppi dedicati ognuno a un
termine diverso più alcune enunciazioni di vario
genere. In altre parole vi saranno alcune proposizioni
relative alla vita, altre relative alla libertà, altre anco36 - Quaderni Padani
ra relative alla proprietà: raccoglieremo la breve trattazione di questo paragrafo in una bozza organica,
riportata nell’Appendice C.
Il “diritto alla vita”, ovviamente, è il più facile da trattare. Sarà sufficiente pertanto affermare l’assoluta
potestà di ognuno sul proprio corpo e, quindi, dichiarare la totale illegittimità di ogni azione volta a privare un cittadino della vita o comunque a menomarlo.
Risulta evidente, allora, che in una Padania realmente
liberale non potrà esserci spazio per la pena di morte
o per la tortura e che, parallelamente, andrà punito
con la massima durezza chi eventualmente si rendesse colpevole di simili efferati delitti .
Ben più ampia, invece, dovrà essere la sezione dedicata alla “libertà”, visti i molteplici significati e implicazioni che la parola riveste. Sulla scia dei coloni americani, è giusto in primo luogo stabilire l’eguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge: in particolare, non
è immaginabile che lo Stato stabilisca arbitrariamente una religione, un credo o una filosofia “ufficiale”
con l’effetto di discriminare i credenti in altre dottrine o gli atei. Lo stesso vale per la lingua: a tale scopo
può risultare utile - anche se può apparire un sofisma
- non fissare una lingua “ufficiale” della Padania, ma
piuttosto conferire, ad esempio all’Italiano e
all’Inglese, lo status di “lingue franche” .
E’ inoltre necessario porre dei limiti all’azione della
magistratura: è ancora una volta alla Dichiarazione
americana che dobbiamo ispirarci (art. 4) nella regolamentazione di istituti come la carcerazione preventiva e le perquisizioni personali che, ovviamente,
comportano una violazione della privacy e della proprietà dei cittadini. Naturalmente queste limitazioni
sono valide fino alla condanna con sentenza definitiva
dell’individuo in questione. Va inoltre garantito ad
ogni cittadino di essere giudicato da una giuria slegata da ogni tipo di indirizzo politico (e quindi elettiva)
e soprattutto competente sul “distretto” in cui il presunto reato è stato commesso - si tratta in sostanza
dell’istituzione di “giudici naturali”.
A metà strada tra la libertà e la proprietà, poi, è il
diritto di ogni cittadino a detenere armi destinate alla
legittima difesa. Solo così, tra l’altro, è possibile minimizzare il rischio di colpi di stato da parte dell’esercito o, in generale, delle forze armate; il fatto di possedere armi, inoltre, garantisce ai cittadini una maggiore sicurezza personale, una accresciuta capacità di
difendersi (che rientra nel diritto all’autodifesa, cioè
all’uso della violenza non aggressiva in caso di necessità) e costituisce un deterrente nei confronti del crimine. Un’ultima argomentazione a favore della “liberalizzazione degli armamenti” - sicuramente improntata ad una visione utilitarista, ma pur sempre valida
e suggestiva - è che, creando un più ampio mercato
per i fabbricanti di armi, si toglie un cavallo di battaglia ai sostenitori di un sempre maggiore investimento statale in materiale bellico con la scusa di “garantire posti di lavoro”.
E’ indispensabile, poi, un articolo in cui si sancisca
l’inviolabilità - quasi la “sacralità” - della proprietà
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
privata: nessuno ha alcun diritto di estorcere ad altri
ciò che legittimamente è loro. In particolare, lo Stato
stesso non può vantare il diritto di imporre senza criterio nuove tasse e balzelli, anche perché - e ricadiamo una seconda volta nell’utilitarismo - una troppo
onerosa pressione fiscale porta inevitabilmente a un
ristagno economico .
Infine bisognerebbe dare spazio a tre articoli, slegati
dalla “vita, libertà e proprietà” ma pur sempre di
notevole importanza: si tratta di pronunciamenti
relativi all’autogoverno delle comunità locali (come
dall’art. 10 dell’attuale Dichiarazione padana), all’inviolabilità dei diritti naturali e alla suddivisione dei
compiti (artt. 9 e 10 della Dichiarazione americana).
Si vuole in altre parole garantire, sostanzialmente, ai
comuni di gestire liberamente le proprie risorse (evitando il perverso meccanismo della redistribuzione
che oggi è alla base della gestione economica dello
Stato italiano) in maniera tale da permettere ai cittadini un reale controllo sulle tasse versata: ciò che
equivale a quello che impropriamente è chiamato
oggi “federalismo fiscale” . Non si può inoltre permettere che i vari organi dello Stato “aggirino” alcune
enunciazioni della Dichiarazione o della Costituzione
relative ai diritti (civili ed economici) aggrappandosi a
qualche cavillo della legge o a una superiore “ragion
di Stato”. Va infine chiarito fin da subito (“patti chiari
amicizia lunga” recita l’antico adagio: e, guarda caso,
quello federale è proprio un patto) che tutto ciò che
non è esplicita competenza di un livello amministrativo spetta al livello più basso, secondo un’immaginaria piramide rovesciata sulla cui punta c’è, con
pochissime competenze, lo Stato centrale e alla cui
base è posta la sovranità dei singoli individui.
Conclusione: la Padania che sarà
Oggi abbiamo di fronte a noi due strade: possiamo
decidere di costruire una Padania liberale, rispettosa
dell’individuo e dei suoi diritti, oppure possiamo dare
luogo a istituzioni nuovamente “italione”, a una
burocrazia elefantiaca e naturalmente portata a tollerare, permettere o addirittura agevolare ogni sorta di
crimine. La storia ha già provveduto a fornirci numerosi esempi del fallimento del nazi - comunismo :
diversamente il liberalismo (intendendo per “liberali”
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
tutti quei pensatori favorevoli da un lato alla “società
aperta” - leggi al libero mercato - e dall’altro a una
forte limitazione, da compiersi soprattutto tramite la
suddivisione, dei poteri statali) ha saputo, laddove è
stato recepito, dimostrare la propria bontà.
Inoltre gli strati sociali che principalmente appoggiano il progetto padanista (artigiani, lavoratori dipendenti, imprenditori: in una sola parola, i produttori)
hanno tutto l’interesse ad auspicare una sempre più
ampia apertura dei mercati e sembrano assai più
agguerriti di quello che si crede nell’affrontare la
cosiddetta sfida della globalizzazione. Pare inoltre,
nonostante i “colti” discorsi degli intellettuali al soldo
di Roma, che abbiano perfettamente compreso la propria posizione e che si aspettino proprio dalla Padania
quella concreta libertà che all’Italia hanno a più
riprese chiesto ma che non hanno mai ottenuto.
A giudicare da tutto ciò, dunque, la Padania si candida a entrare nell’albo d’oro del liberalismo: non a caso
uno dei politici europei più apprezzati a nord della
linea gotica è il britannico Tony Blair che, con le proprie iniziative sulla devolution, sta imprimendo al
proprio paese una forte spinta nella direzione della
libertà. Aprendo una parentesi, non è casuale neppure
che la Gran Bretagna, con abile gioco diplomatico, si
sia tenuta ben lontana dall’unificazione monetaria
dell’Unione Europea: questa sembra infatti sempre
più aspirare alla creazione di un macro - Stato in
tutto simile, salvo nelle dimensioni, ai vetusti Stati
nazionali la cui dissoluzione è ormai prossima. Anche
la Padania, allora, dovrà saper evitare le sirene di
Maastricht, ovvero dovrà sapersi adeguare alle reali
esigenze dei popoli che l’hanno costruita nei secoli e
che oggi ne reclamano l’indipendenza e non potrà in
alcun modo eluderne la volontà aderendo a quel
baluardo di statalismo selvaggio che è l’Europa.
Ma la Padania potrà fare tutto ciò, e soprattutto potrà
avere gli anticorpi necessari ad evitare nuove dosi di
centralismo, solo se si saprà dotare di una
Costituzione agile, veloce e liberale, se avrà il coraggio di restituire ai privati tutto ciò - denaro, possedimenti e competenze - di cui la Repubblica Italiana li
ha defraudati e se porrà alla propria base una
Dichiarazione dei Diritti a tutela di quei limiti invalicabili che si chiamano diritti naturali.
Quaderni Padani - 37
Proposte per uno statuto
etnonazionalista padano
di Flavio Grisolia
Premessa
Ogni ipotesi d’architettura costituzionale, ha di per
sè scarsa rilievo, se prima non mette in chiaro il concetto di diritto su cui intende basarsi. Una qualsivoglia forma di stato non può, infatti, prescindere da un
precedente retroterra giuridico, che in un certo
senso la giustifichi e le dia legittimità. Termini come
federalismo e sussidiarietà, o ancor peggio giustizia e
libertà, sono totalmente vuoti di ogni significato, se
non appare con chiarezza quali siano i reali soggetti
cui fanno riferimento. Mi spiego meglio: dire che
l’uomo deve essere governato con giustizia e deve
vivere in libertà, in una società basata su criteri di
sussidiarietà, suonerà forse bene alle orecchie di
molti, ma in realtà non è che aria fritta, che da diverso tempo, effluvia dalle bocche di politicanti d’ogni
ordine e colore. Il punto è che ormai è praticamente
scontato rifarsi a quello che, di fatto, è divenuto il
sostrato comune di tutti gli stati definiti “moderni”:
vale dire il “Diritto romano”, su cui poi sono stati
innestati i principi illuministi delle rivoluzioni americana e francese e i loro conseguenti sviluppi giuridici, sino a giungere ai giorni nostri. Si tratta in
sostanza di un sistema che basandosi formalmente
sull’individuo, in pratica poi è in grado di creare
organismi dotati di un potere illimitato, al di fuori di
ogni legge che non sia emanata naturalmente da loro
stessi. Lo stato inteso quindi come fonte positiva di
ogni diritto, che solo in quanto codificato può essere
riconosciuto. A chi obietta che il problema si risolva
passando dal centralismo al federalismo, non posso
che rispondere che senza cambiare l’origine giuridica
del tutto, ci si limiterà a riprodurre a livello locale ciò
che già esisteva su scala maggiore. L’esperienza delle
regioni in Italia, ha già causato da più parti, accuse di
neocentralismo e questo nonostante il limitatissimo
potere decisionale che esse hanno; nè servirebbe
molto scendere come dimensione, a causa dei pressanti legami economici oggi imperanti. Bisogna in
sostanza capire cosa si vuol ottenere, comprendere
dove stia realmente il problema. Volere ad esempio la
Padania o comunque una piena indipendenza, in
regioni autonome e che hanno in termini economici
da Roma più di quanto diano, come la Val d’Aosta, il
Trentino-Sud Tirolo e il Friuli-Venezia Giulia, esprime a mio avviso un malessere più profondo di chi si
accontenterebbe in fondo, di pagare solo meno tasse
e avere qualche servizio in più.
38 - Quaderni Padani
Vi è poi chi nel nome di un indefinito anarco-liberismo, pretenderebbe di risolvere il problema delegando ogni potere ai singoli, abolendo totalmente lo
stato e dando cos” origine ad una società dove a
dominare sarebbe solo il potere economico e dove
ogni valore sarebbe inevitabilmente annientato,
fermo restando solo il diritto del più forte e del più
cinico egoismo. Esasperazione in questo caso di quegli stessi principi illuministi, che pure sono stati alla
base dello stato-nazione centralista, che si vorrebbe
in questo modo eliminare. Non resta perciò che
invertire totalmente la rotta che nel corso degli ultimi duecento anni ci ha portati all’attuale deriva. E’
assolutamente necessario che la storia dei popoli
europei riprenda il percorso grazie al quale, il nostro
continente era giunto alle più alte mete di civiltà
materiale e spirituale. Per la Padania questo significa
il recupero di quelle tradizioni prerisorgimentali e
preilluministiche, che l’avevano elevata ad essere l’area più ricca sia materialmente che culturalmente
d’Europa. Tutto ciò non nè utopia nè oscurantismo:
nessuno dice di rifiutare il progresso tecnologico,
anzi, la questione è data dall’uso che di esso attualmente si fa, non certo di un suo utilizzo. Per millenni e millenni, le famiglie, le comunità, i popoli, sono
stati i soggetti di ogni forma di diritto, i re stessi, che
pure vantavano prerogative divine, li avevano come
referenti e nemmeno la svolta assolutista, che precede di poco più di un secolo la Rivoluzione francese,
osò mai cambiare rotta e toccare usi e consuetudini o
gli istituti tradizionali che li rappresentavano.
Cosa che invece sarà sistematicamente fatta dagli
stati-nazione postrivoluzionari, tra i quali anche
l’Italia. Anzi si può dire che il processo di soppressione di ogni forma residua di tradizione sociale, si
chiuda proprio con la “democratica “Repubblica italiana, che completerà cos” l’opera iniziata nel secolo
scorso. Nel fare ciò lo Stato italiano, troverà un inaspettato alleato nella gerarchia ecclesiastica, che
infiltrata sino ai massimi vertici da massoni, col concilio Vaticano II° riuscirà a stravolgere completamente la posizione della Chiesa cattolica, riducendola ad
essere un semplice aggregato al servizio del potere
mondialista.
La partitocrazia
Nell’attuale dibattito, atto a recuperare un’originale
identità velata da striscianti compromessi, nessuna
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
voce si è sinora levata a chiedere un perentorio ritorno alla lotta alla partitocrazia, componente fondante
e vincente dell’azione politica della Lega dei primordi. I partiti sono, infatti, come ha recentemente avuto
modo di confermare il presidente Ciampi, il vero piedistallo di questo stato, autentici portatori d’acqua al
centralismo romano da cui ricavano prebende e potere. Non ha senso parlare di sovranità popolare, quando questa si esprime solo attraverso un voto che non
è che una cambiale in bianco firmata ad un partito. Si
dirà che anche la Lega è un partito: vero solo in
parte, perchè essa è nella realtà il Movimento che
necessariamente ha dovuto strutturarsi, per fronteggiare proprio lo strapotere dei partiti romani. La
visione federalista di cui la Lega è portatrice può
benissimo prescindere dai partiti, riuscendo nel contempo a sviluppare un livello di democrazia sconosciuto a tutti gli stati-nazione figli del giacobinismo.
E’ questo un concetto la cui elaborazione va avviata
nel nostro pensare-agire politico. Non si tratta qui di
fare complicate architetture costituzionali, ma semplicemente di portare il potere decisionale più in
basso possibile, giù sino al naturale allargamento dei
gruppi familiari, vale a dire le comunità territoriali
storiche, di cui è ricca la Padania. Al contrario i partiti spostano il potere decisionale all’interno delle loro
segreterie e i compromessi che operano tra loro per
governare, sono essenzialmente fatti, non per il bene
della comunità, ma in difesa degli interessi particolari che essi rappresentano. Caduto, infatti, il velo succinto della contrapposizione ideologica, essi non han
potuto non mostrarsi nella ripugnante nudità di portatori del pensiero unico dell’omologazione mondialista. Anche chi a parole come Rifondazione
Comunista, dice di essere contro i poteri forti dell’alta finanza, nella realtà persegue la stessa logica internazionalista, basata su un economicismo tecnocratico. Non la Lega, in cui sola sopravvive l’autentico
animo dei Popoli padani e la loro civiltà, antica come
l’uomo: il detto diffuso per cui tutti i partiti sono
uguali, è quindi sacrosanto. Non esiste e forse non è
realmente mai esistita una contrapposizione destrasinistra, ma piuttosto tra gli stati-nazione centralisti
e i popoli che avevano nella tradizione e non nelle
ideologie post-illuministe, il loro comune sentire. Se,
infatti, analizziamo sotto quest’ottica gli ultimi duecento anni, ci accorgiamo che tutte le guerre hanno
quale unico movente la distruzione delle identità tradizionali, a favore di nuove entità statuali disorganiche rispetto alle realtà etniche del territorio.
L’ideologia, liberale o socialista che sia, aveva e in
parte ha ancora il compito di coagulo di genti spesso
lontanissime per cultura, storia e religione. Questo è
quanto è avvenuto con la nascita dello stato italiano e
questo è lo sporco gioco per cui sono praticamente
nati i partiti moderni. Falso pensare che queste associazioni, che spesso hanno assunto l’aspetto di quelle
“a delinquere”, siano alla base della democrazia.
Quest’ultima, infatti, non è certo figlia delle rivoluAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
zioni di fine settecento (americana e francese), ma
appartiene al corredo genetico dei nostri popoli. Per
accertarsene basterebbe andare a leggersi uno dei
tanti statuti medioevali delle comunità padane e si
avrebbe cos” la dimostrazione di come ci si debba
muovere nel reale interesse comune e non nel nome
di astratti principi, che in ultima analisi vanno a ledere l’identità stessa delle nostre genti, senza aggiungere, anzi togliendo quelle libertà che da sempre, permettevano la salvaguardia dei più deboli nei confronti
dello strapotere economico e quindi anche politico,
dei più ricchi. La convinzione tra i Padani che il bene
generale debba prevalere sugli interessi del singolo,
non nasce comunque nel Medioevo, ma ha origini
ben più antiche: uno studio molto conosciuto tra gli
addetti ai lavori di G.D.Serra, ha esaurientemente
dimostrato ad esempio la continuità nei millenni
degli antichi centri rurali, là dove l’organizzazione
cittadina romana non aveva cancellato ogni traccia di
quella precedente a base etnica. Una testimonianza
diretta del forte senso comunitario dei nostri antenati, ci viene dalla Tavola del Polcevera o Sententia
Minuciorum, una lamina bronzea del 117 a.C., che
riporta un verdetto a proposito di una controversia
tra Genuati e Viturii, per la contesa di un territorio a
nord di Genova. In essa traspare chiaro come l’occupazione romana in atto da circa un secolo, non avesse
affatto intaccato gli antichi costumi e come tutto era
inteso in modo identitario ed estremamente democratico, tanto che gli stessi legati liguri inviati a
Roma, dopo essere stati eletti da entrambe le tribù (il
termine in questo caso non è forse il più appropriato)
non avevano alcun potere decisionale e si limitavano
a riportare quanto ascoltato ai rispettivi consigli.
Tornando ai giorni nostri, mi sembra quindi evidente
come una forza rivoluzionaria, ma forse sarebbe più
esatto dire controrivoluzionaria, come la Lega, non
possa certo far derivare la sua visione politica proprio
dal mondo che si è prefissa di combattere e distruggere, ma debba invece ricercare nella storia e soprattutto nella Tradizione dei Popoli che rappresenta, le
armi di un pensiero sempre attuale, nemico mortale
di ogni ideologia contemporanea e di ogni forma di
omologazione. Sarebbe perciò un grave errore riprodurre tra noi il sistema partitico, strumento come
abbiamo visto di conservazione dell’oppressione,
usato proprio per distruggere la Lega: le recenti elezioni hanno chiaramente dimostrato quanto sia perniciosa per il nostro Movimento ogni forma di collaborazione con Roma-Polo o Roma-Ulivo.
Ritroviamo la strada di casa
“Avevamo perso la strada di casa, ma l’abbiamo ritrovata in tempo, prima che fosse troppo tardi.”
E’ questa una frase pronunciata da Bossi qualche
anno fa e che rispecchia fedelmente il percorso di una
ritrovata identità, prima che questa fosse definitivamente cancellata da un lavaggio dei cervelli ultrasecolare e da immigrazioni sconsiderate. Intendiamoci
Quaderni Padani - 39
Immagine allegorica del Patto del Grütli
ci troviamo solo all’inizio del percorso e la meta è
ancora distante: su ciò non vi deve essere alcuna illusione, cos” come dobbiamo convincerci che il prezzo
da pagare sarà quanto mai salato; in ogni caso però ci
siamo e da qui nessuno potrà toglierci. Nulla può
proibirci di sognare e immaginare come sarà la futura Padania; certamente repubblica federale diranno
tutti, non avendo in realtà la minima idea di cosa e
chi si andrà a federare. A ciò in molti risponderebbero indicando le regioni, quasi che esse stesse non
siano frutto di una visione antistorica e non rispettosa delle diverse identità dei nostri territori. Il “regionalismo” è, infatti, da sempre una delle armi usate
dall’Italia contro la Lega e va quindi reso inoffensivo,
proprio partendo da quelle stesse motivazioni che
vorrebbero dargli fiato. Bisogna in sostanza ricominciare tutto il discorso da capo, iniziando da quelli che
erano gli istituti fondanti del diritto dei nostri antenati: la famiglia e la comunità, intendendo quest’ultima, come un normale allargamento della prima.
Dobbiamo quindi porre entrambe come referenti giuridici base per ogni nostra proposta di organizzazione
territoriale e non partire dal territorio, per poi giungere ai singoli, come l’ideologia giacobina vorrebbe
imporci. Questa concezione è in ogni caso purtroppo,
penetrata in profondità tra la nostra gente, comprese
le teste di tanti leghisti, che forse in buonafede non
comprendono l’enorme danno di una tale scelta. La
nostra cultura, quindi tutta la nostra tradizione, in
parole povere la nostra identità è inscindibile da questo binomio. Noi siamo il frutto del percorso ultramillenario di comunità territoriali, perlopiù rurali,
che nella continuità hanno sviluppato usi e costumi
propri e quindi valori, trasmessi dai genitori ai figli
40 - Quaderni Padani
senza soluzione, valori nella maggioranza dei casi
ancora vivi solo pochi decenni orsono. Detto questo
mi par già di sentire la scontatissima obiezione: “Con
tutte le immigrazioni che ci sono state e ancora sono
in atto, non è più possibile ricollegarsi alla tradizione
e alle identità locali.” Sbagliato, poichè certi valori
non hanno limiti temporali, ma sono eterni e noi
non dobbiamo far altro che andare a riprenderceli;
anche perchè, specialmente nelle campagne non
tutta la tradizione, vale a dire la visione del mondo
propria delle comunità locali, è andata persa. Mi riferisco quindi, non certo a del semplice folclore, ma a
un qualcosa che si basa sull’esperienza di generazioni
e generazioni e che si è sviluppato nel corso dei millenni, frutto essenzialmente del rapporto tra uomo e
territorio e dell’equilibrio raggiunto in tal senso. Si
tratta di un percorso indubbiamente molto difficile
da identificare nel caos contemporaneo, tanto che
non si può certo affermare che esso sia stato chiaramente individuato da buona parte dei vertici del
Movimento, coi risultati che tutti sappiamo.
Non è perciò dai grandi centri che potrà partire la
riscossa dei Popoli padani, ma da quei paesi o villaggi, dove ancora aleggia un po’ del loro antico spirito:
a noi il compito di ritrovarlo. Si tratta di impostare in
maniera mirata, una sorta di rivoluzione culturale,
che interesserà per primi noi stessi. In ciò comunque
sarà indispensabile affidarci a chi in merito, ha già
fatto più strada di noi ed ha perciò le idee più chiare,
andando cos” a individuare una sorta di gerarchia
culturale in parte già formatasi. In questa fase, infatti, è quantomai necessario ideologizzare in un certo
senso, la tradizione e ciò non è indubbiamente alla
portata di tutti, meno che mai di politicanti da “carrega”. Saranno proprio queste guide culturali, che
col tempo dovranno andare a costituire l’ossatura
portante del gruppo dirigente leghista, semprechè
alle parole sappiano poi far seguire i fatti. Senza questo fondamentale passaggio, nè la Lega, nè nessun
altra forza politica, sarà in grado di garantire vera
libertà e indipendenza alla Padania.
A livello di ricerca pratica, risulta assolutamente fondamentale, lo studio degli antichi statuti medievali
delle nostre comunità: in essi troveremo molte risposte alle domande, di come debba realmente essere
impostato un sistema locale, che voglia coniugare
democraticamente interessi privati e sociali, avendo
comunque sempre alla base, i referenti giuridici citati. Capiremo da ciò, che il bene di ogni famiglia può
essere subordinato solo a quello più vasto della
comunità, mentre i singoli vengono in ogni caso a
trarre beneficio da entrambi gli istituti, ma non possono allo stesso tempo anteporre ad essi i propri interessi. Nozioni basilari, su cui già in precedenza si era
basato tutto il diritto dei nostri antenati Liguri,
Veneti, Celti e Longobardi. La fase successiva, consisterà nel comprendere come e dove l’insieme di queste comunità vada a costituire un popolo. In termini
corretti dovrei forse parlare di etnia, ma con popolo
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
voglio indicare nell’occasione un’autocoscienza identitaria, che rimane il presupposto base perchè quanto
si sta ipotizzando, possa avere una qualche possibilità
reale. La lingua sicuramente in questo caso, costituisce l’elemento caratterizzante più evidente. Là dove
cessa la comprensione linguistica, l” finisce un popolo e ne inizia uno nuovo. Ogni altro elemento di
distinzione, ci porterebbe su terreni minati o a scimmiottare l’esistente. Questo inoltre è l’elemento che
più che mai, dimostra l’inconsistenza delle attuali
regioni e l’impossibilità su di esse di creare un federalismo serio, che non sia la riproposizione in scala
minore del centralismo partitocratico. Anche qui,
come in precedenza è necessario portare avanti
un’autentica rivoluzione culturale a livello individuale e politico; non sarà infatti facile togliere dalla testa
di molti, quelle sovrastrutture ideologiche che da
generazioni ormai costituiscono un bagaglio comune
e che ci impediscono di dare le risposte più appropriate ai problemi che ci assillano. Con ciò inoltre,
non si vuol creare un eccessivo frazionamento, ma
limitarsi a riscontri obiettivi, come ad esempio che
un Milanese non comprende un Bergamasco e viceversa, anche se entrambi son definiti Lombardi. Gli
elementi che uniscono i Padani ci sono e sono pesanti e di essi personalmente ho già avuto modo di parlare e scrivere in diverse occasioni, ma qui ora, non
ritengo indispensabile trattarli. Del resto giunti a
questo punto credo ci si possa accontentare di un’unità “politica”, visto che comunque rimane sufficientemente chiaro il percorso identitario. Ognuno di noi
potrà infatti riconoscersi per quanto affermato, in un
determinato popolo e se ciò sarà reso difficile dalla
residenza in un luogo diverso da quello originario, ci
si potrà comunque sempre appellare alla padanità o
alla condivisione dei valori eterni ed universali, cui
ho fatto riferimento. Questo potrà ad esempio essere
il caso di un meridionale (Italiano), che compreso ciò
lotterà quindi al nostro fianco mosso da un comune
sentire che nasce dalle radici più profonde di ogni
uomo e dal riconoscersi comunque in una superiore
identità europea, nemica mortale del pensiero illuminista e giacobino. Ricerche sulla suddivisione linguistica della Padania, sono disponibili da tempo, l’importante è che l’interesse ad accrescere un presunto
potere politico, non vada ad inficiare un percorso
etno-linguistico che deve assolutamente essere prevalente nella ricostruzione di una dimensione rispettosa delle diverse identità presenti sul territorio. Una
lingua un popolo, cos” si potrebbe riassumere il discorso e a tutti questi popoli, va dato il massimo potere decisionale, facendo s” che essi stessi si strutturino
in federazioni basate sulle comunità territoriali.
Le comunità
Dare una dimensione reale alle comunità territoriali
è forse il problema principale. Anche qui però non
dobbiamo inventarci niente e limitarci a riprendere
quanto nel corso del tempo si è venuto a creare.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Partiremo perciò da quelle aree rurali, dove la continuità col passato, anche quello più remoto non è mai
venuta a cessare, andando a individuare tutti i centri,
anche i più piccoli che presentino tali caratteristiche.
Il segno più semplice per identificarli rimane sempre
la presenza di un toponimo e di una chiesa attestati
nel corso dei secoli: la dimensione spirituale è, infatti, da sempre dominante nel cuore dei nostri popoli e
già da prima del Cristianesimo e delle invasioni
romane, essi avevano nel nemeton, il centro della
comune area sacra spesso identificato da un menhir o
da una stele, la rappresentazione stessa della loro
identità, che assurgeva cos” ad espressione di volontà
divina, frutto di una sconosciuta forza vivificante. Un
ulteriore elemento di distinzione dovrà a questo
punto essere fatto tra centri urbani di qualsivoglia
dimensione e zone non insediate, intendendo in questo modo tutte le superfici “verdi” al di fuori di essi.
Come sappiamo, da sempre i borghi e in particolar
modo le città hanno svolto un’azione parassitaria nei
confronti della campagna, ragion per cui è assurdo,
proprio per gli interessi contrapposti che rappresentano, far gestire da chi risiede nei centri abitati i territori rurali, che inevitabilmente sarebbero un po’
alla volta sacrificati a forme speculative che ne altererebbero in maniera irreparabile le peculiarità. Si tratterebbe perciò di ritornare all’originario concetto di
sacralità con cui era intesa presso i nostri antenati la
natura, sempre da essi vista come una manifestazione
divina da preservare a godimento dell’intera comunità. In questo senso sarà opportuno creare sul territorio una vera e propria rete di “conservatori”, scelti in
base a precise caratteristiche socioculturali e insediative, che andranno a costituire in forme federate
un’entità giuridica a sè stante, nettamente distinta da
tutte le altre forme di governo delle cosa pubblica.
Questi “conservatori” avranno il compito vivendo in
queste aree “verdi”, di gestirle e difenderle dagli interessi particolari, favorendo allo stesso tempo la pratica e lo sviluppo agrosilvopastorale, con l’utilizzo
anche delle nuove tecnologie, mai in contrasto però
coi dettami della tradizione locale. Motivando una
rinnovata presenza nelle campagne e in particolare
nelle zone di montagna, si ricreerà quel serbatoio che
nel passato anche più recente, ha permesso il ricambio nelle città senza che l’originaria identità andasse
perduta. Compito del Governo Federale Nazionale
sarà di far s” che le imprese agricole possano con le
loro eccedenze produttive, creare quell’autosufficienza alimentare che è la base prima per una vera indipendenza politica. A questo proposito risulta inevitabile com’era in passato, impedire un eccessivo frazionamento del podere agricolo, che dovrà comunque al
minimo poter garantire il sostentamento dignitoso di
una famiglia e che non potrà essere lasciato incolto,
pena l’esproprio e l’assegnazione ad un’altra famiglia
di agricoltori.
Individuata nei termini prima detti la comunità base
e definitene le competenze nel solo ambito urbano,
Quaderni Padani - 41
resta da vedere quali funzioni potrà avere e come si
potranno eventualmente creare organismi federali
sovracomunitari. E ‘chiaro che la piccola comunità
disporrà automaticamente di mezzi limitati, anche
immaginando il massimo impiego sul posto delle
risorse locali. Ci saranno sicuramente opere che per
costi e dimensioni saranno fuori dalla sua portata,
coinvolgendo tra l’altro le comunità vicine, come la
costruzione di scuole superiori, ospedali, impianti
sportivi, ecc. Si renderà perciò necessario creare delle
entità atte allo scopo, costituendole di volta in volta o
basandosi su strutture preesistenti, nate da veri e
propri patti federati tra comunità. Tutto questo
dipenderà solo e unicamente dall’effettiva volontà di
collaborazione di ogni singola comunità, che resterà
comunque sempre libera e responsabile delle sue
decisioni, senza che nessun altro ente o lo stesso
Governo Federale Nazionale possa imporle nulla. La
prevalenza del bene comune e quindi anche di quello
dell’intero popolo sulle singole comunità, non può
imporre a queste ultime scelte non volute, mentre
ognuna di loro non dovrà per nessuna ragione sviluppare azioni che in qualche maniera possano danneggiare anche una sola delle altre: mi spiego meglio, se
gli abitanti di X non vogliono partecipare alle spese
per una piscina comprensoriale o ritengono sufficiente il loro ospedale, piuttosto che uno di dimensioni maggiori da edificare coi vicini, nessuno potrà
mai obbligarli a sborsare soldi se non lo vogliono;
allo stesso modo non potranno certamente captare
totalmente un corso d’acqua, che va ad irrigare le
terre dei loro confinanti. Resta comunque il fatto che
ogni accordo entro i limiti citati, potrà sempre essere
attuato, senza l’intromissione di altri organismi
governativi. Tutte le comunità si troveranno perciò a
far realmente politica, vale a dire scelte a 360°, differentemente dall’attuale situazione, dove i comuni si
limitano ad amministrare le briciole del governo centrale, non avendo che un ristrettissimo margine di
manovra per andare veramente ad incidere sul tessuto socioeconomico.
I grossi agglomerati urbani
L’urbanesimo è certamente il fenomeno che in negativo ha caratterizzato lo sviluppo demografico degli
ultimi due secoli in Europa. Per la Padania il suo inizio è praticamente concomitante con la nascita dello
stato italiano e diventa consistente a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento. Ciò in conseguenza dell’incremento della popolazione, dovuto a un miglior
saldo demografico naturale, frutto non di un aumento percentuale delle nascite, che anzi era in calo, ma
della diminuita mortalità. In seguito soprattutto nei
due dopoguerra, l’urbanesimo sarà favorito dallo sviluppo industriale, che porterà masse di immigrati
provenienti dal Meridione d’Italia. Esso quindi come
l’aumento della popolazione, non sarà figlio di uno
sviluppo qualitativo delle condizioni di vita, ma al
42 - Quaderni Padani
Documento originale del Patto del Grütli
contrario porterà aspetti di grave degrado morale e
sociale, la cui crescita costante fino ai giorni nostri,
appare destinata a continuare in maniera esponenziale. Luogo d’elezione della borghesia rivoluzionaria: il
termine cittadino per i contenuti antitradizionali che
esprime andrebbe eliminato dal nostro vocabolario,
la grande città è divenuta via via il simbolo del centralismo statalista, sede dell’apparato burocratico, per
poi assumere sempre più le caratteristiche di miscelatore di culture, proprio delle attuali megalopoli
multietniche. In esse l’uomo ridotto ad individuo/cittadino, perde ogni diritto di appartenenza e ogni
legame identitario, per divenire l’anonimo consumatore tanto caro al potere mondialista, capace perciò
di ragionare solo in termini di interesse economico
personale. La natura parassitaria delle metropoli poi,
è perfettamente rappresentata dall’alta percentuale di
criminali, prostitute, faccendieri, intrallazzatori, speculatori e burocrati, che l’abitano e la frequentano,
totalmente a loro agio in realtà che ai diversi capi del
mondo, tendono sempre di più a rassomigliarsi.
Contro queste autentiche situazioni cancerose del
tessuto sociale dei nostri popoli, bisognerà intervenire alla radice con bisturi e terapie d’urto, impedendo
nel futuro il loro riformarsi.
Si provvederà da subito a ridare l’autonomia a tutti
quei centri periferici, che lo smodato sviluppo edilizio degli ultimi decenni e una burocrazia accentratrice hanno inglobato nelle città maggiori. Per favorire
ciò non si dovrà esitare ad operare massicce azioni di
diradamento, destinate tra l’altro a cancellare autentici mostri architettonici, di cui purtroppo sono
estremamente ricche le periferie delle nostre realtà
urbane. Le città cos” depurate, saranno poi suddivise
nei sestieri tradizionali, al fine di raggiungere quella
dimensione comunitaria, che sola può determinare
un sentimento di riconoscimento identitario e una
partecipazione diretta alla vita pubblica. Il governo
cittadino sarà perciò anch’esso di tipo federale, con in
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questo caso l’obbligo per motivi storico-territoriali,
dell’aggregazione dei sestieri.
Diritto di appartenenza comunitaria
nazionale
Abbiamo spesso parlato di famiglia e comunità come
base giuridica della ritrovata Padania, entrambe come
sappiamo sono formate da persone legate tra loro da
più vincoli, cerchiamo di analizzarli. Credo sia innegabile anche per il razionalista più convinto, affermare che genitori e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle,
siano tutti uniti da un elemento non analizzabile
dalla mente umana, il vincolo del sangue. Si tratta di
un qualcosa che va oltre l’istinto senza sfociare nelle
scelte ragionate, restando perciò a pieno diritto racchiuso nella sfera dei sentimenti, là dove risiedono
inimmaginabili forze dirompenti, vera e propria
essenza dell’uomo. La fratellanza poi, dovrebbe essere
la principale caratteristica di una comunità in grado
di vivere in pace ed armonia, avendo come unico
obiettivo il bene di tutti i suoi membri. Cos” non è,
come sappiamo, soprattutto da quando si è volutamente minata, a volte in maniera irreparabile, la possibilità per i suoi componenti di riconoscersi in un’origine comune, vale a dire in un’identità univoca. Il
senso di fratellanza, che pure era presente in special
modo nei nostri centri rurali, non nasceva certo dal
caso; esso, infatti, traeva origine da quegli stessi vincoli sanguinei, riscontrabili nelle parentele più strette, tanto da poter definire la comunità tradizionale,
come l’allargamento spontaneo della propria famiglia.
Ecco spiegato il persistere di un sentimento che trovava poi nella vita quotidiana manifestazioni consequenziali, come la tipicità della cultura e quindi della
lingua e degli usi e costumi, tutti basati sulla medesima tradizione, a sua volta strettamente correlata al
persistere su un determinato territorio. Il radicamento perciò, quale elemento che da solo è in grado di
giustificare il senso di una vita spesa nella continuità
di valori eterni ed immutabili, antichi come i nostri
popoli, cioè quanto l’uomo.
Da queste basi nasce la necessità primaria di ripristinare, non tanto un’unità d’intenti, inevitabilmente
costruita su interessi economici o ideologici, quindi
unicamente di tipo razionale, quanto piuttosto riportare alla luce quell’autentico “richiamo del sangue”,
che da sempre è visto con estremo terrore da tutta la
cricca finanziario-mondialista. Non fu certo un caso
se uno scrittore come Bram Stocker, membro della
Golden Dawn, vale a dire la più conosciuta società
esoterica antitradionazionalista, venne a creare un
personaggio estremamente negativo come Dracula,
avendo in realtà il solo scopo, di gettare fango e discredito sull’Ordine delle società prerivoluzionarie,
basato essenzialmente sui legami di “sangue e suolo”.
Il ritorno ad un diritto d’appartenenza etnica, appare
perciò inevitabile. Persino uno studioso di geopolitica
come Alexandre Del Valle, ritiene che per ridefinire
un sistema politico-costituzionale in grado di garantiAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
re la sicurezza collettiva e la perennità dei popoli
europei, bisogni obbligatoriamente passare per il
ristabilimento della preferenza nazionale e dello jus
sanguinis. Certamente non sarà possibile di colpo in
bianco, cancellare gli effetti negativi di decenni d’immigrazioni, ma da subito bisognerà dire a chi vanno
riconosciute certe prerogative e a chi no. A tal fine e
per ridurre il più possibile inevitabili traumi e lacerazioni, ritengo sia fondamentale limitarsi alla continuità etnica degli ascendenti diretti di un solo genitore e al luogo di nascita, per sancire il diritto d’appartenenza a un determinato popolo e nazione. Nel caso
in cui uno nasca all’interno di un ‘ etnia e poi vada a
vivere presso quella diversa dei/di un genitore/i,
saranno necessari dieci anni di residenza prima di
acquisire ogni diritto, questo affinchè egli abbia la
possibilità di far suoi i valori propri di quel popolo. Il
cambio di residenza comunitaria all’interno della
stessa popolazione, produrrà la decadenza del diritto
comunitario (partecipazione diretta alla vita politicoamministrativa della comunità) per la durata di cinque anni, sempre che la stessa persona nel frattempo
non si trasferisca altrove. Entro i confini della
Padania sarà possibile che i figli di almeno un genitore padano, residente presso un popolo diverso dal suo,
acquistino il diritto d ‘ appartenza della nazione nella
quale si trovano se in essa nati. Non possono comunque e in ogni caso vantare alcun diritto i discendenti
a qualsiasi grado di popolazioni originarie di paesi
extraeuropei. Costoro e chiunque non rientri nelle
casistiche sopraddette, sarà considerato un forestiero
e la sua presenza dovrà essere limitata nel tempo e
legata comunque a specifici e irrinunciabili interessi
nazionali.
Privilegiare la residenza invece che l’etnia, serve solo
a creare situazioni assurde e autolesioniste, se non
proprio ridicole, come quella del sindaco di Lazzate,
sospeso perchè con una delibera aveva apportato un
maggior punteggio in sede di concorsi, a chi era residente da almeno cinque anni nel suo comune: peccato che tanto sacrificio sia poi servito a difendere a scapito dei suoi connazionali, il posto di lavoro di una
signora pugliese!
Al diritto d’appartenenza si associa in maniera inscindibile quello di proprietà; anche la più piccola porzione di un territorio, deve appartenere al popolo che vi
abita, insieme ai mezzi di produzione, alla finanza e
alla moneta. Senza questi requisiti non vi potrà mai
essere una reale sovranità. Da sempre, infatti, il potere economico è stato il potente grimaldello con cui la
grande finanza massonico-mondialista, ha scardinato
l’equilibrio interno degli stati e l’identità e la tradizione dei loro abitanti. Una volta preso il controllo dell’economia e della moneta, diventa assai facile per chi
dispone di mezzi illimitati, abusare del potere politico, attraverso le segreterie dei partiti, sino ai governi
centrali, manovrando col sistema della corruzione e
la distribuzione delle cariche. La perdita del possesso
di parte del territorio, implica poi la possibilità di
Quaderni Padani - 43
insediamenti socioeconomici in contrasto con gli
interessi delle comunità, se non dell’intera nazione,
senza contare che il proliferare della proprietà
immobiliare straniera, genera gravi problemi di reperibilità d’alloggi in giusta misura e a condizioni eque,
alle fasce più deboli della popolazione, come giovani
in procinto di sposarsi, famiglie monoreddito o pensionati. Tutto questo costituisce ormai da decenni un
freno insopportabile alla nostra libertà ed è stato tra
le cause principali, tra altri mali, del calo demografico.
In deroga a quanto sopra detto e per tutto il periodo
che ci separa dalla liberazione della Padania e dei
nostri Popoli, basterà come ho già anticipato che
chiunque si riconosca nei nostri valori e nei nostri
obiettivi, partecipi attivamente al nostro fianco, lottando con noi come militante della Lega. Se avrà fede
e costanza, egli diverrà a tutti gli effetti nostro fratello, a qualsiasi popolo, purchè originario dell’Europa,
appartenga. I diritti acquisiti si estenderanno automaticamente ai suoi familiari, semprechè la sua militanza non venga mai a cessare. Con tutto ciò crediamo di aver ampiamente dimostrato di non nutrire
neanche in segreto alcun proposito di razzismo biologico, bens” di voler salvaguardare e valorizzare le differenze e soprattutto le culture tradizionali, puntando a quello, che se proprio qualche mente contorta
dall’ideologia continua a definire razzismo, giusto per
pietà nei suoi riguardi, potremmo definire razzismo
dello spirito, nella profonda convinzione che ogni
popolo ha una sua Stirpe, che nel bene o nel male, ne
rappresenti la continuità spirituale.
Organismi di rappresentanza e
cariche elettive
Sempre avendo come riferimento le nostre istituzioni
tradizionali, sarebbe sicuramente auspicabile nella
stesura dei rinnovati statuti comunitari, il ripristino
di quell’organismo permanente che era il “consiglio
degli anziani” a cui si aggiungeva, coaudiovandolo,
quello “generale”, in taluni casi chiamato anche “collegio”. Ne facevano parte i capifamiglia, cioè i più
anziani di gruppi familiari compositi definiti ad esempio tra i Liguri Feughi. A mio avviso tutto questo
dovrebbe valere ancora in linea di principio, lasciando
poi a ogni famiglia la facoltà di scegliere da chi farsi
rappresentare nel “Collegio generale” e a codesto di
istituire in pianta stabile e permanente un’assemblea
di anziani o probiviri, con funzioni d’indirizzo e di
controllo. Per quel che concerne la pubblica amministrazione sarà inevitabile invece ricorrere ad elezioni.
Scartata a priori la nefasta ipotesi partitocratica, bisognerà per forza puntare su coloro che intenderanno
candidarsi all’impegnativo compito. Proprio per evitare la nascita di consorterie, la candidatura dovrà
quindi esclusivamente essere posta a titolo personale
e aperta a chiunque ne abbia i requisiti, vale a dire il
diritto di appartenenza comunitaria. Ogni intervento
44 - Quaderni Padani
di tipo economico, sotto forma di campagna elettorale personale fatta a qualsiasi livello, dovrà essere bandito. A tutti i candidati dovranno essere date le medesime possibilità di far conoscere il proprio programma elettorale, attraverso pubblici dibattiti e comizi
equamente suddivisi, televisioni e mass-media in
genere, compresi. Se il numero dei candidati sarà elevato, si procederà alle primarie, sino ad arrivare all’elezione di un capo comunità, secondo la libera scelta
di un qualsiasi sistema elettorale, purchè rispettoso
dei principi enunciati. Anche la durata in carica e la
rielegibbilità di ogni amministratore saranno decise
dallo statuto comunitario, che si occuperà di tutto
quanto non verrà deciso di delegare al Governo
Federale Nazionale, o ad organismi intermedi nati
dalla federazione di differenti comunità, anch’essi
regolati come sopraddetto. In ogni caso sarà indispensabile che sorgano figure di dirigenti con responsabilità chiare e precise, bilanciate però da ampi poteri decisionali, anche se limitati al tempo del mandato.
Il governo federale nazionale
Con questo termine voglio intendere l’organismo preposto a raccogliere quelle funzioni che non possono
essere svolte dalle singole comunità o dalle loro libere
associazioni. Credo che questo sia un concetto basilare per far nascere un vero federalismo “dal basso”,
che realmente esprima la volontà di autogoverno e
quindi di libertà. Il governo federale avrà come scopo
principale la difesa dell’identità del popolo che rappresenta e per fare ciò impedirà in tutti i modi che ne
vengano snaturate la tradizione e la stirpe.
Provvederà in collaborazione coi “conservatori” alla
salvaguardia del territorio, coordinerà un proprio
organismo di protezione civile e organizzerà la difesa
armata, dando vita a una milizia popolare. Suo il
compito di dirimere le eventuali controversie sorte
tra le comunità e intervenire ogni qualvolta il bene
comune, rappresentato dall’interesse di tutto il popolo, sia minacciato. Terrà inoltre i contatti col Governo
Padano, al quale delegherà i poteri che riterrà opportuno, anche se già da ora si può prevedere che la
moneta (tesoro comune), l’esercito e gli esteri, saranno tra essi.
Il governo padano
Avrà le competenze limitate che ho già accennato
parlando del Governo Federale Nazionale. Dovrà al
suo interno e nel loro insieme, rappresentare in
maniera paritaria tutti i Popoli Padani, facendo in
modo che tutte le decisioni prese siano collegiali e
non danneggino in alcun modo gli interessi di nessuna nazione. Allo stesso tempo bisognerà impedire che
tra di loro avvengano contrasti d’interesse e a tal fine
andrà fatto ogni tentativo per cercare sempre la reciproca collaborazione. Resta inteso che il persistere di
un atteggiamento negativo o peggio ostile, da parte di
una determinata nazione, ne sancirà alla fine la sua
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espulsione dal contesto padano. L’impegno di ogni
Popolo a restare nella Padania, sarà ufficialmente sottoscritto e confermato da un referendum, avendo
però un limite temporale, scaduto il quale tutto sarà
rimesso in discussione.
Conclusioni
Queste mie proposte, proprio perchè tali, intendono
aprire un dibattito finora mai attuato, partendo dalle
basi concettuali su cui costruire lo stato padano. Non
averlo sinora fatto o peggio aver volutamente ignora-
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to, se non proprio messo a tacere le motivazioni degli
etnonazionalisti, non va certo ad onore della dirigenza leghista. Qui, infatti, non si chiede di recepire e
basta le nostre tesi, bens” di riconoscere a questa
importante corrente del pensiero politico contemporaneo, lo spazio che di diritto le appartiene in un
movimento come la Lega. A riprova di ciò restano gli
scritti dello stesso Bossi, dove in maniera esplicita si
parla di etnonazionalismo ed etnofederalismo, quest’ultimo termine in diretto riferimento alla futura
Padania.
Quaderni Padani - 45
Discussione sulle tasse
nella Repubblica federale
di Giancarlo Pagliarini
1. Introduzione
Dal punto di vista dell’economia il più
grave problema della Repubblica italiana è sicuramente quello della pressione
fiscale.
Quando la Repubblica italiana diventerà
finalmente una Repubblica Federale, il
sistema fiscale dovrà in primo luogo ispirarsi al principio che ogni membro della
federazione a casa propria deve poter fare
quello che vuole.
Questo significa che nel sistema che oggi
è costituito da “Comuni, Province e
Regione” ci dovrà essere una reale e significativa
autonomia economica e legislativa. E che di conseguenza gli amministratori di ognuno di quei sistemi
potranno decidere quali e quante tasse imporre ai cittadini che li hanno eletti e come gestirne i proventi.
Naturalmente nel rispetto di alcuni principi comuni
che ognuna delle attuali Regioni accetterà nel
momento in cui i suoi cittadini decideranno di aderire al patto federale, e che potranno essere disattesi
solo con la dichiarazione che non si intende più fare
parte della Repubblica federale.
Penso che questo principio dovrà essere chiaramente
esposto nella Costituzione della Repubblica Federale,
anche per mettere dei limiti costituzionali all’attività
legislativa del Parlamento Federale. Questo perché
secondo me lo scopo di una Costituzione non è solo
dare una forma allo Stato, ma anche impedirne una
crescita eccessiva.
In altre parole, i Costituenti dovranno comportarsi
più da cittadini che da legislatori. Purtroppo nel
nostro paese oggi domina una mentalità che vede nel
“Dio Stato”, nel “grande fratello”, la fonte di ogni
diritto e di ogni dovere.
In realtà lo Stato è un “male necessario”. Tanto più
necessario quanto meno responsabili, onesti e civili
sono i cittadini. Ma è pur sempre un male. Dunque è
bene che anche la Costituzione della nostra futura
Repubblica Federale ne prenda atto e faccia in modo
di garantire ai cittadini delle nostre Regioni il massimo di responsabilizzazione e di libertà possibile.
Per raggiungere questo obiettivo è necessario dare
ampio spazio ad una mentalità pragmatica e concreta,
ed al principio di responsabilità. Lo Stato va guardato
con sospetto e diffidenza e, ogni volta che questo è
possibile, deve essere privilegiata l’iniziativa privata.
46 - Quaderni Padani
“Il cosiddetto “primato della politica” è
un’idea falsa, e una società libera e aperta è sempre dualistica, poggia cioè su
un’assoluta uguaglianza tra privato e
pubblico. Sono due sfere parimenti
sovrane e non riconducibili l’una all’altra. Se tra queste due sfere sorgono
gravi conflitti, a decidere deve essere la
volontà popolare attraverso un referendum.” (Marco Vitale, sul Sole 24 Ore
del 9 Dicembre 1990). Sottoscrivo al
100 per cento questa proposta e sono
convinto che il principio della “assoluta
uguaglianza tra privato e pubblico” dovrà essere sancita dalla nostra Costituzione.
2. La situazione attuale
Prima di discutere qualsiasi tipo di proposta costituzionale, è sempre bene rendersi conto della situazione che noi stiamo vivendo oggi e delle conseguenze
che un sistema fiscale piuttosto che un altro può
avere sul nostro sistema produttivo, e di conseguenza
sul PIL e sulle risorse finanziarie che la collettività
può utilizzare senza indebitare le generazioni future.
All’inizio di questo articolo ho scritto che “dal punto
di vista dell’economia il più grave problema della
Repubblica italiana è sicuramente quello della pressione fiscale”. E’ necessario capire che questa
Costituzione ha permesso che si creasse una situazione che ormai è diventata veramente insostenibile.
“Insostenibile” non significa che paghiamo troppe
tasse e così la gente è costretta a fare vacanze più
corte o a rinunciare ad altri lussi. Magari fossero solo
queste le conseguenze! No, la situazione purtroppo è
molto più grave. “Insostenibile” significa che se il
paese continua ad essere gestito in questo modo tra
un po’ la gente non avrà più soldi per i consumi e le
aziende non avranno più soldi per gli investimenti,
con le conseguenze di cui a Roma non si vogliono
rendere conto: aziende che chiudono, disoccupazione
che aumenta, Stato che incassa meno tasse e meno
contributi sociali e che non riesce a pagare pensioni e
debito pubblico.
I Governi e il Parlamento italiano potranno anche
provarci, ma sarà dura far pagare tasse e contributi
sociali ai disoccupati e alle aziende chiuse o che si
sono trasferite all’estero.
Le cose, piaccia o no, stanno così. E siamo arrivati a
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
questo punto nel pieno rispetto della vigente
Costituzione. A nulla valgono i dati diffusi dal
Governo italiano per compiacersi e poter dire che, in
realtà, la pressione fiscale non è poi così alta. Nel
1996 la pressione fiscale ufficiale era del 42,2%.
Questo significa che in media nel 1996 ogni cittadino
ha versato allo Stato 42,2 lire ogni 100 lire che ha
guadagnato. Questo 42,2 è un numero che è stato calcolato facendo due cose. Prima sono stati individuati
tutti i quattrini che lo Stato ha incassato per le imposte sul reddito e sul patrimonio, per i contributi
sociali, per l’IVA eccetera. Poi questo cifra è stata
divisa per il prodotto interno lordo, il famoso PIL. Nel
1996 il PIL è stato di circa 1.873 mila miliardi. Questa
è la ricchezza che il paese ha generato. Lo Stato di
questa ricchezza se ne è messo in tasca circa 790 mila
miliardi. Dividendo 790 per 1.873 si ottiene quel 42,2
di pressione fiscale “ufficiale”.
Ma il fatto è che dentro a quei 1.873 mila miliardi di
PIL c’è anche l’economia sommersa. Insomma, c’è la
stima del “nero”. Ma quelli che fanno il nero non
pagano le tasse. Dunque la pressione fiscale vera è
superiore a quel 42,2 per cento. Esempio pratico: se il
nero fosse di 300.000 miliardi, per sapere quanto è la
vera pressione fiscale dovremmo dividere 790 (perchè
non ci sono santi: questi 790 mila miliardi di tasse li
abbiamo pagati e lo Stato li ha incassati) per 1.573
(1.873 meno i 300.000 “neri” che non pagano tasse)
che in questo esempio rappresenterebbe il PIL generato da quelli che pagano le tasse. E in questo caso il
42,2 salirebbe a 50 per cento.
Nei suoi conti economici nazionali l’Italia include
una cosa che i documenti ufficiali chiamano “economia non osservata”. Questa “economia non osservata”
è composta da quattro elementi:
• Le attività illegali, che i documenti ufficiali definiscono come “quelle attività proibite dalla legge in
quanto tali o in quanto esercitate da persone non
autorizzate”.
• Il sommerso economico , che è descritto come
“attività legali ma non conosciute dalla pubblica
amministrazione per cause legate ad evasione fiscale o contributiva e al mancato rispetto di altre normative vigenti”.
• il sommerso statistico, che è dovuto “alla mancata o
parziale compilazione di moduli amministrativi e/o
questionari statistici da parte di famiglie o imprese”.
• le attività informali, che sono definite come quelle
“caratterizzato da un basso livello organizzativo e
che sono riconducibili essenzialmente al settore
famiglie”.
Ciampi, quando era Ministero del Tesoro, ha dichiarato che il peso dell’economia non osservata viene stimato ed integrato nei conti economici nazionali, e
che nel 1998 questo fattore ha rappresentato circa il
18 per cento del PIL. Bene, a questo punto avete capito cosa succede in questo incredibile paese. Quel 42,2
per cento ufficiale è una media. Quelli che pagano le
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
tasse, dunque, hanno una pressione fiscale reale
molto superiore a quella ufficiale.
Quanto è la pressione fiscale vera? Si possono fare
tante stime ed ipotesi, perchè nessuno conosce a
quanto ammonta in realtà l’evasione fiscale. Il
Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ha
pubblicato uno studio con due stime, basate su due
diverse ipotesi. Io qui ne commento una, che mi sembra ragionevole, perchè è basata sul concetto delle
“unità di lavoro non regolari”. Opportunamente il
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ricorda che “la contabilità nazionale si basa sulle quantità
di lavoro immesse nel sistema produttivo nazionale
durante l’anno”. Ebbene, l’ISTAT ha stimato che nel
1996 le unità di lavoro non regolari sono state pari al
22,3 per cento delle unità di lavoro totali, che l’ISTAT
ha stimato in 22.273 mila. Questa è una stima che
trovate alla pagina 167 del “rapporto annuale sulla
situazione del paese” dell’ ISTAT.
Questo 22,3 per cento è veramente enorme. E’ veramente incredibile. Significa più di un quinto.
Significa che da qualche parte in questo paese non ci
sono nè legge, nè giustizia, nè istituzioni.
Sulla base di questo dato, ed ipotizzando che la produttività delle unità di lavoro non regolari sia pari a
quella delle unità di lavoro regolari, il Consiglio
Nazionale dei Dottori Commercialisti ha fatto, tra le
altre, anche questa ipotesi: “si può supporre che la
quota di PIL sommerso sia del 22,3% del PIL calcolato dall’ISTAT”. Usando questi dati la pressione fiscale
del 1996 sale dal 42,2% al 54,3%. Ma non è finita qui:
nel 1997 la pressione fiscale è aumentata di 1,8 punti.
Dunque nel 1997 il dato ufficiale sale dal 42,2 al 44%
e quello reale, corretto con queste stime, sale al
56,6% . Così superiamo anche la Svezia e realizziamo un vero e proprio record mondiale.
3. Quali sono le conseguenze
Come dicevo prima, le conseguenze di questa situazione non sono minori vacanze o meno lusso. Fosse
solo questo, potremmo dire che dopotutto il problema non è così importante. Le conseguenze vere sono
molto più gravi, e quelle più significative sono queste
due:
1. Le famiglie hanno meno soldi da spendere per i
loro consumi. Anche per quelli di prima necessità.
Così si forma questa catena: cittadini che non
vanno nei negozi a comperare. Negozi che a loro
volta non comperano dalle aziende (o non pagano i
loro debiti alle aziende). Aziende che non vendono
(o non incassano). Aziende che chiudono. Più dis
occupazione significa un numero maggiore di cittadini che non va nei negozi, eccetera. E significa
anche Stato che incassa meno tasse e l’INPS che
incassa meno contributi sociali.
2. Le imprese hanno meno soldi per fare investimenti. E questo significa meno lavoro per i loro fornitori, e soprattutto minore capacità di competere, perchè senza investire non si tirano fuori nuovi proQuaderni Padani - 47
dotti o maggiore efficienza.
Tutto questo si chiama recessione. E’ una cosa che
capiscono tutti, tranne i signori che stanno a Roma,
chiusi in palazzi lontani dalla gente e seduti in salotti
dove passano il tempo a parlare male di quelli che
non ci sono, a baciarsi le mani a vicenda e a costruire
le loro carriere. Roma è sempre stata così, e i cittadini
delle Regioni del Nord, divisi, l’hanno sempre mantenuta. Ma a quelli che continuano a votare per il Polo
o per l’Ulivo evidentemente gli sta bene così.
4. Finanziamento dello Stato federale
E’ necessario individuare un sistema che garantisca
un fisco più efficiente, più equo, e meno opprimente..
A questo punto penso sia utile riportare un documento che avevo presentato in occasione dell’Assemblea
della Lega Lombarda tenutasi a San Pellegrino il 3
marzo 1996, intitolato “cinque punti per una seria
riforma federale”
1° Decentramento (“chiudere i ministeri Romani”).
Dovranno essere trasferite ai Comuni, alle Province e
alle attuali Regioni (Stati federati qui di seguito)
quasi tutte le funzioni operative (istruzione, sanità,
fisco, ecc.) e dovrà essere soppressa la maggior parte
dei ministeri. Al governo federale centrale resteranno
poche funzioni operative , come la difesa (finchè non
avremo l’esercito Europeo) , come la politica estera
(finchè anche questa avrà una dimensione europea),
ecc., e gli importantissimi compiti di coordinamento e di controllo.
2° Debito pubblico (“gli Stati federati saranno
responsabili per i loro debiti”).
Il governo federale centrale non potrà emettere debito pubblico. Gli Stati federati emetteranno il loro
debito pubblico, con loro garanzie ma senza la garanzia del governo federale centrale, ai tassi che sapranno ottenere dai mercati.
3°Imposte e tasse (“gli Stati federati terranno e
gestiranno le loro tasse, salvo gli effetti della
solidarietà”).
Gli Stati federati si terranno sostanzialmente tutte le
imposte e tasse pagate dai soggetti residenti. Così si
realizzeranno le condizioni per combattere veramente l’evasione fiscale, e per responsabilizzare e controllare la pubblica amministrazione.
4° Le spese generali dello Stato.
Gli Stati federati trasferiranno al governo centrale
una percentuale delle loro tasse, per pagare le “spese
generali” dello Stato , come l’esercito, le grandi infrastrutture federali, ecc.
5° La solidarietà.
Gli Stati federati trasferiranno al governo federale
centrale una percentuale delle loro tasse per la perequazione e la solidarietà. Questo trasferimento avverrà con la massima trasparenza. Il “fondo di perequazione e di solidarietà” sarà immediatamente ripartito tra gli Stati federati meno sviluppati economicamente, che potranno utilizzarlo come meglio credono: questo è il principio di responsabilità. In questo
48 - Quaderni Padani
modo la solidarietà sarà pagata dai cittadini, senza
essere trasferita alle generazioni future con il meccanismo del debito pubblico, come è stato fatto finora.
Il 3 Marzo 1996 questo testo era stato formalmente
approvato. A me sembra ancora un buon punto di
partenza.
Soprattutto mi sembra utile sottolineare un punto:
perchè la Federazione non degeneri in uno Stato
Unitario, e perchè la pressione fiscale non cresca
incontrollata, a mio giudizio sarà opportuno evitare il
ricorso a imposte o tasse federali. Certo, lo Stato centrale va finanziato e, poichè ha delle responsabilità di
grande importanza, deve avere anche la necessaria
copertura finanziaria. Essa però può essere ottenuta
semplicemente attraverso un trasferimento di risorse
da parte degli Stati federati.
Si tratta, in pratica, di ribaltare completamente il
sistema su cui si regge lo Stato italiano. Oggi, infatti,
tutti noi versiamo le nostre tasse a Roma e poi Roma,
secondo criteri propri, decide quanti soldi destinare
alle Regioni e ai vari enti locali (che noi raggruppiamo nel sistema “Comuni-Provincie-Regioni”). Il
risultato, come tutti sanno, è che la Padania paga
molto più di quanto gli viene trasferito da Roma e di
quanto Roma spende direttamente per le Regioni
della Padania. Il Mezzogiorno invece incassa e riceve
in servizi molto più di quello che paga.
Noi proponiamo che i cittadini versino le proprie
tasse al sistema “Comuni-Provincie-Regioni” e che
una quota di queste tasse , stabilita di anno in anno,
sarà poi trasferita al governo federale. E’ importante
sottolineare che la determinazione dei fondi destinati
allo Stato Centrale, che si dovrà occupare anche della
solidarietà, non spetta all’arbitrarietà del Parlamento,
ma alla responsabilità degli Stati federati. Mentre il
Parlamento è, come dimostra l’esperienza, assolutamente slegato da qualsiasi tipo di controllo (è cioè
“irresponsabile”) gli Stati federati sono sottoposti a
un serrato controllo popolare. In pratica si passerebbe
dal consenso su un programma generico alla partecipazione alle decisioni.
5. Principi costituzionali
A questo punto è utile cominciare a mettere giù, nero
su bianco, alcune proposte concrete.
Sono convinto che si dovrebbero sempre impostare i
lavori in questo modo.
1. IL PERNO DEL SISTEMA FISCALE PADANO:
IL COMUNE.
I principi costituzionali che ispirano il sistema fiscale
della Padania dovrebbero tener conto dell’esigenza
dei cittadini di vedere che le imposte pagate rimangono sul proprio territorio. Per questo motivo dovranno
essere i Comuni a riscuotere la maggior parte delle
imposte e delle tasse. Si terranno la quota di loro
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
competenza e trasferiranno il resto alle tesorerie
degli enti superiori: Provincia, Regione, e di lì al
Governo centrale e a Bruxelles per la quota che spetta all’Unione Europea:
I Comuni saranno ovviamente liberi di associarsi per
far fronte alle necessità derivanti dalla gestione. I
Comuni in difficoltà potranno accedere al fondo di
solidarietà di cui al successivo punto 12.
2. LIMITE DELLA PRESSIONE FISCALE.
Le norme costituzionali dovrebbero contenere, oltre
al vincolo del pareggio di bilancio, anche un limite
invalicabile della pressione fiscale. Per esempio si
potrebbe ipotizzare che la pressione fiscale non potrà
essere superiore a quella della media dei Paesi
dell’Unione Europea, aumentata di 1 punto.
3. IMPOSTA DI SUCCESSIONE E IMPOSTA
DI REGISTRO
I Comuni provvederanno all’incasso delle somme
tenendo conto delle residenza delle persone fisiche e
della sede effettiva degli altri soggetti. Le imposte
relative agli immobili saranno versate ai Comuni
dove tali beni sono situati. L’imposta di successione è
soppressa.
L’imposta di registro viene trasformata in “tassa di
registro”, cioè in mero corrispettivo di un servizio (la
registrazione con data certa e l’archiviazione di un
atto), e non è pertanto considerata un mezzo per
aumentare gli introiti dello Stato. Devono essere soppressi tutti i tributi il cui costo di gestione è superiore agli incassi che ne derivano.
4. IL POTERE LEGISLATIVO DELLE REGIONI
Così come avviene in Svizzera per i Cantoni, le
Regioni dovranno avere la massima libertà nello stabilire i meccanismi del loro sistema fiscale. Questo
provocherà una sorta di concorrenza fra le varie
Regioni, che saranno tanto più apprezzate dai cittadini tanto migliore sarà il loro sistema fiscale sia in termini di prelievo, sia in termini di semplicità. Questo,
naturalmente, a parità di servizi resi. Ovviamente tali
normative non potranno scontrarsi con i principi
fondamentali fissati dalla federazione, che devono
essere sottoscritti e rispettati dalle singole Regioni,
nonchè con i principi fissati dall’Unione Europea
5. ACCERTAMENTO E CONTROLLO
Il sistema di controllo verterà sulle Regioni, che
potranno organizzarlo secondo norme ed esigenze
proprie, in collaborazione con i Comuni e le
Province. Il potere di controllo e accertamento spetterà in via diretta anche ai Comuni stessi, in quanto,
essendo enti con maggior conoscenza della realtà territoriale, sono più idonei ad eliminare i fenomeni di
evasione.
6. IL SISTEMA PER EVITARE LE DOPPIE
IMPOSIZIONI.
La tassazione dei cittadini avverrà in base alla residenza effettiva per le persone fisiche, e in relazione al
concetto di sede effettiva per quanto riguarda gli altri
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
soggetti. I problemi riguardanti la doppia imposizione potranno essere risolti prendendo spunto dal
sistema tedesco e da quello dell’Unione Europea: vengono istituite apposite Commissioni Nazionali per
conflitti fra Comuni, e una Commissione Federale
per risolvere i conflitti fra le Regioni. Il Governo
Federale fissa i criteri base per evitare le doppie
imposizioni, cui le suddette Commissioni devono
attenersi nello svolgimento della loro attività.
7. IMPOSTE VIETATE
E’ fatto divieto alle Regioni istituire un’imposta di
successione, nonchè applicare imposte su redditi
figurativi. L’imposta di registro è vietata, ma può
essere sostituita da una tassa.
8. MINIMO VITALE E SPESE DEDUCIBILI
Ogni Regione dovrà garantire esenzione da imposte
al di sotto di un minimo vitale e dovrà assicurare la
detraibilità ai fini delle imposte dirette di quelle spese
che sono ritenute necessarie per la vita di un individuo, come per esempio l’affitto.
9. IL CONTO CORRENTE FISCALE E CONTRIBUTIVO E LA COMPENSAZIONE DELLE IMPOSTE.
Viene stabilito il principio della compensazione
mediante l’istituzione di un conto corrente fiscale e
contributivo dove trovano compensazione automatica tutte le partite di debito e di credito con ogni tipo
di pubblica amministrazione per qualunque tipo
d’imposta e contributo obbligatorio.
10. LIQUIDAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE.
Le imposte dirette dovranno essere calcolate sotto la
propria responsabilità dagli uffici unici che, nel caso
non possa esservi la compensazione di cui al punto
precedente, provvederanno , se il contribuente si troverà a credito, all’effettuazione dei rimborsi con valuta del giorno in cui questi sono stati richiesti.
11. LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE PADANO.
Parte integrante dei principi costituzionali sarà lo
“Statuto dei diritti e dei doveri del contribuente padano”, di cui riporto in Appendice una proposta avanzata tempo fa.
12. IL FONDO DI SOLIDARIETA’
La Costituzione Federale garantirà la solidarietà fra
le Regioni tramite un Fondo di solidarietà, che non
potrà essere di importo superiore al 3% del totale
della spesa del sistema “Comuni,Province,Regione”
effettuata nell’anno precedente. Il Governo presenterà alla Camera delle Regioni il piano di utilizzo del
fondo di solidarietà riguardante opere da realizzare e
servizi da fornire nelle Regioni o nei Comuni che
hanno un PIL pro-capite inferiore alla media federale.
6. Il finanziamento degli enti federali
Ho già detto che la mia preferenza è per un trasferimento dalle Regioni allo Stato federale deciso di anno
in anno. Molti invece ritengono più corretto un sistema che preveda una o più imposte federali. In questo
Quaderni Padani - 49
caso ritengo che allo Stato federale dovranno essere
attribuite imposte facili da controllare, in modo da
assicurare un contributo proporzionato su tutte le
Regioni. Pertanto a livello federale potrebbero essere
gestite le accise (oli minerali, metano, alcool e tabacchi) ed i dazi doganali. L’eventuale fabbisogno eccedente dovrà essere richiesto dal Governo Federale alla
Camera delle Regioni sulla base di uno specifico programma d’interventi che le Regioni decideranno a
maggioranza se appoggiare e, quindi, finanziare. Tale
finanziamento sarà ripartito pro-capite sui cittadini,
ed ogni Regione dovrà conseguentemente trasferire
allo Stato Federale l’importo relativo alla popolazione
residente. Con questo meccanismo si otterrebbe un
controllo da parte delle Regioni sul Governo Federale,
e si garantirebbe a quest’ultimo una sufficiente autonomia.
7. La strada verso la libertà
Quando si affrontano questi argomenti si corre sempre il rischio di scrivere solamente un “libro dei
sogni”.
Bisogna dunque anche porsi il problema della strada
da percorrere per poter creare le condizioni per realizzare il fine della indipendenza economica e legislativa.
Gli strumenti da utilizzare sono tantissimi. Qui di
seguito ne commento due che mi sembrano particolarmente utili sia sul piano pratico che su quello culturale, perchè c’è evidenza che sono condivisi da tutti
i cittadini che abitano nelle nostre Regioni, ed anche
perchè nessuno potrebbe strumentalizzare questi
progetti per accusarci di razzismo, egoismo, oppure
di non essere pragmatici.
I due progetti sono questi: a) quello della “politica del
70%”, e b) quello della istituzione delle “provincie
autonome”.
Il primo progetto, quello della “politica del 70%” , è
presto spiegata: si tratta di far approvare un disegno
di legge nel quale si prevede che almeno il 70% delle
tasse pagate deve restare sul territorio che lo ha prodotto ed essere gestito in assoluta autonomia dai suoi
abitanti. E’ una proposta che non può essere in alcun
modo definita “sovversiva”. E’ una proposta concreta
e concretamente realizzabile.
Eppure, quando il 7 luglio 1999 ho presentato a
Montecitorio una risoluzione che parlava proprio di
questo, il testo della Lega Nord è stato bocciato dall’aula. Ha votato contro la sinistra, compatta, e si
sono astenuti (il che equivale ad un voto contrario)
70 parlamentari di Alleanza Nazionale, tra i quali il
presidente Fini. Considerate che i Parlamentari di
Alleanza Nazionale che hanno partecipato a quel voto
sono stati 74. Come mai questa proposta della Lega
Nord, così logica, non è stata approvata dal Polo e
dall’Ulivo? Io ho una mia spiegazione. Perchè una
cosa simile avrebbe provocato una sostanziale inversione dei flussi fiscali. Questo significherebbe che
molti deputati italiani eletti al sud avrebbero dovuto
50 - Quaderni Padani
tornare nei loro collegi e dire: “scusate, ma da oggi
non avrete più finanziamenti a pioggia, false pensioni
di invalidità, eccetera”. Ecco perchè la nostra proposta è stata bocciata.
La questione delle autonomie provinciali è più complessa. Infatti è necessario scrivere e fare approvare
una proposta di legge che cambi la Costituzione italiana. Devo dire che abbiamo già i testi elaborati da
Giovanni Capelluzzo, ex presidente della provincia di
Bergamo, da Manuela Dal Lago, presidente della provincia di Vicenza, e da molti altri sensati amministratori che hanno seguito la loro strada.
Il progetto secondo me si dovrebbe svolgere come
segue:
In tutte le 103 Province della Repubblica italiana
dovrà essere obbligatorio svolgere un referendum, in
modo che tutti i cittadini potranno scegliere se la
loro Provincia dovrà essere una Provincia autonoma,
oppure se preferiscono restare come oggi. Quel referendum si dovrà svolgere in tutte le Province, incluso
Trento, Bolzano, e anche nella Valle D’Aosta, perchè
siamo tutti uguali e non ci devono essere cittadini di
serie A e di serie B.
La legge dovrà anche prevedere nei dettagli cosa
significa essere una “Provincia autonoma”. E’ chiaro
che il modello dovrà essere quello di Trento e
Bolzano, ma, secondo me, con molta più autonomia.
Le provincie dove la maggioranza dei cittadini avrà
votato per il sistema di autonomia dovranno mandare
a Roma al massimo il 30% delle tasse pagate dai soggetti residenti. Questa cifra dovrà essere calcolata su
una base imponibile uguale per tutte le Province che
hanno votato per l’autonomia, mentre sul resto ci
potrà essere concorrenza fiscale. Le altre Province
invece continueranno come oggi a mandare quasi
tutte le tasse a Roma.
Il contributo massimo del 30% servirà per le politiche
di solidarietà e per finanziare i pochi servizi generali
che lo Stato darà in ogni caso anche alle Province
autonome, come l’esercito, la politica estera e poco
altro. La legge dovrà identificare i pochi servizi che lo
Stato dovrà in ogni caso garantire anche alle Province
autonome in cambio del loro contributo fiscale. A
parte questo, le Province che sceglieranno l’autonomia non avranno il diritto di ricevere nessun altro
servizio gratuito dallo Stato. Gli amministratori,
oppure gli stessi cittadini che molto spesso saranno
chiamati a decidere con lo strumento del referendum,
sceglieranno se “comprare” dallo Stato italiano certi
servizi, oppure se autoprodurli, oppure se comperarli
da terzi. Questo è un punto importante e vi chiedo di
valutarlo. Oggi, in pratica, con le tasse che paghiamo
noi comperiamo dei servizi dallo Stato: sanità, pensioni, ordine pubblico, istruzione, giustizia eccetera.
Ma lo Stato opera in regime di monopolio: questi servizi li dobbiamo comperare da lui, non abbiamo scelta e non c’è concorrenza. Ecco perchè i servizi sono
così scadenti: quando non c’è concorrenza non c’è nè
efficienza nè creatività. Dunque la mia “modesta proAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Il parlamento di Chignolo
posta” prevede che chi sceglie la via della Provincia
autonoma dovrà, tanto per fare un esempio, farsi le
sue strade. Se la Provincia vorrà potrà scegliere come
fornitore l’ANAS, che è dello Stato. In questo caso
tratterà il prezzo, poi gli darà dei soldi e in cambio
l’ANAS farà le strade e provvederà alla loro manutenzione. Ma la Provincia potrà anche rivolgersi ad altri,
oppure potrà farsi le sue strade in economia. E lo
stesso vale per l’istruzione, per l’ordine pubblico, per
la sanità eccetera. E potete essere sicuri che dovendo
operare in regime di concorrenza lo Stato sarà molto
più efficiente di oggi. Perchè se non sarà efficiente
“perderà clienti”, come è giusto che sia. Cosa ne pensate?
Lasciatemi fare un banale esempio di concorrenza
fiscale e di autonomia. Supponiamo che gli amministratori della Provincia “A” a un bel momento decidono che la malavita ha superato i limiti di guardia e
che è assolutamente necessario eliminare il clan degli
albanesi che sfruttano la prostituzione. E’ necessario
eliminare le loro violenze, le loro lotte, e certe inaccettabili scene che ormai si vedono per strada a tutte
le ore. Gli amministratori di quella Provincia dopo
averle provate tutte ed esserne usciti sempre sconfitti,
elaborano una drastica proposta che prevede la
riapertura delle case chiuse. E’ necessario che abbiano il potere di poter proporre ai loro amministrati un
referendum su questa loro proposta. Supponiamo
che si faccia il referendum e che la proposta sia accettata dalla maggioranza dei cittadini della Provincia
“A”. In questo caso in quella Provincia le case chiuse
saranno legali, anche se naturalmente i singoli
Comuni, se vorranno, potranno vietarle sul loro territorio. In questo modo quella Provincia prenderà tre
piccioni con una fava:
a) Gli albanesi non avranno più niente da guadagnare
col racket della prostituzione, e così o si cercheranno un altro lavoro, oppure se ne andranno fuori
dalle scatole. Andranno in Francia oppure andranno nella vicina Provincia “B” dove magari la sinistra sarà riuscita a non far passare il referendum.
Questo vuole semplicemente dire che la maggioranza dei cittadini della Provincia “B” per motivi
morali si sono dichiarati contrari alle case chiuse, e
sono contrari al punto che preferiscono vedere per
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
le loro strade prostitute e morti ammazzati.
Oppure i cittadini di quella Provincia hanno in
mente un altro sistema per combattere la criminalità e la prostituzione. Benissimo: tanti auguri. In
questo caso quella Provincia dovrà avere l’autono
mia necessaria per provare sistemi alternativi. E se
questi sistemi funzioneranno saranno copiati da
altre Province. Il bello di un sistema con ampie
autonomie è proprio questo. Tante soluzioni, tanta
creatività, e alla fine ci si misura sui risultati. La
qualità della vita non potrà che migliorare.
b) Nella Provincia “A” ci sarà più ordine morale nelle
strade.
c) La Provincia “A” incasserà più soldi perchè i gestori delle case chiuse e le professioniste che ci lavorano dovranno pagare tasse e contributi sociali.
Questo consentirà alla Provincia di ridurre le altre
tasse oppure di fare più investimenti.
Ho fatto apposta questo esempio-limite, che in realtà
è una provocazione, perchè si cominci a discutere
sulle caratteristiche e sui confini del concetto di autonomia. Ma a pensarci bene cosa c’è di strano o di
scandaloso in questa proposta? Nel Nevada ci sono
case chiuse che sono quotate in borsa a Wall Street.
Negli altri Stati invece sono vietate. Questo significa
che oggi ai cittadini del Nevada gli sta bene così.
Quando alla maggioranza non gli andrà più bene, le
vieteranno anche lì. Nel Texas non ci sono case chiuse: sono vietate. Però nel Texas c’è la pena di morte.
Io penso che a casa sua ognuno deve essere libero di
fare quello che la maggioranza sceglie democraticamente, con referendum ed ogni volta che ci sono
delle elezioni.
8. Conclusioni
Come vedete abbiamo le idee molto chiare su cosa
vogliamo per la nostra terra: autonomia economica e
legislativa.
E’ necessario identificare i mezzi da utilizzare per
realizzare il nostro progetto.
E’ quello che abbiamo tentato di fare con le proposte
del 70% , delle autonomie provinciali, del Parlamento
del Nord e con altri progetti. Sono tutti passi nella
direzione dell’autonomia economica e legislativa.
Poi c’è un secondo problema, quello della comunicazione. Noi diciamo cose su cui il 99% dei cittadini
che risiedono e lavorano nelle Regioni del Nord è
d’accordo. Tutti infatti si rendono conto di quanto è
ingiusto il sistema nel quale stiamo vivendo e tutti
(chi più e chi meno) pagano di persona per la sua
inefficienza e mancanza di responsabilità. Però poi
danno fiducia a chi invece sostiene quel sistema. Non
possiamo nasconderci dietro un dito e dire che tutti
sono addormentati o disonesti o incapaci di analizzare, capire e formarsi una opinione: assumiamoci le
nostre responsabilità. Noi dobbiamo saper spiegare le
nostre proposte, in modo da non spaventare i nostri
concittadini e in modo da dimostrare una chiarezza
Quaderni Padani - 51
che non sempre abbiamo avuto.
Questo numero dei Quaderni Padani ha proprio questo scopo: essere una specie di “guida alla libertà della
Padania”. Il passo successivo spetta ad ognuno di noi,
e si tratta di non scoraggiarsi e di continuare a parlare e ragionare con la gente. In questo compito nessuno ci può sostituire.
Appendice: bozza per discussione dello Statuto del Contribuente Padano
CAPO I
PRINCIPI GENERALI
ART.1
(efficacia)
1. Le norme contenute nel presente
atto costituiscono lo “Statuto dei
diritti e dei doveri del contribuente
padano” e contengono i principi inderogabili di tutela del contribuente nei
rapporti con l’amministrazione finanziaria. Sono prive di efficacia le disposizioni di legge in contrasto con quanto stabilito nel presente atto.
ART.2
(imparzialità)
1. L’amministrazione finanziaria è al
servizio del contribuente e, come tale,
il suo operato deve favorire l’esecuzione degli adempimenti richiesti ai contribuenti dalla legge, garantendo efficienza, efficacia ed imparzialità nello
svolgimento della propria attività.
ART.3
(diritto di imparzialità)
1. Il sistema fiscale non deve operare
alcuna sperequazione nei confronti
dei contribuenti, che hanno il diritto
di un’applicazione imparziale della
legge.
CAPO II
GARANZIE PER IL CONTRIBUENTE
ART.4
(diritto di utilizzare i vantaggi
della legge)
Il contribuente ha il diritto di usufruire di tutti i vantaggi previsti dalla
legge e di condurre i propri affari in
modo tale da pagare il minimo d’imposta previsto dalla normativa.
ART.5
(rapporti fra fisco e contribuente:
l’ufficio unico)
1. I rapporti fra fisco e contribuente
52 - Quaderni Padani
fanno riferimento ad un ufficio unico,
sia per la molteplicità dei tributi, sia
per la pluralità degli enti impositori.
2. Il contribuente ha diritto di essere
trattato con cortesia e considerazione
in tutti i rapporti che intrattiene con
l’amministrazione finanziaria.
ART.6
(diritto di informazione
e di interpello)
1. Il contribuente ha diritto ad avere
un’informazione tempestiva e precisa
sugli obblighi e sui benefici che gli
spettano, in relazione a ciascun tributo. La modulistica relativa deve essere
pubblicata almeno tre mesi prima del
suo impiego.
2. E’ previsto il diritto di interpello
secondo il quale l’amministrazione
finanziaria deve rispondere al contribuente inderogabilmente entro trenta
giorni, assumendosi, di conseguenza,
tutte le responsabilità della risposta.
ART.7
(principio della buona fede)
1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e
della buona fede, che dovrà essere
sempre presunta fino a prova contraria.
ART.8
(verifiche e accertamenti)
1. In caso di controllo, ma con esclusione delle fattispecie in cui si configurino reati punibili penalmente, il
contribuente ha diritto di essere informato con almeno 10 giorni di preavviso e gli dovrà altresì essere comunicato lo scopo della visita stessa e la
documentazione che dovrà esibire.
2. Le verifiche e gli accertamenti delle
dichiarazioni del contribuente devono
essere effettuati entro tre anni dal termine ultimo di presentazione della
dichiarazione, senza possibilità di pro-
roghe. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, detto termine è
elevato a cinque anni rispetto alla data
in cui la dichiarazione avrebbe dovuto
essere presentata.
ART.9
(diritto di opposizione)
1. Il contribuente ha il diritto di contestare le decisioni prese a suo carico
dall’amministrazione finanziaria e può
esercitare questo diritto entro un termine tassativo. Se il contribuente ha
prodotto istanza di opposizione, l’amministrazione deve procedere ad un
esame imparziale della pratica. Se la
questione non viene risolta secondo le
richieste del contribuente, questi può
agire attraverso il contenzioso tributario.
ART.10
(somme contestate)
1. Il contribuente ha il diritto di trattenere le somme contestate, con riserva di un interesse previsto per legge,
fino a quando i funzionari dell’amministrazione o gli organi del contenzioso non abbiano preso una decisione
sull’oggetto della contestazione. In
caso di appello ad un grado superiore,
il contribuente può fornire una garanzia anzichè pagare le somme contestate.
CAPO III
DOVERI DEL CONTRIBUENTE
ART.11
(pagamento imposte, adempimenti e
richiesta di informazioni)
Il contribuente ha il dovere di pagare
le imposte entro i termini prescritti
dalla legge, di osservare gli adempimenti previsti dalla legge e di rispondere alle richieste di informazioni dell’amministrazione finanziaria.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Allegati
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Quaderni Padani - 53
Costituzione Federale provvisoria
Il Decalogo di Assago è stato redatto da
Gianfranco Miglio, con contributi dei
collaboratori della Fondazione Salvadori.
E’ stato presentato ad Assago, il 12 dicembre
1993, al 2 Congresso della Lega Lombarda.
Il testo è stato pubblicato sul settimanale Lega
Nord, n.50, anno XI, 17 dicembre 1993
Art. 1
L’ Unione Italiana è la libera associazione
della Repubblica Federale del Nord, della
Repubblica Federale dell’Etruria e della
Repubblica Federale del Sud. All’Unione
aderiscono le attuali Regioni autonome di
Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, TrentinoAlto Adige e del Friuli Venezia Giulia.
Art. 2
Nessun vincolo è posto alla circolazione ed
all’attività dei cittadini delle Repubbliche
Federali sul territorio dell’Unione. Tale
libertà può essere limitata soltanto per
motivi di giustizia penale.
Art. 3
Le Repubbliche Federali sono costituite
dalle attuali Regioni, sia a Statuto ordinario
che
speciale; le Regioni a Statuto ordinario
gestiscono le stesse competenze attualmente attribuite alle
Regioni a Statuto speciale. Plebisciti definiranno l’area rispettiva delle tre Repubbliche
Federali.
Art. 4
Ogni Repubblica Federale conserva il diritto di stabilire e modificare il proprio ordinamento interno; ma in ogni caso la funzione esecutiva è svolta da un Governo presieduto da un Governatore eletto direttamente dai cittadini della Repubblica stessa.
Art. 5
La Dieta provvisoria di ogni Repubblica
Federale è composta da cento membri, tratti a sorte fra i consiglieri regionali eletti
nell’ambito della Repubblica medesima.
Secondo la Costituzione definitiva la Dieta
ste alcun rilievo istituzionale. Il primo
Ministro può essere deposto dal voto qualificato dell’Assemblea Politica dell’Unione.
Art. 8
Il sistema fiscale finanzia con tributi municipali le spese dei Municipi medesimi. Il
gettito degli altri tributi viene ripartito fra
le Repubbliche Federali in funzione del
luogo dove la ricchezza è stata prodotta o
scambiata, fatte salve la quota necessaria
per il finanziamento dell Unione e la quota
destinata a finalità di redistribuzione territoriale dell-a ricchezza.
Art. 9
Nei bilanci annuali e pluriennali
dell’Unione delle Repubbliche Federali deve
essere stabilito il limite massimo raggiungibile dalla pressione tributaria e dal ricorso al credito sotto qualsiasi forma. Le spese
dell’Unione, delle Repubbliche Federali,
delle Regioni e degli Enti territoriali minori e di altri soggetti pubblici, non possono
in alcun momento eccedere il 50% del prodotto interno lordo annuale dell’Unione. La
Sezione economica della Corte
Costituzionale è incaricata di vegliare sul
rispetto di questa norma e di prendere
provvedimenti anche di carattere sostitutivo.
Art. 10
Le Istituzioni e le norme previste dalla
Costituzione promulgata il 27 dicembre
1947, che non siano incompatibili con la
presente Costituzione Federale provvisoria,
continuano ad avere vigore, fino all’approvazione, con Referendum Popolare, della
Costituzione Federale definitiva.
Il Decalogo di Assago
54 - Quaderni Padani
sarà eletta direttamente dai cittadini. Le
Diete riunite formano l'Assemblea Politica
dell’Unione. La funzione legislativa spetta
esclusivamente ad un altro Collegio rappresentativo, formato da 200 membri, eletti da
tutti i cittadini dell’Unione e articolato in
una pluralità di corpi e competenze speciale.
Art. 6
Il governo dell’Unione spetta ad un Primo
Ministro, eletto direttamente dai cittadini
dell’Unione stessa. Egli esercita le sue funzioni coadiuvato e controllato da un
Direttorio da lui
presieduto e composto dai Governatori
delle tre Repubbliche Federali e dal responsabile del Governo di una delle cinque
Regioni che per prime hanno sperimentato
un’autonomia avanzata, cioè quelle indicate come Regioni a Statuto Speciale, che
ruotano in tale funzione. Le decisioni relative al settore economico e finanziario, e
altre materie indicate tassativamente dalla
Costituzione definitiva, devono essere prese
dal Direttorio all’unanimità.
Art. 7
Il Governo dell’ Unione è competente per la
politica estera e le relazioni internazionali,
per 1a difesa estrema dell’Unione, per l’ordinamento superiore della Giustizia, per la
moneta e il credito, per i programmi economici generali e le azioni di riequilibrio.
Tutte le altre materie spettano alle
Repubbliche Federali ed alle loro articolazioni. Il Primo Ministro nomina e dimette i
Ministri i quali agiscono come suoi diretti
collaboratori; la loro collegialità non rive-
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Proposta di Riforma Federalista
della Costituzione
della Repubblica Italiana
Documento presentato a Genova, il 6 novembre
1994, al 3 Congresso della Lega Nord.
La prima parte del testo è stata redatta da Ettore
Albertoni, Roberto Biza, Gianmaria Galimberti,
Sergio Ortino e Giancarlo Pagliarini. La seconda
da Francesco Speroni.
Lo stesso testo è stato allegato (con la modifica
di alcuni articoli) sul libro di Umberto Bossi,
Tutta la verità (Milano: Sperling & Kupfer
Editori, 1995), pagg. 210-237. Le modifiche
riguardano principalmente il Titolo V (Gli Stati),
il Titolo VI (Le Regioni, le Province, i Comuni) e
la sua Sezione II (Il sistema finanziario).
PRINCIPI FONDAMENTALI
Art. 1
L’Italia è una Repubblica Federale fondata sui principi della democrazia e
dello Stato di diritto.
I suoi valori fondamentali sono la
libertà individuale e di mercato e la
solidarietà tra i cittadini.
La sovranità appartiene al popolo, che
la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione.
Art. 2
La Repubblica Federale italiana è costituita da Comuni, Province, Regioni,
Stati e Federazione; ciascuno di essi è
fornito di autonomi poteri di imposizione fiscale in ragione del perseguimento dei rispettivi compiti fissati
dalla Costituzione e dalle leggi di
attuazione.
La bandiera della Repubblica Federale
è il tricolore italiano: verde, bianco
e rosso, a tre bande verticali di
eguali dimensioni.
Art. 3
Ogni persona ha diritto alla vita.
La Repubblica Federale riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei
doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 4
Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge,
senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della Repubblica Federale
rimuovere tutti gli ostacoli di ordine
economico, sociale e culturale che,
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana. A
tale scopo la Repubblica Federale si
organizza conformemente al principio
di sussidiarietà, sia per quanto riguarda i singoli cittadini e le formazioni
sociali, sia per quanto riguarda i soggetti pubblici territoriali e non territoriali, nazionali ed internazionali.
Art. 5
La Repubblica Federale riconosce a
tutti i cittadini il diritto al lavoro in
tutte le sue forme e promuove le condizioni che rendano effettivo questo
diritto.
secondo i propri Statuti, purché
non contrastino con l’ordinamento
giuridico italiano.
I loro rapporti con la Repubblica
Federale sono regolati per legge sulla
base di intese con le relative rappresentanze.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione
che concorra al progresso morale,
materiale e culturale dell’intera comunità italiana.
Art. 6
La Repubblica Federale è composta dai
seguenti Stati (popolazione in milioni):
1. Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria
(6.1);
2. Lombardia (8.8);
3. Trentino-Alto Adige, Veneto,
Friuli-Venezia Giulia (6.3);
4. Emilia, Toscana (6.1);
5. Romagna, Umbria, Marche, Lazio
(5.3);
6. Abruzzi, Molise, Basilicata, Puglia
(6.6);
7. Campania, Calabria (7.6);
8. Sicilia (4.9);
9. Sardegna (1.7);
e dalle seguenti Regioni
1. Piemonte;
2. Valle d’Aosta;
3. Lombardia;
4. Trentino-Alto Adige;
5. Veneto;
6. Friuli-Venezia Giulia;
7. Liguria;
8. Emilia-Romagna;
9. Toscana;
10. Umbria;
11. Marche;
12. Lazio;
13. Abruzzi;
14. Molise;
15. Campania;
16. Puglia;
17. Basilicata;
18. Calabria;
19. Sicilia;
20. Sardegna.
La città di Roma è capitale della
Repubblica Federale e costituisce il
Distretto Federale.
Le Province ed i Comuni, costituiti in
enti autonomi all’interno di ciascuna
Regione con propri poteri e funzioni
secondo i principi fissati dalla
Costituzione, sono gli ordinamenti territoriali di base in cui si forma, si sviluppa e si consolida la vita democratica
della Repubblica Federale.
Art. 7
Tutte le confessioni religiose sono
egualmente libere davanti alla legge.
Esse hanno diritto di organizzarsi
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Art. 8
La Repubblica Federale protegge l’ambiente attraverso la disciplina del territorio, la tutela del suolo, delle acque,
del paesaggio, del patrimonio storico,
artistico e naturale, della flora e della
fauna, nonché attraverso la difesa del
territorio e della salute pubblica dall’inquinamento e dal rumore.
Art. 9
La Repubblica Federale promuove lo
sviluppo della cultura e la ricerca
scientifica e tecnica.
Art. 10
L’ordinamento giuridico italiano si
conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero
è regolata dalla legge in conformità
delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel
suo Paese l’effettivo esercizio delle
libertà democratiche, ha diritto d’asilo
nel territorio della Repubblica
Federale secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello
straniero per reati politici.
Art. 11
La Repubblica Federale ripudia la
guerra come strumento di offesa alla
libertà degli altri popoli e come mezzo
di risoluzione delle controversie
internazionali.
A tale scopo la Repubblica Federale
aderisce ai principi ed ai valori delle
Nazioni Unite ed impegna la sua politica a realizzarli.
La Repubblica Federale collabora allo
sviluppo dell’Unione Europea per la
realizzazione della Federazione degli
Stati Uniti d’Europa.
Art. 12
La lingua ufficiale della Repubblica
Federale è l’Italiano; la Repubblica
Federale tutela con apposite norme le
minoranze linguistiche.
Quaderni Padani - 55
PARTE I
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I - RAPPORTI CIVILI
Art. 13
La libertà personale è inviolabile. Non
è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o perquisizione
personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non
per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti
dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed
urgenza, indicati tassativamente dalla
legge, l’autorità di pubblica sicurezza
può adottare provvedimenti provvisori,
che devono essere comunicati entro
quarantotto ore all’Autorità giudiziaria
e, se questa non li convalida nelle
successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni
effetto.
E’ punita ogni violenza fisica e morale
sulle persone comunque sottoposte a
restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi
della carcerazione preventiva.
Art. 14
Il domicilio è inviolabile. Non vi si
possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e
modi stabiliti dalla legge secondo le
garanzie prescritte per la tutela della
libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per
motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono
regolati da leggi speciali.
Art. 15
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di
comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità
giudiziaria con le garanzie stabilite
dalla legge.
Art. 16
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del
territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via
generale per motivi di sanità o di
sicurezza. Nessuna restrizione può
essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal
territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.
Art. 17
I cittadini hanno diritto di riunirsi
pacificamente e senz’armi. Per le
riunioni, anche in luogo aperto al
pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve
essere dato preavviso alle autorità,
che possono vietarle soltanto per
comprovati motivi di sicurezza o di
incolumità pubblica.
56 - Quaderni Padani
Art. 18
I cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente, senza autorizzazione, per
fini che non sono vietati ai singoli
dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e
quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
Art. 19
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in
qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto,
purché non si tratti di riti contrari al
buon costume .
Art. 20
Il carattere ecclesiastico e il fine di
religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere
causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per
la sua costituzione, capacità giuridica e
ogni forma di attività.
Art. 21
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto, l’immagine ed ogni
altro mezzo di diffusione, con i soli
limiti tassativamente previsti dalla
legge a tutela dei diritti della persona.
Nessuna manifestazione del pensiero
può essere soggetta a censura. La legge
stabilisce provvedimenti adeguati a
reprimere manifestazioni contrarie al
buon costume, nonché a prevenire ed a
reprimere quelle che possano ledere i
minori nella formazione della loro personalità e cultura.
Particolare disciplina è riservata alle
manifestazioni lesive, attuate attraverso il mezzo televisivo.
Nei limiti e nei modi stabiliti dalla
legge tutti hanno il diritto di ricercare,
trasmettere e ricevere informazioni.
Sono vietate la raccolta e l’uso di informazioni che implichino discriminazioni o lesioni dei diritti fondamentali
della persona.
La Repubblica Federale garantisce il
pluralismo dei sistemi informativi. La
legge detta le norme necessarie per
impedire le concentrazioni. Stabilisce
la pubblicità della proprietà e dei mezzi
di finanziamento della stampa e delle
emittenti radiofoniche e televisive.
Riconosce carattere di preminente
interesse generale al servizio pubblico
radiotelevisivo e definisce le modalità
per l’istituzione e l’esercizio di emittenti radiotelevisive da parte di privati.
Disciplina il diritto di rettifica e le condizioni per l’accesso di singoli e di
gruppi al servizio pubblico radiotelevisivo. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni.
Si può procedere a sequestro di
mezzi di diffusione dell’informazione
soltanto
per
atto
motivato
dell’Autorità giudiziaria nel caso di
delitti, per i quali la legge lo preveda,
o nel caso di violazione delle norme
che la legge stessa prescriva per
l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta
urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro può essere eseguito
da ufficiali di polizia giudiziaria, che
devono immediatamente, e non mai
oltre ventiquattro ore, fare denunzia
all’Autorità
giudiziaria. Se questa
non lo convalida nelle ventiquattro ore
successive, il sequestro s’intende
revocato e privo d’ogni effetto.
Art. 22
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica,
della cittadinanza, del nome.
Art. 23
Nessuna prestazione personale o patrimoniale, ordinaria o straordinaria, può
essere imposta se non in base alla
legge.
Art. 24
Tutti possono agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi
legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni
stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con
appositi istituti, i mezzi per agire e
difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i
modi per la riparazione degli errori
giudiziari.
Art. 25
Nessuno può essere distolto dal
giudice naturale precostituito per
legge. Nessuno può essere punito se
non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti
dalla legge.
Art. 26
L’estradizione del cittadino può
essere consentita soltanto ove sia
espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa
per reati politici.
Art. 27
La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le
pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Art. 28
I funzionari e i dipendenti di tutti gli
enti territoriali e pubblici della
Repubblica Federale sono direttamente
responsabili secondo le leggi penali,
civili e amministrative, degli atti compiuti. In tali casi la responsabilità civile
si estende agli enti di appartenenza.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
TITOLO II
RAPPORTI ETICO-SOCIALI
Art. 29
La Repubblica Federale riconosce e
tutela i diritti della famiglia.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a
garanzia dell’unità familiare.
Art. 30
E’ dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche
se nati fuori del matrimonio. Nei casi
di incapacità dei genitori, la legge
provvede a che siano assolti i loro
compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori dal
matrimonio ogni tutela giuridica e
sociale, compatibile con i diritti dei
membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per
la ricerca della paternità e della
maternità.
Art. 31
La Repubblica Federale agevola con
misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi
con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la
gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
Promuove un’equa e sollecita normativa in materia di adozioni, affidamenti e
affiliazioni.
Art. 32
La Repubblica Federale tutela la salute
come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e
garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se
non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana.
Art. 33
L’arte, la tecnica e la scienza sono
libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica Federale detta le norme
generali sulla istruzione ed istituisce
scuole statali per tutti gli ordini e
gradi.
Enti e privati hanno il diritto di
istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per la Repubblica
Federale.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non pubbliche che
chiedono la parità, deve assicurare ad
esse piena libertà e ai loro alunni
un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole
pubbliche.
E’ prescritto un esame di Stato per la
ammissione ai vari ordini e gradi di
scuole, per la conclusione di essi e
per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, Università
ed Accademie, svolgono la loro attività
secondo Statuti che ne garantiscono
l’autonomia e nei limiti stabiliti dalle
leggi della Repubblica Federale.
Art. 34
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore è obbligatoria e
gratuita ed è impartita per un periodo
minimo prefissato dalla legge.
La Repubblica Federale assicura alle
famiglie la libertà di scelta tra scuola
pubblica e scuola privata secondo le
forme prefissate dalla legge.
I capaci e meritevoli, anche se privi di
mezzi economici, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica Federale rende effettivo
questo diritto con borse di studio,
assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite
per concorso e secondo legge.
TITOLO III
RAPPORTI ECONOMICI
Art. 35
L’economia della Repubblica Federale
si basa sul libero mercato, sul lavoro in
tutte le sue forme, sulla libera iniziativa economica dei cittadini.
La legge fissa le norme che disciplinano e garantiscono la concorrenza ed il
libero accesso ai mercati.
La Repubblica Federale garantisce la
formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori; promuove e
favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali, intesi ad affermare e regolare i diritti della libera
iniziativa e del lavoro; riconosce la
libertà di emigrazione e di mobilità
dei capitali e dei beni al proprio interno e verso l’estero, salvo gli obblighi
stabiliti dalla legge; tutela il lavoro
italiano all’estero.
Art. 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del suo lavoro e in ogni
caso adeguata ad assicurare a sé e
alla famiglia un’esistenza libera e
dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale ed a ferie annuali retribuite, e
non può rinunziarvi.
Art. 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti
e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le
condizioni di lavoro devono consentire
l’adempimento della sua essenziale
funzione familiare, assicurare alla
madre e al bambino una speciale e
adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di
età per il lavoro salariato.
La Repubblica Federale tutela il lavoro
dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto
alla parità di retribuzione.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Art. 38
Ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere ha diritto al mantenimento e
all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano
previsti ed assicurati mezzi adeguati
alle loro esigenze di vita in caso di
infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
I disabili fisici e psichici hanno diritto
all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo
articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati da Enti pubblici.
L’assistenza privata è libera. La
Repubblica Federale garantisce ai cittadini la libertà di scelta tra assistenza
pubblica ed assistenza privata secondo
le forme prefissate dalla legge.
Art. 39
L’organizzazione sindacale è libera ed
autofinanziata.
L’ordinamento interno e l’attività dell’organizzazione sindacale devono
essere conformi ai principi ed alla prassi della democrazia.
La legge, ai fini del conferimento di
efficacia obbligatoria generale ai contratti collettivi di lavoro e ai fini della
produzione di altri effetti giuridici,
determina i criteri per l’accertamento
della rappresentatività dei sindacati.
I bilanci dei sindacati debbono essere
pubblici e depositati nelle forme di
legge.
Art. 40
Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Art. 41
L’iniziativa economica privata è libera
e non può svolgersi in modo da recare
danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana.
Art. 42
La proprietà è pubblica o privata. I
beni economici appartengono della
Repubblica Federale, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e
garantita; la legge ne determina i
modi di acquisto, di godimento e di
trasferimento.
La proprietà privata può essere, nei
casi previsti dalla legge e salvo equo
indennizzo, espropriata per motivi di
comprovato interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti
della successione legittima e testamentaria e i diritti della Repubblica
Federale sulle eredità.
Art. 43
La proprietà pubblica di attività e beni
economici è limitata alla produzione di
quei beni e servizi di interesse pubblico che non siano altrimenti offerti dall’iniziativa privata.
Art. 44
Al fine di conseguire un razionale ed
adeguato sfruttamento del suolo la
Repubblica Federale promuove la boniQuaderni Padani - 57
fica e la valorizzazione delle terre, la
ricostituzione ed il potenziamento
delle unità produttive agricole, aiuta la
piccola e media proprietà terriera.
Art. 45
La Repubblica Federale riconosce la
funzione sociale della cooperazione
che abbia comprovato carattere di
mutualità. La legge ne promuove e
favorisce l’incremento con i mezzi più
idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
La legge provvede alla tutela e allo
sviluppo dell’artigianato.
Art. 46
Ai fini della elevazione economica e
sociale del lavoro e in armonia con le
esigenze della produzione, la
Repubblica Federale riconosce il diritto
dei lavoratori a collaborare, nei modi
e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla
gestione delle aziende.
Art. 47
La Repubblica Federale incoraggia e
tutela il risparmio in tutte le sue
forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Il potere di vigilanza sulle aziende di
credito è affidato dalla legge ad un
organo autonomo, distinto dalla Banca
Centrale.
La Repubblica Federale favorisce l’accesso del risparmio popolare alla
proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e
indiretto investimento azionario nei
complessi industriali, commerciali,
bancari ed assicurativi del Paese.
TITOLO IV - RAPPORTI POLITICI
Art. 48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e
donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e
segreto.
Il suo esercizio è dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato
se non per incapacità civile e per
effetto di sentenza penale irrevocabile
e nei casi di indegnità morale indicati
dalla legge.
Art. 49
La Repubblica Federale riconosce a
tutti i cittadini il diritto di associarsi
liberamente in partiti per concorrere a
determinare la politica nazionale
secondo i principi fissati dalla
Costituzione.
L’ordinamento interno e l’attività dei
partiti devono essere conformi ai principi ed alla prassi della democrazia.
I bilanci dei partiti debbono essere
pubblici e depositati nelle forme di
legge.
Art. 50
Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Assemblee per chiedere
provvedimenti legislativi o esporre
comuni necessità .
58 - Quaderni Padani
Art. 51
Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro
sesso possono accedere agli uffici
pubblici e alle cariche elettive in
condizioni di eguaglianza, secondo i
requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l’ammissione ai
pubblici uffici e alle cariche elettive,
parificare ai cittadini gli italiani non
appartenenti alla Repubblica Federale.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche
elettive ha diritto di disporre del
tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di
lavoro.
Art. 52
La difesa della patria è imprescrittibile
dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei
limiti e modi stabiliti dalla legge. Il
suo adempimento non pregiudica la
posizione di lavoro del cittadino, né
l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle Forze armate si
informa ai prinicipi della Costituzione.
Art. 53
Tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Art. 54
Tutti i cittadini hanno il dovere di
essere fedeli alla Repubblica Federale
e di osservarne la Costituzione e le
leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni
pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti
dalla legge.
PARTE II
ORDINAMENTO della REPUBBLICA
FEDERALE
TITOLO I - IL PARLAMENTO
Sezione I - Le Assemblee
Art. 55
Il
Parlamento si compone
dell’Assemblea
Federale
e
dell’Assemblea degli Stati.
Il Parlamento si riunisce in seduta
comune dei membri delle due
Assemblee nei soli casi stabiliti dalla
Costituzione.
Art. 56
L’Assemblea Federale è eletta a suffragio universale e diretto.
Il numero dei deputati all’Assemblea
Federale è di quattrocentosettantacinque.
Sono eleggibili a deputati tutti gli
elettori che nel giorno delle elezioni
hanno compiuto la maggiore età.
La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il
numero degli abitanti della Repubblica
Federale, quale risulta dall’ultimo cen-
simento generale della popolazione,
per quattrocentosettantacinque e distribuendo i seggi in proporzione alla
popolazione di ogni circoscrizione,
sulla base dei quozienti interi e dei più
alti resti.
Art. 57
L’Assemblea degli Stati, i cui componenti assumono il titolo di senatori, è
eletta a base regionale mediante suffragio universale e diretto.
Art. 58
Il numero dei senatori è di trecentoquindici. Sono eleggibili a senatori
coloro che, nel giorno delle elezioni,
hanno compiuto il 35° anno di età.
Nessuna Regione può avere un numero
di senatori inferiore a sette, il Molise
ne ha due, la Valle d’Aosta uno.
La ripartizione dei seggi fra le Regioni,
previa applicazione delle disposizioni
del precedente comma, si effettua in
proporzione alla popolazione delle
Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei resti più alti.
Art. 59
L’ Assemblea Federale e l’Assemblea
degli Stati sono elette per quattro anni.
Art. 60
L’elezione della nuova Assemblea
Federale ha luogo entro trenta giorni
dalla fine della precedente. La prima
riunione ha luogo non oltre il decimo
giorno dalle elezioni.
Finché non sia riunita la nuova
Assemblea Federale sono prorogati i
poteri della precedente.
Art. 61
L’Assemblea Federale si riunisce di
diritto il primo giorno non festivo di
febbraio e di ottobre.
Ciascuna Assemblea può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente
della Repubblica o di un terzo dei suoi
componenti.
Art. 62
Ciascuna Assemblea elegge tra i suoi
componenti il Presidente e l’Ufficio di
Presidenza.
Quando il Parlamento si riunisce in
seduta comune, il Presidente e
l’Ufficio di Presidenza sono quelli
dell’Assemblea Federale.
Art. 63
Ciascuna Assemblea adotta il proprio
regolamento a maggioranza assoluta
dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Assemblee e il
Parlamento riunito possono deliberare
di adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Assemblea
e del Parlamento in seduta comune
non sono valide se non è presente la
maggioranza dei loro componenti, e se
non sono adottate a maggioranza dei
presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
I membri del Governo, anche se non
fanno parte delle Assemblee, hanno
diritto di assistere alle sedute. Se
richiesti, hanno l’obbligo di assistere
alle sedute, anche tramite rappresentanti appartenenti al proprio dicastero.
Devono essere sentiti ogni volta che lo
richiedono.
Art. 64
La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di
deputato e di senatore.
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Assemblee.
Art. 65
L’Assemblea Federale e l’Assemblea
degli Stati giudicano dei titoli di
ammissione dei propri componenti e
delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.
Art. 66
Ogni membro dell’Assemblea Federale
esercita le sue funzioni nell’interesse
della Repubblica Federale.
Art. 67
I membri del Parlamento non possono
essere perseguiti per le opinioni
espresse e i voti dati nell’esercizio delle
loro funzioni.
Senza autorizzazione dell’Assemblea
alla quale appartiene, nessun membro
del Parlamento può essere sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare,
salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per
trarre in arresto o mantenere in
detenzione un membro del Parlamento
in esecuzione di una sentenza anche
irrevocabile.
Art. 68
I membri del Parlamento ricevono
una indennità stabilita dalla legge.
Sezione II - La formazione delle leggi
Art. 69
La Federazione è competente ad esercitare la funzione legislativa in via
esclusiva nelle seguenti materie
mediante deliberazione congiunta dei
due rami del Parlamento:
· Affari esteri, fatta salva la possibilità
per le Regioni di stipulare accordi
relativi alle materie di proprio interesse non di competenza dello Stato;
· Difesa Federale;
· Organizzazione Federale della sicurezza pubblica;
· Ordinamento della navigazione
marittima ed aerea;
· Servizi postali, telefonici e radiotelevisivi, interni ed internazionali;
· Codificazione penale, ordinamento e
reclutamento delle giurisdizioni
superiori;
· Moneta.
La Federazione è competente a prevedere la concessione di aiuti finanziari a
Stati o a Regioni per investimenti di
particolare importanza in tali aree, al
fine di impedire una turbativa dell’equilibrio economico generale e per
equilibrare la natura e lo stato dei servizi prestati alle rispettive popolazioni.
Gli aiuti finanziari hanno luogo sulla
base di contributi sostenuti per metà
con risorse della Federazione e per
metà con risorse degli Stati o delle
Regioni interessate. Tali aiuti devono
essere autonomamente evidenziati nei
bilanci dei rispettivi enti territoriali a
seconda che siano in uscita o in entrata. La politica di coesione e solidarietà
tra gli Stati e le Regioni sono attuate
dalla Federazione mediante risorse
derivanti da specifica imposizione federale.
La Federazione con legge può adottare
per i vari enti territoriali misure volte
a tutelare l’ordinamento generale da
perturbazioni dell’equilibrio economico generale. Tali misure, in via indicativa, possono concernere l’assunzione
di prestiti o il mantenimento di fondi
infruttiferi presso la Banca d’Italia.
Art. 70
La Federazione è altresì competente ad
esercitare la funzione legislativa in via
esclusiva nelle seguenti materie
mediante
la
deliberazione
dell’Assemblea Federale:
· Bilancio della Federazione;
· Calamità naturali;
· Politica energetica federale;
· Beni culturali e paesistici, di rilievo
federale, parchi e riserve federali,
tutela ecologica di interesse federale;
· Finanza federale, compresa la codificazione sanzionatoria e procedurale
relativa ai tributi federali;
· Ricerca scientifica e tecnologica,
attività aerospaziale di interesse
federale;
· Pesi, misure e determinazioni del
tempo;
· Rilevazioni statistiche federali;
· Passaporti, immigrazione ed emigrazione;
· Diritti politici, elettorali, di circolazione, soggiorno e residenza;
· Norme elettorali per il Parlamento
europeo e norme di incompatibilità
per i membri dell’Assemblea
Federale;
· Cittadinanza;
· Dogane;
· Stato civile;
· Esplosivi ed armi non di uso individuale;
· Energia nucleare;
· Diritto del lavoro;
· Istituti previdenziali obbligatori;
· Esercizio di arti e professioni;
Le funzioni amministrative per le
materie elencate dagli articoli 69 e 70
spettano alla Federazione.
Le Regioni a Statuto speciale conservano competenze definite nei rispettivi
Statuti, ancorchè ricomprese nell’elenco di cui al primo comma.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Gli articoli da 71 a 82 della
Costituzione si applicano alla formazione delle leggi di cui all’art. 69, e, per
quanto compatibili, alle leggi di cui
all’art.70.
Art. 71
L’iniziativa delle leggi appartiene al
Governo, a ciascun membro delle
Assemblee ed agli organi ed enti ai
quali sia conferita da legge della
Federazione, approvata da entrambi i
rami del Parlamento a maggioranza
assoluta dei componenti.
Il popolo esercita l’iniziativa delle
leggi, mediante la proposta, da parte di
almeno cinquantamila elettori, di un
progetto redatto per articoli.
Art. 72
Ogni disegno di legge, presentato ad
una Camera è, secondo le norme del
suo regolamento, esaminato da una
commissione e poi dalla Camera stessa,
che l’approva articolo per articolo e
con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti
abbreviati per i disegni di legge dei
quali è dichiarata l’urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e
forme l’esame e l’approvazione dei
disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte
in modo da rispecchiare la proporzione
dei gruppi parlamentari. Anche in tali
casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è
rimesso alla Camera, se il Governo o
un decimo dei componenti della
Camera o un quinto della
Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa
oppure che sia sottoposto alla sua
approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina
le forme di pubblicità dei lavori delle
commissioni. La procedura normale di
esame e di approvazione diretta da
parte della Camera è sempre adottata
per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di
delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di
approvazione di bilanci e consuntivi.
Art. 73
Le leggi sono promulgate dal
Presidente della Repubblica Federale
entro un mese dall’approvazione.
Se le Assemblee, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti,
ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esse stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo
la promulgazione ed entrano in vigore
il quindicesimo giorno successivo alla
loro pubblicazione, salvo che le leggi
stesse stabiliscano un termine diverso.
Art. 74
Il Presidente della Repubblica
Federale, prima di promulgare la
legge, può, con messaggio motivato
alle Assemblee, chiedere una nuova
deliberazione.
Se le Assemblee approvano nuovamenQuaderni Padani - 59
te la legge, questa deve essere promulgata.
Art. 75
E’ indetto referendum popolare consultivo, abrogativo e approvativo di una
legge o di un atto avente valore di
legge della Repubblica Federale, quando lo richiedano cinquecentomila elettori, cinque Consigli Regionali o due
Parlamenti Statali.
Non è ammesso il referendum per le
leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto a partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere l’Assemblea Federale.
La proposta soggetta a referendum è
approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei
voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di
attuazione del referendum.
Art. 76
L’esercizio della funzione legislativa,
non può essere delegato al Governo se
non con determinazione di principi e
criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.
Art. 77
Il Governo non può, senza delegazione
delle Assemblee, emanare decreti che
abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, nelle sole materie relative alla sicurezza nazionale, alle calamità naturali, all’introduzione di
norme finanziarie urgenti ed indifferibili, o al recepimento di atti normativi
dell’Unione Europea, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge,
deve il giorno stesso presentarli per la
conversione alle Assemblee che, anche
se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
L’entrata in vigore dei decreti è subordinata all’espressione da parte del
Presidente della Repubblica, di parere
positivo circa l’esistenza dei presupposti richiesti dal comma precedente;
qualora il parere risulti positivo limitatamente a parti o singole disposizioni,
queste sole entrano in vigore.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge
entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Assemblee possono tuttavia
regolare con legge i rapporti giuridici
sorti sulla base dei decreti non convertiti.
Non è consentito riprodurre in successivi decreti elementi contenuti in
decreti respinti.
Art. 78
Le Assemblee deliberano lo stato di
guerra e conferiscono al Governo i
poteri necessari.
Art. 79
L’amnistia e l’indulto sono concessi dal
60 - Quaderni Padani
Presidente della Repubblica Federale
su legge di delegazione delle
Assemblee.
Non possono applicarsi ai reati commessi dal Presidente della Repubblica
Federale su legge di delegazione delle
Assemblee.
Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di
delegazione.
Art. 80
Ogni accordo o trattato di natura internazionale è portato dal Governo a
conoscenza delle Assemblee prima
della sua sottoscrizione.
Su richiesta di un terzo dei membri di
una delle Assemblee, da presentarsi
entro i successivi trenta giorni, il
Parlamento si pronuncia sull’accordo o
trattato.
Il termine può essere ridotto, in casi
eccezionali, su richiesta del Governo.
Decorso il termine senza che sia stata
presentata la richiesta di esame, si
intende che il Parlamento consente, a
tutti i fini, l’ulteriore corso dell’accordo o trattato.
E’ sempre autorizzata con legge la ratifica degli accordi o trattati internazionali che importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi e di quelli relativi all’assunzione di obblighi militari.
La procedura di cui ai commi precedenti si applica anche in caso di
denuncia o di recesso dagli accordi
vigenti.
Art. 81
Le Assemblee approvano ogni anno i
bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi
non superiori complessivamente a
quattro mesi.
Con la legge di approvazione del
bilancio non si possono stabilire
nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove e
maggiori spese deve indicare i mezzi
per farvi fronte.
Art. 82
L’Assemblea Federale può disporre
inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri
componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione
di inchiesta procede alle indagini e
agli esami con gli stessi poteri e le
stesse limitazioni della Autorità giudiziaria.
TITOLO II - IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA FEDERALE
Art. 83
Il Presidente della Repubblica Federale
è eletto dal Parlamento in seduta
comune dei suoi membri.
All’elezione partecipano dieci delegati
per ogni Regione estratti a sorte fra i
cittadini iscritti nelle liste elettorali .
La Valle d’Aosta ha tre delegati.
L’elezione del Presidente della
Repubblica Federale ha luogo per
scrutinio segreto a maggioranza di
due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo
scrutinio è sufficiente la maggioranza
assoluta.
Art. 84
Può essere eletto Presidente della
Repubblica ogni cittadino che abbia
compiuto cinquant’anni di età e goda
dei diritti civili e politici.
L’ufficio di Presidente della Repubblica
è incompatibile con qualsiasi altra
carica.
L’assegno e la dotazione del Presidente
sono determinati per legge.
Art. 85
Il Presidente della Repubblica Federale
è eletto per sei anni e non è rinnovabile nel mandato dopo la prima elezione.
Sessanta giorni prima che scada il termine, il Presidente dell’Assemblea
Federale convoca in seduta comune il
Parlamento ed i rappresentanti delle
Regioni per eleggere il nuovo
Presidente della Repubblica.
Se le Assemblee sono sciolte, o manca
meno di tre mesi alla loro cessazione,
la elezione ha luogo entro quindici
giorni dalla riunione delle Assemblee
nuove. Nel frattempo sono prorogati i
poteri del Presidente in carica.
Art. 86
Le funzioni del Presidente della
Repubblica Federale, in ogni caso che
egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o
di morte o di dimissioni del Presidente
della Repubblica Federale, il Presidente
dell’Assemblea Federale indice l’elezione del nuovo Presidente della
Repubblica entro quindici giorni, salvo
il maggior termine previsto se le
Assemblee sono sciolte o mancano
meno di tre mesi alla loro cessazione.
Art. 87
Il Presidente della Repubblica Federale
rappresenta l’unità della Nazione
Italiana. Svolge anche le funzioni di
Capo di Stato della Federazione.
Può inviare messaggi alle Assemblee.
Indice le elezioni delle nuove
Assemblee e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle
Assemblee dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti
aventi valore di legge ed i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi
previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i
funzionari della Federazione.
Accredita e riceve i rappresentanti
diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Assemblee.
Ha il comando delle Forze Armate,
presiede il Consiglio supremo di difesa
costituito secondo la legge, dichiara lo
stato di guerra deliberato dalle
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Assemblee.
Presiede il Consiglio Superiore della
Magistratura.
Può concedere grazie e commutare le
pene.
Conferisce le onorificenze della
Repubblica.
Art. 88
Il Presidente della Repubblica
Federale può,
sentito il suo
Presidente, sciogliere l’Assemblea
Federale. Lo scioglimento anticipato
dell’Assemblea Federale comporta
automaticamente lo scioglimento anticipato e contestuale dell’Assemblea
degli Stati.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi
sei mesi del suo mandato, salvo che essi
coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Art. 89
Nessun atto del Presidente della
Repubblica Federale è valido se non è
controfirmato dai ministri proponenti,
che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo
e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del
Consiglio dei ministri.
Art. 90
Il Presidente della Repubblica Federale
non è responsabile degli atti compiuti
nell’esercizio delle sue funzioni, tranne
che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa
dal Parlamento in seduta comune, a
maggioranza assoluta dei suoi membri.
Art. 91
Il Presidente della Repubblica
Federale, prima di assumere le sue
funzioni, presta giuramento di fedeltà
alla Repubblica Federale e di osservanza della Costituzione dinanzi al
Parlamento in seduta comune.
TITOLO III - IL GOVERNO
Sezione I - Il Consiglio dei Ministri.
Art. 92
Il Governo della Repubblica Federale è
composto del Presidente del Consiglio
e dei Ministri, che costituiscono, insieme, il Consiglio dei Ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei
ministri e, su proposta di questo, i
Ministri.
Art. 93
Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri prima di assumere le
funzioni, prestano giuramento nelle
mani del Presidente della Repubblica
Federale.
Art. 94
Il Governo deve avere la fiducia
dell’Assemblea Federale.
La stessa accorda o revoca la fiducia
mediante mozione motivata e votata
per appello nominale; non può porsi
questione di fiducia da parte del
Governo su alcuna materia in votazione da parte dell’Assemblea Federale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione
il Governo si presenta all’Assemblea
per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario dell’Assemblea su una proposta
del Governo importa obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti dell’Assemblea Federale e non
può essere messa in discussione
prima di tre giorni dalla sua presentazione.
Art. 95
Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del
Governo e ne è responsabile.
Mantiene la unità di indirizzo politico
ed amministrativo, promovendo e
coordinando l’attività dei Ministri.
I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei
ministri, e individualmente degli atti
dei loro dicasteri.
La legge provvede all’ordinamento
della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri.
Art. 96
Il Presidente del Consiglio dei ministri
e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni,
alla giurisdizione ordinaria, previa
autorizzazione dell’Assemblea degli
Stati o dell’Assemblea Federale, secondo le norme stabilite con legge.
Sezione II - La Pubblica
Amministrazione
Art. 97
L’Amministrazione pubblica è disciplinata da Statuti e Regolamenti sulla
base di principi determinati dalle leggi.
Gli indirizzi dell’Amministrazione
sono determinati dagli organi istituzionali degli enti.
Le Amministrazioni sono separate dai
rispettivi organi istituzionali.
Gli organi istituzionali sono coadiuvati, nell’esercizio delle proprie funzioni,
da uffici composti da personale strettamente necessario allo scopo.
Le autorità indipendenti sono costituite con legge. Gli organi istituzionali
non ne determinano gli indirizzi né la
composizione.
Art. 98
Costituisce pubblico interesse che
tutto il personale delle pubbliche
amministrazioni operi esclusivamente
con criteri di efficacia, efficienza, produttività, funzionalità, imparzialità e
trasparenza.
Ogni pubblico dipendente risponde
periodicamente dell’applicazione di tali
criteri nello svolgimento della sua attività e nell’organizzazione del lavoro
all’ufficio al quale appartiene.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Una quota della retribuzione è rapportata ai criteri di cui al comma precedente ed è periodicamente verificata e
determinata.
I funzionari pubblici, rendendo conto
periodicamente della loro attività,
documentano i risultati progressivamente conseguiti nell’efficenza dell’ufficio o del servizio, la riduzione dei
costi perseguita, il miglioramento della
qualità.
I compiti dei funzionari pubblici sono
definiti in modo che risultino le
responsabilità professionali, personali,
in conseguenza di atti, omissioni e
ritardi nei confronti dei cittadini, delle
imprese e delle pubbliche amministrazioni.
Art. 99
Contro le azioni ed omissioni dell’amministrazione, è sempre ammessa la
tutela giurisdizionale per motivi di
legittimità.
La tutela deve essere efficace e comprendere il risarcimento per ogni lesione arrecata illegittimamente.
La legge prevede ricorsi amministrativi
ed altri istituti idonei a favorire la risoluzione non giurisdizionale delle controversie con la pubblica amministrazione.
La legge definisce i requisiti di ammissione ed i criteri di specializzazione dei
magistrati addetti agli organi giurisdizionali che conoscono delle controversie con la pubblica amministrazione.
Il reclutamento e gli organici dei giudici amministrativi di primo grado
sono previsti solo su base regionale.
Art. 100
L’amministrazione svolge la sua attività secondo criteri di efficacia, efficienza, produttività, funzionalità, imparzialità e trasparenza.
Le amministrazioni pubbliche sono
dirette e gestite attraverso un sistema
di controllo interno di gestione che
rileva periodicamente i costi delle
unità di prodotto e di servizio ed i
risultati conseguiti, sulla base di indicatori specifici continuamente aggiornati anche in relazione a quelli delle
amministrazioni similari.
Sui risultati dell’esercizio del controllo
interno di gestione, viene data comunicazione, su richiesta, ai cittadini, ai
componenti degli organi istituzionali
elettivi ed alle altre amministrazioni.
I procedimenti amministrativi sono
regolati in modo che sia assicurato il
pieno ed assoluto rispetto dei criteri di
cui al primo comma.
Le leggi sulla Pubblica amministrazione e le decisioni amministrative sono
adotatte ed approvate previo esame
analitico delle conseguenze sull’organizzazione amministrativa e sulla sua
efficenza.
Nella disciplina dell’attività amministrativa sono garantiti i diritti all’informazione, alla partecipazione nei procedimenti, al controllo dei servizi, alla
motivazione delle decisioni.
Quaderni Padani - 61
I procedimenti amministrativi devono
essere conclusi entro i termini previsti.
Per ogni inerzia dell’amministrazione
è previsto rimedio sostitutivo.
Art. 101
Gli impiegati pubblici ed i funzionari
professionali sono assunti ed accedono
alle qualifiche superiori solo mediante
concorsi pubblici che sono svolti su
base regionale e per ruoli organici
regionali.
Nelle più alte cariche federali devono
trovarsi, in un rapporto adeguato, funzionari di tutti gli Stati.
Le persone adibite agli altri uffici federali devono, di regola, provenire dallo
Stato in cui esplicano la loro attività.
L’indipendenza e l’imparzialità nella
gestione e nella disciplina del personale sono garantiti anche dalla composizione degli organi ad essi preposti.
I funzionari professionali all’atto dell’inserimento ed in permanenza del
rapporto di lavoro dichiarano ed
aggiornano la personale appartenenza
a partiti, movimenti politici, sindacati
e associazioni volontarie.
Sezione III - Gli organi ausiliari.
Art. 102
La Banca d’Italia è la Banca Centrale
della Repubblica Federale; essa è autonoma ed ha come compito fondamentale di garantire la stabilità dei prezzi.
Le sue funzioni e le sue competenze
possono essere trasferite alla Banca
centrale dell’Unione Europea.
Il Consiglio di Stato e la Corte dei
Conti sono indipendenti. La nomina
dei loro componenti non è di competenza del Governo. Essi svolgono
esclusivamente le funzioni dell’amministrazione di appartenenza.
Le Corti dei Conti Federali e Regionali
controllano la legittimità dell’attività
delle amministrazioni della rispettiva
circoscrizione, assicurano la regolarità
dei conti, raccolgono e confrontano gli
indicatori di efficienza e riferiscono
all’Assemblea Federale ed ai Consigli
Regionali.
Il Consiglio di Stato è organo di consulenza delle amministrazioni pubbliche
e della giustizia nell’amministrazione
di secondo grado.
TITOLO IV - LA MAGISTRATURA
Sezione I - L’ordinamento
giurisdizionale.
Art. 103
La giustizia è amministrata in nome
del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla
legge.
Art. 104
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e
regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici
straordinari o giudici speciali.
62 - Quaderni Padani
Possono soltanto istituirsi presso gli
organi giudiziari ordinari sezioni
specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di
cittadini idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della
partecipazione diretta del popolo
all’amministrazione della giustizia.
Art. 105
Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno
giurisdizione per la tutela nei confronti
della
Pubblica
Amministrazione degli interessi
legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione
nelle materie di contabilità pubblica
e nelle altre specificate dalla legge.
I Tribunali militari in tempo di guerra
hanno la giurisdizione stabilita dalla
legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari
commessi da appartenenti alle Forze
armate.
Art. 106
La magistratura costituisce un ordine autonomo indipendente da ogni
altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della
Repubblica Federale.
Ne fanno parte di diritto il primo
Presidente e il Procuratore generale
della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per
due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo, dal Parlamento
in seduta comune
tra professori
ordinari di università in materie
giuridiche ed avvocati dopo quindici
anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal
Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano
in carica quattro anni e non sono
immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica,
essere iscritti, negli albi professionali, né far parte di un Parlamento o
di un Consiglio regionale.
Art. 107
Spettano al Consiglio superiore della
magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le
promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.
Art. 108
Le nomine dei magistrati hanno luogo
per concorso.
I magistrati inquirenti sono eletti dai
cittadini secondo norme stabilite con
legge della Repubblica Federale.
La legge sull’ordinamento giudiziario
può ammettere la nomina, anche
elettiva, di magistrati onorari per
tutte le funzioni non inquirenti attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di
Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie
giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano o siano
stati iscritti negli Albi speciali per le
giurisdizioni superiori per almeno
dieci anni.
Art. 109
I magistrati sono inamovibili. Non
possono essere dispensati o sospesi dal
servizio, né destinati ad altre sedi o
funzioni se non in seguito a decisione
del Consiglio superiore della magistratura, adottato per i motivi e con le
garanzie di difesa stabiliti dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di
promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle
norme sull’ordinamento giudiziario.
Art. 110
Le norme sull’ordinamento giudiziario
e su ogni magistratura sono stabilite
con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei
giudici delle giurisdizioni speciali, del
Pubblico ministero presso di esse, e
degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia.
Art. 111
L’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.
Art. 112
Ferme le competenze del Consiglio
superiore della magistratura, spettano al Ministero della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei
servizi relativi alla giustizia.
Sezione II - Norme sulla
giurisdizione
Art. 113
Tutti i provvedimenti giurisdizionali
devono essere motivati .
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali
ordinari o speciali, è sempre ammesso
ricorso in Cassazione per violazione di
legge. Si può derogare a tale norma
soltanto per le sentenze dei Tribunali
militari in tempo di guerra. Contro le
decisioni del Consiglio di Stato e della
Corte dei Conti il ricorso in Cassazione
è ammesso per i soli motivi inerenti
alla giurisdizione .
Art.114
Il Pubblico ministero ha l’obbligo di
esercitare l’azione penale.
Art. 115
Contro gli atti della Pubblica
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Amministrazione è sempre ammessa la
tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi legittimi dinanzi agli organi
di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può
essere esclusa o limitata a particolari
mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti
della Pubblica Amministrazione nei
casi e con gli effetti previsti dalla legge
stessa.
TITOLO V - GLI STATI
Art. 116
Gli Stati sono enti territoriali con propri poteri e funzioni secondo i principi
fissati nella Costituzione.
Sono organi dello Stato il Parlamento,
che svolge la funzione legislativa; il
Presidente che svolge la funzione esecutiva; la Corte Costituzionale che
svolge la funzione di giustizia costituzionale.
Il Presidente rappresenta lo Stato.
Ogni Parlamento è composto dai
Senatori dell’Assemblea degli Stati,
eletti nell’ambito delle Regioni che
fanno parte dello Stato, e da un numero di membri dei Consigli delle Regioni
che fanno parte dello Stato, pari al
numero dei deputati dell’Assemblea
Federale spettanti alla popolazione
delle Regioni dello Stato.
La Valle d’Aosta ha diritto a tre
Consiglieri.
Art. 117
Ogni Stato ha un proprio Statuto in
armonia con la Costituzione; esso
viene deliberato a maggioranza assoluta dei componenti del parlamento statale ed approvato, su richiesta di un
terzo dei componenti del parlamento
statale, da un referendum popolare.
Art. 118
Ogni Stato esercita la funzione legislativa nelle materie non riservate dalla
presente Costituzione alla Federazione
o ad altri enti territoriali. Può delegare
funzioni legislative a Regioni, Province
e Comuni di appartenenza.
Art. 119
Lo Stato non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito
fra gli Stati.
Non può adottare provvedimenti che
ostacolino in qualsiasi modo la libera
circolazione delle persone e delle cose
fra gli Stati.
Non può limitare il diritto dei cittadini
di esercitare in qualunque parte del
territorio Federale la loro professione, impiego o lavoro.
Art. 120
Ogni legge approvata dal Parlamento
statale è comunicata al Commissario
del Presidente della Repubblica
Federale, residente nel capoluogo dello
Stato che, salvo il caso di opposizione
da parte del Presidente della
Repubblica Federale, deve visitarla nel
termine di trenta giorni dalla comunicazione.
La legge è promulgata nei dieci giorni
dalla apposizione del visto ed entra in
vigore non prima di quindici giorni
dalla sua pubblicazione. Se una legge è
dichiarata urgente dal Parlamento statale e il Presidente della Repubblica
Federale lo consente, la promulgazione
e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.
Il Presidente della Repubblica
Federale, quando ritenga che una legge
approvata dal Parlamento statale ecceda la competenza dello Stato o contrasti con gli interessi federali o con quelli di altri Stati o Regioni, la rinvia al
parlamento statale nel termine fissato
per l’apposizione del visto.
Ove il parlamento statale la approvi di
nuovo a maggioranza assoluta dei suoi
componenti, il Presidente della
Repubblica Federale può, nei quindici
giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti
alla Corte Costituzionale Federale.
essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Il presidente ed i membri della Giunta
sono eletti dal consiglio regionale tra i
suoi componenti.
TITOLO VI - LE REGIONI, LE
PROVINCE, I COMUNI
Art. 128
Il controllo di legittimità sugli atti
amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo
dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi dello Stato.
La legge può in determinati casi
ammettere il controllo di merito, al
solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale.
Nella Regione sono istituiti organi di
giustizia amministrativa di primo
grado, secondo l’ordinamento stabilito
da legge dello Stato.
Possono istituirsi sezioni con sede
diversa dal capoluogo della Regione.
Art. 121
Sono organi della Regione: il Consiglio
regionale, la Giunta ed il suo
Presidente.
Art. 122
Il Consiglio Regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione dalla Costituzione e
dalle leggi dello Stato.
Nel Consiglio regionale devono trovare
adeguata rappresentanza le Province
ed i Comuni della Regione.
Art. 123
La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della
Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative
della Regione.
Art. 124
Spettano alla Regione le funzioni
amministrative per le materie di competenza dello Stato, salvo quelle di
interesse locale che sono attribuite
dalle leggi allo Stato, alle Province, ai
Comuni o ad altri enti locali.
Art. 125
Il sistema di elezione, il numero ed i
casi di ineleggibilità dei consiglieri
regionali sono stabiliti con legge dello
Stato.
Nessuno può appartenere contemporaneamente ad un Consiglio regionale e
ad una delle Assemblee del Parlamento
federale o ad un altro consiglio regionale.
Il Consiglio elegge nel suo seno un
Presidente e un ufficio di presidenza
per i propri lavori.
I consiglieri regionali non possono
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Art. 126
Ogni Regione ha uno statuto il quale,
in armonia con la Costituzione e con le
leggi dello Stato, stabilisce le norme
relative all’organizzazione interna
della Regione.
Lo statuto regola l’esercizio del diritto
di iniziativa e del referendum su leggi
e provvedimenti amministrativi della
Regione e la pubblicazione delle leggi e
dei regolamenti regionali.
Lo Statuto è deliberato dal Consiglio
regionale a maggioranza assoluta dei
suoi componenti, ed è approvato con
legge dello Stato.
Art. 127
Un Commissario del Governo Federale,
residente nel capoluogo della Regione
sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dalla Federazione.
Art. 129
Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrari alla
Costituzione o gravi violazioni di
legge, o non corrisponda all’invito del
Governo federale di sostituire la
Giunta o il Presidente, che abbiano
compiuto analoghi atti o violazioni.
Lo scioglimento è disposto con decreto
motivato del Presidente della
Repubblica Federale, sentita una
Commissione di deputati e senatori
costituita, per le questioni regionali,
nei modi stabiliti con legge della
Federazione. Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione
di tre cittadini eleggibili al Consiglio
regionale, che indice le elezioni entro
tre mesi e provvede all’ordinaria
amministrazione di competenza della
Giunta e agli atti improrogabili, da
sottoporre alla ratifica del nuovo
Consiglio.
Art. 130
Un organo della Regione, costituito nei
modi stabiliti da legge dello Stato,
esercita il controllo di legittimità sugli
Quaderni Padani - 63
atti delle Province, dei Comuni e degli
altri enti locali.
In casi determinati dalla legge può
essere esercitato il controllo di merito
nella forma di richiesta motivata agli
enti deliberanti di riesaminare la loro
deliberazione.
Art. 131
Si può con legge della Federazione,
approvata dai due rami del Parlamento
federale a maggioranza assoluta dei
componenti e sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni
esistenti o la creazione di nuove
Regioni con un minimo di un
milione d’abitanti, quando ne facciano
richiesta tanti Consigli comunali che
rappresentino almeno un terzo delle
popolazioni interessate, e la proposta
sia approvata con referendum dalla
maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con referendum e con legge
della Federazione, approvata da
entrambi i rami del Parlamento federale a maggioranza assoluta dei componenti e sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che
ne facciano richiesta, siano staccati da
una Regione ed aggregati ad un’altra.
Art. 132
Il mutamento delle circoscrizioni
provinciali e la istituzione di nuove
Province nell’ambito di una Regione
sono stabiliti con leggi dello Stato, su
iniziativa dei Comuni e sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire
nel proprio territorio nuovi Comuni e
modificare le loro circoscrizioni e
denominazioni.
Art. 133
I Comuni e le Province hanno autonomia normativa ed amministrativa,
autonomia finanziaria di entrata e di
spesa, autogoverno nelle forme della
democrazia diretta e rappresentativa,
autonomia statutaria ed organizzativa.
Sezione I - Il sistema finanziario
Art. 134
Ogni ente territoriale previsto dalla
Costituzione sostiene le spese relative
ai propri compiti in modo autonomo,
salvo diversa disposizione della
Costituzione.
Art. 135
La redazione dei conti pubblici deve
essere fondata sui principi della trasparenza e della chiarezza, in modo che
siano individuate le fonti, la natura, la
destinazione e l’entità delle entrate e
delle spese annuali, pluriennali e permanenti.
Art. 136
Gli enti pubblici territoriali sono autonomi e reciprocamente indipendenti in
materia di bilancio.
La legge di bilancio può, con espresso
voto favorevole dei due terzi dei pre-
64 - Quaderni Padani
senti dell’assemblea eletta, stabilire
nuovi o maggiori oneri, indicando i
mezzi per farvi fronte per tutta la loro
durata. Per l’approvazione di tali nuovi
o maggiori oneri è sufficiente la maggioranza dei votanti, se esse si pongono in diretta e mera esecuzione di disposizioni costituzionali.
Art. 137
Ogni legge, diversa da quella di bilancio, che comporti nuovi o maggiori
oneri deve indicare i mezzi di copertura finanziaria per l’intero periodo di
applicazione e deve essere approvata
dai due terzi dei presenti dell’assemblea elettiva. Per l’approvazione di tali
leggi è sufficiente la maggioranza dei
votanti, se esse si pongono in diretta e
mera esecuzione di disposizioni costituzionali.
TITOLO VII - LE GARANZIE
COSTITUZIONALI
Sezione I - La Corte Costituzionale
Federale
Art. 138
La Corte Costituzionale Federale giudica:
· sulle controversie relative alla
legittimità costituzionale delle
leggi e degli atti aventi forza di
legge, come pure dei regolamenti,
della Federazione e dello Stato;
·
sui conflitti di attribuzione tra i
poteri della Federazione e su quello tra la Federazione e gli Stati e
tra gli Stati;
·
sulle accuse promosse contro il
Presidente della Repubblica
Federale;
·
sull’ammissibilità dei referendum
popolari a livello federale.
Art. 139
La Corte Costituzionale Federale è
composta di quindici giudici nominati
per un terzo dall’Assemblea Federale,
per un terzo dall’Assemblea degli Stati
e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative.
I giudici della Corte Costituzionale
sono scelti fra i magistrati anche a
riposo delle giurisdizioni superiori
ordinarie ed amministrative, i professori ordinari di Università in materie
giuridiche e gli avvocati che abbiano
esercitato la professione per almeno
venti anni e siano stati iscritti negli
Albi per le giurisdizioni speciali per
almeno dieci anni.
I Giudici della Corte Costituzionale
sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del
giuramento, costituzionale e non possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice
costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite
dalla legge, il Presidente, che rimane
in carica sino alla scadenza dall’uffi-
cio di giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è
incompatibile con quello di membro
del Parlamento, di un Consiglio
regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed
ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d’accusa contro il
Presidente della Repubblica Federale
intervengono, oltre i giudici ordinari
della Corte, sedici membri tratti a
sorte da un elenco di cittadini
aventi i requisiti per l’eleggibilità a
senatore, che il Parlamento compila
ogni nove anni mediante elezione con
le stesse modalità stabilite per la
nomina dei giudici ordinari.
Art. 140
Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di
legge o di un atto avente forza di
legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e
comunicata all’Assemblea Federale ed
all’Assemblea degli Stati e ai parlamenti statali interessati, affinché, ove lo
ritengano necessario, provvedano nelle
forme costituzionali.
Art. 141
Una legge costituzionale stabilisce le
condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità
costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le
altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.
Contro le decisioni della Corte
Costituzionale non è ammessa alcuna
impugnazione.
TITOLO VIII - LA REVISIONE
DELLA COSTITUZIONE
Sezione I - Procedimento ordinario
Art. 142
Se non altrimenti previsto dalla
Costituzione, le leggi di revisione della
costituzione sono adottate a maggioranza assoluta dall’Assemblea Federale
con due successive deliberazioni ad
intervallo non minore di tre mesi e,
successivamente, dall’Assemblea degli
Stati a maggioranza dei due terzi dei
membri.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre
mesi dalla loro pubblicazione, ne
facciano domanda un quinto dei
membri dell’Assemblea Federale, un
terzo dei Consigli Regionali, o cinquecentomila elettori.
La legge sottoposta a referendum
non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Sezione II - Procedimenti speciali
Art. 143
Una legge che modifica disposizioni
costituzionali in conseguenza dell’e-
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
sercizio delle competenze della
Federazione in materia internazionale
e di Unione Europea, deve essere
approvata dalla maggioranza assoluta
dell’Assemblea
Federale
e
dall’Assemblea degli Stati e dalla maggioranza dei voti validi espressi in
occasione di un referendum popolare
confermativo.
di ogni tipo ed in ogni momento delle
procedura ad eccezione della funzione
giurisdizionale.
Art. 144
Una legge che modifica la ripartizione
delle competenze tra i vari enti territoriali, stabilita dalla Costituzione, deve
essere approvata dalla maggioranza
assoluta dell’Assemblea Federale e
dalla maggioranza dei tre quarti dei
membri dell’Assemblea degli Stati.
Art. 147
La presente Costituzione è la legge
suprema della Repubblica Italiana; essa
rende invalida ed inefficace ogni disposizione normativa incompatibile.
Nessuna disposizione di questa
Costituzione rende invalide od inefficaci le leggi emanate, gli atti adottati o le
misure prese dai competenti enti territoriali, necessari in conseguenza degli
obblighi discendenti dalla partecipazione della Repubblica Federale Italiana
all’Unione Europea o alle comunità o
alle relative istituzioni, o dagli organismi competenti in forza dei trattati
istitutivi delle Comunità, di avere forza
di legge nella Repubblica Federale.
Art. 145
Oltre ai casi indicati espressamente
dalla presente Costituzione, con legge
che necessita della maggioranza assoluta dei voti dell’assemblea Federale e
dell’Assemblea degli Stati, si possono
introdurre altre ipotesi di partecipazione popolare alle decisioni fondamentali
Sezione III - Limiti
Art. 146
La forma repubblicana non può essere
oggetto di revisione costituzionale.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
DISPOSIZIONI FINALI
E TRANSITORIE
Le leggi di ratifica ed esecuzione dei
trattati in vigore al momento dell’emanazione della presente Costituzione,
anche se in contrasto con la presente
costituzione, hanno piena validità ed
efficacia e potranno essere modificate o
abrogate solo con leggi di revisione
costituzionale di cui all’art. 143.
Se non altrimenti disposto da questa
Costituzione, tutte le leggi e gli atti ad
esse equiparati attualmente in vigore
nella Repubblica Italiana, come pure
tutti gli organi ed i soggetti pubblici
attualmente esistenti, continueranno
rispettivamente ad avere validità e ad
esercitare le proprie funzioni, come se
la revisione di questa Costituzione in
senso federale non fosse stata approvata; essi nondimeno potranno essere
revocati, aboliti o modificati dagli
organi e soggetti competenti in conformità dei poteri conferiti da questa
Costituzione.
Quaderni Padani - 65
Disegno di
Legge
Costituzionale
Revisione della Costituzione
sulla forma di Stato e sulla
forma di governo
Art. 1.
(PARTECIPAZIONE A COMUNITA”
SOVRANAZIONALI)
1. Dopo l’articolo 11 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 11-bis. - L’Italia, nel rispetto dei diritti inviolabili della persona umana e dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, consente, in condizioni di parità
con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità conseguenti al conferimento a comunità sovranazionali dell’esercizio di poteri
sovrani previsti dai relativi trattati istitutivi
e dalle convenzioni che ne estendano le
attribuzioni.
L’Italia promuove e favorisce la formazione
dell’unione politica tra gli Stati membri
dell’Unione europea”.
Art. 2.
(SENATO DELLA REPUBBLICA)
1. L’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 57. - Il Senato della Repubblica è
composto da membri dei governi regionali,
che li nominano e revocano.
Ogni Regione ha almeno tre voti, salvo la
Valle d’Aosta ed il Molise che ne hanno uno:
le Regioni con più di tre milioni di abitanti
ne hanno cinque; quelle con più di cinque
milioni di abitanti ne hanno sette; quelle
con più di otto milioni di abitanti ne hanno
nove.
Ogni Regione può inviare tanti membri
quanti sono i suoi voti. I voti di una Regione
nel Senato della Repubblica possono essere
dati soltanto unitariamente e soltanto dai
membri presenti o dai loro sostituti.
Il Senato della Repubblica elegge il suo
Presidente ogni anno. Il Presidente convoca
il Senato. Deve comunque convocarlo se lo
richiedono almeno tre Regioni o il Governo.
I membri del Senato della Repubblica
hanno diritto di assistere alle sedute della
Camera dei deputati e delle sue
Commissioni. Sono sentiti ogni volta che lo
richiedono”.
2. L’articolo 58 della Costituzione è abrogato.
Art. 3.
(SENATORI DI DIRITTO E A VITA)
1. L’articolo 59 della Costituzione è abrogato.
66 - Quaderni Padani
“Disegno di Legge costituzionale di iniziativa del senatore Speroni”, comunicato alla presidenza il 21
gennaio 1995 (Senato della Repubblica, XII Legislatura, n.l403). Il documento è stato elaborato da
Francesco Speroni, in veste di Ministro per le riforme istituzionali del governo Berlusconi, con la collaborazione di un “Comitato di studio sulle riforme istituzionali, elettorali e costituzionali” (nominato
con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 luglio 1994, n.400) e composto da quindici
professori (Ettore Albertoni, Giovanni Bognetti, Romano Cajelli, Gian Franco Ciaurro, Vittorio Di
Ciolo, Giuseppe Franco Ferrari, Serio Galeotti, Francesco Gentile, Pietro Grilli di Cortona, Aldo
Loiodice, Alberto Martinelli, Carlo Mezzanotte, Sergio Ortino, Ettore Rotelli e Nazareno Saitta).
Il testo era preceduto dalla seguente presentazione: “Onorevoli Senatori. Per mia iniziativa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato a suo tempo costituito un comitato per lo studio e
l’elaborazione di una proposta di revisione della Costituzione.
Il comitato, da me presieduto nella mia qualità di Ministro per le riforme istituzionali, ha completato i
propri lavori nel dicembre del 1994, entro i tempi prefissati, stilando un testo che è stato inoltrato alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri per la diramazione e la successiva discussione ed eventuale approvazione.
La crisi del governo Berlusconi ha interrotto l’iter del provvedimento, sino ad ora non ripreso da parte
del governo Dini, che nel suo programma non ha, in effetti, incluso l’argomento.
Pur essendo primo firmatario di analogo ma differente disegno di legge, sottoscrivo anche l’allegato
testo, al fine di poterlo offrire, anche formalmente, al Parlamento, in prospettiva dell’imminente dibattito sulle riforme istituzionali.”
Art. 4.
(GARANZIE PER LE MINORANZE
PARLAMENTARI)
1. Il secondo comma dell’articolo 62 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
“Ciascuna Camera può essere convocata in
via straordinaria per iniziativa del suo
Presidente o del Presidente della Repubblica
o di un quinto dei componenti”.
Art. 5.
(INCOMPATIBILITA” TRA LA CARICA
DI MINISTRO ED IL MANDATO PARLAMENTARE)
1. All’articolo 65 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
“L’ufficio di Primo Ministro o di Ministro è
incompatibile con il mandato parlamentare”.
Art. 6.
(FUNZIONI LEGISLATIVE DELLO
STATO)
1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 70. - La funzione legislativa è riservata allo Stato nelle seguenti materie:
1) politica estera e relazioni internazionali;
commercio con l’estero;
2) difesa e forze armate;
3) sicurezza pubblica e misure di prevenzione;
4) moneta, attività finanziarie, risparmio,
credito sovraregionali; contabilità dello
Stato;
5) ordinamento delle giurisdizioni;
6) ordinamento civile, penale e processuale;
7) normativa tecnica, pesi e misure, determinazione del tempo;
8) trasporti e comunicazioni sovraregionali;
9) cittadinanza, stato civile, condizione
giuridica degli stranieri;
10) ordinamento delle professioni;
11) armi, esplosivi e materiale strategico;
12) livelli minimi inderogabili delle prestazioni sanitarie;
13) contenuti dei vincoli per la tutela dei
beni culturali, storici ed artistici;
14) livelli minimi inderogabili dell’istruzione;
15) parchi nazionali istituiti alla data del 1
gennaio 1995;
16) produzione e distribuzione nazionale
dell’energia;
17) ricerca scientifica e tecnologica di
rilievo nazionale;
18) poste; telecomunicazioni ed informazione radiotelevisiva nazionali;
19) minimi inderogabili di trattamento
normativo nei rapporti di lavoro; tutela e
sicurezza del lavoro; istituti previdenziali obbligatori;
20) lavori pubblici afferenti alle materie di
competenza statale;
21) tributi erariali;
22) statistica nazionale, disciplina generale
della raccolta e della diffusione di dati
statistici;
23) tutela della concorrenza.
Con le competenze dello Stato in materia
di relazioni internazionali e di commercio
con l’estero concorrono competenze regionali secondo quanto previsto dall’articolo
117-bis.
Con legge approvata da entrambe le
Camere, previa intesa con le Regioni interessate, lo Stato può delegare a tutte le
Regioni o ad alcune di esse la disciplina, a
mezzo di proprie leggi, di materie di competenza statale. La legge di delegazione prevede la durata, i casi ed i modi di cessazione
della delega.
Art. 7.
(FUNZIONE LEGISLATIVA)
1. Dopo l’articolo 70 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 70-bis. - La funzione legislativa è
esercitata dalla Camera dei deputati e dal
Senato della Repubblica, nei casi e nei modi
stabiliti dal presente articolo.
Sono esaminati ed approvati in identico
testo da entrambe le Camere i disegni di
legge costituzionale ed elettorale, quelli
concernenti l’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni costituzionali, quelli
che prevedono misure restrittive della libertà personale, quelli relativi alla tutela delle
minoranze linguistiche, quelli di attuazione
degli articoli 7 e 8, quelli di autorizzazione
a ratificare trattati internazionali e quelli di
cui agli articoli 70-ter e 70-quater.
Per i disegni di legge diversi da quelli indicati al comma precedente la funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati.
Tuttavia il Governo o un quinto dei componenti del Senato della Repubblica possono
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
chiedere, entro quindici giorni dalla approvazione di un disegno di legge da parte della
Camera dei deputati, che esso sia sottoposto
all’esame del Senato. In tal caso il Senato,
entro i trenta giorni successivi, può rinviare
il disegno di legge con osservazioni e proposte alla Camera dei deputati, che si pronuncia in via definitiva entro trenta giorni. In
caso di un disegno di legge dichiarato
urgente i termini suddetti si intendono
ridotti della metà. I regolamenti della
Camera e del Senato definiscono le modalità
atte ad assicurare l’osservanza di tali termini”.
Art. 8.
(LEGISLAZIONE ANTICONGIUNTURALE DELLO STATO)
1. Dopo l’articolo 70-bis della Costituzione
è inserito il seguente:
“Art. 70-ter. - Al fine di evitare eventuali
pericoli di turbative dell’equilibrio economico generale, la legge dello Stato, approvata a
maggioranza assoluta dei componenti della
Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica, può stabilire:
A) l’ammontare massimo, le condizioni e la
successione nel tempo del ricorso al credito
da parte di enti territoriali e consorzi;
B) l’impegno dello Stato e delle Regioni a
mantenere depositi infruttiferi presso la
Banca d’Italia”.
Art. 9.
(LEGISLAZIONE DI RIEQUILIBRIO
DELLO STATO)
1. Dopo l’articolo 70-ter della Costituzione
è inserito il seguente:
“Art. 70-quater. - Una legge dello Stato,
approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati e dai
quattro quinti dei componenti del Senato
della Repubblica, può prevedere la concessione di aiuti finanziari alle Regioni per
investimenti di particolare rilevanza in tali
aree, al fine di impedire eventuali turbative
dell’equilibrio economico generale o per
equilibrare la natura e lo stato dei servizi
prestati alle rispettive popolazioni. Gli aiuti
finanziari hanno luogo sulla base di contributi per metà a carico dello Stato e per metà
a carico delle Regioni. Tali aiuti sono autonomamente ed integralmente registrati nei
bilanci dei rispettivi enti territoriali”.
Art. 10.
(RAPPORTI TRA IL GOVERNO E LE
CAMERE)
1. Dopo l’articolo 71 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 71-bis. - Su richiesta del Governo l’ordine del giorno delle Camere prevede, con
priorità e nell’ordine indicato dal Governo
stesso, l’esame dei disegni di legge presentati o accettati dal Governo. Sempre su richiesta del Governo ciascuna Camera si pronuncia con un solo voto su tutto o parte del
testo in discussione, con gli emendamenti
proposti o accettati dal Governo”.
Art. 11.
(PROCEDURE LEGISLATIVE
ABBREVIATE)
1. L’articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 72. - Ogni disegno di legge presentato
alla Camera dei deputati è, secondo le norme
del suo regolamento. esaminato da una
Commissione e poi dalla Camera stessa. che
l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Lo stesso procedimento è adottato
per i disegni di legge esaminati dal Senato
della Repubblica.
Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
Il regolamento stabilisce procedimenti
abbreviati per i disegni di legge dei quali è
dichiarata l’urgenza, su richiesta del
Governo o di un quinto dei membri della
Camera davanti alla quale sono stati presentati, con votazione a maggioranza assoluta
dei componenti. In tal caso i competenti
organi parlamentari decidono, nell’ambito
della programmazione dei lavori, la durata
della discussione, i tempi di intervento e il
termine entro il quale deve essere concluso
l’esame del disegno di legge, termine che
non può essere complessivamente superiore
a sessanta giorni. Tale procedura non può
essere adottata in materia costituzionale od
elettorale, né per l’approvazione di bilanci o
consuntivi.
Il regolamento può altresì stabilire in quali
casi e forme disegni di legge possono essere
assegnati a Commissioni, anche permanenti,
composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari, in sede redigente per la deliberazione dei singoli articoli, riservando all’Assemblea la votazione
finale.
Anche in tali casi, fino al momento della
votazione finale da parte dell’Assemblea, il
disegno di legge è sottoposto alla procedura
normale di esame e di approvazione su
richiesta del Governo o di un decimo dei
componenti di una Camera o di un quinto
dei membri della Commissione.
La procedura normale di esame e di approvazione è sempre adottata per i disegni di
legge in materia costituzionale ed elettorale
e per quelli di delegazione legislativa, di
autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi”.
Art. 12.
(DEFERIMENTO PREVENTIVO ALLA
CORTE COSTITUZIONALE SU RICORSO
DI MINORANZE PARLAMENTARI)
1. Dopo l’articolo 72 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 72-bis. - Entro cinque giorni dalla sua
approvazione una legge può essere deferita
all’esame della Corte costituzionale, per
motivi di legittimità costituzionale, su iniziativa di almeno un quarto dei componenti
di una Camera. La Corte costituzionale si
pronuncia entro trenta giorni”.
Art. 13.
(PROMULGAZIONE DELLE LEGGI)
1. Il primo comma dell’articolo 73 della
Costituzione è sostituito dal seguente:
“Le leggi sono promulgate dal Presidente
della Repubblica non prima di cinque giorni
e comunque entro un mese dalla loro approvazione”.
2. All’articolo 73 della Costituzione, in
fine, sono aggiunti, in fine, i seguenti
commi:
“Per le leggi di cui può essere richiesto l’esame da parte del Senato della Repubblica a
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
norma dell’articolo 70-bis, terzo comma, la
promulgazione avviene non prima del quindicesimo giorno dall’approvazione da parte
della Camera dei deputati. Se l’esame da
parte del Senato è richiesto, la promulgazione ha luogo dopo la scadenza del termine
posto per l’esame oppure, qualora il Senato
rinvii il progetto con osservazioni o proposte
immediatamente dopo che la Camera si è
pronunciata in via definitiva.
Per le leggi deferite all’esame della Corte
costituzionale, ai sensi dell’articolo 70-bis, la
promulgazione non ha luogo fino al completamento delle procedure previste. In caso di
reiezione della questione di legittimità costituzionale, la legge è promulgata”.
Art. 14.
(PROTESTA” REGOLAMENTARE DEL
GOVERNO)
1. Dopo l’articolo 71 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 71-bis. - I regolamenti di attuazione
delle leggi sono adottati dal Governo, su
deliberazione del Consiglio dei ministri,
oppure dalle Regioni, quando la materia non
richieda una disciplina uniforme per tutto il
territorio nazionale.
Il Governo è autorizzato ad emanare norme
giuridiche, anche in deroga a leggi ordinarie, in materia di organizzazione dei pubblici
uffici e in altre materie non riservate dalla
Costituzione alla legge né comprese tra
quelle di cui all’ultimo comma dell’articolo
72. Il Governo comunica alle Camere lo
schema di decreto predisposto. Entro sessanta giorni dalla comunicazione le Camere
possono prendere in esame e respingere lo
schema predisposto dal Governo; altrimenti,
decorso tale termine, il decreto acquista
forza di legge”.
Art. 15.
(INIZIATIVA REFERENDARIA)
1. L’articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 75. - Gli elettori possono essere chiamati ad esprimere il proprio voto su di un
progetto di legge redatto in articoli proposto
su iniziativa referendaria da almeno un
milione di elettori.
Il Referendum è indetto dal Presidente della
Repubblica dopo centottanta giorni dalla
dichiarazione di ammissibilità da parte della
Corte costituzionale e non ha luogo ove il
progetto di legge sia stato approvato in via
definitiva integralmente o con modifiche
che ne rispettino i contenuti essenziali.
Il progetto sottoposto a Referendum è
approvato se alla consultazione ha partecipato la maggioranza degli elettori e se ha
espresso voto favorevole almeno la metà dei
votanti.
Non è ammessa l’iniziativa referendaria per
le leggi tributarie e di bilancio o che comunque comportino erogazioni finanziarie a
vantaggio di determinate categorie di cittadini, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per
le leggi costituzionali.
Il Referendum si svolge secondo le modalità
stabilite con legge dello Stato”.
Art. 16.
(DECRETI-LEGGE)
1. L’articolo 77 della Costituzione è sosti-
Quaderni Padani - 67
tuito dal seguente:
“Art. 77. - In casi di necessità e di urgenza
concernenti la sicurezza nazionale, calamità
naturali, norme finanziarie che debbono
entrare immediatamente in vigore o il recepimento e l’attuazione di atti normativi
dell’Unione europea, il Governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge. Il
Governo, il giorno stesso, presenta il decreto-legge alle Camere per la conversione in
legge. Le Camere, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono
entro cinque giorni. I decreti-legge contengono misure di immediata applicazione e di
carattere specifico ed omogeneo. Non possono reintrodurre disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi
non attinenti il procedimento.
I decreti-legge perdono efficacia fin dall’inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Possono tuttavia essere regolati con legge i
rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti
non convertiti. I decreti-legge non convertiti
non possono essere reiterati, né il Governo
può emanare decreti che ne riproducano
sostanzialmente il contenuto, se non siano
trascorsi centottanta giorni dalla reiezione o
dalla scadenza del termine per la conversione. Con la legge di conversione non possono
essere apportate modificazioni al decretolegge, salvo che per quanto attiene la copertura degli oneri finanziari.
I regolamenti parlamentari stabiliscono
idonee procedure affinchè le Camere possano comunque deliberare sulla conversione o
sulla reiezione del decreto-legge entro il termine di cui al comma precedente”.
Art. 17.
(BILANCIO E LEGISLAZIONE DI
SPESA)
L’articolo 81 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
“Art. 81. - Il Governo presenta ogni anno
alle Camere il bilancio di previsione annuale
ed il rendiconto consuntivo, che sono approvati con legge.
Nei bilanci annuali e triennali sono stabiliti,
con riferimento ai rispettivi periodi, il limite
massimo raggiungibile dalla pressione tributaria statale e il limite massimo del ricorso da parte dello Stato al credito sotto qualsiasi forma. I limiti stabiliti possono essere
superati, su iniziativa del Governo, nel caso
di impreviste e inderogabili necessità.
L’esercizio provvisorio del bilancio annuale non può essere concesso se non per legge
e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio di
previsione, annuale e triennale, non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
La legge determina i contenuti e la struttura del bilancio di previsione, dei provvedimenti legislativi di variazione e del rendiconto, nonché gli obblighi di informazione
al Parlamento sull’andamento delle entrate e
delle spese.
In ogni caso le entrate provenienti dall’accensione di prestiti e non destinate ai rimborsi di prestiti già esistenti possono essere
impiegate esclusivamente per finanziare
spese in conto capitale.
Gli emendamenti al disegno di legge di
approvazione del bilancio sono ammessi sol-
68 - Quaderni Padani
tanto se hanno carattere compensativo e, se
di iniziativa parlamentare e qualora il
Governo esprima parere contrario, sono
approvati a maggioranza assoluta dei componenti della Camera in cui sono stati presentati.
Ogni altra legge che importi riduzioni di
entrate oppure nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte per l’intero
periodo di applicazione. I disegni di legge e
gli emendamenti che prevedono riduzioni di
entrate oppure nuovi o maggiori oneri sono
approvati a maggioranza assoluta, qualora il
Governo esprima parere contrario per motivi riguardanti la copertura finanziaria.
Fino alla votazione finale di ogni disegno di
legge di spesa o di minore entrata il Governo
può chiedere la sospensione dell’esame, per
un periodo non superiore a trenta giorni, se
motivata con la violazione dei criteri di equilibrio finanziario votati dalle Camere con
l’approvazione del disegno di bilancio
annuale e triennale.
Trascorso tale periodo il disegno di legge
può essere approvato solo a maggioranza
assoluta”.
Art. 18.
(CONTROLLO PARLAMENTARE)
L’articolo 82 della Costituzione è sostituito
dal seguente:
“Art. 82. - La funzione di controllo sul
Governo e sulla pubblica amministrazione è
esercitata dal Senato della Repubblica e dalla
Camera dei deputati nei casi e nei modi stabiliti dal presente articolo.
Il Senato della Repubblica controlla in particolare l’attuazione e l’efficacia delle leggi,
le nomine pubbliche in organi od enti con
funzioni di garanzia, il finanziamento degli
enti pubblici, l’attività di indirizzo e di coordinamento nei confronti delle Regioni e
degli altri enti territoriali, l’attuazione delle
politiche comunitarie, l’andamento della
spesa pubblica in raccordo funzionale con la
Corte dei conti.
La Camera dei deputati dispone inchieste su
materie di pubblico interesse, deliberando
anche su proposta di ciascuno dei suoi
membri. Si procede in ogni caso all’inchiesta se la proposta riceve il voto favorevole di
almeno un quarto dei componenti della
Camera. A tale scopo il Presidente della
Camera nomina una Commissione formata
in modo da rispecchiare la proporzione dei
vari gruppi.
Il Presidente della Camera, d’intesa con i
gruppi parlamentari, può nominare, in
luogo della Commissione, un Comitato composto da tre deputati. La Commissione di
inchiesta o il Comitato procede alle indagini
e agli esami con gli stessi poteri e le stesse
limitazioni dell’autorità giudiziaria”.
Art. 19.
(ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA)
1. L’articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 83. - Il Presidente della Repubblica è
eletto a suffragio universale e diretto, a maggioranza assoluta dei voti espressi. Se questa
maggioranza non viene conseguita al primo
scrutinio, si procede entro quindici giorni ad
una votazione di ballottaggio tra i due candidati più votati, nella quale è eletto il candidato
che ha conseguito la maggioranza dei voti”.
Art. 20.
(CANDIDATURE PER L’ELEZIONE PRESIDENZIALE)
1. Dopo il primo comma dell’articolo 84
della Costituzione è inserito il seguente:
“Le candidature sono presentate alla segreteria della Corte di cassazione entro il quindicesimo giorno antecedente alla data fissata
per l’elezione, con la sottoscrizione di almeno cinquantamila elettori. Ciascun gruppo
parlamentare costituito presso almeno una
delle Camere ha facoltà di proporre un candidato anche senza sottoscrizione di elettori”.
Art. 21.
(SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLA
CAMERA)
1. L’articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 88. - Il Presidente della Repubblica
scioglie la Camera dei deputati, sentito il suo
Presidente, in caso di voto di sfiducia al
Primo Ministro.
Il Presidente della Repubblica scioglie altresì la Camera su richiesta di almeno due terzi
dei componenti.
In caso di scioglimento anticipato della
Camera, il Presidente della Repubblica decade dal mandato e si procede ad una nuova
elezione contestuale alla elezione della
Camera”.
Art. 22.
(NOMINA E COMPOSIZIONE DEL
GOVERNO)
1. L’articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 92. - Il Presidente della Repubblica
nomina e revoca il Primo Ministro e, su proposta di questo i Ministri e i Vice-ministri.
Il numero dei Ministri non può essere superiore a diciotto. La legge determina il numero e le attribuzioni dei Vice-ministri.
Il Primo Ministro e i Ministri costituiscono
insieme il Consiglio dei Ministri, che è presieduto dal Presidente della Repubblica. Per
deroga espressa e con ordine del giorno
determinato, le riunioni del Consiglio dei
Ministri possono essere presiedute dal Primo
Ministro.
Le funzioni di membro del Governo sono
incompatibili con il mandato parlamentare.
I Ministri e i Vice-ministri possono essere
revocati dal Presidente della Repubblica, su
proposta del Primo Ministro.”.
2. Nel testo della Costituzione e delle leggi,
le parole: “Presidente del Consiglio dei
Ministri”, ovunque ricorrano, sono, sostituite dalle altre: “Primo Ministro”.
Art. 23.
(IL GOVERNO IN PARLAMENTO)
1. L’articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 94. - Il Primo Ministro, entro dieci
giorni dalla nomina, espone alla Camera dei
deputati il programma del Governo e la sua
composizione.
Il Governo è tenuto a dimettersi in caso di
approvazione di una mozione motivata di
sfiducia, votata per appello nominale dalla
Camera dei deputati.
Il voto contrario della Camera su una proposta del Governo non importa obbligo di
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata
da almeno un decimo dei componenti della
Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.
In caso di dimissioni del Governo non conseguenti ad un voto parlamentare di sfiducia, il Primo Ministro deve dichiarare e
motivare la volontà del Governo di dimettersi davanti alla Camera.
Il Primo Ministro dimissionario non può
essere immediatamente nominato di nuovo
nella carica”.
Art. 24.
(MINISTERI E STRUTTURE DEL
GOVERNO NAZIONALE)
1. Dopo il terzo comma dell’articolo 95
della Costituzione è aggiunto il seguente:
“I Ministeri e le altre strutture del Governo
nazionale possono essere istituiti soltanto
nelle materie riservate alla competenza dello
Stato”.
Art. 25.
(OPPOSIZIONE PARLAMENTARE)
1. Dopo l’articolo 96 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 96-bis. - L’Opposizione costituzionale
è formata da tutti i deputati che, dopo la presentazione programmatica che il Primo
Ministro svolge alla Camera dei deputati
entro dieci giorni dalla nomina, votano per
appello nominale contro il programma del
Governo. I deputati assenti possono manifestare anche successivamente la loro adesione all’Opposizione costituzionale.
Il Capo dell’Opposizione è eletto da tutti i
deputati appartenenti all’Opposizione costituzionale ai sensi del primo comma. Con le
stesse modalità può essere revocato”.
Art. 26.
(RUOLO ED ATTRIBUZIONE DEL CAPO
DELL’OPPOSIZIONE)
1. Dopo l’articolo 96-bis della Costituzione
è inserito il seguente:
“Art. 96-ter - Il Capo dell’Opposizione rappresenta l’Opposizione costituzionale, come
potenziale alternativa di governo, sia nella
Camera dei deputati sia nei rapporti con gli
altri organi costituzionali.
Il Capo dell’Opposizione è sentito dal
Presidente della Repubblica e dal Primo
Ministro, oltre che in caso di guerra o di
grave emergenza nazionale, nei casi previsti
dal regolamento della Camera o dalle leggi,
nelle quali è stabilita la formazione di organi
o di autorità indipendenti di garanzia”.
Art. 27.
(IMPARZIALITA”, TRASPARENZA ED
EFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)
1. L’articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 97. - I pubblici uffici dello Stato, delle
Regioni, delle Province e dei Comuni sono
organizzati con regolamenti dei rispettivi
livelli di governo, sulla base dei principi stabiliti dalla legge dello Stato, in modo che
siano assicurati l’imparzialità, la trasparenza e l’efficienza della amministrazione.
La legge dello Stato assicura il diritto di
accesso agli atti e l’intervento nei procedimenti dell’amministrazione e ne disciplina
le forme ed i limiti.
Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di decidere sulle istanze loro rivolte dai
cittadini entro i termini stabiliti dalla legge.
La legge regola gli effetti dell’inadempimento.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e
le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i
casi stabiliti in via generale e preventiva
dalla legge dello Stato. approvata da entrambe le Camere”.
Art. 28.
(LIMITI A GARANZIA DELL’IMPARZIALITA” DEI PUBBLICI IMPIEGATI)
1. L’articolo 98 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 98. - I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo delle istituzioni statali, regionali e locali da cui rispettivamente dipendono.
Se sono membri delle Camere o del
Governo oppure di un Consiglio o di una
Giunta regionali non possono conseguire
promozioni se non per anzianità.
Non possono iscriversi nÈ partecipare
all’attività di partiti e movimenti politici i
magistrati, i militari di carriera in servizio
attivo, i funzionari ed agenti di polizia. i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”.
Art. 29.
(GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA)
1. Dopo l’articolo 103 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 103-bis. - I Tribunali amministrativi
regionali, con sede presso ogni capoluogo di
Regione, giudicano sui ricorsi proposti
avverso provvedimenti di Regioni, Province
e Comuni e di enti pubblici dipendenti.
Presso ogni capoluogo di Regione sono istituite sezioni speciali del Consiglio di Stato
quali giudici di secondo grado in ordine alle
sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale operante nell’ambito della
Regione e quali giudici di primo grado per i
ricorsi proposti avverso provvedimenti delle
autorità statali operanti nell’ambito della
Regione.
Le sezioni giurisdizionali del Consiglio di
Stato aventi sede in Roma sono giudici di
primo grado per i ricorsi proposti avverso
provvedimenti delle autorità statali centrali
e degli enti pubblici nazionali e ultraregionali e giudici di appello in ordine alle decisioni emesse in primo grado dalle sezioni
regionali del Consiglio di Stato.
All’adunanza plenaria del Consiglio di Stato
è assegnata anche la competenza di giudice
di secondo grado in ordine alle decisioni
emesse dalle sezioni giurisdizionali del
Consiglio di Stato con sede in Roma.
Con legge della Repubblica sono stabilite la
composizione delle sezioni regionali del
Consiglio di Stato e l’organizzazione dei
relativi uffici”.
Art. 30.
(NORME SULLA MAGISTRATURA)
1. All’articolo 108 della Costituzione è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
“I magistrati amministrativi, contabili e
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
militari costituiscono ordini indipendenti
con le stesse modalità di assunzione e garanzie stabilite per i giudici ordinari”.
Art. 31.
(ENTI DELLA REPUBBLICA)
1. L’articolo 114 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 114. - La Repubblica è costituita dai
Comuni, dalle Province, dalle Regioni e dallo
Stato”.
Art. 32.
(COMUNI, PROVINCE E REGIONI)
1. L’articolo 115 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 115. - I Comuni, le Province e le
Regioni sono enti autonomi con propri poteri
e funzioni, articolati secondo il principio di
sussidiarietà.
Hanno tutti autonomia statutaria, organizzativa, normativa, amministrativa finanziaria.
Ciascuno di tali enti ha una assemblea eletta
a suffragio universale diretto.
Se accorpati in enti locali di nuova istituzione, la Provincia ed il Comune possono assumere diverse denominazioni e funzioni”.
Art. 33.
(STATUTO DELLA REGIONE)
1. L’articolo 116 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 116. - Ciascuna Regione adotta uno
Statuto che disciplina la forma di governo e
l’organizzazione della Regione. nonché l’esercizio del Referendum, anche propositivo,
sulle leggi e sui provvedimenti amministrativi della Regione.
Lo Statuto definisce l’autonomia normativa
dei Comuni e delle Province. Prevede altresì
organi e procedure al fine di attuare e di
garantire le autonomie di cui all’articolo
115, secondo comma.
Lo Statuto è adottato a maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento regionale
ed è approvato mediante Referendum”.
Art. 34.
(FUNZIONI LEGISLATIVE DELLE
REGIONI)
1. L’articolo 117 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 117. - La Regione esercita in via esclusiva la potestà legislativa nelle materie che
non siano espressamente riservate allo Stato
dalla Costituzione.
In assenza di legislazione regionale si applicano le norme delle leggi statali”.
Art. 35.
(ATTIVITA” SOVRANAZIONALE DELLE
REGIONI)
1. Dopo l’articolo 117 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Art. 117-bis. - Le Regioni, nelle materie di
propria competenza, possono concludere
accordi con altri Stati o con enti territoriali
all’interno di un altro Stato. A tal fine la
Regione richiede l’assenso del Governo
nazionale. Dopo che sono trascorsi due mesi
dalla data della richiesta del parere da parte
del presidente della Regione e il Governo
nazionale non si è pronunciato, l’assenso si
considera dato.
La Regione recede dagli accordi stipulati in
Quaderni Padani - 69
base al primo comma su richiesta del
Governo nazionale. Se la Regione non
adempie a tale obbligo, il Governo nazionale
stesso procede al recesso.
La Regione partecipa, nelle forme e con
l’osservanza delle procedure previste dalla
legge dello Stato, alla formazione degli atti
dell’Unione europea aventi attinenza con le
proprie attribuzioni.
La Regione dà attuazione alle direttive
dell’Unione europea nelle materie di propria
competenza. In mancanza provvede lo
Stato”.
Art. 36.
(RIPARTIZIONE DELLE FUNZIONI
AMMINISTRATIVE)
1. L’articolo 118 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 118. - Con legge dello Stato sono
ripartite tra Regioni. Province, Comuni ed
altri enti locali le funzioni amministrative
nelle materie di competenza legislativa
regionale, secondo il criterio di sussidiarietà.
Le funzioni amministrative nelle materie di
competenza legislativa dello Stato possono
con legge dello Stato essere delegate alle
Regioni, alle Province, ai Comuni ed agli
altri enti locali”.
Art. 37.
(AUTONOMIE FINANZIARIE)
1. L’articolo 119 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 119. - Le Regioni, le Province e i
Comuni hanno autonomia finanziaria nelle
forme e nei limiti stabiliti da leggi dello
Stato di coordinamento della finanza pubblica.
Le Regioni impongono tributi propri in
armonia con i principi dell’ordinamento tributario nazionale e ad esse spettano quote
del gettito dei tributi erariali prodotti nel
rispettivo territorio.
Lo Stato trasferisce fondi alle Regioni solo
nel caso di limitate capacità fiscali ed esclusivamente allo scopo di promuovere il
riequilibrio delle aree meno favorite.
Alle Province e ai Comuni sono attribuiti
tributi propri, quote del gettito dei tributi
erariali prodotti nel rispettivo territorio e
fondi trasferiti idonei ad assicurare i servizi
essenziali in tutto il territorio nazionale.
Eventuali vincoli di destinazione delle
risorse trasferite dallo Stato alle Province e
ai Comuni riguardano esclusivamente le
materie riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 70”.
Art. 38.
(ORGANI DELLA REGIONE)
1. L’articolo 121 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 121. - Sono organi della Regione: il
Parlamento regionale, il Governo regionale
e il Presidente della Regione.
Il Parlamento regionale è eletto secondo le
norme stabilite con legge regionale ed esercita la potestà legislativa attribuita alla
Regione e le altre funzioni ad esso conferite
dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare
proposte di legge alle Camere.
Il Presidente e il Governo regionale sono
organi esecutivi della Regione.
Il Presidente rappresenta la Regione: pre-
70 - Quaderni Padani
siede il Governo regionale; promulga le
leggi ed emana i regolamenti regionali.
I casi di ineleggibilità e di incompatibilità
relativi a cariche ed uffici regionali sono
determinati con legge della Regione”.
Art. 39.
(CONDIZIONE DEL PARLAMENTARE
REGIONALE)
1. L’articolo 122 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 122. - Nessuno può appartenere contemporaneamente a più di un Parlamento
regionale, ovvero ad un Parlamento regionale ed alla Camera dei deputati.
I parlamentari regionali non possono essere
chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali”.
Art. 40.
(CONTENUTI DELLO STATUTO DELLA
REGIONE)
1. L’articolo 123 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 123. - Lo Statuto della Regione si
conforma ai principi della Costituzione”.
Art. 41. (COMMISSARIO DEL GOVERNO
NAZIONALE)
1. L’articolo 124 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 124. - Il Primo Ministro nomina, in
ogni Regione, un commissario del Governo
nazionale.
Il Commissario del Governo sovrintende
alla attività degli uffici periferici dello Stato
e la coordina con quella delle amministrazioni della Regione, delle Province e dei
Comuni”.
giorni. Trascorso tale periodo, la legge
regionale è promulgata e, quindi, pubblicata”.
Art. 45. (ARTICOLAZIONI
TERRITORIALI)
1. L’articolo 129 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 129. - Il territorio di ogni Comune fa
parte di una sola Provincia. Il territorio di
ogni Provincia fa parte di una sola Regione.
Le circoscrizioni di decentramento dell’amministrazione statale e le circoscrizioni giudiziarie coincidono con il territorio di una o
più Regioni, di una o più Province della
stessa Regione oppure di uno o più Comuni
della stessa Provincia. Le eventuali circoscrizioni di decentramento dell’amministrazione regionale coincidono con il territorio
di una o più Province o di uno o più Comuni
della stessa Provincia”.
Art. 46.
(CONTROLLO DI LEGITTIMITA” SUGLI
ATTI DI COMUNI E PROVINCE)
1. L”articolo 130 della Costituzione è abrogato.
Art. 47. (NUOVE REGIONI)
1. L’articolo 132 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 132. - Con legge costituzionale si
possono modificare il numero, i confini territoriali e le denominazioni delle Regioni,
sempre che la proposta sia approvata con
Referendum dalla maggioranza delle popolazioni interessate e le nuove Regioni che si
costituiscono abbiano almeno quattro milioni di abitanti”.
Art. 43.
(SCIOGLIMENTO DEL PARLAMENTO
REGIONALE)
1. L’articolo 126 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 126. - Il Presidente della Repubblica
può sciogliere il Parlamento regionale, sentito il suo presidente”.
Art. 48.
(MODIFICAZIONI RIGUARDANTI
PROVINCE E COMUNI)
1. L’articolo 133 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 133. - Con legge regionale. nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge dello
Stato, si possono modificare il numero, le
circoscrizioni e le denominazioni delle
Province e dei Comuni. Sempre che la proposta sia approvata con Referendum dalla
maggioranza delle popolazioni interessate.
I Comuni confinanti possono modificare le
rispettive circoscrizioni territoriali adeguandole all’evoluzione socio-economica delle
rispettive comunità”.
Art. 44.
(LEGISLAZIONE DELLE REGIONI)
1. Articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 127. - Al Commissario del Governo
nazionale è data immediata comunicazione
dell’approvazione di una legge regionale.
La legge approvata dal Parlamento regionale è promulgata non prima di quindici giorni dalla comunicazione al Commissario del
Governo nazionale ed entra in vigore non
prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione.
Il Governo nazionale, quando ritenga che
una legge approvata dal Parlamento regionale ecceda la competenza della Regione,
promuove, entro quindici giorni dalla
comunicazione della legge stessa, la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, che si pronuncia entro sessanta
Art. 49.
(FUNZIONI DELLA CORTE
COSTITUZIONALE IN MATERIA DI
PROTEZIONE DEI DIRITTI DI
AUTOAMMINISTRAZIONE E DEI DIRITTI INVIOLABILI)
1. Al primo comma dell’articolo 134 della
Costituzione sono aggiunti in fine i seguenti
periodi: “sui ricorsi dei Comuni e delle
Province per lesione dei diritti di autoamministrazione previsti dalla Costituzione e
dagli statuti regionali; sui ricorsi, presentati
secondo le modalità stabilite con legge dello
Stato, contro le decisioni delle Camere in
materia elettorale di cui all’articolo 66”.
2. All’articolo 134 della Costituzione sono
aggiunti, in fine, i seguenti commi:
“La Corte costituzionale giudica altresì sui
ricorsi di costituzionalità che possono essere presentati da chiunque si ritenga leso da
Art. 42.
(CONTROLLO DI LEGITTIMITA” SUGLI
ATTI DELLA REGIONE)
1. L’articolo 125 della Costituzione è
abrogato.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
un atto della pubblica autorità in uno dei
diritti inviolabili riconosciuti e garantiti
dalla Costituzione.
I ricorsi di cui al comma precedente sono
ammissibili solo dopo i vari gradi di giudizio
previsti per la tutela giurisdizionale ordinaria o amministrativa.
In ogni caso la Corte costituzionale può
decidere sui ricorsi di costituzionalità
comunque presentati, se ritenuti di rilevante
interesse generale oppure se al ricorrente
possano derivare gravi danni, immediati ed
irreparabili, durante il tempo occorrente per
la tutela giurisdizionale ordinaria o amministrativa”.
3. Dopo il primo comma dell’articolo 137
della Costituzione è inserito il seguente:
“Alla Corte costituzionale sono trasmesse
anche le ordinanze di manifesta infondatezza o di irrilevanza emesse nelle varie sedi
giurisdizionali. In tal caso la Corte può
comunque prendere in considerazione le
questioni proposte per la pretesa lesione di
diritti fondamentali”.
Art. 50.
(COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE)
1. Il primo comma dell’articolo 135 della
Costituzione è sostituito dai seguenti
commi:
“La Corte costituzionale è composta da
ventuno giudici, di cui sei nominati dal
Presidente della Repubblica. cinque dalla
Camera dei deputati, cinque dal Senato della
Repubblica e cinque dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa.
La Corte costituzionale può esercitare le
sue funzioni anche a mezzo di sezioni”.
Art. 51.
(REVISIONE DELLA COSTITUZIONE)
1. L’articolo 138 della Costituzione è
sostituito dal seguente:
“Art. 138. - Le leggi di revisione della
Costituzione e le altre leggi costituzionali
sono adottate a maggioranza assoluta dei
membri della Camera dei deputati con due
successive deliberazioni ad intervallo non
minore di tre mesi e, successivamente, dal
Senato della Repubblica a maggioranza dei
due terzi dei componenti.
Le leggi stesse sono sottoposte a
Referendum popolare quando, entro tre
mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano
domanda un quinto dei membri della
Camera dei deputati o del Senato della
Repubblica oppure cinque Parlamenti regionali oppure cinquecentomila elettori. La
legge sottoposta a Referendum è promulgata
se alla votazione ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e se è stata approvata con il voto favorevole della maggioranza
dei voti validamente espressi”.
Art. 52.
(PROCEDIMENTI SPECIALI)
1. Dopo l’articolo 138 della Costituzione
sono inseriti i seguenti:
“Art. 138-bis. - Le leggi che modificano
norme costituzionali, in conseguenza dell’esercizio delle competenze dello Stato in
materia internazionale o di Unione europea,
sono approvate dalla maggioranza assoluta
dei componenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica e ratificate
mediante un Referendum popolare che si
tiene entro tre mesi dall’ultima deliberazione parlamentare.
Art. 138-ter. - Le leggi che modificano la
ripartizione delle competenze tra gli enti di
cui all’articolo 114 sono approvate a maggioranza assoluta dei membri della Camera
dei deputati e dalla maggioranza dei quattro
quinti dei componenti del Senato della
Repubblica”.
Art. 53.
(DISPOSIZIONI TRANSITORIE IN
MATERIA DI NUOVE REGIONI)
1. In deroga all’articolo 132 della
Costituzione, come sostituito dall’articolo
47 della presente legge costituzionale, ed
entro il termine di decadenza di cinque anni
dalla data di entrata in vigore della presente
legge costituzionale, le Regioni con popolazione inferiore a quattro milioni di abitanti
hanno facoltà di promuovere la fusione con
Regioni vicine, secondo una procedura semplificata. sulla base delle deliberazioni concordi dei Parlamenti regionali interessati,
eventualmente approvate
da
un
Referendum facoltativo delle popolazioni
interessate da indirsi, ove richiesto, entro
tre mesi dalla data delle deliberazioni dei
Parlamenti regionali. Tale fusione è successivamente approvata con decreto del
Governo, da emanarsi secondo le procedure
di cui all’articolo 71-bis, secondo comma,
della Costituzione, come introdotto dall’arti-
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
colo 14 della presente legge costituzionale.
2. In deroga all’articolo 57 della
Costituzione, come sostituito dall’articolo 2
della presente legge costituzionale, la
Regione risultante dalla fusione tra due o più
Regioni, che avvenga entro cinque anni dalla
data di entrata in vigore della presente legge
costituzionale, è rappresentata nel Senato
della Repubblica da un numero di rappresentanti pari alla somma dei rappresentanti delle
Regioni che hanno proceduto alla fusione.
Art. 54.
(DISPOSIZIONI TRANSITORIE IN
MATERIA DI ESERCIZIO DELLE FUNZIONI ATTRIBUITE ALLE REGIONI)
1. Le Regioni, dopo la fusione ai sensi delle
disposizioni transitorie di cui all’arti colo 48,
possono deliberare, in occasione dell’adozione del nuovo Statuto ai sensi dell’articolo
116 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 33 della presente legge costituzionale, di non assumere temporaneamente l’esercizio delle nuove competenze ad esse
attribuite dalla presente legge costituzionale. Ove necessario, in base a tale deliberazione lo Stato, con legge approvata dalla maggioranza dei presenti della Camera dei deputati e dalla maggioranza dei componenti del
Senato della Repubblica, stabilisce le modalità di esercizio delle competenze temporaneamente non esercitate dalla Regione.
2. La deliberazione di mancata assunzione
ha effetto fino al sessantesimo giorno successivo alla data della prima riunione del
nuovo Parlamento regionale. Le Regioni
hanno facoltà di rinnovare la deliberazione
di rinuncia soltanto per un’altra legislatura.
In caso di mancata pronuncia, le competenze temporaneamente non assunte sono esercitate dalle Regioni stesse”.
Art. 55.
(DISPOSIZIONE FINALE
RIGUARDANTE LE REGIONI A
STATUTO SPECIALE)
1. La Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto
Adige, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle
d’Aosta continuano ad esercitare le competenze legislative nelle materie attribuite al
momento dell’entrata in vigore della presente legge costituzionale, anche se ricomprese
tra quelle riservate allo Stato dall’articolo 70
della Costituzione, come sostituito dall’articolo 6 della presente legge costituzionale.
Quaderni Padani - 71
Costituzione della Comunità
politica dei popoli del Nord
Documento presentato, nell’aprile del 1996, al
“Parlamento del Nord” (Villa Berni, Bagnolo San
Vito, Mantova).
Il testo è stato redatto da Rolando Fontan e da
Francesco Speroni
DICHIARAZIONE
di Autodeterminazione, Sovranità e
Associazione
TESTO COSTITUZIONALE
I popoli del Nord che vivono nelle seguenti
Regioni:
Emilia
Friuli
Liguria
Lombardia
Marche
Piemonte
Romagna
Toscana
Trentino - Alto Adige Südtirol
Umbria
Valle d”Aosta
Veneto
Venezia Giulia
nella piena e responsabile consapevolezza
di appartenere ad un”area multiregionale
fortemente integrata al suo interno pur
nella riconosciuta e rispettata diversità dei
singoli territori che la compongono;
nella piena e responsabile consapevolezza
di formare già una Comunità naturale, culturale e socio-economica fondata su un
condiviso patrimonio di valori, di cultura,
storia e su analoghe condizioni sociali ed
economiche;
volendo assicurare la loro piena ed attiva
partecipazione al processo d”integrazione
economica, sociale, culturale e politica rappresentato dall”Unione Europea in via di
costruzione;
esprimono la più profonda preoccupazione
per la gravissima crisi morale, istituzionale
e politica che sta attraversando ormai da
anni la Repubblica Italiana e per il cui
superamento appare indispensabile la
società e le istituzioni politiche; a partire
dalle periferie e dagli enti territoriali di
base.
Essi riconoscono come principi politici fondamentali:
- i diritti dell”uomo inteso sia come singolo
individuo sia come componente dei gruppi
naturali, culturali, territoriali ed economico-sociali entro i quali esso si forma, vive e
produce;
- l”inalienabile potere sovrano dei popoli e
il loro diritto all”autoderminazione;
desiderando rinnovare ed aggiornare alle
esigenze assai mutate dei popoli, dei cittadini e dei produttori la Costituzione della
Repubblica Italiana entrata in vigore il 1
gennaio 1948 e tuttora vigente;
considerando che l”attività di revisione
costituzionale iniziata nel 1984 dal
72 - Quaderni Padani
Parlamento della Repubblica Italiana con la
Commissione Bicamerale presieduta
dall”On. Aldo Bozzi e proseguita con forme
e strumenti diversi, parlamentari e governativi, nel corso di ben dodici anni non ha
portato ad alcun risultato;
• ritenuto che la sovranità popolare deve
potersi, comunque e sempre, esprimere
anche con consultazioni popolari di carattere orientativo per il miglioramento ed il
progresso delle istituzioni di rappresentanza popolare;
• ritenuto che senza una attiva iniziativa e
partecipazione dei popoli e dei cittadini alla
ridefinizione del “patto” tra loro esistente
la vita politica della Repubblica Italiana è
destinata a subire un ulteriore e gravissimo
degrado tale da menomare grandemente le
libertà, le proprietà e la sicurezza dei singoli cittadini e delle loro Comunità;
• per tutto questo essi affermano solennemente che la Comunità culturale, sociale,
economica e politica nella quale essi vivono
è fatta in primo luogo da tutti coloro,
uomini e donne, che la abitano e che ogni
giorno la alimentano e la rendono forte e
dignitosa con il loro lavoro ed i loro sacrifici;
che, conseguentemente, nel pieno rispetto
di tutti gli altri popoli, hanno il diritto ed il
dovere di affermare la loro libertà di scelta
circa il proprio avvenire e le sue forme di
organizzazione politica, sociale e istituzionale;
• affermano altresì
di volere dotarsi di tutti i poteri sovrani
costitutivi di una nuova Comunità politica
la quale pacificamente cooperi con ogni
altra Comunità della Repubblica Italiana e
dell”Unione Europea. Chiedono pertanto
nella democratica e partecipata forma di un
referendum propositivo da sottoporre al
suffragio dell”intera Comunità politica dei
popoli del Nord un orientamento fondato
sul seguente Progetto di Costituzione della
Comunità politica dei popoli del Nord;
di volere fondare tale Comunità su due fondamentali principi:
-) la Sovranità dei popoli;
-) l”Associazione della nuova Comunità
politica alle altre analoghe realtà politiche,
socio-economiche ed istituzionali, che
auspicano si formino nell”area italiana e
nell”Europa comunitaria.
PREAMBOLO
In forza del principio di autodeterminazione dei popoli, solennemente sancito nella
Carta delle Nazioni Unite e nell”Atto finale
della Conferenza di Helsinki, la Comunità
naturale, culturale, sociale ed economica
dei popoli del Nord di Emilia, Friuli,
Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte,
Romagna, Trentino - Alto Adige Südtirol,
Umbria, Valle d”Aosta, Veneto, Venezia
Giulia, dichiara e afferma la volontà di
costituirsi in Comunità politica dei popoli
del Nord, sovrana e disciplinata dalla
seguente Costituzione.
NORMA SPECIALE
La Comunità politica dei popoli del Nord è
impegnata a modificare in forma negoziata
e paritaria le norme contenute nel presente
Testo Costituzionale per adeguarle agli
accordi associativi stipulandi con le altre
Comunità politiche della Repubblica
Italiana e con quelle dell”Unione Europea.
Tutte le modifiche saranno, comunque,
sottoposte a referendum popolare.
I rappresentanti eletti nel Parlamento della
Repubblica Italiana si impegnano a far si
che, nell”ambito della revisione in senso
federale della attuale Costituzione, si adottino i principi contenuti nel presente testo:
COSTITUZIONE
ART.1
La Repubblica è fondata sui diritti dell’uomo e sul diritto di autodeterminazione dei
popoli.
I suoi valori fondamentali sono la libertà
individuale, il lavoro, e la solidarietà tra i
cittadini.
ART.2
La sovranità risiede nell’universalità dei cittadini. Viene esercitata dal popolo o direttamente nei modi determinati dalla
Costituzione o mediante i tre poteri, tra di
loro distinti e separati, il Legislativo,
l’Esecutivo ed il Giudiziario.
ART.3
La Repubblica si organizza conformemente
al principio di sussidiarietà, sia per quanto
riguarda i singoli cittadini e le formazioni
sociali, sia per quanto riguarda i soggetti
pubblici territoriali e non territoriali,
nazionali ed internazionali.
ART.4
La Repubblica è costituita dalle seguenti
Regioni:
Emilia
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Romagna
Friuli
Liguria
Lombardia
Marche
Piemonte
Toscana
Trentino - Alto Adige Südtirol
Umbria
Valle d”Aosta
Veneto
Venezia Giulia
ART.5
Ciascuna Regione si dà, nel rispetto della
Costituzione, il proprio ordinamento interno.
La Regione emana norme legislative nelle
materie non riservate alla esclusiva competenza legislativa dello Stato.
Le leggi della Repubblica demandano alla
Regione il potere di emanare norme per la
loro attuazione.
Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una norma regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere
questione di legittimità davanti alla Corte
Costituzionale.
ART.6
Per le materie di rispettiva competenza le
Regioni hanno relazioni dirette con gli stati
esteri e con le organizzazioni internazionali.
ART.7
La Regione non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito fra le
Regioni.
Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le
Regioni.
Non può limitare il diritto dei cittadini di
esercitare in qualunque parte del territorio
federale la loro professione, impiego o lavoro.
ART.8
Due o più Regioni possono deliberare la
loro fusione, previo accertamento della
volontà dei cittadini mediante referendum
vincolante nelle singole regioni.
La creazione di nuove Regioni per divisione
di Regioni esistenti è attuata con determinazione delle Regioni interessate e previa
consultazione referendaria vincolante dei
cittadini residenti nei territori delle costituende nuove Regioni.
La creazione di nuove Regioni per aggregazione di territori facenti parti di altre
Regioni è attuata con determinazione delle
Regioni interessate, previa consultazione
referendaria vincolante dei cittadini residenti nei territori delle costituende nuove
Regioni.
ART.9
Una parte di territorio con un numero di
abitanti non inferiore al milione o centomila se appartenenti ad un gruppo etnico
riconosciuto ha diritto a secedere, costituendosi in Stato indipendente o aggregandosi ad altro Stato, previo referendum,
richiesto da non meno di un quarto dei cittadini residenti , che riceva il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto.
ART.10
Gli enti locali territoriali hanno piena auto-
nomia normativa nel settore istituzionale
ed amministrativo, autonomia finanziaria
di entrata e di spesa, autogoverno nelle
forme della democrazia diretta e rappresentativa, autonomia statutaria ed organizzativa.
ART.11
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e
sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
ART.12
L”italiano è la lingua ufficiale della
Repubblica Federale. Le lingue proprie
delle singole regioni e comunità saranno
ugualmente ufficiali nei rispettivi territori.
ART.13
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Esse hanno
il diritto di organizzarsi secondo i propri
statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico federale.
I loro rapporti con la Repubblica sono regolati per legge sulla base di intese con le
relative rappresentanze.
ART.14
L’ordinamento giuridico federale si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute e del diritto
dell’Unione Europea.
La condizione giuridica dello straniero è
regolata dalla legge in conformità alle
norme e ai trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo
paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione,
ha diritto di asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite
dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici, salvo che per delitti di
genocidio.
ART.15
La Repubblica ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri
popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali.
A tale scopo la Repubblica aderisce ai principi ed ai valori delle Nazioni Unite ed
impegna la sua politica a realizzarli.
La Repubblica collabora allo sviluppo
dell’Unione Europea per la realizzazione
degli Stati Uniti d’Europa.
ART.16
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale,
né qualsiasi altra restrizione della libertà
personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza,
indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere
comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida
nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
» punita ogni violenza fisica e morale sulle
persone comunque sottoposte a restrizione
di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
carcerazione preventiva.
ART.17
Il domicilio è inviolabile.
Non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi
stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di
sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.
ART.18
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto
per atto motivato dell’autorità giudiziaria
con le garanzie stabilite dalla legge.
ART.19
Tutti hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al
pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono
vietarle soltanto per comprovati motivi di
sicurezza o di incolumità pubblica.
ART.20
Tutti hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione per fini che non
sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e
quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.
ART.21
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi
forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in
pubblico il culto, purché non si tratti di
riti contrari al buon costume.
ART.22
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali
limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità
giuridica e ogni forma di attività.
ART.23
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,
lo scritto, l’immagine ed ogni altro
mezzo di comunicazione, con i soli limiti
previsti dalla legge a tutela dei diritti della
persona.
Nessuna manifestazione del pensiero può
essere soggetta a censura. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a reprimere
manifestazioni contrarie al buon costume,
nonché a prevenire ed a reprimere quelle
che possano ledere i minori nella formazione della loro personalità e cultura.
Nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge
tutti hanno il diritto di ricercare, trasmettere e ricevere informazioni. Sono vietate la
raccolta e l’uso di informazioni che implichino discriminazioni o lesioni dei diritti
fondamentali della persona.
La Repubblica garantisce il pluralismo dei
sistemi informativi. La legge detta le norme
necessarie per impedire le concentrazioni.
Stabilisce la pubblicità della proprietà e dei
mezzi di finanziamento della stampa e delle
Quaderni Padani - 73
emittenti radiofoniche e televisive.
Definisce le modalità per l’istituzione e l’esercizio di emittenti radiotelevisive da parte
di privati. Disciplina il diritto di rettifica e
le condizioni per l’accesso di singoli e di
gruppi al servizio pubblico radiotelevisivo.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni, iscrizioni, procedure o altri
obblighi, eccettuati quelli posti dalle leggi
fiscali e di tutela del lavoro, che limitino,
vincolino o ritardino in qualunque modo la
possibilità di libera espressione del pensiero.
Si può procedere a sequestro di mezzi di
diffusione dell’informazione soltanto per
atto motivato dell’Autorità giudiziaria nel
caso di delitti, per i quali la legge lo preveda.
In tali casi, quando vi sia assoluta
urgenza e non sia possibile il tempestivo
intervento dell’Autorità giudiziaria, il
sequestro può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro
ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto
ART.24
Nessuno può essere privato, per motivi
politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.
ART.25
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge.
ART.26
Tutti possono agire in giudizio per la tutela
dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e
grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi
davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi
per la riparazione degli errori giudiziari.
ART.27
Nessuno può essere distolto dal giudice
naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza
di una legge che sia entrata in vigore prima
del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di
sicurezza se non nei casi previsti dalla
legge.
ART.28
L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per
reati politici, salvo che per i delitti di genocidio.
ART.29
La responsabilità penale è personale.
L’imputato è considerato innocente sino
alla sentenza di condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari ai principi di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte.
ART.30
I funzionari e i dipendenti dello Stato e
degli enti pubblici sono direttamente
74 - Quaderni Padani
responsabili, secondo le leggi penali, civili e
amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti e di interessi legittimi. In
tali casi la responsabilità civile si estende
allo Stato e agli enti pubblici.
ART.31
Per il conferimento delle più alte cariche
federali dovrà adottarsi un criterio che
veda, in un rapporto adeguato, tali cariche
assegnate a dirigenti provenienti da tutte le
Regioni della Repubblica.
I dirigenti locali dei pubblici uffici federali
devono, di norma, provenire dalla Regione
in cui ha sede l’ufficio cui sono preposti.
La legge determina le modalità di applicazione.
ART.32
La Repubblica riconosce i diritti della
famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza
morale e giuridica dei coniugi.
ART.33
» dovere e diritto dei genitori, mantenere,
istruire ed educare i figli, anche se nati
fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge
provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del
matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima.
ART.34
La salute è tutelata come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività. Agli indigenti sono garantite cure
gratuite
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana.
ART.35
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento.
ART.36
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione di base, impartita per almeno
dieci anni, è obbligatoria e gratuita.
Enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione.
I capaci e meritevoli, anche se privi di
mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi
più alti degli studi.
Questo diritto è reso effettivo con borse di
studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per
concorso.
ART.37
Il diritto al lavoro è tutelato in tutte le sue
forme ed applicazioni.
ART.38
L”economia della Repubblica si basa
sull”esistenza e garanzia del libero mercato, sul lavoro in tutte le sue forme, sulla
libera iniziativa economica dei cittadini.
La legge fissa le norme che disciplinano e
garantiscono l”effettivo e continuativo
esercizio della concorrenza ed il libero
accesso ai mercati.
La comunità garantisce la formazione e
l”elevazione professionale dei lavoratori;
promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali, intesi ad afferma-
re e regolare i diritti della libera iniziativa e
del lavoro; riconosce la libertà di circolazione dei capitali e dei beni al proprio interno
e verso l”esterno.
ART.39
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione
proporzionata alla quantità e qualità del
suo lavoro e in ogni caso adeguata ad assicurare a sè e alla famiglia un”esistenza libera e dignitosa.
ART.40
I lavoratori di entrambi i sessi hanno gli
stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni. Le condizioni di lavoro devono consentire alla donna l”adempimento
della sua essenziale funzione materna, assicurando alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.
La comunità tutela il lavoro dei minori con
speciali norme e garantisce ad essi, a parità
di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
ART.41
La comunità tutela la salute come fondamentale diritto della persona e interesse
della società e garantisce cure e assistenze
gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in
nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto dei diritti dell”uomo.
ART.42 Ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha
diritto al mantenimento e all”assistenza
sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano previsti
ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia,
invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
I disabili fisici e psichici hanno diritto
all”educazione e all”avviamento professionale.
L”assistenza privata è libera. E” garantita ai
cittadini la libertà di scelta tra assistenza
pubblica ed assistenza privata secondo le
forme disposte dalla legge.
ART.43
L”organizzazione sindacale è libera.
L”ordinamento interno e l”attività
dell”organizzazione sindacale devono essere conformi ai principi della democrazia.
La legge determina i criteri per l”accertamento della rappresentatività dei sindacati.
I bilanci dei sindacati devono essere pubblici, devono essere sottoposti ad un controllo
indipendente, e devono essere depositati
nelle forme di legge.
ART.44
Il diritto di sciopero si esercita nell”ambito
delle leggi che lo regolano.
ART.45
L”organizzazione dei partiti politici è libera. I bilanci dei partiti politici devono essere pubblici, devono essere sottoposti ad un
controllo indipendente, e devono essere
depositati nelle forme di legge.
ART.46
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i con-
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
trolli opportuni perché l’attività economica
pubblica e privata possa essere indirizzata
e coordinata a fini sociali.
ART.47
La proprietà è pubblica o privata. I beni
economici appartengono allo Stato, ad enti
o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo
di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi
previsti dalla legge, e salvo indennizzo,
espropriata per motivi d’interesse generale.
ART.48
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e
donne, che hanno raggiunto la maggiore
età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto.
Il diritto di voto non può essere limitato se
non per incapacità civile o per effetto di
sentenza penale irrevocabile o nei casi di
indegnità morale indicati dalla legge.
ART.49
Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in
condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare
ai cittadini della Repubblica, i cittadini
dell’Unione Europea.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo
necessario al loro adempimento e di
conservare il suo posto di lavoro.
ORDINAMENTO
ART.50
L’Assemblea federale si compone
dell’Assemblea nazionale e dell’Assemblea
delle Regioni.
L’Assemblea federale si riunisce in seduta
comune dei membri delle due Assemblee
nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.
ART.51
L’Assemblea delle Regioni è composta dai
membri dei Governi regionali, che li nominano e li revocano; i medesimi Governi
regionali nominano e revocano per ciascun
proprio membro dell’Assemblea un sostituto, egualmente membro del Governo regionale, che può rappresentare il titolare. Ogni
Regione ha almeno tre membri
dell’Assemblea, cui si aggiunge un membro
per ogni due milioni di abitanti o frazione.
I membri dell’Assemblea appartenenti alla
medesima Regione esprimono voto unitario e numericamente pari al numero dei
membri, o sostituti, presenti.
ART.52
L ‘Assemblea nazionale è eletta a suffragio
universale e diretto.
Il numero dei deputati all’Assemblea nazionale è di duecento.
Sono eleggibili a membri dell’Assemblea
nazionale tutti gli elettori che nel giorno
delle elezioni hanno compiuto la maggiore
età. La ripartizione dei seggi tra le Regioni
si effettua, dopo aver assegnato un minimo
di due seggi per ciascuna Regione, dividen-
do il numero degli abitanti della
Repubblica, quale risulta dall”ultimo censimento generale della popolazione, per il
numero restante dei seggi e distribuendoli
in proporzione alla popolazione di ogni
Regione, sulla base dei quozienti interi e
dei più alti resti.
Ciascuna Regione adotta e modifica le
norme per l’elezione dei membri
dell’Assemblea nazionale ad essa spettanti.
ART.53
L’Assemblea nazionale è eletta per cinque
anni.
ART.54
Le elezioni dell’Assemblea nazionale hanno
luogo fra il novantesimo ed il settantesimo
giorno precedente la fine della precedente.
La prima riunione ha luogo non oltre il
ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non sia riunita la nuova Assemblea
nazionale sono prorogati i poteri della precedente.
ART.55
L’Assemblea nazionale si riunisce di diritto
il primo giorno non festivo di febbraio e di
ottobre.
Ciascuna Assemblea può essere convocata
in via straordinaria per iniziativa del suo
Presidente o del Presidente della
Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.
ART.56
Ciascuna Assemblea elegge fra i suoi componenti il Presidente e l”Ufficio di presidenza.
Quando L’Assemblea federale si riunisce in
seduta comune, il Presidente e l”Ufficio di
presidenza sono quelli dell’Assemblea
nazionale.
ART.57
Ciascuna Assemblea adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi
componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna
delle due Assemblee e L’Assemblea federale
riunita possono deliberare di adunarsi in
seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Assemblea e
dell’Assemblea federale non sono valide se
non è presente la maggioranza dei loro
componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la
Costituzione prescriva una maggioranza
speciale.
I membri del Governo, anche se non fanno
parte delle Assemblee, hanno diritto di assistere alle sedute. Se richiesti, hanno obbligo di assistere alle sedute, anche tramite
rappresentanti appartenenti al proprio
dicastero. Devono essere sentiti ogni volta
che lo richiedano.
ART.58
La legge determina i casi di ineleggibilità e
di incompatibilità con l”ufficio di deputato.
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Assemblee.
ART.59
L’Assemblea nazionale giudica dei titoli di
ammissione dei suoi componenti e delle
cause sopraggiunte di ineleggibilità e di
incompatibilità.
ART.60
I membri del Assemblea federale non possono essere perseguiti in sede penale, civi-
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
le, ed amministrativa, per le opinioni
espresse e i voti dati nell”esercizio delle
loro funzioni.
Senza autorizzazione dell’Assemblea alla
quale appartiene, nessun membro del
Assemblea federale può essere sottoposto a
perquisizione personale o domiciliare, salvo
che sia colto nell”atto di commettere un
delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l”ordine di custodia.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre
in arresto o mantenere in detenzione un
membro del Assemblea federale in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.
Eguali autorizzazioni sono richieste per gli
atti amministrativi equipollenti.
ART.61
I membri dell’Assemblea nazionale ricevono una indennità stabilita dalla legge.
ART.62
L”iniziativa delle leggi appartiene al
Governo, a ciascun membro delle Camere
ed agli organi ed enti ai quali sia conferita
da legge costituzionale.
Il popolo esercita l”iniziativa delle leggi,
mediante la proposta, da parte di almeno
cinquantamila elettori, di un progetto
redatto per articoli.
Sono presentati all’Assemblea delle Regioni
i progetti di legge di iniziativa del Governo
e dei membri della stessa Assemblea delle
Regioni; gli altri progetti sono presentati
all’Assemblea nazionale.
ART.63
Lo stato è competente ad esercitare la funzione legislativa in via esclusiva nelle
seguenti materie:
- leggi costituzionali nazionali e di revisione della costituzione
- elezione del parlamento federale ed
Europeo
- ordinamento degli organi e degli uffici
nazionali
- cittadinanza stato civile;
- relazioni internazionali e conclusioni di
trattati ed alleanze nel solo ambito
delle competenze nazionali;
- difesa e forze armate;
- servizi speciali di sicurezza;
- rapporti con la Chiesa Cattolica e le altre
Confessioni religiose;
- moneta, credito a carattere federale, contabilità dello Stato;
- normativa tecnica, pesi, misure, determinazione del tempo;
- ordinamento delle giurisdizioni;
- statistica federale;
- poste e telecomunicazioni ed informazione televisiva d”interesse federale
- ordinamento della navigazione marittima
ed aerea.
- ordinamento amministrativo, contabile e
tributario federale;
- ordinamento civile, penale, processuale;
- immigrazione ed emigrazione;
- diritto del lavoro;
- statuti previdenziali obbligatori;
- ordinamento delle professioni;
- livelli minimi inderogabili di prestazioni
sanitarie;
- armi ed esplosivi di uso non individuale;
- criteri fondamentali per la ricerca scientifica e tecnologica;
- tutela della concorrenza;
Quaderni Padani - 75
- energia nucleare;
- trasporti e comunicazioni di interesse
federale;
- disciplina della circolazione;
- tutela della proprietà letteraria, artistica
ed intellettuale, marchi e brevetti;
- opere pubbliche e disciplina dell”espropriazioni per pubblica utilità afferenti
le materie di competenza federale;
ART.64
Ogni disegno di legge, presentato ad una
Assemblea è, secondo le norme del suo
regolamento, esaminato da una commissione e poi dall’Assemblea stessa, che l”approva articolo per articolo e con votazione
finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti
abbreviati per i disegni di legge dei quali è
dichiarata l”urgenza.
Può anche stabilire in quali casi e forme
l”esame e l”approvazione dei disegni di
legge sono deferiti a commissioni, anche
permanenti.
Anche in tali casi, fino al momento della
sua approvazione definitiva, il disegno di
legge è rimesso all’Assemblea, se il Governo
o un decimo dei componenti
dell’Assemblea o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato
dall’Assemblea stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole
dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle
commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte dell’Assemblea è
sempre adottata per i disegni di legge in
materia costituzionale ed elettorale e per
quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali,
di approvazione di bilanci e consuntivi.
ART.65
L”esercizio della funzione legislativa non
può essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi
e soltanto per tempo limitato e per soggetti
definiti.
Il Governo non può, senza delegazione
delle Camere, emanare decreti che abbiano
valore di legge ordinaria.
ART.66
Le leggi sono promulgate dal Presidente
della Repubblica Federale entro un mese
dall’approvazione.
Se le Assemblee, ciascuna a maggioranza
assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel
termine da esse stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la
promulgazione ed entrano in vigore il
quindicesimo giorno successivo alla loro
pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
ART.67
» indetto referendum popolare per deliberare l”abrogazione, totale o parziale, di una
legge o di un atto avente valore di legge o
per approvare una proposta di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o
due regioni.
Non è ammesso il referendum per le leggi
tributarie e di bilancio, di amnistia e di
indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
76 - Quaderni Padani
Hanno diritto di partecipare al referendum
tutti i cittadini chiamati ad eleggere
L’Assemblea nazionale.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la
maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente
espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.
Non è ammesso il referendum per le leggi
tributarie e di bilancio, di amnistia e di
indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum
tutti i cittadini chiamati ad eleggere
L’Assemblea nazionale.
ART.68
Le Assemblee deliberano lo stato di guerra
e conferiscono al Governo i poteri necessari.
ART.69
L’amnistia e l’indulto sono concessi dal
Presidente della Repubblica Federale su
legge di delegazione delle Assemblee.
Non possono applicarsi ai reati commessi
successivamente alla proposta di delegazione.
ART.70
Ogni accordo o trattato di natura internazionale è portato dal Governo a conoscenza
delle Assemblee prima della sua sottoscrizione.
Su richiesta di un quarto dei componenti di
una delle Assemblee, da presentarsi entro i
successivi trenta giorni, il Parlamento si
pronuncia sull’accordo o trattato.
Decorso il termine senza che sia stata presentata la richiesta di esame, si intende che
il Parlamento consente, a tutti i fini, l’ulteriore corso dell’accordo o trattato.
E” sempre autorizzata con legge la ratifica
degli accordi o trattati internazionali che
importano variazioni del territorio od oneri
alle finanze o modificazioni di leggi e di
quelli relativi all’assunzione di obblighi
militari.
ART.71
Le Assemblee approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal
Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per
legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio
non si possono stabilire nuovi tributi e
nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove e
maggiori spese deve indicare i mezzi per
farvi fronte.
ART.72
Ciascuna Assemblea può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A
tale scopo nomina fra i propri componenti
una commissione formata in modo da
rispecchiare la proporzione dei vari gruppi.
La commissione di inchiesta procede alle
indagini e agli esami con gli stessi poteri e
le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria.
ART.73
Il Presidente della Repubblica è eletto
dall’Assemblea federale.
L”elezione ha luogo per scrutinio segreto a
maggioranza dei membri. Se nella terza
votazione non sia stata raggiunta la prevista maggioranza, si procede ad una successiva votazione di ballottaggio fra i due che
hanno ottenuto nel precedente scrutinio il
maggior numero di voti. » eletto chi consegue il maggior numero di voti; in caso di
parità, è eletto il più anziano.
ART.74
Può essere eletto Presidente federale ogni
cittadino che abbia compiuto quarant’anni
d”età e goda dei diritti civili e politici.
L”ufficio di Presidenza della Repubblica è
incompatibile con qualsiasi altra carica.
L”assegno e la dotazione del Presidente
sono determinati per legge.
ART.75
Il Presidente federale è eletto per quattro
anni.
Quaranta giorni prima che scada il termine, il Presidente dell’Assemblea nazionale
convoca in seduta comune l’Assemblea
federale per eleggere il nuovo Presidente
federale.
Se l’Assemblea federale è sciolta o mancano
meno di tre mesi alla sua cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla
riunione della nuova Assemblea. Nel frattempo sono prorogati i poteri del
Presidente in carica.
ART.76
Le funzioni del Presidente federale, in ogni
caso egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente dell’Assemblea nazionale.
In caso di impedimento permanente o di
morte o di dimissioni del Presidente federale, il Presidente dell’Assemblea nazionale
indice la elezione del nuovo Presidente
federale entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se l’Assemblea nazionale è sciolta o mancano meno di tre mesi
alla sua cessazione.
ART.77
Il Presidente federale è il Capo dello Stato e
rappresenta la federazione.
Indice le elezioni dell’Assemblea nazionale
e ne fissa la prima riunione.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi
valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa,
quando occorra, l”autorizzazione delle
Assemblee.
Ha il comando supremo delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa
costituito secondo la legge, dichiara lo
stato di guerra deliberato dalle Assemblee.
Può concedere grazie e commutare le pene.
ART.78
Nessun atto del Presidente federale è valido
se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli
altri indicati dalla legge sono controfirmati
anche dal Presidente del Consiglio dei
ministri.
ART.79
Il Presidente federale non è responsabile
degli atti compiuti nell”esercizio delle sue
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
funzioni, tranne che per alto tradimento o
per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa
dall”Assemblea Federale in seduta comune,
a maggioranza assoluta dei suoi membri.
ART.80
Il Presidente federale, prima di assumere le
sue funzioni, presta giuramento di fedeltà
alla Federazione e di osservanza della
Costituzione dinanzi all”Assemblea
Federale in seduta comune.
ART.81
Il Governo federale è composto dal Primo
Ministro federale e dai ministri federali.
ART.82
Il Primo Ministro federale dirige la politica
generale del Governo e ne è responsabile.
Mantiene l”unità di indirizzo politico ed
amministrativo, promuovendo e coordinando l”attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente
degli atti del Governo, e individualmente
degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all”ordinamento del
Governo e determina il numero, le attribuzioni e l”organizzazione dei ministeri.
ART.83
Il Primo Ministro federale è eletto
dall’Assemblea Federale su proposta del
Presidente federale.
» eletto se ottiene i voti della maggioranza
dei membri dell’Assemblea nazionale.
Se il proposto non ottiene tale maggioranza, l’Assemblea nazionale entro dieci giorni
si riunisce per procedere alla elezione, con
la medesima maggioranza, di un Primo
Ministro federale che non sia quello precedentemente proposto.
Se la votazione non ha luogo entro il termine fissato o non dà esito positivo, il
Presidente federale scioglie l’Assemblea
Nazionale.
Il Presidente federale, a seguito dell’esito
positivo della votazione dell’Assemblea
Nazionale nomina il Primo Ministro federale.
ART.84
I ministri federali sono nominati e revocati
dal Presidente federale su proposta del
Primo Ministro federale.
Ciascun ramo dell’Assemblea federale può
proporre una mozione di sfiducia contro
un singolo ministro; se la mozione è approvata, il Presidente federale revoca il ministro.
Non è consentito, attraverso la procedura
della sfiducia individuale, sfiduciare l’insieme dei ministri.
ART.85
L’Assemblea nazionale può esprimere la sfiducia al Primo Ministro federale solo se
elegge a maggioranza dei suoi membri un
nuovo Primo Ministro federale.
ART.86
Il Primo Ministro federale può proporre
una mozione di fiducia; qualora essa non
sia approvata dalla maggioranza
dell’Assemblea nazionale, il Presidente
federale scioglie l’Assemblea federale entro
venti giorni, a meno che questa, entro tale
periodo di tempo, non abbia eletto a maggioranza dei suoi membri un nuovo Primo
Ministro federale.
Non può porsi questione di fiducia da parte
del Il Primo Ministro federale su alcuna
materia in votazione.
ART.87
Il Governo è in carica sino alla nomina del
successivo.
ART.88
L’Amministrazione pubblica è disciplinata
da Statuti e Regolamenti sulla base di principi determinati dalle leggi.
Gli indirizzi dell’Amministrazione sono
determinati dagli organi istituzionali degli
enti.
Le Amministrazioni sono separate dai
rispettivi organi istituzionali.
Gli organi istituzionali sono coadiuvati,
nell’esercizio delle proprie funzioni, da uffici composti da personale strettamente
necessario allo scopo.
Le autorità indipendenti sono costituite
con legge. Gli organi istituzionali non ne
determinano gli indirizzi né la composizione.
ART.89
Contro le azioni ed omissioni dell’amministrazione, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale per motivi di legittimità.
La tutela deve essere efficace e comprendere il risarcimento per ogni lesione arrecata
illegittimamente.
La legge prevede ricorsi amministrativi ed
altri istituti idonei a favorire la risoluzione
non giurisdizionale delle controversie con
la pubblica amministrazione.
La legge definisce i requisiti di ammissione
ed i criteri di specializzazione dei magistrati addetti agli organi giurisdizionali che
conoscono delle controversie con la pubblica amministrazione.
ART.90
La giustizia è amministrata in nome del
popolo.
I giudici ed i magistrati inquirenti sono
soggetti soltanto alla legge.
ART.91
La funzione giurisdizionale è esercitata da
magistrati ordinari istituiti e regolati
dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.
Sono istituite sezioni specializzate per
determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla
magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.
ART.92
La magistratura costituisce un ordine
autonomo indipendente da ogni altro potere.
ART.93
Il reclutamento dei magistrati è previsto su
base regionale.
I ruoli dei magistrati sono suddivisi tra
inquirenti e giudicanti.
La legge sull’ordinamento giudiziario disciplina la nomina, elettiva, di magistrati
onorari per tutte le funzioni non inquirenti attribuite a giudici singoli.
ART.94
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se
non in seguito a decisione dell’organo di
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
autogoverno, adottato per i motivi e con le
garanzie di difesa stabiliti dall’ordinamento
giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
Il Pubblico ministero gode delle garanzie
stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
ART.95
Le norme sull’ordinamento giudiziario e su
ogni magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei giudici, del Pubblico ministero, e degli estranei che partecipano all’amministrazione
della giustizia.
ART.96
La magistratura inquirente dispone direttamente della polizia giudiziaria.
ART.97
Tutti i provvedimenti giurisdizionali
devono essere motivati .
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali, è sempre
ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale
norma soltanto per le sentenze dei
Tribunali militari in tempo di guerra..
ART.98
Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.
ART.99
Contro gli atti della Pubblica
Amministrazione è sempre ammessa la
tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi legittimi dinanzi agli organi di
giurisdizione.
Tale tutela giurisdizionale non può essere
esclusa o limitata a particolari mezzi di
impugnazione o per determinate categorie
di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della
Pubblica Amministrazione nei casi e con
gli effetti previsti dalla legge stessa.
ART.100
La magistratura costituisce un potere autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è
presieduto dal Presidente della
Federazione.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di
cassazione. Gli altri componenti sono eletti
per un terzo dai magistrati inquirenti, per
un terzo dai magistrati giudicanti, e per un
terzo dagli avvocati, tra gli appartenenti
alle rispettive categorie.
Il Consiglio elegge un vice-presidente.
I membri elettivi del Consiglio durano in
carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, Finché sono in carica, essere
iscritti negli albi professionali, né far parte
del Parlamento di un”assemblea pubblica
elettiva.
ART.101
La redazione dei conti pubblici deve essere
fondata sui principi della trasparenza e
della chiarezza, in modo che siano individuate le fonti, la natura, la destinazione e
l’entità delle entrate e delle spese annuali,
pluriennali e permanenti.
I bilanci dei Comuni, delle Province, delle
Quaderni Padani - 77
Regioni e della Repubblica sono predisposti
sulla base del principio della competenza
economica.
La legge, tramite il piano contabile nazionale, identifica i criteri di valutazione ed i
tempi di pubblicazione dei preventivi e dei
consuntivi.
La Repubblica è competente a prevedere la
concessione di aiuti finanziari alle Regioni
per investimenti di particolare importanza
in tali aree, al fine di impedire una turbativa dell’equilibrio economico generale e per
equilibrare la natura e lo stato dei servizi
prestati alle rispettive popolazioni. Gli aiuti
finanziari hanno luogo sulla base di contributi sostenuti per metà con risorse della
Repubblica e per metà con risorse delle
Regioni interessate. Tali aiuti devono essere autonomamente evidenziati nei bilanci
dei rispettivi enti territoriali a seconda che
siano in uscita o in entrata. La politica di
coesione e solidarietà tra gli Stati e le
Regioni sono attuate dalla Repubblica
mediante risorse derivanti da specifica
imposizione federale.
Ogni legge, diversa da quella di bilancio,
che comporti nuovi o maggiori oneri deve
indicare i mezzi di copertura finanziaria
per l’intero periodo di applicazione.
ART.102
Ogni ente territoriale previsto dalla
Costituzione sostiene le spese relative ai
propri compiti in modo autonomo ed ha
piena autonomia impositiva, salvo diversa
disposizione della Costituzione. Il sistema
tributario è informato a criteri di progressività, di trasparenza, e di semplicità.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche degli Enti Locali e delle Regioni.
Le imposte Federali non possono superare
complessivamente il 20% del prodotto
interno lordo in ogni Regione. Tale quota
include l”eventuale imposta federale per le
politiche di solidarietà e coesione.
Le eventuali politiche di solidarietà, coesione e perequazione tra le regioni sono
finanziate dalle risorse generate da una
specifica imposta federale. Tali politiche
possono essere effettuate solamente in
favore di quelle regioni che dimostrano di
aver preventivamente attivato una pressio-
78 - Quaderni Padani
ne fiscale non inferiore a quella massima
tra le Regioni che non abbiano richiesto
interventi di solidarietà e coesione in
quell”esercizio finanziario.
ART.103
Gli enti pubblici territoriali sono autonomi
e reciprocamente indipendenti in materia
di bilancio.
ART.104
La Corte Costituzionale Federale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità
costituzionale delle leggi e degli atti aventi
forza di legge, come pure dei regolamenti,
della Repubblica e dello Stato;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri
della Repubblica e su quello tra la
Repubblica e le Regioni e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente
della Repubblica;
sull’ammissibilità dei referendum popolari
a livello federale.
ART.105
La Corte Costituzionale Federale è composta di sedici giudici nominati per metà
dall’Assemblea Federale, per metà
dall’Assemblea delle Regioni.
I giudici della Corte Costituzionale sono
scelti fra i magistrati delle giurisdizioni
superiori, i professori ordinari di Università
in materie giuridiche e gli avvocati che
abbiano esercitato la professione per almeno venti anni e siano stati iscritti negli
Albi per le giurisdizioni superiori.
I Giudici della Corte Costituzionale sono
nominati per sette anni, decorrenti per
ciascuno di essi dal giorno del giuramento,
costituzionale e non possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice
costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni.
La Corte elegge tra i suoi componenti,
secondo le norme stabilite dalla legge, il
Presidente, che rimane in carica sino alla
scadenza dall’ufficio di giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con qualunque carica elettiva, con l’esercizio della professione di avvocato e con
ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
ART.106
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente
della Repubblica Federale intervengono,
oltre i giudici ordinari della Corte, sedici componenti tratti a sorte da un elenco
di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a membro dell’Assemblea Nazionale,
che l’Assemblea Nazionale compila ogni
nove anni mediante elezione con le stesse
modalità stabilite per la nomina dei giudici
ordinari.
ART.107
Quando la Corte dichiara l’illegittimità
costituzionale di una norma di legge o di
un atto avente forza di legge, la norma
cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e
comunicata all’Assemblea nazionale ed
all’Assemblea delle Regioni.
Contro le decisioni della Corte
Costituzionale non è ammessa alcuna
impugnazione.
ART.108
Se non altrimenti previsto dalla
Costituzione, le leggi di revisione della
costituzione sono adottate a maggioranza
assoluta dall’Assemblea nazionale con due
successive deliberazioni ad intervallo non
minore di tre mesi e, successivamente,
dall’Assemblea delle Regioni con unica
votazione, a maggioranza dei due terzi dei
componenti.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla
loro pubblicazione, ne facciano domanda
un quinto dei componenti di ciascuna
Assemblea o un quarto delle Regioni o cinquecentomila elettori.
La legge sottoposta a referendum non è
promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
ART.109
Le leggi di revisione costituzionale volte a
modificare la ripartizione delle competenze
tra i vari enti territoriali devono essere
approvata dalla maggioranza assoluta di
ciascuna Assemblea federale e dalla maggioranza dei tre quarti delle Regioni.
ART.110
La forma repubblicana non può essere
oggetto di revisione costituzionale.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Costituzione transitoria
Documento letto a Venezia, il 15 settembre 1996,
l’ultimo dei tre giorni di manifestazioni per la
Proclamazione dell’indipendenza della Padania.
Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale
della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Padania, n.1.
1. TRATTATO DI SEPARAZIONE CONSENSUALE
1. Il Governo Provvisorio della
Padania è autorizzato a dare attuazione alla Dichiarazione di Indipendenza
e Sovranità della Padania. Tale attuazione dovrà tuttavia essere preceduta
dall’offerta formale al governo italiano
di sottoscrivere un trattato di separazione consensuale.
2. Le negoziazioni per la stipulazione
del trattato saranno condotte dal Governo
Provvisorio della Padania, sulla base della
piattaforma negoziale predisposta dal
Governo stesso.
3. Le negoziazioni relative alla conclusione del trattato non dovranno protrarsi
oltre il 15 settembre 1997. Trascorso tale
termine la dichiarazione di indipendenza e
sovranità acquisterà piena efficacia e la
Padania diverrà a tutti gli effetti una
Repubblica Federale indipendente e sovrana.
4. Il Comitato di Liberazione Nazionale
della Padania può in qualsiasi momento
dichiarare interrotte le negoziazioni di cui
al comma 2 e disporre l’immediata esecuzione della dichiarazione di indipendenza e
sovranità.
2. TERRITORIO
La Padania si costituisce come
Repubblica Federale formata dalle seguenti
attuali Regioni: Emilia, Friuli, Liguria,
Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna,
Südtirol-Alto Adige, Toscana, Trentino,
Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e Venezia
Giulia.
3. BANDIERA E INNO
1. La bandiera della Padania è il Sole
delle Alpi, costituito da sei petali disposti
all’interno di un cerchio, di colore verde
celtico-venetico su fondo bianco.
data di accesso alla sovranità rimangono
validi.
3. Gli accordi e i contratti stipulati
prima di oggi dallo Stato italiano, dalle sue
agenzie o dai suoi organismi, e vigenti in
Padania alla data di accesso alla sovranità,
restano in vigore sostituendo, se necessario, il Governo Provvisorio della Padania
alla parte italiana. Quelli conclusi a partire
dal 15 settembre 1996 rimarranno in vigore a condizione che siano ratificati dal
Governo entro un mese dalla data di accesso alla sovranità.
8. PUBBLICI UFFICI
1. L’attività giudiziaria ed ogni altro
pubblico ufficio possono essere svolti solo
dai cittadini della Padania.
2. Entro 90 giorni dalla data odierna il
Governo Provvisorio della Padania stabilisce le disposizioni dei regimi transitori,
determinando le condizioni oggettive e
soggettive necessarie per accedere al sistema amministrativo pubblico della Padania.
9. NORME REGOLATRICI
1. Sino alla data di accesso alla sovranità i rapporti giuridici, economici e sociali
all’interno della Padania saranno retti dalle
disposizioni dell’Unione Europea e dello
Stato italiano vigenti nel territorio della
Padania alla data odierna, in quanto compatibili con la presente Costituzione
Transitoria.
2. Le disposizioni dello Stato italiano
rimangono in vigore finché non siano
modificate, sostituite o abrogate dal
Governo della Padania.
3. Il Governo Provvisorio della Padania
potrà in ogni momento apportare alla presente costituzione transitoria ogni modifica, aggiunta od integrazione che riterrà
utile ed opportuna.
2. La Padania adotta come suo Inno
Nazionale il “Va’ pensiero” di Giuseppe
Verdi.
4. CITTADINANZA
1. Acquisisce la cittadinanza della
Padania chiunque abbia la cittadinanza
europea e la residenza in Padania da almeno cinque anni alla data odierna.
2. La cittadinanza della Padania è
cumulabile con quella di altre nazioni
dell’Unione Europea.
5. MONETA
1. La Lira Padana assume corso legale
in Padania.
2. Il Governo Provvisorio della Padania
determinerà i rapporti di cambio con la lira
italiana e le altre monete.
6. RICONOSCIMENTO
INTERNAZIONALE
1. Il Governo Provvisorio della Padania
è autorizzato a chiedere il riconoscimento
internazionale della Padania all’Unione
Europea, alle Nazioni Unite e ad ogni altro
governo democratico.
2. Al Governo Provvisorio della Padania
è altresì delegato il compito di garantire la
partecipazione della Padania alle istituzioni
dell’Unione Europea e l’ammissione della
Padania all’Organizzazione delle Nazioni
Unite ed alle altre Organizzazioni e
Conferenze internazionali cui riterrà utile
aderire.
7. CONTINUITÀ DI TRATTATI, ATTI,
ACCORDI E CONTRATTI
1. La Padania assume gli obblighi e
gode dei diritti enunciati nei trattati, nelle
convenzioni e negli accordi internazionali
dei quali l’Italia è parte alla data di accesso
alla sovranità.
2. Gli atti amministrativi approvati
dagli enti locali, dalle regioni e dalle amministrazioni dello stato italiano sino alla
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Quaderni Padani - 79
Dichiarazione preliminare di indirizzo storico e politico
Documento presentato al “Parlamento della
Padania” di Chignolo Po, il 19 aprile 1998.
Il testo è stato redatto da Massimo Ferrario e
Augusto Conti, membri della Commissione
Tecnico-scientifica per la redazione della
Costituzione. La proposta è stata respinta su
indicazione della dirigenza della Lega Nord.
I Popoli delle Città, dei Comuni e delle
quarantotto Province di Aosta,
Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara,
Torino, Verbania Cusio Ossola, Vercelli,
Genova, Imperia, Spezia, Savona,
Bergamo, Brescia, Como, Cremona,
Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia,
Sondrio, Varese, Belluno, Padova, Rovigo,
Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Trento,
Bolzano, Gorizia, Pordenone, Trieste,
Udine, Bologna, Ferrara, Modena, Parma,
Piacenza, Reggio, Forlì, Ravenna, MassaCarrara, Rimini, Pesaro-Urbino hanno,
alla vigilia del Terzo Millennio, maturato
la piena e responsabile consapevolezza di
essere ormai una Comunità naturale, culturale e sociale ed economica fondata su
un patrimonio ampiamente condiviso di
valori e di comportamenti e su diffuse ed
omogenee condizioni morali e psicologiche, sociali ed economiche.
Questa Comunità, la PADANIA storica, si
è nel tempo sviluppata grazie al concorso
di molteplici, originali ed assai complesse
condizioni geografiche, ambientali, antropologiche, politiche. Tant’è che essa rappresenta oggi una delle aree territoriali
più progredite dell’Europa e del mondo
sotto ogni profilo ma, in particolare, per
quanto attiene la cultura, le scienze, la
tecnologia, lo sviluppo sociale e quello
economico, l’integrazione e la coesione
interne.
La PADANIA è, quindi, il risultato delle
fatiche di innumerevoli generazioni che, a
partire almeno dall’XI secolo, hanno
costruito nelle regioni centro-settentrionali d’Italia culture diverse ma contigue e
complementari (umanistiche, scientifiche
ed artistiche) che si sono imposte all’ammirazione del mondo.
Inoltre attraverso l’organizzazione dei
cento e cento Comuni e di Repubbliche,
come Venezia e Genova, la PADANIA si è
progressivamente affermata come un
insieme notevole di efficaci e vitali organizzazioni politiche sicuramente affini ma
anche motivatamente differenziate tra
loro e, soprattutto, non mai appiattite
nell’accettazione servile di qualsiasi uniformità autoritaria. Possono avere subito
l’autoritarismo ma non l’hanno mai
accettato o condiviso.
Le entità politico-istituzionali che composero la PADANIA storica e che, in forme
mutate, sono arrivate sino ai giorni
nostri, hanno, infatti, sempre avuto come
connotato caratteristico di essere tutte
Pur nell’affermata e rispettata diversità
dei popoli e dei singoli individui che la
compongono la PADANIA è, quindi, oggi
pienamente consapevole che i nuovi, inalienabili e pacifici diritti internazionalmente ormai riconosciuti e garantiti dell’autodeterminazione dei popoli, dell’autonomia e dell’autogoverno delle
Comunità, sorreggono le sue rivendicazioni di autonoma sovranità e di contemporanea libera associazione con tutti gli
altri popoli d’Europa e del Mondo.
Questo processo di autodeterminazione,
autonomia ed autogoverno esige, però,
che i popoli delle Città, dei Comuni e
delle Province che costituiscono la
COMUNITA’ della PADANIA possano
esprimere, attraverso il democratico esercizio del voto, il loro orientamento sulla
presente Costituzione il cui intento è di
consentire sia ai singoli cittadini che a
tutte le singole Comunità di poter decidere del loro presente e del loro avvenire.
Questa prima bozza della Costituzione per
la PADANIA è stata elaborata dal
Parlamento della Padania, libera espressione politica, sociale e culturale di tutti i
Popoli e di tutte le Minoranze linguistiche
che abitano le quarantotto Province che
formano la Comunità della Padania. Essa
ha lo scopo di indicare le linee direttrici
per lo sviluppo di un nuovo ordinamento
federale dei Popoli e delle Comunità territoriali entro le quali, intendono continuare
a vivere ed a prosperare nel più rigoroso
rispetto di tutte le libertà e di tutte le autonomie, nella osservanza degli accordi politici internazionali preesistenti con tutti gli
altri liberi e pacifici Popoli dell’Europa e
del Mondo e delle organizzazioni internazionali che li associano.
I principi e le soluzioni qui indicate si inseriscono, infatti, nel pieno rispetto dei principi dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite (ONU), di tutti gli Atti che hanno
condotto alla formazione dell’Unione
Europea (CEE e poi UE) e dell’Organizzazione del Patto del Nord Atlantico
(NATO).
Su questi principi e secondo i metodi
democratici e pacifici propri della responsabile scelta che si esprime unicamente
attraverso le consultazioni elettorali i
Popoli delle Province padane ed alpine
dichiarano che il loro scopo primario è di
istituire una nuova Comunità Politica di
natura federale che riunisca tutti i Popoli
Padani ed Alpini e che viene denominata
Costituzione della Padania
80 - Quaderni Padani
sempre orgogliose e fiere delle autonomie
e delle libertà conquistate contro ogni
potere centralizzatore e livellatore.
La PADANIA non nasce oggi ma coincide,
nelle sue cento Città, nei suoi cento e
cento, grandi e piccoli, Comuni e nelle
sue Province, con le uniche istituzioni
storiche e popolari che le società civili
dell’Italia centro-settentrionale abbiano
autonomamente concepito, realizzato e
conservato anche se al prezzo di loro continue, progressive e gravissime menomazioni. Si tratta di istituzioni che sin dalle
origini nacquero per volontà dei Popoli e
non già dagli arbitri del potere politico.
Esse, perciò, furono l’espressione libera
ed ordinata di cittadini che coraggiosamente si associarono tra loro, in epoche
di dispotismi materiali e morali, per affermare contro tutti i prevaricatori, feudali
ed ecclesiastici, una solidarietà di uomini
che erano legati tra loro dai vincoli di un
comune e solenne impegno rivolto a
difendere le libertà di autogovernarsi, di
darsi proprie leggi (autonomia), di salvaguardare insieme con la dignità della
Comunità e della sua indipendenza anche
le proprietà, gli interessi ed il lavoro di
tutti e di ciascuno. Testimonianza dei
sentimenti di autonomia, di emancipazione e di resistenza ad ogni oppressione che
animarono il forte e capillare movimento
comunale furono le alleanze federative (le
Leghe) che i Comuni organizzarono tra
loro, prima tra tutte la Lega Lombarda
che il 29 maggio 1176 si impose all’ammirazione del mondo intero e della storia
vincendo nella Battaglia di Legnano il
potentissimo imperatore Federico
Barbarossa.
Sul solido tronco di questa storia millenaria che nessuno è mai riuscito a sradicare
dalla coscienza profonda e tenace dei suoi
Popoli la PADANIA ha, con continuità
crescente nel tempo, originato talune
forme molto innovative di vita, di comportamenti, di sacrifici, di lavori, di produzioni e di scambi, sino ad essere oggi
altamente competitiva nell’età della mondializzazione delle culture e degli scambi.
Un’epoca nella quale se i popoli non
sanno, e non sapranno sempre più, associare i loro sforzi e consolidare le loro
Comunità, rischiano di vedere cancellate
per sempre le loro identità, le loro eredità
storiche ed i valori morali e culturali sui
quali si è sviluppata la vita intensa e generosa di tutte le genti padane e alpine.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA.
L’UNIONE sarà retta dalla seguente COSTITUZIONE che ha, nella presente stesura, un
carattere ancora provvisorio e che conseguentemente è aperta ad ogni discussione
ed emendamento da parte del PARLAMENTO DELLA PADANIA.
COSTITUZIONE DELLA PADANIA
TITOLO PRIMO
PREAMBOLO, SCOPI E CONTENUTI
DEL PATTO FEDERALE
I Popoli dei Comuni, delle Città e delle quarantotto Province che compongono la
PADANIA allo scopo di assicurare nelle
forme che sono proprie dello Stato di diritto
a tutti i cittadini e a tutte le Comunità l’esercizio pieno, diretto ed indiretto, della
sovranità dei Popoli medesimi, unitamente
con le libertà, la giustizia, la democrazia in
forme trasparenti e partecipate, la sicurezza
interna, la difesa verso l’esterno, il benessere, la protezione dei diritti umani, la salute,
la sicurezza sociale, la salvaguardia e lo sviluppo delle culture, tradizioni, lingue, la
qualità della vita e la collaborazione pacifica
e feconda con tutti i popoli solennemente
dichiarano che il Patto della loro unione
fraterna e federativa vuole:
affermare come diritto primario quello che
ha ogni uomo ed ogni donna della PADANIA
alla vita, all’integrità fisica ed alla dignità
morale e materiale;
• riconoscere e garantire i diritti inviolabili
dell’uomo padano, sia come singolo che
come componente delle diverse formazioni
sociali entro le quali si forma e si sviluppa la
sua personalità, e conseguentemente fondare ogni decisione politica assunta da qualsiasi istituzione operante nel territorio
padano sul rispetto della Dichiarazione dei
diritti dell’uomo nell’integrale formulazione
loro data il 10 dicembre 1948
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite;
• realizzare la migliore convivenza democratica e solidarietà politica, economica e
sociale sulla base della presente
Costituzione e delle leggi assicurando a
tutti i cittadini padani una sempre più compiuta e garantita partecipazione all’esercizio
della sovranità popolare attraverso una
effettiva e capillare diffusione dei principi e
della pratica dell’autogoverno e dell’autodeterminazione;
• affermare e garantire che tutti i cittadini
padani hanno pari dignità e sono uguali
davanti alla legge, senza distinzioni di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche o filosofiche, di condizione personale e sociale;
• affermare e garantire che le confessioni
religiose sono tutte uguali e libere davanti
alla legge e che tutte hanno il diritto di
organizzarsi secondo i propri Statuti e
senza alcuna proibizione e senza alcun riconoscimento da parte delle istituzioni padane
di qualsiasi livello;
• garantire che i pubblici poteri padani in
ogni loro attività e compito funzionale e
territoriale operino sempre secondo i principi dello Stato di diritto affermando così in
ogni circostanza la supremazia della legge
come espressione massima della volontà
popolare ed il cui fine è di costruire e mantenere in PADANIA un ordine civile, economico e sociale libero, equo ed imparziale;
• sviluppare ogni attività decisionale delle
istituzioni padane fondandola sulla osservanza costituzionalmente riconosciuta e
garantita del principio di sussidiarietà, il cui
significato sta nell’affermare che ogni problema va collocato, gestito e risolto nell’ambito sociale ed istituzionale entro il quale
esso si pone e, quindi, con la conseguenza
che ogni istituzione più elevata di governo
esercita unicamente le funzioni che garantiscono beni e servizi pubblici che non
potrebbero essere forniti in modo efficiente
da altre;
• costruire l’Unione Federale della PADANIA in forma di piena e compiuta democrazia secondo la generalizzazione delle norme
dell’autogoverno. La democrazia si deve sviluppare in forma ascendente dalla base
sociale e territoriale con tutti i connessi
diritti di libera associazione, partecipazione
e controllo che devono essere garantiti a
tutti i cittadini padani;
• sostenere il massimo sviluppo possibile
delle libertà di iniziativa e di intrapresa di
ogni cittadino padano nella vita sociale ed
economica. Ciò al fine di assicurare, insieme con il più libero sviluppo materiale e
morale della società, anche continuità e
sicurezza per le condizioni di vita dei singoli, il rafforzamento di tutte le attività economiche e la loro conseguente competitività
interna ed internazionale;
• assicurare che l’ordinamento federativo
sia realizzato entro tempi prefissati e verificabili e sui presupposti:
a) che il Popolo di ogni Provincia decida
con proprio autonomo referendum la propria adesione e partecipazione all’Unione
Federale della PADANIA accettando la presente Costituzione;
b) che sia possibile che anche altre Province
non elencate tra le quarantotto proponenti
purchèÈ attualmente rappresentate nel
Parlamento della Padania deliberino con
proprio autonomo referendum la loro adesione e partecipazione all’Unione Federale
della PADANIA accettando la presente
Costituzione;
c) che diverse Province si associno istituzionalmente tra loro negli ambiti nazionali in
forma confederativa allo scopo di costituire
entro la PADANIA diverse Confederazioni di
Province rivolte a legiferare (ma non ad
amministrare e gestire) sulle materie di
interesse sovraprovinciale;
d) che si organizzino istituzionalmente e
con la stessa autonomia delle Province le
Città-Storiche a carattere metropolitano di
Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna;
e) che le Province e le Città-Storiche siano
sovrane in tutte le materie che non siano
espressamente riservate dalla Costituzione
all’Unione Federale;
f) che sia garantita la massima autonomia
statutaria e nelle materie di competenza a
tutti i Comuni e che ogni decisione relativa
ad eventuali accorpamenti, fusioni o separazioni tra Comuni sia deliberata dai Popoli
dei Comuni interessati con proprio autonomo referendum;
g) che a tutti i livelli istituzionali federati
nell’Unione, a partire dal Comune, vengano
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
assicurate adeguate disponibilità finanziarie. Forme di riequilibrio federale rispetto al
minor gettito fiscale prodotto sul territorio
opereranno per le zone e i territori sfavoriti;
h) che a tutti i livelli istituzionali federati
dell’Unione, ove siano presenti Popoli e
Minoranze etno-linguistiche, venga garantito il principio della proporzione etnica con i
popoli maggioritari;
• assicurare che le Amministrazioni
Pubbliche vengano ristrutturate in ogni
loro settore in conformità con i nuovi compiti che loro competono e che esse devono
realizzare sulla base di principi - costituzionalmente sanciti - di efficienza, trasparenza
e responsabilità dei pubblici funzionari.
L’Amministrazione Federale a livello di
incarichi direttivi e, fermo restando i principi della competenza e del merito, dovrà
garantire un’adeguata rappresentanza di
tutte le istituzioni federate;
• garantire che in ogni e qualsiasi sede di
giurisdizione i procedimenti civili, penali ed
amministrativi si svolgano sempre secondo
principi di rigorosa e trasparente legalità e
siano conclusi entro termini perentori,
brevi e prefissati;
• riconoscere che le attività economiche e
produttive rivestono un carattere fondamentale per lo sviluppo civile e sociale dei
singoli, delle famiglie e di ogni Comunità e,
conseguentemente, garantire che tutte le
attività economiche e produttive in PADANIA siano libere di organizzarsi nelle forme
più efficaci nel rispetto delle leggi, le quali
devono anche prescrivere sempre chiare e
rigorose norme anti-monopolistiche;
• sostenere la massima dignità, espansione
e valorizzazione del lavoro padano in ogni
sua forma, subordinata o autonoma, privata
o pubblica. Allo scopo riconoscere a tutti i
cittadini il diritto al lavoro promuovendo le
condizioni che rendano effettivo tale diritto.
Affermare altresì che è dovere di ogni cittadino padano svolgere un’attività che concorra al progresso morale, materiale e culturale dell’intera Comunità cui appartiene;
• garantire che il potere politico in ogni sua
istanza e attraverso l’attività di ogni istituzione pubblica non prevarichi mai, direttamente o indirettamente, i diritti dei singoli,
delle comunità naturali, delle associazioni
professionali e volontarie e che sia costituzionalmente garantito il diritto dei cittadini
padani di proporre in tempi solleciti e con
modalità semplici ed agibili referendum
propositivi ed abrogativi;
• deliberare norme inequivocabili che fissino, nel pieno rispetto della libertà di associazione e dei diritti politici costituzionalmente garantiti, i limiti, che pure debbono
esistere, a carico di partiti, associazioni, sindacati, rappresentanti elettivi e nei confronti di chicchessia, a tutela sia dell’effettivo
esercizio delle libertà democratiche che dell’imparzialità più rigorosa della
Amministrazione Pubblica;
• fissare con legge i requisiti e le procedure
per accedere a qualsiasi carica direttiva nell’ambito di enti pubblici economici o di
società a partecipazione pubblica ed anche
parzialmente pubblica. Le contestazioni sull’idoneità dei designati deve essere rimessa
all’iniziativa di ogni cittadino padano e la
legge deve indicare l’autorità giudiziaria
Quaderni Padani - 81
indipendente alla quale ogni cittadino può
ricorrere, al fine di ottenere in tempi prefissati e brevi l’esame del caso e la decisione
del merito;
• promuovere lo sviluppo della scuola e
della formazione sia professionale che continua, delle arti, delle scienze e delle culture in ogni loro forma avendo particolare
riguardo alle tradizioni, alle lingue ed ai
dialetti, ai valori ed alle storie peculiari di
ogni area e territorio della PADANIA, nella
consapevolezza che tutto ciò rappresenta
un patrimonio morale imprescindibile ed
inalienabile e di enorme importanza per il
presente e per l’avvenire;
• assicurare a tutti i cittadini la libertà di
manifestare in ogni occasione e con ogni
mezzo di diffusione il proprio pensiero riconoscendo e garantendo stabilmente e con
regole certe il pluralismo di ogni e qualsiasi
sistema informativo e di comunicazione
mediante una specifica normativa rivolta ad
impedire anche in questo ambito la formazione di monopoli - privati o pubblici attraverso la concentrazione dei mezzi tecnici per la comunicazione;
• proteggere l’uomo padano, l’ambiente, la
flora e la fauna della PADANIA contro ogni
abuso delle tecnologie riproduttive e dell’ingegneria genetica;
• proteggere in ogni suo aspetto l’ecosistema attraverso una coordinata disciplina del
territorio, la tutela del suolo, delle acque,
del paesaggio, del patrimonio storico, artistico e naturale, della flora e della fauna,
delle aree protette, nonchèÈ attraverso la
preservazione del territorio e della salute
pubblica da ogni forma di inquinamento;
• rendere sempre più conforme l’ordinamento giuridico federale e quello degli
Enti Federati, Province, Città-Storiche e
Confederazioni di Province, alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute con le conseguenti limitazioni della
sovranità;
• realizzare la più ampia collaborazione e
cooperazione con tutti gli altri popoli del
mondo aderendo ai principi ed ai valori
ideali dell’Organizzazione delle Nazioni
Unite ed operando sempre per un avvenire
di pace, sicurezza e prosperità per tutti
assumendo tutti gli impegni internazionali
riguardanti la realizzazione dell’Europa
Federale dei popoli, delle Città, delle
Province e delle Regioni e le politiche di
difesa;
• assicurare adeguata partecipazione e rappresentanza politica ed istituzionale a tutti i
padani che risiedono stabilmente all’estero;
• stabilire inequivocabilmente che ogni statuizione, norma, consuetudine, prassi contraria ai contenuti del Patto e della presente
Costituzione è da considerarsi inapplicabile
e dovrà essere disattesa.
TITOLO SECONDO
FORMA PLURALISTA DELL’UNIONE
FEDERALE DELLA PADANIA
ART. 1
I Comuni, le Città-Storiche a carattere
metropolitano di Torino, Genova, Milano,
Venezia e Bologna, le quarantotto Province
di Aosta, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo,
Novara, Torino, Verbania Cusio Ossola,
82 - Quaderni Padani
Vercelli, Genova, Imperia, Spezia, Savona,
Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco,
Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio,
Varese, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso,
Venezia, Verona, Vicenza, Trento, Bolzano,
Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine,
Bologna, Ferrara, Modena, Parma,
Piacenza, Reggio, Forlì, Ravenna, MassaCarrara, Rimini, Pesaro-Urbino, le
Confederazioni delle Province Nazionali e
l’Autorità Federale formano con la loro
diversità di funzioni e di poteri indicati
dalla presente Costituzione l’UNIONE
FEDERALE DELLA PADANIA.
ART. 2
L’UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA è
uno Stato di diritto a forma repubblicana,
democratica e sociale che afferma come
valori ispiratori del suo ordinamento giuridico interno tutte le libertà, la giustizia, la
pacifica e concorde convivenza tra tutti i
cittadini padani ed il riconoscimento e lo
sviluppo del pluralismo culturale, politico
ed istituzionale.
I Popoli della Padania sono la fonte esclusiva della sovranità e del potere politico in
ogni suo livello istituzionale.
L’esercizio della sovranità dei Popoli della
Padania si attua a mezzo delle elezioni sia
generali che nazionali e locali per la formazione degli organi dei Poteri Legislativi, dei
Poteri Esecutivi e dei Poteri Giudiziari.
La sovranità dei Popoli della Padania si
attua, inoltre, attraverso l’iniziativa legislativa anche in materie costituzionali, i referendum abrogativi e propositivi, nonchèÈ
quelle forme attuative del principio di autodeterminazione che l’Unione Federale e le
istituzioni federate ritengono di dover deliberare.
ART. 3
La democrazia politica come costume e
metodo permanente per la formazione del
consenso dei Popoli della Padania e la legittimazione di ogni livello istituzionale di
autorità devono attuarsi nel costante rispetto dei diritti di tutte le minoranze, nella
piena trasparenza di qualsiasi attività, potere, ufficio ed autorità, nell’attuazione senza
deroghe del principio di sussidiarietà al fine
di garantire come risultato permanente una
democrazia effettiva, partecipata e in tutto
trasparente.
ART. 4
I Comuni costituiscono la multisecolare
continuità storica, sociale e culturale delle
Comunità locali di tutta la Padania.
I Comuni sono ordinati in Enti Autonomi
Territoriali di base con personalità giuridica
e politica, dispongono di propri poteri normativi di carattere statutario e regolamentare e rappresentano il livello di potere
democratico e di amministrazione più
direttamente a contatto con i cittadini
padani.
Ogni Comune adotta con la procedura della
pubblica discussione e con conseguente
votazione a mezzo di referendum un proprio Statuto con il consenso del Popolo del
Comune stesso elaborato e poi concertato
per l’approvazione con la Provincia di cui il
Comune fa parte.
ART. 5
La presente Costituzione garantisce la
piena autonomia statutaria, amministrativa, organizzativa e finanziaria dei Comuni
nei confronti di tutti gli altri livelli istituzionali dell’Unione Federale, garantisce
altresì che in ogni Comune il Sindaco sarà
eletto direttamente dal popolo con voto
libero e segreto e altrettanto avverrà per il
Consiglio Comunale.
Il governo, l’amministrazione e l’organizzazione dei Comuni sono di esclusiva competenza dei Sindaci e degli organi collegiali,
elettivi o di nomina tecnica, stabilita dagli
Statuti dei singoli Comuni e dalle legislazioni delle singole Province di cui ogni
Comune fa territorialmente parte.
ART. 6
Ogni Comune rappresenta la propria
Comunità, ne assicura gli interessi e ne
promuove lo sviluppo.
Spettano ad ogni Comune tutte le funzioni
che riguardano la popolazione ed il territorio di sua pertinenza in materia di: Stato
Civile; Anagrafe; Certificazione; Leva
Militare e servizi connessi; Servizi elettorali, Documentazione, Certificazioni,
Protocollo, Registri; Servizi di polizia
comunale, Polizia Municipale, Urbana,
Mortuaria, Rurale e del Commercio;
Istruzione artigiana e professionale;
Assistenza Scolastica; Regolamenti di
Polizia, di igiene e sanità, di Polizia veterinaria, di edilizia; Beni culturali ed ambientali; Turismo e industria alberghiera;
Agricoltura e foreste.
Ogni Comune può gestire per conto di altri
Enti federati o dell’Autorità Federale determinati servizi non previsti dal suo Statuto o
dalla legislazione della Provincia di cui fa
parte ma ciò potrà avvenire unicamente o
in via di concertazione o in forza di apposita
legge. In ogni caso al Comune investito di
tali compiti e uffici deve essere assicurata,
fuori dagli stanziamenti ordinari di bilancio, la copertura finanziaria degli oneri che
dovrà sostenere per questi titoli.
La Costituzione e le legislazioni federale e
provinciale assicurano ad ogni Comune
oltre ai finanziamenti provinciali anche
autonomi poteri di imposizione fiscale.
ART. 7
La Costituzione e la legislazione federale e
provinciale assicurano che nell’ipotesi di
fusioni e di incorporazioni tra Comuni allo
scopo di conseguire dimensioni demografiche e territoriali minime (unità territoriale
minima) onde garantirne l’autosufficienza
finanziaria ed organizzativa per svolgere
con tempestività ed efficacia i compiti istituzionali di spettanza, dovranno sempre
essere previste ed attuate misure idonee ad
assicurare alle Comunità originarie che
vengono incorporate forme reali ed efficaci
di rappresentanza, partecipazione e decentramento dei servizi.
Gli Statuti comunali e le legislazioni provinciali prevedono le procedure nell’ipotesi
di separazione da un Comune di frazioni o
parti di esso.
ART. 8
Le Province sono associazioni federative,
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stabili e permanenti sia di Comuni che
hanno avuto ed hanno tra loro durevole stabilità di rapporti, di relazioni e di storia
comune (Province Storiche), oppure di
Comuni che in epoche più recenti hanno
formato un raggruppamento rispondente ad
esigenze di sviluppo, di riorganizzazione e
di maggiore funzionalità dei servizi sul territorio (Nuove Province).
Ogni Provincia rappresenta istituzionalmente la propria Comunità, ne assicura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo tenendo
conto che le Province della Padania hanno,
per gran parte, come comune caratteristica
loro antiche identità storiche profondamente radicate e diffusi sentimenti di appartenenza comunitaria. Tutto ciò costituisce un
patrimonio di incalcolabile valore morale e
culturale che deve essere salvaguardato,
potenziato e rappresentato a livello di potere politico territoriale come una componente essenziale per lo sviluppo del costume
democratico.
La funzione politica ed istituzionale di rappresentanza svolta dalle Province garantisce
un essenziale livello intermedio di autonomia, governo, legislazione e coordinamento
tra il Comune e l’Unione Federale.
ART. 9
Ogni Provincia rappresenta la propria
Comunità sovracomunale e intercomunale.
Tutte le Province sono ordinate in Enti
Autonomi Federati con personalità giuridica e politica ed hanno competenze di legislazione e di amministrazione nelle seguenti
materie:
• indirizzi generali di assetto e coordinamento del territorio provinciale;
• ordinamento degli uffici provinciali e del
personale ad essi addetto;
• tutela, conservazione e sviluppo del patrimonio storico, artistico e popolare delle tradizioni, storia, lingue e dialetti;
• tutela, conservazione e sviluppo dei beni
culturali, degli usi e dei costumi locali e
delle istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale;
• organizzazione di manifestazioni e di attività artistiche, culturali ed educative locali,
anche con i mezzi radiotelevisivi;
• urbanistica, piano territoriale provinciale
e piani regolatori comunali;
• difesa del suolo, tutela e valorizzazione
ambientale e del paesaggio, prevenzione
delle calamità;
• usi civici;
ordinamento delle minime proprietà agricole e di quelle di collina e di montagna,
artigianato;
• edilizia comunque sovvenzionata;
• porti lacuali;
• fiere e mercati;
• tutela, utilizzazione e valorizzazione delle
risorse idriche e energetiche;
• miniere comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere;
• caccia e pesca;
• apicoltura e parchi per la protezione della
flora e della fauna;
• viabilità, acquedotti e lavori pubblici di
interesse provinciale;
• comunicazioni e trasporti di interesse
provinciale, compresi la regolamentazione
tecnica e l’esercizio degli impianti di funivia;
• assunzione diretta di servizi pubblici e
loro gestioni a mezzo di aziende speciali;
• turismo e industria alberghiera, compresi
le guide, i portatori alpini, i maestri e le
scuole di sci;
• agricoltura, foreste e Corpo forestale,
patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie
sperimentali, servizi antigrandine, bonifica;
• espropriazione per pubblica utilità per
tutte le materie di competenza provinciale;
• costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l’assistenza,
l’orientamento e la riqualificazione dei lavoratori disoccupati;
• opere idrauliche organizzazione dello
smaltimento dei rifiuti a livello provinciale,
rilevamento, disciplina e controllo degli
scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
• assistenza e beneficenza pubblica;
• scuola materna;
• assistenza scolastica;
• edilizia scolastica;
• addestramento e formazione professionale, anche post-laurea;
• polizia locale urbana e rurale;
• istruzione elementare e secondaria
(media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica);
• commercio;
• incremento della produzione industriale;
• igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza
sanitaria ospedaliera;
• attività sportive e ricreative con i relativi
impianti ed attrezzature;
• raccolta ed elaborazione dati, assistenza
tecnica-amministrativa ai comuni;
• promozione e comunicazione all’interno
dell’Unione ed all’esterno dell’economia,
della cultura e dell’arte espresse dalla
Comunità provinciale.
ART. 10
Alle Province è devoluto sia in quota fissa
che variabile il gettito locale di imposte e
tasse.
Le Province hanno la facoltà di imporre tributi propri. Possono usufruire, per progetti
ed impegni di portata sovraprovinciale ai
quali siano interessate, di finanziamenti
provenienti dalle Confederazioni delle
Province Nazionali o dall’Autorità Federale.
La presente Costituzione garantisce che
l’intero finanziamento dei Comuni che formano una Provincia è a totale carico dell’erario provinciale secondo procedure e percentuali che sono da concordare e stabilire
in forma certa e trasparente tra le istituzioni interessate.
ART. 11
La presente Costituzione garantisce che la
legislazione sovraprovinciale riservata alle
Confederazioni delle Province Nazionali
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
prevederà la possibilità di istituire nuove
Province o diffonderne due o più esistenti.
ART. 12
Le Città-Storiche, aventi carattere metropolitano, di Torino, Genova, Milano, Venezia e
Bologna sono ordinate in Enti Autonomi
Federati aventi personalità giuridica e politica. Ad esse è riconosciuta la stessa autonomia prevista per le Province della presenta
Costituzione.
L’organizzazione dei territori limitrofi alle
Città-Storiche e la loro differenza territoriale o meno alle Città-Storiche è riservata alla
concertazione tra gli Enti interessati ed alla
legislazione sovraprovinciale riservata alle
Confederazioni delle Province Nazionali.
ART. 13
Le Confederazioni delle Province Nazionali
sono istituzioni politiche di autogoverno
costituite tra Province o tra Province e
Città-Storiche che siano confinanti e che
abbiano esigenze di cooperazione permanente tra loro, derivanti sia dalla necessità
di realizzare una migliore integrazione economica, sociale, culturale sia ai fini di efficienza, competitività e sviluppo territoriale.
Le Confederazioni delle Province Nazionali
possono coincidere inizialmente con i confini amministrativi a suo tempo tracciati per
limitare i territori delle Regioni: Valle
D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia,
Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto
Adige, Emilia-Romagna, Marche (PesaroUrbino) e Toscana (Massa-Carrara). La presente Costituzione assicura che alle
Province e ai Comuni è garantita la possibilità di assumere le iniziative necessarie per
il superamento dei vecchi limiti amministrativi e per formare - con il pieno consenso dei Popoli e delle istituzioni interessati nuove aggregazioni confederative.
ART. 14
Le Confederazioni delle Province Nazionali
hanno competenze legislative nelle materie
che non siano espressamente riservate dalla
presente Costituzione ai Comuni, alle
Province, alle Città-Storiche ed all’Autorità
Federale.
Le Confederazioni delle Province sono Enti
Autonomi Federati che non possono esercitare loro attività di gestione e di amministrazione ma che, adempiuto il loro compito legislativo, operano per l’esecuzione delle
leggi tramite gli Enti Autonomi Federati
con specifiche attribuzioni di competenze,
di amministrazione e gestione, Comuni e
Province.
ART. 15
La funzione legislativa è riservata
all’Autorità Federale unicamente nelle
seguenti materie:
Difesa e Forze armate;
Moneta;
Politica estera e relazioni internazionali;
Organizzazione nazionale della sicurezza
pubblica e dei servizi speciali contro la criminalità organizzata internazionalmente.
Quaderni Padani - 83
Patto Costituzionale
fra le Comunità Padane
Documento di lavoro, redatto all’interno de La
Libera Compagnia Padana, e presentato da
Gilberto Oneto alla Commissione Tecnico-scientifica nel maggio 1998.
Art.1
Per difendere le proprie libertà, le proprie
identità e i propri beni, Valle d’Aosta,
Piemonte, Liguria, Lombardia (Occidentale
e Orientale), Emilia, Trentino, Romagna,
Veneto, (Ladinia), Friuli e Trieste si federano volontariamente a formare la Lega
Federale delle Libere Comunità Padane, di
seguito denominata anche Federazione
Padana, e adottano la presente
Costituzione.
La Dieta non ha scadenza di mandato. La
Dieta è composta da Gastaldi eletti nelle
singole Comunità nella misura di uno ogni
centomila Cittadini Residenti, con un
minimo di due Gastaldi per Comunità. Le
modalità di elezione e la durata in carica
dei Gastaldi sono stabilite dalle singole
Comunità che devono garantire la presenza
di almeno un Gastaldo in rappresentanza
di ognuna delle minoranze storiche. Nel
caso queste siano composte da un numero
inferiore ai centomila abitanti, il loro rappresentante si deve aggiungere a quelli
previsti per la Comunità in base al computo del numero di Cittadini Residenti. Le
minoranze che devono essere rappresentate sono: a) Occitani, b) Valdesi, c) FrancoProvenzali, d) Walser, e) Cimbri, f) Ladini,
g) Sloveni. Alle stesse minoranze, oltre a
Brigaschi, Mocheni e Carinziani, è garantita una rappresentanza nei Parlamenti
delle Comunità di cui fanno parte. Nel caso
delle minoranze sparse fra varie Comunità,
la loro rappresentanza sarà garantita attraverso accordi fra le Comunità interessate.
Il voto degli appartenenti alle minoranze è
attribuito sulla base dell’Attinenza dei
Cittadini. La Dieta elegge il proprio
Presidente.
Il Senato dura in carica cinque anni ed è
composto da quattro Senatori per ogni
Comunità, eletti fra e dai Cittadini
Attinenti che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e con modalità stabilite da
una legge federale. E’ presieduto dal
Secondo Reggitore in carica.
Le leggi sono approvate dalla maggioranza
dei membri della Dieta, sono verificate con
il voto della maggioranza dei membri del
Senato e sono ratificate dal Primo
Reggitore che può esercitare il diritto di
veto. In questo caso la stessa legge può
essere promulgata solo con il voto della
maggioranza di due terzi dei membri di
ognuna delle camere.
Referendum popolari abrogativi, istitutivi o
di indirizzo sono indetti su richiesta del
Primo Reggitore, di un terzo di entrambe
le Camere o di un decimo dei Cittadini di
età superiore ai diciotto anni e con l’autorizzazione del Consiglio degli Anziani. Le
decisioni legislative conseguenti a
Referendum entrano immediatamente in
vigore.
Art.2
La Federazione Padana tutela i diritti naturali e individuali dei cittadini padani alla
vita, alla libertà di espressione in ogni sua
forma politica culturale e religiosa, alla
proprietà, all’attività economica, all’autodifesa e alla ricerca della felicità e della prosperità.
La Federazione Padana tutela la civile convivenza fra le Comunità collegate e ne
garantisce la difesa da ogni nemico. A questo scopo, le Comunità delegano alla
Federazione Padana le seguenti competenze: a) Politica estera e difesa, b) Moneta, c)
Ordinamento civile, penale e processuale,
d) Norme elettorali per l’elezione del
Primo e del Secondo Reggitore, del Senato
Federale e dei rappresentanti federali negli
organismi internazionali, e) Emendamenti
alla Costituzione federale, f) Bilancio e
finanza federale, g) Dogane, h) Rilevazioni
statistiche federali, i) Norme sull’immigrazione e sulla circolazione di cittadini stranieri. La Federazione Padana viene anche
delegata al coordinamento delle seguenti
attività: a) Pianificazione, gestione e rilievo
del territorio, b) Trasporti e
Comunicazioni di interesse federale, c)
Tutela della concorrenza, d) Ricerca scientifica, e) Tutela di base all’assistenza sanitaria e alla previdenza, f) Produzione e distribuzione dell’energia.
Art.3
Sono cittadini della Federazione Padana i
Cittadini di una delle Comunità federate.
Le Comunità concordano di riconoscere
quali Cittadini: a) i figli naturali di
entrambi i genitori Cittadini padani, b)
coloro che risiedono e lavorano permanentemente in Padania da almeno diciotto
anni e non hanno commesso reati, c) coloro che hanno acquisito meriti speciali in
campo culturale, economico o scientifico a
giudizio del Governo Federale e su indicazione delle Comunità.
Ogni Cittadino è Attinente a una comunità
locale. La federazione garantisce la libera
circolazione dei Cittadini delle Comunità
84 - Quaderni Padani
federate. Cittadini e stranieri autorizzati
sono Residenti in una comunità locale.
Le norme per l’attribuzione dell’Attinenza
e per la concessione della Residenza sono
di competenza delle Comunità.
Art. 4
Il patto federale ha durata di venti anni.
Alla sua scadenza, esso è automaticamente
rinnovato salvo rescissione da parte di una
Comunità con il voto di due terzi dei suoi
Cittadini Attinenti.
L’adesione di nuove Comunità alla
Federazione Padana deve essere approvata
dalla maggioranza di due terzi di entrambe
le Camere e poi sottoposta a Referendum
popolare.
Art.5
Il potere esecutivo federale è esercitato dal
Primo Reggitore.
Il Primo Reggitore viene eletto, assieme al
Secondo Reggitore, dai Cittadini padani
con elezione regolata da una legge federale,
deve avere compiuto i 30 anni di età, deve
essere Cittadino padano nato in Padania da
genitori Cittadini padani, e dura in carica
cinque anni. Il Primo Reggitore nomina i
membri del Governo federale e ne è il referente e il responsabile. Il Primo Reggitore
può essere eletto solo per due mandati.
Il Primo Reggitore decade per fine del
mandato, per dimissioni, morte o inabilità
fisica o per decadenza decretata dal
Parlamento Federale con un voto di tre
quarti degli aventi diritto e approvata con
Referendum popolare. Il voto può essere
richiesto dalla metà dei Governi delle
Comunità, da due terzi dei membri di ciascuna delle due camere del Parlamento
federale, dalla maggioranza dei membri
della Corte Federale o da un decimo dei
cittadini.
Alla sua decadenza prima della scadenza
del mandato, il Primo Reggitore è sostituito dal Secondo Reggitore per un periodo di
sei mesi occorrente a bandire nuove elezioni. Il Secondo Reggitore presiede il Senato
Federale. Una apposita legge federale regola la sostituzione del Secondo Reggitore,
nel caso di sua decadenza prima della scadenza del mandato, che deve avvenire con
le stesse modalità di quella del Primo
Reggitore, cui si aggiunge la richiesta in
tal senso del Primo Reggitore.
Art.6
Il potere legislativo federale è esercitato dal
Parlamento, composto dalla Dieta dei
Popoli Padani e dal Senato delle Comunità
Padane.
Art.7
Il potere giudiziario è esercitato a livello
federale dal Consiglio Federale degli
Anziani composto da venti membri che
durano in carica a vita. Dieci Anziani sono
nominati dal Primo Reggitore e dieci dal
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Senato. Il mandato degli Anziani può essere
interrotto solo per morte, per inabilità fisica, per dimissioni o per decadenza decretata con le stesse modalità di quella dei
Reggitori.
Il Consiglio degli Anziani ha competenza in
materia di interpretazione costituzionale,
di rapporti fra le Comunità, fra le
Comunità e il Governo Federale.
Art.8
Le singole Comunità sono del tutto autonome per tutto quello che non è stato
esplicitamente delegato alla Federazione
Padana con la presente Costituzione. La
sola limitazione riguarda la determinazione
del carico fiscale sui Cittadini Residenti che
non può superare il 35%. La percentuale di
versamento alle casse federali di detto prelievo è stabilita dal Senato. Non possono
essere applicate tasse federali aggiuntive se
non in caso di gravi calamità e di aventi
bellici e con in consenso del Parlamento.
Art. 9
La lingua franca della Federazione Padana
è il Toscano. Esso è lingua ufficiale degli
atti federali. Esso è anche lingua ufficiale di
ogni Comunità alla pari con le lingue locali
definite dalle singole Comunità.
Art.10
Il Primo Reggitore e il Governo Federale
risiedono a Venezia.
Il Parlamento e gli altri organi federali
sono distribuiti sul territorio di tutte le
Comunità.
Il Sigillo della Lega è il Sole delle Alpi, la
sua Bandiera Ordinaria è il sole delle Alpi
verde in campo bianco, la sua Bandiera
Marittima è formata dall’unione degli stendardi di San Giorgio e di San Marco, la sua
Bandiera Storica è la Croce di San Giorgio
caricata nel primo quadrante del Sole delle
Alpi rosso.
NORME TRANSITORIE
Art.11
La Federazione unisce inizialmente le
Regioni esistenti. Queste hanno un anno di
tempo per confermarsi come Comunità e
darsi una denominazione ufficiale che
sostituirà quelle provvisoriamente espresse
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
dall’Articolo 1 senza che questo comporti
revisioni costituzionali. Entro un anno
devono anche essere risolti i problemi di
costituzione di nuove Comunità e di confini fra le varie Comunità.
Una apposita legge federale, promulgata
contestualmente
alla
presente
Costituzione, definisce le modalità di costituzione di nuove Comunità e di revisione
dei confini.
Art.12
Il SüdTirolo e la Toscana, possono costituire Comunità Associate alla Federazione
Padana. Esse hanno un anno di tempo per
definire il proprio assetto e i propri confini
con modalità uguali a quelle delle
Comunità della Federazione Padana.
Esse dispongono di istituzioni proprie e
possono eleggere propri rappresentanti nel
Parlamento Padano che hanno diritto di
voto solo nelle questioni comuni che sono:
a) Moneta, b) Dogane, c) Tutte le deleghe al
coordinamento previste dall’Articolo 2 della
presente Costituzione.
Quaderni Padani - 85
Costituzione
della Confederazione
delle Comunità Padane
Documento discusso, emendato e approvato dal
“Parlamento della Padania” nella sua seduta
finale del 12 luglio 1998. Il testo è stato redatto
da Alessandro Storti a seguito dei lavori del
“Comitato A” dello stesso Parlamento (Presidente
Ivo Papadia).
Art. 1
La Confederazione Padana è un’unione
volontaria di Comunità libere e indipendenti.
numero di rappresentanti nominati dalle
Camere delle singole Comunità in ragione
di 5 per ognuna di esse. La carica di
Delegato è vincolata alla volontà delle
Camere locali; in caso di rinnovo di queste
ultime o di revoca del mandato il Delegato
decade dalla carica. L’Assemblea non ha
pertanto una durata prefissata.
L’Assemblea sarà convocata dal Presidente
o da una o più˘ Nazioni richiedenti.
L’Assemblea ha la funzione di emanare
regolamenti in ordine all’attuazione delle
funzioni di competenza confederale.
L’Assemblea ha inoltre il diritto di votare
risoluzioni sul merito degli atti di competenza del Consiglio. L’Assemblea ha egualmente il diritto di emettere documenti di
indirizzo in ordine a qualsiasi argomento.
Risoluzioni e documenti di indirizzo non
hanno forza vincolante per alcun organismo della Confederazione nÈ per alcuna
Comunità.
Art. 2
La Confederazione Padana si compone
delle Comunità aderenti al presente patto
costituzionale. Esse sono (...).
Art. 3
La Confederazione Padana garantisce la
difesa delle Comunità e delle loro libertà,
tutelando la civile convivenza fra esse.
La Confederazione non potrà godere di una
tassazione propria; il finanziamento sarà
assicurato dal Consiglio Confederale.
Art. 4
Le Nazioni sono depositarie dei poteri,
salvo quelli delegati alla Confederazione
Padana.
Art. 5
Il Consiglio è l’organismo direttivo della
Confederazione e si compone dei
Governatori e dei Presidenti di tutte le
Comunità confederate. La carica di membro del Consiglio si acquista automaticamente con l’elezione a Governatore o
Presidente di una comunità. Il Consiglio
non ha pertanto una durata specifica prefissata.
Le funzioni del Consiglio sono le seguenti:
a) difesa verso l’esterno
b) rapporti esteri generali
c) ammissione
d) bilancio confederale
e) proposte di modifiche costituzionali.
Il Consiglio delibera in tutti i casi suddetti
all’unanimità, ad eccezione di quanto alla
lettera b), se la ratifica di trattati o l’assunzione di obblighi internazionali non com-
86 - Quaderni Padani
porta modifiche costituzionali.
Art. 6
Ogni Comunità può esercitare il diritto di
secessione dalla Confederazione Padana. La
deliberazione necessaria per il distacco
dalla Confederazione Padana non richiede
una procedura rinforzata o aggravata. Il
diritto di secessione non può essere sottoposto ad alcuna restrizione o limitazione.
Art. 7
I diritti naturali individuali dei cittadini
padani sono la vita, la libertà di espressione
in ogni sua forma, la proprietà, l’autodifesa
e la ricerca della felicità.
Gli atti delle Comunità confederate non
possono essere in contrasto con le garanzie
individuali tutelate dal presente articolo.
Art. 8
Sono titolari della cittadinanza padana
tutti i cittadini residenti e riconosciuti tali
nelle Comunità confederate che abbiano
sottoscritto la presente Costituzione.
Art. 9
Sono organi della Confederazione il
Consiglio, l’Assemblea dei Delegati e la
Corte Costituzionale.
Art. 10
Il Consiglio nomina al suo interno un
Presidente della Confederazione, scegliendolo fra i Governatori e i Presidenti delle
Comunità. La carica di Presidente ha durata biennale. Il Presidente ha le seguenti
funzioni:
a) presiede il Consiglio
b) rappresenta la Confederazione in ogni
sede.
Art. 11
L’Assemblea dei Delegati si compone di un
Art. 12
La Corte Costituzionale è l’organismo
competente a giudicare in ordine alle questioni di costituzionalità di leggi e provvedimenti. La legge istitutiva della Corte
Costituzionale
viene
adottata
dall’Assemblea nella prima sessione.
La Corte interviene su istanza di ogni cittadino, di ogni gruppo di individui, di ogni
Comunità.
Art. 13
Il Sigillo della Confederazione è il Sole
delle Alpi.
La Bandiera Ordinaria è il Sole delle Alpi
verde in campo bianco.
La Bandiera Marittima è formata dall’unione degli stendardi di San Giorgio e di San
Marco.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Costituzione
dell’Unione Federale Padana
Documento discusso, emendato e approvato dal
“Parlamento della Padania” nella sua seduta finale del 12 luglio 1998. Il testo è stato redatto da
Antonio Zoffili a seguito dei lavori del “Comitato
D” dello stesso Parlamento (Presidente Sisto
Marchioro).
Popoli della PADANIA configurano nel loro
insieme una Comunità storica, naturale,
socio-economica e culturale profondamente radicata in una pluralità di storie e di
sentimenti.
comunitario; considera la famiglia come
nucleo costitutivo primario della Società
padana; protegge la dignità dell’uomo dagli
abusi dell’ingegneria genetica; applica i
principi della sussidiarietà e della solidarietà sociale nei confronti dei cittadini effettivamente indigenti o disabili; promuove e
sostiene le relazioni dei Padani all’estero
tra loro e con la Padania; riconosce il fondamentale diritto all’istruzione e la libera
scelta di genitori e studenti in merito alla
scuola pubblica o privata, in regime di pari
opportunità e sostegno economico.
Art. 10
L’U.F.P. promuove la massima valorizzazione del lavoro in ogni sua forma, subordinata o autonoma, pubblica o privata. L’U.F.P.
sostiene la vocazione operosa del Popolo
padano; tutela la proprietà come diritto di
disporre dei propri beni e del frutto del proprio lavoro; attribuisce alle attività economiche e produttive, ispirate ai principi della
libertà dell’impresa, del libero mercato e
della tutela anti-monopolistica della concorrenza un’importanza fondamentale per
lo sviluppo materiale e morale della Società
padana, nel rispetto del principio internazionale dello sviluppo sostenibile.
Riconosce l’insostituibile funzione dell’iniziativa privata, garantendo la libertà di
organizzazione e la massima semplificazione degli oneri burocratici e fiscali a carico
dell’impresa. Vigila affinché le attività di
impresa e di funzione pubblica perseguano
obbiettivi e finalità residuali; proibisce ogni
limitazione, diretta o indiretta, della leale
concorrenza.
I popoli della PADANIA, in nome della
Libertà
e
del
Diritto
di
Autodeterminazione, si organizzano in
forme autonome e rispondenti alle loro
identità e vocazioni.
Per conseguire queste irrinunciabili finalità, proprie di uno Stato di Diritto, per tutelarle da qualsiasi tentativo disgregante, per
salvaguardare i propri comuni interessi, i
Popoli della PADANIA, pur conservando
intatte e intangibili le loro autonomie e le
loro sovranità, si organizzano politicamente nella:
UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA
(U.F.P.)
RETTA DALLA SEGUENTE
COSTITUZIONE
CAPITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
La Padania è un’Unione politica e istituzionale, federale, libera, indipendente e democratica, la cui area storica è quella dei
Popoli sovrani delle 14 Nazioni di Emilia,
Friuli, Liguria, Lombardia, Marche,
Piemonte, Romagna, S¸d-Tirol, Toscana,
Trentino, Trieste, Umbria, Valle d’Aosta,
Veneto, che adottano la presente
Costituzione Federale.
Art. 2
I Popoli di ogni Nazione decidono con referendum autonomo la propria adesione
all’U.F.P. e possono recedere dalla stessa
con un referendum, sempreché il numero
di voti favorevoli alla proposta di recesso
rappresenti almeno i 3/5 dei voti validi. In
caso di esito negativo, è possibile riproporre referendum dopo tre anni. Si possono
attuare modifiche ai confini tra due o più˘
Nazioni a seguito di consultazione referendaria sempreché il numero di voti favorevoli alla proposta di modifica rappresenti
almeno i 3/5 dei voti validi espressi dal
corpo referendario delle Nazioni interessate.
Eventuali modifiche dell’ordinamento territoriale all’interno di ciascuna Nazione
sono disciplinate con legge della Nazione
stessa e con pieno rispetto per le minoranze etnico-linguistiche di origine padana
contrarie alle modificazioni.
Art. 3
Tutte le Nazioni sono autonome e sovrane
e sono rette da ordinamenti politico-amministrativi interni propri e sanciti dalle
Costituzioni Nazionali.
Dette Costituzioni devono garantire adeguata rappresentanza politica e amministrativa a tutte le minoranze etniche presenti nelle singole Nazioni.
Art. 4
Tutti i Poteri costituzionali derivano dalla
Sovranità del popolo.
I poteri non delegati dalla presente
Costituzione all’U.F.P. sono riservati alle
rispettive Nazioni ed ai loro popoli.
Fermo restando il principio della
Sussidiarietà, ogni Entità territoriale, dal
Comune alla Nazione, nell’esercizio delle
proprie competenze istituzionali e di governo, detiene e conserva dignità paritaria nei
confronti di ogni altra Entità territoriale e
dell’U.F.P.
Art. 5
Sono lingue ufficiali, oltre all’italiano, con
pari dignità, le lingue storiche delle altre
nazioni che compongono l’U.F.P.
Art. 6
L’U.F.P. consente piena libertà di coscienza
e di culto.
Art. 7
In conformità a Legge Federale, le Nazioni
concordano di ritenere aventi diritto alla
cittadinanza dell’U.F.P.:
tutti coloro che possiedono la cittadinanza
di una delle Nazioni facenti parte
dell’U.F.P,
coloro che risiedono e lavorano permanentemente in Padania da un numero di anni
definito da ogni Nazione con sua legge.
Art. 8
Tutti i cittadini padani hanno pari dignità e
sono uguali davanti alla Legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di condizione personale e sociale,
di ideologie politiche e filosofiche. Tutti i
cittadini padani hanno diritto alla libertà di
parola, di stampa nonché di espressione e
di manifestazione del loro pensiero
mediante ogni mezzo consentito dal sistema informativo e di comunicazione che
non può mai assumere carattere monopolistico. Tutti i cittadini padani possono
riunirsi in forma pacifica, privatamente e
pubblicamente, anche nell’ambito di associazioni politiche e sindacali.
L’U.F.P. garantisce tutti i cittadini padani
contro ogni provvedimento illegittimo che
comporti una restrizione della libertà personale e delle altre libertà ad essa collegate.
Art. 9
L’U.F.P. riconosce il diritto alla salute come
fondamento del benessere individuale e
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
CAPITOLO II
ORDINAMENTO DELL’U.F.P.
Art. 11
Il Congresso dell’Unione Federale della
Padania esercita il potere legislativo.
Il Congresso è costituito dall’Assemblea
Federale Padana e dalla Camera delle
Nazioni, dotate dei medesimi poteri.
I componenti dell’Assemblea Federale
Padana sono eletti a suffragio libero, universale e segreto secondo le leggi elettorali
di ogni singola Nazione e, comunque, in
proporzione di un seggio ogni 200.000 abitanti.
I seggi sono ripartiti in maniera proporzionale alla popolazione delle Nazioni, ad
ognuna delle quali deve essere assegnato
almeno un seggio.
L’Assemblea Federale Padana viene eletta
ogni 4 anni ed i componenti sono rieleggibili una sola volta.
La Camera delle Nazioni rappresenta e
Quaderni Padani - 87
tutela gli interessi delle Nazioni. Esercita
il potere legislativo nonché quello di controllo e d’inchiesta sull’esecutivo federale e
sull’amministrazione federale. E’ costituita
da 3 rappresentanti per ogni Nazione, indipendentemente dall’entità numerica della
popolazione della Nazione stessa.
I componenti della Camera delle Nazioni
vengono eletti a suffragio libero, universale
e segreto dai cittadini delle rispettive
Nazioni in base alle leggi elettorali di ciascuna Nazione.
La Camera delle Nazioni viene eletta ogni 4
anni ed i componenti sono rieleggibili una
sola volta.
Ad ogni componente del Congresso è assicurata l’immunità sia per le opinioni
espresse nell’espletamento delle funzioni
parlamentari sia in ogni altro pubblico o
privato consesso.
Il Congresso dell’Unione Federale della
Padania è competente ad esercitare
Funzioni Legislative nelle seguenti materie:
Affari Esteri.
Relazioni Internazionali.
Difesa e Forze Armate.
Sicurezza collettiva e lotta alla criminalità.
Protezione Civile di competenza federale.
Organizzazione della pubblica amministrazione federale.
Giustizia federale.
Codificazione civile e penale di interesse
federale.
Politica monetaria.
Politica finanziaria e bilancio federale.
Norme elettorali federali.
Agenzie federali.
Servizi postali, telefonici e telegrafici.
Immigrazione, Emigrazione, Passaporti,
tutela e assistenza dei cittadini padani residenti all’estero.
Pesi, misure, determinazione del tempo.
Rilevazioni statistiche federali.
Nessuna legge che modifichi il compenso
per le prestazioni dei membri
dell’Assemblea Federale Padana e della
Camera delle Nazioni o del Direttorio
Federale, acquisterà efficacia se non dopo
che sia intervenuta una nuova elezione di
tutti i suoi Rappresentanti.
Art. 12
Il Direttorio Federale è il governo
dell’U.F.P.
Il Direttorio Federale è formato da tanti
componenti quante sono le Nazioni
Federate, in ragione di uno per Nazione.
I componenti del Direttorio Federale sono
eletti per 4 anni dal Congresso dell’U.F.P.
in seduta plenaria. Essi devono essere cittadini padani ed elettori. Sono rieleggibili
una sola volta.
La durata in carica dei componenti del
Direttorio Federale è contestuale a quella
del Congresso dell’U.F.P. . Essi non possono ricoprire altri incarichi pubblici nell’ambito dell’U.F.P. e delle rispettive e singole Nazioni né esercitare altre attività
mentre espletano l’incarico.
Il Direttorio Federale elegge al suo interno
un Presidente ed un Vice-Presidente che
durano in carica dodici mesi e non possono
essere rinnovati.
Il Direttorio Federale presenta al
Congresso dell’Unione Federale della
88 - Quaderni Padani
Padania i Progetti di Legge; provvede all’esecuzione delle Leggi approvate dal
Congresso Padano e delle Sentenze della
Corte Costituzionale Federale; ripartisce le
singole competenze operative tra i suoi
componenti ma le decisioni emanano dal
Direttorio Federale quale potere costituzionale e, per essere valide, contemplano la
presenza del Presidente o del VicePresidente e della metà dei componenti.
Art. 13
L’amministrazione pubblica federale deve
ispirarsi ad un principio di equilibrata rappresentatività di tutte le Nazioni federate.
Art. 14
La Funzione Giurisdizionale federale è
indipendente da ogni altro potere federale
ed emana anch’essa dalla sovranità popolare.
La magistratura giudicante e gli uffici del
pubblico ministero rappresentano funzioni
e carriere separate e distinte. Per i giudizi
in materia penale sono previsti tribunali di
giurati popolari (giurìÏ). Una legge organica ne stabilirà i criteri e le caratteristiche
di scelta e operatività. I pubblici ministeri
sono eletti direttamente dal popolo con le
modalità stabilite dalla legge federale che
determina anche i requisisti di elevata
competenza dei candidati. E’ fatto divieto
nell’ambito della Giustizia federale e dei
suoi uffici passare da una carriera all’altra e
da una funzione all’altra.
Ogni Nazione organizza ed esercita il proprio Potere Giudiziario tramite propri
Magistrati e Tribunali.
Art. 15
La Corte Costituzionale Federale ha come
sua funzione quella di verificare la conformità con la Costituzione delle leggi e atti
emanati dal Legislativo e dall’Esecutivo
Federali e Nazionali, nonché dalle magistrature di merito. La Corte Costituzionale
esercita la tutela in caso di violazione dei
diritti fondamentali riconosciuti dalla presente Costituzione ad ogni cittadino
dell’Unione. Un’apposita legge federale
disciplina ed organizza il funzionamento
ed i compiti della Corte Costituzionale
Federale.
CAPITOLO III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE
Art. 16
Il bilancio dell’’U.F.P. è approvato annualmente dal Congresso dell’U.F.P. .
L’U.F.P. tiene in pareggio a lungo termine
le sue uscite e le sue entrate; propone le
politiche e gli stanziamenti di riequilibrio
finanziario tra le Nazioni Federate.
Le disposizioni recanti nuovi e maggiori
oneri possono essere stabilite solo con
Legge la quale deve indicare il periodo di
applicazione, gli obbiettivi da raggiungere,
nonché la descrizione puntuale e rigorosa
dei mezzi di copertura finanziaria per farvi
fronte. La stessa legge di bilancio fissa il
termine massimo di prelievo fiscale rispetto al prodotto interno lordo.
All’U.F.P. competono direttamente: a) le
Tasse d’importazione; b) una percentuale
delle imposte sui consumi e sul valore
aggiunto determinate annualmente dalla
Legge di bilancio.
Le Nazioni federate, per contribuire alle
spese dell’U.F.P., versano inoltre all’Unione
fino al massimo di un decimo del totale
delle imposte dirette riscosse sul loro territorio secondo quanto stabilito dalla Legge
di cui al comma precedente.
Ogni altro tributo è attribuito alle Nazioni
Federate.
Non è ammessa alcuna sorta di doppia
imposizione tra l’U.F.P. e le Nazioni
Federate, nonché tra le stesse Nazioni
Federate.
CAPITOLO IV
LEGGI E REFERENDUM DI INIZIATIVA
POPOLARE
Art. 17
La Legislazione Federale stabilisce forme e
termini per le consultazioni popolari a
livello federale.
Il Popolo padano esercita l’iniziativa delle
leggi federali mediante proposta da parte di
almeno 50.000 elettori di una proposta di
legge redatta in articoli.
E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione totale o parziale di una
legge o di un atto avente valore di legge
quando lo richiedano 100.000 elettori o 5
Nazioni federate.
Art. 18
Il Sigillo dell’U.F.P. è il Sole delle Alpi,
costituito da sei petali disposti all’interno
di un cerchio; la sua Bandiera ordinaria è il
Sole delle Alpi di color verde celtico-veneto
in campo bianco; la sua Bandiera marittima è formata dall’unione degli Stendardi di
San Giorgio e di San Marco;
la sua Bandiera storica è la Croce di San
Giorgio caricata nel primo quadrante del
Sole delle Alpi rosso.
L’Inno dell’U.F.P. è il "Va pensiero" di
Giuseppe Verdi.
CAPITOLO V
REVISIONE della COSTITUZIONE
FEDERALE
Art. 19
La Costituzione Federale può essere riformata totalmente o parzialmente.
La revisione parziale o totale può aver
luogo sia per iniziativa del Congresso
dell’Unione Federale a richiesta di un quinto dei componenti dell’Assemblea federale,
oppure di un quinto dei componenti delle
Camere delle Nazioni, oppure per iniziativa
di 100.000 cittadini padani con diritto di
voto che sottoscrivano un progetto di legge
redatto in articoli di modifica totale o parziale della Costituzione federale.
NORME TRANSITORIE
Art. 20
L’U.F.P. prevede l’unione iniziale delle
Nazioni esistenti, le quali dispongono di un
anno di tempo per confermarsi come
Nazioni Federate e darsi una denominazione ufficiale, che potrà sostituire quella provvisoriamente espressa nell’art. 1, senza che
questo comporti revisioni costituzionali.
Entro un anno dall’avvio del processo di
formazione dell’U.F.P., in conformità ad
apposita Legge Federale, devono altresìÏ
essere risolti i problemi di costituzione di
nuove Nazioni e di confini tra le Nazioni
stesse.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Ipotesi per una riforma
Documento redatto da Gianfranco Miglio e dai
suoi collaboratori e pubblicato sul libro dello
stesso Miglio, L’asino di Buridano (Vicenza: Neri
Pozza, 1999), pagg. 75-88.
Il testo ricalca il “Modello di costituzione
Federale per l’Italia” presentato il 17 dicembre
1994 al Circolo della stampa di Milano e fatto
proprio dall’Unione Federalista. Quel testo era
stato anche pubblicato su Cuore & Critica (anno
III, n.18, dicembre 1994), pagg. 4-13.
I PRINCIPI FONDAMENTALI
1. L’Italia è una Repubblica, radicata nei
Municipi, e fondata su di un patto di unione fra le comunità naturali in cui i cittadini
si articolano. La Repubblica è formata da
quindici Regioni, raggruppate in tre
Comunità regionali - Nord, Centro e Sud e dalle cinque Regioni a statuto speciale,
che hanno dignità di Comunità regionale, e
possono adottare, nel loro Statuto, le istituzioni e le procedure previste per le
Comunità regionali.
2. Il potere di decidere - sul piano legislativo, governamentale ed amministrativo appartiene al popolo, il quale lo esercita o
per mezzo dei suoi rappresentanti oppure
direttamente (referendum). Una legge
costituzionale definisce le forme di referendum, i “quorum” necessari, e le procedure
che ne regolano lo svolgimento, nelle
diverse aree della Repubblica.
3. La Costituzione riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo e stabilisce i
doveri del cittadino. Nessun vincolo è posto
alla circolazione ed alla attività dei cittadini
sul territorio della Repubblica; tale libertà
può essere limitata soltanto per motivi
penali. La Costituzione garantisce le quattro fondamentali libertà europee: circolazione delle persone, dei capitali, delle merci
e dei servizi. La libertà di impresa è un
diritto costituzionale.
6. Il Direttorio federale decide applicando la
regola della maggioranza; in caso di parità
di voti, prevale il voto del Presidente.
Decide invece e soltanto all’unanimità,
quando approva la legge di bilancio, l’istituzione di nuovi tributi e i provvedimenti
relativi al sostegno finanziario delle aree
svantaggiate. Sempre all’unanimità, e per
iniziativa comune dei governi comunitari,
il Direttorio federale delibera di stabilire
con legge norme di coordinamento per l’esercizio di talune competenze comunitarie,
l’attribuzione di nuove competenze alle
diverse aree di governo della Repubblica,
nonché l’eventuale delega di funzioni al
Presidente.
7. Qualora il Direttorio federale non si
esprima all’unanimità, nei casi in cui questa è prescritta, il Presidente federale promuove il “procedimento di emergenza”.
Entro otto giorni l’unanimità deve essere
conseguita; in caso contrario tutti i membri del Direttorio - compreso il rappresentante protempore della Regione a statuto
speciale, ed escluso il Presidente - decadono, e si procede a nuove elezioni. I membri
decaduti non possono essere immediatamente rieletti.
8. Il sistema tributario della Repubblica è il
seguente:
A) tributi locali consentono ai Municipi di
finanziare le loro funzioni. Una legge costituzionale riconosce l’ambito di tale prerogativa , ne garantisce l’esercizio, e indica le
residue forme di finanziamento dell’attività
dei Municipi.
B) Tutti gli altri tributi, diretti e indiretti,
sotto la sorveglianza del Direttorio federale,
vengono stabiliti e riscossi dalle Comunità
regionali, e dalle Regioni a statuto speciale,
in funzione del luogo dove la ricchezza è
stata prodotta o scambiata.
C) Una parte del gettito di questi tributi,
nella misura determinata dal Direttorio
federale, viene destinata a sostenere l’attività del Governo federale, e può essere anche
impiegata per finanziare lo sviluppo delle
aree meno prospere della Repubblica.
LA FUNZIONE DI GOVERNO
1. Il governo del Municipio spetta al sindaco, eletto da tutti i residenti, ed assistito da
una giunta composta di assessori da lui
nominati e revocati. Una legge costituzionale riconosce le competenze originarie del
Municipio, e ne stabilisce la diversa struttura organizzativa in rapporto alla dimensione demografica.
L’amministrazione del Municipio si svolge
sottoponendo le decisioni alla scelta dei cittadini. In particolare l’adozione o la modifica degli strumenti urbanistici, devono essere approvate dalla maggioranza assoluta dei
cittadini (referendum popolare).
2. Il governo della Regione è determinato
dallo Statuto della medesima. Il capo del
governo regionale è il Presidente, eletto
direttamente dai cittadini. La Regione
“incorpora” le Province che la compongono, ed utilizza i loro quadri sul territorio
per formare consorzi di Municipi.
3. Il governo della Comunità regionale è
formato da un Governatore eletto da tutti i
cittadini della Comunità stessa, e da un
Direttorio composto dai presidenti delle
Regioni che costituiscono la comunità
medesima. Le competenze del direttorio e
del Governatore della comunità, nonché i
loro rapporti, sono determinati dallo
Statuto comunitario, adottato dai Consigli
delle Regioni che compongono la
Comunità.
La Comunità regionale del Nord è composta dalla Regione del Nord-Ovest (Liguria,
Piemonte, Lombardia: capoluogo Torino),
dalla Regione del Nord-Est (Veneto: capoluogo Verona o Venezia) e dalle Regioni
Emilia e Romagna: capoluogo Bologna;
capoluogo della Comunità regionale del
Nord è Milano.
La Comunità regionale del Centro è composta da: Toscana, Umbria, Marche, e Lazio;
la Comunità regionale del Sud è composta
da: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia,
Basilicata, Calabria.
La Comunità regionale è organo politico,
ed è competente per la definizione e la
gestione della politica economica relativa
all’area governata. L’amministrazione territoriale della Comunità regionale spetta alle
Regioni che la compongono.
Entro la Comunità regionale, le Regioni ed
i Municipi possono ottenere larghe autonomie, garantite e regolate dallo Statuto.
4. Il Governo della Repubblica spetta a un
Direttorio federale, composto dai
Governatori delle tre Comunità regionali e
- a turno annuale - è competente, in via
esclusiva, per la politica estera, la difesa, la
politica monetaria, gli uffici federali dell’ordinamento giudiziario; in via concorrente è
competente per la politica sociale, tendente
a garantire condizioni omogenee, nella
Repubblica, nella previdenza e nella sanità.
Tutte le altre competenze spettano alle
Comunità regionali ed alle Regioni a statuto speciale.
5. Il Direttorio federale è coadiuvato da
Segretari di Stato, nominati dal Presidente
federale. Il loro mandato cessa con l’uscita
da carica del Presidente stesso; può essere
espressamente prorogato dal nuovo
Presidente
federale.
I Segretari di Stato dipendono dal
Direttorio, di cui devono godere la fiducia;
sono preposti agli uffici che corrispondono
alle competenze esclusive del governo federale, ed a quelli che verranno riconosciuti
necessari per coordinare l’esercizio delle
competenze comunitarie. La eventuale
riunione collegiale dei Segretari di Stato
non costituisce un organo istituzionale.
Con il consenso del Direttorio, i Segretari
di Stato possono essere ascoltati
dall’Assemblea federale. Il Direttorio federale nomina e dimette i funzionari responsabili dei servizi, organizzati presso il
Governo federale.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
I COLLEGI RAPPRESENTATIVI
1. Tutte le cariche elettive della Repubblica
- se la legge non prevede un tempo più
breve - durano quattro anni.
Ad ogni area di governo corrisponde, con
funzioni di controllo, un collegio rappresentativo, eletto a suffragio universale dai
cittadini.
Ciascun collegio rappresentativo, con la
maggioranza dei due terzi dei suoi membri,
può deporre il capo del governo sottoposto
al suo controllo e comunque legittimato,
Quaderni Padani - 89
proponendo contestualmente un candidato
a sostituirlo. Con tale atto anche il collegio
decade; nelle elezioni che seguono i cittadini scelgono fra il governante deposto e il
candidato proposto dal collegio, e votano
per il rinnovo di quest’ultimo.
2. L’amministrazione del Municipio è controllata dal Consiglio comunale, o da un
sistema di collegi, eletti dai residenti che
compongono il Municipio.
3. L’amministrazione della Regione è controllata dal Consiglio regionale, eletto dai
cittadini che compongono la Regione. Lo
statuto della Regione determina il modo in
cui il Consiglio viene eletto, la sua organizzazione ed i suoi poteri. La Provincia non
ha amministratori elettivi, perché a rappresentarla provvedono i consiglieri regionali
eletti nel suo territorio.
4. Il governo della Comunità regionale è
controllato da una Dieta, formata da deputati eletti a suffragio universale dai cittadini che compongono la Comunità medesima - Comunità regionale del Nord: 145;
Comunità regionale del Centro: 68;
Comunità regionale del Sud: 87 -. A questi
trecento deputati si aggiungono quarantasei deputati eletti dai cittadini delle
Regioni a statuto speciale: 27 per la Sicilia,
9 per la Sardegna, 6 per il Friuli-Venezia
Giulia, 3 per il Trentino-Alto Adige, 1 per la
Valle d’Aosta.
I 346 deputati compongono l’Assemblea
federale. Una legge costituzionale stabilisce
la cornice normativa entro la quale gli statuti delle Comunità regionali, e delle
Regioni a statuto speciale, possono differenziare il metodo per eleggere i rispettivi
deputati.
5. L’Assemblea federale è l’unica camera
politica della Repubblica. Essa non siede in
permanenza, ma si riunisce in sessioni
periodiche, in modo da consentire ai membri, che fanno contemporaneamente parte
delle Diete delle Comunità regionali, di
attendere ai lavori di queste ultime.
L’Assemblea elegge un presidente, e si dota
di un Regolamento, soggetto soltanto
all’approvazione della Corte costituzionale.
L’Assemblea federale, con una maggioranza dei due terzi dei suoi membri, può
deporre il Presidente federale, proponendo
un candidato a sostituirlo, e contestualmente determinando il proprio scioglimento. Nelle elezioni che seguono, i cittadini
scelgono fra il Presidente deposto e il
nuovo candidato, e ricostituiscono
l’Assemblea federale.
L’Assemblea federale è competente per
tutte le materie riservate all’autorità federale; normalmente legifera per mezzo del
senato legislativo. Quando discute la legge
di bilancio, e gli altri provvedimenti per i
quali la Costituzione esige l’unanimità del
Direttorio, l’Assemblea non può apportare
modifiche se non con il consenso unanime
del Direttorio federale medesimo.
6. Il Senato legislativo è un collegio specializzato nella produzione di norme. È composto da duecento membri, eletti da tutti i
cittadini della Repubblica con metodo proporzionale. Ha competenza esclusiva sulle
materie relative ai “Princìpi fondamentali”
ed ai “Diritti e doveri dei cittadini” elencati
90 - Quaderni Padani
dalla Costituzione.
I disegni di legge del Senato legislativo,
prima di essere adottati in forma definitiva,
devono essere approvati dall’Assemblea
federale, la quale può rinviarli al Senato
legislativo con l’indicazione delle modifiche auspicate. Un disegno di legge del
Senato legislativo, approvato da tre quarti
dei suoi membri, diventa legge anche senza
l’assenso dell’Assemblea federale.
L’Assemblea federale può affidare al Senato
legislativo la redazione di leggi su materie
di propria competenza. In particolare le
leggi di coordinamento per l’esercizio delle
competenze spettanti alle Comunità regionali; in tal caso l’Assemblea determina i
princìpi ed i criteri direttivi a cui il Senato
legislativo dovrà attenersi.
Il Senato legislativo partecipa al processo
di revisione della Costituzione. Esso elegge
un presidente e si dota di un Regolamento,
soggetto soltanto all’approvazione della
Corte costituzionale.
IL PRESIDENTE FEDERALE
1. Il Presidente federale è eletto per quattro
anni da tutti i cittadini della Repubblica, e
rappresenta il momento unitario nella vita
politica di quest’ultima.
L’elezione avviene in due tornate elettorali.
Nella prima si possono presentare tutti i
cittadini che abbiano compiuto quarant’anni e godano dei diritti civili e politici; nella
seconda si confrontano soltanto i due candidati che, nella prima tornata, abbiano
ricevuto il maggior numero di voti.
Il Presidente presiede e coordina il
Direttorio federale.
Le sue funzioni, in caso di impedimenti
gravi, sono esercitate dal Presidente della
Corte costituzionale.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione della
Assemblea federale. Presiede il Consiglio
supremo di difesa, dichiara lo stato di guerra deliberato dall’Assemblea federale. Può
concedere grazia e commutare le pene.
2. Il Presidente della Corte costituzionale
promulga le leggi ed emana i decreti aventi
valore di legge, ed i regolamenti. Indice i
referendum popolari aventi efficacia per
tutta la Repubblica; indice le elezioni per
l’Assemblea federale e per il Senato legislativo.
Quando, nell’Assemblea federale o nel
Senato legislativo, è diventata impossibile
la formazione di maggioranze deliberative,
su richiesta del Presidente federale, e sentiti i presidenti di entrambi i collegi, il
Presidente della Corte costituzionale può
sciogliere l’una o l’altra camera, o entrambe, ed indire le conseguenti elezioni, fissando la prima riunione delle Camere stesse.
LE CONSULTE MUNICIPALI
1. Ferma restando la competenza istituzionale riconosciuta dalla legge costituzionale
ai Municipi, questi ultimi partecipano al
governo della Repubblica attraverso le
“Consulte municipali”.
2. Presso ogni Direttorio di Comunità
regionale è costituita una Consulta muni-
cipale comunitaria, formata da trenta
Sindaci, eletti da tutti i Sindaci della
Comunità in ragione di 15 rappresentanti
dei Comuni fino a 10.000 abitanti, 10 rappresentanti dei Comuni da 10.000 a 25.000
abitanti, 5 rappresentanti dei Comuni con
più di 25.000 abitanti.
3. Presso il Direttorio federale è costituita
una Consulta municipale federale, formata
da 30 Sindaci, eletti da tutti i Sindaci della
Repubblica, in Ragione di 20 rappresentanti dei Comuni che abbiano fino a 100.000
abitanti. I Sindaci dei Comuni i quali
abbiano più di un milione di abitanti,
fanno parte di diritto della Consulta municipale federale.
4. Le consulte municipali forniscono pareri, proposte e suggerimenti nei campi a)
della politica dell’ambiente, b) delle comunicazioni, e c) dell’urbanistica.
Il parere espresso da una consulta municipale con una maggioranza dei due terzi dei
componenti è vincolante per il rispettivo
organo di governo presso il quale la
Consulta è costituita.
LA CORTE COSTITUZIONALE
1. La Corte costituzionale giudica:
a) la conformità a Costituzione di tutti gli
atti normativi, ed aventi efficacia di legge
(Regolamenti), prodotti dai pubblici poteri
della Repubblica;
b) i conflitti di attribuzione fra i medesimi
soggetti;
c) la illiceità costituzionale dei comportamenti dei pubblici poteri verso le persone
fisiche e giuridiche.
2. La Corte costituzionale è composta di
quindici giudici, nominati per un terzo dal
presidente dell’Assemblea federale, per un
terzo dal presidente del Senato legislativo,
e per un terzo eletti dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative.
I giudici della Corte costituzionale sono
scelti fra i magistrati, anche a riposo, delle
giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, e i professori ordinari di università in materie giuridiche.
I giudici della Corte costituzionale sono
nominati per dodici anni, e non possono
essere nuovamente nominati.
La Corte sorteggia, tra i suoi componenti,
il Presidente, che rimane in carica per
quattro anni.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro di una delle due
Camere, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con
ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
3. Quando la Corte dichiara l’illegittimità
costituzionale di una norma di legge, o di
un atto avente forza di legge, la norma
cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e
comunicata ai soggetti pubblici che hanno
prodotto l’atto, affinché assumano i provvedimenti conseguenti.
4. La Corte costituzionale elegge un
Procuratore della Costituzione scegliendolo fuori dal proprio seno, ma fra persone in
possesso dei requisiti necessari per la
nomina a giudice della Corte stessa.
Questo magistrato - il cui mandato dura
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
quattro anni, e può essere rinnovato - ha il
compito di promuovere o accogliere le
impugnative dei casi di illegittimità costituzionale elencati nell’articolo 1. Egli può
essere deposto dalla Corte, in adunanza plenaria, e con la maggioranza dei due terzi
dei componenti.
5. Il Procuratore della Costituzione coordina l’operato degli uffici del Pubblico ministero, assistito da una Commissione consultiva di sette membri, eletta nel suo seno
dal Senato legislativo. Qualora sorga un
grave conflitto fra il Procuratore della
Costituzione e la Commissione consultiva,
questa può chiedere alla Corte costituzionale la rimozione del Procuratore.
6. Una legge costituzionale stabilisce le
forme e le procedure con cui opera la Corte
costituzionale.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.
LA REVISIONE PERIODICA DELLA
COSTITUZIONE
1. Allo scadere di ogni trentennio si verifica
l’opportunità di rivedere la Costituzione.
Sei mesi prima della scadenza, tutte le persone fisiche o giuridiche, le quali ritengano
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
di dover rappresentare un’esigenza di
modificazione dell’ordinamento vigente,
inviano per iscritto la loro richiesta, o suggerimento, al Governo delle Comunità
regionali e alle Presidenze delle Regioni a
statuto speciale.
2. I destinatari trasmettono le proposte
ricevute, corredate del proprio parere, ad
un ufficio apposito della Corte costituzionale, che le ordina e le trasmette alle presidenze dell’Assemblea federale e del Senato
legislativo. Le presidenze delle due Camere
si accordano per indire una sessione costituente nel contesto dei loro lavori.
Quaderni Padani - 91
Proposta di legge
per le province
autonome
L’elaborazione dei testi dei due “Progetti di Legge Costituzionale di iniziativa popolare” è opera del
solo professor. Ettore A. Albertoni.
Le ricerche e gli studi giuridici, sociali, economici, statistici, demografici e sociologici relativi ai due
Progetti sono stati svolti in forma sia individuale che collegiale dai docenti universitari componenti
dei due Comitati scientifici. La struttura dei Comitati e dei gruppi dì lavoro è stata deliberata esclusivamente sulla base delle alte qualificazioni scientifiche, accademiche e professionali dei suoi membri i
quali attengono a diverse aree disciplinari. e si riconoscono in diverse aree di pensiero politico. Le
Amministrazioni Provinciali di Bergamo e Vicenza hanno posto come unica discriminante per fare
parte dei Comitati scientifici che tutti i loro componenti si riconoscessero nel valore costituzionale
dell’autonomia e nel principio di sussidiarietà.
Comitato Scientifico “Progetto Autonomia per la Provincia di Bergamo”: Ettore A. Albertoni (presidente, coordinatore scientifico), Francesco Arcucci, Paolo Bagnoli, Paola Bilancia, Gian Carlo Blangiardo,
Ettore Rotelli e Andrea Machiavelli (collaboratore scientifico della “Struttura operativa
di progetto”).
La documentazione integrale del Progetto in: Autonomia provinciale. Quaderni della Provincia di
Bergamo, n.l-2, gennaio dicembre 1998 (Maggioli Editore, Rimini, tel.0541.628666).
Comitato Scientifico “Progetto Autonomia di Vicenza”: Ettore A. Albertoni (presidente, coordinatore
scientifico) Ulderico Bernardi, Gian Carlo Blangiardo, Ferruccio Bresolin, Ivone Cacciavillani, Patrizia
Scalabrin. Collaborazione scientifica per la ricerca economica: Progest S.r.l
La documentazione integrale del Progetto è raccolta nel fascicolo: Provincia di Vicenza. Progetto
Autonomia di Vicenza (Edizioni Centro Stampa Provincia di Vicenza, tel 0444.399193).
-I sottoscritti elettori- in base al diritto di
iniziativa legislativa previsto e garantito
dall’art.71,comma secondo, Costituzione
della Repubblica Italiana e in applicazione
della Legge 25 maggio 1970,n.352 (Norme
sui referendum previsti dalla Costituzione
e sulla iniziativa legislativa del popolo )presentano la seguente “Proposta di Legge
Costituzionale” redatta in articoli:
“MODIFICHE AL TITOLO V DELLA
COSTITUZIONE IN MATERIA DI AUTONOMIE PROVINCIALI E LOCALI.
ATTRIBUZIONE ALLA PROVINCIA DI
BERGAMO E AD ALTRE PROVINCIE
DELLO STATUTO D’AUTONOMIA PROVINCIALE”
re, storie, caratteristiche produttive, economiche e sociali, nonché alla loro contribuzione globale all’erario secondo specifici Statuti adottati con leggi costituzionali
e denominati Statuti di autonomia provinciale.
4. E’ attribuita ai Comuni la generalità
delle funzioni regolamentari ed amministrative anche nelle materie nelle quali la
potestà legislativa spetta allo Stato, alle
Regioni o alle Provincie, salve le funzioni
espressamente attribuite alle Regioni, alle
Provincie o allo Stato dalla Costituzione,
dalle leggi costituzionali e dalle leggi ordinarie, senza duplicazioni di funzioni e con
l’individuazione delle rispettive responsabilità.
5. Tutti gli atti, normativi o regolamentari, delle Regioni, delle Provincie e dei
Comuni non sono sottoposti, né sono sottoponibili a controlli preventivi di legittimità o di merito”.
Articolo 1
L’art. 114 della Costituzione della
Repubblica Italiana è così modificato:
“La Repubblica, allo scopo di rendere
effettivo il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali e di adeguare i
principi ed i metodi della sua legislazione
alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, è costituita dai Comuni, dalle
Regioni, dalle Provincie e dallo Stato.”
Articolo 2
L’articolo 115 della Costituzione è così
modificato:
“I Comuni, le Provincie e le Regioni sono
tutti enti autonomi con propri poteri e
funzioni, stabiliti ed articolati secondo il
principio di sussidiarietà”.
Articolo 3
Dopo l’articolo 115 della Costituzione è
inserito il seguente:
“Articolo 115-bis”
“1. I Comuni, le Provincie e le Regioni
hanno tutti autonomia statutaria, normativa, finanziaria, organizzativa ed amministrativa.
2.La potestà legislativa è ripartita fra le
Regioni, le Provincie e lo Stato.
3.Alle Provincie sono attribuite forme e
condizioni di autonomia normativa, finanziaria, organizzativa ed amministrativa
adeguate ai caratteri comunitari delle
popolazioni e dei territori, alle loro cultu-
92 - Quaderni Padani
Articolo 4
L’art. 116 della Costituzione è così modificato:
“Alle Regioni Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, alla Regione
Trentino Alto Adige ed alle due Provincie
Autonome di Trento e Bolzano, nelle quali
essa già oggi si articola, sono confermate
e garantite costituzionalmente le forme e
le condizioni di autonoma regionale e provinciale stabilite dai loro vigenti Statuti e
dalle relative leggi costituzionali”.
Articolo 5
Dopo l’art.116 della Costituzione viene
inserito il seguente:
“Articolo 116-bis”
“All’attuale Provincia di Bergamo sono
attribuite le competenze legislative ed
amministrative di cui al successivo articolo 117 – bis, secondo uno Statuto provinciale di autonomia adottato con legge
costituzionale”.
Articolo 6
L’articolo 117 della Costituzione è così
modificato:
“1. Entro il territorio di una stessa
Regione possono coesistere Provincie con
uno Statuto di autonomia provinciale e
Provincie con Statuto ordinario.
2. Nei confronti delle Provincie nelle
quali vige lo Statuto di autonomia provinciale la Regione emana norme legislative,
con esclusivo carattere di programmazione e coordinamento, tenuto conto delle
competenze provinciali, nelle seguenti
materie:
1) ordinamento degli uffici regionali e
del personale ad essi addetto;
2) espropriazione per pubblica utilità per
le opere pubbliche di propria competenza;
3) regolamentazione dell’ordinamento
degli Enti preposti alla erogazione
delle cure sanitarie o comunque operanti nel campo sanitario ed ospedaliero;
4) ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di
carattere regionale;
5) ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle casse
di risparmio e delle casse rurali, nonché delle aziende di credito a carattere
regionale”.
Articolo 7
Dopo l’articolo 117 della Costituzione
viene inserito il seguente:
“Articolo 117 – bis”
“1. Ogni Provincia alla quale è attribuito
lo Statuto di autonomia provinciale ha
competenza di legislazione e di amministrazione nelle seguenti materie:
1) indirizzi generali di assetto e coordinamento del territorio provinciale,
circoscrizioni comunali;
2) toponomastica provinciale;
3) ordinamento degli uffici provinciali e
del personale ad essi addetto;
4) tutela, conservazione e sviluppo del
patrimonio storico, culturale, artistico
e popolare, delle tradizioni, storia, lingue e dialetti;
5) usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti,
musei) aventi carattere provinciale;
6) organizzazione di manifestazioni e di
attività artistiche, culturali ed educative locali, anche con i mezzi radiotelevisivi;
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
7) urbanistica, piano territoriale provinciale e piani regolatori comunali;
8) difesa del suolo, tutela e valorizzazione ambientale e del paesaggio, prevenzione delle calamità;
9) usi civici;
10) ordinamento delle minime proprietà
agricole e di quelle di collina e di
montagna;
11) artigianato;
12) edilizia comunque sovvenzionata;
13) porti lacuali;
14) fiere e mercati;
15) tutela, utilizzazione e valorizzazione
delle risorse idriche e energetiche;
16) miniere, comprese le acque minerali e
termali, cave e torbiere;
17) caccia e pesca;
18) agricoltura e parchi per la protezione
della flora e della fauna;
19) viabilità, acquedotti e lavori pubblici
di interesse provinciale;
20) comunicazioni e trasporti di interesse
provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l’esercizio degli
impianti di funivia;
21) assunzione diretta o partecipata di
servizi pubblici e loro gestioni a
mezzo di aziende speciali;
22) turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i
maestri e le scuole di sci;
23) agricoltura, foreste e Corpo forestale,
patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e
stazioni agrarie sperimentali, servizi
antigrandine, bonifica;
24) espropriazione per pubblica utilità per
tutte le materie di competenza provinciale;
25) costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per
l’assistenza, l’orientamento al lavoro
e per l’aggiornamento permanente
nonché la riqualificazione dei lavoratori disoccupati;
26) opere idrauliche, organizzazione dello
smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle
emissioni atmosferiche e sonore;
27) assistenza e beneficenza pubblica;
28) scuola materna;
29) assistenza scolastica per i settori nei
quali le Provincie hanno competenza
legislativa;
30) edilizia scolastica;
31) addestramento e formazione professionale, anche post - laurea e di specializzazione;
32) polizia locale urbana e rurale;
33) istruzione elementare e secondaria (
media, classica, scientifica, magistrale
, tecnica, professionale e artistica );
34) commercio;
35) apprendistato e lavoro;
36) incremento della produzione industriale attraverso la creazione di poli
tecnologici ed incubatoi per l’innovazione;
37) igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ospedaliera;
38) attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature;
39) esercizi pubblici;
40) utilizzazione a livello provinciale delle
acque pubbliche escluse le grandi
derivazioni a scopo idroelettrico;
41) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico– amministrativa ai
Comuni;
42) servizi antincendi;
43) sviluppo della cooperazione.
2. Per consentire alle Provincie con lo
Statuto di autonomia provinciale di svolgere adeguatamente le competenze di
legislazione e di amministrazione nelle
materie di cui sopra, una congrua quota
del gettito fiscale prodotto nel territorio
provinciale e, comunque, non inferiore al
60% del gettito di tutti i tributi, con l’esclusione dell’I.V.A. interna per la quale la
devoluzione è di 7/10 del gettito e dell’
I.V.A. per l’importazione per la quale la
devoluzione è pari ai 4/10, è attribuito alla
Provincia stessa. La devoluzione ha luogo
secondo norme da emanare da parte del
Parlamento nel termine perentorio di 90
giorni dall’adozione dello Statuto. La
mancata emanazione delle norme comporta l’obbligo inderogabile da parte dei competenti Uffici erariali provinciali di procedere alla trattenuta delle quote indicate ed
alla loro immediata devoluzione alla
Provincia interessata”.
Articolo 8
E’ introdotto nella Costituzione il seguente:
“Articolo 117 ter”
1.” La Regione emana norme legislative
per le seguenti materie nelle Provincie
nelle quali non vige lo Statuto di autonomia provinciale:
1) ordinamento degli uffici e degli enti
amministrativi dipendenti dalla
Regione;
2) circoscrizioni comunali;
3) polizia locale urbana e rurale;
4) fiere e mercati;
5) beneficenza pubblica ed assistenza
sanitaria ed ospedaliera;
6) istruzione artigiana professionale e
assistenza scolastica;
7) musei e biblioteche di enti locali;
8) urbanistica;
9) turismo e industria alberghiera;
10) tramvie e linee automobilistiche d’interesse
regionale;
11) viabilità, acquedotti e lavori pubblici
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
di
interesse regionale;
12) navigazione e porti lacuali;
13) acque minerali e termali;
14) cave e torbiere;
15) caccia;
16) pesca nelle acque interne;
17) agricoltura e foreste;
18) artigianato;
19) altre materie indicate da leggi costituzionali.
2. Le leggi della Repubblica possono
demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”.
Articolo 9
L’articolo 118 della Costituzione è così
modificato con l’aggiunta del seguente
comma quattro:
“ I precedenti comma secondo e terzo non
si applicano alle Provincie aventi uno
Statuto di autonomia provinciale”.
Articolo 10
E’ abrogato l’art.128 della Costituzione.
Articolo 11
E’ abrogato l’art.129 della Costituzione.
Articolo 12
E’ abrogato l’art.130 della Costituzione.
Articolo 13
Dopo l’art.133 della Costituzione, viene
inserito il seguente:
“Articolo 133 – bis”
“1.L’attribuzione degli Statuti di autonomia provinciale è proposta ad iniziativa di
almeno cinquantamila elettori i quali presentano, secondo la normativa esistente,
un apposito progetto di legge costituzionale redatto in articoli secondo quanto
disposto dalla Costituzione, art. 71comma secondo. Il progetto di legge deve
essere corredato da una relazione illustrativa delle caratteristiche comunitarie territoriali, socio-demografiche, storiche e culturali, nonché dello sviluppo sociale ed
economico della Provincia e della capacità
contributiva globale per la quale viene
chiesta l’attribuzione dello Statuto di
autonomia provinciale.
2. Il Presidente ed il Consiglio della
Provincia per la quale si chiede uno
Statuto di autonomia provinciale devono,
entro 10 giorni dalla pubblicazione del
progetto di legge sulla Gazzetta Ufficiale
inviare, disgiuntamente tra loro e nella
forma di cui all’art.50 della Costituzione,
al ramo del Parlamento al quale il progetto di legge è stato presentato, il loro parere che è obbligatorio ma non vincolante
sul merito del provvedimento legislativo
richiesto dai cittadini”.
Quaderni Padani - 93
Documento redatto da Gilberto Oneto nel 1998.
Il testo viene presentato soprattutto per l’approccio nella definizione delle comunità organiche
intermedie (che sostituiscono le Province e - in
qualche modo - anche i Comuni) e nella revisione dei confini amministrativi esistenti.
Bozza di Costituzione
del Piemonte
Art.1
Il Piemonte ( 1) è formato dalle seguenti
Comunità autonome: Torino, Cuneo, le Valli
Occitane il Monferrato, Alessandria, il
Canavese, le Valli Francoprovenzali, Vercelli,
il Biellese, la Valsesia, le Comunità Walser, il
Cusio, l’Ossola, Novara e il Verbano. ( 2)
Art.2
Il Piemonte fa parte della Confederazione padana e ne accetta i principi costituzionali. ( 3)
Art.3
Le lingue ufficiali del Piemonte sono il
Piemontese e il Toscano. Le modalità di
impiego e la grafia del Piemontese sono
regolate da legge nazionale. Ogni Comunità
potrà utilizzarne ufficialmente in forma parlata la variante locale. Nelle Comunità delle
Valli Occitane, delle Valli Francoprovenzali,
dei Walser, dell’Ossola, del Cusio, di Novara
e del Verbano le due lingue ufficiali sono il
Toscano e la lingua locale (l’Occitano,
l’Arpitano, il Walser e il Lombardo occidentale). Queste Comunità decidono con leggi
proprie le modalità di impiego della propria
lingua e l’eventuale conservazione del
Piemontese come terza lingua ufficiale su
tutto o su parte del loro territorio. Nei
Comuni di lingua Ligure, questa è riconosciuta come terza lingua ufficiale.
Art.4
La bandiera storica del Piemonte è il drapò.
Art.5
Sono cittadini piemontesi tutti coloro che
sono nati in Piemonte da entrambi i genitori
naturali piemontesi, che sono nati in
Piemonte da almeno un genitore piemontese e che sono sempre stati residenti in
Piemonte, e tutti quelli che risiedono continuativamente in Piemonte da almeno diciotto anni pagandovi regolarmente le tasse e
senza avere mai commesso illeciti.
La concessione dell’attinenza e della residenza spetta alle singole Comunità che la
regoleranno con loro leggi.
Art.6
L’Assemblea Subalpina è composta da cinque rappresentanti per ogni Comunità. La
Comunità Walser ha un solo rappresentante.
Almeno uno dei rappresentanti delle Valli
Occitane deve essere espresso dalla
Comunità Valdese.
L’Assemblea ha sede a Torino.
La legge elettorale per l’elezione
dell’Assemblea, la sua durata e il suo regolamento interno sono stabiliti con legge
nazionale piemontese.
Art.7
L’Assemblea ha podestà su:
94 - Quaderni Padani
• organizzazione universitaria,
• difesa e valorizzazione della lingua e della
cultura piemontese,
• rapporti con le comunità piemontesi nel
mondo,
• disposizioni sulla proporzionale etnica,
• tassazione e finanza nazionale,
• legge per l’elezione dei rappresentanti
piemontesi al parlamento padano,
• coordinamento delle funzioni delle
Comunità.
Può chiedere la deposizione del Presidente
con il voto di 4/5 dei suoi componenti.
Art.8
Il Presidente viene eletto direttamente dal
popolo e dura in carica cinque anni. Nomina
e presiede il Governo nazionale. Può indire
referendum popolari. Può intervenire, in
accordo con l’Assemblea, per sciogliere i
governi delle Comunità ove si presentassero
gravi problemi di ingovernabilità, di dissesto
finanziario o di ordine pubblico.
Art.9
Ogni Comunità si organizza liberamente al
suo interno. Alle comunità sono demandate
tutte le funzioni che non sono espressamente attribuite dalla Costituzione padana alla
Federazione ( 3) e dallo Statuto al Piemonte.
Pasturana, Rocca Grimalda, Roccaforte
Ligure, Rocchetta Ligure, San Cristoforo,
Serravalle Scrivia, Silvano d’Orba, Tagliolo
Monferrato, Tascarolo, Vignole Borbera e
Voltaggio dovranno decidere con referendum a maggioranza degli attinenti aventi
diritto se far parte del Piemonte o della
Liguria.
Una apposita legge regolerà le modalità del
distacco dei singoli Comuni o di gruppi di
Comuni.
Art.12
Comunità Walser
Entro un anno e mezzo dall’approvazione
del presente Statuto anche la Comunità
Walser dovrà decidere se essere parte del
Piemonte, della Valle d’Aosta, (nel caso di
passaggio dell’Ossola alla Lombardia) della
Lombardia o se darsi uno Statuto di
Comunità internazionale. In quest’ultimo
caso, la questione diventerà di competenza
della Federazione padana. (3)
Art.10
Disposizioni provvisorie.
Entro un anno dall’approvazione del presente Statuto, ogni Comunità dovrà redigere un
proprio Regolamento e darsi una propria
denominazione ufficiale. Le estensioni territoriali delle Comunità dovranno essere verificate entro lo stesso periodo; il passaggio di
un Comune da una Comunità all’altra avverrà con referendum a maggioranza degli
attinenti aventi diritto. Con identiche modalità potranno essere costituite nuove
Comunità o cancellate quelle indicate.
Art.13
Diritto di secessione
Le Comunità delle Valli Occitane e delle
Valli Francoprovenzali potranno in qualsiasi
momento chiedere di staccarsi dal Piemonte
e dalla Padania per fare parte rispettivamente di uno stato Occitano e di uno stato
Arpitano, qualora questi fossero costituiti
quali entità indipendenti sull’intera area di
loro competenza oggi appartenente alla
Francia. La connessione ai nuovi stati avverrà per referendum a maggioranza degli attinenti aventi diritto e sarà effettuata per singoli Comuni. Nelle Comunità (o parti di
esse) che lasceranno il Piemonte dovranno
essere garantiti, per accordi internazionali
precedenti allo svolgimento del referendum,
la doppia cittadinanza a chi lo richiederà, la
smilitarizzazione e la tutela per legge della
lingua Piemontese.
Art.11
Distacco di Comunità.
Entro un anno dall’approvazione del presente Statuto le Comunità del Cusio,
dell’Ossola, del Verbano e di Novara potranno decidere con referendum a maggioranza
degli attinenti aventi diritto se entrare a far
parte della Lombardia Occidentale o se continuare a essere parte del Piemonte.
Entro lo stesso periodo i Comuni di Albera
Ligure, Alto, Arquata Scrivia, Belforte
Monferrato, Borghetto di Borbera, Bosio,
Briga Alta, Cabella Ligure, Cabrauna,
Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Cartosio,
Casaleggio Borio, Castelletto d’Orba,
Cremolino, Fraconalto, Francavilla Bisio,
Garessio, Gavi, Grondona, Lerma, Molare,
Mongiardino Ligure, Montaldeo, Mornese,
Novi Ligure, Ormea, Ovada, Parodi Ligure,
(1) Denominazione provvisoria che viene qui utilizzata in attesa che venga sostituita da quella
definitiva: La Nazione Piemontese, lo Stato
Piemontese, la Repubblica Piemontese, il
Principato del Piemonte, La Patria Cita dal
Piemunt, o altro che sarà deciso.
(2) Si tratta di denominazioni provvisorie che
saranno sostituite da quelle definitive che ciascheduna comunità si darà.
L’eventuale modifica del numero delle comunità
e delle loro estensioni territoriali viene regolata
dall’Art.10.
(3) Verrà indicata l’esatta definizione desunta dalla
versione definitiva della costituzione padana.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Costituzione
della Federazione Ligure
PARTE PRIMA:
DIRITTI DEI SINGOLI E DEI GRUPPI
Art. 1
La Liguria è una federazione volontaria di
liberi comuni.
Art. 2
La
Federazione
aderisce
alla
Confederazione Padana, da cui potrà fuoriuscire seguendo le disposizioni della
Costituzione confederale.
Art. 3
La Federazione ha competenza nelle
seguenti materie:
a) rapporti esteri;
b) rapporti con la Confederazione Padana;
c) ammissione, censura, espulsione dei
comuni;
d) ambiente e pianificazione territoriale;
e) bilancio federale;
f) giustizia federale;
g) ordine pubblico;
h) cultura e ricerca scientifica;
i) tutela della lingua e delle tradizioni del
popolo ligure.
Tutte le competenze non esplicitamente
delegate alla Federazione da questo testo,
qualora non appartengano alla
Confederazione Padana, sono da ritenersi
riservate ai soggetti inferiori, ovvero i
comuni e in definitiva i singoli individui.
Art. 4
Sono cittadini liguri tutti coloro che sono
nati in Liguria e ivi risiedono, oppure coloro che siano residenti in Liguria da almeno
diciotto anni e non abbiano commesso
reati gravi sul territorio ligure.
Art. 5
La Federazione riconosce e garantisce ai
propri cittadini il diritto naturale alla vita,
alla libertà di parola e di associazione sotto
qualsiasi forma, alla proprietà privata,
all’autodifesa e alla ricerca della felicità.
Nessuno, nemmeno la Federazione, può
aggredire i cittadini nei loro diritti naturali.
Qualora fosse un comune a violarli, esso è
da considerarsi automaticamente espulso
dalla Federazione.
Se la Fedérazione o una delle sue parti
assumono atteggiamenti tirannici, il popolo e ogni cittadino che ne fa parte hanno
diritto alla disobbedienza civile.
Art. 6
Hanno diritto al voto tutti i cittadini liguri
che abbiano compiuto il diciottesimo anno
d’età e abbiano delle proprietà o percepisca-
no un reddito in Liguria, o siano membri di
un nucleo familiare all’interno del quale
almeno un membro abbia proprietà o percepisca un reddito in Liguria.
I dipendenti pubblici non hanno diritto al
voto per enti dello stesso livello di quelli da
cui dipendono.
Art. 7
Ogni comunità che ne faccia richiesta può
esercitare il diritto di secessione dalla
Federazione.
PARTE SECONDA:
ORDINAMENTO DELLA FEDERAZIONE
Art. 8
Costituiscono fonti del diritto:
a) la presente Costituzione,
b) i Testi unici;
c) la consuetudine;
Documento redatto da Carlo Stagnaro nel 1999.
un comune, purché tale proposta venga
ratificata a maggioranza semplice dal
Maggior Consiglio.
Art. 14
Il Minor Consiglio è composto da un numero variabile di membri nominati dal Doge;
il loro incarico può essere revocato in ogni
momento.
Il Minor Consiglio rende esecutive le
norme approvate dal Maggior Consiglio; ha
inoltre le seguenti funzioni: a) rapporti
generali con l’estero; b) rapporti con la
Confederazione Padana.
Spettano al Minor Consiglio le decisioni
relative all’ammissione, censura ed espulsione dei comuni dalla Federazione: tali
decisioni devono però essere ratificate dal
Maggior Consiglio a maggioranza semplice.
Ogni deliberazione del Minor Consiglio
deve essere approvata all’unanimità e controfirmata dal Doge, che ne è responsabile.
d) l’interpretazione da parte dei giudici.
Art. 9
I Testi unici sono quelli tassativamente
indicati dalla Costituzione, ovvero:
a) giustizia e ordine pubblico;
b) ambiente e pianificazione territoriale;
c) scuola, cultura e ricerca scientifica;
d) tutela della lingua e delle tradizioni del
popolo ligure.
Tali Testi unici non possono essere sostituiti con altri.
Art. 10
E’ ammesso referendum propositivo o
abrogativo su tutte le materie soggette ai
Testi unici.
Art. 11
La Federazione non potrà godere di una
tassazione propria, né diretta né indiretta.
Il bilancio della Federazione deve essere
pubblico.
Art. 12
Sono organi della Federazione: il Doge, il
Minor Consiglio, il Maggior Consiglio,
I’Alta Corte.
Art. 13
Il Doge è eletto direttamente dagli aventi
diritto e resta in carica per cinque anni.
Il Doge rappresenta la Liguria in ogni sede
internazionale e presso la Confederazione
Padana; è inoltre responsabile penalmente
e civilmente dell’operato del Minor
Consiglio, che presiede.
Il Doge ha la facoltà di insignire chiunque
della cittadinanza onoraria su proposta di
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Art. 15
Il Maggior Consiglio è composto da un
Rappresentante per ogni comune: esso non
ha quindi una durata prefissata. Il ruolo di
Rappresentante può in qualunque momento essere revocato dal Sindaco.
Il Maggior Consiglio ha la facoltà di emendare i Testi unici stabiliti dalla presente
Costituzione.
Ogni anno il Maggior Consiglio contratta
col Doge l’entità dei finanziamenti per l’anno successivo da parte dei Comuni verso la
Federazione: tali finanziamenti, però, non
possono superare il 5% delle entrate dei
singoli comuni.
Art. 16
La Magistratura inquirente e requirente è
elettiva.
Il Giudice risponde dei propri atti soltanto
davanti al popolo e alla legge.
I Giudici sono penalmente e civilmente
responsabili del loro operato davanti alla
Magistratura ordinaria per iniziativa di
parte.
Art. 17
La Magistratura si ripartisce in Procure
competenti per territorio; ogni Procura è
competente per ogni materia senza distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi.
Non è ammessa la creazione di Tribunali
speciali o straordinari.
In nessun caso sono ammessi provvedimenti lesivi della libertà personale, se non
almeno dopo il primo grado del giudizio.
Quaderni Padani - 95
Art. 18
Contro ogni provvedimento della
Magistratura è ammesso ricorso all’Alta
Corte che può annullare il provvedimento
per ragioni di legittimità o merito.
L’Alta Corte giudica inoltre in merito alla
costituzionalità delle norme approvate dal
Maggior Consiglio.
Art. 19
La presente Costituzione resta in vigore
per venticinque anni, dopo di che va ratificata o rifiutata dal Maggior Consiglio.
Genova.
La Bandiera della Federazione è la Croce di
San Giorgio caricata nel primo quarto di
San Giorgio che uccide il Drago.
La Federazione riconosce come lingua ufficiale il Ligure, come lingue franche
l’Italiano e l’Inglese.
Art. 20
La presente Costituzione può essere in
qualunque momento emendata dal
Maggior Consiglio a maggioranza semplice. Sono immodificabili gli articoli 1, 5 e
20.
NORME TRANSITORIE E FINALI
I
Entro sei mesi dall’entrata in vigore della
presente Costituzione tutte le aree di confine dell’attuale Regione Liguria e i territori storicamente o linguisticamente liguri
delle regioni limitrofe vengono sottoposte
a referendum consultivo per verificare la
volontà degli abitanti di appartenere o
meno alla Federazione.
Art. 21
Il Doge, il Maggior Consiglio e il Minor
Consiglio hanno sede nel Palazzo Ducale a
II
Entro sei mesi dall’entrata in vigore della
presente Costituzione, tutti gli attuali
comuni con oltre 50,000 abitanti vengono
sottoposti a referendum consultivo per
verificare se i cittadini non vogliano
smembrarli in comuni più piccoli.
Lo stesso referendum è facoltativo nei
comuni inferiori a 50,000 abitanti, dove si
svolge se la richiesta è supportata dalle
firme di almeno un ventesimo dei residenti
aventi diritto al voto.
I risultati dei referendum sono immediatamente esecutivi e non possono essere in
alcun modo travisati o sovvertiti.
III
Entro tre mesi dall’entrata in vigore della
presente Costituzione, vengono predisposti
i concorsi necessari alla privatizzazione di
tutte le attuali proprietà (mobili, immobili
e aziende) della Regione Liguria e delle
Provincie liguri, nonché le proprietà in
Liguria dello Stato italiano.
Resta di proprietà della Federazione soltanto il Palazzo Ducale di Genova.
I comuni possono privatizzare le loro
Commento alla Costituzione della Liguria
attuali proprietà.
La proposta di Costituzione avanzata è
strutturata in maniera tale da concedere la
massima libertà
all’entità amministrativa e politica più piccola e vicina al cittadino, il comune. Fin dal
primo punto, vengono messi in evidenza i
due caratteri principali delle nuove istituzioni: “federali” e
“volontarie”. Si è deciso di lasciare al centro Gompetenza in poche ma significative
materie
(equamente suddivvise tra potere esecutivo
- il Doge e il Minor Consiglio - e potere
legislativo - il Maggior Consiglio, ovvero la
“camera dei comuni”, un autentico “senato
federale”). Tutto ciò che non viene specificato (e che la Costituzione della Padania
non demanda al vertice) è lasciato
all’iniziativa legislativa di soggetti inferiori
(i comuni), ben sapendo che entità di così
ridotte
dimensioni difficilmente assumeranno
atteggiamenti tirannici.
Se anche questo dovesse accadere, comunque, è prevista una soluzione. Essa non può
consistere nell’imposizione di diritti o
regolamenti che il comune stesso non riconosce (oltre a infrangere il principio di sussidiarietà, sarebbe incostituzionale) e neppure in un’invasione milltare: si tratta piuttosto dell’espulsione del comune che, coi
propri atti, entra in contrasto con gli irrinunciabili principi enunciati da questa
Costituzione. Per lo stesso motivo, non
viene fatta parola sulla legislazione dei
comuni: nulla vieta, dunque, che da un
comune all’altro vi siano cambiamenti
anche significativi. In questo modo, viene
incentivata una sorta di “concorrenza tra
istituzioni” volta a garantire un livello di
vita e un benessere fisico sempre crescente.
Nulla vieta, poi, che lo stesso tipo di concorrenza si sviluppi tra nazioni diverse:
anche all’interno della Padania, dunque, ci
96 - Quaderni Padani
saranno sistemi diversi e in continua evoluzione, che tenteranno di dare risposte
migliori alle richieste dei cittadini.
Lo spazio lasciato all’iniziativa individuale,
insomma, è massimo. Le sole limitazioni
poste, infatti, derivano dai diritti altrui: a
questo scopo si è proweduto ad elencare
minuziosamente quali siano tali diritti.
Oltre alla classica triade del liberalismo
classico (life, liberty and property) si è
inclusa la “ricerca della felicità” di jeffersoniana memoria e l’autodifesa; più oltre vengono nominate la disobbedienza civile e la
secessione.
Con la “ricerca della felicità” si è voluto
chiaramente eliminare ogni possibile riferimento ad una
determinazione quantitativa della felicità
stessa: non c’è spazio, dunque, per interpretazioni figlie
del più truce giacobinismo su cosa sia a
rendere felice l’uomo. Semplicemente, le
istituzioni devono mettere chiunque nella
condizione di vivere la vita che preferisce,
nel rispetto, beninteso, degli altri.
L’autodifesa (tanto di attualità in questo
periodo) vorrebbe invece eliminare il
monopolio della
violenza da parte del governo: perché mai
chi uccide con dolo deve rimanere impunito e chi, invece, semplicemente per legittima difesa ferisce qualcun altro dovrebbe
pagare per tutti? D’altra parte, l’autodifesa
va interpretata come protezione di fronte
all’aggressione da parte di altri individui:
c’è pero un altro tipo di aggressione possibile, e più perniciosa, quella da parte delle
istituzioni (siano esse padane, liguri o un
comune). Ecco allora sorgere la necessità
di prevedere il diritto alla disobbedienza
civile quale estrema arma di difesa del cittadino. La secessione, infine, va garantita
ad ogni comunità che ne faccia richiesta
indipendentemente da valutazioni di ordine
“oggettivista“ (per non creare un’altra
Italia). Tutti questi diritti sono stati definiti, non a caso, “naturali”.
Si è tentato anche di dare una risposta al
problema dell’immigrazione: in termini
costruttivi e, a
nostro parere, lontani tanto dagli eccessi
del solidarismo di sinistra quanto dalle tendenze
autarchiche della destra. Sono stati eliminati, dunque, anacronistici riferimenti a
“diritti di sangue” e non si è impostato neppure un sistema lassista: l’unico criterio
preso in esame e stato quello della residenza. Saranno cittadini liguri, allora, oltre a
tutti coloro che sono nati e risiedono in
Liguria, anche quegli immigrati che vi abitano da almeno diciotto anni (e vengono
quindi di fatto equiparati ai nativi) senza
aver commesso reati gravi.
Per il Voto, viene richiesto un ulteriore
requisito. Se noi immaginiamo le istituzioni come una ditta da gestire con efficienti
criteri privatistici, e appena il caso di notare che il “consiglio di
amministrazione’“ deve essere eletto dagli
“azionisti”, ovvero da tutti coloro che pagando le tasse - hanno tutto il diritto di
pronunciarsi sulla destinazione dei tributi.
Non è sufficiente essere cittadini maggiorenni, dunque, ma anche avere proprietà o
percepire reddito (o, per estensione, essere
membri di un nucleo familiare in cui almeno un componente abbia proprietà o percepisca reddito) - intendendo, naturalmente,
la “o” nel senso del latino vel. Per lo stesso
motivo, si è stabilito che i dipendenti degli
enti pubblici non possano votare per istituzioni dello stesso livello di quelle da cui
dipendono: tornando all’esempio precedente, i dipendenti non eleggono il Cda!
Abbiamo poi tentato di individuare una
strada fortemente innovativa, o, meglio, un
ritorno alla
gloriosa tradizione della common law (che
oltretutto, come ha dimostrato il giurista
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
padano Bruno Leoni, non solo è efficiente,
ma è anche rispettosa del diritto naturale).
Per ovvi motivi (140 anni di statalismo,
ahimè, hanno pur prodotto delle devastazioni...) si è dovuta cercare una via intermedia.
Tale “terza via” tra la common law e la civil
law consiste nel lasciare, come accade nel
primo
sistema, ogni decisione all’interpretazione
da parte dei giudici (il che significa al loro
buonsenso
derivante anche dalle consuetudini) e un
piccolo numero di argomenti alla legge
scritta. A questo
scopo, si è anche colmata una paurosa
lacuna del corpus juris italiano: si è infatti
esplicitamente
permesso l’istituto del referendum propositivo.
La Magistratura è elettiva e territorializzata. I giudici sono responsabili del proprio
operato: il che significa che dovranno pagare per i proprio sbagli, il che a sua volta
implica una maggiore
responsabilizzazione nel loro operato e, di
riflesso, una maggiore gratificazione economica secondo criteri meritocratici (e non
“anagrafici”, come accade oggi). Il tutto
presuppone, a nostro parere, un sistema
garantista, in cui sia forte il rispetto della
dignità umana: per questo è vietata non
solo l’istituzione di tribunali speciali, ma
anche il ricorso a provvedimenti lesivi della
libertà personale nella fase istruttoria. Non
ci sarà spazio, dunque, per protagonismo
dalle mani pulite né per la carcerazione
preventiva di innocenti o lo spionaggio ai
danni di allegre comari o politici “sovversivi” (si fa per dire).
La Costituzione decade automaticamente
ogni 25 anni ed è facilmente emendabile, il
che permette di evitare una cancrena legislativa pari a quella italiana attuale.
Abbiamo però ritenuto di dover salvaguardare, per tutto il tempo della sua durata,
due disposizioni: la forma federale e volontaria della Liguria e l’enunciazione dei
diritti fondamentali, su cui ci siamo già soffermati.
In conclusione, non mi resta che un commento personale da esprimere. La presente
proposta è una bozza sicuramente perfettibile e, sotto alcuni punti di vista, forse
anche lacunosa: è però il massimo che
siamo riusciti a fare visti i tempi contingentati e il ristretto numero di persone che
l’ha fisicamente elaborata. Ognuno ha ope-
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
rato autonomamente, per poi mettere tutto
insieme in una forma che a noi pare organica ed efficiente: non di meno, ci siamo
valsi della collaborazione di molti amici e
conoscenti, che - per il loro elevato numero
- sarebbe troppo complicato citare, anche
perché rischierei di dimenticarne molti. Ci
tengo, però, a ringraziare il professor
Emanuele Castrucci, che coi suoi preziosi
consigli (e le sue “dritte” tecniche) ci ha
fornito un aiuto notevole.
Infine, una speranza: che questo testo non
finisca dimenticato in un cassetto, ma si
trasformi in un argomento di discussione e,
magari, venga rielaborato per trasformarlo
in una sorta di “manifesto politico” dei
movimenti indipendentisti liguri che, onestamente, troppo spesso presentano evidenti limiti assai più gravi di quelli pur presenti nella “nostra” Costituzione. Siamo
coscienti che molti di loro storcono il naso
di fronte al progetto padano: non è l’atteggiamento corretto. La Padania costituisce
per tutti una grossa opportunità, su cui
sarebbe stupido sputare per motivazioni di
eccessivo orgoglio personale o testardaggine.
Quaderni Padani - 97
Testo del patto confederale stipulato dai rappresentanti dei Cantoni di Uri, Nidwaldo e Svitto sui
prati della pianura del Grütli “in principio del
mese d’agosto” del 1291
Il “Patto eterno” del Grütli
“In nome del Signore, Amen. Egli è prender cura di ciò che è onesto e provvedere
all’utilità pubblica il fondare, in tempo di
quiete e di pace, i patti sopra solide basi. Si
sappia dunque universalmente che gli
uomini della valle d’Uri e la comunità della
valle di Svitto e quella degli uomini
d’Unterwalden della valle inferiore, considerando la malizia del tempo, e per esser
meglio in grado di difendere e di conservare in buono stato sé, i loro beni ed i loro
diritti, hanno promesso in buona fede di
assistersi reciprocamente d’aiuto, di consiglio e di favori, tanto riguardo alle persone
che alle cose, dentro e fuori delle valli, con
tutti i mezzi in loro potere, contro tutti ed
ognuno che ad essi o ad uno di essi facesse
violenza o causasse torto o molestia macchinando qualche male contro le persone o
le cose. Ed ogni comunità promette di soccorrere l’altra in simili casi e, dove fosse
necessario, di respingere a proprie spese,
secondo le circostanze, le aggressioni ostili,
e di vendicare le ingiurie, e tutto ciò sulla
fede del giuramento e senza riserva, rinnovando colle presenti l’antica confederazione
già giurata…; colla riserva tuttavia che ciascuno di loro sarà tenuto, secondo la propria condizione, di prestare al suo signore
l’obbedienza e i servigi che gli sono dovuti.
98 - Quaderni Padani
Abbiamo pure d’avviso unanime promesso,
statuito e ordinato di non ricevere alcun
giudice che abbia acquistata la carica per
qualsiasi prezzo o denaro, e che non sia
abitante delle nostre valli. Se poi nascessero dissensi fra i confederati, i più prudenti
fra loro intervengano a sedare la discordia
fra le parti, come sembrerà loro meglio…;
e se una parte non rispettasse il loro giudizio, gli altri confederati le si dichiarino
contrari.
Sopratutto poi resta convenuto fra loro che
chi avrà ucciso un altro con premeditazione e senza colpa della vittima, debba, se
viene preso, perder la vita, salvochè possa
provare la sua innocenza, come esige la sua
nefanda colpa…; e se fosse fuggito, non
possa più ritornare a casa. Chi ricetta o
protegge un tal malfattore, deve essere bandito dalla valle, finchè sarò richiamato dagli
alleati. Se poi taluno, di giorno o nel silenzio della notte, metterà dolosamente il
fuoco nella proprietà d’un confederato, non
sarà più considerato come concittadino…;
e chi favorirà o proteggerà nelle valli un tal
malfattore, dovrà risarcire egli stesso il
danno. E se un confederato spoglierà un
altro delle sue cose, o gli recherà danno in
qualsiasi modo, tutto quello che il colpevole possiede nelle valli dovrà servire ad
indennizzare la persona lesa. Inoltre nessuno si approprierà del pegno d’un altro, salvochè questo fosse manifestamente suo
debitore o fideiussore, ed anche in tal caso
ciò non deve farsi senza speciale permesso
del proprio giudice. Ognuno deve anche
obbedire al suo giudice e, qualora fosse
necessario, manifestare chi sia il giudice
nella valle sotto la giurisdizione del quale si
trova.
E se vi fosse chi non volesse ottemperare al
giudizio, e per questa pertinacia alcuno dei
confederati soffrisse danno, tutti sono
tenuti a costringere il prefato contumace a
dar soddisfazione. Se poi scoppiasse guerra
e discordia fra alcuni confederati, e una
parte de’ litiganti non volesse accettare
sentenza di giudice o soddisfazione, i confederati difenderanno l’altra.
Tutti gli obblighi qui sopra stipulati sono
stati assunti nell’interesse comune per
durare, se il Signore lo consente, in perpetuo. In fede di che, questo istrumento è
stato steso sulla domanda dei predetti e
munito dei sigilli delle tre prefate comunità
e valli.
Fatto l’anno del Signore 1291, in principio
del mese di agosto.”
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Dichiarazione
di Indipendenza
Americana
Al Congresso, 4 luglio 1776 una dichiarazione da
parte dei rappresentanti degli Stati Uniti
d’America riuniti in assemblea generale
Quando, nel corso degli avvenimenti umani,
diventa necessario per un popolo dissolvere i legami politici che lo hanno legato con un altro, ed
assumere così fra le potenze della terra la distinta
e paritetica collocazione alla quale le Leggi della
Natura e del Dio della Natura hanno diritto, un
decente rispetto alle genti richiede che tale popolo
dichiari le cause che lo portano a tale separazione.
Noi riteniamo queste verità essere di per se stesse
evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali,
che essi sono dotati da parte del loro Creatore di
certi inalienabili diritti, che fra questi sono il
diritto a Vita, Libertà e perseguimento della
Felicità. Che per assicurare tali diritti, dei Governi
sono istituiti fra gli Uomini, i quali derivano il
loro potere dal consenso dei governati, che ogniqualvolta una forma di governo ostacola questi
scopi, è nel diritto del Popolo di modificarlo o
abolirlo, e di istituire un nuovo Governo, basando
le sue fondamenta su quei princìpi ed organizzando i suoi poteri in quella forma che allo stesso
Popolo sembri più adatta a salvaguardare la loto
Sicurezza e Felicità. Prudenza, certamente, detta
che Governi da lungo stabiliti non siano cambiati
per cause leggere e transitorie; ed infatti ogni
esperienza ha mostrato che il genere umano è disposto a sopportare, quando i mali sono sopportabili, piuttosto che sollevarsi abolendo le forme di
Governo alle quali sono abituati. Ma quando una
lunga successione di abusi e usurpazioni, invariabilmente con lo stesso Scopo, dimostra un intento
di ridurli sotto assoluto Dispotismo, è il loro diritto, è il loro dovere, di liberarsi di tale Governo e di
procurarsi nuovi Guardiani per la loro sicurezza
futura. Tale è stata la paziente sofferenza di queste
colonie: e tale è ora la necessità che le costringe a
modificare i loro precedenti Sistemi di Governo.
La storia dell’attuale Re di Gran Bretagna è una
storia di ripetute offese ed usurpazioni, tutte
avendo il diretto scopo di stabilire una assoluta
tirannia su questi Stati. Per dimostrare questo noi
sottoponiamo i fatti ad un mondo ingenuo:
Egli ha rifiutato il suo Consenso a leggi le più
salutari e necessarie per il bene pubblico.
Egli ha proibito ai suoi Governatori di approvare
leggi di immediata ed urgente importanza, quando non sospese nella loro applicazione sino a che
il suo Consenso non sia ottenuto; e quando così
sospese egli ha altamente mancato di occuparsi
delle medesime.
Egli ha rifiutato di approvare altre leggi per l’assegnazione di larghi distretti di popolazione, altrimenti quelle stesse avrebbero perso il diritto di
Rappresentanza nella Legislatura, un diritto per
esse inestimabile, solo formidabile per i tiranni.
Egli ha riunito corpi legislativi in luoghi inusuali,
scomodi, e distanti dalle sedi dei loro Atti
Pubblici, con il solo scopo di farli convenire per
fatica con le sue misure.
Documento presentato e approvato il 4 luglio
1776 al Secondo Congresso Continentale di
Philadelphia. Il testo era stato redatto da
Thomas Jefferson, emendato dal Congresso e firmato da 56 rappresentanti dei tredici Stati.
Egli ha sciolto ripetutamente Camere di
Rappresentanti per avere opposto con virile fermezza le sue invasioni dei diritti del popolo.
Egli ha impedito per un lungo tempo che altre
siano elette, dopo tali scioglimenti; per cui i poteri
legislativi, incapaci di Annichilimento, sono tornati al popolo in senso lato per il loro esercizio; lo
Stato rimanendo nel frattempo esposto a tutti i
pericoli di invasione dell’esterno, e di disordini
all’interno.
Egli si è ingegnato a impedire il popolamento di
questi Stati; a tale scopo egli ha ostacolato le leggi
per la Neutralizzazione di Stranieri; ha rifiutato di
passarne altre per favorire le loro migrazioni
interne, ed aumentando i requisiti per nuove
Destinazioni di Terre.
Egli ha ostacolato l’Amministazione della
Giustizia, rifiutando il suo Consenso a leggi atte a
stabilire poteri giudiziari.
Egli ha creato Giudici dipendenti solo dal suo
Volere per la tenuta della loro carica e per l’ammontare del loro salario.
Egli ha creato una moltitudine di Nuovi Uffici e
mandato qui sciami di Funzionari per angariare il
nostro popolo e divorare le sue sostanze.
Egli ha tenuto fra di noi, in tempi di pace, Armate
Regionali senza il Consenso delle nostre legislature.
Egli ha fatto in modo da rendere i militari indipendenti dal potere Civile, e ad esso superiori.
Egli si è schierato con altri per assoggettarci a una
giurisdizione aliena alla nostra società, e non riconosciuta dalle nostre leggi; dando il suo Consenso
ai loro Atti di pretesa Legislazione:
Per installare grandi armate tra noi; Per proteggerle, per mezzo di Processi farsa, dalla Punizione
per qualunque crimine che abbiano commesso
sugli Abitanti di questi stati:
Per interrompere il nostro commercio con tutte le
parti del mondo:
Per imporre tasse su di noi senza consultarci:
Per negarci in molti casi dei benefici del Processo
con Giuria:
Per portarci al di là dei Mari per essere processati
per presunti crimini:
Per abolire il libero Sistema di Leggi Inglesi in
una confinante Provincia, stabilendo colà un
governo Arbitrario, ed allargando i suoi confini
così da rendere il tutto come esempio e adatto
strumento per introdurre lo stesso potere assoluto
in queste Colonie:
Per toglierci le Concessioni di colonizzazione,
abolire le nostre leggi più preziose ed alterare fondamentalmente le Forme dei nostri Governi:
Per sospendere le nostre stesse Legislature, e
dichiarare che in esse stava tutto il potere di legiferare per noi in qualsiasi caso.
Egli ha abdicato al Governo qui, dichiarandoci
esclusi dalla sua Protezione e muovendoci guerra.
Egli ha depredato i nostri mari, saccheggiato le
nostre coste, bruciato le nostre città e distrutto le
vite del nostro popolo.
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Egli sta, in questo stesso momento, inviando
grandi Armate di mercenari stranieri a completare
il lavoro di morte, desolazione e tirannia, di già
cominciato con atti di Crudeltà e Perfidia a malapena uguagliati nei tempi più barbari, e del tutto
indegni del Capo di una nazione civilizzata.
Egli ha costretto i nostri Compatrioti presi prigionieri nei mari aperti a portare armi contro la loro
stessa Patria, a diventare gli esecutori dei loro
amici e fratelli, oppure a cadere essi stessi vittime
per loro Mano.
Egli ha fomentato insurrezioni interne contro di
noi, e si è adoperato a portare contro gli abitanti
delle nostre frontiere gli spietati Indiani Selvaggi,
la cui nota regola di guerra è una indiscriminata
distruzione di tutte le età, sessi e condizioni.
In ogni fase di queste oppressioni noi abbiamo
chiesto Risarcimento nei termini più umili: alle
nostre ripetute petizioni è stato risposto solo con
ripetute offese. Un Principe, il cui carattere è così
marcato da tutti quei tratti che possano definire
un Tiranno, è inadatto a essere il capo di un popolo libero.
Né abbiamo mancato in avvertimenti al nostro
fratello Popolo Inglese. Noi la abbiamo avvertiti in
varie occasioni dei tentativi da parte della loro
legislatura di estendere una ingiustificabile giurisdizione sopra di noi. Noi ci siamo appellati alla
loro naturale giustizia e magnanimità, e noi li
abbiamo implorati, nel nome dei legami derivati
dal nostro comune spirito, di rinnegare tali usurpazioni che inevitabilmente porterebbero a interrompere i nostri legami e rapporti. Anche loro
sono stati sordi alla voce della giustizia e consanguineità. Noi dobbiamo perciò rassegnarci alla
necessità di denunciare la nostra separazione, e
considerarli, come consideriamo il resto del genere umano, Nemici in Guerra, nella Pace Amici.
Noi perciò, i Rappresentanti degli uniti Stati di
America, in Riunione Plenaria, in Assemblea,
appellandoci al Supremo Giudice del mondo per la
rettitudine delle nostre intenzioni, nel Nome e per
Autorità del buon Popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo pubblico e dichiariamo che
queste Colonie Unite sono, e di Diritto dovrebbero, Liberi e Indipendenti Stati; che essi sono liberi
da ogni Alleanza con la Corona Inglese e che ogni
connessione politica fra essi e lo Stato di Gran
Bretagna è, e dovrebbe essere, totalmente dissolta;
e che come Stati Liberi e Indipendenti, essi hanno
pieno Potere di Dichiarare Guerra, concludere
Pace, contrarre Alleanze, regolare il Commercio, e
di compiere tutti quegli altri Atti e Cose che gli
Stati Indipendenti possono fare? Ed a sostegno di
questa Dichiarazione, con ferma confidenza sulla
protezione della divina Provvidenza, noi reciprocamente affidiamo a l’un l’altro le nostre Vite, le
nostre Fortune ed il nostro sacro Onore.
John Hancock, Presidente
Certificato: Charles Thomson, Segretario.
Quaderni Padani - 99
Documento redatto il 19 dicembre 1943 dai rappresentanti delle valli alpine, convocati a
Chivasso per iniziativa di. C’erano i valdesi
Osvaldo Coïsson, Gustavo Malan, Giorgio
Peyronel e Mario Antonio Rollier; e i valdostani
Emile Chanoux e Erneste Page. Non erano potuti
essere presenti i valdostani Lino Binel e Federico
Chabot. Tutti i presenti gravitavano nell’area del
Partito d’Azione, tranne Page che era democristiano
La Carta di Chivasso
Il 19 dicembre 1943 i rappresentanti delle
comunità occitane e valdostane stilarono, a
Chivasso, una carta dei diritti delle popolazioni alpine. Il documento ritenuto una pietra miliare nella storia dall’autonomismo
non fu praticamente preso in considerazione
dallo Stato italiano nato dalla Resistenza.
Noi popolazioni delle vallate alpine constatando che i venti anni di mal governo livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto
brutale e fanfarone di «Roma doma» hanno
avuto per le nostre valli i seguenti dolorosi e
significativi risultati:
a) Oppressione politica attraverso l’opera
dei suoi agenti politici ed amministrativi
(militi, commissari, prefetti, federali,
insegnanti) piccoli despoti incuranti ed
ignoranti di ogni tradizione locale di cui
furono solerti distruttori;
b) Rovina economica per la dilapidazione
dei loro patrimoni forestali ed agricoli,
per l’interdizione della emigrazione con la
chiusura ermetica delle frontiere, per
l’effettiva mancanza di organizzazione
tecnica e finanziaria dell’agricoltura,
mascherata dal vasto sfoggio di assistenze
centrali, per la incapacità di una moderna
organizzazione turistica rispettosa dei
luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino;
c) Distruzione della cultura locale per la
soppressione della lingua fondamentale
locale, laddove esiste, la brutale e goffa
trasformazione dei nomi e delle iscrizioni
locali, la chiusura di scuole e di istituti
locali autonomi, patrimonio culturale che
è anche una ricchezza ai fini dell’emigra
zione temporanea all’estero;
affermando
a) che la libertà di lingua come quella di
culto è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana;
b) che il federalismo è il quadro più adatto a
fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità
e la definitiva liquidazione del fenomeno
storico degli irredentismi, garantendo nel
futuro assetto europeo l’avvento di una
pace stabile e duratura;
100 - Quaderni Padani
c) che un regime federale repubblicano a
base regionale e cantonale è l’unica
garanzia contro un ritorno della dittatura,
la quale trovò nello stato monarchico
accentrato italiano lo strumento già pronto
per il proprio predominio sul Paese;
fedeli allo spirito migliore del Risorgimento
dichiariamo quanto segue:
a) Autonomie politiche amministrative.
1) Nel quadro generale del prossimo stato
italiano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici alle valli
alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costruirsi in comunità politicoamministrative autonome sul tipo
cantonale;
2) come tali ad esse dovrà comunque
essere assicurato, quale che sia la loro
entità numerica, almeno un posto nelle
assemblee legislative regionali e
cantonali;
3) l’esercizio delle funzioni politiche ed
amministrative locali (compresa quella
giudiziaria) comunali e cantonali, dovrà
essere affidato ad elementi originari del
luogo o aventi ivi una residenza stabile
di un determinato numero di anni che
verrà fissato dalle assemblee locali.
b) Autonomie culturali e scolastiche.
Per la loro posizione geografica di intermediario tra diverse culture, per il rispetto
delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla
conoscenza di diverse lingue, nelle valli
alpine deve essere pienamente rispettata e
garantita una particolare autonomia
culturale linguistica consistente nel:
1) diritto di usare la lingua locale, là dove
esiste, accanto a quella italiana, in tutti
gli atti pubblici e nella stampa locale;
2) diritto all’insegnamento della lingua
locale nelle scuole di ogni ordine e
grado con le necessarie garanzie nei
concorsi perché gli insegnanti risultino
idonei a tale insegnamento.
L’insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un
consiglio locale;
3) ripristino immediato di tutti i nomi
locali.
c) Autonomie economiche.
Per facilitare lo sviluppo dell’economia
montana e conseguentemente combattere
lo spopolamento delle vallate alpine, sono
necessari:
1) un comprensivo sistema di tassazione
delle industrie che si trovano nei
cantoni alpini (idroelettriche, minerarie,
turistiche, di trasformazione, ecc.) in
modo che una parte dei loro utili torni
alle vallate alpine, e cioè indipendentemente dal fatto che tali industrie siano
o meno collettivizzate;
2) un sistema di equa riduzione dei tributi,
variabile da zona a zona a seconda
della ricchezza del terreno e della
prevalenza di agricoltura, foreste o
pastorizia;
3) una razionale e sostanziale riforma
agraria comprendente:
a) l’unificazione per il buon rendimento
dell’azienda, mediante scambi e com
pensi di terreni e una legislazione
adeguata della proprietà familiare
agraria oggi troppo frammentaria;
b) l’assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo ed
aventi ad esempio delle mansioni di
insegnamento nelle scuole locali di cui
alcune potranno avere carattere agrario;
c) Il potenziamento da parte delle
autorità locali della vita economica
mediante libere cooperative di produ-zione e consumo;
4) il potenziamento dell’industria e dell’artigianato, affidando all’amministrazione regionale cantonale, anche in
caso di organizzazione collettivistica, il
controllo e l’amministrazione delle
aziende aventi carattere locale;
5) la dipendenza dell’amministrazione
locale delle opere pubbliche a carattere
locale e il controllo di tutti i servizi a
concessione aventi carattere pubblico.
Questi principi noi rappresentanti delle Valli
Alpine, vogliamo vedere affermati da parte
del nuovo Stato Italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti
di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Dichiarazione di Venezia
NOI, POPOLI DELLA PADANIA
Convenuti sul grande fiume Po
dall’Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla
Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte,
dalla Romagna, dal Südtirol-Alto Adige,
dalla Toscana, dal Trentino, dall’Umbria,
dalla Valle d’Aosta, dal Veneto e dalla
Venezia Giulia, riuniti oggi, 15 settembre
1996, in Assemblea Costituente affermiamo e dichiariamo:
Quando nel corso degli eventi umani
diventa necessario per i Popoli sciogliere i
vincoli che li legano ad altri, costituirsi in
Nazione indipendente e sovrana ed assumere tra le Nazioni della Terra il ruolo
assegnato loro dal Diritto Naturale di
Autodeterminazione, il rispetto che si deve
all’opinione della Società Internazionale e
dell’Umanità intera richiede che essi
dichiarino le ragioni che li hanno costretti
alla separazione.
Da tempo immemorabile abitiamo,
dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed
amiamo queste terre, tramandateci dai
nostri avi, attraversate e dissetate dalle
acque dei nostri grandi fiumi;
Qui abbiamo inventato un modo originale di vivere, di sviluppare le arti e di lavorare;
Noi apparteniamo ad un’area storica,
la Padania, che sotto il profilo socio-economico è fortemente integrata al suo interno
pur nella riconosciuta e rispettata diversità
dei Popoli che la compongono;
Queste terre sono unite da legami
tanto profondi quanto quelli delle stagioni
che le governano, degli elementi che le plasmano, delle Genti che le abitano;
Noi quindi formiamo una comunità
naturale, culturale e socio-economica fondata su un condiviso patrimonio di valori,
di cultura, di storia e su omogenee condizioni sociali, morali ed economiche;
La Padania è il nostro orgoglio, la
nostra grande risorsa e la nostra unica possibilità di esprimerci liberamente nella pienezza delle nostre nature individuali e del
nostro sentire collettivo;
La storia dello Stato italiano è diventata, al contrario, storia di oppressione coloniale, di sfruttamento economico e di violenza morale;
Lo Stato italiano ha sistematicamente
occupato nel tempo, attraverso il suo apparato burocratico, il sistema economico e
sociale della Padania;
Lo Stato italiano ha sistematicamente
annullato ogni forma di autonomia e di
autogoverno dei nostri Comuni, delle
nostre Province e delle nostre Regioni;
Lo Stato italiano ha compromesso la
serenità delle generazioni future della
Padania dilapidando enormi risorse in politiche truffaldine, assistenzialiste, clientelari e criminali che hanno portato la Padania
e l’Italia in una situazione fallimentare
ormai irreversibile;
Lo Stato italiano ha costretto con l’inganno i Popoli della Padania a soggiacere al
sistematico sfruttamento delle risorse economico finanziarie prodotte dal lavoro
quotidiano per sperperarle nei mille rivoli
dell’assistenzialismo clientelare e mafioso
del Mezzogiorno;
Lo Stato italiano ha deliberatamente
tentato di sopprimere le lingue e le identità
culturali dei Popoli della Padania attraverso la colonizzazione del sistema pubblico
di istruzione;
Lo Stato italiano ha imposto ai Popoli
della Padania l’applicazione delle sue leggi
inique attraverso una magistratura selezionata con criteri razzisti;
Lo Stato italiano ha cercato di dominare i Popoli della Padania affidando compiti e funzioni di ordine pubblico e di sicurezza a prefetti e forze di polizia garanti del
più odioso centralismo coloniale;
Lo Stato italiano ha espropriato i
Popoli della Padania del loro potere costituente e si mostra sordo al grido di protesta che si alza sempre più alto;
Per queste ragioni
Noi siamo intimamente convinti che
ogni ulteriore permanenza della Padania
all’interno dei confini dello Stato italiano
significherebbe lasciar spegnere lentamente ogni speranza di rinascita e annientare
l’identità dei Popoli che la compongono:
Noi siamo consapevoli che la Padania
libera ed indipendente diventerà il riferimento politico ed istituzionale per la
costruzione dell’Europa delle Regioni e dei
Popoli;
Noi siamo convinti che la Padania
libera ed indipendente saprà garantire un
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Documento presentato e solennemente letto a
Venezia, il 15 settembre 1996, durante l’ultimo
dei tre giorni di manifestazioni per la
Proclamazione dell’indipendenza della Padania.
Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale
della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Padania, n.1.
contributo decisivo alla cooperazione, alla
tolleranza ed alla pace tra i Popoli della
Terra;
Noi oggi rappresentiamo, qui riuniti,
l’ultima speranza che il regime coloniale
romano che opprime la Padania possa presto finire;
NOI, POPOLI DELLA PADANIA
Poiché il coraggio e la fede di chi ci ha
preceduto nella lotta per la libertà dei
Popoli sono nostro retaggio e debbono
indurci a farci irrevocabilmente carico del
nostro destino;
Poiché vogliamo che i nostri atti siano
guidati dal rispetto che dobbiamo a noi
stessi, ai nostri avi ed ai nostri figli;
Poiché riconosciamo l’inalienabile
potere sovrano di ogni Popolo a decidere
liberamente con chi stare, come e da chi
essere governato;
Poiché affermiamo il nostro diritto e
la nostra volontà di assumere i pieni poteri
di uno Stato, prelevare tutte le imposte,
votare tutte le leggi, firmare tutti i trattati;
Poiché la Padania sarà tutti coloro,
uomini e donne, che la abitano, la difendono e la riconoscono, e poiché costoro
siamo noi;
Poiché è infine giunta l’ora di avviare
la grande impresa di far nascere questo
nuovo Paese che noi battezziamo oggi con
il nome di Padania;
In nome e con l’autorità che ci deriva
dal Diritto Naturale di Autodeterminazione
e dalla nostra libera coscienza
Chiamando per voce delle nostre libere Istituzioni l’insegnamento di amore per
la libertà e di coraggio dei Padri Padani a
testimone dell’onestà delle nostre intenzioni
NOI, POPOLI DELLA PADANIA
solennemente proclamiamo:
LA PADANIA E’
UNA REPUBBLICA FEDERALE
INDIPENDENTE E SOVRANA
A sostegno di ciò noi ci offriamo gli uni
agli altri, a scambievole pegno, le nostre
vite, le nostre fortune e il nostro sacro
onore.
Quaderni Padani - 101
Carta dei Diritti
dei Cittadini Padani
Documento presentato e solennemente letto a
Venezia, il 15 settembre 1996, durante l’ultimo
dei tre giorni di manifestazioni per la
Proclamazione dell’indipendenza della Padania.
Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale
della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale della Padania, n.1.
1. Ogni cittadino padano ha diritto alla
libertà, all’educazione, al lavoro, alla salvaguardia della vita privata e ad una giusta
informazione.
8. I diritti e le libertà delle Stirpi che
compongono la Nazione Padana saranno
tutelati dalle Istituzioni, così che l’identità
di queste Etnie, Comunità Naturali e
Popoli possa conservarsi e svilupparsi senza
incontrare ostacoli diversi dal reciproco
rispetto e dalla necessità di favorire scelte e
decisioni comuni. La Repubblica Federale
Padana sarà aperta alla collaborazione con
tutti gli altri soggetti della Comunità delle
Genti, ed in particolare con i Popoli confinanti.
2. I cittadini padani non possono essere costretti a servire nessuno, neppure i
propri connazionali. Poiché una ordinata
milizia è necessaria alla sicurezza di ogni
libero Stato, essi partecipano alla difesa
nazionale attraverso la volontaria adesione
alla Guardia Nazionale Padana.
3. La famiglia è la prima e vitale cellula della società. I cittadini padani hanno
diritto a fondare una famiglia, a vivere
secondo le loro secolari tradizioni e a darsi
istituzioni e regole di vita che corrispondano alle vocazioni ed ai valori in cui credono
ed alle necessità che riconoscono.
4. Essi hanno il diritto di autogovernarsi, di scegliere nel loro seno e di controllare le persone alle quali affidare il
compito di gestire gli interessi comuni, in
primo luogo gli insegnanti, i magistrati e le
forze dell’ordine. Tutti i dipendenti pubblici, inoltre, verranno assunti con contratto
a termine di diritto privato.
102 - Quaderni Padani
5. Hanno il diritto di rifiutare ogni
onere economico e giuridico che venga
loro addossato senza il loro esplicito consenso. Hanno altresì il diritto di determinare la quantità delle risorse finanziarie
necessarie a gestire i pubblici servizi di cui
abbisognano, la distribuzione dei relativi
oneri e i modi ed i tempi di riscossione;
hanno il diritto di controllare l’impiego e la
gestione di tali risorse.
6. I cittadini padani considerano la
loro comunità aperta verso tutti gli altri
uomini e donne ma ritengono loro diritto
predisporre regole che impediscano lo snaturamento del loro patrimonio etico-culturale.
7. I cittadini padani riconoscono il
dovere di aiutare quanti, senza loro colpa,
non riescono a raggiungere un livello di
vita eguale al loro. Ma questi aiuti devono
essere esclusivamente incentivi a produrre
ed a creare altre risorse, e devono essere
determinati e decisi dagli stessi cittadini
padani, attraverso le loro Istituzioni.
9. Le Istituzioni della Repubblica
Federale Padana saranno basate sulla inviolabilità dei diritti e delle libertà individuali.
Queste prerogative del cittadino troveranno un limite soltanto nell’esercizio dei
medesimi diritti da parte degli altri.
10. La Repubblica Federale Padana
riconosce ai Comuni ed ai loro Governi
liberamente eletti l’incomprimibile diritto
di disporre senza vincoli delle loro risorse,
di esercitare senza interferenze le competenze e di assumere senza limitazioni le
responsabilità necessarie a garantire il
pieno soddisfacimento delle esigenze della
Comunità locale.
Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
Documento approvato il 28 giugno 1998 dal
“Parlamento della Padania” di Chignolo. Il testo
è stato redatto da Roberto Ronchi e perfezionato
dalla Commissione Tecnico-scientifica presieduta
da Ettore Albertoni.
Patto d’Unione
I cittadini, Popoli e le Nazioni che
compongono la PADANIA - che è
Comunità con affinità culturali, storiche, etno-linguistiche e socio-economiche - allo scopo di garantirsi, nelle
forme che sono proprie dello Stato di
diritto, l’esercizio pieno, diretto ed
indiretto, della sovranità unitamente
con le libertà, la giustizia, la democrazia in forme trasparenti e partecipate,
la sicurezza interna, la difesa verso líesterno, il benessere morale e materiale, la salvaguardia e lo sviluppo delle
culture, tradizioni, lingue, la qualità
della vita e la collaborazione pacifica e
feconda con tutti i popoli
solennemente dichiarano
che sui seguenti Principi si fonda il
PATTO
della loro unione fraterna
Art. 1
La Padania è una Comunità
politica e volontaria di Cittadini,
Nazioni e Popoli, che si riconoscono in
un comune ideale ed in una comune
cultura di libertà, autogoverno ed
autodeterminazione, lavoro, intrapresa, solidarietà e giustizia sociale.
Art. 2
Sono Cittadini della
Comunità Padana i Cittadini delle
Nazioni che la compongono in base
alle rispettive Leggi nazionali.
Art. 3
Scopo della Comunità
Padana è di tutelare i valori fondamentali e realizzare le aspirazioni comuni a
tutti i Cittadini e Popoli che ad essa
aderiscono e di assicurare loro felicità
e benessere morale e materiale.
La Comunità dovrà in particolare operare al fine di:
• garantire la prevenzione da ogni
pericolo che minacci la vita, la sicurezza, la proprietà e la famiglia di ogni
Cittadino, l’identità e le istituzioni di
ogni Popolo e líautogoverno di ogni
Nazione;
• promuovere le migliori condizioni in
ordine alle comuni necessità per conseguire il benessere civile, sociale, economico di tutti i Popoli e le Nazioni
aderenti e dei loro Cittadini;
contribuire ad una politica di pace e
cooperazione fra tutti i popoli;
garantire un sistema giudiziario basato
sullíelezione popolare della magistratura.
Art. 4
La Comunità adotta la formula dei “poteri residui” riferiti alle
Nazioni, per cui a queste spettano le
competenze non espressamente attribuite ai poteri della Comunità Padana
dalla presente Costituzione.
Art. 5
Ad ogni Popolo e ad ogni
Nazione è assicurato il diritto inaliena-
Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999
bile ed imprescindibile di autodeterminarsi e autogovernarsi. Ogni Nazione
avrà la sua Costituzione che dovrà
espressamente prevedere:
• il riconoscimento dei diritti inviolabili della persona umana;
• il riconoscimento dei diritti umani,
civili e politici riconosciuti e garantiti
dalla presente Costituzione per tutti i
Cittadini;
• il riconoscimento e la tutela del principio di sussidiarietà, a partire dai
diritti della primaria società naturale,
la famiglia e delle istituzioni territoriali minime, nonchè delle garanzie loro
assicurate dalla presente Costituzione;
• il riconoscimento che ogni
Costituzione nazionale dovrà al suo
interno sancire, in forma inequivocabile, i principi della sovranità popolare
quale unica fonte legittima per l’esercizio dei poteri e líefficacia di strumenti di reale democrazia diretta;
• il rispetto e la tutela delle minoranze
linguistiche facenti parte della
Comunità e delle Nazioni che la compongono;
• l’accettazione dellíistituto referendario nelle forme: propositiva, abrogativa, confirmatoria, consultiva.
Art. 6
Ogni Popolo e Nazione può
recedere dall’Unione, secondo le modalità stabilite nella Costituzione.
Quaderni Padani - 103