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Bimestrale edito dalla Libera Compagnia Padana Anno V - N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 S peciale: Il sogno e il progetto: l’evoluzione dei progetti costituzionali padani 25 26 La Libera Compagnia Padana Quaderni Padani Casella Postale 55 - Largo Costituente, 4 - 28100 Novara Direttore Responsabile: Alberto E. Cantù Direttore Editoriale: Gilberto Oneto Redazione: Alfredo Croci Corrado Galimberti Flavio Grisolia Elena Percivaldi Andrea Rognoni Gianni Sartori Carlo Stagnaro Alessandro Storti Grafica: Laura Guardinceri Collaboratori Giuseppe Aloè, Camillo Arquati, Fabrizio Bartaletti, Alina Benassi Mestriner, Claudio Beretta, Daniele Bertaggia, Dionisio Diego Bertilorenzi, Diego Binelli, Roberto Biza, Giorgio Bogoni, Giovanni Bonometti, Romano Bracalini, Nando Branca, Ugo Busso, Giulia Caminada Lattuada, Claudio Caroli, Marcello Caroti, Giorgio Cavitelli, Sergio Cecotti, Massimo Centini, Enrico Cernuschi, Gualtiero Ciola, Carlo Corti, Michele Corti, Mario Costa Cardol, Giulio Crespi, PierLuigi Crola, Mauro Dall’Amico Panozzo, Roberto De Anna, Alexandre Del Valle, Corrado Della Torre, Alessandro D’Osualdo, Marco Dotti, Leonardo Facco, Rosanna Ferrazza Marini, Davide Fiorini, Alberto Fossati, Sergio Franceschi, Carlo Frison, Giorgio Fumagalli, Pascal Garnier, Mario Gatto, Ottone Gerboli, Michele Ghislieri, Giacomo Giovannini, Michela Grosso, Joseph Henriet, Thierry Jigourel, Matteo Incerti, Eva Klotz, Alberto Lembo, Pierre Lieta, Gian Luigi Lombardi Cerri, Carlo Lottieri, Pierluigi Lovo, Silvio Lupo, Berardo Maggi, Andrea Mascetti, Pierleone Massaioli, Ambrogio Meini, Ettore Micol, Alberto Mingardi, Renzo Miotti, Aldo Moltifiori, Maurizio Montagna, Giorgio Mussa, Andrea Olivelli, Giancarlo Pagliarini, Alessia Parma, Giò Batta Perasso, Mariella Pintus, Daniela Piolini, Francesco Predieri, Ausilio Priuli, Leonardo Puelli, Laura Rangoni, Igino Rebeschini-Fikinnar, Giuliano Ros, Sergio Salvi, Lamberto Sarto, Gianluca Savoini, Massimo Scaglione, Laura Scotti, Marco Signori, Silvano Straneo, Giacomo Stucchi, Candida Terracciano, Mauro Tosco, Nando Uggeri, Fredo Valla, Giorgio Veronesi, Antonio Verna, Alessio Vezzani, Eduardo Zarelli, Antonio Zòffili. Spedizione in abbonamento postale: Art. 2, comma 34, legge 549/95 Stampa: Ala, via V. Veneto 21, 28041 Arona NO Registrazione: Tribunale di Verbania: n. 277 Periodico Bimestrale Anno V - N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 I «Quaderni Padani» raccolgono interventi di aderenti alla “Libera Compagnia Padana” ma sono aperti anche a contributi di studiosi ed appassionati di cultura padanista. Le proposte vanno indirizzate a: La Libera Compagnia Padana. Il sogno e il progetto - Brenno L’evoluzione dei progetti costituzionali padani - Gilberto Oneto Io guardo all’Olanda - Alberto Mingardi Crisi italiana e Padania come? - Ettore A. Albertoni Saggio sulle costituzioni padane - Antonio Zòffili Intervista ad Alessandro Storti - Enrico Cernuschi Perché anche in Padania è necessaria una Diciarazione dei Diritti - Carlo Stagnaro 1 2 9 14 23 29 Proposte per uno statuto etnonazionalista padano - Flavio Grisolia 34 38 Discussione sulle tasse nella Repubblica federale - Giancarlo Pagliarini 46 53 54 Allegati Il Decalogo di Assago Proposta di Riforma Federalista della Costituzione della Repubblica Italiana Disegno di Legge Costituzionale Costituzione della Comunità politica dei popoli del Nord Costituzione transitoria Costituzione della Padania Patto Costituzionale fra le Comunità Padane Costituzione della Confederazione delle Comunità Padane Costituzione dell’Unione Federale Padana Ipotesi per una riforma Proposta di legge per le province autonome Bozza di Costituzione del Piemonte Costituzione della Federazione Ligure Il “Patto eterno” del Grütli Dichiarazione di Indipendenza Americana La Carta di Chivasso Dichiarazione di Venezia Carta dei Diritti dei Cittadini Padani Patto d’’Unione 55 66 72 79 80 84 86 87 89 92 94 95 98 99 100 101 102 103 Il sogno e il progetto L a storia delle costituzioni (che sono contemporaneamente descrizione del sogno e del progetto) delinea fedelmente la formazione dell’idea di patria padana. Negli ultimi affannati e densi dieci anni essa si è sviluppata su due filoni principali, uno “italianista” e l’altro padanista. Il primo, più moderato, “si contenta” di una federazione italiana costruita sulle regioni esistenti o su loro aggregazioni. Il secondo trova vigore nell’ideale di una Padania del tutto indipendente o, in subordine, di una Padania federata o confederata con altre porzioni dell’attuale Repubblica italiana. Non è solo una differenza di dimensioni ma di concezione. Una non concepisce che un nebuloso Nord i cui confini vagano dal Piceno al Po, che si configura in omogeneità socio-economiche. L’altra sogna una patria dai precisi confini scolpiti da millenni di cultura, storia e identità. Una si barcamena su regioni e provincie italiane, indossa il vestito che gli ha cucito addosso l’oppressore; l’altra cerca le comunità naturali, le piccole patrie eterne costruite sul legame antico con il territorio. Entrambe prevedono il consenso: uno basato su convergenze di convenienze e l’altro su comunanze profonde che sono solo rafforzate e confermate da convenienze sociali ed economiche. Certo, anche le aspirazioni più tiepide all’autonomia sono grande cosa rispetto al nulla che gli oppressori intendono concedere, fatto di fìnte autonomie locali, di crescente oppressione fiscale e di un centralismo che diventa sempre più arrogante, man mano che si indeboliscono le forze reali dell’autonomismo padano. Le due scuole hanno ciascheduna sviluppato loro progetti. Questi si sono sviluppati paralleli elaborando le due visioni che il movimento padanista si trascina dietro come una mai risolta contraddizione. In esso hanno sempre convissuto le due anime, quella riformista e quella indipendentista, prevalendo ora l’una ora l’altra. Agli inizi (fino alle elezioni del ‘94 e all’ambiguo matrimonio con il Polo) ha prevalso decisamente la prima (“Repubblica del Nord”, la questioAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ne settentrionale, l’oppressione e la protesta fiscale), dopo ha preso vigore la seconda fino ad allora relegata negli ambienti usciti dal vecchio e variegato mondo a u t o n o m i s t a . Quest’ultima è poi esplosa in un crescendo di vittorie e di consensi (le lezioni del ‘96, la “Tre giorni del Po”, la “gazebata” per l’indipendenza della Padania, la creazione di Parlamenti e di Governi padani) ma poi si è accartocciata sotto l’impreparazione culturale e la pochezza morale di molti dirigenti politici, cresciuti alla vecchia scuola italianista. Entrata in crisi (e collassata con le elezioni europee) la scuola padanista, ha ripreso inaspettato vigore la corrente riformista che - si è scoperto quasi con stupore -aveva per tutto questo tempo continuato a produrre a Roma disegni di legge italianisti mostrando, fra l’altro, una spaccatura fra la base e il territorio e gli eletti nelle stanze romane. Il ritorno ufficiale delle istanze compromissorie (e il ripudio di ogni idealità padanista) è avvenuto ad Acqui in una sbrodolata di intrugli lessicali (settentrione, devolution) e identitari (la ‘’nordificazione’’ di Tirolo, Umbria e Marche): qui ogni altra aspirazione è stata abbandonata in cambio di un “Ministero per le aree oppresse” e di una illusione di un referendum che - con quei modi- non si farà mai. Nella camera mortuaria di Acqui (su cui catafalcheggiava una improbabile bandiera di una Umbria padanizzata per la luttuosa circostanza) si è cercato di celebrare il funerale della Padania e della padanità. Ma la Padania esiste ed esistono molti Padani che vogliono continuare a coltivare il sogno di una patria libera ed europea, di cui in questi anni sono stati gettati i semi cui neanche la repressione più feroce (e il disfattismo più ottuso) potranno impedire di crescere. Per questo non bisogna smettere di sognare e di lavorare per trasformare il sogno, prima in progetto, e poi in realtà concreta. Quello di non essere più condannati ad essere Italiani settentrionali ma di potersi orgogliosamente chiamare Padani. Solo e finalmente Padani. Brenno Quaderni Padani - 1 L’evoluzione dei progetti costituzionali padani di Gilberto Oneto U n disegno di grande riforma istituzionale trova la sua naturale descrizione nel progetto di Costituzione. E’ perciò naturale che il grande e composito movimento autonomista padano abbia reso manifesti i suoi obiettivi anche sotto la forma di disegni di riforma costituzionale o di carte costituzionali alternative che finiscono per costituire il vero programma di azione di tutte le sue componenti. Si possono così leggere la storia e l’evoluzione del movimento, e le sue articolazioni interne, anche e soprattutto attraverso le bozze costituzionali che ha prodotto e che ne hanno accompagnato il cammino. Sono moltissimi i testi che in meno di dieci anni sono stati prodotti e l’esame e il confronto dei loro contenuti consente di effettuare una analisi delle evoluzioni ideologiche e dei “rapporti di forza” che le varie correnti di pensiero hanno avuto all’interno del mondo padanista. Il primo documento organico che affronta la tematica dell’autonomia di parte delle comunità padane è sicuramente la Carta di Chivasso. (1) Essa è stata molto semplicemente una dichiarazione di intenti, un abbozzo di progetto autonomista che non aveva pretesa di costituire un organico disegno istituzionale ma che resta comunque un punto storico nodale per l’importanza che ha avuto nel fomentare e formare l”’ideologia” autonomista degli ultimi decenni: non c’è infatti autonomista autentico che non abbia trovato in essa ispirazione ideale o che non l’abbia interpretata come il vero “turning point” di tutto quel mondo autonomista anti-italiano di cui il movimento padanista è l’espressione più completa ed efficace. Per trovare le prime complete proposte di disegni costituzionali elaborate in forma organica e completa di testo normativo bisogna però attendere l’inizio degli anni 90. Il vero e più attivo protagonista di questa prima stagione di elaborazioni è stato Francesco Speroni, eurodeputato e senatore leghista, ma anche Ministro per le riforme istituzionali nel governo Berlusconi, e con ciò l’autonomista che è arrivato più vicino al centro nevralgico delle potenziali riforme costituzionali. Nella sua veste di parlamentare e di ministro, Speroni ha presentato una serie di Disegni di legge che, alla luce di tutti i successivi sviluppi, possono sembrare di portata innovativa piuttosto limitata ma che hanno (almeno i primi) rappresentato, al momento della loro elaborazione, dei momenti di 2 - Quaderni Padani Fig.1 PROGETTO SPERONI 1 - Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria 2 - Lombardia 3 - Veneto, Trentino-SudTirolo e Friuli 4 - Emilia e Toscana 5 - Romagna, Marche, Umbria e Lazio 6 - Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata 7 - Campania e Calabria 8 - Sardegna 9 - Sicilia originalità, se non proprio di rottura. Si trattava in generale di progetti di modifica in senso federalista dello stato italiano che non ne modificavano in maniera radicale l’assetto generale, ereditandone la suddivisione territoriale in regioni. (Fig. 1) Esistono numerosissime variazioni dello schema originario, frutto di continui (e spesso scoordinati) aggiornamenti e aggiustamenti: si ha anche l’impressione che Speroni abbia sempre agito senza nessun contatto con chi stava lavorando su disegni “padanisti” e che la sua visione “italianista” abbia ripreso vigore dopo il loro abbandono. (2) Il primo grande passo verso la ridefinizione dei soggetti costituenti la federazione (e quindi dell’introduAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Fig.2 PROGETTO DI ASSAGO 1 - Repubblica del Nord 2 - Repubblica dell’Etruria 3 - Repubblica del Sud 4 - Valle d’Aosta 5 - Trentino-SudTirolo 6 - Friuli 7 - Sardegna 9 - Sicilia Fig.3 PROGETTO MIGLIO 1 - Repubblica del Nord 2 - Repubblica del Centro 3 - Repubblica del Sud 4 - Valle d’Aosta 5 - Trentino-SudTirolo 6 - Friuli 7 - Sardegna 9 - Sicilia zione dell’idea di Padania in una struttura costituzionale) è stato fatto con il cosiddetto Decalogo di Assago (3), elaborato dal professor Miglio, nel quale si prevedeva la creazione di tre “macroregioni” distinte a divisione della repubblica. Per la prima volta prendeva forma la Padania, sia pur ancora configurata come Repubblica del Nord e privata delle tre regioni a statuto speciale. (Fig 2) Il sofferto (e catastrofico per le sorti autonomiste) divorzio di Miglio dalla Lega ha temporaneamente ridato vigore all’idea di federazione delle regioni esistenti (sia pur raggruppate secondo schemi di razionalizzazione desunti da un noto studio della Fondazione Agnelli). (4) Si è trattato di un ritorno di “federalismo italiano” che ha avuto breve durata (e scarso successo) e che è stato travolto della scelta indipendentista effettuata dal maggior movimento padanista che ha fatto nascere una serie di progetti costituzionali non più estesi alla Repubblica italiana ma limitati alla Padania, dai confini spesso allargati a talune regioni centrali (nelle elaborazioni ufficiali) o ristretti a quelli della Padania storica ed etnonazionalistica. In tutte le elaborazioni di questo periodo (che va dalla storica giornata del 15 settembre 1996 alla creazione del Parlamento di Chignolo) i soggetti federati continuavano a essere le attuali regioni. (5) (Fig 4) Come detto, questa nuova stagione di affermata padanità ha avuto origine con la “Dichiarazione di indipendenza” di Venezia (6), costruita su quella storica degli Stati Uniti ( 7 ) e sulla più recente (1) La “Carta di Chivasso” è riportata fra i Documenti storici, a pag 100 (2)Esistono almeno quattro Disegni di Legge Costituzionale elaborati da Francesco Speroni (n.1304 e n.1403 nella XII Legislatura e n.1975 e n. 3603 della XIII Legislatura). Lo stesso Speroni (solo o con altri senatori) ha presentato numerosi altro Disegni di Legge tendenti alla modificazione di un articolo della vigente Costituzione italiana: nella XI Legislatura il n.20 (Art.127) e il n.727 (Art.97); nella XII Legislatura il n.27 (Art.97), n.28 (Art.127), n.225 (Art.78), n.1637 (Art.122) e n.2027 (Art.138); nella XIII Legislatura il n.3679 (Art.57). Nella XII Legislatura si è fatto promotore di un Disegno di Legge per l’istituzione di una Assemblea costituente (n.2028), e nella XIII Legislatura del recepimento nella vigente Costituzione italiana del “principio di autodeterminazione dei popoli (n.1289 e n.1803). Altri testi sono stati presentati al III Congresso della Lega Nord e al Parlamento di Mantova. In allegato sono riportati quelli presentati al Congresso di Genova della Lega Nord il 6 novembre 1994 (a pag. 55) e il Disegno di Legge costituzionale n.1403, presentato in qualità di Ministro per le Riforme Istituzionali il 21 gennaio 1995. (a pag. 66) (3) Il cosiddetto “Decalogo di Assago” è riportato in allegato a pag. 54 (4) Fondazione Agnelli (a cura della), “Il nostro progetto geopolitico”, su Limes, n.4, 1994 (5) Il testo presentato al Parlamento del Nord, di Mantova è riportato in allegato a pag. 72. (6) La “Dichiarazione di indipendenza e sovranità della Padania” è riportata in allegato a pag. 101. (7) La “Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America” è riportata in allegato a pag. 99. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Quaderni Padani - 3 “Dichiarazione di sovranità” del Quebec. (8) Sull’onda del fallimento della Bicamerale (che nel settembre del 1997 aveva partorito l’esangue topolino costituito da un testo blandamente modificato - e neppure mai approvato - della sola seconda parte della vigente Costituzione italiana) era stato eletto, il 26 ottobre 1997, il Parlamento della Padania (il cosiddetto Parlamento di Chignolo) con funzione costituente. Nella sua prima seduta del 23 novembre il Parla-mento aveva nominato una Commissione Tecnico Scientifica, presieduta dal professor Albertoni e incaricata di seguire e coordinare i lavori parlamentari di stesura delle proposte di testo costituzionale. (9) Dall’opera coordinata dei Comitati di parlamentari e dalla Commissione sono uscite tre bozze: una provincialista, una federale e una confederale. (10) La prima (elaborata da Massimo Ferrario e Augusto Conti ma scherzosamente definita dalla stampa “Statuto Albertoni”) (11) rappresentava una coraggiosa variante allo schema regionalista e proponeva per la prima volta una delimitazione etno-nazionalista della Padania (Padania storica), escludendo Toscana, Umbria e Marche ma comprendendo le provincie di Massa-Carrara e Pesaro-Urbino. (Fig.5) Per l’eccessivo peso concesso alle istituzioni provinciali (nella loro attuale connotazione giacobino-prefettizia) questa bozza era stata presentata ma subito ritirata al Parlamento nella seduta del 19 aprile 1998. Su questo documento si è comunque basato il progetto, per un certo tempo perseguito (non senza una certa confusione) dal movimento padanista, di riforma istituzionale per mezzo della realizzazione di autonomie provinciali. (12) La bozza federale (13) tornava invece ai confini della “Grande Padania” (Padania allargata) e quella confederale (14) ometteva di effettuare scelte precise in materia. Entrambe sono stati discusse a partire dalla seduta del 28 giugno, e sono state approvate (con emendamenti) nell’ultima seduta del Parlamento il 12 luglio del 1998. Il 28 giugno era stato anche approvato il “Patto d’Unione” redatto da Roberto Ronchi. (15) Durante i lavori della Commissione era stato anche prodotto un testo redatto con alcuni esperti de La Libera Compagnia Padana (16) che è stato in parte recepito dalle due bozze poi approvate. Questo conteneva alcune indicazioni “forti”, come la precisa definizione dei confini padani su base etno-linguistica e storica, l’utilizzo di un lessico padanista e la decisa difesa dell’identità attraverso una serie di norme sull’attinenza e sulla cittadinanza. (Fig.6) Sempre a seguito delle bozze licenziate a Chignolo, sono cominciate ad apparire bozze di Carte costituzionali relative alle singole Piccole patrie costituenti la più grande Comunità padana: si è trattato di un piccolo-grande passo avanti nella presa di coscienza identitaria e di coerente elaborazione nel campo dell’architettura istituzionale delle aspirazioni autonomiste e indipendentiste. (17) 44- Quaderni Padani Fig.4 PROGETTO DI VENEZIA 1 - Valle d’Aosta 2 - Piemonte 3 - Lombardia 4 - Liguria 5 - Trentino 6 - SudTirolo 7 - Veneto 8 - Friuli 9 - Trieste 10 - Emilia 11 - Romagna 12 - Toscana 13 - Umbria 14 - Marche Nella prima metà del 1999 il professor Miglio ripresentava una sua bozza di Carta costituzionale per la Repubblica italiana (18) nella quale si ricalcavano i principi che aveva già espresso sia col “Decalogo di Assago” che nel “Modello di Costituzione” presentato il 17 dicembre del 1994 al Circolo della Stampa di Milano e fatto proprio dall’Unione Federalista. In questo documento ricompare la Repubblica del Nord separata dalle tre regioni autonome settentrionali. (Fig3) Nel frattempo, Speroni e altri non hanno mai cessato di produrre proposte di riforma costituzionale aventi per oggetto la Repubblica italiana: l’ultimo Disegno di legge Costituzionale (n.3603 del Senato, XIII Legislatura) è stato presentato nella data (poco evocatrice di slanci autonomisti) del 28 ottobre 1998. Il ripiegamento del maggior movimento autonomista su posizioni di blando e rinunciatario riformismo sono state sancite dalla Dieta di Acqui Terme (3-4 settembre 1999). Tutto questo complesso cammino evolutivo delle bozze di riforma costituzionale padanista è stato riassunto e schematizzato nella Tabella A. Nella stessa tabella viene anche inserito il “Progetto di legge costituzionale di iniziativa popolare” (per la creazione di Province autonome) che si discosta da tutti gli altri per l’obiettivo specifico ma che rappresenta un interessante tentativo di riforma complessiva mediante transizioni accettabili dall’attuale ordinamento costituzionale. L’evoluzione dell’elaborazione progettuale e delle proposte può essere analizzata e interpretata utilizzando diversi criteri. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Fig.5 PROGETTO FERRARIO - 49 provincie Il primo riguarda i tre grandi filoni “di pensiero” che vi possono essere rintracciati e che possono essere per semplicità ricondotti alle tre persone che ne sono un po’ la personificazione emblematica: Speroni, Miglio e Albertoni. La fase federalista e italianista è rappresentata da Speroni che è stato un grande e prolifico produttore di testi costituzionali: nella sua carriera parlamentare ha presentato almeno quattro Disegni di Legge volti a riscrivere completamente la Costituzione italiana e ha ispirato in qualche modo altre iniziative. Su Miglio non occorre spendere troppe parole: è il grande costituzionalista che ha per primo disegnato (8) La “Dichiarazione di sovranità” del Quebec è stata pubblicata sui Quaderni Padani, n.2 (autunno 1995), pagg. 11-14. (9) La “Commissione Tecnico-Scientifica” era composta da Ettore Albertoni (Presidente), Giuseppe Brianza, Giovanni Cappelluzzo, Giancarlo Farè, Massimo Ferrario, Gilberto Oneto, Giorgio Malagoli e Massimiliano Paleari (Segretario). Come consulenti settoriali: Alberto Fossati, Gianbattista Orizio, Giovanni Balzi, Maurizio Ughi e Augusto Conti. (10) Il Parlamento aveva nominato sei “Comitati permanenti per la redazione della Costituzione”. Ogni Comitato aveva designato al suo interno un Presidente, due Vicepresidenti e due Segretari (di seguito elencati in quest’ordine). Comitato “A” (Autodeterminazione, Diritti delle Comunità e dei cittadini): Ivo Papadia, Alberto Cantù, Tiziano Gastaldi, Marco Tognetti e Mirta Teresa Toninato. Comitato “B” (Rapporti economico-sociali): Tiziana Merlini, Tito Cattaneo, Luciano Modena, Liciano Grammatica e Edoardo Panizza. Comitato “C” (Sistema delle garanzie: referendum, iniziativa popolare, tutela): Roberto Cota, Giovanni Conati, Edoardo Tin, Massimo Morselli e Renato Giaretta. Comitato “D” (Forma dello Stato padano): Sisto Marchioro, Marco Fontaneto e Antonio Zoffili. Comitato “E” (Forma del Governo padano): Mirko Amati, Franco Francone, Emilio Maria Zenoni, Pier Giovanni Massari e Bruna Maria Franchin. Comitato “F” (Relazioni con l’Unione Europea e le sue componenti statuali e regionali): Roberto Ronchi, Pierluigi Maso, Claudio Regis, Walter Gherardini e Chiara Formentini. La bozza confederale è stata elaborata dal Comitato “A” (relatore Alessandro Storti, referente Gilberto Oneto), la bozza federale dal Comitato “D” (relatore Antonio Zoffili, referente Giorgio Malagoli). (11) Il testo è riportato in allegato a pag. 80. (12) Questo disegno operativo ha prodotto un “Progetto di legge costituzionale di iniziativa popolare” che concerne “Modifiche al Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 PROGETTO LIBERA COMPAGNIA 1 - Arpitania 2 - Piemonte 3 - Liguria 4 - Lombardia Occidentale (Insubria) 5 - Lombardia Orientale 6 - (Tirolo) Trentino 7 - Veneto 8 - Ladinia 9 - Friuli 10 - Trieste 11 - Emilia (Lombardia meridionale) 12 - Romagna e Montefeltro a - Comunità Walser b - Comunità FrancoProvenzale (o Arpitana) piemontese c - Comunità Occitana piemontese d - Comunità Cimbra e - Comunità Carinziana f - Comunità Slovena (o Slavia) Titolo V della Costituzione in materia di autonomie provinciali e locali. Attribuzione alla Provincia di Bergamo e ad altre Province dello Statuto d’Autonomia Provinciale”. Il saggio di Ettore Albertoni (che viene pubblicato a pag. 14) inquadra sul piano più generale della critica e della progettualità padaniste anche questa iniziativa di natura costituzionale rivolta a operare dall’interno dell’ordinamento vigente. Essa è stata preparata da accurati studi interdisciplinari promossi dal 1997 al 1999 dalle Province leghiste di Bergamo e di Vicenza. In particolare il testo (che è riportato in allegato a pag. 92) è stato elaborato nella sua formulazione giuridica dallo stesso Albertoni e rappresenta il risultato finale di una iniziativa costituzionale da parte del popolo bergamasco a norma dell’Art.71, comma secondo, della Costituzione italiana, che stabilisce che “Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”. Si tratta di una assoluta novità nell’uso di questo strumento di legislazione diretta a fini di sostanziali modificazioni autonomistiche della Costituzione. Sono state raccolte a Bergamo circa 70.000 firme e il Progetto ha concluso il suo iter giuridico diventando il “Disegno di legge costituzionale n.3994” assegnato alla Prima Commissione (Affari Costituzionali) del Senato in data 20 maggio 1999. Analoga azione di mobilitazione è in corso a Vicenza e Comitati spontanei di cittadini hanno assunto la stessa iniziativa in molte Province della Padania. (13) Il testo è riportato in allegato a pag. 87. (14) Il testo è riportato in allegato a pag. 86. (15) Il testo è riportato in allegato a pag. 103. (16) Il testo è riportato in allegato a pag. 84. (17) I testi esemplificativi di due di tali documenti (relativi al Piemonte e alla Liguria) sono riportati a pag. 94 e a pag. 95. (18) Il testo è riportato in allegato a pag. 89. Quaderni Padani - 5 Tabella A Data di presentazione Luogo di presentazione Autori Ambito di applicazione o tipo di divulgazione Numero di articoli 12 dicembre 1993 Gianfranco Miglio Repubblica italiana 10 Francesco Speroni e altri Repubblica italiana 147 + 1 Gianfranco Miglio Francesco Speroni e altri 26 senatori Francesco Speroni con Comitato di esperti Testo del 6 novembre 1994 con alcune modifiche Repubblica italiana Repubblica italiana Modello in 14 punti + 8 147 + 1 Repubblica italiana 148 Repubblica italiana 143 + 1 Aprile 1996 15 Settembre 1996 21 Gennaio 1997 19 aprile 1998 II Congresso Lega Lombarda, Assago III Congresso Lega Nord, Genova Presentazione alla stampa Disegno di Legge Costituzionale Disegno di Legge Costituzionale Pubblicazione editoriale Umberto Bossi, Tutta la Verità (Milano, Sperling & Kupfer) Parlamento di Mantova Manifestazione sul Po Disegno di Legge Costituzionale Parlamento di Chignolo Po Rolando Fontan, Francesco Speroni Segreteria Federale della Lega Nord Francesco Speroni Augusto Conti, Massimo Ferrario Padania allargata Padania allargata Repubblica italiana Padania storica Maggio 1998 12 luglio 1998 Comitato Tecnico-scientifico Parlamento di Chignolo Po Padania storica Padania (non definita) 12 luglio 1998 Parlamento di Chignolo Po Padania allargata 20 28 Ottobre 1998 Disegno di Legge Costituzionale Repubblica italiana 123 20 Maggio 1999 Primavera 1999 Disegno di Legge Costituzionale Pubblicazione editoriale Gianfranco Miglio, L’asino di Buridano (Vicenza, Neri Pozza) La Libera Compagnia Padana Comitato “A” (Autodeterminazione) Alessandro Storti Comitato “D” (Forma dello stato) Antonio Zoffili Francesco Speroni e altri 15 Senatori della Lega Lord Ettore Albertoni Gianfranco Miglio 110 9 121 15 + 25 (preambolo) + dichiarazione preliminare 12 13 Autonomie provinciali Repubblica italiana 13 28 6 Novembre 1994 17 dicembre 1994 18 gennaio 1995 21 gennaio 1995 Aprile 1995 entità sovraregionali diverse, spezzando il reticolo banalizzante e paralizzante delle attuali suddivisioni amministrative e introducendo il concetto di Macroregione (o Cantone) del Nord. Albertoni ne ha in qualche modo continuato il cammino, gestendo la fase padanista dell’evoluzione. Nei suoi disegni (e in quelli da lui ispirati o supervisionati in chiave tecnica) si delinea con maggior chiarezza l’idea di Padania che assume sempre più la configurazione di identità etno-linguistica e storica. L’evoluzione può anche essere seguita e interpretata sulla base delle definizioni delle entità costituenti la proposta federazione o confederazione. In tutte le bozze di Speroni vengono conservate le regioni attuali, accorpate in Stati con intenti di razionalizzazione in parte desunti dalle proposte dalla Fondazione Agnelli. Alcune di queste aggregazioni sono piuttosto stravaganti (come la Campania collegata con la Calabria) e vengono perciò attaccate dalla stampa di regime; altre (come l’unione di Piemonte, Liguria e Valledaosta, il Triveneto, o l’Emilia attaccata alla Toscana) sono la negazione di ogni valore identitario vero e costituiscono una manifestazione di neogiacobinismo accentratore oltre che un insulto all’idea stessa di autonomia e di riconoscimento di comunità organiche. Solo nelle ultime versioni alcune di queste divisioni subiscono parziali modifiche. (Fig 1) Le elaborazioni di Miglio conservano le limitazioni delle attuali regioni ma le aggregano sulla base di ele6 - Quaderni Padani menti storici e culturali assai più fondati e ribadiscono le autonomie speciali esistenti: le ragioni dell’etnonazionalismo sono colte solo in parte, si riprendono antiche divisioni già in qualche misura elaborate da Gramsci e (in un caso) si inventa una identità “centrale” priva di ogni ragione di essere. (Figg 2 e 3) Le successive bozze leghiste ripropongono sempre le attuali configurazioni regionali insistendo nell’inclusione nella Grande Padania (o Padania allargata) della Toscana, Umbria e Marche. (Fig 4) Lo stesso criterio di rispetto delle suddivisioni amministrative esistenti viene mantenuto anche dalla proposta che si basa sull’aggregazione delle provincie esistenti (introducendo anche la fuorviante idea di città metropoli) ma lasciando finalmente fuori dal disegno complessivo le regioni centrali, con la giusta eccezione delle due province di Massa-Carrara e di PesaroUrbino. (Fig 5) Solo la proposta de La Libera Compagnia (che però era stata proprio concepita solo per sottolineare la necessità di rispettare con più puntualità le identità organiche, e che - nella sua qualità di ipotesi di lavoro - non è mai stata ufficializzata) prevedeva una costruzione federale basata sulle Piccole patrie naturali e sulla modifica dei confini delle attuali suddivisioni. (Fig 6) Si può schematizzare il percorso seguito in: conservazioni delle attuali entità amministrative, modifiche sulla base di considerazioni socio-economiche e definizione di comunità organiche per tratti storici, etnolinguistici e culturali. A questo indirizzo ha fatto da Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 coerente contraltare la crescente preoccupazione per la difesa delle specificità locali delle minoranze storiche e l’introduzione di nozioni come l’attinenza o la proporzionale etnica, o la difficoltà di ottenere la cittadinanza che approfondiscono il legame con il territorio e ne fanno il vero caposaldo di tutto il patto comunitario. Nel tempo sembrano avere acquisito crescente rilevanza i principi più antichi, desunti dalla carta di Chivasso ma anche dallo spirito del Patto del Grütli. (19) Un altro aspetto del cammino evolutivo è rappresentato dall’aumento di “peso” delle visioni confederali, o - meglio - della progressiva diminuzione dei poteri accordati al potere centrale federale. Dall’enorme dote di competenze ad esso riservate nelle prime bozze si è giunti a quella confederale di Chignolo (Storti) e a quella di Miglio dove si da vita a un generalizzato e vero decentramento. In questo senso, si può dire che si è assistito a un progressivo e inesorabile allontanamento dalla concezione “italiana” di Costituzione. Questo può essere visualizzato e letto anche dalla sintomatica riduzione progressiva del numero degli articoli dei vari documenti: da progetti onnicomprensivi e desiderosi di occuparsi di ogni dettaglio si tende a passare a carte contenenti solo enunciazioni di principi fondamentali e indicazioni di larga massima. I primi testi erano composti da un numero di articoli piuttosto simile a quello della costituzione italiana (139 articoli e 18 disposizioni transitorie), gli ultimi sono piuttosto succinti e formati da pochissimi articoli. Infine c’è stato un interessante percorso di evoluzione lessicale. All’inizio l’imitazione delle terminologie italiane costituiva la norma generale, poi si sono lentamente introdotti termini diversi, desunti da linguaggi storici o stranieri. Anche in questo si può leggere una sintomatica evoluzione in chiave padanista basata su un dichiarato obiettivo di deitalianizzazione nella sostanza e nella forma. Oggi si hanno le idee più chiare. La discussione è stata lunga e approfondita, e si possono finalmente tracciare con più sicurezza le linee progettuali sulla scorta di quanto fatto, dei vari documenti che sono stati prodotti e sulla base delle esigenze verificate. Di certo non è più dilazionabile la stesura di un disegno che diventi una sorta di manifesto politico, necessariamente generico nei dettagli (con aperte tutte le opzioni definibili democraticamente) ma rigido nelle affermazioni dei principi basilari. Ci sono infatti alcuni punti che sono irrinunciabili, che hanno in questi anni fatto raccogliere sotto le insegne dell’indipendentismo milioni di persone che in questi principi si riconoscono e che li vogliono affermare con forza e determinazione. Ci sono molte sfumature possibili qualcuno vuole che il documento fondamentale sia più federalista, altri più confederaliAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Francesco Speroni sta, ci sono diversità di opinioni sul modo di affrontare l’architettura istituzionale, sulle strutture che devono essere costruite per sostenere il nuovo patto. Ma ci sono sicuramente alcuni elementi che sono comuni e imprescindibili e che si cercherà di elencare senza pretendere di dar loro un ordine di importanza che non è possibile. 1. La Costituzione deve essere breve, semplice, scritta con chiarezza (“a prova di imbecille”, come si dice...), non deve dare adito a letture capziose o a conflitti di interpretazione. Deve essere scritta in poche pagine che tutti i cittadini capiscano e con dividano: deve contenere i principi etici e non i dettagli formali del futuro vivere comune. La nostra gente ha ormai capito che la prolissità (il numero delle leggi degli articoli, dei codicilli e dei capoversi) è il contrario della chiarezza e che la nebulosità è contraria alla libertà. 2. Il patto costituzionale deve essere stipulato fra le comunità naturali della Padania, fra le Piccole Patrie nate e cresciute su fondamenta etno-linguistiche, culturali e storiche. Non devono comparire né le costruzioni burocratico-giacobine su cui si regge la repubblica italiana né aggregazioni artificiose che non siano il frutto di secoli di aggiustamenti. Sono le antichecomunità padane che riprendono il loro millenario cammino nella storia. 3. La Costituzione deve conferire al centro il minor numero di poteri possibili e lasciare alle Piccole Patrie (e, al loro interno, alle comunità locali e ai cittadini) il massimo di libertà e di diversità. Il solo limite all’indipendenza e alla libertà dei contraenti (19) Il testo del “Patto eterno” del Grütli è riportato in allegato a pag. 98. Quaderni Padani - 7 il patto è costituito da quanto occorre per sventare il pericolo di perdere indipendenza e libertà. Le comunità si associano per difendere le loro diversità e le loro autonomie: rinunciano solo alla piccola porzione di esse che è strettamente necessaria a garantire le loro libertà da aggressioni esterne che avrebbero facile gioco con entità divise e deboli. Solo unite, le comunità padane possono difendere prosperità e libertà. 4. Ai cittadini devono essere garantiti tutti i diritti individuali che gli stati assolutisti (con l’Italia in testa) cercano di negare loro: la vita, la libertà di opinione e di espressione (in ogni forma politica, culturale e religiosa), la proprietà e l’attività economica, l’autodifesa, il perseguimento della prosperità e della felicità. Il potere federale o confederale può e deve intervenire contro una Comunità esclusivamente in difesa dei diritti dei singoli ove questi fossero conculcati. 5. La costituzione deve tutelare le minoranze con misure effettive, riconoscendo le loro autonomie e garantendole contro chiunque: per questo la carta costituzionale deve elencare con precisione le comunità etno-linguistiche e storiche della Padania e non contentarsi di generiche affermazioni. Questo riguarda anche e principalmente il diritto alla propria lingua e cultura. Ogni comunità ufficializzerà la propria lingua naturale che avrà pari dignità e valore della lingua franca. In coerenza con questo principio, ogni rapporto dovrà essere regolato attraverso l’intelligente applicazione di criteri di proporzionale etnica. 6. Occorre che la “padanità” sia difesa con grande forza. Per questo l’accesso alla cittadinanza dovrà essere regolato da norme che tengano conto del valore della storia, del legame con la terra, del lavoro di generazioni e del merito personale. I Padani hanno arricchito questa terra col loro lavoro e con i loro sacrifici e questo costituisce un titolo di merito che si deve conquistare e che non va svilito come merce comune. Il profondo legame con il posto va istituzionalizzate mediante l’utiliz- 8 - Quaderni Padani zo di una figura giuridica simile a quella dell”’attinenza” utilizzata in parte della Confederazione elvetica. La ‘padanità” trova forte espressione anche nell’aspetto fisico e nella gestione del territorio: per questo le comunità si devono impegnare nella redazione e nel rispetto di norme atte a salva guardare le libertà individuali, l’efficienza produttiva ma anche le linee con cui la cultura tradizionale ha plasmato l’aspetto fisico e architettonico delle comunità padane. 7. La nostra lotta di liberazione stà riscoprendo simboli e miti che fanno parte del patrimonio dei nostri popoli che un potere invasore ha cercato di cancellare. Questi devono essere riaffermati con forza nella carta fondamentale anche con il reim piego di termini lessicali tratti dalla nostra storia e non da quella degli oppressori. 8. Tutti i contraenti dovranno essere liberi di gestirsi al loro intemo con la massima libertà, fatto fermo il rispetto per i diritti fondamentali e inalienabili dei singoli, e potranno rescindere il patto alla sua scadenza con una semplice e democratica decisione dei loro cittadini. La Padania libera non negherà a nessuno il diritto di autodeterminazione per cui stà oggi lottando. L’unione fra le comunità padane è libera e durerà fintanto che esse liberamente lo vorranno proprio per difendere le comuni libertà. 9. La Costituzione deve essere il risultato di un atto democratico cui hanno preso parte tutti i cittadini. Per questo essa deve essere frutto di confronti aperti ed essere sottoposta al giudizio del popolo padano. 10. Il documento che verrà prodotto sarà anche e soprattutto un manifesto politico che descrive compiutamente il progetto della Padania futura. L’obiettivo non è di costruire una struttura semplicemente più efficiente dell’Italia, ma di creare un paese fatto di comunità libere e non di satrapie prefettizie, di cittadini liberi e non di sudditi: una Padania che non sia una Italia più piccola, ma il contrario dell’Italia. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 “Io guardo all’Olanda” Intervista a Gianfranco Miglio di Alberto Mingardi L e difficoltà delle “riforme” nascono essenzialmente dal modo in cui il “presunto” Stato nazionale italiano è stato “messo insieme”: a partire da questa riflessione di Gianfranco Miglio - non certo nuova nel pensiero dell’insigne costituzionalista - si snoda il filo conduttore de L’asino di Buridano. Ultima fatica letteraria del professore, edito da Neri Pozza, L’asino di Buridano riprende ed amplia quel progetto di riforma in senso federale dell’Italia che fu propria dell’(abortita) Unione federalista e, prima ancora, che venne tratteggiata nel “decalogo di Assago” della Lega Nord. Nella metafora, Miglio ovviamente identifica l’insieme dei popoli italiani, incapaci da un lato di “tornare indietro, ed affondare, tutti insieme, in un Mediterraneo abitato da popoli tagliati fuori dall’economia veramente competitiva, e intristiti da miserevoli piaghe pubbliche”, ma dall’altro anche privi della forza di “rischiare di fare la rivoluzione”. In questo agile volumetto (102 pagine appena), Miglio unisce la più coerente stesura del suo progetto con una sorta di lunga “premessa” storica, nella quale traccia una visione iconoclasta della storia post-unitaria. Bocciati la stragrande maggioranza degli uomini politici e dei progetti di questo periodo (Cavour in testa), salvato il “colto” Minghetti, riabilitati il brigantaggio ed il clientelismo: queste alcune delle questioni-chiave, inquadrate nell’abituale stile crudo e provocatorio cui il professore ha abituato da tempo i suoi lettori. Ma qual è il federalismo di Miglio? E quali sono le chances per l’area padana in un modello costituzionale come quello elaborato dall’ex ideologo della Lega? I punti essenziali del suo progetto sono molti: la “dimensione” delle unità territoriali, l’importanza della “variabilità” del contratto fra le unità amministrative contraenti, appunto, il foedus, la forma di governo centrale (Direttorio), il riconoscimento di determinati diritti pre-politici (come le fondamentali libertà). Non solo: fondamentale, a questo proposito, è l’assetAnno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 to che prenderà l’Unione Europea nei prossimi anni, e dunque il modello cui saranno costretti a uniformarsi i singoli stati. Due le vie all’orizzonte: il disperato tentativo di salvare i “vecchi” stati-nazione, oppure la nascita di nuove realtà che si rifacciano a un altro modello. Quello dell’Olanda e della Svizzera federali. Un’alternativa radicale allo Stato moderno e, forse, allo Stato. Di tutto questo, abbiamo discusso direttamente con Miglio, nella sua dimora comasca, poco dopo l’uscita de L’asino di Buridano. L’esito è questo dialogo su quel federalismo che ancora non c’è ma potrebbe rappresentare l’ancora di salvezza di un’Europa in inesorabile declino. Circa un anno fa, venivano presentate e discusse le “bozze” costituzionali padane, elaborate dal Parlamento di Chignolo Po. Quale valore, secondo Lei, può essere riconosciuto ai prodotti di quell’esperienza, che pure non si è dimostrata incisiva sul piano “pratico”? I parlamentari del Parlamento Padano non hanno saputo impegnarsi a fondo nella stesura della Costituzione da adottare al posto della attuale italiana. Hanno molto “ciondolato” con riferimento ai motivi trascendenti della Costituzione Padana, ma non sono riusciti ad occuparsi dei problemi concreti della Costituzione. Per questo motivo, nessuna delle “bozze” da loro proposte può essere presa in esame da un costituzionalista. La “bozza” di Costituzione Confederale presentata da Storti sembra però rifarsi, in vario modo, ad alcuni dei principi da Lei sostenuti. In particolar modo, in essa sembra delinearsi lo spirito, più volte da Lei sottolineato, di un patto “a tempo” costantemente rinegoziato dalle parti. Soprattutto in riferimento all’esperienza dell’unità geografica padana, qual è l’imQuaderni Padani - portanza del fatto che questo “patto” vada continuamente sottoposto al consenso delle comunità e dei cittadini? Ho sempre sostenuto che una Costituzione federale deve essere per sua natura una Costituzione “mobile”, vale a dire che deve avere nelle sue prospettive una “variabilità” delle posizioni, perché è a sua volta un insieme di Costituzioni territoriali. La struttura federale è infatti una struttura territoriale, che sostituisce il primato della territorialità al primato del Partito. La condizione di una unità territoriale è quindi variabile: perché può darsi che una certa unità abbia prima una certa struttura ma possa modificarla. E’ anzi addirittura probabile che il nesso fra i cittadini che compongono una unità territoriale si modifichi a favore di altri rapporti, e quindi nell’arco di un trentennio si possa determinare un’autentica “dislocazione” di un soggetto della comunità federale che viene a “spostarsi” (si amplia, si riduce...). Può darsi benissimo che una regione si “sposti” con il passare del tempo perché si accrescono i rapporti fra i suoi cittadini e quelli di un’unità territoriale vicina ed affine. E’ un concetto difficile da fare digerire ai “tecnici” della Costituzione, ma una struttura federale deve essere rivista ogni trentennio per vedere quale parte dell’unità territoriale è cambiata nel suo rapporto con le altre. Quando si parla di federalismo, in Italia, vengono avanzate proposte i cui soggetti sono i più diversi: le attuali Regioni, le Province, c’è chi rispolvera addirittura i Comuni. Lei ha invece sempre sostenuto la necessità di un’aggregazione di “macro-regioni”. Quali sono oggi le ragioni importante per sostenere una scelta di federalismo macro-regionale? E’ opinione dominante che “federalismo” voglia essere pluralismo di rapporti che si modificano nel tempo. Credo che una Costituzione Federale per il ventunesimo secolo - perché è in prospettiva del futuro, non dimentichiamocelo, che dobbiamo ragionare - debba essere necessariamente stabile, cioè che si debbano concepire le unità che compongono una Federazione come unità che possono rimanere tali nel tempo. Una Costituzione Federale è, per me, soprattutto una Costituzione autoritaria: nel senso, non mi fraintenda, non che imponga autorità, ma che abbia una vocazione alla costituzione di nuclei di autorità. Una Costituzione Federale, come del resto la Costituzione Elvetica, ha una struttura “stabile” e quindi bisogna scegliere le unità territoriali ottimali; ogni tentativo di adottare come unità quella urbana cioè i Municipi - oppure le Province, oppure altre unità (le comunità territoriali per esempio alpine), non centra la sostanza di una struttura federale. Bisogna che le unità che compongono la compagine federale siano unità territoriali “stabili”. In questo senso, c’è una connessione con quella che al contempo deve essere la “variabilità” di una Costituzione Federale: le unità territoriali di dimensione apprezzabile sembrano avere una certa vocazione alla stabili10 - Quaderni Padani tà, mentre viceversa le unità minori sembrano essere necessariamente “ballerine”. Credo che si debba puntare su unità che trascendano le attuali regioni: perché le venti regioni che costituiscono la Repubblica Italiana sono regioni differenziate ed inclini a un particolarismo accentuato; lei pensi per esempio al confronto fra la regione Lombardia o la regione Piemonte e le regioni di parte del Meridione. Il Molise, la Basilicata sono grosse province, non unità territoriali. Una Costituzione Federale poggia invece su una stabilità dei “mattoni” che la compongono: le unità territoriali vanno costruite in rapporto alla loro vocazione, e quindi le attuali regioni vanno raggruppate in tre grandi aree e comunità regionali, in cui le attuali Regioni vengono spezzettate e ricomposte secondo quelli che sono gli interessi comuni. Interessi che sono evidenti: le regioni della Valle Padana hanno manifestamente rapporti stabili fra di loro, e allo stesso modo vanno riconosciute e create una comunità regionale del Centro Italiana ed una del Meridione. Penso che una Federazione basata esclusivamente sulle regioni attuali sia una Federazione senza la stabilità e l’autorità che invece necessariamente deve avere. Autorità che può derivare dal fondarsi su unità territoriali particolarmente consistenti: nel nostro caso, come ho accennato, un’area padana, una dell’Italia Centrale, una del Sud. Solo in queste condizioni possono svilupparsi dei programmi differenziati: fino ad ora non si è potuto immaginare un programma economico che corrisponda agli interessi delle unità territoriali maggiori. Analogamente è stato impossibile pensare a una politica economica, ad esempio, del Sud che fosse magari anche antagonista a quella delle altre parti. Questa è la ragione della ricerca della dimensione ottimale delle unità territoriali. Andando indietro nel tempo di qualche anno, nel febbraio del 1994 Lei propose al Congresso di Assago della Lega Nord. In quali termini il “breviario” di Assago può essere ancora attuale? Quel documento venne buttato giù di corsa per consentire a Bossi di schivare le conseguenze dell’elargizione da parte della Montedison (nello specifico, di Gardini), che aveva dato duecento milioni alla Lega. Bossi era preoccupato delle reazioni dei suoi militanti, e io proposi di sottoporre loro, cogliendo l’occasione del Congresso, lo schema elementare della Costituzione. Era letteralmente uno schema molto semplice, dieci punti in cui era condensata l’essenza della Costituzione. La Costituzione di Assago - che tanto piace a Tremonti, che dice che è l’essenza del federalismo - è in nuce una Costituzione, ma oggi va vista alla luce della nuova (e più completa) elaborazione che ne ho dato nel mio libro L’asino di Buridano. Nel 1993, Lei ripropose, affiancandovi una Sua analisi, il celebre saggio sulla disobbedienza civile di Henry David Thoreau... In quel libro, io difesi il principio della libertà indiviAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Alexander Hamilton duale. Si tratta di un pamphlet in chiave ribelle, perché ho voluto chiarire che in nessuna Costituzione, in nessun ordinamento si può stabilire un vincolo permanente che sia “per sempre”. I principi di una determinata Costituzione federale vengono fissati, ma possono essere modificati. Difendendo la libertà di decisione dei singoli (e il diritto di ribellarsi a un ordine iniquo forzosamente imposto dallo Stato), volevo sottolineare come i cittadini si vincolano liberamente, costituendo liberamente strutture federali solide quanto si vuole ma naturalmente suscettibili di modificazione. Senza, peraltro, che questa “variabilità” ne intacchi la stabilità. Si dice spesso che un sistema federale porti a un ordine più pluralista rispetto a quanto determinato da altri pensieri. Qual è, in questo senso, il legame di “parentela” fra il pensiero federalista e il pensiero liberale? Il pensiero liberale in Europa ha prodotto l’idea dello Stato Moderno, struttura stabile e immutabile. Bisogna chiarire un punto: una Costituzione Federale è necessariamente basata su di un contratto fra l’autorità centrale e le strutture plurali che compongono la federazione. A differenza dello Stato Moderno, una Costituzione Federale non poggia su di un’autorità sovrana, non c’è autorità sovrana ma sovrano è il contratto. Esiste la possibilità di costituire rapporti contrattuali fra i soggetti che compongono la federazione e l’autorità centrale. Si tratta di un rapporto contrattuale, si arriva a una rinegoziazione continua, e dunque non c’è un’autorità sovrana e centrale che cala dall’alto e dice che cosa deve essere il rapporto federale. Il rapporto federale cambia costantemente, perché riposa su di un contratto. In questo senso, ci sono semmai più legami con i teorizzatori dell’economia di mercato che con quello che è stata, in Europa, la tradizione liberale. A proposito appunto del “contratto”:come si può ottenere la più ampia legittimazione possibile di questo “patto”? Un contratto è per sua natura un rapporto volontario Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 e modificabile. Si può dare un impegno dei cittadini per una Costituzione Federale per un tempo determinato. Noi possiamo (potremmo) fissare oggi una Costituzione Federale italiana destinata a durare trent’anni, e tutti i cittadini possono accettare questa formula con la riserva di modificare la struttura nel corso del trentennio. Qui si vede come il principio contrattuale si combina con la stabilità relativa all’unità di tempo della Costituzione Federale. Guardando alla situazione politica ed economica attuale dell’Europa: quella che è la globalizzazione dei mercati finanziari sembra portare a una crisi degli Stati Nazionali. Ne L’Asino di Buridano Lei “prevede” che la maggiori metropoli europee possano diventare nell’arco dei prossimi vent’anni delle “città-stato”. Quanto secondo lei questi possibili sviluppi possono “costringere” e i singoli Stati europei e il super-Stato europeo a darsi una forma diversa e meno centralista? Io non sono ottimista sull’avvenire dell’Europa, perché credo che la storia degli Stati europei sia ormai immutabile, per ragioni secolari di stratificazione, e quindi che gli Stati nazionali europei siano per loro natura immutabili, prova ne sia che noi abbiamo realizzato l’unione monetaria, ma non abbiamo affatto individuato le strutture dell’Europa federale. Il federalismo europeo è da tempo un capitolo fermo, morto, non più sviluppato. Gli Stati nazionali hanno perso buona parte delle loro prerogative, e sono necessariamente privati di alcune risorse fondamentali (il potere di fare la guerra, il potere di definire i confini...), ma rimangono in campo. E rimangono in campo, credo, perché oggi, se consideriamo le vicende europee più recenti, sono dominate da un “micronazionalismo”. Pensi alla Corsica nello Stato francese, alla Scozia in Gran Bretagna, eccetera... compaiono questi “micro-nazionalismi” e, beh, chi può decidere della legittimità delle loro istanze? Noi siamo inclini a considerare inammissibile la guerra del Kosovo per dare ai kosovari la possibilità di strutturarsi in maniera indipendente... oggi, noi rifiutiamo l’idea che tutti i micro-nazionalismi, che sono latenti in molti Stati nazionali europei, quando emergeranno provocheranno delle guerre civili.Bisogna focalizzare l’attenzione sulla necessità di trasformare lo Stato moderno inteso come “Stato nazionale” in uno Stato federale, perché solo una pluralità di stato federale può fare fronte ai micro-nazionalismi che emergono, e credo emergeranno ancora negli anni a venire. Dal nazionalismo alla “nazione”: l’idea di “nazione”, alla fine del ë900, alle porte del 2000, come si connota, da cosa è significata, ha ancora un senso? L’idea di “nazione” è stata una delle risorse con cui lo Stato moderno ha completato la sua essenza. Lo Stato moderno si è fatto “Stato nazionale”, però quest’idea della “grande nazione” è un’idea anacronistica e storicamente superata. Non solo: è un’idea non tollerabile per la storia dello Stato moderno, tant’è vero Quaderni Padani - 11 che ha spinto (si pensi alla “volontà di potenza” delle classi dirigenti tedesche alla vigilia della prima guerra mondiale) gli Stati nazionali a diventare aggressivi. Il nazionalismo macro-nazionale dell’Ottocento e del Novecento ha condotto alla crisi finale delle due grandi guerre civili europee che caratterizzano la nostra storia recente. In questo modo, lo Stato moderno ha distrutto se stesso. Oggi, immaginare una vocazione dello Stato moderno come Stato nazionale non ha più senso: il macro-nazionalismo ha dominato e caratterizzato la fase finale dello Stato moderno, distruggendolo. Riguardo ai due diritti pre-politici di secessione e resistenza, come potrebbero essere (se devono esserlo) sanciti e riconosciuti da una Costituzione federale? E fino a che punto, a che “dimensione”, è possibile pensare il diritto di secessione? Il patto di unione che caratterizza una comunità politica è variabile nel tempo, e l’idea di secessione produce un altro Stato. Il lato negativo del principio di secessione è che la secessione conduce una comunità politica ad affermare con la sua sovranità, e questo è in contrasto con il principio federale. Immaginare una formazione strutturale politica come avente il diritto di secedere è significare la nascita di nuovi Stati nazionali, cioè di riproporre gli errori che hanno condotto allo Stato moderno ed alla sua autodistruzione. E’ però incontestabile che quando una comunità politica riconosce la propria identità (lei pensi alla Slovacchia, quando si è staccata dalla Cechia), una scelta di fondo può essere fatta. Una comunità politica può decidere di stare per conto proprio, questo è scritto nella storia delle istituzioni politiche. Una critica che Le è stata fatta da alcuni commentatori riguarda il sistema direttoriale. Potrebbe risultare, dicono, una riedizione del cosiddetto “consociativismo” senza per questo garantire stabilità. Come risponde? Rispondere è fin troppo facile: tutti i sistemi federali sono sistemi direttoriali. Basta guardare la Confederazione Elvetica, che è governata da un direttorio composto sulla base dei principali partiti presenti nel Parlamento svizzero. Il governo direttoriale è un governo fra eguali: e io immagino che una federazione italiana debba essere necessariamente governata, a livello di macro-regioni, da un direttorio, e a livello di federazione ancora da un’autorità direttoriale.Bisogna capire la storia del direttorialismo, che è fallito nella Rivoluzione Francese ma sopravvive nella Confederazione Elvetica, e non è presente né nella costituzione pseudo-federale tedesca né nella costituzione pseudo-federale americana. Ma questa è una conseguenza del non aver accettato integralmente il principio della federalità, che riposa essenzialmente sui soggetti dell’autorità territoriale. Ogni membro della federazione è unità territoriale e concorre a comporre una struttura direttoriale. Un pensatore che lei conosce molto bene, Carl 12 - Quaderni Padani Schmitt, nel 1982 in un’intervista dichiarò che “l’epoca della statualità giunge alla fine”. L’epoca dello Stato sta finendo... ma cosa possiamo pensare per il dopo? E’ una prospettiva molto difficile perché debbono formarsi al posto degli Stati moderni una pluralità di Stati federali: io sono convinto che fra trenta/cinquant’anni l’Europa sarà composta di stati federali, cioè di stati che ammettono una variabilità nella loro composizione costituzionale. Questa sarà un’impresa difficilissima da realizzare, perché lo Stato moderno deve negare se stesso, deve affrontare - Schmitt intuiva cosa doveva cambiare - la propria crisi. Io sono molto perplesso, molto in dubbio sulla possibilità che gli Stati moderni europei possano cambiare se stessi con la radicalità necessaria: rimango della convinzione che troveranno delle difficoltà insormontabili, e questo è il motivo per cui non credo nell’avvenire dell’Europa. Non credo che l’Europa possa avere un grande futuro perché, per averlo, dovrebbe essere capace di invertire tutti i suoi ultimi quattro/cinque secoli di storia. Ritornare dunque “prima” della modernità in tutti i sensi? Certo. Per recuperare quella visione pluralistica dell’autorità che c’era nello Stato moderno prima che diventasse LO Stato moderno, cioè con lo jus publicum europaeum, il principio di sovranità, eccetera. Quello che deve fare una riforma federale è dunque rendere produttiva la crisi della modernità? Come vanno viste in quest’ottica le esperienze pre-moderne? Il periodo pre-moderno va inteso come il periodo della Confederazione Elvetica e soprattutto della Confederazione Olandese, che ne sono esempi tipici, e poi, in linea molto generale, delle costituzione urbane contrapposte ai principati (il passo decisivo fatto verso lo Stato moderno è stato l’accettazione del principio dell’unità del principato). La storia di queste città è tanto dimenticata, quanto interessante: lei pensi che uno storico ha recentemente pubblicato un volume in cui tocca la storia di oltre seicento città dell’area tedesca... Importante da rimarcare è questa “struttura urbana”, a stendestat, cioè con uno Stato fatto di ceti e di rappresentanze di ceti, che ha toccato il proprio vertice nella Repubblica Olandese. La Repubblica Olandese, che fu distrutta da Napoleone, era paragonabile per importanza alla Confederazione Elvetica ed aveva un’autentica vocazione al governo urbano, senza Principe, perché lo stateholder olandese era solo un funzionario elevato. E anche nei periodi in cui non avevano stateholder, non era pregiudicato il normale funzionamento della Repubblica, anzi. Se non erro, una volta Lei definì l’Olanda “l’altra metà del cielo”... dunque è all’altra metà del cielo che bisogna guardare? L’altra metà del cielo, perché una metà è la confederazione elvetica... Va detto però che è difficile immaAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ginare un ritorno dello Stato moderno, con tutto quel concetto di diritto pubblico che Schmitt chiamava ius publicum europaeum, a una struttura federale. Nella Repubblica Olandese governavano i ceti, che si riunivano in espressioni concentrate d’autorità due/tre volte la settimana, per decidere dei problemi comuni. E questo va confrontato con il modo con cui governavano invece i Principi nello stesso periodo... In Olanda, possiamo osservare che esisteva una pluralità di competenti che variava continuamente. Una caratteristica di queste strutture urbane era il loro carattere oligarchico: noi siamo ossessionati dal problema dell’oligarchia, anche perché le oligarchie hanno segnalato la fine del Comune italiano, però il punto fondamentale è che di tutte le Repubbliche italiane la più esemplare fu quella che ottenne il massimo di oligarchicità, cioè quella Veneta. E qui si potrebbe aprire tutto un dibattito sulle differenze fra la forma dell’oligarchia tipica del Principato e quella tipica delle repubbliche urbane... ma questo ci porterebbe troppo lontano... Nella ricostruzione storica che costituisce la prima parte de L’asino di Buridano, Lei dedica alcune belle e sentite parole a Marco Minghetti e ai suoi quattro disegni di leggi che propose improntati all’idea di “libertà amministrativa”. Quale valore può essere ancor oggi riconosciuto a tali progetti, e perché fu un’occasione sprecata? Valore oggi non ne hanno più, perché non ne ha nello Stato moderno il concetto di libertà di confederazione Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 e di libertà di costituire consorzi. Si è seguita una strada tutta diversa da quella indicata da Minghetti. Però, alla prova dei fatti, la Legge sui Consorzi e la legge sulle regioni sono di una modernità straordinaria. Minghetti (che io “saluto” ogni volta che vado in Senato, dove c’è un suo bel ritratto che conduce all’Ufficio Viaggi del Senato) era uno dei pochi uomini politici colti, e per questo era avversato da Vittorio Emanuele. Era un uomo colto, che si era alimentato con i grandi pubblicisti tedeschi... Il clientelismo e uno “statuto” per il Sud, scrive ne L’asino di Buridano... Sostengo che il clientelismo ha bisogno di uno statuto che lo inserisca nella cornice costituzionale. Ho letto recentemente uno scritto di una studiosa che ha cercato di illustrare gli aspetti positivi del clientelismo, quegli aspetti che producevano autorità e funzionalità attraverso il vincolo della clientela. Quando sogno (ma non dovrei avere 81 anni...) di scrivere una Costituzione per il Sud, penso proprio a questa trasformazione del clientelismo. Da ultimo, una battuta, una frase che possa essere detta anche al famoso “uomo della strada”, professor Miglio, quale è l’attributo principe di una Costituzione Federale. Mettiamola così: solo una Costituzione Federale consentirebbe ai popoli italiani di sopravvivere in contatto fra di loro, mentre ora coesistono litigando e facendosi le corna l’uno con l’altro. Quaderni Padani - 13 Crisi italiana e Padania come? La transizione ed i progetti di legge costituzionale d’iniziativa dei popoli bergamasco e vicentino per l’attuazione e la riforma della Costituzione della repubblica Italiana in materia di autonomia dell’ordinamento dello Stato e dei Comuni, delle Provincie e delle Regioni. di Ettore A. Albertoni 1. Una strategia per le riforme La crisi globale che da tempo ha investito l’Italia non può che venire assunta come il dato centrale e condizionante per qualsiasi analisi che voglia essere realistica e che, al contempo, ambisca porsi anche come base per ogni seria azione rivolta ad uscirne. La globalità di questa crisi va, quindi, collocata quale premessa e centro di ogni riflessione e progettualità sul complesso delle riforme culturali, politiche e sociali delle quali sempre più si parla ma in forme generiche e confuse. E’ bene, però, che anticipi subito che , a mio avviso, pur in presenza di una crisi così grave e di carattere talmente ampio come quella in atto sarebbe sbagliato e velleitario pensare che per risolverla si possa ad essa contrapporre frontalmente e con applicazione immediata un disegno di totale cambiamento dell’intero sistema etico, politico e sociale. Karl Popper ( 1902 – 1994) nella sua ormai classica opera “La società aperta e i suoi nemici” ( 1943 ) ha in forme assai approfondite criticato con acume e durezza quei modelli di progettualità politica e statuale che definisce frutto di “ingegneria utopica” e le cui origini fa risalire a Platone ( 427 – 347 a. C). Ad essi, che ritiene “totalitari” proprio nel senso moderno del termine, ha contrapposto una diversa progettualità sia metodologica che contenutistica che qualifica come una vera e propria “ingegneria gradualista”. La caratteristica di questa diversa impostazione consiste nel fatto che essa è fondata su metodi scientifici; di una scientificità molto sofisticata e moderna che supera sia il meccanicismo newtoniano che il positivismo. Se si assumono questi principi e questa metodologia qualsiasi “enunciato” non deve in ogni caso mai venire considerato come assoluto e definitivo ma, piuttosto, ipotetico e congetturale e, quindi, da sottoporre a costanti prove sperimentali che consentano di procedere ad aggiustamenti, modifiche e cambiamenti. 14 - Quaderni Padani Questo secondo modello è stato da Popper giudicato e giustificato come il più razionale e realistico in quanto non afferma, come avviene per il primo, l’indiscutibile primato ideologico - astratto e, troppe volte, addirittura irraggiungibile nella pratica - di un tipo di “Stato perfetto”. Esso vuole ,invece, conseguire l’obiettivo di individuare, i più gravi mali delle organizzazioni politiche esistenti. Lo scopo è di porre rimedio a questi guasti costruendo altre e diverse forme di organizzazione politica certamente “meno perfette” rispetto alle tipologie puramente ideologiche ma rimodellabili e plasmabili agevolmente secondo ogni nuova esigenza ed in ogni momento. Caratteristica politica propria di questo approccio è il gradualismo, ossia la capacità politica di concatenare azioni parziali ma tutte coerenti con gli obiettivi primari che sono di garantire tutte le difese delle libertà e dei diritti degli individui e dei principi- fondamentali per l’organizzazione politicadi giustizia, fraternità, sicurezza ed eguaglianza fra i cittadini. Ritengo personalmente che questo schema di interpretazione concettuale e politica delle diverse tipologie di Stati e le tecniche (Popper le qualifica come “tecnologie” sociali e normative) per realizzarle o per modificarle abbia oggi valore ed attualità notevoli in una situazione come l’italiana. Qui più che altrove le classi politiche maggioritarie non hanno affatto dimostrato di possedere le capacità intellettuali e culturali atte a metterle in grado di individuare quali siano le priorità strategiche da perseguire. Né hanno dimostrato di possedere il coraggio e la volontà morali idonei a sviluppare con ogni energia possibile i metodi riformatori. I “nodi” essenziali e cruciali della crisi politica e costituzionale italiana nascono proprio dalla mancata impostazione di un adeguato e realistico “scenario strategico” di priorità. Necessita quindi una solida strategia per le riforme. Nonostante non vi sia ormai cittadino che non sia Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 consapevole della devastante portata di questa crisi gran parte di loro appare, tuttavia, smarrita, frustrata ed impotente di fronte ad essa ed ai suoi esiti finali che, stando così le cose, appaiono del tutto imprevedibili. Questa è la conseguenza di una vita pubblica che è attualmente dominata dalla più accidiosa inerzia e dalla peggiore irresponsabilità dei partiti maggioritari (sia di governo che di opposizione). Questo è, infine, il ben triste frutto di una falsa, inconcludente e conservatrice dialettica politica e parlamentare che è sinora stata condotta in modo ossessivo e perentorio utilizzando uno stravolgente quanto disorientante carosello mediatico e propagandistico nel peggiore senso manipolativo ed ideologico in quanto basato su un autentico quanto sciocco conformismo “di regime” e su un superficiale quanto affannoso ed inconcludente inseguimento delle quotidiane emergenze. Potrebbe sembrare che vi sia ormai un posto solo marginale per analisi serie ma radicali ( cioè capaci di andare alle radici dei problemi da risolvere) quali esige l’accelerato dilagare di una crescente condizione di autentico regresso culturale e civile e di una enorme insicurezza sia sociale che nella difesa stessa delle persone. Una situazione che peggiora giorno dopo giorno e che è accompagnata da un crescente, preoccupantissimo, impoverimento economico di tutti gli strati di lavoratori, di tecnici, professionisti, piccoli e medi imprenditori, artigiani e commercianti, che sono la Padania. Se si vuole davvero iniziare un serio discorso riformatore adeguato alle trasformazioni in atto nell’intero mondo sviluppato occorre , quindi, senza esitazione avere il coraggio di andare risolutamente controcorrente sia sul piano dell’ideazione progettuale che della ricerca politica, costituzionale e sociale. 2. La crisi generale dello Stato nazionale Per inquadrare correttamente i problemi della crisi italiana nella sua globalità non solo interna ma anche internazionale occorre considerare l’assai modificata situazione dello Stato nazionale, il “tipo” europeo di organizzazione politica e costituzionale più compiutamente ideologico che sia mai esistito ma che oggi ha perso – e sempre più sta perdendo - una grande parte del suo prestigio, della sua identità, del suo ruolo e delle sue stesse funzioni. Infatti le nuove forme di cooperazione sovranazionale a forte connotato vincolistico e prescrittivo (mi riferisco in modo specifico per quanto riguarda l’Italia alla sua appartenenza alla Unione Europea) hanno già notevolmente eroso e limitato, dall’alto, la stessa efficacia e vigenza della sovranità nazionale, ossia della formula ideologica e politica che dalla fine del 1700 in poi ha rappresentato la legittimazione di questo tipo di Stato moderno. A questa rilevante modifica va aggiunto che movimenti autonomistici rivolti ad ottenere l’instauAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 razione di forme effettive di autogoverno locale sono presenti ovunque e che sono ormai assai forti e ramificati anche in Italia. In forme diverse e con tempi e modalità assai differenziate essi stanno, dal basso, contestando e contrastando sempre di più la centralizzazione autoritaria che costituisce l’ideologia di potenza che è la natura essenziale dello Stato nazionale. La letteratura politica e scientifica esistente su questa forma di Stato , sul suo “mito” e sulla sua crisi, è ormai vastissima anche se fu enorme in passato l’elaborazione sulla sua insuperabile eccellenza. Tuttavia la piena consapevolezza del dato - per noi qui molto importante - dell’erosione “dal basso” dell’ordinamento politico e costituzionale “nazionale” ancora, quasi ovunque, in piena vigenza, è piuttosto recente. Ne possiamo trarre conferma dal fatto che questa autentica “rivoluzione dal basso” non avesse trovato , ad esempio, alcuna specifica attenzione nell’opera di uno studioso serio e rigoroso dell’Ateneo pavese, Mario Albertini ( 1919 –1997), pubblicata quaranta anni fa e titolata appunto “Lo Stato nazionale” ( 1958; ristampa 1997, Bologna, Il Mulino). Un testo ormai classico di riferimento non solo in Italia. A questo proposito va, in ogni caso rilevato, che una parte assai vasta della ricerca europea dagli anni ’50 in avanti era, come nel caso esemplare di Albertini, tutta rivolta a sviluppare un’opera di chiarimento, analisi e demolizione sull’aggressività espansionistica sprigionata dalle ideologie e dagli ordinamenti fondati sulla “sovranità nazionale”. Quella ideologia nel passaggio dall’Ottocento para-liberale e para-democratico al Novecento totalitario e massificante si modificò, infatti, in modo trasversale superando da allora e definitivamente l’arcaica distinzione tra “destra” e “sinistra”. La nazionalizzazione delle masse fu l’impegno che accomunò, al di là delle notevoli differenze politiche e delle finalità ultime, il comunismo russo, il fascismo italiano ed il nazionalsocialismo germanico. Può sembrare paradossale ma è altresì certo che i tre massimi movimenti totalitari del nostro secolo trovarono nella concezione e nell’ordinamento dello Stato nazionale uno strumento di grande valore pratico ed emotivo a supporto dei loro programmi. La crisi dello Stato nazionale considerata “dall’alto”, presenta tuttora, pur nella sua notevole gravità, elementi di perdurante ambiguità per quanto concerne il problema tuttora irrisolto della indubitabile ( anche se indebolita) persistenza degli Stati nazionali e dei loro apparati di legittimazione e di dominio. Non c’è, infatti, dubbio che il processo di costruzione europea solo negli ultimissimi anni, con il “Trattato dell’Unione Europea” (Maastricht, 1992) e le sue successive applicazioni e sviluppi, abbia iniziato ad intaccare seriamente ed in modo abbastanza irreversibile le prerogative essenziali dello Stato nazionale (abolizione delle frontiere e delle dogane; libera e piena mobilità delle persone, dei capitali e dei servizi; mercato unico; moneta unica; principi di sussidiarietà e Quaderni Padani - 15 di concorrenza da attuare a tutti i livelli istituzionali dell’Unione ma a partire dalle istituzioni sociali e politiche più vicine ai problemi dei cittadini). Parlo di un percorso in atto e ne sottolineo la relativa “irreversibilità” perché la storia dimostra che nella esperienza politica e giuridica gli ordinamenti costituzionali sono sempre stati sia rovesciabili frontalmente che aggirabili da ogni parte. Va anche rilevato quale ulteriore dato di ambiguità nella crisi dello Stato nazionale come esso tuttora presenti quasi ovunque persistenze autoritarie e nazionaliste in senso ideologico all’interno dei suoi ordinamenti. E’ infatti evidente che, se pure appare in continuo sviluppo il processo di limitazione sostanziale delle singole “sovranità nazionali” dentro il nuovo contesto sovranazionale dell’Unione Europea, appare, per contro, assai evidente che tali limitazioni non hanno coerenti riflessi sui consolidati e spesso arcaici ordinamenti interni di molti Stati dell’Unione; ciò avviene in particolare in Italia. Questa perdurante conservazione all’interno dei singoli Stati di norme, procedure e mentalità autoritarie secondo gli stereotipi delle vecchie statualità ottocentesche e, soprattutto, novecentesche, ripropone un tema che fu anch’esso classico nella letteratura politica riformatrice degli anni ’50 e sul quale possiamo ancora oggi rileggere un’elaborazione documentata e sollecitante nell’opera “Il crollo delle nazioni” ( 1957; ed.it.1960, Milano, Comunità) di Leopold Kohr, professore nell’Università di Puerto Rico. Esso pose la questione che riguarda il superamento delle grandi unità di dominio e di come liberalizzare e riorganizzare gli ordinamenti politici garantendo la formazione di un sistema di piccoli Stati e di eventuali Federazioni tra loro. L’ampia argomentazione a favore di questo tema contenuta nel vecchio – e, purtroppo, molto dimenticato – libro di Kohr appare d’attualità oggi assai di più di quando esso fu pubblicato. La premessa sulla quale Kohr costruisce la sua interessante ed anticipatrice proposta sta nella costatazione che esistono nelle società dimensioni “critiche” che quando vengono superate generano soltanto gigantismo burocratico e militaresco insieme con la totale assenza di forme democratiche e libere di partecipazione politica. Se, infatti, si superano le dimensioni ottimali (medie e piccole) delle aggregazioni politiche e statuali si entra in una spirale irresistibile di potenza, espansionismo e guerre all’esterno e di totalitarismo e denegate libertà all’interno. Una sola citazione dal testo di Kohr mi sembra al riguardo molto significativa ed attuale: “Questa , a nostro avviso, sarebbe la nuova carta dell’Europa. Una volta eliminate le grandi potenze come la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia e la Germania, al loro posto troveremmo una moltitudine di piccoli Stati come la Borgogna, la Piccardìa, la Normandia, la Navarra, l’Alsazia, la Lorena, la Saar, la Savoia, la Lombardia, Napoli, Venezia, uno Stato Pontificio, la Baviera, il 16 - Quaderni Padani Baden, l’Hesse, l’Hanover, il Brunswick, il Galles, la Scozia, la Cornovaglia e così via” ( ivi, p.121). In una più ravvicinata contemporaneità per quanto riguarda i movimenti autonomistici - che oggi premono dalla base sociale e territoriale per ridimensionare la formula ideologica della “sovranità nazionale” tuttora dominante negli Stati nazionali - va aggiunto che essi trovano sempre più legittimazione sia nelle stesse normative “nazionali” (che gli ordinamenti autoritari cercano, però, di contenere o, addirittura, di non attuare ) sia in ormai diffusi ed accettati principi del diritto internazionale. Penso in particolare al diritto dei popoli all’autodeterminazione riconosciuto solennemente da una serie di documenti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Con riferimento all’Italia si può aggiungere che le istanze e le rivendicazioni autonomistiche, oltre ad essere già pienamente legittime sul piano della legalità costituzionale vigente, sono anche fondate su molteplici e sempre più pressanti esigenze delle Comunità politiche di base. Vi sono motivazioni di grande attualità che riguardano il problema irrisolto di come le Comunità territoriali possano autogovernarsi garantendo così sia la partecipazione democratica dei cittadini che l’efficacia politica delle azioni pubbliche. C’è, a cavallo tra il nuovo diritto europeo (obbligante in senso politico e formale ) e quello interno (disatteso sul piano dell’attuazione), il principio della sussidiarietà recepito in forma normativa dalla Repubblica italiana con la Legge 30 dicembre 1989, n.439, la quale, a sua volta, inserisce integralmente nel corpo delle leggi dello Stato un vincolante documento come la “Carta Europea dell’autonomia locale” approvato a Strasburgo sin dal 1985. A queste considerazioni che indicano diversi gradi di deperimento, sia dall’alto che dal basso, dell’intero apparato dello Stato nazionale dal punto di vista delle “sovrastrutture”, va oggi aggiunto, senz’altro, un ulteriore importantissimo elemento di indebolimento che si sviluppa con molto impeto ed accelerazione sul piano economico il quale è, invece per sua natura, di carattere squisitamente “strutturale”. Posso qui solo accennare a questa nuova ed ormai imprescindibile problematica che ha già prodotto un nutrito ordine di ricerche e valutazioni critiche che hanno nell’economista giapponese Kenichi Ohmae - autore del fortunato ed acuto libro “La fine dello Stato-nazione. L’emergere delle economie regionali” (1995; ed.it. Milano, 1996, Baldini & Castoldi) - un loro originale interprete sia teorico che, soprattutto, applicativo. La tesi centrale di Ohmae è che il mondo contemporaneo è condizionato dalla circolazione sempre più libera e crescente e meno controllabile delle quattro “I” dominanti: “individui, informazioni, industria, investimenti”. Di fronte a questo fenomeno generalizzato ed irresistibile lo Stato nazionale, così come è stato già qui considerato, si presenta, in ogni caso, profondamente menomato sul piano del suo ruolo, della sua identità e di talune sue importanti funzioAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ni. E’ la sua stessa formazione storica, risalente agli ultimi due secoli ( in particolare al XX), che fa sì che esso rappresenti attualmente e per molti aspetti un fattore di ritardo e di sfaldamento e, addirittura, talora di vero danno nell’ambito vitale dell’economia dove le quattro fatidiche “I” caratterizzano ogni dinamica sociale e qualsiasi sviluppo produttivo. Questa nuova e critica condizione dello Stato viene così sintetizzata da Ohmae: “ ……….in termini di flussi reali dell’attività economica, gli Stati - nazione hanno già perso il proprio ruolo di unità significativa in grado di partecipare agli sviluppi dell’economia globale nell’odierno mondo senza frontiere”(ivi, pp.29 –30 ). Va anche aggiunto che l’economista giapponese cita l’Italia (sesta potenza mondiale in termini di Prodotto interno lordo globale tra i 29 Stati più industrializzati dell’OCSE) come uno tra gli esempi più clamorosi di dimostrazione di come lo Stato nazione si vada “sempre più riducendo a una fantasticheria di sapore nostalgico” (ivi, p.31). Scrive Ohmae che : “Parlare oggi, per esempio, di un’unica unità economica riferendosi all’Italia, alla Russia o alla Cina ha ancora meno senso di qualche anno fa. Ognuno di questi Stati è infatti una mescolanza eterogenea di territori che differiscono notevolmente in termini di esigenze e di capacità di contribuire al bene comune.” (ivi, p.31). Gli Stati nazionali, come aveva scritto Kohr, furono costruiti artificialmente perché voluti e strutturati per fini di potenza, imperialismo e tutela di economie monopoliste; oggi i fini della politica e dell’economia sono davvero molto cambiati. 3. Fallimento dei processi di integrazione italiana Mi sembra che partendo dalla crisi profonda quanto ambigua dello Stato nazionale sia utile e pertinente tenere ora in attenta considerazione il particolare quanto atipico processo di costruzione della “identità nazionale italiana” che venne condotto dal 1861 ad oggi attraverso diversi ed autoritari processi di forzata integrazione unitaria ed accentratrice. Nella specie si tratta di registrare il fallimento di tutte le politiche perseguite dallo Stato in oltre 130 anni di storia nel corso dei quali tutte le azioni intraprese a formare la “identità italiana” pur avendo battuto tutte le strade ( liberalismo conservatore nell’ultimo Ottocento, liberalismo democratico e, poi, totalitarismo fascista nel Novecento e, dal 1945, democrazia repubblicana) non costruirono, però, mai istituzioni e regole di libertà, né costumi e pratiche democratiche e moderne, stabili e condivise dai cittadini e dalle loro Comunità. Un fallimento del quale è emersa sempre più tutta la gravità specie se si confrontano i risultati italiani con quelli ben diversi ottenuti dalle plurisecolari ed assai più radicate identità delle grandi nazione europee - come la Gran Bretagna, la Francia e la Spagna – che proprio attraverso la forma dello Stato Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 nazionale istituirono, nel corso della storia, i loro specifici e forti ordinamenti statali e nazionali anch’essi attualmente ormai in profonda trasformazione costituzionale e politica. Le ragioni della vastità della crisi italiana sono assai più radicate nel passato storico di quanto non emerga da una semplice quanto superficiale considerazione delle innumerevoli patologie morali, sociali e politiche che ci stanno, purtroppo, ormai costantemente sotto gli occhi. Non mi è possibile accennare in via analitica a tutte ma posso sottolineare che non c’è, in Italia oggi solo un riflesso preciso del declino generale degli Stati nazionali; c’è, invece, molto di più. Infatti lo Stato italiano - proprio a causa della sua tardiva realizzazione rispetto ai maggiori Stati europei e della sua debolezza politica e costituzionale – dovette sin dalle origini per esistere e legittimarsi inventare “ a priori” e di sana pianta, con precisi scopi di dominio politico e di egemonia ideologica e culturale, una mai prima esistita “nazionalità italiana”. Per renderla poi effettiva nel corso di oltre 130 anni di storia unitaria la dovette fare del tutto coincidere con la continuità delle sue leggi e dei suoi ordinamenti. Sul piano storico “l’identità italiana” fu costruita e gestita, quindi, dai poteri di uno Stato essenzialmente militaresco e classista in senso reazionario ed antipopolare, senza radici diffuse e senza consenso condiviso e convinto. Uno Stato che aveva assunto come suo unico ed intollerante dogma fondatore e legittimante la necessità morale dell’unità politica di tutti gli italiani nella forma della centralizzazione più rigida ed uniformante. Questa organizzazione politica ed istituzionale non fu affatto il motore di un efficiente e sollecito sviluppo della vita autonoma dei cittadini e delle loro Comunità, un garante di correttezza nelle regole e nel buongoverno. Lo Stato divenne, invece, subito l’unico centro attivo e reale di integrazione culturale, sociale ed economica, costruì un sistema dirigistico e regolamentare che interveniva in tutti gli aspetti della vita individuale e collettiva. In questo modo i vincitori del Risorgimento diedero vita ad una cultura ufficiale che, come scrisse egregiamente Piero Gobetti (1901 – 1926 ), “fu cieca ed inesorabile contro gli avversari del mito unitario”. In base a questa stretta combinazione di premesse politiche di carattere dogmatico e di cultura “di Stato” retorica e conformistica fu disegnato e perseguito con tenacia e, talora con violenza e ferocia, un processo di integrazione coatta degli individui e delle società presenti sul territorio entro le forme e gli ordinamenti rigidi e prefigurati sempre “dall’alto” dello Stato nazionale di filosofia ed impianto napoleonici e post-napoleonici. Questo lungo e complesso processo d’integrazione fu condotto senza soluzione di continuità e si svolse in tre fasi, distinte ma anche sempre concatenate tra loro, nell’arco temporale che si estende dal 1861 a tutto l’inizio degli anni ’90 del nostro secolo. La “prima integrazione” fu sabauda e militaresca e Quaderni Padani - 17 Il parlamento di Chignolo consumò la sua crisi mortale tra il 1922 ed il 1925 quando ebbe luogo la conquista dello Stato e l’instaurazione della dittatura nazionalista e populista da parte di Benito Mussolini (1883–1945) che rappresentò la “seconda integrazione”. L’atipico e molto spurio Stato liberale nato dalla “prima integrazione” lasciò in eredità al fascismo risultati importanti quali l’ormai affermata unicità dell’ordinamento istituzionale nazionalizzato, la centralizzazione in Roma – Capitale di tutti i poteri costituzionali e burocratici ed il mercato interno unificato e chiuso nell’interesse dell’oligarchia agraria e proto - industriale che dominava ed era padrona del Paese e che ne determinava la sua politica. Il ventennio fascista (1925– 1945) caratterizzò la sua esperienza in senso ancora più autoritario e centralista rispetto alla precedente in quanto esaltò in modo parossistico lo statalismo etico, totalizzante ed imperialista proprio delle sue dottrine. Il fascismo elaborò ed affermò il primato di una complessa quanto molto articolata ideologia nazionalista italiana il cui programma politico centrale consisteva nella rivendicazione della eredità romana e della civiltà cristiana contro il bolscevismo sovietico ed ateo e poi: imperialismo e razzismo nel nome di una civiltà nazionale italiana superiore rispetto a quelle di tutti gli altri popoli; economia “umanizzata”, corporativa e solidale contro le deviazioni aberranti sia del liberismo capitalista che del collettivismo comunista. Idee propagandate con grande ripetitività e mediante un capillare controllo del pensiero e di tutte le sue forme di espressione anche collettiva attraverso un accorto e martellante impiego di tutti i mezzi e le forme di comunicazione di massa allora disponibili. Anche l’esperienza politicamente dittatoriale e d’integrazione coatta del fascismo fu irrimediabilmente travolta insieme con la Monarchia sabauda con la sconfitta italiana nella Seconda Guerra mondiale. Quest’ultima - che fu la logica conclusione e punizione di una politica di aggressione e di espansionismo 18 - Quaderni Padani fondati entrambi sulla propaganda ideologica e su una crescente esaltazione propagandistica di asserite virtù civilizzatrici, imperialiste e guerriere assunte quali componenti qualificanti dello Stato italiano nella sua versione più radicale, compiuta e nazionalista - fu una catastrofe di dimensioni davvero epocali sul piano morale, ideale e materiale sia per i singoli che per l’intera società. La “terza integrazione” - quella democratica e repubblicana - si costruì sui principi e gli ordinamenti previsti dalla nuova Costituzione formale che, dalla sua entrata in vigore (1948) ad oggi, è stata per larghissima parte inattuata e, spesso, addirittura tradita. Per contro anche questa “integrazione repubblicana” assunse subito e di fatto come sua bussola una sorta di filosofia perenne della continuità storica dello Stato italiano. Invece di rappresentare discontinuità e rottura con un passato politico in cui c’erano non pochi motivi di disonorevole vergogna, sul piano delle violazioni delle libertà e dei diritti, la nuova legalità repubblicana non seppe fare di meglio che abbarbicarsi a quanto di meno vecchio e di più funzionale era stato radicato nell’organizzazione dello Stato, ossia all’eredità del fascismo. Con il risultato che essa si sviluppò fragile e chiusa, conservando gelosamente ed utilizzandoli quotidianamente apparati burocratici arroganti ed inefficienti, leggi antiliberali in materia di diritti civili e dirigistiche in economia e relazioni sociali, filosofie pubbliche centralizzatrici, autoritarie, omologanti e corporative. In questo modo e con questa totale assenza di coraggio civile la Repubblica concentrò in sé la somma di tutte le eterogenee e, troppo spesso, fallite esperienze del passato politico sia monarchico che fascista. L’assenza di libertà nella politica e la mancata attuazione di una vera “integrazione comunitaria”, libera, consensuale e condivisa nel quadro di un moderno, giusto e democratico Stato di diritto, era il difficile ma non certo impossibile obiettivo che la Repubblica – terza versione dello Stato italiano in meno di un secolo di vita unitaria – doveva affrontare e risolvere. Ciò purtroppo non è avvenuto e la situazione di profondissima crisi in cui è immersa la politica a noi contemporanea registra un terzo, inequivocabile fallimento. Va in particolare sottolineato che il nuovo regime politico a base partitica dichiarò in ogni modo di volere rifiutare i motivi ideologici del patriottismo ottocentesco e del nazionalismo fascista. Si trattava di una posizione comprensibile in quanto rispecchiava le convinzioni ideologiche e di rifiuto dell’eredità risorgimentale e postrisorgimentale dei partiti largamente maggioritari, la DC ed il PCI, con un consenso complessivo di oltre il 70% dei voti espressi da un elettorato che si recava allora alle urne in misura superiore al 90%. Tuttavia questa politica che sostituiva all’identità “nazionale” quella “ideologica” dal punto di vista dell’organizzazione dello Stato democratico e della sua legittimazione seppellì unicamente le forme simboliche e marcatamente retoriche di quello che ancora era rimasto Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 (ed era poco) dell’identità nazionale italiana nella versione ottocentesca e, poi, fascista. Ma nei fatti istituzionalmente rilevanti la democrazia repubblicana a base partitica restò anch’essa più fedele che mai al dogma ed alla prassi della continuità dello Stato. In questo modo essa ha accettato senza alcun beneficio d’inventario tutte le eredità cumulate dal 1861 ed ha mancato il suo obiettivo principale di rinnovamento e riforma. 4. L’unione della Padania come primario obiettivo Di fronte ad una simile crisi etica e politica si sta ora affacciando l’ipotesi di una crisi produttiva e sociale ancora più grave. Non va mai dimenticato che se nel 1998 il “Sistema Italia” è stato al sesto posto mondiale quanto a Pil globale questo risultato si è verificato unicamente grazie alla elevata produttività della Padania. Tuttavia l’Italia è oggi relegata ad un preoccupantissimo venticinquesimo posto – rispetto ai ventinove Stati dell’OCSE - quanto a sviluppo produttivo. Questa posizione, aggravata da una disoccupazione giovanile altissima e da una elevatissima denatalità, è la conseguenza complessiva di tutte le disfunzioni politiche ed istituzionali che si sono cumulate nell’ultimo decennio di mancate riforme costituzionali e di mancata liberalizzazione della società e dell’economia. A questo punto tutti coloro che formano quello che si configura ormai con piena legittimità come un vero e proprio, anche se assai articolato e differenziato (talora addirittura caotico), “Movimento per la Padania”, hanno più che mai doveri imprescindibili di chiarezza e di rigore nel fissare i punti fermi e le prospettive strategiche che propongono e vogliono discutere con l’opinione pubblica allo scopo di ottenerne un attivo consenso che serva a segnare una vigorosa e decisa reazione alla morsa che ci sta progressivamente uccidendo. Il “Movimento per la Padania” deve, perciò, avere oggi più che mai la maturità, il coraggio e la forza di volgere “in positivo” quanto di negativo sta in forme sempre più accelerate accadendo nella politica e nella vita sociale ed economica italiana. Per farlo deve, almeno a mio parere, avviare un urgente aggiornamento ed un rigoroso approfondimento delle sue stesse esperienze. Deve possedere in massimo grado memoria storica non solo attenzione alla quotidianità politica; deve sapere scrivere, diffondere e propagandare con forza le proprie idee e le proprie proposte. Se si logorerà, invece e come troppo spesso sta avvenendo, in disquisizioni bizantine, nella spirale di una cultura chiusa e protestataria, è probabile che esso perda di ruolo e di forza, il che sarebbe un grossissimo guaio per tanti onesti cittadini ancora animati da forti e sinceri sentimenti civili. E’ trascorso poco più di un anno da quando il Libero Parlamento della Padania riunito in seduta plenaria nell’antico Castello pavese di Chignolo Po approvò Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 all’unanimità e dopo un intenso lavoro di elaborazione e molte discussioni assai accese (talora roventi e talaltra assai dialettiche) un sintetico quanto impegnativo documento di progettualità politica rivolto ad una ragionata e seria chiarificazione concettuale sulla Padania; un documento significativamente titolato “Patto d’Unione”. E’ bene, infatti, ricordare che in Italia mai prima di allora un movimento politico e d’opinione era riuscito a coinvolgere con continuità tanta gente, tanta intelligenza, tanta passione e così varie esperienze umane e culturali su un terreno – come quello della formulazione e discussione dei principi politici e delle architetture costituzionali - che non è certo abitualmente praticato nella storia e nella esperienza politica sia italiana che padana. I Popoli padani e alpini, avvezzati da centinaia e centinaia di anni a subire imposizioni e vessazioni autoritarie, spirituali, culturali ed economiche di ogni tipo, grazie all’azione di rottura avviata politicamente dalla “Lega Nord” e poi, grazie, a questo originale impegno di studio e proposta del Libero Parlamento della Padania ed a quello delle energie individuali e collettive così liberate e canalizzate, hanno iniziato ad acquisire la coscienza e la consapevolezza di essere tra loro collegati da un comune destino. Quest’ultimo è sintetizzato proprio in quella dichiarazione di principi, valori e di interessi che sono compiutamente espressi dal “Patto d’Unione” e che indicano come la Padania non sia più un “sogno” - reazione ed evasione contro la tristezza dei tempi oscuri che ci affliggono ma che non ci devono piegare - ma che abbia iniziato ed essere soprattutto un “primario obiettivo” di grande attualità ed un “progetto politico” di lunga durata per Popoli e Terre fieri delle proprie identità e diversità ma accomunati da valori morali e da una condivisa visione dell’autonomia degli individui e della società. Principi, idee, anche ed ovviamente interessi materiali riguardanti sia la vita quotidiana del presente che del futuro, segnano l’insuperabile differenza che esiste tra il Movimento padanista e tutti gli altri partiti o movimenti. Non c’è dubbio che possiamo ben dire che nella devastante crisi di civiltà che ormai sta soffocando l’Italia politica e l’organizzazione del suo Stato accentrato ed autoritario solo la formazione di uno scenario del tutto nuovo e capace di esprimere volontà, energia ed unione com’è la Padania - la quale prima di ogni altra cosa ha assunto il volto e la realtà di una “Comunità di spiriti, di memorie e di sentimenti” - può ormai garantire una bussola sicura di libertà e di civile sviluppo per il presente ed il futuro. Penso in modo particolare alle più giovani generazioni che solo in questo scenario della Padania libera, comunitaria e pluralista - che è, quindi, un impegno di vita, di responsabilità e dignità - potranno trovare il senso individuale e sociale di un avvenire diverso e migliore da quello che si è ormai affacciato al nostro orizzonte. Ma nessun destino oscuro è ineluttabile se gli uomini Quaderni Padani - 19 e le Comunità in cui vivono sanno esprimere tutte le forze positive che possiedono. E non dimentichiamo mai che la prima grande e positiva reazione è nelle idee, nella cultura e nelle energiche volontà degli uomini. Per questo motivo ritengo che, pur con tutti i suoi limiti, dopo questo notevole sforzo collegiale di immaginazione creativa e di studio espresso dal Libero Parlamento sia del tutto inutile riproporre, come sento più volte fare anche in ambienti padanisti, quesiti del tipo: “Che cos’è la Padania?” o peggio ancora: “Esiste la Padania?”. Sul piano teorico come su quello dei “fatti”, dei “dati” storici, culturali, antropologici, psicologici, sociali ed economici, il “Patto d’Unione” ha già dato con massima chiarezza una risposta positiva e compiuta. Vorrei sottolineare che la Padania così concepita e rappresentata appare una realtà davvero capace di essere – se adeguatamente ed intelligentemente risvegliata, stimolata, motivata e riportata a responsabilità e spirito d’iniziativa di individui e di Comunità – la fonte primaria di una enorme quanto sottovalutata energia positiva e di una altrettanto enorme forza etica e di volontà. Questo aspetto che – per chiamarlo con il suo nome – va detto apertamente spirituale, culturale e volontaristico, appare come del tutto preliminare rispetto a qualsiasi pur importante elaborazione politica e giuridica. Non si può, infatti, costruire alcunché di nuovo e di soddisfacente sul piano sociale se non si parte da visioni radicalmente nuove dell’uomo e delle sue forme di vita interiore e morale per disegnare poi le forme conseguenti della organizzazione sociale ed istituzionale che è pur sua. 5. Disegni costituzionali per la “Padania-Istituzione” Piaccia o meno la Padania è, dunque, ormai un “fatto” posto alla coscienza comune e da essa, almeno per una parte, accettato. Un “fatto” sicuramente emozionale e, in una certa misura, anche traumatizzante per molti ma, in ogni caso, di natura assai complessa e duratura. Un “dato”, comunque, esistente e ben verificato - proprio per la stretta connessione che pone tra valori, ideali ed interessi - e che è preciso merito della “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” avere promosso e sostenuto con ideazione innovatrice e con gli strumenti della democrazia. Mi sembra opportuno sottolineare – anche se qui non mi è possibile sviluppare in dettaglio l’analisi che ho sopra abbozzato - che la “Questione padana” ormai definitivamente posta in questa forma è destinata ad assumere sempre più un suo carattere specifico che non può non condurre nel tempo a coerenti conseguenze politiche e costituzionali. Mi riferisco, indipendentemente dagli esiti e dalle vicende contingenti o elettorali, alla solidità delle ragioni di coloro che affermano la soggettività politica distinta ed autono20 - Quaderni Padani ma della Padania rispetto alle forme materiali e dominanti della statualità italiana. D’altronde si tratta di un processo che non è affatto nuovo sotto il profilo storico. Esso è esattamente avvenuto quando in tempi e con soluzioni diverse si sono imposte e sono state risolte in forme diversificate nel nostro secolo altre “Questioni” di autonomia e, molto spesso, anche di autentica sovranità. Solo per fare qualche esempio limitato all’Europa ed a partire dalla separazione della Norvegia dalla Svezia (1905) e dalla formazione dei due attuali Stati indipendenti: separazione della Polonia, ,Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania dalla Russia a seguito della rivoluzione del 1917 e formazione dei relativi Stati sovrani; formazione in tempi diversi di: Repubblica d’Irlanda; Repubblica Cecoslovacca (poi dal 1993 divisa nelle due entità sovrane della Repubblica Ceca e di quella Slovacca); Repubblica di Croazia; Repubblica di Slovenia, ecc. Si può anche continuare menzionando altre soluzioni di autogoverno come: l’istituzione delle Comunità Autonome della Catalogna, delle Canarie, ecc. ; la Autonomia Fiamminga e Vallona nella trasformazione federale del Belgio; la recente “devolution” di prerogative della sovranità del Parlamento britannico al nuovo Parlamento della Scozia; l’autogoverno locale, più limitato rispetto a quello scozzese, del Galles e dell’Irlanda del Nord. Il problema che la storia pone e che, poi, la politica con le sue mutevoli e non mai lineari procedure cerca di risolvere, in modo più o meno pacifico e più o meno soddisfacente, sta nell’indubitabile insorgenza di simili “Questioni” che è ormai del tutto insufficiente (anche se può essere chiarificatore ed utile) definire “nazionali”. In realtà si tratta di processi assai più complessi- e che si complicano sempre più con l’aggrovigliarsi ed il sovrapporsi delle questioni sociali sottostanti - come documenta l’intera storia del Novecento. L’avvio, comunque, di simili processi ha sempre origini in premesse culturali, psicologiche e di principio coniugate strettamente e passionalmente con il rifiuto dell’ingiustizia, della negazione delle libertà e dell’oppressione sociale ed economica. Il Libero Parlamento della Padania ha ritenuto anche che si potesse dotare questo composito e molto ramificato, aggregato di energie, volontà, forze e capacità che costituisce la “ Comunità / Sistema Padania” di un adeguato, libero, democratico ed, al suo interno, davvero autonomistico, innovativo e riformatore ordinamento costituzionale ed istituzionale. A completamento della formulazione dei principi espressi dal “Patto d’Unione” e sotto il profilo dell’architettura dell’ordinamento politico (che possiamo considerare come rivolto soprattutto a disegnare forme macro costituzionali per la “Padania – Istituzione”) c’è stato il lavoro condotto per nove mesi dal Libero Parlamento. Attraverso di esso sono stati prospettati certamente alcuni profili importanti e significativi, anche se non ancora definitivi e fondamentali come quelli contenuti nel “Patto d’Unione”. Infatti la proAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 blematica riguardante l’ordinamento generale delle istituzioni costituzionali è stata già affrontata – ma solo con risultati per ora parziali - a Chignolo Po mediante la predisposizione da parte del Libero Parlamento di due bozze di disegni costituzionali impostati rispettivamente: l’uno in senso confederale e l’altro in senso federale. Si tratta, almeno a mio parere, ancora di abbozzi progettuali di interessante ed utile sollecitazione intellettuale, culturale ed anche scientifica ma non ancora elaborati in forma definitiva. Documenti utili ma senz’altro aperti ancora a molte discussioni e ad ulteriori approfondimenti rivolti a ricercare ulteriori ed originali apporti di riflessione. Questi documenti andranno, quindi, sviluppati perché possano giungere alla loro completa e mobilitante efficacia sia sul piano delle progettualità politiche che delle architetture e delle soluzioni tecnico – giuridiche. Il problema che il “Movimento per la Padania” deve, quindi, affrontare e risolvere si può compendiare ora nel quesito complessivo così formulabile: “Come possiamo garantire l’organizzazione della “Comunità/Sistema-Padania” entro un nuovo ordinamento costituzionale coerente con i principi e le proposte politiche contenute nel “Patto d’Unione” e, conseguentemente, come possiamo far sì che questo nuovo ordinamento costituzionale e politico padano assicuri il massimo di libertà, di pace ed il massimo di sviluppo culturale, civile ed economico ai singoli cittadini coniugandolo con la piena attuazione di un’organizzazione costituzionale e politica che realizzi autonomia, sussidiarietà, sicurezza ed efficienza per tutte le Comunità territoriali?”. Dopo avere affermato - con gli atti ed i primi progetti del Libero Parlamento che ho richiamato - la priorità strategica di costruire la “Istituzione - Padania” per sorreggere e rafforzare tutte le potenzialità della “Comunità/Sistema-Padania” penso che occorra iniziare a precisare “come” assicurare sul piano del diritto questo processo di radicale passaggio dall’attuale ordinamento italiano alla nuova soggettività della Padania. Il problema è di come garantire alle Comunità padane - che sono territorialmente pluricentriche; culturalmente e socialmente pluraliste; politicamente poliarchiche, ossia portatrici di proprie originali ed autonome volontà politiche - quel dovuto e massimo sviluppo culturale, civile ed economico coniugato con la piena attuazione di un’organizzazione costituzionale e politica fondata su autogoverno, autodeterminazione, partecipazione, sussidiarietà, sicurezza ed efficienza per tutte le Comunità territoriali stesse. 6. Riflessioni e proposte per la transizione Per avviare un’azione rivolta a dare una risposta alla somma dei problemi indicati occorre porsi la questione generale che il Libero Parlamento della Padania non ha risolto, né era suo compito farlo: “Come attuare la transizione dall’attuale ordinamento italiano ad un modello diverso e che risponda ai principi ed agli inteAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ressi contenuti nel “Patto d’Unione ?”. E’ infatti evidente che essendo i Comuni, le Province e le Regioni che formano la Padania parte integrante dell’ordinamento della Repubblica Italiana è necessario elaborare un percorso costituzionalmente corretto e democraticamente legittimo per operare l’avvio di questa vera e propria transizione dal centralismo attuale alla riorganizzazione autonomistica e federativa dei poteri territoriali che nel loro insieme formano la Padania. Per contribuire a chiarire come si potrebbe risolvere questa questione richiamo di seguito a questo scritto i contenuti integrali della “Proposte di Legge Costituzionale d’iniziativa popolare” e che riguardano la piena attuazione dell’art.5 Costituzione ed una radicale riforma dell’intero Titolo V (Le Regioni, le Provincie, i Comuni), Parte II (Ordinamento della Repubblica), artt. 114 -133 della Costituzione. Si tratta di un disegno legislativo di portata costituzionale che investe e coinvolge tutte le autonomie comunali, provinciali e regionali e che prevede anche l’istituzione delle Provincie Autonome. Una progettualità per la transizione elaborata nell’ambito delle Provincie a maggioranza leghista e padanista di Bergamo e di Vicenza le quali hanno dato vita a due autentici “laboratori” di carattere scientifico e culturale oltre che politico ed istituzionale allo scopo di formulare una precisa risposta a taluni dei quesiti costituzionali che oltre mezzo secolo di democrazia incompleta non hanno mai né affrontato né risolto. La “Proposta di Legge” studiata sin dal 1997-1998 a Bergamo è stata formalizzata ed ha avuto il sostegno attivo di circa 70mila bergamaschi. Essa ha concluso il suo iter (Legge 25 maggio 1970,n.352) ed è stata assegnata in data 20 maggio 1999 alla Prima Commissione (Affari Costituzionali) del Senato come “Disegno di Legge Costituzionale n.3994”. La procedura popolare è, invece, ancora in corso a Vicenza (che l’ha avviato due anni dopo Bergamo) e, comunque, questa seconda “Proposta di Legge” è analoga a del citato “Disegno di Legge Costituzionale n.3994”. Specifiche relazioni e differenziati studi preliminari e di fattibilità sulla trasformazione dell’attuale sistema - che è autonomistico solo sulla carta ed embrionale sul piano istituzionale in un autentico ordinamento di autonomie finalizzate alla istituzione del federalismo padano sorreggono le due iniziative legislative di carattere costituzionale che, a pieno titolo, si inseriscono nella ormai vasta progettualità padanista; in particolare in quella elaborata in forme organiche e strategiche dal Libero Parlamento della Padania. Vi sono stati ampi consensi a questa proposta ma anche diversi dissensi. Mi sembra che tutto questo sia ovvio e logico giacché ogni progettualità per affermarsi deve procedere attraverso critiche ed aggiustamenti di prospettiva. Tuttavia poiché nei confronti di questa proposta mi sono assunto – e mi assumo naturalmente per il presente ed il futuro - l’intera ed esclusiva paternità dell’ideazione e della stesura (mentre per gli studi preparatori vi è stato un fervido quanto pluralista concorso di esperti e studiosi sia sotto il profilo scientifico che dei convincimenti politici) devo dire francamente che mi Quaderni Padani - 21 sembra sia stato limitativo parlare solo di “Province Autonome” giacché il “Disegno di Legge Costituzionale n.3994” se riguarda in forme molto innovative e riformatrici certamente le attuali Province, dedica tuttavia grande attenzione anche al ruolo ed ai poteri dei Comuni e, soprattutto, a quelli delle Regioni. Questo approccio è tipico della “ingegneria gradualista” della quale ho parlato in apertura di questo scritto (pf. 1.Una strategia per le riforme) perché parte dalla Costituzione vigente, dall’ordinamento di diritto del quale siamo pur sempre cittadini sovrani, per saggiare se essi sorreggano un’ipotesi fattibile “di transizione” ad un assetto autonomistico e di autogoverno delle Comunità territoriali fondato sul principio europeo della sussidiarietà. La risposta alla luce della normativa costituzionale non può che essere positiva. Considerando, inoltre, che questo processo ha tutte le caratteristiche di quella “democrazia ascendente” che costituisce uno dei postulati del libero sviluppo della vita civile e partecipata “alla padana” che sono stati disegnati dal Libero Parlamento, si può aggiungere che se esso non è ancora la realizzazione della “Padania –Istituzione” è, però, sicuramente una corretta e precisa prefigurazione di come la Padania potrà configurarsi liberamente e in forme federaliste al suo interno. Aggiungo che oggi una vera e propria elaborazione dottrinale riguardante questa forma di urgente transizione appare più che mai necessaria nel momento in cui è fuori discussione che la costruzione della “PadaniaIstituzione” avrà luogo unicamente in forme democratiche, legali e non - violente. Sul piano dottrinario - giuridico e su quello dell’indirizzo filosofico - politico è stato affermato innumerevoli volte nel corso dell’ultimo mezzo secolo che la Costituzione della Repubblica Italiana ha nel principio autonomistico generalizzato - solennemente affermato come fondamentale nell’articolo 5 della Costituzione - il suo essenziale e più originale connotato teorico ed il suo massimo e vincolante precetto normativo finalizzato a legittimare e rendere effettiva una incisiva e davvero radicale riforma dell’ordinamento e della stessa natura dello Stato. Questo principio caratterizza dal 1 gennaio 1948 la Carta costituzionale e politicamente, addirittura, contrappone il nuovo e diverso modello statuale in essa disegnato al centralismo che, come abbiamo visto, ha storicamente ispirato e dominato con continuità ininterrotta ogni fase della costruzione nazionale italiana e dei suoi sviluppi sin dal 1861. Il principio costituzionale “d’autonomia” non rappresenta, quindi, un generico e vago “indirizzo programmatico”, una dichiarazione propagandistica di buone intenzioni politiche, ma costituisce, invece, una norma primaria compiuta ed obbligante che non solo deve essere applicata a tutte le autonomie territoriali locali (regionali, provinciali e comunali) ma che deve avere anche piena vigenza per una parte considerevole delle attività e funzioni dello Stato sia sul piano legislativo che dell’organizzazione degli uffici e dei servizi. Il principio autonomistico, l’autonomia come la chiama la Costituzione, ha perciò contempora22 - Quaderni Padani neamente il connotato sia di un valore politico fondamentale che di una norma di carattere precettivo ,ossia immediatamente ed integralmente obbligante il legislatore ordinario (“il Parlamento”) che è sempre subordinato ai dettati costituzionali. Personalmente ritengo che ogni corrente (e ricorrente!) discorso di “ingegneria costituzionale” o, se si preferisce, di “tecnologia legislativa”, vuoi in materia di organizzazione dei poteri o, vuoi ancora di più, nella delicatissima materia della legislazione elettorale che materializza e rende possibile qualsiasi forma di “sovranità popolare”, sia allo stato della situazione politica ed istituzionale italiana una pura e semplice perdita di tempo. E’, infatti, ormai evidente ed acquisito alla comune consapevolezza che il sistema costituzionale della Repubblica è bloccato ed inattuato da mezzo secolo e che la Costituzione vera ed autenticamente vigente non è quella teorica e scritta bensì quella “materiale” , una costruzione incoerente, sgangherata e di puro potere, non fondata, quindi, sui valori ed i principi solennemente proclamati nella Costituzione “formale”. Questa “Costituzione materiale” alla fine nient’altro è se non l’eredità plumbea, conservatrice, immobilista che ci sta alle spalle; il retaggio dei tre falliti processi di “integrazione nazionale”. Data una simile situazione è conseguente che solo fortissimi, coraggiosi e costanti impulsi di discontinuità e di autentica frattura che procedano dal popolo - attraverso l’uso accorto e ben mirato dell’art.71,comma secondo Costituzione ( iniziativa legislativa diretta dei cittadini) - possono ormai ridare piena legittimità e senso compiuto e concreto all’impegno politico ormai declinante e ad un rinnovato interesse da parte dei cittadini alle cose pubbliche. Una simile azione di mobilitazione civile costante e vigile può concorrere sul piano delle idee (che alla fine sono più forti degli intrighi del potere) a contrastare il disastroso stato delle cose che ci sta alle spalle e quello che ci è ora sotto gli occhi. Vi sono nella Costituzione del 1948 pochissimi orientamenti e precetti che possano avviare una transizione urgente quanto necessaria dal “vecchio” che offende ed umilia al “nuovo” che apre alla speranza ed all’ottimismo della ragione e della volontà. Occorre saperli individuare ed usare contro un “sistema politico” ed un ordinamento costituzionale “materiale” che hanno ucciso la politica e si apprestano ora a fare la stessa cosa con le libertà. Ma la legalità vera è dalla parte di chi vuole riformare presto e bene, dalla parte del “Movimento” che ha per primario obiettivo la Padania ma che non trascura gli obiettivi tattici ed intermedi ; come le iniziative legislative popolari per la “devolution” secondo il “modello scozzese” e l’istituzione del Ministero per gli Affari Settentrionali. I citati “Progetti di legge” dei popoli bergamasco e vicentino - che si basano su quei pochissimi precetti della vigente Costituzione che abbiano in sé almeno una componente di libertà politica e di responsabilità individuale e comunitaria – indicano un percorso reale e possibile che, in ogni caso, il pluralismo istituzionale della Padania non potrà ignorare. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Saggio sulle costituzioni padane di Antonio Zòffili L a somma degli eventi che si sono avvicendati nel corso dei secoli riesce a definire il profilo storico di un Popolo e a condizionarne il destino. Per questo, è dovere del costituzionalista prendere innanzitutto in esame il susseguirsi delle umane vicende: sulla base di queste, e delle risultanti deduzioni connotative di genti e paesi, scriverà gli articoli della sua Carta. Ecco il punto di partenza per dare ad un Popolo una forma di Stato ed una forma di Governo che perfettamente gli convengano. Così ho fatto. Quanto ho scritto, quali che siano il suo valore e il suo peso, nasce dalla storia e tiene conto, umilmente, dei suoi ammaestramenti e della sua necessità in quanto “fondamento empirico di certezza, somma di esempi, scienza che a volte sembra si identifichi con la statistica”. Se avessi preteso di eludere questo passaggio obbligato, segnato dai sacrifici anche estremi di coloro che hanno perseguito il bene supremo della Libertà, avrei prodotto un documento pretenzioso e debole. In una parola, astorico. Il mio modello di Federazione, oltre ad essere profondamente diverso da quello confederativo, lo sopravanza. Questa convinzione si sostanzia in tre saldi presupposti: l’Unione, la Libertà e la Sovranità popolare, che, anzichè contrastarsi, si integrano e rafforzano vicendevolmente. L’Unione nasce da un’esigenza ineludibile: quella di conservare e difendere la Libertà e le singole autonomie. Ogni entità territoriale, dal Comune alla Nazione, trova nell’Unione il consolidamento della propria sovranità, la tutela dei propri interessi, la salvaguardia della propria identità e il rispetto delle proprie minoranze. Ciò avviene perchè l’Unione, nata dal basso e quindi dai singoli cittadini, ha una salda base sociale: nasce dal Popolo ed è del Popolo. “L’Unione non deve trasformare l’uno nell’altro, ma, per così dire, aprire dei passaggi dall’uno all’altro”. Ogni potere costituzionale, sia delle singole Nazioni che dell’Unione Federale Padana, deriva dalla Sovranità popolare (Art. 4, 1° paragrafo). Tutto il contrario dell’Unità, che, sempre imposta dall’alto e da una volontà politica, spiana la strada al centralismo. Proprio perchè intimamente coniugata con la Libertà, l’Unione, contemplando la facoltà di recedere, potrà non essere, necessariamente, perpetua. Nulla di negativo in questo concetto, che, confinato nella sfera delle possibilità, diventa secondo ogni logica deduzione - ipotetico o addirittuAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ra velleitario, stante la già declarata e incontrovertibile sinergia delle singole parti nel concorrere alla formazione di quell’organismo comune che, nato e alimentato dalle pluralità, ne rappresenta la più salda tutela. Gli ordinamenti federativi sono generalmente caratterizzati dall’essenzialità sia dello organismo comune che delle singole parti. Dal momento che l’organismo comune è costituito da tutte le parti, la facoltà di recedere dovrebbe depauperarlo del suo carattere essenziale e indispensabile. In effetti, ciò si verificherebbe soltanto parzialmente e con conseguenze assai minori per l’Unione che per l’entità secessionista. La prima conserverebbe, infatti, pressocchè intatta ogni sua valenza; la seconda, pur essendo strutturata secondo i principi della più completa autonomia (Artt. 3 e 4), semprechè intenzionata a conformarsi a detti principi, si vedrebbe privata dell’aiuto coordinato e collegiale dell’Ordinamento unionista in merito alle competenze di cui all’Art. 11. Si immagini un sintagma, inteso sia in un contesto letterario che militare, vale a dire come entità elementare sia di una frase che di un esercito: avulso dal suo contesto, perde, nel primo caso, molti dei suoi significati; nel secondo caso, rischia di soccombere, se determinato a combattere, o di finire, prigioniero o defezionista, nelle file avversarie. Prende forma così un concetto denso di coraggiosa e cosciente esaltazione, che fa capo a quella “Lega d’amicizia fraterna”, che, di fatto, potrebbe appropriarsi dei contenuti, delle finalità e finanche della denominazione della mia Carta costituzionale. In questo ambito compiutamente pattizio, e quindi federale, viene superato per pregnanza di significati lo stesso modello americano. E viene avallato come intimamente federativo un principio, quello della recessione, di per sé antitetico ad un ordinamento federale. La facoltà di recedere rende l’Unione ancora più sentita, più salda, in quanto la pervade di Libertà. Una Libertà sostenuta dal raziocinio e non dalla licenza, dalla volontà consapevole di un Popolo che ricorre all’ iniziativa referendaria in caso di recessione (Art.2), rifiutando di considerare questa scelta alla stessa stregua di un diritto “che non puo’essere sottoposto ad alcuna restrizione o eliminazione”. L’Art.6 della Costituzione confederale asserisce quest’ultimo concetto pur avendolo precedentemente smentito: come puo’infatti, una procedura, ancorchè non “rinforzata Quaderni Padani - 23 o aggravata” esimersi dal rispetto di ben precise regole? Il modello di Federazione è, come dicevo all’inizio, diverso e superiore rispetto al modello di Confederazione. Si può realizzare allorché coincidano due volontà solo apparentemente contrapposte: la volontà di Indipendenza e la volontà di Unione. Rappresenta la convergenza del pluralismo e dell’autonomia nell’Unione, intesa come tramite di rafforzamento reciproco grazie alla coordinata collegialità dei dispositivi ordinamentali. Occorreva ritrovare, tra tante diversità, un interesse comune, capace di chiamare a sé e riunire tutti gli uomini, in modo di formare una forza imponente. Se tutti abbiamo un interesse comune, la Libertà, il rinnovamento procederà solo per quel fine che accomuna tutti, e ognuno subordinerà il suo interesse particolare a quello generale, nella piena consapevolezza che da quest’ultimo dipenderà la piena realizzazione del primo. Sarebbe stato poco appagante e, comunque, restrittivo, agganciarsi a un patrimonio ideologico preesistente e cercare di risolvere l’urgenza drammatica delle nostre realtà con l’alchimia di formule desunte dalla molteplicità di consolidate correnti filosofiche, politiche ed economiche. Niente di tutto questo.Gli elementi, o meglio presupposti, dai quali sono partito - l’Unione, la Libertà e la Sovranità popolare - si impongono con la forza di un postulato: benchè ricorrenti nella storia dell’Umanità e in gran parte del pensiero filosofico, rivestono nella mia Carta significati nuovi e del tutto originali. L’Art.1, connettendo intimamente tra loro i tre elementi, sancisce un dato di fatto incontrovertibile. “La Padania è un Unione...”. Nulla di impositivo in questo esordio, bensì la libera volontà di Popoli sovrani di opporsi al dramma politico, alla catastrofe economica ed alla contaminazione etnica, volute da un regime centralista, che prima ha reso sudditi quei Popoli ed ora li vuole schiavi. “Roma è più forte di noi, perchè Roma è UNA e noi siamo MOLTI”. “Dobbiamo ricordarci della nostra storia e degli errori che i nostri Popoli hanno commesso in passato ... Fu la coscienza di essere divisi tra Popoli fratelli a far perdere il proprio orgoglio ai nostri antenati”. Oggi, la libera Unione è l’unico mezzo per non soccombere alle forze della mafia politica del meridionalismo e dell’Immigrazione. Come esplicitato nel Preambolo, i Popoli della Padania riconoscono l’urgente necessità di unirsi in nome del più alto significato della Libertà: Unione e Padania sono inscindibili. Si leva il vento di una sfida audace e determinata: un vento più impetuoso di quello che, nell’aprile del 1167, avvolse la Lega Lombarda, stabilita “con obbligarsi sotto forte giuramento di difendersi l’un Popolo l’altro”, ma limitata dall’ultima clausola: “salva tamen Imperatoris fidelitate”. Nella Carta confederale non si avverte l’immanenza del pericolo e il suo progressivo aggravarsi: i suoi 24 - Quaderni Padani Carlo Cattaneo contenuti meglio si adattano a una situazione di stabilità fluttuante o tale, comunque, da non stimolare l’impegno congiunto verso un fine supremo ma, piuttosto, la velleità delle singole entità comunitarie di fronteggiare gli eventi secondo il loro arbitrio nell’illusione di perseguire in tal modo la Libertà. Dal suo Art.1 traspare, infatti, la preoccupazione di esaltare al massimo grado la Libertà, condizionando, in certo qual modo, l’Unione con un attributo - “volontaria” - che apparirebbe del tutto pleonastico, in quanto naturalmente insito nelle connotazioni “libere e indipendenti” delle Comunità. L’effetto è, comunque, discordante: l’Unione ne esce sminuita e, conseguentemente, la Libertà non può che soffrirne. Ancora: il fatto di non identificare la Padania con la Confederazione ridimensiona la pregnanza sia dell’una che dell’altra, limitandone gli ambiti e le finalità. Siamo stati investiti di un compito: preparare uno strumento idoneo ed efficace, di pronto impiego per i momenti critici che stiamo vivendo. La Padania, mai come ora, deve riassumere in se’tutti i suoi requisiti, e soprattutto quelli politici al di là di quelli meramente geografici. Partire dal presupposto che non tutte le Comunità aderiscano al Patto non solo non giova alla validità ed alla credibilità del progetto, ma ciò che più conta- non deve indurre a pensare che la Padania sia altro se non quell’Unione di Comunità, o anche quell’unica Comunità il cui Popolo, per ragioni naturali, storiche, identitarie, etniche, politiche, culturali e socio-economiche abbia il coraggio e la determinazione di riscattarsi dall’attuale condizione di sudditanza. D’altra parte, come ho già detto, il nostro doveva essere un lavoro concreto e non un saggio accademico. In quest’ottica ho ritenuto di gran lunga preferibile evitare una visione di sapore idealistico o, comunque, non rapportata all’intrinseca “fisicità” della problematica, così come è e cosi come ci appare. Da tempo infinito s’è arpeggiato sul tema della Libertà. Moltissimi hanno la Libertà sulle labbra, molti la hanno nella testa, pochissimi nel cuore. La Libertà non può e non deve essere soltanto intesa come un qualcosa di talmente immenso da diventare incommensurabile e di così sublime da diventare invisibile e inconsistente, quindi, sovrannaturale: si rischierebAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 be di non poterla riempire di contenuti. E’questo il male più grande che s’accompagna ad una concezione troppo astratta della Libertà e che la toglie proprio mentre pretende di darla. La Libertà è veramente tale e, quindi, il maggiore in assoluto dei beni, in quanto può generare altri beni, come il civile consorzio, la buona amministrazione, il benessere sociale ed economico. I Popoli non sempre sanno cos’è la Libertà: imparano a conoscerla e ad amarla in quanto amano questi beni e a essi aspirano. E poichè appare chiaro che la Libertà non è un’idea bensì un sentimento, occorre farla assaporare ai popoli coi fatti e non tentare di dimostrarla ricorrendo ai teoremi. Ma il vero amore della Libertà non nasce soltanto dal desiderio dei beni che essa genera. Non sempre la Libertà s’accompagna al benessere, che, anzi, può non esserci o essere limitato, nelle fasi di transizione conseguenti a un governo dispotico. Un benessere che, sia pure in determinate contingenze, può essere garantito - per assurdo soltanto dal dispotismo. “Chi cerca nella Libertà altra cosa che la Libertà stessa è fatto per servire”. Il desiderio di Libertà sfugge ad ogni analisi: certi Popoli lo perseguono con ostinazione sopportando pericoli e miserie perchè lo considerano come il più prezioso dei beni. Altri Popoli lo cedono in cambio del benessere che la Libertà ha loro procurato: non sono più liberi perchè, sciagurati loro, hanno perso il desiderio di esserlo. Si tratta di un desiderio affascinante e sublime, che provano soltanto coloro che sono degni di riceverlo nei loro cuori. Incomprensibile per i pusillanimi e i mediocri, che mai l’hanno provato, nè mai lo proveranno. E c’è ancora da chiedersi da dove nasca, in quali sentimenti si radichi e da quali tragga vita quell’amore di Libertà che ha sempre spronato il genere umano alle più grandi imprese della storia. Non va confuso con quell’amore di Indipendenza, in genere poco durevole, di certi Popoli mal governati, che desiderano governarsi da sè: non si tratta di amore per la Libertà, ma soltanto di odio verso il despota. Al contrario, i Popoli nati per essere liberi odiano, nella loro intima essenza, i mali della servitù. Proprio alla stessa maniera che amano i beni della Libertà. Il concetto di “unanimità”, così come espresso nell’Art.5 della Carta confederale, mal si concilia con quello di Libertà. Com’è possibile che si rinvenga una “totale concordanza di idee, opinioni, aspirazioni, desideri e simili” in “quell’informe amalgama di qualche saggio e molti sciocchi”, che potrebbe essere designata a costituire un qualsiasi consesso? E se quel consesso fosse composto soltanto di saggi, costoro la penserebbero tutti allo stesso modo o non piuttosto in maniera ancor più discordante, in quanto addestrati alla consuetudine della critica e della discussione? Mi sia concessa una digressione storica, essenziale alla comprensione dei processi evolutivi del mio progetto. Farò riferimento all’America e al suo modello pluraliAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 stico di democrazia, nato dalla Rivoluzione del 1774 ed ispirato a quei principi troppe volte traditi, in seguito e sino ad oggi, nei confronti di altri Popoli. La clausola dell’unanimità, paralizzando qualsiasi decisione importante, rischiò di condurre al disastro ed al completo fallimento la Guerra d’Indipendenza americana (1774 - 1781). Nel 1780, si poteva credere che gli Inglesi fossero vittoriosi, tanto che, venuto a conoscenza dell’occupazione di New York, Horace Walpole così si esprimeva: “ Noi consideriamo l’America come ormai atterrata ai nostri piedi !”. La Confederazione era in preda al caos. Gli Stati non davano più alcun credito ad un Congresso Continentale che, ridotto all’impotenza, s’abbandonava nelle mani di intriganti e di politici settari. Le truppe, disgustate da un governo imbelle e senza fede, disertavano in massa. Fu soltanto grazie ai 25.000 Francesi di Rochambeau e di De Grasse, e non certo allo sparuto contingente di 7.000 Continentali, che il genio strategico di Washington, coadiuvato da La Fayette, riuscì a intrappolare Cornwallis a Yorktown e, costringendolo alla resa, a por fine vittoriosamente alla guerra. Ma una volta terminato lo sforzo militare, gli Americani rischiarono di venir travolti dal disordine e dall’anarchia. Il Congresso della Confederazione, privo di un vero e proprio potere, paralizzava tutte quelle decisioni che erano essenziali non solo allo sviluppo ma anche alla vita degli Stati. Sommosse, ammutinamenti e rivolte si susseguirono sino al 1788, anno di entrata in vigore della nuova Costituzione, integralmente rinnovata e di tipo federale. Si trattava di creare un Ordinamento governamentale sufficientemente forte per difendere e tutelare gli Stati, ma non così forte da sminuirne le rispettive autonomie: di far convergere, cioè, gli Stati con l’Unione. I Padri Fondatori, ispirati da Locke e da Montesquieu, riuscirono a realizzare questo straordinario progetto, creando, al di sopra degli Stati, che mantenevano la loro completa autonomia, un Ordinamento eletto dal Popolo ed espressione della sua sovranità. Contemplare l’unanimità nelle deliberazioni equivale ad ammettere una generalità e una omogeneità che mal s’accordano con la libera espressione del pensiero individuale. L’unanimità crea, inevitabilmente, l’uniformità e svaluta le minoranze, a difesa e a salvaguardia delle quali non sussisterebbe più alcun organismo autonomo ed indipendente. “La Libertà illimitata di contraddire e disapprovare è la condizione senza cui non potremo mai stabilire un’opinione sicura”. Pur di non arroccarmi sulle posizioni estreme di un individualismo reciso, ritengo a malapena accettabile - e soltanto perchè inevitabile e anche meno inibitrice della libera espressione- quella sorta di coercizione che viene esercitata secondo il criterio della maggioranza da ogni Governo liberale e democratico. Non sempre ci troviamo di fronte a verità matematiche, a Quaderni Padani - 25 proposito delle quali l’unanimità è scontata e ovvia. In ogni altra materia, dove possono - e devono- esistere opinioni divergenti, la verità “dipende dall’equilibrio che può stabilirsi tra diversi sistemi contraddittori”. Per non incorrere nel pericolo di creare l’uniformità che svaluta le minoranze e, in genere, ogni valenza identitaria, occorrono due requisiti indispensabili, la Libertà e la flessibilità dell’Ordinamento statuale, “dalla cui unione nascono il vigore individuale e la diversità multiforme che, combinati, creano l’originalità”. E veniamo, ora, all’Art.4 della Carta confederale, che così esordisce: “Le Nazioni sono depositarie dei poteri...” A titolo puramente accademico, l’entrare così decisamente nei diritti degli Stati membri configura una norma del più schietto Federalismo: in concreto, lascia campo libero a più di una critica. Innanzitutto, il principio di Nazione detentrice dei poteri non può non evocare quella “divinizzazione” della Nazione stessa e, per estensione, dello Stato, che fu l’obbiettivo principale del giacobinismo e, rispettivamente, dell’idealismo tedesco. “La Nazione può tutto da sola, ha il potere che avrebbe il genere umano, se una sola Nazione, un solo governo reggesse il mondo...la minoranza è sempre colpevole quand’anche abbia ragione moralmente”. Così si esprimeva, nel 1792, Rètif de la Bretonne, omuncolo di lettere e omuncolo politico. Troppo spesso un sistema politico piace non tanto perchè ritenuto vero e degno di fiducia, ma proprio perchè piace e, piacendo, seduce: ciò si verifica quando il suo primo imperativo è politico, quando esalta i diritti rispetto ai doveri e quando, infine non rappresenta una stimolo per la coscienza ma una lusinga per l’orgoglio. Desmoulins, “enfant terrible” della Rivoluzione francese, affermava: “La nostra Rivoluzione, puramente politica, ha le sue radici nell’egoismo e nell’amor proprio di ciascuno, dalla cui combinazione nasce l’interesse generale”. Il concetto di Nazione, ricorrente anche nell’Art.11 -e soltanto due volte nell’intera Carta confederale-, si contrappone a quello di Comunità, presente in ben dieci Articoli. E’inoltre collegato al concetto di potere. Ne deriverebbe, alquanto evidente, la volontà di enucleare dal contesto confederativo un’entità ben contraddistinta da connotazioni statuali diverse per consistenza e valenza aggregativa rispetto a quelle ascrivibili alle più volte nominate Comunità. Nella Carta federale, il concetto di Nazione, chiaramente definito nei primi due Articoli, è ricondotto, al di là dell’ètimo e nello spirito del “Patto d’Unione Fraterna”, a un complesso d’individui che hanno la coscienza di un patrimonio comune: nasce dal Popolo, così come “tutti i poteri costituzionali derivano dalla Sovranità del Popolo”. Inoltre, “ogni entità territoriale, dal Comune alla Nazione”...”detiene e conserva”, nell’ambito delle proprie competenze governamentali, una dignità e un’autonomia parita26 - Quaderni Padani rie nei confronti di qualsiasi altra Comunità e finanche dell’Unione Federale Padana. (Art.4). Appaiono, in quest’ultima enunciazione, compiutamente definiti i significati e le finalità insiti in una visione profondamente innovatrice e schiettamente pattizia del principio di sussidiarietà. Non vengono nemmeno sfiorati i concetti -peraltro spuri- di “esecutività” e di “cooperazione” del Federalismo germanico, che sottende la trasformazione dei Länder in entità gregarie o, comunque, vincolate da obblighi nei confronti dell’Unione; viene integrata e inequivocabilmente chiarita la visione, in proposito, del Trattato di Maastricht, che, nel 2° Comma del suo Art.3B, rischia di destrutturare le competenze delle entità territoriali, in ossequio ad un principio di utilità comunitaria. Ed è proprio dalla contrapposizione -e dallo scontrodi questi Articoli delle due Carte costituzionali, e dalla diversa derivazione e attribuzione dei “poteri”, che prende forma e consistenza il principio cardine della Sovranità popolare. Con alcune puntualizzazioni. Gli uomini di questo Popolo sovrano sono quelli, in carne e ossa, che vivono e lavorano in Padania : uomini pensanti e operanti e non entità metafisiche di un popolo immaginario partorito dalla Dea Ragione o plasmato dai totalitarismi del XX secolo. In nessuno dei tredici Articoli della Costituzione confederale è nominato il Popolo. Sono nominati i cittadini. Erroneo, ingenuo e non privo di pericolosità sarebbe il considerare un’unica sovranità: quella del cittadino. Un cittadino detentore di sovranità -e non disposto a cederla- è, secondo la logica più elementare, un potenziale tiranno. “Sappiate che voi siete dei re e più che dei re. Non sentite la sovranità che circola nelle vostre vene?”. Ecco un eloquente esempio dell’esiziale esaltazione giacobina, in stridente contrasto con la lucida ed armoniosa visione di Althusius, che, circa due secoli prima, così si esprimeva: “La Sovranità appartiene unicamente alla comunità del Popolo ed è inalienabile”. Un cittadino costretto o indotto a cedere la propria sovranità si sentirà sempre o decaduto o defraudato o sminuito. Nella migliore delle ipotesi, si sentirà scontento e disilluso. Tutto questo, nell’assenza di un’enunciazione doverosa e prioritaria in merito a un principio coagulativo: la Sovranità popolare. Non intesa, sia ben chiaro, come concezione astratta di un ideale ugualitario, come aspetto negativo di un valore meramente numerico, come “anonimato aritmetico di votanti, fonte meccanica e praticamente irresponsabile della legislazione e dell’attività politica di un paese” e, quindi, “cagione di impotenza, di incapacità costruttiva, che è germe fatalmente produttore di rinnovata tirannide”. L’Ordinamento federale realizza compiutamente la separazione dei tre Poteri - Legislativo, Esecutivo e Anno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Giurisdizionale- affidati, rispettivamente, al Congresso, al Direttorio, ai Giudici e ai Pubblici Ministeri eletti direttamente dal Popolo. Non altrettanto chiare appaiono le finalità del Consiglio e dell’Assemblea della Confederazione. Al primo, che dovrebbe configurare “l’Organismo direttivo”, e quindi esecutivo, vengono attribuite le funzioni elencate nell’Art.5, mentre la seconda sarebbe deputata ad emanare “regolamenti in ordine all’attuazione” delle funzioni suddette (Artt.5 e 11). Innanzitutto, trattandosi di una Confederazione, uno dei due Organismi apparirebbe superfluo. In secondo luogo, e pur volendo prescindere da una “schematica” divisione tra “Federazione” e “Confederazione”, non si comprende come a un Organismo direttivo possano essere attribuite “funzioni” in determinati ambiti (difesa, rapporti esteri, eccetera) sulla base di semplici “regolamenti” delegati all’Assemblea, che, in tal modo, non assurge alla dignità di un Organismo legislativo. E a ben vedere, inoltre, l’Organismo direttivo confederale non può non apparire “bicefalo”, costituito, com’è, dai “governatori” e dai “presidenti di tutte le Comunità confederate”. Il sovraccarico di mansioni, a livello di Comunità e di Confederazione, andrà inevitabilmente a discapito di un ottimale espletamento dellemedesime. Il Congresso dell’Unione Federale Padana è invece “competente ad esercitare funzioni legislative” in ben definite materie, elencate nell’Art.11. E non stupisca l’elevato numero delle materie in questione. Sarebbe assolutamente errato intravvedere, in un’attribuzione di tal fatta, un impoverimento dei poteri e delle sovranità delle Nazioni federate. Tutt’altro. L’elenco delle competenze affidate al Congresso federale, quale che sia la sua estensione, sta a significare un’espressione della libera volontà dei Popoli sovrani delle singole Nazioni. Quindi, anzichè partire dal presupposto che esistano ambiti riservati all’Ordinamento federale, sono partito dalla convinzione che esista una volontà di collaborazione e di aggregazione. Il grande risalto dato all’iniziativa referendaria e la flessibilità della Costituzione garantiscono lo strumento per poter ridimensionare, in ogni momento, le competenze e gli ambiti del Congresso. D’altro canto, è proprio la volontà di affrontare collegialmente il maggior numero possibile di problematiche a far sì che l’Unione si rafforzi e, assieme a essa, si consolidino l’autonomia, la Libertà e l’Indipendenza delle singole Nazioni. E quanto più grande sarà il numero degli impegni e delle responsabilità affrontati di comune accordo, tanto maggiori risulteranno la fiducia reciproca e la bontà dei risultati. Del resto, “tutti i poteri costituzionali derivano dalla Sovranità del Popolo”. Mentre la Commissione bicamerale romana era partita dallo Stato per arrivare ai Popoli, ho ritenuto di fare il percorso inverso. L’attenta lettura dell’Art.4 della mia Carta costituzionale fugherà Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 ogni benchè minimo dubbio in proposito. Immaginiamo un insieme di popolazioni irredente, che, sfuggite all’oppressione ed insediatesi finalmente nei loro territori d’origine, debbano affrontare l’urgenza delle necessità primarie e il pericolo delle aggressioni nemiche. Quale sarebbe il destino di quel nucleo di uomini che, da soli, volessero approvvigionarsi di acqua, di cibo e di quant’altro è indispensabile alla vita quotidiana, opponendosi alle insidie interne o, addirittura, affrontando, in condizioni di palese disparità, la minaccia incombente delle forze esterne? L’Art.14 della Carta federale definisce l’organizzazione popolare del sistema giudiziario: le cariche dei Giudici e dei Pubblici Ministeri saranno elettive, e, accanto al Magistrato, opererà una Giuria popolare. Nessun accenno, nella Costituzione confederale, a quest’argomento che riveste, oggi più che mai, una eccezionale importanza. Non a caso, infatti, è prevista la raccolta di firme per un Referendum popolare indetto dalla Lega Nord per l’Indipendenza della Padania e finalizzato all’elezione diretta, da parte del Popolo, dei Giudici e dei Pubblici Ministeri. In Italia lo Stato di diritto, se mai è esistito, oggi non esiste più. L’ha scardinato un esecutivo che legifera a colpi di decreti legge, decretazioni d’urgenza, deleghe commissionate...Centinaia negli ultimi mesi! E, tra questi, la sanatoria per i clandestini: trecentomila dei quali, anzichè trentottomila, sono diventati “ospiti regolari” dell’italica penisola. L’Art.12 della Costituzione confederale esprime un principio, quello del controllo di legittimità costituzionale, che, inesistente nelle Confederazioni, è prerogativa degli Stati federali e unitari. Anche a questo proposito, il rilievo non è puramente accademico: tende a sottolineare l’evidente dissonanza tra una sconfinata e incoercibile volontà libertaria e l’esigenza di una ben definita funzione ordinamentale intesa a garantire detta Libertà. Nelle “disposizioni generali” della mia Carta sono contenuti, oltre ai principi fondamentali a garanzia dei diritti e delle libertà individuali, anche le norme inerenti al rispetto delle connotazioni storiche, tradizionali ed identitarie dei Popoli padani. Aspetti, questi ultimi, che risaltano in tutta la loro evidenza anche nel Preambolo. La Libertà e l’Unione tutelano e valorizzano le nostre differenze. Le minoranze etnico-linguistiche di origine padana e le lingue storiche di ogni Popolo hanno dignità paritaria nei confronti, rispettivamente, dei Popoli delle altre Nazioni e della lingua ufficiale della Padania. Occorre far rivivere le nostre tradizioni e le nostre valenze identitarie, troppe volte obsolete e misconosciute, ancorchè saldamente radicate nel suolo padano. Perchè parlare di “Municipio”, il cui odioso significato -”munera accipio”- evoca inequivocabilmente la colonizzazione romana? Meglio, senza alcun dubbio, parlare di Comune. E,condizioni climatiche permettendo, perchè non convocare le sedute consiliari a Quaderni Padani - 27 cospetto del Popolo, nelle piazze, e le assemblee nelle aperte campagne, sull’esempio di quei Campi di Marzo e di Maggio longobardi, che diedero vita ai moderni Parlamenti? Sono queste le prime, pacifiche rivoluzioni da attuare in ogni Comune e in ogni territorio conquistato, dove il “Gastaldo” e il “Margravio” subentrano, di nome e di fatto, al Sindaco e al Presidente di Provincia e assicurano in via prioritaria - e contro la volontà dei governatori romani - casa e lavoro ai cittadini residenti. La Famiglia è considerata come il “nucleo costitutivo della Società padana”: una Società di Popoli che non recideranno mai le loro radici identitarie a favore di una società multirazziale, sostenuta e perseguita, anche con i mezzi atroci di una guerra economica, dai potentati mondiali. Proprietà, lavoro e iniziativa privata nell’impresa e nel mercato sono incentrati nella più schietta ottica liberale e anti-monopolistica. Locke per primo pose la proprietà accanto alla libertà personale come anteriore a qualsiasi organizzazione sociale, e dichiarò “liberty and property” due diritti originari dell’uomo, affidati dall’uomo allo Stato soltanto in custodia e quindi inattaccabili: furono così gettate le basi di quella dottrina economica puramente individualistica, che trova oggi, nelle versatili espressioni dell’operosa produttività padana, un tramite di efficace contrapposizione al mondialismo ed alla globalizzazione dei mercati. Oggi, le piccole e medie imprese non sempre riescono a sopravvivere, sul suolo della Padania, al cappio fiscale romano. L’esodo all’estero dei nostri imprenditori è imponente. Soltanto l’autonomia e l’autogoverno, con la conseguente congrua disponibilità delle entrate tributarie territoriali, così come descritto ed asseverato negli Artt.16 e 17 della Costituzione federale, può risolvere l’estrema gravità di questa problematica. E’ciò che si sta perseguendo nelle nostre Province padane, mediante la proposta di un Progetto di Legge di iniziativa popolare inteso a modificare il Titolo 5° della Costituzione in materia di autonomie provinciali e locali. Stiamo attraversando un periodo di transizione. Il sogno padano ha incontrato nella moneta unica europea il vero ostacolo alla sua realizzazione. Per ora, hanno prevalso gli interessi romani e delle grandi “holdings” europee e americane: una Padania libera e autonoma, finalmente sgravata dal problema meridionale grazie alla doppia moneta, sarebbe stata pericolosamente competitiva su qualsiasi mercato. Stiamo risalendo la china. La marcia in avanti è più faticosa, anche perchè le insidie sono molte. Alcuni si arrestano, altri passano nelle file avversarie. Non ci curiamo di loro: si tratta di individui che hanno considerato l’ideale alla stessa stregua di merce da baratto. Ma i più proseguono. Può accadere che ci si fermi o si arretri, ma solo per riprendere fiato e lena o per consolidare una posizione. 28 - Quaderni Padani Ora sappiamo che il percorso da seguire, pur arduo, è rettilineo e non ammette deviazioni. Si chiama “Questione Settentrionale”. Strada facendo, riconquistiamo il territorio e lo contrassegnamo con il frutto delle nostre libere istituzioni padane: amministrazione, scuola, lavoro, sanità... Non è solo la terra a fare la Padania. Tutto ciò che è materiale è assolutamente insufficiente: sta a noi aggiungere l’anima. Non bastano le tradizioni, le etnie, la lingua, la religione, il corso dei fiumi e la direzione delle montagne e delle colline: soltanto una grande aggregazione di uomini, sani di spirito e generosi di cuore, può creare quella coscienza morale che si chiama PADANIA. La Padania è un’anima, un principio spirituale: è il comune possesso di una ricca eredità di tradizioni, unito al desiderio di vivere insieme, di continuare a far valere l’eredità ricevuta. La Padania è il punto d’arrivo di un lungo passato di fatiche, di sacrifici e di dedizione: la si ama in proporzione ai sacrifici compiuti e ai mali sofferti assieme, proprio come la casa che si è costruita e che si lascia ai figli... Così come io amo questa mia modesta fatica, che, mi auguro, possa un giorno non lontano tutelare la Padania, casa di tutti noi. BIBLIOGRAFIA E RIFERIMENTI VARI • J. Locke, Epistola de Tolerantia, Awnsham e J.Churchill, London, 1689. • C.S. de Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, N. Conti, Firenze, 1821. • R.Haym, W.Von Humboldt. Lebensbild und charakteristik, Berlin, I856; rist.1965. •H.D. Thoreau, “Disobbedienza civile” da The writings of H.D. Thoreau, Boston, 1906. • V.Cuoco, Scritti vari, Cortese e Nicolini, Bari, 1924. • A. 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Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Intervista ad Alessandro Storti di Enrico Cernuschi D a poco più di un anno si sono di fatto chiusi i lavori del Parlamento della Padania. Con la storica seduta del 12 luglio 1998, infatti, l’Assemblea di Chignolo Po ha approvato i due testi definitivi di costituzioni, la Carta Federale e quella Confederale. Da quel giorno le porte del castello pavese non si sono più aperte, nè altre lo hanno fatto per ospitare nuove sedute. Neppure il prato di Pontida, sede di una delle ultime riunioni, tenutasi il 31 maggio ‘98, ha più accolto i deputati padani. In effetti il Parlamento verde è praticamente scomparso dalle cronache politiche. L’esperienza di Chignolo è stata dunque una meteora? Che ne è stato dei due testi costituzionali? Cosa è rimasto di quei nove mesi che sconvolsero, almeno un po’, la Padania? Siamo andati a parlare di questo e altro ancora con Alessandro Storti, deputato padano eletto nelle file dei liberali libertari ed estensore della Costituzione Confederale. Cominciamo dall’inizio. Come si arrivò alla stesura e alla successiva approvazione di due differenti testi costituzionali? L’idea di produrre due Carte non fu preordinata fin dalla partenza dei lavori. Anzi, la decisione venne presa per caso. Andiamo in ordine. Con le sedute iniziali, quelle della fine del ‘97, il Parlamento elesse al suo interno sei comitati che si sarebbero dovuti occupare ciascuno dell’approfondimento di determinate tematiche. Contestualmente, la nomina da parte della Presidenza di una Commissione TecnicoScientifica, esterna all’Assemblea, avrebbe permesso di giungere ad una sintesi dei lavori dei singoli Comitati, al fine di produrre un testo costituzionale unico da sottoporre poi al parere del Parlamento. Questo era il cammino delineato in principio. Tuttavia tale percorso si incagliò all’inizio della primavera, non appena il progetto definitivo della Commissione Tecnico Scientifica, presieduta dal Professor Albertoni, venne presentato all’Assemblea. Il testo, incentrato sulle provincie come unità politiche minime da federare, non fu in effetti di gradimento dell’aula, che di fatto lo respinse. In questa sede non è possibile sviscerare i motivi di quella scelta, anche se si può dire, con buona probabilità, che la proposta della Commissione fu interpretata, da parte di molti deputati, come una imposizione o, almeno, Anno V, N. 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 come una costituzione preconfezionata, non attenta ai contributi sviluppati dai singoli comitati parlamentari. Un giudizio simile non si discostava molto dalla realtà, almeno per quanto riguardava gli orientamenti scaturiti dal mio Comitato di appartenenza. Ma per quale motivo si decise di stendere due diverse costituzioni? Lo “sdoppiamento” venne a seguito di un intervento di Umberto Bossi. L’ingombrante segretario della Lega Nord, utilizzando come sempre la tribuna del Parlamento come palco per comizi personali, decise di intervenire anche a proposito del testo costituzionale elaborato dalla Commissione Tecnico Scientifica. Bossi, per una volta davvero utile alla causa del Parlamento, bloccò l’iter altrimenti “blindato” della Carta piovuta dall’alto. Il leader leghista parlò della necessità di arrivare a due alternative, l’Unione di Popoli e l’Unione di Nazioni. In verità Bossi mi diede l’idea di non saper bene ciò di cui parlava. In effetti i termini da lui utilizzati erano logori e vecchi, assolutamente inadeguati alle nuove teorie del federalismo, rappresentate dal pensiero di teorici del calibro di Elazar e Miglio e, in generale, dalla cosiddetta scuola neofederalista. E’ molto probabile, comunque, che Bossi avesse deciso di introdurre nel dibattito la distinzione popoli/nazioni per questioni politiche interne alla Lega Nord. In effetti lo sdoppiamento venne repentinamente interpretato come lo strumento per incanalare le latenti tensioni fra Liga Veneta da una parte e Lega Nord dall’altra. Una costituzione in cui si fosse fatto riferimento alle nazioni si sarebbe dovuta meglio adeguare a una situazione di maggior autonomia fra le leghe federate nel partito di Via Bellerio. Una Carta che, al contrario, si fosse fondata sui popoli, avrebbe forse rappresentato una Padania più unitaria e quindi, di riflesso, una Lega maggiormente incentrata sulla segreteria federale piuttosto che su una ampia autonomia decisionale delle singole componenti nazionali. Evidentemente si tratta di distinzioni che lasciano un po’ il tempo che trovano, e che soprattutto dimostrano quanto malauguratamente venissero sovrapposti piani che si sarebbero assolutamente dovuti lasciare distinti: il partito politico secessionista padano maggiormente rappresentativo da un lato e un’Assemblea di tipo parlamentare autoeletta e aperta a tutti dall’altro. Quaderni Padani - 29 I testi partoriti dal Parlamento della Padania parlano però di “federazione” e di “confederazione”... E’ così. Dopo la bocciatura da parte di Bossi della bozza prodotta dalla Commissione TecnicoScientifica, il Parlamento si indirizzò decisamente verso la strada del doppio testo. La distinzione proposta dal segretario leghista venne però prontamente reinterpretata in quella, più facilmente intellegibile da parte di tutti, di “federazione”/”confederazione”. Una distinzione che lei ha in più occasioni dichiarato di non condividere... Sì. Se parlare di popoli e nazioni voleva dire, in termini giuridici, parlare pi˘ o meno del sesso degli angeli, la situazione non mutava di molto con la nuova distinzione. Qui però è bene aprire una parentesi, affinchè il discorso sia chiaro e comprensibile. E dico subito che bisogna fare un piccolo sforzo per togliersi alcune convinzioni preconcette, retaggio di un vecchio modo di interpretare lo Stato. La distinzione fra federazione e confederazione è il frutto di una visione teorica distorta che ha voluto definire il fenomeno federativo come una forma dello Stato unitario. Secondo tale approccio si definisce “federazione” un’entità statuale unica all’interno della quale è possibile distinguere sottoentità dotate di un grado consistente di autonomia in vari campi dell’intervento pubblico. Di contro, con l’espressione “confederazione” si suole indicare un soggetto politico di tipo comunitario fondato su di un patto o legame reciproco fra entità statuali che rimangono distinte e, soprattutto, indipendenti. In concreto il problema principale che una siffatta teoria pretende così di risolvere è quello della secessione. Secondo i fautori di questa impostazione teorica, infatti, il diritto di secessione potrebbe certamente essere riconosciuto soltanto alle comunità (stati) facenti parte di una confederazione, dovendosi invece usare altri criteri nel caso una richiesta di distacco sorgesse all’interno di una regione facente parte di una “federazione”. Secondo alcuni, addirittura, il diritto di recesso da una unione federale è inesistente tout court. Ciò significa che la secessione può avvenire solo di fatto o comunque prevalentemente con atti di natura politica non giuridicamente e proceduralmente riconducibili al patto federale che si vuole sciogliere. La scuola neofederalista, a cui ho accennato in precedenza, respinge recisamente distinzioni di questo tipo. Secondo i più autorevoli studiosi un patto o è federale o non lo è. Punto e basta. Ed è proprio il diritto di secedere e di affrancarsi dal patto stesso che fa da cartina di tornasole per valutare la natura autenticamente federale o meno di una unione che tale dir si voglia. Fermiamoci un istante, Storti. Lei dice che, in sostanza, non può esistere una distinzione teorica fra confederazione e federazione. Almeno non se entrambe presentano caratteristiche autenticamen30 - Quaderni Padani te federali. Eppure lei è stato proprio l’estensore di una delle due costituzioni partorite dal Parlamento della Padania. Vuole forse dirci che non vi è alcuna differenza fra la “bozza Storti” e la “bozza Zoffili”? Certamente no. Fra il testo confederale e quello federale esistono profondissime differenze, sia formali che sostanziali. Tali distanze mi portano a dire, con assoluta tranquillità, che soltanto la Costituzione che io ho avuto l’onore di redigere è definibile come autenticamente federale. Ritengo infatti che il testo elaborato dal collega Zoffili non possa essere realmente rappresentativo di una coerente impostazione federalista del progetto padanista. Da cosa nasce un giudizio così severo nei confronti della Costituzione federale di Chignolo Po? Perchè essa solo nominalmente può essere definita “federale” secondo lei? La sua domanda ci riporta necessariamente a quanto si stava dicendo precedentemente a proposito dei caratteri che differenziano una costituzione federale autentica da una che tale non è (pur definendosi tale comunque, anche se a questo punto soltanto su un piano meramente nominale). Abbiamo detto che il diritto di secessione è il principale discrimine. Non è un caso che nel testo di Zoffili la possibilità di secedere sia limitata (e non si tratta della versione più restrittiva, poichè altre peggiorative erano state prefigurate, a riprova di uno spirito non autenticamente federalista diffuso fra i promotori della opzione cosiddetta federale). Tuttavia non è certo solo per questo aspetto che mi sento di definire non federale il testo approvato dal Parlamento. In generale è tutto l’impianto della costituzione in oggetto a evidenziare caratteri di tipo centralista. In primo luogo la Carta non viene definita come contratto aperto fra indefinite comunità, bensì come patto già chiuso e prestabilito fra “nazioni” preventivamente individuate e classificate. Ciò denota che alla base della Costituzione pseudofederale di Chignolo Po vi è una visione di tipo organicista e vagamente giacobina (etnicisti e statalisti nella storia si trovano spesso, quasi sempre, anche se passando per differenti sentieri). Che senso ha dire che la Padania è una Unione Federale fra Lombardia, Veneto, eccetera, quando è impossibile sapere preventivamente quali aree di tali regioni sarebbero pronte ad aderire concretamente alla federazione padana? In secondo luogo la Costituzione di Zoffili ripropone acriticamente l’impostazione sociale dello Stato. Si parla di diritto alla salute, di diritto all’istruzione, di riconoscimento del diritto di culto (“L’Unione Federale Padana consente...”). Insomma, siamo in presenza di una entità politica che si attribuisce la facoltà di entrare nella vita dei singoli individui per “garantire” e “promuovere”: il tutto, naturalmente, con leggi e tasse. La falsa federazione disegnata da Zoffili èsostenuta da un folto gruppo di deputati (e mi è parso anche da chi Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Thomas Jefferson ha “diretto” - o tentato di dirigere il Parlamento) ripropone, sostanzialmente, il vecchio Stato nazionale basato sul nefasto principio della sovranità, ovvero sul potere di governare coercitivamente una popolazione risiedente sul territorio che è fisicamente controllato dal Governo stesso. Lei sembra essere molto critico nei confronti del riconoscimento dei diritti sociali in ambito costituzionale. Io sono fermamente contrario all’intervento di qualsiasi potere pubblico nell’ambito della vita sociale. In una parola sono contrario allo Stato, in quanto struttura che pretende di programmare e regolamentare l’esistenza di cittadini singoli e comunità in virtù della sola forza militare che possiede, grazie alla quale controlla il territorio su cui quei cittadini e quelle comunità risiedono. Lo Stato che siamo abituati a conoscere non nasce dal consenso, bensì dalla forza. I servizi che offre non sono il frutto di una contrattazione, bensì della scelta unilaterale dei governanti. Le regole che pone non provengono da accordi fra tutti i partecipanti, bensì dalla volontà di una maggioranza che inevitabilmente tende a opprimere una minoranza. La Costituzione che ho scritto parte proprio dall’idea di superare questa vecchia impostazione. Si prevedeva addirittura di far firmare la Costituzione come un contratto a ogni singolo cittadino che volesse aderire alla Confederazione padana. Questa splendida idea, elaborata dal giurista Guglielmo Piombini, non è stata purtroppo sufficientemente approfondita in ambito parlamentare, anche per il colpevole silenzio che la Presidenza dell’Assemblea e la Commissione Tecnico Scientifica hanno calato sulla maggioranza dei documenti discussi in seno al Comitato Permanente A, brillantemente diretto dal deputato Papadia e dai suoi vice Rossetto, Cantù e Gastaldi - mi perdoneranno gli altri colleghi per non averli citati ma occorrerebbe troppo spazio, quindi mi limito a coloro che hanno ricoperto incarichi direttivi -. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Per tornare alla Costituzione non-federale di Chignolo Po, va detto che le innumerevoli competenze qualificanti lasciate all’intervento degli organismi centrali testimoniano, in ultima istanza, la natura profondamente non contrattuale del testo elaborato da Zoffili. Il fatto che la Carta sia modificabile a maggioranza e non all’unanimità dimostra proprio che non si è voluto predisporre un contratto, bensì una normale vecchia costituzione in cui il popolo è uno (quello padano e non quelli delle singole comunità aderenti al patto federale), la legge è una (la legittimazione finale proviene dal centro, non vi è vera concorrenza istituzionale), la “nazione” è una. Secondo la Costituzione non-federale di Zoffili, Formentini, Gnutti e Leoni potrebbe verificarsi una vicenda di questo tipo: il Veneto chiede, poniamo nel 2005, la secessione e non la ottiene poichè “soltanto” il 55% degli = elettori si è espresso favorevolmente; il Veneto si ripropone di chiedere una seconda volta il distacco ma deve aspettare il 2008 (tre anni) per indire un nuovo referendum; nel frattempo, però, la Costituzione viene modificata (anno 2006), con referendum generale indetto in tutta la Padania, in senso più centralista: l’articolo che permette la secessione viene eliminato dalla Costituzione... Inutile dire che a questo referendum i Veneti hanno votato al 90% NO. Torniamo alla questione dei due testi. Finora lei ha cercato di spiegarci perchè il dualismo federalismo/confederalismo è fittizio. Eppure lei stesso ha accettato di stendere la Costituzione confederale in contrapposizione a quella federale. Ci siamo forse persi qualche passaggio? La decisione di accettare la inesistente distinzione teorica proposta dalla Presidenza del Parlamento e votata dagli stessi deputati è scaturita da alcune semplici considerazioni. Perchè, per prima cosa, avrei dovuto rifiutare la possibilità di dare un contributo tanto importante, pur non condividendo l’impostazione teorica del progetto? Agendo come ho agito, ho potuto mettere la mia firma su un testo che mantiene comunque il suo valore simbolico, nonostante la triste “chiusura” del Parlamento. Inoltre, e questo è forse il motivo principale che mi ha portato ad accettare l’incarico di redigere la Carta confederale, ho ritenuto utile sfruttare l’opportunità fornita dall’Assemblea di poter elaborare una vera costituzione di stampo federalista. Credo che, con il senno di poi, Bossi e la Presidenza del Parlamento non avrebbero certo acconsentito all’idea di produrre due testi. Avrebbero molto probabilmente preferito avere una Costituzione sola, naturalmente molto simile a quella votata dai gruppi di Formentini, Gnutti e Leoni o a quella elaborata dalla Commissione Tecnico Scientifica. Non per il valore “rivoluzionario” di quei testi, che reputo scarso, bensì per evitare che in seno al Parlamento sorgesse un vero dibattito e, con esso, inevitabili distanze fra singoli deputati. La mia scelta di accettare il dualismo, che io stesso ho inizialmente osteggiato per le ragioni teoriche precedentemente Quaderni Padani - 31 esposte, si è rivelata vincente. Grazie al sostegno di tanti coraggiosi e intelligenti colleghi, sono riuscito a spaccare i gruppi preconfezionati all’interno dell’Assemblea creando l’unica vera “frattura” che avesse senso: liberali libertari e sinceri autonomisti contro statalisti di varia estrazione. Naturalmente fra i molti che hanno sostenuto la Costituzione di Zoffili vi sono anche persone che sarebbero potute tranquillamente appartenere al primo gruppo. Tuttavia le poche possibilità concrete di dibattito e i ristretti tempi imposti dalla Presidenza, oltre ad una certa dose di prudenza presente in alcuni, hanno impedito che attorno al testo confederale (cioè autenticamente federale) si riunissero più deputati. Ho considerato un successo coinvolgere la maggioranza dei veneti e un gran numero di altri indipendentisti: pare che un autorevole persona con incarichi di grande responsabilità all’interno del Parlamento abbia detto che il testo confederale ha causato la scissione fra Liga Veneta e Lega Nord. Inoltre penso che, all’alba della deriva nazionalsocialista del maggior partito (ex) secessionista padano, la Carta confederale abbia dimostrato come non esista soltanto un separatismo etnicista e veteronazionalista, ma anche uno fortemente antistatalista, liberale e libertario, vicino in sostanza agli ideali politici racchiusi nei testi del costituzionalismo americano, e in ispecie nel Bill of Rights jeffersoniano. A questo punto poco importa l’aver dovuto “subire” la falsa distinzione Federazione/Confederazione: chi ha letto i testi sa che quello confederale significa vero autogoverno e vera libertà. In una parola, vero federalismo. Che cosa può dirci in conclusione dell’esperienza del Parlamento della Padania? La ritiene ormai definitivamente conclusa o pensa che ci sia ancora spazio per questa istituzione sui generis? Mi pare che si possano elencare alcuni fatti. Innanzitutto il Parlamento ha spaventato moltissimo il sistema politico e istituzionale italiano. Non sono soltanto gli anatemi e le minacce precedenti al 26 ottobre 1997 a dimostrarlo. Il silenzio dei massmedia e delle forze politiche in generale ha di fatto circondato, dopo il suo insediamento, l’assemblea di Chignolo Po. Le poche cronache e gli scarni commenti si sono concentrati prevalentemente sulle sortite di Bossi, quasi sempre relative a vicende politiche del tutto estranee ai lavori del Parlamento. La stampa e gli intellettuali non hanno mai cercato di indagare sulle profonde differenze esistenti fra i vari gruppi di deputati; se un lavoro del genere fosse stato fatto, il mondo dell’autonomismo e del secessionismo padano avrebbe riservato minori sorprese. E’ un fatto certo che le spaccature che hanno segnato l’ultimo anno erano tutte ben presenti nel Parlamento della Padania ed è un fatto altrettanto certo che l’affossamento sostanziale dell’Assemblea pavese è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. 32 - Quaderni Padani Mi sento di dire, in conclusione, che il Parlamento della Padania è stata un’arma potenzialmente formidabile ma utilizzata nel modo peggiore da chi ha preteso di maneggiarla in via esclusiva. Oggi purtroppo non vedo spazi di movimento per un’istituzione tanto originale. Soprattutto perchè ha prevalso un’idea di Padania di tipo organicista (etnie, popoli, tradizioni, eccetera) e non consensuale e volontaria. In sostanza, secondo me e secondo i miei amici libertari, la Padania avrebbe potuto esistere anche con la proclamazione di indipendenza e secessione dallo Stato italiano di una sola vallata bergamasca; la Padania sarebbe automaticamente divenuta una piccola America nel Vecchio Continente, cioè un Paese che si forma progressivamente, contrattualmente e sulla base di istanze antagoniste nei confronti dello Stato e dell’intervento pubblico di qualsiasi potere governativo. Sfortunatamente le cose non sono andate così e all’interno del movimento autonomista ha avuto indubbiamente la meglio una visione di tipo ottocentesco, tendente a interpretare la Padania come un altro Stato nazionale, magari anche federale a parole, ma di fatto basato sulle classiche strutture istituzionali che ben conosciamo. Vuole dire che fra le due Costituzioni ha “vinto” quella federale e con essa lo schieramento che all’interno del Parlamento l’ha sostenuta? Non esattamente. Mi sembra che le due Carte non siano state più di tanto prese in considerazione, nonostante i discorsi retorici dei “gestori” dell’Assemblea. Certo, quando parlo di una Padania vecchio stile la vedo ben riprodotta nel testo costituzionale cosiddetto federale. Ma penso che la “pigrizia teorica” manifestatasi nella difficoltà a confrontarsi con un nuovo modo di interpretare i rapporti fra individui e istituzioni pubbliche, fra società e Stato, sia qualcosa di molto diffuso sia nella popolazione padana che nella militanza politica autonomista di ogni livello. Un’ultima domanda. Cosa c’è nel suo futuro politico? Intendo abbandonare la politica attiva. Credo di aver dato abbastanza ai miei concittadini. Mi pare che nei padani prevalga sempre un utilitarismo miope e masochistico. Le vicende storiche che vanno dal Risorgimento al fascismo sono quanto mai esemplari. Che dire ad esempio del fatto che verso la fine dell’Ottocento i milanesi (e non solo loro) chiedevano la secessione dall’Italia e la costituzione di uno Stato di Milano e poi, nel giro di 20 anni, erano diventati tutti, o quasi, fascistissimi? I nostri concittadini hanno un grosso problema: non sanno mai conquistarsi la libertà e tenerla con le proprie mani; preferiscono piuttosto ricorrere a padroni sempre più distanti che facciano tacere l’odiato vicino. 150 anni fa Lombardi e Piemontesi hanno costruito l’Italia, per poi ritrovarsi prefetti e burocrazie meridionali in Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 casa. Fino a qualche mese fa la stragrande maggioranza dei padani nutriva fiducia cieca nel processo di unificazione europea; le direttive e gli altri regali dei tecnocrati di Bruxelles stanno già risvegliando qualche coscienza. Resta comunque l’ONU da trasformare in Stato mondiale... Dunque per me che ho come più grande sogno quello di avere due figli che siano cittadini americani, i padani sono ancora troppo europei. E non ho intenzione di perdere altro tempo con chi sa solo sbattere la testa contro il muro, senza per giunta trarne insegnamento. La libertà ce la si conquista innanzitutto singolarmente e nel privato quotidiano, come sanno fare Padovan e gli impavidi della Life. Non servono partiti per distribuire posti di lavoro parassitari, ma associazioni di difesa per liberarci dallo Stato. Ogni centimetro di proprietà liberata dall’invadenza statale e dei Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 poteri pubblici è prezioso. Non servono grandi progetti se la vita quotidiana è resa di giorno in giorno più difficile dalla presenza di leggi, tasse e burocrati. Non ha alcun senso rivolgere la propria attenzione a grandi e invisibili (e forse inesistenti) nemici quando il primo vero torturatore è fra noi, protetto da cariche, divise, armi, caserme e leggi, che gli danno il diritto di controllarci, espropriarci e terrorizzarci. Non vuol dir nulla conquistare cariche pubbliche se poi esse servono soltanto per aumentare il numero delle norme e il livello della tassazione, come hanno finora fatto regolarmente un gran numero di sindaci e deputati leghisti. Lo Stato è il nemico, il potere pubblico è il nemico, e non lo si può abbattere occupandolo. O almeno non solo occupandolo. Ma questa è un’altra storia. Quaderni Padani - 33 Perché anche in Padania è necessaria una Dichiarazione dei Diritti di Carlo Stagnaro “Non chiederti quello che può fare lo Stato per te, chiediti che cosa lo Stato ti sta facendo”, David Friedman Introduzione: la Dichiarazione di Indipendenza Gli Stati, per loro stessa natura, tendono sempre ad ingrandirsi e ad estendere i propri ambiti di competenza, fino ad arrivare a livelli inauditi di intromissione nella vita privata dei cittadini: è questo, ad esempio, il caso dell’Italia, che quanto a “elefantiasi burocratica” non è molto distante dall’Unione Sovietica dei tempi d’oro. In Italia è regolamentato, pianificato e tassato praticamente tutto, dal numero di negozi di uno stesso tipo che possono esserci in una città alle dimensioni dei sanitari, dall’utilizzo del territorio alle transazioni commerciali, fino ad arrivare a situazioni paradossali come l’IVA su merci prodotte da aziende statali (in sostanza lo stato “tassa se stesso”). Di questo pericolo si era già accorto, due secoli orsono, Thomas Jefferson, teorico liberale e padre della Rivoluzione Americana. A dire il vero, delle concrete minacce poste dallo Stato alle libertà individuali aveva già parlato, tra gli altri, John Locke, che per primo teorizzava in maniera organica - tanto da essere universalmente considerato il padre del liberalismo classico - l’esistenza di diritti naturali inviolabili e la non – divinità dei governi: questi non erano, secondo Locke, istituzioni “calate dall’alto” e quindi inevitabili, come si credeva, ma piuttosto nascevano da un “patto sociale” tra cittadini che accettavano di delegare alcune proprie libertà a rappresentanti comuni preposti alla loro tutela. Ma Jefferson per primo tolse queste argomentazioni da un ambito strettamente filosofico e ne fece la base della propria teoria politica, con tutto quello che una tale scelta poteva comportare. Fu così, da una simile applicazione della teoria alla prassi, che nacque la Dichiarazione di Indipendenza americana del 1776, vero e proprio vademecum per ogni sincero liberale: nella Dichiarazione vengono infatti fissati in maniera chiara e sintetica tutta una serie di paletti che lo Stato non può oltrepassare, e la cui violazione da parte della monarchia inglese concede piena legittimità alla rivolta delle tredici colonie. Natan Schachner, uno dei tanti biografi di Jefferson, in un suo scritto afferma che “dal punto di 34 - Quaderni Padani vista letterario, dell’articolazione strutturale, della cadenza concatenata, e anche come ricettacolo di frasi magiche ed immortali che bruciano nella mente e cantano nel cuore, la Dichiarazione d’indipendenza non ha eguali nella storia politica dell’umanità”. In effetti il saggista ha perfettamente centrato la sostanza della Dichiarazione, e ne ha chiaramente messo in luce l’enorme portata ed importanza: essa costituisce, al di là del proprio significato contingente, un esempio per gli indipendentisti di tutto il globo. Si spiega così anche l’importanza che le hanno assegnato, tra gli altri, i secessionisti padani allorché, in occasione della manifestazione sul Po, l’hanno presa a modello e ne hanno seguito la falsariga nello stendere la Dichiarazione di Indipendenza della Padania (Venezia, 15 settembre 1996) che addirittura ne cita quasi parola per parola la chiusura. Ma lo stato maggiore della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania (principale movimento indipendentista padano) non si è fatto promotore della sola Dichiarazione: ha anche appoggiato l’insediamento di un Governo Provvisorio (autoconvocato e supportato tra l’altro dalla liberamente espressa volontà di oltre un milione di cittadini padani, in aperta violazione di alcune vetuste normative di legge, retaggio dell’epoca fascista, tuttora vigenti) e la promulgazione di una Carta dei Diritti (cfr. Appendice A). E’ fondamentale quindi capire l’importanza di quest’ultima che, oltre a costituire un ottimo punto di partenza per la costruzione delle future istituzioni padane, concede ai secessionisti una formidabile arma nei confronti del centralismo italiano: se giustamente pubblicizzata, infatti, non potrà non mettere ogni cittadino padano (padanista o no) di fronte all’alternativa tra una Padania culla della libertà e l’Italia che oggi conosciamo e – ahimè! – viviamo, alla quale paghiamo le tasse e dalla quale riceviamo solo servizi scadenti e costosissimi. Verranno affrontati quindi in questo scritto due ordini di problemi: in primo luogo l’importanza di avere una Dichiarazione dei Diritti; in secondo luogo si tenterà di proporre alcuni emendamenti alla prima stesura del Bill of Rights padano, che chi scrive giudica in alcune sue parti troppo generico o retorico. L’esempio che ci proponiamo di seguire è, naturalmente, quello americano. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Sulla necessità di una Dichiarazione dei Diritti Tanto per cominciare, è necessario sgombrare il campo da eventuali equivoci: la Dichiarazione dei Diritti, di per sé, non ha nulla a che fare con la Costituzione, non si colloca cioè in una posizione conflittuale (salvo alcuni casi che vedremo più avanti): possiamo al massimo considerarla una sua integrazione. Mentre il compito della Costituzione è infatti quello di stabilire, a grandi linee, l’ordinamento giuridico - istituzionale dello Stato e quindi tratteggiarne la forma e le dimensioni, alla Dichiarazione dei Diritti spetta essenzialmente l’onere di elencare una serie di principi ritenuti inviolabili: principi che cioè non possono essere negati o modificati dalla legge, e a cui la legge stessa deve necessariamente ispirarsi. In parole povere potremmo affermare che, se la Costituzione è l’atto pratico di nascita di uno Stato nonché la sua legge fondamentale, la Dichiarazione ne è la premessa teorica. Compito fondamentale di una Dichiarazione è poi quello di limitare l’ambito di azione dei diversi poteri dello Stato: ciò che assume una particolare importanza per quanto riguarda la Magistratura. Questa è infatti un corpo giuridico di grande peso e, soprattutto, dalla funzione molto delicata: la Magistratura, a parità di leggi ordinarie, può essere tanto uno strumento di libertà quanto uno strumento di tortura. E’ pertanto necessario stabilire dei chiari paletti al suo operato, pur salvaguardandone l’indipendenza e la reale possibilità di agire: sicuramente una garanzia del suo buon lavoro ci viene da una sua elezione Dichiarazione di indipendenza americana Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 popolare, in maniera tale da slegarla il più possibile dal potere politico. Un’altra garanzia, però, viene da una vera istituzionalizzazione di quello che gli Anglosassoni chiamano “habeas corpus”, sistema questo che, prima ancora che dalla giurisprudenza, deve essere recepito come principio. Spetta alla Dichiarazione dei Diritti fornire una chiave per dirimere tutta una serie di conflitti oggettivi che si potrebbero venire a creare tra lo Stato e il popolo: stabilire ad esempio quando e a che condizioni è lecito che il popoli eserciti un’azione di disobbedienza civile, di boicottaggio ai danni dello Stato, finanche ribellioni e rivoluzioni: solo così infatti è possibile incanalare malumori e proteste in una via risoluta ma pacifica, evitare cioè per quanto possibile (ovvero ridurre al minimo la probabilità) scontri frontali tra la società e lo Stato. Supponiamo ad esempio che una larga maggioranza dei cittadini sia contraria all’intervento in una determinata guerra: se a nulla valessero le prevedibili manifestazioni di dissenso nei confronti della politica governativa, quale via potrebbe essere migliore di uno sciopero fiscale? Viste queste prerogative della Dichiarazione dei Diritti, è naturale stabilire una scala gerarchica che la collochi nel punto più alto, seguita dalla Costituzione e infine dalle leggi ordinarie e preceduta solo dal Diritto naturale, cioè dalla sacra sfera che racchiude l’individuo. In quest’ottica diviene più chiaro il precedente riferimento ad una possibile “conflittualità” tra due di questi tre documenti: se ad esempio la Costituzione o la legge ordinaria violassero i dettami della Dichiarazione, diverrebbero immediatamente illegittime e andrebbero considerate nulle o inesistenti dai cittadini. Analogamente, qualora la Dichiarazione violasse il Diritto naturale degli individui sarebbe essa stessa inaccettabile: è questa però un’ipotesi assai remota, visto che per propria stessa natura una Dichiarazione dei Diritti deve istituzionalizzare ciò che, prima ancora della filosofia politica o della giurisprudenza, è il buon senso a identificare come “sacro” (ad esempio “la vita, la libertà, la proprietà”, ovvero la triade posta alla base del pensiero liberale). Altro compito fondamentale della Dichiarazione, dopo quello di elencare i diritti, è stabilire una via, seppur generica, per tutelarli: il Bill of Rights, ad esempio, tra le altre cose sostiene che “non si dovranno esigere cauzioni eccessivamente onerose, né imporre ammende altrettanto onerose, né infliggere pene crudeli e inconsuete” (art. 8) e quindi fornire un’indicazione di massima al legislatore. La Dichiarazione dei Diritti, in altre parole, costituisce un costante punto di riferimento per ogni aspetto che riguardi la vita pubblica dei cittadini e la gestione dei cosiddetti beni comuni: oltre ad affermazioni di principio (in positivo) deve contenere anche prescrizioni (in negativo) relative a comportamenti o metodi ritenuti illegittimi. E’ poi necessario, al momento della sua stesura, Quaderni Padani - 35 distinguere con chiarezza tra diritti e valori: tanto i primi sono universali e inviolabili quanto i secondi sono una presa di posizione individuale e arbitraria; tanto ha senso parlare di “diritti collettivi” (nel senso di “estendibili ad ogni membro della comunità”) quanto è platealmente sbagliato ritenere collettivi i valori. Le applicazioni pratiche di un simile ineludibile principio sono infinite: basti qui prendere in considerazione un esempio ricavato dalla negativa esperienza dell’Italia unita. Lo Stato italiano fin dalla sua nascita ha avuto l’idea malsana di “proteggere” il mercato interno con innumerevoli dazi, balzelli e agevolazioni: tutto questo con l’unico scopo di garantire ai produttori “nazionali” un certo margine di sicurezza. In altre parole si è anteposto alla naturalità del libero mercato il presunto interesse “nazionale” identificato nell’esigenza di favorire le industrie “italiane” (una concezione, questa, tra l’altro amplificata enormemente dal folle nazionalismo fascista ed ereditata tranquillamente dall’Italia repubblicana). In definitiva si è negato il diritto al libero scambio in nome del valore, peraltro falso, dell’unità d’Italia e dell’italianità delle merci. Il risultato è stato, a fronte di un iniziale ed effimero aumento della produzione, la nascita di gruppi monopolistici finanziati dallo Stato - cioè con i nostri soldi - , il declino di una vera concorrenza e, in sostanza, abbiamo ricevuto un servizio scadente a prezzo maggiorato: ciò che accade inevitabilmente ogni volta che lo Stato tenta di allargare le proprie competenze e i propri compiti. Abbiamo quindi ottenuto una diminuzione del “potere sociale” e un corrispondente aumento del “potere statale”, o, ciò che è lo stesso, una crescita dei “mezzi politici” a scapito dei “mezzi economici” La Dichiarazione dei diritti, dunque, deve contenere semplicemente ciò che la teoria politica, la ragione e il comune buon senso ci suggeriscono essere diritti e non prese di posizione personali ; l’esperienza suggerisce che è necessario, indispensabile e doveroso partire dalla nota triade “vita, libertà e proprietà” che sta alla base di ogni vero liberalismo. Proposte operative Si è visto che alla Dichiarazione dei Diritti spetta l’oneroso compito di fissare una serie di principi ineludibili - “universalizzabili”, cioè validi ovunque, per chiunque, in qualunque situazione - mentre la Costituzione deve fornire un pur sommario modello di organizzazione statale (forma di Stato e di Governo, elenco delle competenze e dei poteri riservati ai vari livelli e ai diversi organi dello Stato). Come accennato, inoltre, pare valida la triade canonica del liberalismo: si propone qui, allora, di dare alla Dichiarazione dei Diritti una struttura “pentapartita”, in cui a un primo articolo più generale (in cui si fissi, appunto, l’intenzione di tutelare “la vita, la libertà, la proprietà”) seguano tre gruppi dedicati ognuno a un termine diverso più alcune enunciazioni di vario genere. In altre parole vi saranno alcune proposizioni relative alla vita, altre relative alla libertà, altre anco36 - Quaderni Padani ra relative alla proprietà: raccoglieremo la breve trattazione di questo paragrafo in una bozza organica, riportata nell’Appendice C. Il “diritto alla vita”, ovviamente, è il più facile da trattare. Sarà sufficiente pertanto affermare l’assoluta potestà di ognuno sul proprio corpo e, quindi, dichiarare la totale illegittimità di ogni azione volta a privare un cittadino della vita o comunque a menomarlo. Risulta evidente, allora, che in una Padania realmente liberale non potrà esserci spazio per la pena di morte o per la tortura e che, parallelamente, andrà punito con la massima durezza chi eventualmente si rendesse colpevole di simili efferati delitti . Ben più ampia, invece, dovrà essere la sezione dedicata alla “libertà”, visti i molteplici significati e implicazioni che la parola riveste. Sulla scia dei coloni americani, è giusto in primo luogo stabilire l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge: in particolare, non è immaginabile che lo Stato stabilisca arbitrariamente una religione, un credo o una filosofia “ufficiale” con l’effetto di discriminare i credenti in altre dottrine o gli atei. Lo stesso vale per la lingua: a tale scopo può risultare utile - anche se può apparire un sofisma - non fissare una lingua “ufficiale” della Padania, ma piuttosto conferire, ad esempio all’Italiano e all’Inglese, lo status di “lingue franche” . E’ inoltre necessario porre dei limiti all’azione della magistratura: è ancora una volta alla Dichiarazione americana che dobbiamo ispirarci (art. 4) nella regolamentazione di istituti come la carcerazione preventiva e le perquisizioni personali che, ovviamente, comportano una violazione della privacy e della proprietà dei cittadini. Naturalmente queste limitazioni sono valide fino alla condanna con sentenza definitiva dell’individuo in questione. Va inoltre garantito ad ogni cittadino di essere giudicato da una giuria slegata da ogni tipo di indirizzo politico (e quindi elettiva) e soprattutto competente sul “distretto” in cui il presunto reato è stato commesso - si tratta in sostanza dell’istituzione di “giudici naturali”. A metà strada tra la libertà e la proprietà, poi, è il diritto di ogni cittadino a detenere armi destinate alla legittima difesa. Solo così, tra l’altro, è possibile minimizzare il rischio di colpi di stato da parte dell’esercito o, in generale, delle forze armate; il fatto di possedere armi, inoltre, garantisce ai cittadini una maggiore sicurezza personale, una accresciuta capacità di difendersi (che rientra nel diritto all’autodifesa, cioè all’uso della violenza non aggressiva in caso di necessità) e costituisce un deterrente nei confronti del crimine. Un’ultima argomentazione a favore della “liberalizzazione degli armamenti” - sicuramente improntata ad una visione utilitarista, ma pur sempre valida e suggestiva - è che, creando un più ampio mercato per i fabbricanti di armi, si toglie un cavallo di battaglia ai sostenitori di un sempre maggiore investimento statale in materiale bellico con la scusa di “garantire posti di lavoro”. E’ indispensabile, poi, un articolo in cui si sancisca l’inviolabilità - quasi la “sacralità” - della proprietà Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 privata: nessuno ha alcun diritto di estorcere ad altri ciò che legittimamente è loro. In particolare, lo Stato stesso non può vantare il diritto di imporre senza criterio nuove tasse e balzelli, anche perché - e ricadiamo una seconda volta nell’utilitarismo - una troppo onerosa pressione fiscale porta inevitabilmente a un ristagno economico . Infine bisognerebbe dare spazio a tre articoli, slegati dalla “vita, libertà e proprietà” ma pur sempre di notevole importanza: si tratta di pronunciamenti relativi all’autogoverno delle comunità locali (come dall’art. 10 dell’attuale Dichiarazione padana), all’inviolabilità dei diritti naturali e alla suddivisione dei compiti (artt. 9 e 10 della Dichiarazione americana). Si vuole in altre parole garantire, sostanzialmente, ai comuni di gestire liberamente le proprie risorse (evitando il perverso meccanismo della redistribuzione che oggi è alla base della gestione economica dello Stato italiano) in maniera tale da permettere ai cittadini un reale controllo sulle tasse versata: ciò che equivale a quello che impropriamente è chiamato oggi “federalismo fiscale” . Non si può inoltre permettere che i vari organi dello Stato “aggirino” alcune enunciazioni della Dichiarazione o della Costituzione relative ai diritti (civili ed economici) aggrappandosi a qualche cavillo della legge o a una superiore “ragion di Stato”. Va infine chiarito fin da subito (“patti chiari amicizia lunga” recita l’antico adagio: e, guarda caso, quello federale è proprio un patto) che tutto ciò che non è esplicita competenza di un livello amministrativo spetta al livello più basso, secondo un’immaginaria piramide rovesciata sulla cui punta c’è, con pochissime competenze, lo Stato centrale e alla cui base è posta la sovranità dei singoli individui. Conclusione: la Padania che sarà Oggi abbiamo di fronte a noi due strade: possiamo decidere di costruire una Padania liberale, rispettosa dell’individuo e dei suoi diritti, oppure possiamo dare luogo a istituzioni nuovamente “italione”, a una burocrazia elefantiaca e naturalmente portata a tollerare, permettere o addirittura agevolare ogni sorta di crimine. La storia ha già provveduto a fornirci numerosi esempi del fallimento del nazi - comunismo : diversamente il liberalismo (intendendo per “liberali” Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 tutti quei pensatori favorevoli da un lato alla “società aperta” - leggi al libero mercato - e dall’altro a una forte limitazione, da compiersi soprattutto tramite la suddivisione, dei poteri statali) ha saputo, laddove è stato recepito, dimostrare la propria bontà. Inoltre gli strati sociali che principalmente appoggiano il progetto padanista (artigiani, lavoratori dipendenti, imprenditori: in una sola parola, i produttori) hanno tutto l’interesse ad auspicare una sempre più ampia apertura dei mercati e sembrano assai più agguerriti di quello che si crede nell’affrontare la cosiddetta sfida della globalizzazione. Pare inoltre, nonostante i “colti” discorsi degli intellettuali al soldo di Roma, che abbiano perfettamente compreso la propria posizione e che si aspettino proprio dalla Padania quella concreta libertà che all’Italia hanno a più riprese chiesto ma che non hanno mai ottenuto. A giudicare da tutto ciò, dunque, la Padania si candida a entrare nell’albo d’oro del liberalismo: non a caso uno dei politici europei più apprezzati a nord della linea gotica è il britannico Tony Blair che, con le proprie iniziative sulla devolution, sta imprimendo al proprio paese una forte spinta nella direzione della libertà. Aprendo una parentesi, non è casuale neppure che la Gran Bretagna, con abile gioco diplomatico, si sia tenuta ben lontana dall’unificazione monetaria dell’Unione Europea: questa sembra infatti sempre più aspirare alla creazione di un macro - Stato in tutto simile, salvo nelle dimensioni, ai vetusti Stati nazionali la cui dissoluzione è ormai prossima. Anche la Padania, allora, dovrà saper evitare le sirene di Maastricht, ovvero dovrà sapersi adeguare alle reali esigenze dei popoli che l’hanno costruita nei secoli e che oggi ne reclamano l’indipendenza e non potrà in alcun modo eluderne la volontà aderendo a quel baluardo di statalismo selvaggio che è l’Europa. Ma la Padania potrà fare tutto ciò, e soprattutto potrà avere gli anticorpi necessari ad evitare nuove dosi di centralismo, solo se si saprà dotare di una Costituzione agile, veloce e liberale, se avrà il coraggio di restituire ai privati tutto ciò - denaro, possedimenti e competenze - di cui la Repubblica Italiana li ha defraudati e se porrà alla propria base una Dichiarazione dei Diritti a tutela di quei limiti invalicabili che si chiamano diritti naturali. Quaderni Padani - 37 Proposte per uno statuto etnonazionalista padano di Flavio Grisolia Premessa Ogni ipotesi d’architettura costituzionale, ha di per sè scarsa rilievo, se prima non mette in chiaro il concetto di diritto su cui intende basarsi. Una qualsivoglia forma di stato non può, infatti, prescindere da un precedente retroterra giuridico, che in un certo senso la giustifichi e le dia legittimità. Termini come federalismo e sussidiarietà, o ancor peggio giustizia e libertà, sono totalmente vuoti di ogni significato, se non appare con chiarezza quali siano i reali soggetti cui fanno riferimento. Mi spiego meglio: dire che l’uomo deve essere governato con giustizia e deve vivere in libertà, in una società basata su criteri di sussidiarietà, suonerà forse bene alle orecchie di molti, ma in realtà non è che aria fritta, che da diverso tempo, effluvia dalle bocche di politicanti d’ogni ordine e colore. Il punto è che ormai è praticamente scontato rifarsi a quello che, di fatto, è divenuto il sostrato comune di tutti gli stati definiti “moderni”: vale dire il “Diritto romano”, su cui poi sono stati innestati i principi illuministi delle rivoluzioni americana e francese e i loro conseguenti sviluppi giuridici, sino a giungere ai giorni nostri. Si tratta in sostanza di un sistema che basandosi formalmente sull’individuo, in pratica poi è in grado di creare organismi dotati di un potere illimitato, al di fuori di ogni legge che non sia emanata naturalmente da loro stessi. Lo stato inteso quindi come fonte positiva di ogni diritto, che solo in quanto codificato può essere riconosciuto. A chi obietta che il problema si risolva passando dal centralismo al federalismo, non posso che rispondere che senza cambiare l’origine giuridica del tutto, ci si limiterà a riprodurre a livello locale ciò che già esisteva su scala maggiore. L’esperienza delle regioni in Italia, ha già causato da più parti, accuse di neocentralismo e questo nonostante il limitatissimo potere decisionale che esse hanno; nè servirebbe molto scendere come dimensione, a causa dei pressanti legami economici oggi imperanti. Bisogna in sostanza capire cosa si vuol ottenere, comprendere dove stia realmente il problema. Volere ad esempio la Padania o comunque una piena indipendenza, in regioni autonome e che hanno in termini economici da Roma più di quanto diano, come la Val d’Aosta, il Trentino-Sud Tirolo e il Friuli-Venezia Giulia, esprime a mio avviso un malessere più profondo di chi si accontenterebbe in fondo, di pagare solo meno tasse e avere qualche servizio in più. 38 - Quaderni Padani Vi è poi chi nel nome di un indefinito anarco-liberismo, pretenderebbe di risolvere il problema delegando ogni potere ai singoli, abolendo totalmente lo stato e dando cos” origine ad una società dove a dominare sarebbe solo il potere economico e dove ogni valore sarebbe inevitabilmente annientato, fermo restando solo il diritto del più forte e del più cinico egoismo. Esasperazione in questo caso di quegli stessi principi illuministi, che pure sono stati alla base dello stato-nazione centralista, che si vorrebbe in questo modo eliminare. Non resta perciò che invertire totalmente la rotta che nel corso degli ultimi duecento anni ci ha portati all’attuale deriva. E’ assolutamente necessario che la storia dei popoli europei riprenda il percorso grazie al quale, il nostro continente era giunto alle più alte mete di civiltà materiale e spirituale. Per la Padania questo significa il recupero di quelle tradizioni prerisorgimentali e preilluministiche, che l’avevano elevata ad essere l’area più ricca sia materialmente che culturalmente d’Europa. Tutto ciò non nè utopia nè oscurantismo: nessuno dice di rifiutare il progresso tecnologico, anzi, la questione è data dall’uso che di esso attualmente si fa, non certo di un suo utilizzo. Per millenni e millenni, le famiglie, le comunità, i popoli, sono stati i soggetti di ogni forma di diritto, i re stessi, che pure vantavano prerogative divine, li avevano come referenti e nemmeno la svolta assolutista, che precede di poco più di un secolo la Rivoluzione francese, osò mai cambiare rotta e toccare usi e consuetudini o gli istituti tradizionali che li rappresentavano. Cosa che invece sarà sistematicamente fatta dagli stati-nazione postrivoluzionari, tra i quali anche l’Italia. Anzi si può dire che il processo di soppressione di ogni forma residua di tradizione sociale, si chiuda proprio con la “democratica “Repubblica italiana, che completerà cos” l’opera iniziata nel secolo scorso. Nel fare ciò lo Stato italiano, troverà un inaspettato alleato nella gerarchia ecclesiastica, che infiltrata sino ai massimi vertici da massoni, col concilio Vaticano II° riuscirà a stravolgere completamente la posizione della Chiesa cattolica, riducendola ad essere un semplice aggregato al servizio del potere mondialista. La partitocrazia Nell’attuale dibattito, atto a recuperare un’originale identità velata da striscianti compromessi, nessuna Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 voce si è sinora levata a chiedere un perentorio ritorno alla lotta alla partitocrazia, componente fondante e vincente dell’azione politica della Lega dei primordi. I partiti sono, infatti, come ha recentemente avuto modo di confermare il presidente Ciampi, il vero piedistallo di questo stato, autentici portatori d’acqua al centralismo romano da cui ricavano prebende e potere. Non ha senso parlare di sovranità popolare, quando questa si esprime solo attraverso un voto che non è che una cambiale in bianco firmata ad un partito. Si dirà che anche la Lega è un partito: vero solo in parte, perchè essa è nella realtà il Movimento che necessariamente ha dovuto strutturarsi, per fronteggiare proprio lo strapotere dei partiti romani. La visione federalista di cui la Lega è portatrice può benissimo prescindere dai partiti, riuscendo nel contempo a sviluppare un livello di democrazia sconosciuto a tutti gli stati-nazione figli del giacobinismo. E’ questo un concetto la cui elaborazione va avviata nel nostro pensare-agire politico. Non si tratta qui di fare complicate architetture costituzionali, ma semplicemente di portare il potere decisionale più in basso possibile, giù sino al naturale allargamento dei gruppi familiari, vale a dire le comunità territoriali storiche, di cui è ricca la Padania. Al contrario i partiti spostano il potere decisionale all’interno delle loro segreterie e i compromessi che operano tra loro per governare, sono essenzialmente fatti, non per il bene della comunità, ma in difesa degli interessi particolari che essi rappresentano. Caduto, infatti, il velo succinto della contrapposizione ideologica, essi non han potuto non mostrarsi nella ripugnante nudità di portatori del pensiero unico dell’omologazione mondialista. Anche chi a parole come Rifondazione Comunista, dice di essere contro i poteri forti dell’alta finanza, nella realtà persegue la stessa logica internazionalista, basata su un economicismo tecnocratico. Non la Lega, in cui sola sopravvive l’autentico animo dei Popoli padani e la loro civiltà, antica come l’uomo: il detto diffuso per cui tutti i partiti sono uguali, è quindi sacrosanto. Non esiste e forse non è realmente mai esistita una contrapposizione destrasinistra, ma piuttosto tra gli stati-nazione centralisti e i popoli che avevano nella tradizione e non nelle ideologie post-illuministe, il loro comune sentire. Se, infatti, analizziamo sotto quest’ottica gli ultimi duecento anni, ci accorgiamo che tutte le guerre hanno quale unico movente la distruzione delle identità tradizionali, a favore di nuove entità statuali disorganiche rispetto alle realtà etniche del territorio. L’ideologia, liberale o socialista che sia, aveva e in parte ha ancora il compito di coagulo di genti spesso lontanissime per cultura, storia e religione. Questo è quanto è avvenuto con la nascita dello stato italiano e questo è lo sporco gioco per cui sono praticamente nati i partiti moderni. Falso pensare che queste associazioni, che spesso hanno assunto l’aspetto di quelle “a delinquere”, siano alla base della democrazia. Quest’ultima, infatti, non è certo figlia delle rivoluAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 zioni di fine settecento (americana e francese), ma appartiene al corredo genetico dei nostri popoli. Per accertarsene basterebbe andare a leggersi uno dei tanti statuti medioevali delle comunità padane e si avrebbe cos” la dimostrazione di come ci si debba muovere nel reale interesse comune e non nel nome di astratti principi, che in ultima analisi vanno a ledere l’identità stessa delle nostre genti, senza aggiungere, anzi togliendo quelle libertà che da sempre, permettevano la salvaguardia dei più deboli nei confronti dello strapotere economico e quindi anche politico, dei più ricchi. La convinzione tra i Padani che il bene generale debba prevalere sugli interessi del singolo, non nasce comunque nel Medioevo, ma ha origini ben più antiche: uno studio molto conosciuto tra gli addetti ai lavori di G.D.Serra, ha esaurientemente dimostrato ad esempio la continuità nei millenni degli antichi centri rurali, là dove l’organizzazione cittadina romana non aveva cancellato ogni traccia di quella precedente a base etnica. Una testimonianza diretta del forte senso comunitario dei nostri antenati, ci viene dalla Tavola del Polcevera o Sententia Minuciorum, una lamina bronzea del 117 a.C., che riporta un verdetto a proposito di una controversia tra Genuati e Viturii, per la contesa di un territorio a nord di Genova. In essa traspare chiaro come l’occupazione romana in atto da circa un secolo, non avesse affatto intaccato gli antichi costumi e come tutto era inteso in modo identitario ed estremamente democratico, tanto che gli stessi legati liguri inviati a Roma, dopo essere stati eletti da entrambe le tribù (il termine in questo caso non è forse il più appropriato) non avevano alcun potere decisionale e si limitavano a riportare quanto ascoltato ai rispettivi consigli. Tornando ai giorni nostri, mi sembra quindi evidente come una forza rivoluzionaria, ma forse sarebbe più esatto dire controrivoluzionaria, come la Lega, non possa certo far derivare la sua visione politica proprio dal mondo che si è prefissa di combattere e distruggere, ma debba invece ricercare nella storia e soprattutto nella Tradizione dei Popoli che rappresenta, le armi di un pensiero sempre attuale, nemico mortale di ogni ideologia contemporanea e di ogni forma di omologazione. Sarebbe perciò un grave errore riprodurre tra noi il sistema partitico, strumento come abbiamo visto di conservazione dell’oppressione, usato proprio per distruggere la Lega: le recenti elezioni hanno chiaramente dimostrato quanto sia perniciosa per il nostro Movimento ogni forma di collaborazione con Roma-Polo o Roma-Ulivo. Ritroviamo la strada di casa “Avevamo perso la strada di casa, ma l’abbiamo ritrovata in tempo, prima che fosse troppo tardi.” E’ questa una frase pronunciata da Bossi qualche anno fa e che rispecchia fedelmente il percorso di una ritrovata identità, prima che questa fosse definitivamente cancellata da un lavaggio dei cervelli ultrasecolare e da immigrazioni sconsiderate. Intendiamoci Quaderni Padani - 39 Immagine allegorica del Patto del Grütli ci troviamo solo all’inizio del percorso e la meta è ancora distante: su ciò non vi deve essere alcuna illusione, cos” come dobbiamo convincerci che il prezzo da pagare sarà quanto mai salato; in ogni caso però ci siamo e da qui nessuno potrà toglierci. Nulla può proibirci di sognare e immaginare come sarà la futura Padania; certamente repubblica federale diranno tutti, non avendo in realtà la minima idea di cosa e chi si andrà a federare. A ciò in molti risponderebbero indicando le regioni, quasi che esse stesse non siano frutto di una visione antistorica e non rispettosa delle diverse identità dei nostri territori. Il “regionalismo” è, infatti, da sempre una delle armi usate dall’Italia contro la Lega e va quindi reso inoffensivo, proprio partendo da quelle stesse motivazioni che vorrebbero dargli fiato. Bisogna in sostanza ricominciare tutto il discorso da capo, iniziando da quelli che erano gli istituti fondanti del diritto dei nostri antenati: la famiglia e la comunità, intendendo quest’ultima, come un normale allargamento della prima. Dobbiamo quindi porre entrambe come referenti giuridici base per ogni nostra proposta di organizzazione territoriale e non partire dal territorio, per poi giungere ai singoli, come l’ideologia giacobina vorrebbe imporci. Questa concezione è in ogni caso purtroppo, penetrata in profondità tra la nostra gente, comprese le teste di tanti leghisti, che forse in buonafede non comprendono l’enorme danno di una tale scelta. La nostra cultura, quindi tutta la nostra tradizione, in parole povere la nostra identità è inscindibile da questo binomio. Noi siamo il frutto del percorso ultramillenario di comunità territoriali, perlopiù rurali, che nella continuità hanno sviluppato usi e costumi propri e quindi valori, trasmessi dai genitori ai figli 40 - Quaderni Padani senza soluzione, valori nella maggioranza dei casi ancora vivi solo pochi decenni orsono. Detto questo mi par già di sentire la scontatissima obiezione: “Con tutte le immigrazioni che ci sono state e ancora sono in atto, non è più possibile ricollegarsi alla tradizione e alle identità locali.” Sbagliato, poichè certi valori non hanno limiti temporali, ma sono eterni e noi non dobbiamo far altro che andare a riprenderceli; anche perchè, specialmente nelle campagne non tutta la tradizione, vale a dire la visione del mondo propria delle comunità locali, è andata persa. Mi riferisco quindi, non certo a del semplice folclore, ma a un qualcosa che si basa sull’esperienza di generazioni e generazioni e che si è sviluppato nel corso dei millenni, frutto essenzialmente del rapporto tra uomo e territorio e dell’equilibrio raggiunto in tal senso. Si tratta di un percorso indubbiamente molto difficile da identificare nel caos contemporaneo, tanto che non si può certo affermare che esso sia stato chiaramente individuato da buona parte dei vertici del Movimento, coi risultati che tutti sappiamo. Non è perciò dai grandi centri che potrà partire la riscossa dei Popoli padani, ma da quei paesi o villaggi, dove ancora aleggia un po’ del loro antico spirito: a noi il compito di ritrovarlo. Si tratta di impostare in maniera mirata, una sorta di rivoluzione culturale, che interesserà per primi noi stessi. In ciò comunque sarà indispensabile affidarci a chi in merito, ha già fatto più strada di noi ed ha perciò le idee più chiare, andando cos” a individuare una sorta di gerarchia culturale in parte già formatasi. In questa fase, infatti, è quantomai necessario ideologizzare in un certo senso, la tradizione e ciò non è indubbiamente alla portata di tutti, meno che mai di politicanti da “carrega”. Saranno proprio queste guide culturali, che col tempo dovranno andare a costituire l’ossatura portante del gruppo dirigente leghista, semprechè alle parole sappiano poi far seguire i fatti. Senza questo fondamentale passaggio, nè la Lega, nè nessun altra forza politica, sarà in grado di garantire vera libertà e indipendenza alla Padania. A livello di ricerca pratica, risulta assolutamente fondamentale, lo studio degli antichi statuti medievali delle nostre comunità: in essi troveremo molte risposte alle domande, di come debba realmente essere impostato un sistema locale, che voglia coniugare democraticamente interessi privati e sociali, avendo comunque sempre alla base, i referenti giuridici citati. Capiremo da ciò, che il bene di ogni famiglia può essere subordinato solo a quello più vasto della comunità, mentre i singoli vengono in ogni caso a trarre beneficio da entrambi gli istituti, ma non possono allo stesso tempo anteporre ad essi i propri interessi. Nozioni basilari, su cui già in precedenza si era basato tutto il diritto dei nostri antenati Liguri, Veneti, Celti e Longobardi. La fase successiva, consisterà nel comprendere come e dove l’insieme di queste comunità vada a costituire un popolo. In termini corretti dovrei forse parlare di etnia, ma con popolo Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 voglio indicare nell’occasione un’autocoscienza identitaria, che rimane il presupposto base perchè quanto si sta ipotizzando, possa avere una qualche possibilità reale. La lingua sicuramente in questo caso, costituisce l’elemento caratterizzante più evidente. Là dove cessa la comprensione linguistica, l” finisce un popolo e ne inizia uno nuovo. Ogni altro elemento di distinzione, ci porterebbe su terreni minati o a scimmiottare l’esistente. Questo inoltre è l’elemento che più che mai, dimostra l’inconsistenza delle attuali regioni e l’impossibilità su di esse di creare un federalismo serio, che non sia la riproposizione in scala minore del centralismo partitocratico. Anche qui, come in precedenza è necessario portare avanti un’autentica rivoluzione culturale a livello individuale e politico; non sarà infatti facile togliere dalla testa di molti, quelle sovrastrutture ideologiche che da generazioni ormai costituiscono un bagaglio comune e che ci impediscono di dare le risposte più appropriate ai problemi che ci assillano. Con ciò inoltre, non si vuol creare un eccessivo frazionamento, ma limitarsi a riscontri obiettivi, come ad esempio che un Milanese non comprende un Bergamasco e viceversa, anche se entrambi son definiti Lombardi. Gli elementi che uniscono i Padani ci sono e sono pesanti e di essi personalmente ho già avuto modo di parlare e scrivere in diverse occasioni, ma qui ora, non ritengo indispensabile trattarli. Del resto giunti a questo punto credo ci si possa accontentare di un’unità “politica”, visto che comunque rimane sufficientemente chiaro il percorso identitario. Ognuno di noi potrà infatti riconoscersi per quanto affermato, in un determinato popolo e se ciò sarà reso difficile dalla residenza in un luogo diverso da quello originario, ci si potrà comunque sempre appellare alla padanità o alla condivisione dei valori eterni ed universali, cui ho fatto riferimento. Questo potrà ad esempio essere il caso di un meridionale (Italiano), che compreso ciò lotterà quindi al nostro fianco mosso da un comune sentire che nasce dalle radici più profonde di ogni uomo e dal riconoscersi comunque in una superiore identità europea, nemica mortale del pensiero illuminista e giacobino. Ricerche sulla suddivisione linguistica della Padania, sono disponibili da tempo, l’importante è che l’interesse ad accrescere un presunto potere politico, non vada ad inficiare un percorso etno-linguistico che deve assolutamente essere prevalente nella ricostruzione di una dimensione rispettosa delle diverse identità presenti sul territorio. Una lingua un popolo, cos” si potrebbe riassumere il discorso e a tutti questi popoli, va dato il massimo potere decisionale, facendo s” che essi stessi si strutturino in federazioni basate sulle comunità territoriali. Le comunità Dare una dimensione reale alle comunità territoriali è forse il problema principale. Anche qui però non dobbiamo inventarci niente e limitarci a riprendere quanto nel corso del tempo si è venuto a creare. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Partiremo perciò da quelle aree rurali, dove la continuità col passato, anche quello più remoto non è mai venuta a cessare, andando a individuare tutti i centri, anche i più piccoli che presentino tali caratteristiche. Il segno più semplice per identificarli rimane sempre la presenza di un toponimo e di una chiesa attestati nel corso dei secoli: la dimensione spirituale è, infatti, da sempre dominante nel cuore dei nostri popoli e già da prima del Cristianesimo e delle invasioni romane, essi avevano nel nemeton, il centro della comune area sacra spesso identificato da un menhir o da una stele, la rappresentazione stessa della loro identità, che assurgeva cos” ad espressione di volontà divina, frutto di una sconosciuta forza vivificante. Un ulteriore elemento di distinzione dovrà a questo punto essere fatto tra centri urbani di qualsivoglia dimensione e zone non insediate, intendendo in questo modo tutte le superfici “verdi” al di fuori di essi. Come sappiamo, da sempre i borghi e in particolar modo le città hanno svolto un’azione parassitaria nei confronti della campagna, ragion per cui è assurdo, proprio per gli interessi contrapposti che rappresentano, far gestire da chi risiede nei centri abitati i territori rurali, che inevitabilmente sarebbero un po’ alla volta sacrificati a forme speculative che ne altererebbero in maniera irreparabile le peculiarità. Si tratterebbe perciò di ritornare all’originario concetto di sacralità con cui era intesa presso i nostri antenati la natura, sempre da essi vista come una manifestazione divina da preservare a godimento dell’intera comunità. In questo senso sarà opportuno creare sul territorio una vera e propria rete di “conservatori”, scelti in base a precise caratteristiche socioculturali e insediative, che andranno a costituire in forme federate un’entità giuridica a sè stante, nettamente distinta da tutte le altre forme di governo delle cosa pubblica. Questi “conservatori” avranno il compito vivendo in queste aree “verdi”, di gestirle e difenderle dagli interessi particolari, favorendo allo stesso tempo la pratica e lo sviluppo agrosilvopastorale, con l’utilizzo anche delle nuove tecnologie, mai in contrasto però coi dettami della tradizione locale. Motivando una rinnovata presenza nelle campagne e in particolare nelle zone di montagna, si ricreerà quel serbatoio che nel passato anche più recente, ha permesso il ricambio nelle città senza che l’originaria identità andasse perduta. Compito del Governo Federale Nazionale sarà di far s” che le imprese agricole possano con le loro eccedenze produttive, creare quell’autosufficienza alimentare che è la base prima per una vera indipendenza politica. A questo proposito risulta inevitabile com’era in passato, impedire un eccessivo frazionamento del podere agricolo, che dovrà comunque al minimo poter garantire il sostentamento dignitoso di una famiglia e che non potrà essere lasciato incolto, pena l’esproprio e l’assegnazione ad un’altra famiglia di agricoltori. Individuata nei termini prima detti la comunità base e definitene le competenze nel solo ambito urbano, Quaderni Padani - 41 resta da vedere quali funzioni potrà avere e come si potranno eventualmente creare organismi federali sovracomunitari. E ‘chiaro che la piccola comunità disporrà automaticamente di mezzi limitati, anche immaginando il massimo impiego sul posto delle risorse locali. Ci saranno sicuramente opere che per costi e dimensioni saranno fuori dalla sua portata, coinvolgendo tra l’altro le comunità vicine, come la costruzione di scuole superiori, ospedali, impianti sportivi, ecc. Si renderà perciò necessario creare delle entità atte allo scopo, costituendole di volta in volta o basandosi su strutture preesistenti, nate da veri e propri patti federati tra comunità. Tutto questo dipenderà solo e unicamente dall’effettiva volontà di collaborazione di ogni singola comunità, che resterà comunque sempre libera e responsabile delle sue decisioni, senza che nessun altro ente o lo stesso Governo Federale Nazionale possa imporle nulla. La prevalenza del bene comune e quindi anche di quello dell’intero popolo sulle singole comunità, non può imporre a queste ultime scelte non volute, mentre ognuna di loro non dovrà per nessuna ragione sviluppare azioni che in qualche maniera possano danneggiare anche una sola delle altre: mi spiego meglio, se gli abitanti di X non vogliono partecipare alle spese per una piscina comprensoriale o ritengono sufficiente il loro ospedale, piuttosto che uno di dimensioni maggiori da edificare coi vicini, nessuno potrà mai obbligarli a sborsare soldi se non lo vogliono; allo stesso modo non potranno certamente captare totalmente un corso d’acqua, che va ad irrigare le terre dei loro confinanti. Resta comunque il fatto che ogni accordo entro i limiti citati, potrà sempre essere attuato, senza l’intromissione di altri organismi governativi. Tutte le comunità si troveranno perciò a far realmente politica, vale a dire scelte a 360°, differentemente dall’attuale situazione, dove i comuni si limitano ad amministrare le briciole del governo centrale, non avendo che un ristrettissimo margine di manovra per andare veramente ad incidere sul tessuto socioeconomico. I grossi agglomerati urbani L’urbanesimo è certamente il fenomeno che in negativo ha caratterizzato lo sviluppo demografico degli ultimi due secoli in Europa. Per la Padania il suo inizio è praticamente concomitante con la nascita dello stato italiano e diventa consistente a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento. Ciò in conseguenza dell’incremento della popolazione, dovuto a un miglior saldo demografico naturale, frutto non di un aumento percentuale delle nascite, che anzi era in calo, ma della diminuita mortalità. In seguito soprattutto nei due dopoguerra, l’urbanesimo sarà favorito dallo sviluppo industriale, che porterà masse di immigrati provenienti dal Meridione d’Italia. Esso quindi come l’aumento della popolazione, non sarà figlio di uno sviluppo qualitativo delle condizioni di vita, ma al 42 - Quaderni Padani Documento originale del Patto del Grütli contrario porterà aspetti di grave degrado morale e sociale, la cui crescita costante fino ai giorni nostri, appare destinata a continuare in maniera esponenziale. Luogo d’elezione della borghesia rivoluzionaria: il termine cittadino per i contenuti antitradizionali che esprime andrebbe eliminato dal nostro vocabolario, la grande città è divenuta via via il simbolo del centralismo statalista, sede dell’apparato burocratico, per poi assumere sempre più le caratteristiche di miscelatore di culture, proprio delle attuali megalopoli multietniche. In esse l’uomo ridotto ad individuo/cittadino, perde ogni diritto di appartenenza e ogni legame identitario, per divenire l’anonimo consumatore tanto caro al potere mondialista, capace perciò di ragionare solo in termini di interesse economico personale. La natura parassitaria delle metropoli poi, è perfettamente rappresentata dall’alta percentuale di criminali, prostitute, faccendieri, intrallazzatori, speculatori e burocrati, che l’abitano e la frequentano, totalmente a loro agio in realtà che ai diversi capi del mondo, tendono sempre di più a rassomigliarsi. Contro queste autentiche situazioni cancerose del tessuto sociale dei nostri popoli, bisognerà intervenire alla radice con bisturi e terapie d’urto, impedendo nel futuro il loro riformarsi. Si provvederà da subito a ridare l’autonomia a tutti quei centri periferici, che lo smodato sviluppo edilizio degli ultimi decenni e una burocrazia accentratrice hanno inglobato nelle città maggiori. Per favorire ciò non si dovrà esitare ad operare massicce azioni di diradamento, destinate tra l’altro a cancellare autentici mostri architettonici, di cui purtroppo sono estremamente ricche le periferie delle nostre realtà urbane. Le città cos” depurate, saranno poi suddivise nei sestieri tradizionali, al fine di raggiungere quella dimensione comunitaria, che sola può determinare un sentimento di riconoscimento identitario e una partecipazione diretta alla vita pubblica. Il governo cittadino sarà perciò anch’esso di tipo federale, con in Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 questo caso l’obbligo per motivi storico-territoriali, dell’aggregazione dei sestieri. Diritto di appartenenza comunitaria nazionale Abbiamo spesso parlato di famiglia e comunità come base giuridica della ritrovata Padania, entrambe come sappiamo sono formate da persone legate tra loro da più vincoli, cerchiamo di analizzarli. Credo sia innegabile anche per il razionalista più convinto, affermare che genitori e figli, nonni e nipoti, fratelli e sorelle, siano tutti uniti da un elemento non analizzabile dalla mente umana, il vincolo del sangue. Si tratta di un qualcosa che va oltre l’istinto senza sfociare nelle scelte ragionate, restando perciò a pieno diritto racchiuso nella sfera dei sentimenti, là dove risiedono inimmaginabili forze dirompenti, vera e propria essenza dell’uomo. La fratellanza poi, dovrebbe essere la principale caratteristica di una comunità in grado di vivere in pace ed armonia, avendo come unico obiettivo il bene di tutti i suoi membri. Cos” non è, come sappiamo, soprattutto da quando si è volutamente minata, a volte in maniera irreparabile, la possibilità per i suoi componenti di riconoscersi in un’origine comune, vale a dire in un’identità univoca. Il senso di fratellanza, che pure era presente in special modo nei nostri centri rurali, non nasceva certo dal caso; esso, infatti, traeva origine da quegli stessi vincoli sanguinei, riscontrabili nelle parentele più strette, tanto da poter definire la comunità tradizionale, come l’allargamento spontaneo della propria famiglia. Ecco spiegato il persistere di un sentimento che trovava poi nella vita quotidiana manifestazioni consequenziali, come la tipicità della cultura e quindi della lingua e degli usi e costumi, tutti basati sulla medesima tradizione, a sua volta strettamente correlata al persistere su un determinato territorio. Il radicamento perciò, quale elemento che da solo è in grado di giustificare il senso di una vita spesa nella continuità di valori eterni ed immutabili, antichi come i nostri popoli, cioè quanto l’uomo. Da queste basi nasce la necessità primaria di ripristinare, non tanto un’unità d’intenti, inevitabilmente costruita su interessi economici o ideologici, quindi unicamente di tipo razionale, quanto piuttosto riportare alla luce quell’autentico “richiamo del sangue”, che da sempre è visto con estremo terrore da tutta la cricca finanziario-mondialista. Non fu certo un caso se uno scrittore come Bram Stocker, membro della Golden Dawn, vale a dire la più conosciuta società esoterica antitradionazionalista, venne a creare un personaggio estremamente negativo come Dracula, avendo in realtà il solo scopo, di gettare fango e discredito sull’Ordine delle società prerivoluzionarie, basato essenzialmente sui legami di “sangue e suolo”. Il ritorno ad un diritto d’appartenenza etnica, appare perciò inevitabile. Persino uno studioso di geopolitica come Alexandre Del Valle, ritiene che per ridefinire un sistema politico-costituzionale in grado di garantiAnno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 re la sicurezza collettiva e la perennità dei popoli europei, bisogni obbligatoriamente passare per il ristabilimento della preferenza nazionale e dello jus sanguinis. Certamente non sarà possibile di colpo in bianco, cancellare gli effetti negativi di decenni d’immigrazioni, ma da subito bisognerà dire a chi vanno riconosciute certe prerogative e a chi no. A tal fine e per ridurre il più possibile inevitabili traumi e lacerazioni, ritengo sia fondamentale limitarsi alla continuità etnica degli ascendenti diretti di un solo genitore e al luogo di nascita, per sancire il diritto d’appartenenza a un determinato popolo e nazione. Nel caso in cui uno nasca all’interno di un ‘ etnia e poi vada a vivere presso quella diversa dei/di un genitore/i, saranno necessari dieci anni di residenza prima di acquisire ogni diritto, questo affinchè egli abbia la possibilità di far suoi i valori propri di quel popolo. Il cambio di residenza comunitaria all’interno della stessa popolazione, produrrà la decadenza del diritto comunitario (partecipazione diretta alla vita politicoamministrativa della comunità) per la durata di cinque anni, sempre che la stessa persona nel frattempo non si trasferisca altrove. Entro i confini della Padania sarà possibile che i figli di almeno un genitore padano, residente presso un popolo diverso dal suo, acquistino il diritto d ‘ appartenza della nazione nella quale si trovano se in essa nati. Non possono comunque e in ogni caso vantare alcun diritto i discendenti a qualsiasi grado di popolazioni originarie di paesi extraeuropei. Costoro e chiunque non rientri nelle casistiche sopraddette, sarà considerato un forestiero e la sua presenza dovrà essere limitata nel tempo e legata comunque a specifici e irrinunciabili interessi nazionali. Privilegiare la residenza invece che l’etnia, serve solo a creare situazioni assurde e autolesioniste, se non proprio ridicole, come quella del sindaco di Lazzate, sospeso perchè con una delibera aveva apportato un maggior punteggio in sede di concorsi, a chi era residente da almeno cinque anni nel suo comune: peccato che tanto sacrificio sia poi servito a difendere a scapito dei suoi connazionali, il posto di lavoro di una signora pugliese! Al diritto d’appartenenza si associa in maniera inscindibile quello di proprietà; anche la più piccola porzione di un territorio, deve appartenere al popolo che vi abita, insieme ai mezzi di produzione, alla finanza e alla moneta. Senza questi requisiti non vi potrà mai essere una reale sovranità. Da sempre, infatti, il potere economico è stato il potente grimaldello con cui la grande finanza massonico-mondialista, ha scardinato l’equilibrio interno degli stati e l’identità e la tradizione dei loro abitanti. Una volta preso il controllo dell’economia e della moneta, diventa assai facile per chi dispone di mezzi illimitati, abusare del potere politico, attraverso le segreterie dei partiti, sino ai governi centrali, manovrando col sistema della corruzione e la distribuzione delle cariche. La perdita del possesso di parte del territorio, implica poi la possibilità di Quaderni Padani - 43 insediamenti socioeconomici in contrasto con gli interessi delle comunità, se non dell’intera nazione, senza contare che il proliferare della proprietà immobiliare straniera, genera gravi problemi di reperibilità d’alloggi in giusta misura e a condizioni eque, alle fasce più deboli della popolazione, come giovani in procinto di sposarsi, famiglie monoreddito o pensionati. Tutto questo costituisce ormai da decenni un freno insopportabile alla nostra libertà ed è stato tra le cause principali, tra altri mali, del calo demografico. In deroga a quanto sopra detto e per tutto il periodo che ci separa dalla liberazione della Padania e dei nostri Popoli, basterà come ho già anticipato che chiunque si riconosca nei nostri valori e nei nostri obiettivi, partecipi attivamente al nostro fianco, lottando con noi come militante della Lega. Se avrà fede e costanza, egli diverrà a tutti gli effetti nostro fratello, a qualsiasi popolo, purchè originario dell’Europa, appartenga. I diritti acquisiti si estenderanno automaticamente ai suoi familiari, semprechè la sua militanza non venga mai a cessare. Con tutto ciò crediamo di aver ampiamente dimostrato di non nutrire neanche in segreto alcun proposito di razzismo biologico, bens” di voler salvaguardare e valorizzare le differenze e soprattutto le culture tradizionali, puntando a quello, che se proprio qualche mente contorta dall’ideologia continua a definire razzismo, giusto per pietà nei suoi riguardi, potremmo definire razzismo dello spirito, nella profonda convinzione che ogni popolo ha una sua Stirpe, che nel bene o nel male, ne rappresenti la continuità spirituale. Organismi di rappresentanza e cariche elettive Sempre avendo come riferimento le nostre istituzioni tradizionali, sarebbe sicuramente auspicabile nella stesura dei rinnovati statuti comunitari, il ripristino di quell’organismo permanente che era il “consiglio degli anziani” a cui si aggiungeva, coaudiovandolo, quello “generale”, in taluni casi chiamato anche “collegio”. Ne facevano parte i capifamiglia, cioè i più anziani di gruppi familiari compositi definiti ad esempio tra i Liguri Feughi. A mio avviso tutto questo dovrebbe valere ancora in linea di principio, lasciando poi a ogni famiglia la facoltà di scegliere da chi farsi rappresentare nel “Collegio generale” e a codesto di istituire in pianta stabile e permanente un’assemblea di anziani o probiviri, con funzioni d’indirizzo e di controllo. Per quel che concerne la pubblica amministrazione sarà inevitabile invece ricorrere ad elezioni. Scartata a priori la nefasta ipotesi partitocratica, bisognerà per forza puntare su coloro che intenderanno candidarsi all’impegnativo compito. Proprio per evitare la nascita di consorterie, la candidatura dovrà quindi esclusivamente essere posta a titolo personale e aperta a chiunque ne abbia i requisiti, vale a dire il diritto di appartenenza comunitaria. Ogni intervento 44 - Quaderni Padani di tipo economico, sotto forma di campagna elettorale personale fatta a qualsiasi livello, dovrà essere bandito. A tutti i candidati dovranno essere date le medesime possibilità di far conoscere il proprio programma elettorale, attraverso pubblici dibattiti e comizi equamente suddivisi, televisioni e mass-media in genere, compresi. Se il numero dei candidati sarà elevato, si procederà alle primarie, sino ad arrivare all’elezione di un capo comunità, secondo la libera scelta di un qualsiasi sistema elettorale, purchè rispettoso dei principi enunciati. Anche la durata in carica e la rielegibbilità di ogni amministratore saranno decise dallo statuto comunitario, che si occuperà di tutto quanto non verrà deciso di delegare al Governo Federale Nazionale, o ad organismi intermedi nati dalla federazione di differenti comunità, anch’essi regolati come sopraddetto. In ogni caso sarà indispensabile che sorgano figure di dirigenti con responsabilità chiare e precise, bilanciate però da ampi poteri decisionali, anche se limitati al tempo del mandato. Il governo federale nazionale Con questo termine voglio intendere l’organismo preposto a raccogliere quelle funzioni che non possono essere svolte dalle singole comunità o dalle loro libere associazioni. Credo che questo sia un concetto basilare per far nascere un vero federalismo “dal basso”, che realmente esprima la volontà di autogoverno e quindi di libertà. Il governo federale avrà come scopo principale la difesa dell’identità del popolo che rappresenta e per fare ciò impedirà in tutti i modi che ne vengano snaturate la tradizione e la stirpe. Provvederà in collaborazione coi “conservatori” alla salvaguardia del territorio, coordinerà un proprio organismo di protezione civile e organizzerà la difesa armata, dando vita a una milizia popolare. Suo il compito di dirimere le eventuali controversie sorte tra le comunità e intervenire ogni qualvolta il bene comune, rappresentato dall’interesse di tutto il popolo, sia minacciato. Terrà inoltre i contatti col Governo Padano, al quale delegherà i poteri che riterrà opportuno, anche se già da ora si può prevedere che la moneta (tesoro comune), l’esercito e gli esteri, saranno tra essi. Il governo padano Avrà le competenze limitate che ho già accennato parlando del Governo Federale Nazionale. Dovrà al suo interno e nel loro insieme, rappresentare in maniera paritaria tutti i Popoli Padani, facendo in modo che tutte le decisioni prese siano collegiali e non danneggino in alcun modo gli interessi di nessuna nazione. Allo stesso tempo bisognerà impedire che tra di loro avvengano contrasti d’interesse e a tal fine andrà fatto ogni tentativo per cercare sempre la reciproca collaborazione. Resta inteso che il persistere di un atteggiamento negativo o peggio ostile, da parte di una determinata nazione, ne sancirà alla fine la sua Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 espulsione dal contesto padano. L’impegno di ogni Popolo a restare nella Padania, sarà ufficialmente sottoscritto e confermato da un referendum, avendo però un limite temporale, scaduto il quale tutto sarà rimesso in discussione. Conclusioni Queste mie proposte, proprio perchè tali, intendono aprire un dibattito finora mai attuato, partendo dalle basi concettuali su cui costruire lo stato padano. Non averlo sinora fatto o peggio aver volutamente ignora- Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 to, se non proprio messo a tacere le motivazioni degli etnonazionalisti, non va certo ad onore della dirigenza leghista. Qui, infatti, non si chiede di recepire e basta le nostre tesi, bens” di riconoscere a questa importante corrente del pensiero politico contemporaneo, lo spazio che di diritto le appartiene in un movimento come la Lega. A riprova di ciò restano gli scritti dello stesso Bossi, dove in maniera esplicita si parla di etnonazionalismo ed etnofederalismo, quest’ultimo termine in diretto riferimento alla futura Padania. Quaderni Padani - 45 Discussione sulle tasse nella Repubblica federale di Giancarlo Pagliarini 1. Introduzione Dal punto di vista dell’economia il più grave problema della Repubblica italiana è sicuramente quello della pressione fiscale. Quando la Repubblica italiana diventerà finalmente una Repubblica Federale, il sistema fiscale dovrà in primo luogo ispirarsi al principio che ogni membro della federazione a casa propria deve poter fare quello che vuole. Questo significa che nel sistema che oggi è costituito da “Comuni, Province e Regione” ci dovrà essere una reale e significativa autonomia economica e legislativa. E che di conseguenza gli amministratori di ognuno di quei sistemi potranno decidere quali e quante tasse imporre ai cittadini che li hanno eletti e come gestirne i proventi. Naturalmente nel rispetto di alcuni principi comuni che ognuna delle attuali Regioni accetterà nel momento in cui i suoi cittadini decideranno di aderire al patto federale, e che potranno essere disattesi solo con la dichiarazione che non si intende più fare parte della Repubblica federale. Penso che questo principio dovrà essere chiaramente esposto nella Costituzione della Repubblica Federale, anche per mettere dei limiti costituzionali all’attività legislativa del Parlamento Federale. Questo perché secondo me lo scopo di una Costituzione non è solo dare una forma allo Stato, ma anche impedirne una crescita eccessiva. In altre parole, i Costituenti dovranno comportarsi più da cittadini che da legislatori. Purtroppo nel nostro paese oggi domina una mentalità che vede nel “Dio Stato”, nel “grande fratello”, la fonte di ogni diritto e di ogni dovere. In realtà lo Stato è un “male necessario”. Tanto più necessario quanto meno responsabili, onesti e civili sono i cittadini. Ma è pur sempre un male. Dunque è bene che anche la Costituzione della nostra futura Repubblica Federale ne prenda atto e faccia in modo di garantire ai cittadini delle nostre Regioni il massimo di responsabilizzazione e di libertà possibile. Per raggiungere questo obiettivo è necessario dare ampio spazio ad una mentalità pragmatica e concreta, ed al principio di responsabilità. Lo Stato va guardato con sospetto e diffidenza e, ogni volta che questo è possibile, deve essere privilegiata l’iniziativa privata. 46 - Quaderni Padani “Il cosiddetto “primato della politica” è un’idea falsa, e una società libera e aperta è sempre dualistica, poggia cioè su un’assoluta uguaglianza tra privato e pubblico. Sono due sfere parimenti sovrane e non riconducibili l’una all’altra. Se tra queste due sfere sorgono gravi conflitti, a decidere deve essere la volontà popolare attraverso un referendum.” (Marco Vitale, sul Sole 24 Ore del 9 Dicembre 1990). Sottoscrivo al 100 per cento questa proposta e sono convinto che il principio della “assoluta uguaglianza tra privato e pubblico” dovrà essere sancita dalla nostra Costituzione. 2. La situazione attuale Prima di discutere qualsiasi tipo di proposta costituzionale, è sempre bene rendersi conto della situazione che noi stiamo vivendo oggi e delle conseguenze che un sistema fiscale piuttosto che un altro può avere sul nostro sistema produttivo, e di conseguenza sul PIL e sulle risorse finanziarie che la collettività può utilizzare senza indebitare le generazioni future. All’inizio di questo articolo ho scritto che “dal punto di vista dell’economia il più grave problema della Repubblica italiana è sicuramente quello della pressione fiscale”. E’ necessario capire che questa Costituzione ha permesso che si creasse una situazione che ormai è diventata veramente insostenibile. “Insostenibile” non significa che paghiamo troppe tasse e così la gente è costretta a fare vacanze più corte o a rinunciare ad altri lussi. Magari fossero solo queste le conseguenze! No, la situazione purtroppo è molto più grave. “Insostenibile” significa che se il paese continua ad essere gestito in questo modo tra un po’ la gente non avrà più soldi per i consumi e le aziende non avranno più soldi per gli investimenti, con le conseguenze di cui a Roma non si vogliono rendere conto: aziende che chiudono, disoccupazione che aumenta, Stato che incassa meno tasse e meno contributi sociali e che non riesce a pagare pensioni e debito pubblico. I Governi e il Parlamento italiano potranno anche provarci, ma sarà dura far pagare tasse e contributi sociali ai disoccupati e alle aziende chiuse o che si sono trasferite all’estero. Le cose, piaccia o no, stanno così. E siamo arrivati a Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 questo punto nel pieno rispetto della vigente Costituzione. A nulla valgono i dati diffusi dal Governo italiano per compiacersi e poter dire che, in realtà, la pressione fiscale non è poi così alta. Nel 1996 la pressione fiscale ufficiale era del 42,2%. Questo significa che in media nel 1996 ogni cittadino ha versato allo Stato 42,2 lire ogni 100 lire che ha guadagnato. Questo 42,2 è un numero che è stato calcolato facendo due cose. Prima sono stati individuati tutti i quattrini che lo Stato ha incassato per le imposte sul reddito e sul patrimonio, per i contributi sociali, per l’IVA eccetera. Poi questo cifra è stata divisa per il prodotto interno lordo, il famoso PIL. Nel 1996 il PIL è stato di circa 1.873 mila miliardi. Questa è la ricchezza che il paese ha generato. Lo Stato di questa ricchezza se ne è messo in tasca circa 790 mila miliardi. Dividendo 790 per 1.873 si ottiene quel 42,2 di pressione fiscale “ufficiale”. Ma il fatto è che dentro a quei 1.873 mila miliardi di PIL c’è anche l’economia sommersa. Insomma, c’è la stima del “nero”. Ma quelli che fanno il nero non pagano le tasse. Dunque la pressione fiscale vera è superiore a quel 42,2 per cento. Esempio pratico: se il nero fosse di 300.000 miliardi, per sapere quanto è la vera pressione fiscale dovremmo dividere 790 (perchè non ci sono santi: questi 790 mila miliardi di tasse li abbiamo pagati e lo Stato li ha incassati) per 1.573 (1.873 meno i 300.000 “neri” che non pagano tasse) che in questo esempio rappresenterebbe il PIL generato da quelli che pagano le tasse. E in questo caso il 42,2 salirebbe a 50 per cento. Nei suoi conti economici nazionali l’Italia include una cosa che i documenti ufficiali chiamano “economia non osservata”. Questa “economia non osservata” è composta da quattro elementi: • Le attività illegali, che i documenti ufficiali definiscono come “quelle attività proibite dalla legge in quanto tali o in quanto esercitate da persone non autorizzate”. • Il sommerso economico , che è descritto come “attività legali ma non conosciute dalla pubblica amministrazione per cause legate ad evasione fiscale o contributiva e al mancato rispetto di altre normative vigenti”. • il sommerso statistico, che è dovuto “alla mancata o parziale compilazione di moduli amministrativi e/o questionari statistici da parte di famiglie o imprese”. • le attività informali, che sono definite come quelle “caratterizzato da un basso livello organizzativo e che sono riconducibili essenzialmente al settore famiglie”. Ciampi, quando era Ministero del Tesoro, ha dichiarato che il peso dell’economia non osservata viene stimato ed integrato nei conti economici nazionali, e che nel 1998 questo fattore ha rappresentato circa il 18 per cento del PIL. Bene, a questo punto avete capito cosa succede in questo incredibile paese. Quel 42,2 per cento ufficiale è una media. Quelli che pagano le Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 tasse, dunque, hanno una pressione fiscale reale molto superiore a quella ufficiale. Quanto è la pressione fiscale vera? Si possono fare tante stime ed ipotesi, perchè nessuno conosce a quanto ammonta in realtà l’evasione fiscale. Il Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti ha pubblicato uno studio con due stime, basate su due diverse ipotesi. Io qui ne commento una, che mi sembra ragionevole, perchè è basata sul concetto delle “unità di lavoro non regolari”. Opportunamente il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ricorda che “la contabilità nazionale si basa sulle quantità di lavoro immesse nel sistema produttivo nazionale durante l’anno”. Ebbene, l’ISTAT ha stimato che nel 1996 le unità di lavoro non regolari sono state pari al 22,3 per cento delle unità di lavoro totali, che l’ISTAT ha stimato in 22.273 mila. Questa è una stima che trovate alla pagina 167 del “rapporto annuale sulla situazione del paese” dell’ ISTAT. Questo 22,3 per cento è veramente enorme. E’ veramente incredibile. Significa più di un quinto. Significa che da qualche parte in questo paese non ci sono nè legge, nè giustizia, nè istituzioni. Sulla base di questo dato, ed ipotizzando che la produttività delle unità di lavoro non regolari sia pari a quella delle unità di lavoro regolari, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha fatto, tra le altre, anche questa ipotesi: “si può supporre che la quota di PIL sommerso sia del 22,3% del PIL calcolato dall’ISTAT”. Usando questi dati la pressione fiscale del 1996 sale dal 42,2% al 54,3%. Ma non è finita qui: nel 1997 la pressione fiscale è aumentata di 1,8 punti. Dunque nel 1997 il dato ufficiale sale dal 42,2 al 44% e quello reale, corretto con queste stime, sale al 56,6% . Così superiamo anche la Svezia e realizziamo un vero e proprio record mondiale. 3. Quali sono le conseguenze Come dicevo prima, le conseguenze di questa situazione non sono minori vacanze o meno lusso. Fosse solo questo, potremmo dire che dopotutto il problema non è così importante. Le conseguenze vere sono molto più gravi, e quelle più significative sono queste due: 1. Le famiglie hanno meno soldi da spendere per i loro consumi. Anche per quelli di prima necessità. Così si forma questa catena: cittadini che non vanno nei negozi a comperare. Negozi che a loro volta non comperano dalle aziende (o non pagano i loro debiti alle aziende). Aziende che non vendono (o non incassano). Aziende che chiudono. Più dis occupazione significa un numero maggiore di cittadini che non va nei negozi, eccetera. E significa anche Stato che incassa meno tasse e l’INPS che incassa meno contributi sociali. 2. Le imprese hanno meno soldi per fare investimenti. E questo significa meno lavoro per i loro fornitori, e soprattutto minore capacità di competere, perchè senza investire non si tirano fuori nuovi proQuaderni Padani - 47 dotti o maggiore efficienza. Tutto questo si chiama recessione. E’ una cosa che capiscono tutti, tranne i signori che stanno a Roma, chiusi in palazzi lontani dalla gente e seduti in salotti dove passano il tempo a parlare male di quelli che non ci sono, a baciarsi le mani a vicenda e a costruire le loro carriere. Roma è sempre stata così, e i cittadini delle Regioni del Nord, divisi, l’hanno sempre mantenuta. Ma a quelli che continuano a votare per il Polo o per l’Ulivo evidentemente gli sta bene così. 4. Finanziamento dello Stato federale E’ necessario individuare un sistema che garantisca un fisco più efficiente, più equo, e meno opprimente.. A questo punto penso sia utile riportare un documento che avevo presentato in occasione dell’Assemblea della Lega Lombarda tenutasi a San Pellegrino il 3 marzo 1996, intitolato “cinque punti per una seria riforma federale” 1° Decentramento (“chiudere i ministeri Romani”). Dovranno essere trasferite ai Comuni, alle Province e alle attuali Regioni (Stati federati qui di seguito) quasi tutte le funzioni operative (istruzione, sanità, fisco, ecc.) e dovrà essere soppressa la maggior parte dei ministeri. Al governo federale centrale resteranno poche funzioni operative , come la difesa (finchè non avremo l’esercito Europeo) , come la politica estera (finchè anche questa avrà una dimensione europea), ecc., e gli importantissimi compiti di coordinamento e di controllo. 2° Debito pubblico (“gli Stati federati saranno responsabili per i loro debiti”). Il governo federale centrale non potrà emettere debito pubblico. Gli Stati federati emetteranno il loro debito pubblico, con loro garanzie ma senza la garanzia del governo federale centrale, ai tassi che sapranno ottenere dai mercati. 3°Imposte e tasse (“gli Stati federati terranno e gestiranno le loro tasse, salvo gli effetti della solidarietà”). Gli Stati federati si terranno sostanzialmente tutte le imposte e tasse pagate dai soggetti residenti. Così si realizzeranno le condizioni per combattere veramente l’evasione fiscale, e per responsabilizzare e controllare la pubblica amministrazione. 4° Le spese generali dello Stato. Gli Stati federati trasferiranno al governo centrale una percentuale delle loro tasse, per pagare le “spese generali” dello Stato , come l’esercito, le grandi infrastrutture federali, ecc. 5° La solidarietà. Gli Stati federati trasferiranno al governo federale centrale una percentuale delle loro tasse per la perequazione e la solidarietà. Questo trasferimento avverrà con la massima trasparenza. Il “fondo di perequazione e di solidarietà” sarà immediatamente ripartito tra gli Stati federati meno sviluppati economicamente, che potranno utilizzarlo come meglio credono: questo è il principio di responsabilità. In questo 48 - Quaderni Padani modo la solidarietà sarà pagata dai cittadini, senza essere trasferita alle generazioni future con il meccanismo del debito pubblico, come è stato fatto finora. Il 3 Marzo 1996 questo testo era stato formalmente approvato. A me sembra ancora un buon punto di partenza. Soprattutto mi sembra utile sottolineare un punto: perchè la Federazione non degeneri in uno Stato Unitario, e perchè la pressione fiscale non cresca incontrollata, a mio giudizio sarà opportuno evitare il ricorso a imposte o tasse federali. Certo, lo Stato centrale va finanziato e, poichè ha delle responsabilità di grande importanza, deve avere anche la necessaria copertura finanziaria. Essa però può essere ottenuta semplicemente attraverso un trasferimento di risorse da parte degli Stati federati. Si tratta, in pratica, di ribaltare completamente il sistema su cui si regge lo Stato italiano. Oggi, infatti, tutti noi versiamo le nostre tasse a Roma e poi Roma, secondo criteri propri, decide quanti soldi destinare alle Regioni e ai vari enti locali (che noi raggruppiamo nel sistema “Comuni-Provincie-Regioni”). Il risultato, come tutti sanno, è che la Padania paga molto più di quanto gli viene trasferito da Roma e di quanto Roma spende direttamente per le Regioni della Padania. Il Mezzogiorno invece incassa e riceve in servizi molto più di quello che paga. Noi proponiamo che i cittadini versino le proprie tasse al sistema “Comuni-Provincie-Regioni” e che una quota di queste tasse , stabilita di anno in anno, sarà poi trasferita al governo federale. E’ importante sottolineare che la determinazione dei fondi destinati allo Stato Centrale, che si dovrà occupare anche della solidarietà, non spetta all’arbitrarietà del Parlamento, ma alla responsabilità degli Stati federati. Mentre il Parlamento è, come dimostra l’esperienza, assolutamente slegato da qualsiasi tipo di controllo (è cioè “irresponsabile”) gli Stati federati sono sottoposti a un serrato controllo popolare. In pratica si passerebbe dal consenso su un programma generico alla partecipazione alle decisioni. 5. Principi costituzionali A questo punto è utile cominciare a mettere giù, nero su bianco, alcune proposte concrete. Sono convinto che si dovrebbero sempre impostare i lavori in questo modo. 1. IL PERNO DEL SISTEMA FISCALE PADANO: IL COMUNE. I principi costituzionali che ispirano il sistema fiscale della Padania dovrebbero tener conto dell’esigenza dei cittadini di vedere che le imposte pagate rimangono sul proprio territorio. Per questo motivo dovranno essere i Comuni a riscuotere la maggior parte delle imposte e delle tasse. Si terranno la quota di loro Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 competenza e trasferiranno il resto alle tesorerie degli enti superiori: Provincia, Regione, e di lì al Governo centrale e a Bruxelles per la quota che spetta all’Unione Europea: I Comuni saranno ovviamente liberi di associarsi per far fronte alle necessità derivanti dalla gestione. I Comuni in difficoltà potranno accedere al fondo di solidarietà di cui al successivo punto 12. 2. LIMITE DELLA PRESSIONE FISCALE. Le norme costituzionali dovrebbero contenere, oltre al vincolo del pareggio di bilancio, anche un limite invalicabile della pressione fiscale. Per esempio si potrebbe ipotizzare che la pressione fiscale non potrà essere superiore a quella della media dei Paesi dell’Unione Europea, aumentata di 1 punto. 3. IMPOSTA DI SUCCESSIONE E IMPOSTA DI REGISTRO I Comuni provvederanno all’incasso delle somme tenendo conto delle residenza delle persone fisiche e della sede effettiva degli altri soggetti. Le imposte relative agli immobili saranno versate ai Comuni dove tali beni sono situati. L’imposta di successione è soppressa. L’imposta di registro viene trasformata in “tassa di registro”, cioè in mero corrispettivo di un servizio (la registrazione con data certa e l’archiviazione di un atto), e non è pertanto considerata un mezzo per aumentare gli introiti dello Stato. Devono essere soppressi tutti i tributi il cui costo di gestione è superiore agli incassi che ne derivano. 4. IL POTERE LEGISLATIVO DELLE REGIONI Così come avviene in Svizzera per i Cantoni, le Regioni dovranno avere la massima libertà nello stabilire i meccanismi del loro sistema fiscale. Questo provocherà una sorta di concorrenza fra le varie Regioni, che saranno tanto più apprezzate dai cittadini tanto migliore sarà il loro sistema fiscale sia in termini di prelievo, sia in termini di semplicità. Questo, naturalmente, a parità di servizi resi. Ovviamente tali normative non potranno scontrarsi con i principi fondamentali fissati dalla federazione, che devono essere sottoscritti e rispettati dalle singole Regioni, nonchè con i principi fissati dall’Unione Europea 5. ACCERTAMENTO E CONTROLLO Il sistema di controllo verterà sulle Regioni, che potranno organizzarlo secondo norme ed esigenze proprie, in collaborazione con i Comuni e le Province. Il potere di controllo e accertamento spetterà in via diretta anche ai Comuni stessi, in quanto, essendo enti con maggior conoscenza della realtà territoriale, sono più idonei ad eliminare i fenomeni di evasione. 6. IL SISTEMA PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI. La tassazione dei cittadini avverrà in base alla residenza effettiva per le persone fisiche, e in relazione al concetto di sede effettiva per quanto riguarda gli altri Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 soggetti. I problemi riguardanti la doppia imposizione potranno essere risolti prendendo spunto dal sistema tedesco e da quello dell’Unione Europea: vengono istituite apposite Commissioni Nazionali per conflitti fra Comuni, e una Commissione Federale per risolvere i conflitti fra le Regioni. Il Governo Federale fissa i criteri base per evitare le doppie imposizioni, cui le suddette Commissioni devono attenersi nello svolgimento della loro attività. 7. IMPOSTE VIETATE E’ fatto divieto alle Regioni istituire un’imposta di successione, nonchè applicare imposte su redditi figurativi. L’imposta di registro è vietata, ma può essere sostituita da una tassa. 8. MINIMO VITALE E SPESE DEDUCIBILI Ogni Regione dovrà garantire esenzione da imposte al di sotto di un minimo vitale e dovrà assicurare la detraibilità ai fini delle imposte dirette di quelle spese che sono ritenute necessarie per la vita di un individuo, come per esempio l’affitto. 9. IL CONTO CORRENTE FISCALE E CONTRIBUTIVO E LA COMPENSAZIONE DELLE IMPOSTE. Viene stabilito il principio della compensazione mediante l’istituzione di un conto corrente fiscale e contributivo dove trovano compensazione automatica tutte le partite di debito e di credito con ogni tipo di pubblica amministrazione per qualunque tipo d’imposta e contributo obbligatorio. 10. LIQUIDAZIONE DELLE IMPOSTE DIRETTE. Le imposte dirette dovranno essere calcolate sotto la propria responsabilità dagli uffici unici che, nel caso non possa esservi la compensazione di cui al punto precedente, provvederanno , se il contribuente si troverà a credito, all’effettuazione dei rimborsi con valuta del giorno in cui questi sono stati richiesti. 11. LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE PADANO. Parte integrante dei principi costituzionali sarà lo “Statuto dei diritti e dei doveri del contribuente padano”, di cui riporto in Appendice una proposta avanzata tempo fa. 12. IL FONDO DI SOLIDARIETA’ La Costituzione Federale garantirà la solidarietà fra le Regioni tramite un Fondo di solidarietà, che non potrà essere di importo superiore al 3% del totale della spesa del sistema “Comuni,Province,Regione” effettuata nell’anno precedente. Il Governo presenterà alla Camera delle Regioni il piano di utilizzo del fondo di solidarietà riguardante opere da realizzare e servizi da fornire nelle Regioni o nei Comuni che hanno un PIL pro-capite inferiore alla media federale. 6. Il finanziamento degli enti federali Ho già detto che la mia preferenza è per un trasferimento dalle Regioni allo Stato federale deciso di anno in anno. Molti invece ritengono più corretto un sistema che preveda una o più imposte federali. In questo Quaderni Padani - 49 caso ritengo che allo Stato federale dovranno essere attribuite imposte facili da controllare, in modo da assicurare un contributo proporzionato su tutte le Regioni. Pertanto a livello federale potrebbero essere gestite le accise (oli minerali, metano, alcool e tabacchi) ed i dazi doganali. L’eventuale fabbisogno eccedente dovrà essere richiesto dal Governo Federale alla Camera delle Regioni sulla base di uno specifico programma d’interventi che le Regioni decideranno a maggioranza se appoggiare e, quindi, finanziare. Tale finanziamento sarà ripartito pro-capite sui cittadini, ed ogni Regione dovrà conseguentemente trasferire allo Stato Federale l’importo relativo alla popolazione residente. Con questo meccanismo si otterrebbe un controllo da parte delle Regioni sul Governo Federale, e si garantirebbe a quest’ultimo una sufficiente autonomia. 7. La strada verso la libertà Quando si affrontano questi argomenti si corre sempre il rischio di scrivere solamente un “libro dei sogni”. Bisogna dunque anche porsi il problema della strada da percorrere per poter creare le condizioni per realizzare il fine della indipendenza economica e legislativa. Gli strumenti da utilizzare sono tantissimi. Qui di seguito ne commento due che mi sembrano particolarmente utili sia sul piano pratico che su quello culturale, perchè c’è evidenza che sono condivisi da tutti i cittadini che abitano nelle nostre Regioni, ed anche perchè nessuno potrebbe strumentalizzare questi progetti per accusarci di razzismo, egoismo, oppure di non essere pragmatici. I due progetti sono questi: a) quello della “politica del 70%”, e b) quello della istituzione delle “provincie autonome”. Il primo progetto, quello della “politica del 70%” , è presto spiegata: si tratta di far approvare un disegno di legge nel quale si prevede che almeno il 70% delle tasse pagate deve restare sul territorio che lo ha prodotto ed essere gestito in assoluta autonomia dai suoi abitanti. E’ una proposta che non può essere in alcun modo definita “sovversiva”. E’ una proposta concreta e concretamente realizzabile. Eppure, quando il 7 luglio 1999 ho presentato a Montecitorio una risoluzione che parlava proprio di questo, il testo della Lega Nord è stato bocciato dall’aula. Ha votato contro la sinistra, compatta, e si sono astenuti (il che equivale ad un voto contrario) 70 parlamentari di Alleanza Nazionale, tra i quali il presidente Fini. Considerate che i Parlamentari di Alleanza Nazionale che hanno partecipato a quel voto sono stati 74. Come mai questa proposta della Lega Nord, così logica, non è stata approvata dal Polo e dall’Ulivo? Io ho una mia spiegazione. Perchè una cosa simile avrebbe provocato una sostanziale inversione dei flussi fiscali. Questo significherebbe che molti deputati italiani eletti al sud avrebbero dovuto 50 - Quaderni Padani tornare nei loro collegi e dire: “scusate, ma da oggi non avrete più finanziamenti a pioggia, false pensioni di invalidità, eccetera”. Ecco perchè la nostra proposta è stata bocciata. La questione delle autonomie provinciali è più complessa. Infatti è necessario scrivere e fare approvare una proposta di legge che cambi la Costituzione italiana. Devo dire che abbiamo già i testi elaborati da Giovanni Capelluzzo, ex presidente della provincia di Bergamo, da Manuela Dal Lago, presidente della provincia di Vicenza, e da molti altri sensati amministratori che hanno seguito la loro strada. Il progetto secondo me si dovrebbe svolgere come segue: In tutte le 103 Province della Repubblica italiana dovrà essere obbligatorio svolgere un referendum, in modo che tutti i cittadini potranno scegliere se la loro Provincia dovrà essere una Provincia autonoma, oppure se preferiscono restare come oggi. Quel referendum si dovrà svolgere in tutte le Province, incluso Trento, Bolzano, e anche nella Valle D’Aosta, perchè siamo tutti uguali e non ci devono essere cittadini di serie A e di serie B. La legge dovrà anche prevedere nei dettagli cosa significa essere una “Provincia autonoma”. E’ chiaro che il modello dovrà essere quello di Trento e Bolzano, ma, secondo me, con molta più autonomia. Le provincie dove la maggioranza dei cittadini avrà votato per il sistema di autonomia dovranno mandare a Roma al massimo il 30% delle tasse pagate dai soggetti residenti. Questa cifra dovrà essere calcolata su una base imponibile uguale per tutte le Province che hanno votato per l’autonomia, mentre sul resto ci potrà essere concorrenza fiscale. Le altre Province invece continueranno come oggi a mandare quasi tutte le tasse a Roma. Il contributo massimo del 30% servirà per le politiche di solidarietà e per finanziare i pochi servizi generali che lo Stato darà in ogni caso anche alle Province autonome, come l’esercito, la politica estera e poco altro. La legge dovrà identificare i pochi servizi che lo Stato dovrà in ogni caso garantire anche alle Province autonome in cambio del loro contributo fiscale. A parte questo, le Province che sceglieranno l’autonomia non avranno il diritto di ricevere nessun altro servizio gratuito dallo Stato. Gli amministratori, oppure gli stessi cittadini che molto spesso saranno chiamati a decidere con lo strumento del referendum, sceglieranno se “comprare” dallo Stato italiano certi servizi, oppure se autoprodurli, oppure se comperarli da terzi. Questo è un punto importante e vi chiedo di valutarlo. Oggi, in pratica, con le tasse che paghiamo noi comperiamo dei servizi dallo Stato: sanità, pensioni, ordine pubblico, istruzione, giustizia eccetera. Ma lo Stato opera in regime di monopolio: questi servizi li dobbiamo comperare da lui, non abbiamo scelta e non c’è concorrenza. Ecco perchè i servizi sono così scadenti: quando non c’è concorrenza non c’è nè efficienza nè creatività. Dunque la mia “modesta proAnno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Il parlamento di Chignolo posta” prevede che chi sceglie la via della Provincia autonoma dovrà, tanto per fare un esempio, farsi le sue strade. Se la Provincia vorrà potrà scegliere come fornitore l’ANAS, che è dello Stato. In questo caso tratterà il prezzo, poi gli darà dei soldi e in cambio l’ANAS farà le strade e provvederà alla loro manutenzione. Ma la Provincia potrà anche rivolgersi ad altri, oppure potrà farsi le sue strade in economia. E lo stesso vale per l’istruzione, per l’ordine pubblico, per la sanità eccetera. E potete essere sicuri che dovendo operare in regime di concorrenza lo Stato sarà molto più efficiente di oggi. Perchè se non sarà efficiente “perderà clienti”, come è giusto che sia. Cosa ne pensate? Lasciatemi fare un banale esempio di concorrenza fiscale e di autonomia. Supponiamo che gli amministratori della Provincia “A” a un bel momento decidono che la malavita ha superato i limiti di guardia e che è assolutamente necessario eliminare il clan degli albanesi che sfruttano la prostituzione. E’ necessario eliminare le loro violenze, le loro lotte, e certe inaccettabili scene che ormai si vedono per strada a tutte le ore. Gli amministratori di quella Provincia dopo averle provate tutte ed esserne usciti sempre sconfitti, elaborano una drastica proposta che prevede la riapertura delle case chiuse. E’ necessario che abbiano il potere di poter proporre ai loro amministrati un referendum su questa loro proposta. Supponiamo che si faccia il referendum e che la proposta sia accettata dalla maggioranza dei cittadini della Provincia “A”. In questo caso in quella Provincia le case chiuse saranno legali, anche se naturalmente i singoli Comuni, se vorranno, potranno vietarle sul loro territorio. In questo modo quella Provincia prenderà tre piccioni con una fava: a) Gli albanesi non avranno più niente da guadagnare col racket della prostituzione, e così o si cercheranno un altro lavoro, oppure se ne andranno fuori dalle scatole. Andranno in Francia oppure andranno nella vicina Provincia “B” dove magari la sinistra sarà riuscita a non far passare il referendum. Questo vuole semplicemente dire che la maggioranza dei cittadini della Provincia “B” per motivi morali si sono dichiarati contrari alle case chiuse, e sono contrari al punto che preferiscono vedere per Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 le loro strade prostitute e morti ammazzati. Oppure i cittadini di quella Provincia hanno in mente un altro sistema per combattere la criminalità e la prostituzione. Benissimo: tanti auguri. In questo caso quella Provincia dovrà avere l’autono mia necessaria per provare sistemi alternativi. E se questi sistemi funzioneranno saranno copiati da altre Province. Il bello di un sistema con ampie autonomie è proprio questo. Tante soluzioni, tanta creatività, e alla fine ci si misura sui risultati. La qualità della vita non potrà che migliorare. b) Nella Provincia “A” ci sarà più ordine morale nelle strade. c) La Provincia “A” incasserà più soldi perchè i gestori delle case chiuse e le professioniste che ci lavorano dovranno pagare tasse e contributi sociali. Questo consentirà alla Provincia di ridurre le altre tasse oppure di fare più investimenti. Ho fatto apposta questo esempio-limite, che in realtà è una provocazione, perchè si cominci a discutere sulle caratteristiche e sui confini del concetto di autonomia. Ma a pensarci bene cosa c’è di strano o di scandaloso in questa proposta? Nel Nevada ci sono case chiuse che sono quotate in borsa a Wall Street. Negli altri Stati invece sono vietate. Questo significa che oggi ai cittadini del Nevada gli sta bene così. Quando alla maggioranza non gli andrà più bene, le vieteranno anche lì. Nel Texas non ci sono case chiuse: sono vietate. Però nel Texas c’è la pena di morte. Io penso che a casa sua ognuno deve essere libero di fare quello che la maggioranza sceglie democraticamente, con referendum ed ogni volta che ci sono delle elezioni. 8. Conclusioni Come vedete abbiamo le idee molto chiare su cosa vogliamo per la nostra terra: autonomia economica e legislativa. E’ necessario identificare i mezzi da utilizzare per realizzare il nostro progetto. E’ quello che abbiamo tentato di fare con le proposte del 70% , delle autonomie provinciali, del Parlamento del Nord e con altri progetti. Sono tutti passi nella direzione dell’autonomia economica e legislativa. Poi c’è un secondo problema, quello della comunicazione. Noi diciamo cose su cui il 99% dei cittadini che risiedono e lavorano nelle Regioni del Nord è d’accordo. Tutti infatti si rendono conto di quanto è ingiusto il sistema nel quale stiamo vivendo e tutti (chi più e chi meno) pagano di persona per la sua inefficienza e mancanza di responsabilità. Però poi danno fiducia a chi invece sostiene quel sistema. Non possiamo nasconderci dietro un dito e dire che tutti sono addormentati o disonesti o incapaci di analizzare, capire e formarsi una opinione: assumiamoci le nostre responsabilità. Noi dobbiamo saper spiegare le nostre proposte, in modo da non spaventare i nostri concittadini e in modo da dimostrare una chiarezza Quaderni Padani - 51 che non sempre abbiamo avuto. Questo numero dei Quaderni Padani ha proprio questo scopo: essere una specie di “guida alla libertà della Padania”. Il passo successivo spetta ad ognuno di noi, e si tratta di non scoraggiarsi e di continuare a parlare e ragionare con la gente. In questo compito nessuno ci può sostituire. Appendice: bozza per discussione dello Statuto del Contribuente Padano CAPO I PRINCIPI GENERALI ART.1 (efficacia) 1. Le norme contenute nel presente atto costituiscono lo “Statuto dei diritti e dei doveri del contribuente padano” e contengono i principi inderogabili di tutela del contribuente nei rapporti con l’amministrazione finanziaria. Sono prive di efficacia le disposizioni di legge in contrasto con quanto stabilito nel presente atto. ART.2 (imparzialità) 1. L’amministrazione finanziaria è al servizio del contribuente e, come tale, il suo operato deve favorire l’esecuzione degli adempimenti richiesti ai contribuenti dalla legge, garantendo efficienza, efficacia ed imparzialità nello svolgimento della propria attività. ART.3 (diritto di imparzialità) 1. Il sistema fiscale non deve operare alcuna sperequazione nei confronti dei contribuenti, che hanno il diritto di un’applicazione imparziale della legge. CAPO II GARANZIE PER IL CONTRIBUENTE ART.4 (diritto di utilizzare i vantaggi della legge) Il contribuente ha il diritto di usufruire di tutti i vantaggi previsti dalla legge e di condurre i propri affari in modo tale da pagare il minimo d’imposta previsto dalla normativa. ART.5 (rapporti fra fisco e contribuente: l’ufficio unico) 1. I rapporti fra fisco e contribuente 52 - Quaderni Padani fanno riferimento ad un ufficio unico, sia per la molteplicità dei tributi, sia per la pluralità degli enti impositori. 2. Il contribuente ha diritto di essere trattato con cortesia e considerazione in tutti i rapporti che intrattiene con l’amministrazione finanziaria. ART.6 (diritto di informazione e di interpello) 1. Il contribuente ha diritto ad avere un’informazione tempestiva e precisa sugli obblighi e sui benefici che gli spettano, in relazione a ciascun tributo. La modulistica relativa deve essere pubblicata almeno tre mesi prima del suo impiego. 2. E’ previsto il diritto di interpello secondo il quale l’amministrazione finanziaria deve rispondere al contribuente inderogabilmente entro trenta giorni, assumendosi, di conseguenza, tutte le responsabilità della risposta. ART.7 (principio della buona fede) 1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, che dovrà essere sempre presunta fino a prova contraria. ART.8 (verifiche e accertamenti) 1. In caso di controllo, ma con esclusione delle fattispecie in cui si configurino reati punibili penalmente, il contribuente ha diritto di essere informato con almeno 10 giorni di preavviso e gli dovrà altresì essere comunicato lo scopo della visita stessa e la documentazione che dovrà esibire. 2. Le verifiche e gli accertamenti delle dichiarazioni del contribuente devono essere effettuati entro tre anni dal termine ultimo di presentazione della dichiarazione, senza possibilità di pro- roghe. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, detto termine è elevato a cinque anni rispetto alla data in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. ART.9 (diritto di opposizione) 1. Il contribuente ha il diritto di contestare le decisioni prese a suo carico dall’amministrazione finanziaria e può esercitare questo diritto entro un termine tassativo. Se il contribuente ha prodotto istanza di opposizione, l’amministrazione deve procedere ad un esame imparziale della pratica. Se la questione non viene risolta secondo le richieste del contribuente, questi può agire attraverso il contenzioso tributario. ART.10 (somme contestate) 1. Il contribuente ha il diritto di trattenere le somme contestate, con riserva di un interesse previsto per legge, fino a quando i funzionari dell’amministrazione o gli organi del contenzioso non abbiano preso una decisione sull’oggetto della contestazione. In caso di appello ad un grado superiore, il contribuente può fornire una garanzia anzichè pagare le somme contestate. CAPO III DOVERI DEL CONTRIBUENTE ART.11 (pagamento imposte, adempimenti e richiesta di informazioni) Il contribuente ha il dovere di pagare le imposte entro i termini prescritti dalla legge, di osservare gli adempimenti previsti dalla legge e di rispondere alle richieste di informazioni dell’amministrazione finanziaria. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Allegati Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Quaderni Padani - 53 Costituzione Federale provvisoria Il Decalogo di Assago è stato redatto da Gianfranco Miglio, con contributi dei collaboratori della Fondazione Salvadori. E’ stato presentato ad Assago, il 12 dicembre 1993, al 2 Congresso della Lega Lombarda. Il testo è stato pubblicato sul settimanale Lega Nord, n.50, anno XI, 17 dicembre 1993 Art. 1 L’ Unione Italiana è la libera associazione della Repubblica Federale del Nord, della Repubblica Federale dell’Etruria e della Repubblica Federale del Sud. All’Unione aderiscono le attuali Regioni autonome di Sicilia, Sardegna, Valle d'Aosta, TrentinoAlto Adige e del Friuli Venezia Giulia. Art. 2 Nessun vincolo è posto alla circolazione ed all’attività dei cittadini delle Repubbliche Federali sul territorio dell’Unione. Tale libertà può essere limitata soltanto per motivi di giustizia penale. Art. 3 Le Repubbliche Federali sono costituite dalle attuali Regioni, sia a Statuto ordinario che speciale; le Regioni a Statuto ordinario gestiscono le stesse competenze attualmente attribuite alle Regioni a Statuto speciale. Plebisciti definiranno l’area rispettiva delle tre Repubbliche Federali. Art. 4 Ogni Repubblica Federale conserva il diritto di stabilire e modificare il proprio ordinamento interno; ma in ogni caso la funzione esecutiva è svolta da un Governo presieduto da un Governatore eletto direttamente dai cittadini della Repubblica stessa. Art. 5 La Dieta provvisoria di ogni Repubblica Federale è composta da cento membri, tratti a sorte fra i consiglieri regionali eletti nell’ambito della Repubblica medesima. Secondo la Costituzione definitiva la Dieta ste alcun rilievo istituzionale. Il primo Ministro può essere deposto dal voto qualificato dell’Assemblea Politica dell’Unione. Art. 8 Il sistema fiscale finanzia con tributi municipali le spese dei Municipi medesimi. Il gettito degli altri tributi viene ripartito fra le Repubbliche Federali in funzione del luogo dove la ricchezza è stata prodotta o scambiata, fatte salve la quota necessaria per il finanziamento dell Unione e la quota destinata a finalità di redistribuzione territoriale dell-a ricchezza. Art. 9 Nei bilanci annuali e pluriennali dell’Unione delle Repubbliche Federali deve essere stabilito il limite massimo raggiungibile dalla pressione tributaria e dal ricorso al credito sotto qualsiasi forma. Le spese dell’Unione, delle Repubbliche Federali, delle Regioni e degli Enti territoriali minori e di altri soggetti pubblici, non possono in alcun momento eccedere il 50% del prodotto interno lordo annuale dell’Unione. La Sezione economica della Corte Costituzionale è incaricata di vegliare sul rispetto di questa norma e di prendere provvedimenti anche di carattere sostitutivo. Art. 10 Le Istituzioni e le norme previste dalla Costituzione promulgata il 27 dicembre 1947, che non siano incompatibili con la presente Costituzione Federale provvisoria, continuano ad avere vigore, fino all’approvazione, con Referendum Popolare, della Costituzione Federale definitiva. Il Decalogo di Assago 54 - Quaderni Padani sarà eletta direttamente dai cittadini. Le Diete riunite formano l'Assemblea Politica dell’Unione. La funzione legislativa spetta esclusivamente ad un altro Collegio rappresentativo, formato da 200 membri, eletti da tutti i cittadini dell’Unione e articolato in una pluralità di corpi e competenze speciale. Art. 6 Il governo dell’Unione spetta ad un Primo Ministro, eletto direttamente dai cittadini dell’Unione stessa. Egli esercita le sue funzioni coadiuvato e controllato da un Direttorio da lui presieduto e composto dai Governatori delle tre Repubbliche Federali e dal responsabile del Governo di una delle cinque Regioni che per prime hanno sperimentato un’autonomia avanzata, cioè quelle indicate come Regioni a Statuto Speciale, che ruotano in tale funzione. Le decisioni relative al settore economico e finanziario, e altre materie indicate tassativamente dalla Costituzione definitiva, devono essere prese dal Direttorio all’unanimità. Art. 7 Il Governo dell’ Unione è competente per la politica estera e le relazioni internazionali, per 1a difesa estrema dell’Unione, per l’ordinamento superiore della Giustizia, per la moneta e il credito, per i programmi economici generali e le azioni di riequilibrio. Tutte le altre materie spettano alle Repubbliche Federali ed alle loro articolazioni. Il Primo Ministro nomina e dimette i Ministri i quali agiscono come suoi diretti collaboratori; la loro collegialità non rive- Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Proposta di Riforma Federalista della Costituzione della Repubblica Italiana Documento presentato a Genova, il 6 novembre 1994, al 3 Congresso della Lega Nord. La prima parte del testo è stata redatta da Ettore Albertoni, Roberto Biza, Gianmaria Galimberti, Sergio Ortino e Giancarlo Pagliarini. La seconda da Francesco Speroni. Lo stesso testo è stato allegato (con la modifica di alcuni articoli) sul libro di Umberto Bossi, Tutta la verità (Milano: Sperling & Kupfer Editori, 1995), pagg. 210-237. Le modifiche riguardano principalmente il Titolo V (Gli Stati), il Titolo VI (Le Regioni, le Province, i Comuni) e la sua Sezione II (Il sistema finanziario). PRINCIPI FONDAMENTALI Art. 1 L’Italia è una Repubblica Federale fondata sui principi della democrazia e dello Stato di diritto. I suoi valori fondamentali sono la libertà individuale e di mercato e la solidarietà tra i cittadini. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 2 La Repubblica Federale italiana è costituita da Comuni, Province, Regioni, Stati e Federazione; ciascuno di essi è fornito di autonomi poteri di imposizione fiscale in ragione del perseguimento dei rispettivi compiti fissati dalla Costituzione e dalle leggi di attuazione. La bandiera della Repubblica Federale è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni. Art. 3 Ogni persona ha diritto alla vita. La Repubblica Federale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 4 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica Federale rimuovere tutti gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. A tale scopo la Repubblica Federale si organizza conformemente al principio di sussidiarietà, sia per quanto riguarda i singoli cittadini e le formazioni sociali, sia per quanto riguarda i soggetti pubblici territoriali e non territoriali, nazionali ed internazionali. Art. 5 La Repubblica Federale riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro in tutte le sue forme e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. secondo i propri Statuti, purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con la Repubblica Federale sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso morale, materiale e culturale dell’intera comunità italiana. Art. 6 La Repubblica Federale è composta dai seguenti Stati (popolazione in milioni): 1. Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria (6.1); 2. Lombardia (8.8); 3. Trentino-Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia (6.3); 4. Emilia, Toscana (6.1); 5. Romagna, Umbria, Marche, Lazio (5.3); 6. Abruzzi, Molise, Basilicata, Puglia (6.6); 7. Campania, Calabria (7.6); 8. Sicilia (4.9); 9. Sardegna (1.7); e dalle seguenti Regioni 1. Piemonte; 2. Valle d’Aosta; 3. Lombardia; 4. Trentino-Alto Adige; 5. Veneto; 6. Friuli-Venezia Giulia; 7. Liguria; 8. Emilia-Romagna; 9. Toscana; 10. Umbria; 11. Marche; 12. Lazio; 13. Abruzzi; 14. Molise; 15. Campania; 16. Puglia; 17. Basilicata; 18. Calabria; 19. Sicilia; 20. Sardegna. La città di Roma è capitale della Repubblica Federale e costituisce il Distretto Federale. Le Province ed i Comuni, costituiti in enti autonomi all’interno di ciascuna Regione con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione, sono gli ordinamenti territoriali di base in cui si forma, si sviluppa e si consolida la vita democratica della Repubblica Federale. Art. 7 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Esse hanno diritto di organizzarsi Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Art. 8 La Repubblica Federale protegge l’ambiente attraverso la disciplina del territorio, la tutela del suolo, delle acque, del paesaggio, del patrimonio storico, artistico e naturale, della flora e della fauna, nonché attraverso la difesa del territorio e della salute pubblica dall’inquinamento e dal rumore. Art. 9 La Repubblica Federale promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Art. 10 L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica Federale secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici. Art. 11 La Repubblica Federale ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. A tale scopo la Repubblica Federale aderisce ai principi ed ai valori delle Nazioni Unite ed impegna la sua politica a realizzarli. La Repubblica Federale collabora allo sviluppo dell’Unione Europea per la realizzazione della Federazione degli Stati Uniti d’Europa. Art. 12 La lingua ufficiale della Repubblica Federale è l’Italiano; la Repubblica Federale tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Quaderni Padani - 55 PARTE I DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI TITOLO I - RAPPORTI CIVILI Art. 13 La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Art. 14 Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali. Art. 15 La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. Art. 16 Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge. Art. 17 I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. 56 - Quaderni Padani Art. 18 I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Art. 19 Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume . Art. 20 Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. Art. 21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, l’immagine ed ogni altro mezzo di diffusione, con i soli limiti tassativamente previsti dalla legge a tutela dei diritti della persona. Nessuna manifestazione del pensiero può essere soggetta a censura. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a reprimere manifestazioni contrarie al buon costume, nonché a prevenire ed a reprimere quelle che possano ledere i minori nella formazione della loro personalità e cultura. Particolare disciplina è riservata alle manifestazioni lesive, attuate attraverso il mezzo televisivo. Nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge tutti hanno il diritto di ricercare, trasmettere e ricevere informazioni. Sono vietate la raccolta e l’uso di informazioni che implichino discriminazioni o lesioni dei diritti fondamentali della persona. La Repubblica Federale garantisce il pluralismo dei sistemi informativi. La legge detta le norme necessarie per impedire le concentrazioni. Stabilisce la pubblicità della proprietà e dei mezzi di finanziamento della stampa e delle emittenti radiofoniche e televisive. Riconosce carattere di preminente interesse generale al servizio pubblico radiotelevisivo e definisce le modalità per l’istituzione e l’esercizio di emittenti radiotelevisive da parte di privati. Disciplina il diritto di rettifica e le condizioni per l’accesso di singoli e di gruppi al servizio pubblico radiotelevisivo. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni. Si può procedere a sequestro di mezzi di diffusione dell’informazione soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge lo preveda, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto. Art. 22 Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome. Art. 23 Nessuna prestazione personale o patrimoniale, ordinaria o straordinaria, può essere imposta se non in base alla legge. Art. 24 Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. Art. 25 Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. Art. 26 L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici. Art. 27 La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Art. 28 I funzionari e i dipendenti di tutti gli enti territoriali e pubblici della Repubblica Federale sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti. In tali casi la responsabilità civile si estende agli enti di appartenenza. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 TITOLO II RAPPORTI ETICO-SOCIALI Art. 29 La Repubblica Federale riconosce e tutela i diritti della famiglia. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. Art. 30 E’ dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità e della maternità. Art. 31 La Repubblica Federale agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. Promuove un’equa e sollecita normativa in materia di adozioni, affidamenti e affiliazioni. Art. 32 La Repubblica Federale tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Art. 33 L’arte, la tecnica e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica Federale detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per la Repubblica Federale. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non pubbliche che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole pubbliche. E’ prescritto un esame di Stato per la ammissione ai vari ordini e gradi di scuole, per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, Università ed Accademie, svolgono la loro attività secondo Statuti che ne garantiscono l’autonomia e nei limiti stabiliti dalle leggi della Repubblica Federale. Art. 34 La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore è obbligatoria e gratuita ed è impartita per un periodo minimo prefissato dalla legge. La Repubblica Federale assicura alle famiglie la libertà di scelta tra scuola pubblica e scuola privata secondo le forme prefissate dalla legge. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi economici, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica Federale rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso e secondo legge. TITOLO III RAPPORTI ECONOMICI Art. 35 L’economia della Repubblica Federale si basa sul libero mercato, sul lavoro in tutte le sue forme, sulla libera iniziativa economica dei cittadini. La legge fissa le norme che disciplinano e garantiscono la concorrenza ed il libero accesso ai mercati. La Repubblica Federale garantisce la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori; promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali, intesi ad affermare e regolare i diritti della libera iniziativa e del lavoro; riconosce la libertà di emigrazione e di mobilità dei capitali e dei beni al proprio interno e verso l’estero, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge; tutela il lavoro italiano all’estero. Art. 36 Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso adeguata ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale ed a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. Art. 37 La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare, assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica Federale tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Art. 38 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano previsti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. I disabili fisici e psichici hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati da Enti pubblici. L’assistenza privata è libera. La Repubblica Federale garantisce ai cittadini la libertà di scelta tra assistenza pubblica ed assistenza privata secondo le forme prefissate dalla legge. Art. 39 L’organizzazione sindacale è libera ed autofinanziata. L’ordinamento interno e l’attività dell’organizzazione sindacale devono essere conformi ai principi ed alla prassi della democrazia. La legge, ai fini del conferimento di efficacia obbligatoria generale ai contratti collettivi di lavoro e ai fini della produzione di altri effetti giuridici, determina i criteri per l’accertamento della rappresentatività dei sindacati. I bilanci dei sindacati debbono essere pubblici e depositati nelle forme di legge. Art. 40 Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano. Art. 41 L’iniziativa economica privata è libera e non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Art. 42 La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono della Repubblica Federale, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita; la legge ne determina i modi di acquisto, di godimento e di trasferimento. La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge e salvo equo indennizzo, espropriata per motivi di comprovato interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti della Repubblica Federale sulle eredità. Art. 43 La proprietà pubblica di attività e beni economici è limitata alla produzione di quei beni e servizi di interesse pubblico che non siano altrimenti offerti dall’iniziativa privata. Art. 44 Al fine di conseguire un razionale ed adeguato sfruttamento del suolo la Repubblica Federale promuove la boniQuaderni Padani - 57 fica e la valorizzazione delle terre, la ricostituzione ed il potenziamento delle unità produttive agricole, aiuta la piccola e media proprietà terriera. Art. 45 La Repubblica Federale riconosce la funzione sociale della cooperazione che abbia comprovato carattere di mutualità. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato. Art. 46 Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica Federale riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Art. 47 La Repubblica Federale incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Il potere di vigilanza sulle aziende di credito è affidato dalla legge ad un organo autonomo, distinto dalla Banca Centrale. La Repubblica Federale favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei complessi industriali, commerciali, bancari ed assicurativi del Paese. TITOLO IV - RAPPORTI POLITICI Art. 48 Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile e per effetto di sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. Art. 49 La Repubblica Federale riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere a determinare la politica nazionale secondo i principi fissati dalla Costituzione. L’ordinamento interno e l’attività dei partiti devono essere conformi ai principi ed alla prassi della democrazia. I bilanci dei partiti debbono essere pubblici e depositati nelle forme di legge. Art. 50 Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Assemblee per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità . 58 - Quaderni Padani Art. 51 Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica Federale. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro. Art. 52 La difesa della patria è imprescrittibile dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa ai prinicipi della Costituzione. Art. 53 Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Art. 54 Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica Federale e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. PARTE II ORDINAMENTO della REPUBBLICA FEDERALE TITOLO I - IL PARLAMENTO Sezione I - Le Assemblee Art. 55 Il Parlamento si compone dell’Assemblea Federale e dell’Assemblea degli Stati. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Assemblee nei soli casi stabiliti dalla Costituzione. Art. 56 L’Assemblea Federale è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati all’Assemblea Federale è di quattrocentosettantacinque. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto la maggiore età. La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica Federale, quale risulta dall’ultimo cen- simento generale della popolazione, per quattrocentosettantacinque e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. Art. 57 L’Assemblea degli Stati, i cui componenti assumono il titolo di senatori, è eletta a base regionale mediante suffragio universale e diretto. Art. 58 Il numero dei senatori è di trecentoquindici. Sono eleggibili a senatori coloro che, nel giorno delle elezioni, hanno compiuto il 35° anno di età. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette, il Molise ne ha due, la Valle d’Aosta uno. La ripartizione dei seggi fra le Regioni, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall’ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei resti più alti. Art. 59 L’ Assemblea Federale e l’Assemblea degli Stati sono elette per quattro anni. Art. 60 L’elezione della nuova Assemblea Federale ha luogo entro trenta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il decimo giorno dalle elezioni. Finché non sia riunita la nuova Assemblea Federale sono prorogati i poteri della precedente. Art. 61 L’Assemblea Federale si riunisce di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Ciascuna Assemblea può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti. Art. 62 Ciascuna Assemblea elegge tra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di Presidenza. Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di Presidenza sono quelli dell’Assemblea Federale. Art. 63 Ciascuna Assemblea adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Assemblee e il Parlamento riunito possono deliberare di adunarsi in seduta segreta. Le deliberazioni di ciascuna Assemblea e del Parlamento in seduta comune non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Assemblee, hanno diritto di assistere alle sedute. Se richiesti, hanno l’obbligo di assistere alle sedute, anche tramite rappresentanti appartenenti al proprio dicastero. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono. Art. 64 La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato e di senatore. Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Assemblee. Art. 65 L’Assemblea Federale e l’Assemblea degli Stati giudicano dei titoli di ammissione dei propri componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità. Art. 66 Ogni membro dell’Assemblea Federale esercita le sue funzioni nell’interesse della Repubblica Federale. Art. 67 I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione dell’Assemblea alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile. Art. 68 I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge. Sezione II - La formazione delle leggi Art. 69 La Federazione è competente ad esercitare la funzione legislativa in via esclusiva nelle seguenti materie mediante deliberazione congiunta dei due rami del Parlamento: · Affari esteri, fatta salva la possibilità per le Regioni di stipulare accordi relativi alle materie di proprio interesse non di competenza dello Stato; · Difesa Federale; · Organizzazione Federale della sicurezza pubblica; · Ordinamento della navigazione marittima ed aerea; · Servizi postali, telefonici e radiotelevisivi, interni ed internazionali; · Codificazione penale, ordinamento e reclutamento delle giurisdizioni superiori; · Moneta. La Federazione è competente a prevedere la concessione di aiuti finanziari a Stati o a Regioni per investimenti di particolare importanza in tali aree, al fine di impedire una turbativa dell’equilibrio economico generale e per equilibrare la natura e lo stato dei servizi prestati alle rispettive popolazioni. Gli aiuti finanziari hanno luogo sulla base di contributi sostenuti per metà con risorse della Federazione e per metà con risorse degli Stati o delle Regioni interessate. Tali aiuti devono essere autonomamente evidenziati nei bilanci dei rispettivi enti territoriali a seconda che siano in uscita o in entrata. La politica di coesione e solidarietà tra gli Stati e le Regioni sono attuate dalla Federazione mediante risorse derivanti da specifica imposizione federale. La Federazione con legge può adottare per i vari enti territoriali misure volte a tutelare l’ordinamento generale da perturbazioni dell’equilibrio economico generale. Tali misure, in via indicativa, possono concernere l’assunzione di prestiti o il mantenimento di fondi infruttiferi presso la Banca d’Italia. Art. 70 La Federazione è altresì competente ad esercitare la funzione legislativa in via esclusiva nelle seguenti materie mediante la deliberazione dell’Assemblea Federale: · Bilancio della Federazione; · Calamità naturali; · Politica energetica federale; · Beni culturali e paesistici, di rilievo federale, parchi e riserve federali, tutela ecologica di interesse federale; · Finanza federale, compresa la codificazione sanzionatoria e procedurale relativa ai tributi federali; · Ricerca scientifica e tecnologica, attività aerospaziale di interesse federale; · Pesi, misure e determinazioni del tempo; · Rilevazioni statistiche federali; · Passaporti, immigrazione ed emigrazione; · Diritti politici, elettorali, di circolazione, soggiorno e residenza; · Norme elettorali per il Parlamento europeo e norme di incompatibilità per i membri dell’Assemblea Federale; · Cittadinanza; · Dogane; · Stato civile; · Esplosivi ed armi non di uso individuale; · Energia nucleare; · Diritto del lavoro; · Istituti previdenziali obbligatori; · Esercizio di arti e professioni; Le funzioni amministrative per le materie elencate dagli articoli 69 e 70 spettano alla Federazione. Le Regioni a Statuto speciale conservano competenze definite nei rispettivi Statuti, ancorchè ricomprese nell’elenco di cui al primo comma. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Gli articoli da 71 a 82 della Costituzione si applicano alla formazione delle leggi di cui all’art. 69, e, per quanto compatibili, alle leggi di cui all’art.70. Art. 71 L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Assemblee ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge della Federazione, approvata da entrambi i rami del Parlamento a maggioranza assoluta dei componenti. Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto per articoli. Art. 72 Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza. Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. Art. 73 Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica Federale entro un mese dall’approvazione. Se le Assemblee, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esse stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. Art. 74 Il Presidente della Repubblica Federale, prima di promulgare la legge, può, con messaggio motivato alle Assemblee, chiedere una nuova deliberazione. Se le Assemblee approvano nuovamenQuaderni Padani - 59 te la legge, questa deve essere promulgata. Art. 75 E’ indetto referendum popolare consultivo, abrogativo e approvativo di una legge o di un atto avente valore di legge della Repubblica Federale, quando lo richiedano cinquecentomila elettori, cinque Consigli Regionali o due Parlamenti Statali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto a partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere l’Assemblea Federale. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. Art. 76 L’esercizio della funzione legislativa, non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti. Art. 77 Il Governo non può, senza delegazione delle Assemblee, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, nelle sole materie relative alla sicurezza nazionale, alle calamità naturali, all’introduzione di norme finanziarie urgenti ed indifferibili, o al recepimento di atti normativi dell’Unione Europea, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Assemblee che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. L’entrata in vigore dei decreti è subordinata all’espressione da parte del Presidente della Repubblica, di parere positivo circa l’esistenza dei presupposti richiesti dal comma precedente; qualora il parere risulti positivo limitatamente a parti o singole disposizioni, queste sole entrano in vigore. I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Assemblee possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Non è consentito riprodurre in successivi decreti elementi contenuti in decreti respinti. Art. 78 Le Assemblee deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. Art. 79 L’amnistia e l’indulto sono concessi dal 60 - Quaderni Padani Presidente della Repubblica Federale su legge di delegazione delle Assemblee. Non possono applicarsi ai reati commessi dal Presidente della Repubblica Federale su legge di delegazione delle Assemblee. Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione. Art. 80 Ogni accordo o trattato di natura internazionale è portato dal Governo a conoscenza delle Assemblee prima della sua sottoscrizione. Su richiesta di un terzo dei membri di una delle Assemblee, da presentarsi entro i successivi trenta giorni, il Parlamento si pronuncia sull’accordo o trattato. Il termine può essere ridotto, in casi eccezionali, su richiesta del Governo. Decorso il termine senza che sia stata presentata la richiesta di esame, si intende che il Parlamento consente, a tutti i fini, l’ulteriore corso dell’accordo o trattato. E’ sempre autorizzata con legge la ratifica degli accordi o trattati internazionali che importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi e di quelli relativi all’assunzione di obblighi militari. La procedura di cui ai commi precedenti si applica anche in caso di denuncia o di recesso dagli accordi vigenti. Art. 81 Le Assemblee approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Art. 82 L’Assemblea Federale può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria. TITOLO II - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE Art. 83 Il Presidente della Repubblica Federale è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All’elezione partecipano dieci delegati per ogni Regione estratti a sorte fra i cittadini iscritti nelle liste elettorali . La Valle d’Aosta ha tre delegati. L’elezione del Presidente della Repubblica Federale ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta. Art. 84 Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquant’anni di età e goda dei diritti civili e politici. L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge. Art. 85 Il Presidente della Repubblica Federale è eletto per sei anni e non è rinnovabile nel mandato dopo la prima elezione. Sessanta giorni prima che scada il termine, il Presidente dell’Assemblea Federale convoca in seduta comune il Parlamento ed i rappresentanti delle Regioni per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Se le Assemblee sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Assemblee nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica. Art. 86 Le funzioni del Presidente della Repubblica Federale, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica Federale, il Presidente dell’Assemblea Federale indice l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Assemblee sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla loro cessazione. Art. 87 Il Presidente della Repubblica Federale rappresenta l’unità della Nazione Italiana. Svolge anche le funzioni di Capo di Stato della Federazione. Può inviare messaggi alle Assemblee. Indice le elezioni delle nuove Assemblee e ne fissa la prima riunione. Autorizza la presentazione alle Assemblee dei disegni di legge di iniziativa del Governo. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge ed i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari della Federazione. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Assemblee. Ha il comando delle Forze Armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Assemblee. Presiede il Consiglio Superiore della Magistratura. Può concedere grazie e commutare le pene. Conferisce le onorificenze della Repubblica. Art. 88 Il Presidente della Repubblica Federale può, sentito il suo Presidente, sciogliere l’Assemblea Federale. Lo scioglimento anticipato dell’Assemblea Federale comporta automaticamente lo scioglimento anticipato e contestuale dell’Assemblea degli Stati. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura. Art. 89 Nessun atto del Presidente della Repubblica Federale è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. Art. 90 Il Presidente della Repubblica Federale non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Art. 91 Il Presidente della Repubblica Federale, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica Federale e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune. TITOLO III - IL GOVERNO Sezione I - Il Consiglio dei Ministri. Art. 92 Il Governo della Repubblica Federale è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono, insieme, il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i Ministri. Art. 93 Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica Federale. Art. 94 Il Governo deve avere la fiducia dell’Assemblea Federale. La stessa accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale; non può porsi questione di fiducia da parte del Governo su alcuna materia in votazione da parte dell’Assemblea Federale. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta all’Assemblea per ottenerne la fiducia. Il voto contrario dell’Assemblea su una proposta del Governo importa obbligo di dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti dell’Assemblea Federale e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione. Art. 95 Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene la unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei Ministri. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri. Art. 96 Il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione dell’Assemblea degli Stati o dell’Assemblea Federale, secondo le norme stabilite con legge. Sezione II - La Pubblica Amministrazione Art. 97 L’Amministrazione pubblica è disciplinata da Statuti e Regolamenti sulla base di principi determinati dalle leggi. Gli indirizzi dell’Amministrazione sono determinati dagli organi istituzionali degli enti. Le Amministrazioni sono separate dai rispettivi organi istituzionali. Gli organi istituzionali sono coadiuvati, nell’esercizio delle proprie funzioni, da uffici composti da personale strettamente necessario allo scopo. Le autorità indipendenti sono costituite con legge. Gli organi istituzionali non ne determinano gli indirizzi né la composizione. Art. 98 Costituisce pubblico interesse che tutto il personale delle pubbliche amministrazioni operi esclusivamente con criteri di efficacia, efficienza, produttività, funzionalità, imparzialità e trasparenza. Ogni pubblico dipendente risponde periodicamente dell’applicazione di tali criteri nello svolgimento della sua attività e nell’organizzazione del lavoro all’ufficio al quale appartiene. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Una quota della retribuzione è rapportata ai criteri di cui al comma precedente ed è periodicamente verificata e determinata. I funzionari pubblici, rendendo conto periodicamente della loro attività, documentano i risultati progressivamente conseguiti nell’efficenza dell’ufficio o del servizio, la riduzione dei costi perseguita, il miglioramento della qualità. I compiti dei funzionari pubblici sono definiti in modo che risultino le responsabilità professionali, personali, in conseguenza di atti, omissioni e ritardi nei confronti dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. Art. 99 Contro le azioni ed omissioni dell’amministrazione, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale per motivi di legittimità. La tutela deve essere efficace e comprendere il risarcimento per ogni lesione arrecata illegittimamente. La legge prevede ricorsi amministrativi ed altri istituti idonei a favorire la risoluzione non giurisdizionale delle controversie con la pubblica amministrazione. La legge definisce i requisiti di ammissione ed i criteri di specializzazione dei magistrati addetti agli organi giurisdizionali che conoscono delle controversie con la pubblica amministrazione. Il reclutamento e gli organici dei giudici amministrativi di primo grado sono previsti solo su base regionale. Art. 100 L’amministrazione svolge la sua attività secondo criteri di efficacia, efficienza, produttività, funzionalità, imparzialità e trasparenza. Le amministrazioni pubbliche sono dirette e gestite attraverso un sistema di controllo interno di gestione che rileva periodicamente i costi delle unità di prodotto e di servizio ed i risultati conseguiti, sulla base di indicatori specifici continuamente aggiornati anche in relazione a quelli delle amministrazioni similari. Sui risultati dell’esercizio del controllo interno di gestione, viene data comunicazione, su richiesta, ai cittadini, ai componenti degli organi istituzionali elettivi ed alle altre amministrazioni. I procedimenti amministrativi sono regolati in modo che sia assicurato il pieno ed assoluto rispetto dei criteri di cui al primo comma. Le leggi sulla Pubblica amministrazione e le decisioni amministrative sono adotatte ed approvate previo esame analitico delle conseguenze sull’organizzazione amministrativa e sulla sua efficenza. Nella disciplina dell’attività amministrativa sono garantiti i diritti all’informazione, alla partecipazione nei procedimenti, al controllo dei servizi, alla motivazione delle decisioni. Quaderni Padani - 61 I procedimenti amministrativi devono essere conclusi entro i termini previsti. Per ogni inerzia dell’amministrazione è previsto rimedio sostitutivo. Art. 101 Gli impiegati pubblici ed i funzionari professionali sono assunti ed accedono alle qualifiche superiori solo mediante concorsi pubblici che sono svolti su base regionale e per ruoli organici regionali. Nelle più alte cariche federali devono trovarsi, in un rapporto adeguato, funzionari di tutti gli Stati. Le persone adibite agli altri uffici federali devono, di regola, provenire dallo Stato in cui esplicano la loro attività. L’indipendenza e l’imparzialità nella gestione e nella disciplina del personale sono garantiti anche dalla composizione degli organi ad essi preposti. I funzionari professionali all’atto dell’inserimento ed in permanenza del rapporto di lavoro dichiarano ed aggiornano la personale appartenenza a partiti, movimenti politici, sindacati e associazioni volontarie. Sezione III - Gli organi ausiliari. Art. 102 La Banca d’Italia è la Banca Centrale della Repubblica Federale; essa è autonoma ed ha come compito fondamentale di garantire la stabilità dei prezzi. Le sue funzioni e le sue competenze possono essere trasferite alla Banca centrale dell’Unione Europea. Il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti sono indipendenti. La nomina dei loro componenti non è di competenza del Governo. Essi svolgono esclusivamente le funzioni dell’amministrazione di appartenenza. Le Corti dei Conti Federali e Regionali controllano la legittimità dell’attività delle amministrazioni della rispettiva circoscrizione, assicurano la regolarità dei conti, raccolgono e confrontano gli indicatori di efficienza e riferiscono all’Assemblea Federale ed ai Consigli Regionali. Il Consiglio di Stato è organo di consulenza delle amministrazioni pubbliche e della giustizia nell’amministrazione di secondo grado. TITOLO IV - LA MAGISTRATURA Sezione I - L’ordinamento giurisdizionale. Art. 103 La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge. Art. 104 La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. 62 - Quaderni Padani Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. Art. 105 Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge. I Tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. Art. 106 La magistratura costituisce un ordine autonomo indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica Federale. Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo, dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio. Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professionali, né far parte di un Parlamento o di un Consiglio regionale. Art. 107 Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Art. 108 Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. I magistrati inquirenti sono eletti dai cittadini secondo norme stabilite con legge della Repubblica Federale. La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni non inquirenti attribuite a giudici singoli. Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano o siano stati iscritti negli Albi speciali per le giurisdizioni superiori per almeno dieci anni. Art. 109 I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottato per i motivi e con le garanzie di difesa stabiliti dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare. I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni. Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Art. 110 Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del Pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia. Art. 111 L’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. Art. 112 Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministero della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Sezione II - Norme sulla giurisdizione Art. 113 Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati . Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione . Art.114 Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. Art. 115 Contro gli atti della Pubblica Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. TITOLO V - GLI STATI Art. 116 Gli Stati sono enti territoriali con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione. Sono organi dello Stato il Parlamento, che svolge la funzione legislativa; il Presidente che svolge la funzione esecutiva; la Corte Costituzionale che svolge la funzione di giustizia costituzionale. Il Presidente rappresenta lo Stato. Ogni Parlamento è composto dai Senatori dell’Assemblea degli Stati, eletti nell’ambito delle Regioni che fanno parte dello Stato, e da un numero di membri dei Consigli delle Regioni che fanno parte dello Stato, pari al numero dei deputati dell’Assemblea Federale spettanti alla popolazione delle Regioni dello Stato. La Valle d’Aosta ha diritto a tre Consiglieri. Art. 117 Ogni Stato ha un proprio Statuto in armonia con la Costituzione; esso viene deliberato a maggioranza assoluta dei componenti del parlamento statale ed approvato, su richiesta di un terzo dei componenti del parlamento statale, da un referendum popolare. Art. 118 Ogni Stato esercita la funzione legislativa nelle materie non riservate dalla presente Costituzione alla Federazione o ad altri enti territoriali. Può delegare funzioni legislative a Regioni, Province e Comuni di appartenenza. Art. 119 Lo Stato non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito fra gli Stati. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra gli Stati. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio Federale la loro professione, impiego o lavoro. Art. 120 Ogni legge approvata dal Parlamento statale è comunicata al Commissario del Presidente della Repubblica Federale, residente nel capoluogo dello Stato che, salvo il caso di opposizione da parte del Presidente della Repubblica Federale, deve visitarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione. La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal Parlamento statale e il Presidente della Repubblica Federale lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati. Il Presidente della Repubblica Federale, quando ritenga che una legge approvata dal Parlamento statale ecceda la competenza dello Stato o contrasti con gli interessi federali o con quelli di altri Stati o Regioni, la rinvia al parlamento statale nel termine fissato per l’apposizione del visto. Ove il parlamento statale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Presidente della Repubblica Federale può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale Federale. essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Il presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal consiglio regionale tra i suoi componenti. TITOLO VI - LE REGIONI, LE PROVINCE, I COMUNI Art. 128 Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi dello Stato. La legge può in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale. Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge dello Stato. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione. Art. 121 Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta ed il suo Presidente. Art. 122 Il Consiglio Regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato. Nel Consiglio regionale devono trovare adeguata rappresentanza le Province ed i Comuni della Regione. Art. 123 La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative della Regione. Art. 124 Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie di competenza dello Stato, salvo quelle di interesse locale che sono attribuite dalle leggi allo Stato, alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali. Art. 125 Il sistema di elezione, il numero ed i casi di ineleggibilità dei consiglieri regionali sono stabiliti con legge dello Stato. Nessuno può appartenere contemporaneamente ad un Consiglio regionale e ad una delle Assemblee del Parlamento federale o ad un altro consiglio regionale. Il Consiglio elegge nel suo seno un Presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori. I consiglieri regionali non possono Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Art. 126 Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi dello Stato, stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali. Lo Statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge dello Stato. Art. 127 Un Commissario del Governo Federale, residente nel capoluogo della Regione sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dalla Federazione. Art. 129 Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all’invito del Governo federale di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni. Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica Federale, sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Federazione. Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio. Art. 130 Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge dello Stato, esercita il controllo di legittimità sugli Quaderni Padani - 63 atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali. In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione. Art. 131 Si può con legge della Federazione, approvata dai due rami del Parlamento federale a maggioranza assoluta dei componenti e sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse. Si può, con referendum e con legge della Federazione, approvata da entrambi i rami del Parlamento federale a maggioranza assoluta dei componenti e sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra. Art. 132 Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Province nell’ambito di una Regione sono stabiliti con leggi dello Stato, su iniziativa dei Comuni e sentita la stessa Regione. La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni. Art. 133 I Comuni e le Province hanno autonomia normativa ed amministrativa, autonomia finanziaria di entrata e di spesa, autogoverno nelle forme della democrazia diretta e rappresentativa, autonomia statutaria ed organizzativa. Sezione I - Il sistema finanziario Art. 134 Ogni ente territoriale previsto dalla Costituzione sostiene le spese relative ai propri compiti in modo autonomo, salvo diversa disposizione della Costituzione. Art. 135 La redazione dei conti pubblici deve essere fondata sui principi della trasparenza e della chiarezza, in modo che siano individuate le fonti, la natura, la destinazione e l’entità delle entrate e delle spese annuali, pluriennali e permanenti. Art. 136 Gli enti pubblici territoriali sono autonomi e reciprocamente indipendenti in materia di bilancio. La legge di bilancio può, con espresso voto favorevole dei due terzi dei pre- 64 - Quaderni Padani senti dell’assemblea eletta, stabilire nuovi o maggiori oneri, indicando i mezzi per farvi fronte per tutta la loro durata. Per l’approvazione di tali nuovi o maggiori oneri è sufficiente la maggioranza dei votanti, se esse si pongono in diretta e mera esecuzione di disposizioni costituzionali. Art. 137 Ogni legge, diversa da quella di bilancio, che comporti nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi di copertura finanziaria per l’intero periodo di applicazione e deve essere approvata dai due terzi dei presenti dell’assemblea elettiva. Per l’approvazione di tali leggi è sufficiente la maggioranza dei votanti, se esse si pongono in diretta e mera esecuzione di disposizioni costituzionali. TITOLO VII - LE GARANZIE COSTITUZIONALI Sezione I - La Corte Costituzionale Federale Art. 138 La Corte Costituzionale Federale giudica: · sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, come pure dei regolamenti, della Federazione e dello Stato; · sui conflitti di attribuzione tra i poteri della Federazione e su quello tra la Federazione e gli Stati e tra gli Stati; · sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica Federale; · sull’ammissibilità dei referendum popolari a livello federale. Art. 139 La Corte Costituzionale Federale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dall’Assemblea Federale, per un terzo dall’Assemblea degli Stati e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative. I giudici della Corte Costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinarie ed amministrative, i professori ordinari di Università in materie giuridiche e gli avvocati che abbiano esercitato la professione per almeno venti anni e siano stati iscritti negli Albi per le giurisdizioni speciali per almeno dieci anni. I Giudici della Corte Costituzionale sono nominati per nove anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, costituzionale e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica sino alla scadenza dall’uffi- cio di giudice. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica Federale intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari. Art. 140 Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata all’Assemblea Federale ed all’Assemblea degli Stati e ai parlamenti statali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali. Art. 141 Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte. Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. Contro le decisioni della Corte Costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. TITOLO VIII - LA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE Sezione I - Procedimento ordinario Art. 142 Se non altrimenti previsto dalla Costituzione, le leggi di revisione della costituzione sono adottate a maggioranza assoluta dall’Assemblea Federale con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e, successivamente, dall’Assemblea degli Stati a maggioranza dei due terzi dei membri. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri dell’Assemblea Federale, un terzo dei Consigli Regionali, o cinquecentomila elettori. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Sezione II - Procedimenti speciali Art. 143 Una legge che modifica disposizioni costituzionali in conseguenza dell’e- Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 sercizio delle competenze della Federazione in materia internazionale e di Unione Europea, deve essere approvata dalla maggioranza assoluta dell’Assemblea Federale e dall’Assemblea degli Stati e dalla maggioranza dei voti validi espressi in occasione di un referendum popolare confermativo. di ogni tipo ed in ogni momento delle procedura ad eccezione della funzione giurisdizionale. Art. 144 Una legge che modifica la ripartizione delle competenze tra i vari enti territoriali, stabilita dalla Costituzione, deve essere approvata dalla maggioranza assoluta dell’Assemblea Federale e dalla maggioranza dei tre quarti dei membri dell’Assemblea degli Stati. Art. 147 La presente Costituzione è la legge suprema della Repubblica Italiana; essa rende invalida ed inefficace ogni disposizione normativa incompatibile. Nessuna disposizione di questa Costituzione rende invalide od inefficaci le leggi emanate, gli atti adottati o le misure prese dai competenti enti territoriali, necessari in conseguenza degli obblighi discendenti dalla partecipazione della Repubblica Federale Italiana all’Unione Europea o alle comunità o alle relative istituzioni, o dagli organismi competenti in forza dei trattati istitutivi delle Comunità, di avere forza di legge nella Repubblica Federale. Art. 145 Oltre ai casi indicati espressamente dalla presente Costituzione, con legge che necessita della maggioranza assoluta dei voti dell’assemblea Federale e dell’Assemblea degli Stati, si possono introdurre altre ipotesi di partecipazione popolare alle decisioni fondamentali Sezione III - Limiti Art. 146 La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Le leggi di ratifica ed esecuzione dei trattati in vigore al momento dell’emanazione della presente Costituzione, anche se in contrasto con la presente costituzione, hanno piena validità ed efficacia e potranno essere modificate o abrogate solo con leggi di revisione costituzionale di cui all’art. 143. Se non altrimenti disposto da questa Costituzione, tutte le leggi e gli atti ad esse equiparati attualmente in vigore nella Repubblica Italiana, come pure tutti gli organi ed i soggetti pubblici attualmente esistenti, continueranno rispettivamente ad avere validità e ad esercitare le proprie funzioni, come se la revisione di questa Costituzione in senso federale non fosse stata approvata; essi nondimeno potranno essere revocati, aboliti o modificati dagli organi e soggetti competenti in conformità dei poteri conferiti da questa Costituzione. Quaderni Padani - 65 Disegno di Legge Costituzionale Revisione della Costituzione sulla forma di Stato e sulla forma di governo Art. 1. (PARTECIPAZIONE A COMUNITA” SOVRANAZIONALI) 1. Dopo l’articolo 11 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 11-bis. - L’Italia, nel rispetto dei diritti inviolabili della persona umana e dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale, consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità conseguenti al conferimento a comunità sovranazionali dell’esercizio di poteri sovrani previsti dai relativi trattati istitutivi e dalle convenzioni che ne estendano le attribuzioni. L’Italia promuove e favorisce la formazione dell’unione politica tra gli Stati membri dell’Unione europea”. Art. 2. (SENATO DELLA REPUBBLICA) 1. L’articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 57. - Il Senato della Repubblica è composto da membri dei governi regionali, che li nominano e revocano. Ogni Regione ha almeno tre voti, salvo la Valle d’Aosta ed il Molise che ne hanno uno: le Regioni con più di tre milioni di abitanti ne hanno cinque; quelle con più di cinque milioni di abitanti ne hanno sette; quelle con più di otto milioni di abitanti ne hanno nove. Ogni Regione può inviare tanti membri quanti sono i suoi voti. I voti di una Regione nel Senato della Repubblica possono essere dati soltanto unitariamente e soltanto dai membri presenti o dai loro sostituti. Il Senato della Repubblica elegge il suo Presidente ogni anno. Il Presidente convoca il Senato. Deve comunque convocarlo se lo richiedono almeno tre Regioni o il Governo. I membri del Senato della Repubblica hanno diritto di assistere alle sedute della Camera dei deputati e delle sue Commissioni. Sono sentiti ogni volta che lo richiedono”. 2. L’articolo 58 della Costituzione è abrogato. Art. 3. (SENATORI DI DIRITTO E A VITA) 1. L’articolo 59 della Costituzione è abrogato. 66 - Quaderni Padani “Disegno di Legge costituzionale di iniziativa del senatore Speroni”, comunicato alla presidenza il 21 gennaio 1995 (Senato della Repubblica, XII Legislatura, n.l403). Il documento è stato elaborato da Francesco Speroni, in veste di Ministro per le riforme istituzionali del governo Berlusconi, con la collaborazione di un “Comitato di studio sulle riforme istituzionali, elettorali e costituzionali” (nominato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 luglio 1994, n.400) e composto da quindici professori (Ettore Albertoni, Giovanni Bognetti, Romano Cajelli, Gian Franco Ciaurro, Vittorio Di Ciolo, Giuseppe Franco Ferrari, Serio Galeotti, Francesco Gentile, Pietro Grilli di Cortona, Aldo Loiodice, Alberto Martinelli, Carlo Mezzanotte, Sergio Ortino, Ettore Rotelli e Nazareno Saitta). Il testo era preceduto dalla seguente presentazione: “Onorevoli Senatori. Per mia iniziativa, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri è stato a suo tempo costituito un comitato per lo studio e l’elaborazione di una proposta di revisione della Costituzione. Il comitato, da me presieduto nella mia qualità di Ministro per le riforme istituzionali, ha completato i propri lavori nel dicembre del 1994, entro i tempi prefissati, stilando un testo che è stato inoltrato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per la diramazione e la successiva discussione ed eventuale approvazione. La crisi del governo Berlusconi ha interrotto l’iter del provvedimento, sino ad ora non ripreso da parte del governo Dini, che nel suo programma non ha, in effetti, incluso l’argomento. Pur essendo primo firmatario di analogo ma differente disegno di legge, sottoscrivo anche l’allegato testo, al fine di poterlo offrire, anche formalmente, al Parlamento, in prospettiva dell’imminente dibattito sulle riforme istituzionali.” Art. 4. (GARANZIE PER LE MINORANZE PARLAMENTARI) 1. Il secondo comma dell’articolo 62 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un quinto dei componenti”. Art. 5. (INCOMPATIBILITA” TRA LA CARICA DI MINISTRO ED IL MANDATO PARLAMENTARE) 1. All’articolo 65 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: “L’ufficio di Primo Ministro o di Ministro è incompatibile con il mandato parlamentare”. Art. 6. (FUNZIONI LEGISLATIVE DELLO STATO) 1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 70. - La funzione legislativa è riservata allo Stato nelle seguenti materie: 1) politica estera e relazioni internazionali; commercio con l’estero; 2) difesa e forze armate; 3) sicurezza pubblica e misure di prevenzione; 4) moneta, attività finanziarie, risparmio, credito sovraregionali; contabilità dello Stato; 5) ordinamento delle giurisdizioni; 6) ordinamento civile, penale e processuale; 7) normativa tecnica, pesi e misure, determinazione del tempo; 8) trasporti e comunicazioni sovraregionali; 9) cittadinanza, stato civile, condizione giuridica degli stranieri; 10) ordinamento delle professioni; 11) armi, esplosivi e materiale strategico; 12) livelli minimi inderogabili delle prestazioni sanitarie; 13) contenuti dei vincoli per la tutela dei beni culturali, storici ed artistici; 14) livelli minimi inderogabili dell’istruzione; 15) parchi nazionali istituiti alla data del 1 gennaio 1995; 16) produzione e distribuzione nazionale dell’energia; 17) ricerca scientifica e tecnologica di rilievo nazionale; 18) poste; telecomunicazioni ed informazione radiotelevisiva nazionali; 19) minimi inderogabili di trattamento normativo nei rapporti di lavoro; tutela e sicurezza del lavoro; istituti previdenziali obbligatori; 20) lavori pubblici afferenti alle materie di competenza statale; 21) tributi erariali; 22) statistica nazionale, disciplina generale della raccolta e della diffusione di dati statistici; 23) tutela della concorrenza. Con le competenze dello Stato in materia di relazioni internazionali e di commercio con l’estero concorrono competenze regionali secondo quanto previsto dall’articolo 117-bis. Con legge approvata da entrambe le Camere, previa intesa con le Regioni interessate, lo Stato può delegare a tutte le Regioni o ad alcune di esse la disciplina, a mezzo di proprie leggi, di materie di competenza statale. La legge di delegazione prevede la durata, i casi ed i modi di cessazione della delega. Art. 7. (FUNZIONE LEGISLATIVA) 1. Dopo l’articolo 70 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 70-bis. - La funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica, nei casi e nei modi stabiliti dal presente articolo. Sono esaminati ed approvati in identico testo da entrambe le Camere i disegni di legge costituzionale ed elettorale, quelli concernenti l’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni costituzionali, quelli che prevedono misure restrittive della libertà personale, quelli relativi alla tutela delle minoranze linguistiche, quelli di attuazione degli articoli 7 e 8, quelli di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e quelli di cui agli articoli 70-ter e 70-quater. Per i disegni di legge diversi da quelli indicati al comma precedente la funzione legislativa è esercitata dalla Camera dei deputati. Tuttavia il Governo o un quinto dei componenti del Senato della Repubblica possono Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 chiedere, entro quindici giorni dalla approvazione di un disegno di legge da parte della Camera dei deputati, che esso sia sottoposto all’esame del Senato. In tal caso il Senato, entro i trenta giorni successivi, può rinviare il disegno di legge con osservazioni e proposte alla Camera dei deputati, che si pronuncia in via definitiva entro trenta giorni. In caso di un disegno di legge dichiarato urgente i termini suddetti si intendono ridotti della metà. I regolamenti della Camera e del Senato definiscono le modalità atte ad assicurare l’osservanza di tali termini”. Art. 8. (LEGISLAZIONE ANTICONGIUNTURALE DELLO STATO) 1. Dopo l’articolo 70-bis della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 70-ter. - Al fine di evitare eventuali pericoli di turbative dell’equilibrio economico generale, la legge dello Stato, approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, può stabilire: A) l’ammontare massimo, le condizioni e la successione nel tempo del ricorso al credito da parte di enti territoriali e consorzi; B) l’impegno dello Stato e delle Regioni a mantenere depositi infruttiferi presso la Banca d’Italia”. Art. 9. (LEGISLAZIONE DI RIEQUILIBRIO DELLO STATO) 1. Dopo l’articolo 70-ter della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 70-quater. - Una legge dello Stato, approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati e dai quattro quinti dei componenti del Senato della Repubblica, può prevedere la concessione di aiuti finanziari alle Regioni per investimenti di particolare rilevanza in tali aree, al fine di impedire eventuali turbative dell’equilibrio economico generale o per equilibrare la natura e lo stato dei servizi prestati alle rispettive popolazioni. Gli aiuti finanziari hanno luogo sulla base di contributi per metà a carico dello Stato e per metà a carico delle Regioni. Tali aiuti sono autonomamente ed integralmente registrati nei bilanci dei rispettivi enti territoriali”. Art. 10. (RAPPORTI TRA IL GOVERNO E LE CAMERE) 1. Dopo l’articolo 71 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 71-bis. - Su richiesta del Governo l’ordine del giorno delle Camere prevede, con priorità e nell’ordine indicato dal Governo stesso, l’esame dei disegni di legge presentati o accettati dal Governo. Sempre su richiesta del Governo ciascuna Camera si pronuncia con un solo voto su tutto o parte del testo in discussione, con gli emendamenti proposti o accettati dal Governo”. Art. 11. (PROCEDURE LEGISLATIVE ABBREVIATE) 1. L’articolo 72 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 72. - Ogni disegno di legge presentato alla Camera dei deputati è, secondo le norme del suo regolamento. esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa. che l’approva articolo per articolo e con votazione finale. Lo stesso procedimento è adottato per i disegni di legge esaminati dal Senato della Repubblica. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle Commissioni. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza, su richiesta del Governo o di un quinto dei membri della Camera davanti alla quale sono stati presentati, con votazione a maggioranza assoluta dei componenti. In tal caso i competenti organi parlamentari decidono, nell’ambito della programmazione dei lavori, la durata della discussione, i tempi di intervento e il termine entro il quale deve essere concluso l’esame del disegno di legge, termine che non può essere complessivamente superiore a sessanta giorni. Tale procedura non può essere adottata in materia costituzionale od elettorale, né per l’approvazione di bilanci o consuntivi. Il regolamento può altresì stabilire in quali casi e forme disegni di legge possono essere assegnati a Commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari, in sede redigente per la deliberazione dei singoli articoli, riservando all’Assemblea la votazione finale. Anche in tali casi, fino al momento della votazione finale da parte dell’Assemblea, il disegno di legge è sottoposto alla procedura normale di esame e di approvazione su richiesta del Governo o di un decimo dei componenti di una Camera o di un quinto dei membri della Commissione. La procedura normale di esame e di approvazione è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi”. Art. 12. (DEFERIMENTO PREVENTIVO ALLA CORTE COSTITUZIONALE SU RICORSO DI MINORANZE PARLAMENTARI) 1. Dopo l’articolo 72 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 72-bis. - Entro cinque giorni dalla sua approvazione una legge può essere deferita all’esame della Corte costituzionale, per motivi di legittimità costituzionale, su iniziativa di almeno un quarto dei componenti di una Camera. La Corte costituzionale si pronuncia entro trenta giorni”. Art. 13. (PROMULGAZIONE DELLE LEGGI) 1. Il primo comma dell’articolo 73 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica non prima di cinque giorni e comunque entro un mese dalla loro approvazione”. 2. All’articolo 73 della Costituzione, in fine, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: “Per le leggi di cui può essere richiesto l’esame da parte del Senato della Repubblica a Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 norma dell’articolo 70-bis, terzo comma, la promulgazione avviene non prima del quindicesimo giorno dall’approvazione da parte della Camera dei deputati. Se l’esame da parte del Senato è richiesto, la promulgazione ha luogo dopo la scadenza del termine posto per l’esame oppure, qualora il Senato rinvii il progetto con osservazioni o proposte immediatamente dopo che la Camera si è pronunciata in via definitiva. Per le leggi deferite all’esame della Corte costituzionale, ai sensi dell’articolo 70-bis, la promulgazione non ha luogo fino al completamento delle procedure previste. In caso di reiezione della questione di legittimità costituzionale, la legge è promulgata”. Art. 14. (PROTESTA” REGOLAMENTARE DEL GOVERNO) 1. Dopo l’articolo 71 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 71-bis. - I regolamenti di attuazione delle leggi sono adottati dal Governo, su deliberazione del Consiglio dei ministri, oppure dalle Regioni, quando la materia non richieda una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale. Il Governo è autorizzato ad emanare norme giuridiche, anche in deroga a leggi ordinarie, in materia di organizzazione dei pubblici uffici e in altre materie non riservate dalla Costituzione alla legge né comprese tra quelle di cui all’ultimo comma dell’articolo 72. Il Governo comunica alle Camere lo schema di decreto predisposto. Entro sessanta giorni dalla comunicazione le Camere possono prendere in esame e respingere lo schema predisposto dal Governo; altrimenti, decorso tale termine, il decreto acquista forza di legge”. Art. 15. (INIZIATIVA REFERENDARIA) 1. L’articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 75. - Gli elettori possono essere chiamati ad esprimere il proprio voto su di un progetto di legge redatto in articoli proposto su iniziativa referendaria da almeno un milione di elettori. Il Referendum è indetto dal Presidente della Repubblica dopo centottanta giorni dalla dichiarazione di ammissibilità da parte della Corte costituzionale e non ha luogo ove il progetto di legge sia stato approvato in via definitiva integralmente o con modifiche che ne rispettino i contenuti essenziali. Il progetto sottoposto a Referendum è approvato se alla consultazione ha partecipato la maggioranza degli elettori e se ha espresso voto favorevole almeno la metà dei votanti. Non è ammessa l’iniziativa referendaria per le leggi tributarie e di bilancio o che comunque comportino erogazioni finanziarie a vantaggio di determinate categorie di cittadini, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e per le leggi costituzionali. Il Referendum si svolge secondo le modalità stabilite con legge dello Stato”. Art. 16. (DECRETI-LEGGE) 1. L’articolo 77 della Costituzione è sosti- Quaderni Padani - 67 tuito dal seguente: “Art. 77. - In casi di necessità e di urgenza concernenti la sicurezza nazionale, calamità naturali, norme finanziarie che debbono entrare immediatamente in vigore o il recepimento e l’attuazione di atti normativi dell’Unione europea, il Governo adotta provvedimenti provvisori con forza di legge. Il Governo, il giorno stesso, presenta il decreto-legge alle Camere per la conversione in legge. Le Camere, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni. I decreti-legge contengono misure di immediata applicazione e di carattere specifico ed omogeneo. Non possono reintrodurre disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti il procedimento. I decreti-legge perdono efficacia fin dall’inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Possono tuttavia essere regolati con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. I decreti-legge non convertiti non possono essere reiterati, né il Governo può emanare decreti che ne riproducano sostanzialmente il contenuto, se non siano trascorsi centottanta giorni dalla reiezione o dalla scadenza del termine per la conversione. Con la legge di conversione non possono essere apportate modificazioni al decretolegge, salvo che per quanto attiene la copertura degli oneri finanziari. I regolamenti parlamentari stabiliscono idonee procedure affinchè le Camere possano comunque deliberare sulla conversione o sulla reiezione del decreto-legge entro il termine di cui al comma precedente”. Art. 17. (BILANCIO E LEGISLAZIONE DI SPESA) L’articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 81. - Il Governo presenta ogni anno alle Camere il bilancio di previsione annuale ed il rendiconto consuntivo, che sono approvati con legge. Nei bilanci annuali e triennali sono stabiliti, con riferimento ai rispettivi periodi, il limite massimo raggiungibile dalla pressione tributaria statale e il limite massimo del ricorso da parte dello Stato al credito sotto qualsiasi forma. I limiti stabiliti possono essere superati, su iniziativa del Governo, nel caso di impreviste e inderogabili necessità. L’esercizio provvisorio del bilancio annuale non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio di previsione, annuale e triennale, non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. La legge determina i contenuti e la struttura del bilancio di previsione, dei provvedimenti legislativi di variazione e del rendiconto, nonché gli obblighi di informazione al Parlamento sull’andamento delle entrate e delle spese. In ogni caso le entrate provenienti dall’accensione di prestiti e non destinate ai rimborsi di prestiti già esistenti possono essere impiegate esclusivamente per finanziare spese in conto capitale. Gli emendamenti al disegno di legge di approvazione del bilancio sono ammessi sol- 68 - Quaderni Padani tanto se hanno carattere compensativo e, se di iniziativa parlamentare e qualora il Governo esprima parere contrario, sono approvati a maggioranza assoluta dei componenti della Camera in cui sono stati presentati. Ogni altra legge che importi riduzioni di entrate oppure nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte per l’intero periodo di applicazione. I disegni di legge e gli emendamenti che prevedono riduzioni di entrate oppure nuovi o maggiori oneri sono approvati a maggioranza assoluta, qualora il Governo esprima parere contrario per motivi riguardanti la copertura finanziaria. Fino alla votazione finale di ogni disegno di legge di spesa o di minore entrata il Governo può chiedere la sospensione dell’esame, per un periodo non superiore a trenta giorni, se motivata con la violazione dei criteri di equilibrio finanziario votati dalle Camere con l’approvazione del disegno di bilancio annuale e triennale. Trascorso tale periodo il disegno di legge può essere approvato solo a maggioranza assoluta”. Art. 18. (CONTROLLO PARLAMENTARE) L’articolo 82 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 82. - La funzione di controllo sul Governo e sulla pubblica amministrazione è esercitata dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati nei casi e nei modi stabiliti dal presente articolo. Il Senato della Repubblica controlla in particolare l’attuazione e l’efficacia delle leggi, le nomine pubbliche in organi od enti con funzioni di garanzia, il finanziamento degli enti pubblici, l’attività di indirizzo e di coordinamento nei confronti delle Regioni e degli altri enti territoriali, l’attuazione delle politiche comunitarie, l’andamento della spesa pubblica in raccordo funzionale con la Corte dei conti. La Camera dei deputati dispone inchieste su materie di pubblico interesse, deliberando anche su proposta di ciascuno dei suoi membri. Si procede in ogni caso all’inchiesta se la proposta riceve il voto favorevole di almeno un quarto dei componenti della Camera. A tale scopo il Presidente della Camera nomina una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. Il Presidente della Camera, d’intesa con i gruppi parlamentari, può nominare, in luogo della Commissione, un Comitato composto da tre deputati. La Commissione di inchiesta o il Comitato procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”. Art. 19. (ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) 1. L’articolo 83 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 83. - Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto, a maggioranza assoluta dei voti espressi. Se questa maggioranza non viene conseguita al primo scrutinio, si procede entro quindici giorni ad una votazione di ballottaggio tra i due candidati più votati, nella quale è eletto il candidato che ha conseguito la maggioranza dei voti”. Art. 20. (CANDIDATURE PER L’ELEZIONE PRESIDENZIALE) 1. Dopo il primo comma dell’articolo 84 della Costituzione è inserito il seguente: “Le candidature sono presentate alla segreteria della Corte di cassazione entro il quindicesimo giorno antecedente alla data fissata per l’elezione, con la sottoscrizione di almeno cinquantamila elettori. Ciascun gruppo parlamentare costituito presso almeno una delle Camere ha facoltà di proporre un candidato anche senza sottoscrizione di elettori”. Art. 21. (SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLA CAMERA) 1. L’articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 88. - Il Presidente della Repubblica scioglie la Camera dei deputati, sentito il suo Presidente, in caso di voto di sfiducia al Primo Ministro. Il Presidente della Repubblica scioglie altresì la Camera su richiesta di almeno due terzi dei componenti. In caso di scioglimento anticipato della Camera, il Presidente della Repubblica decade dal mandato e si procede ad una nuova elezione contestuale alla elezione della Camera”. Art. 22. (NOMINA E COMPOSIZIONE DEL GOVERNO) 1. L’articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 92. - Il Presidente della Repubblica nomina e revoca il Primo Ministro e, su proposta di questo i Ministri e i Vice-ministri. Il numero dei Ministri non può essere superiore a diciotto. La legge determina il numero e le attribuzioni dei Vice-ministri. Il Primo Ministro e i Ministri costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri, che è presieduto dal Presidente della Repubblica. Per deroga espressa e con ordine del giorno determinato, le riunioni del Consiglio dei Ministri possono essere presiedute dal Primo Ministro. Le funzioni di membro del Governo sono incompatibili con il mandato parlamentare. I Ministri e i Vice-ministri possono essere revocati dal Presidente della Repubblica, su proposta del Primo Ministro.”. 2. Nel testo della Costituzione e delle leggi, le parole: “Presidente del Consiglio dei Ministri”, ovunque ricorrano, sono, sostituite dalle altre: “Primo Ministro”. Art. 23. (IL GOVERNO IN PARLAMENTO) 1. L’articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 94. - Il Primo Ministro, entro dieci giorni dalla nomina, espone alla Camera dei deputati il programma del Governo e la sua composizione. Il Governo è tenuto a dimettersi in caso di approvazione di una mozione motivata di sfiducia, votata per appello nominale dalla Camera dei deputati. Il voto contrario della Camera su una proposta del Governo non importa obbligo di Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 dimissioni. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione. In caso di dimissioni del Governo non conseguenti ad un voto parlamentare di sfiducia, il Primo Ministro deve dichiarare e motivare la volontà del Governo di dimettersi davanti alla Camera. Il Primo Ministro dimissionario non può essere immediatamente nominato di nuovo nella carica”. Art. 24. (MINISTERI E STRUTTURE DEL GOVERNO NAZIONALE) 1. Dopo il terzo comma dell’articolo 95 della Costituzione è aggiunto il seguente: “I Ministeri e le altre strutture del Governo nazionale possono essere istituiti soltanto nelle materie riservate alla competenza dello Stato”. Art. 25. (OPPOSIZIONE PARLAMENTARE) 1. Dopo l’articolo 96 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 96-bis. - L’Opposizione costituzionale è formata da tutti i deputati che, dopo la presentazione programmatica che il Primo Ministro svolge alla Camera dei deputati entro dieci giorni dalla nomina, votano per appello nominale contro il programma del Governo. I deputati assenti possono manifestare anche successivamente la loro adesione all’Opposizione costituzionale. Il Capo dell’Opposizione è eletto da tutti i deputati appartenenti all’Opposizione costituzionale ai sensi del primo comma. Con le stesse modalità può essere revocato”. Art. 26. (RUOLO ED ATTRIBUZIONE DEL CAPO DELL’OPPOSIZIONE) 1. Dopo l’articolo 96-bis della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 96-ter - Il Capo dell’Opposizione rappresenta l’Opposizione costituzionale, come potenziale alternativa di governo, sia nella Camera dei deputati sia nei rapporti con gli altri organi costituzionali. Il Capo dell’Opposizione è sentito dal Presidente della Repubblica e dal Primo Ministro, oltre che in caso di guerra o di grave emergenza nazionale, nei casi previsti dal regolamento della Camera o dalle leggi, nelle quali è stabilita la formazione di organi o di autorità indipendenti di garanzia”. Art. 27. (IMPARZIALITA”, TRASPARENZA ED EFFICIENZA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) 1. L’articolo 97 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 97. - I pubblici uffici dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni sono organizzati con regolamenti dei rispettivi livelli di governo, sulla base dei principi stabiliti dalla legge dello Stato, in modo che siano assicurati l’imparzialità, la trasparenza e l’efficienza della amministrazione. La legge dello Stato assicura il diritto di accesso agli atti e l’intervento nei procedimenti dell’amministrazione e ne disciplina le forme ed i limiti. Le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di decidere sulle istanze loro rivolte dai cittadini entro i termini stabiliti dalla legge. La legge regola gli effetti dell’inadempimento. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti in via generale e preventiva dalla legge dello Stato. approvata da entrambe le Camere”. Art. 28. (LIMITI A GARANZIA DELL’IMPARZIALITA” DEI PUBBLICI IMPIEGATI) 1. L’articolo 98 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 98. - I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo delle istituzioni statali, regionali e locali da cui rispettivamente dipendono. Se sono membri delle Camere o del Governo oppure di un Consiglio o di una Giunta regionali non possono conseguire promozioni se non per anzianità. Non possono iscriversi nÈ partecipare all’attività di partiti e movimenti politici i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia. i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”. Art. 29. (GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA) 1. Dopo l’articolo 103 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 103-bis. - I Tribunali amministrativi regionali, con sede presso ogni capoluogo di Regione, giudicano sui ricorsi proposti avverso provvedimenti di Regioni, Province e Comuni e di enti pubblici dipendenti. Presso ogni capoluogo di Regione sono istituite sezioni speciali del Consiglio di Stato quali giudici di secondo grado in ordine alle sentenze emesse dal Tribunale amministrativo regionale operante nell’ambito della Regione e quali giudici di primo grado per i ricorsi proposti avverso provvedimenti delle autorità statali operanti nell’ambito della Regione. Le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato aventi sede in Roma sono giudici di primo grado per i ricorsi proposti avverso provvedimenti delle autorità statali centrali e degli enti pubblici nazionali e ultraregionali e giudici di appello in ordine alle decisioni emesse in primo grado dalle sezioni regionali del Consiglio di Stato. All’adunanza plenaria del Consiglio di Stato è assegnata anche la competenza di giudice di secondo grado in ordine alle decisioni emesse dalle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato con sede in Roma. Con legge della Repubblica sono stabilite la composizione delle sezioni regionali del Consiglio di Stato e l’organizzazione dei relativi uffici”. Art. 30. (NORME SULLA MAGISTRATURA) 1. All’articolo 108 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma: “I magistrati amministrativi, contabili e Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 militari costituiscono ordini indipendenti con le stesse modalità di assunzione e garanzie stabilite per i giudici ordinari”. Art. 31. (ENTI DELLA REPUBBLICA) 1. L’articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni e dallo Stato”. Art. 32. (COMUNI, PROVINCE E REGIONI) 1. L’articolo 115 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 115. - I Comuni, le Province e le Regioni sono enti autonomi con propri poteri e funzioni, articolati secondo il principio di sussidiarietà. Hanno tutti autonomia statutaria, organizzativa, normativa, amministrativa finanziaria. Ciascuno di tali enti ha una assemblea eletta a suffragio universale diretto. Se accorpati in enti locali di nuova istituzione, la Provincia ed il Comune possono assumere diverse denominazioni e funzioni”. Art. 33. (STATUTO DELLA REGIONE) 1. L’articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 116. - Ciascuna Regione adotta uno Statuto che disciplina la forma di governo e l’organizzazione della Regione. nonché l’esercizio del Referendum, anche propositivo, sulle leggi e sui provvedimenti amministrativi della Regione. Lo Statuto definisce l’autonomia normativa dei Comuni e delle Province. Prevede altresì organi e procedure al fine di attuare e di garantire le autonomie di cui all’articolo 115, secondo comma. Lo Statuto è adottato a maggioranza assoluta dei componenti del Parlamento regionale ed è approvato mediante Referendum”. Art. 34. (FUNZIONI LEGISLATIVE DELLE REGIONI) 1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 117. - La Regione esercita in via esclusiva la potestà legislativa nelle materie che non siano espressamente riservate allo Stato dalla Costituzione. In assenza di legislazione regionale si applicano le norme delle leggi statali”. Art. 35. (ATTIVITA” SOVRANAZIONALE DELLE REGIONI) 1. Dopo l’articolo 117 della Costituzione è inserito il seguente: “Art. 117-bis. - Le Regioni, nelle materie di propria competenza, possono concludere accordi con altri Stati o con enti territoriali all’interno di un altro Stato. A tal fine la Regione richiede l’assenso del Governo nazionale. Dopo che sono trascorsi due mesi dalla data della richiesta del parere da parte del presidente della Regione e il Governo nazionale non si è pronunciato, l’assenso si considera dato. La Regione recede dagli accordi stipulati in Quaderni Padani - 69 base al primo comma su richiesta del Governo nazionale. Se la Regione non adempie a tale obbligo, il Governo nazionale stesso procede al recesso. La Regione partecipa, nelle forme e con l’osservanza delle procedure previste dalla legge dello Stato, alla formazione degli atti dell’Unione europea aventi attinenza con le proprie attribuzioni. La Regione dà attuazione alle direttive dell’Unione europea nelle materie di propria competenza. In mancanza provvede lo Stato”. Art. 36. (RIPARTIZIONE DELLE FUNZIONI AMMINISTRATIVE) 1. L’articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 118. - Con legge dello Stato sono ripartite tra Regioni. Province, Comuni ed altri enti locali le funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa regionale, secondo il criterio di sussidiarietà. Le funzioni amministrative nelle materie di competenza legislativa dello Stato possono con legge dello Stato essere delegate alle Regioni, alle Province, ai Comuni ed agli altri enti locali”. Art. 37. (AUTONOMIE FINANZIARIE) 1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 119. - Le Regioni, le Province e i Comuni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi dello Stato di coordinamento della finanza pubblica. Le Regioni impongono tributi propri in armonia con i principi dell’ordinamento tributario nazionale e ad esse spettano quote del gettito dei tributi erariali prodotti nel rispettivo territorio. Lo Stato trasferisce fondi alle Regioni solo nel caso di limitate capacità fiscali ed esclusivamente allo scopo di promuovere il riequilibrio delle aree meno favorite. Alle Province e ai Comuni sono attribuiti tributi propri, quote del gettito dei tributi erariali prodotti nel rispettivo territorio e fondi trasferiti idonei ad assicurare i servizi essenziali in tutto il territorio nazionale. Eventuali vincoli di destinazione delle risorse trasferite dallo Stato alle Province e ai Comuni riguardano esclusivamente le materie riservate allo Stato ai sensi dell’articolo 70”. Art. 38. (ORGANI DELLA REGIONE) 1. L’articolo 121 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 121. - Sono organi della Regione: il Parlamento regionale, il Governo regionale e il Presidente della Regione. Il Parlamento regionale è eletto secondo le norme stabilite con legge regionale ed esercita la potestà legislativa attribuita alla Regione e le altre funzioni ad esso conferite dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. Il Presidente e il Governo regionale sono organi esecutivi della Regione. Il Presidente rappresenta la Regione: pre- 70 - Quaderni Padani siede il Governo regionale; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali. I casi di ineleggibilità e di incompatibilità relativi a cariche ed uffici regionali sono determinati con legge della Regione”. Art. 39. (CONDIZIONE DEL PARLAMENTARE REGIONALE) 1. L’articolo 122 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 122. - Nessuno può appartenere contemporaneamente a più di un Parlamento regionale, ovvero ad un Parlamento regionale ed alla Camera dei deputati. I parlamentari regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali”. Art. 40. (CONTENUTI DELLO STATUTO DELLA REGIONE) 1. L’articolo 123 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 123. - Lo Statuto della Regione si conforma ai principi della Costituzione”. Art. 41. (COMMISSARIO DEL GOVERNO NAZIONALE) 1. L’articolo 124 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 124. - Il Primo Ministro nomina, in ogni Regione, un commissario del Governo nazionale. Il Commissario del Governo sovrintende alla attività degli uffici periferici dello Stato e la coordina con quella delle amministrazioni della Regione, delle Province e dei Comuni”. giorni. Trascorso tale periodo, la legge regionale è promulgata e, quindi, pubblicata”. Art. 45. (ARTICOLAZIONI TERRITORIALI) 1. L’articolo 129 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 129. - Il territorio di ogni Comune fa parte di una sola Provincia. Il territorio di ogni Provincia fa parte di una sola Regione. Le circoscrizioni di decentramento dell’amministrazione statale e le circoscrizioni giudiziarie coincidono con il territorio di una o più Regioni, di una o più Province della stessa Regione oppure di uno o più Comuni della stessa Provincia. Le eventuali circoscrizioni di decentramento dell’amministrazione regionale coincidono con il territorio di una o più Province o di uno o più Comuni della stessa Provincia”. Art. 46. (CONTROLLO DI LEGITTIMITA” SUGLI ATTI DI COMUNI E PROVINCE) 1. L”articolo 130 della Costituzione è abrogato. Art. 47. (NUOVE REGIONI) 1. L’articolo 132 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 132. - Con legge costituzionale si possono modificare il numero, i confini territoriali e le denominazioni delle Regioni, sempre che la proposta sia approvata con Referendum dalla maggioranza delle popolazioni interessate e le nuove Regioni che si costituiscono abbiano almeno quattro milioni di abitanti”. Art. 43. (SCIOGLIMENTO DEL PARLAMENTO REGIONALE) 1. L’articolo 126 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 126. - Il Presidente della Repubblica può sciogliere il Parlamento regionale, sentito il suo presidente”. Art. 48. (MODIFICAZIONI RIGUARDANTI PROVINCE E COMUNI) 1. L’articolo 133 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 133. - Con legge regionale. nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge dello Stato, si possono modificare il numero, le circoscrizioni e le denominazioni delle Province e dei Comuni. Sempre che la proposta sia approvata con Referendum dalla maggioranza delle popolazioni interessate. I Comuni confinanti possono modificare le rispettive circoscrizioni territoriali adeguandole all’evoluzione socio-economica delle rispettive comunità”. Art. 44. (LEGISLAZIONE DELLE REGIONI) 1. Articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 127. - Al Commissario del Governo nazionale è data immediata comunicazione dell’approvazione di una legge regionale. La legge approvata dal Parlamento regionale è promulgata non prima di quindici giorni dalla comunicazione al Commissario del Governo nazionale ed entra in vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione. Il Governo nazionale, quando ritenga che una legge approvata dal Parlamento regionale ecceda la competenza della Regione, promuove, entro quindici giorni dalla comunicazione della legge stessa, la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, che si pronuncia entro sessanta Art. 49. (FUNZIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI DIRITTI DI AUTOAMMINISTRAZIONE E DEI DIRITTI INVIOLABILI) 1. Al primo comma dell’articolo 134 della Costituzione sono aggiunti in fine i seguenti periodi: “sui ricorsi dei Comuni e delle Province per lesione dei diritti di autoamministrazione previsti dalla Costituzione e dagli statuti regionali; sui ricorsi, presentati secondo le modalità stabilite con legge dello Stato, contro le decisioni delle Camere in materia elettorale di cui all’articolo 66”. 2. All’articolo 134 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi: “La Corte costituzionale giudica altresì sui ricorsi di costituzionalità che possono essere presentati da chiunque si ritenga leso da Art. 42. (CONTROLLO DI LEGITTIMITA” SUGLI ATTI DELLA REGIONE) 1. L’articolo 125 della Costituzione è abrogato. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 un atto della pubblica autorità in uno dei diritti inviolabili riconosciuti e garantiti dalla Costituzione. I ricorsi di cui al comma precedente sono ammissibili solo dopo i vari gradi di giudizio previsti per la tutela giurisdizionale ordinaria o amministrativa. In ogni caso la Corte costituzionale può decidere sui ricorsi di costituzionalità comunque presentati, se ritenuti di rilevante interesse generale oppure se al ricorrente possano derivare gravi danni, immediati ed irreparabili, durante il tempo occorrente per la tutela giurisdizionale ordinaria o amministrativa”. 3. Dopo il primo comma dell’articolo 137 della Costituzione è inserito il seguente: “Alla Corte costituzionale sono trasmesse anche le ordinanze di manifesta infondatezza o di irrilevanza emesse nelle varie sedi giurisdizionali. In tal caso la Corte può comunque prendere in considerazione le questioni proposte per la pretesa lesione di diritti fondamentali”. Art. 50. (COMPOSIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE) 1. Il primo comma dell’articolo 135 della Costituzione è sostituito dai seguenti commi: “La Corte costituzionale è composta da ventuno giudici, di cui sei nominati dal Presidente della Repubblica. cinque dalla Camera dei deputati, cinque dal Senato della Repubblica e cinque dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa. La Corte costituzionale può esercitare le sue funzioni anche a mezzo di sezioni”. Art. 51. (REVISIONE DELLA COSTITUZIONE) 1. L’articolo 138 della Costituzione è sostituito dal seguente: “Art. 138. - Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate a maggioranza assoluta dei membri della Camera dei deputati con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e, successivamente, dal Senato della Repubblica a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le leggi stesse sono sottoposte a Referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica oppure cinque Parlamenti regionali oppure cinquecentomila elettori. La legge sottoposta a Referendum è promulgata se alla votazione ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto e se è stata approvata con il voto favorevole della maggioranza dei voti validamente espressi”. Art. 52. (PROCEDIMENTI SPECIALI) 1. Dopo l’articolo 138 della Costituzione sono inseriti i seguenti: “Art. 138-bis. - Le leggi che modificano norme costituzionali, in conseguenza dell’esercizio delle competenze dello Stato in materia internazionale o di Unione europea, sono approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e ratificate mediante un Referendum popolare che si tiene entro tre mesi dall’ultima deliberazione parlamentare. Art. 138-ter. - Le leggi che modificano la ripartizione delle competenze tra gli enti di cui all’articolo 114 sono approvate a maggioranza assoluta dei membri della Camera dei deputati e dalla maggioranza dei quattro quinti dei componenti del Senato della Repubblica”. Art. 53. (DISPOSIZIONI TRANSITORIE IN MATERIA DI NUOVE REGIONI) 1. In deroga all’articolo 132 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 47 della presente legge costituzionale, ed entro il termine di decadenza di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, le Regioni con popolazione inferiore a quattro milioni di abitanti hanno facoltà di promuovere la fusione con Regioni vicine, secondo una procedura semplificata. sulla base delle deliberazioni concordi dei Parlamenti regionali interessati, eventualmente approvate da un Referendum facoltativo delle popolazioni interessate da indirsi, ove richiesto, entro tre mesi dalla data delle deliberazioni dei Parlamenti regionali. Tale fusione è successivamente approvata con decreto del Governo, da emanarsi secondo le procedure di cui all’articolo 71-bis, secondo comma, della Costituzione, come introdotto dall’arti- Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 colo 14 della presente legge costituzionale. 2. In deroga all’articolo 57 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, la Regione risultante dalla fusione tra due o più Regioni, che avvenga entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, è rappresentata nel Senato della Repubblica da un numero di rappresentanti pari alla somma dei rappresentanti delle Regioni che hanno proceduto alla fusione. Art. 54. (DISPOSIZIONI TRANSITORIE IN MATERIA DI ESERCIZIO DELLE FUNZIONI ATTRIBUITE ALLE REGIONI) 1. Le Regioni, dopo la fusione ai sensi delle disposizioni transitorie di cui all’arti colo 48, possono deliberare, in occasione dell’adozione del nuovo Statuto ai sensi dell’articolo 116 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 33 della presente legge costituzionale, di non assumere temporaneamente l’esercizio delle nuove competenze ad esse attribuite dalla presente legge costituzionale. Ove necessario, in base a tale deliberazione lo Stato, con legge approvata dalla maggioranza dei presenti della Camera dei deputati e dalla maggioranza dei componenti del Senato della Repubblica, stabilisce le modalità di esercizio delle competenze temporaneamente non esercitate dalla Regione. 2. La deliberazione di mancata assunzione ha effetto fino al sessantesimo giorno successivo alla data della prima riunione del nuovo Parlamento regionale. Le Regioni hanno facoltà di rinnovare la deliberazione di rinuncia soltanto per un’altra legislatura. In caso di mancata pronuncia, le competenze temporaneamente non assunte sono esercitate dalle Regioni stesse”. Art. 55. (DISPOSIZIONE FINALE RIGUARDANTE LE REGIONI A STATUTO SPECIALE) 1. La Sicilia, la Sardegna, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta continuano ad esercitare le competenze legislative nelle materie attribuite al momento dell’entrata in vigore della presente legge costituzionale, anche se ricomprese tra quelle riservate allo Stato dall’articolo 70 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 6 della presente legge costituzionale. Quaderni Padani - 71 Costituzione della Comunità politica dei popoli del Nord Documento presentato, nell’aprile del 1996, al “Parlamento del Nord” (Villa Berni, Bagnolo San Vito, Mantova). Il testo è stato redatto da Rolando Fontan e da Francesco Speroni DICHIARAZIONE di Autodeterminazione, Sovranità e Associazione TESTO COSTITUZIONALE I popoli del Nord che vivono nelle seguenti Regioni: Emilia Friuli Liguria Lombardia Marche Piemonte Romagna Toscana Trentino - Alto Adige Südtirol Umbria Valle d”Aosta Veneto Venezia Giulia nella piena e responsabile consapevolezza di appartenere ad un”area multiregionale fortemente integrata al suo interno pur nella riconosciuta e rispettata diversità dei singoli territori che la compongono; nella piena e responsabile consapevolezza di formare già una Comunità naturale, culturale e socio-economica fondata su un condiviso patrimonio di valori, di cultura, storia e su analoghe condizioni sociali ed economiche; volendo assicurare la loro piena ed attiva partecipazione al processo d”integrazione economica, sociale, culturale e politica rappresentato dall”Unione Europea in via di costruzione; esprimono la più profonda preoccupazione per la gravissima crisi morale, istituzionale e politica che sta attraversando ormai da anni la Repubblica Italiana e per il cui superamento appare indispensabile la società e le istituzioni politiche; a partire dalle periferie e dagli enti territoriali di base. Essi riconoscono come principi politici fondamentali: - i diritti dell”uomo inteso sia come singolo individuo sia come componente dei gruppi naturali, culturali, territoriali ed economico-sociali entro i quali esso si forma, vive e produce; - l”inalienabile potere sovrano dei popoli e il loro diritto all”autoderminazione; desiderando rinnovare ed aggiornare alle esigenze assai mutate dei popoli, dei cittadini e dei produttori la Costituzione della Repubblica Italiana entrata in vigore il 1 gennaio 1948 e tuttora vigente; considerando che l”attività di revisione costituzionale iniziata nel 1984 dal 72 - Quaderni Padani Parlamento della Repubblica Italiana con la Commissione Bicamerale presieduta dall”On. Aldo Bozzi e proseguita con forme e strumenti diversi, parlamentari e governativi, nel corso di ben dodici anni non ha portato ad alcun risultato; • ritenuto che la sovranità popolare deve potersi, comunque e sempre, esprimere anche con consultazioni popolari di carattere orientativo per il miglioramento ed il progresso delle istituzioni di rappresentanza popolare; • ritenuto che senza una attiva iniziativa e partecipazione dei popoli e dei cittadini alla ridefinizione del “patto” tra loro esistente la vita politica della Repubblica Italiana è destinata a subire un ulteriore e gravissimo degrado tale da menomare grandemente le libertà, le proprietà e la sicurezza dei singoli cittadini e delle loro Comunità; • per tutto questo essi affermano solennemente che la Comunità culturale, sociale, economica e politica nella quale essi vivono è fatta in primo luogo da tutti coloro, uomini e donne, che la abitano e che ogni giorno la alimentano e la rendono forte e dignitosa con il loro lavoro ed i loro sacrifici; che, conseguentemente, nel pieno rispetto di tutti gli altri popoli, hanno il diritto ed il dovere di affermare la loro libertà di scelta circa il proprio avvenire e le sue forme di organizzazione politica, sociale e istituzionale; • affermano altresì di volere dotarsi di tutti i poteri sovrani costitutivi di una nuova Comunità politica la quale pacificamente cooperi con ogni altra Comunità della Repubblica Italiana e dell”Unione Europea. Chiedono pertanto nella democratica e partecipata forma di un referendum propositivo da sottoporre al suffragio dell”intera Comunità politica dei popoli del Nord un orientamento fondato sul seguente Progetto di Costituzione della Comunità politica dei popoli del Nord; di volere fondare tale Comunità su due fondamentali principi: -) la Sovranità dei popoli; -) l”Associazione della nuova Comunità politica alle altre analoghe realtà politiche, socio-economiche ed istituzionali, che auspicano si formino nell”area italiana e nell”Europa comunitaria. PREAMBOLO In forza del principio di autodeterminazione dei popoli, solennemente sancito nella Carta delle Nazioni Unite e nell”Atto finale della Conferenza di Helsinki, la Comunità naturale, culturale, sociale ed economica dei popoli del Nord di Emilia, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, Trentino - Alto Adige Südtirol, Umbria, Valle d”Aosta, Veneto, Venezia Giulia, dichiara e afferma la volontà di costituirsi in Comunità politica dei popoli del Nord, sovrana e disciplinata dalla seguente Costituzione. NORMA SPECIALE La Comunità politica dei popoli del Nord è impegnata a modificare in forma negoziata e paritaria le norme contenute nel presente Testo Costituzionale per adeguarle agli accordi associativi stipulandi con le altre Comunità politiche della Repubblica Italiana e con quelle dell”Unione Europea. Tutte le modifiche saranno, comunque, sottoposte a referendum popolare. I rappresentanti eletti nel Parlamento della Repubblica Italiana si impegnano a far si che, nell”ambito della revisione in senso federale della attuale Costituzione, si adottino i principi contenuti nel presente testo: COSTITUZIONE ART.1 La Repubblica è fondata sui diritti dell’uomo e sul diritto di autodeterminazione dei popoli. I suoi valori fondamentali sono la libertà individuale, il lavoro, e la solidarietà tra i cittadini. ART.2 La sovranità risiede nell’universalità dei cittadini. Viene esercitata dal popolo o direttamente nei modi determinati dalla Costituzione o mediante i tre poteri, tra di loro distinti e separati, il Legislativo, l’Esecutivo ed il Giudiziario. ART.3 La Repubblica si organizza conformemente al principio di sussidiarietà, sia per quanto riguarda i singoli cittadini e le formazioni sociali, sia per quanto riguarda i soggetti pubblici territoriali e non territoriali, nazionali ed internazionali. ART.4 La Repubblica è costituita dalle seguenti Regioni: Emilia Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Romagna Friuli Liguria Lombardia Marche Piemonte Toscana Trentino - Alto Adige Südtirol Umbria Valle d”Aosta Veneto Venezia Giulia ART.5 Ciascuna Regione si dà, nel rispetto della Costituzione, il proprio ordinamento interno. La Regione emana norme legislative nelle materie non riservate alla esclusiva competenza legislativa dello Stato. Le leggi della Repubblica demandano alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione. Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una norma regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale. ART.6 Per le materie di rispettiva competenza le Regioni hanno relazioni dirette con gli stati esteri e con le organizzazioni internazionali. ART.7 La Regione non può istituire dazi d’importazione o esportazione o transito fra le Regioni. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio federale la loro professione, impiego o lavoro. ART.8 Due o più Regioni possono deliberare la loro fusione, previo accertamento della volontà dei cittadini mediante referendum vincolante nelle singole regioni. La creazione di nuove Regioni per divisione di Regioni esistenti è attuata con determinazione delle Regioni interessate e previa consultazione referendaria vincolante dei cittadini residenti nei territori delle costituende nuove Regioni. La creazione di nuove Regioni per aggregazione di territori facenti parti di altre Regioni è attuata con determinazione delle Regioni interessate, previa consultazione referendaria vincolante dei cittadini residenti nei territori delle costituende nuove Regioni. ART.9 Una parte di territorio con un numero di abitanti non inferiore al milione o centomila se appartenenti ad un gruppo etnico riconosciuto ha diritto a secedere, costituendosi in Stato indipendente o aggregandosi ad altro Stato, previo referendum, richiesto da non meno di un quarto dei cittadini residenti , che riceva il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto. ART.10 Gli enti locali territoriali hanno piena auto- nomia normativa nel settore istituzionale ed amministrativo, autonomia finanziaria di entrata e di spesa, autogoverno nelle forme della democrazia diretta e rappresentativa, autonomia statutaria ed organizzativa. ART.11 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. ART.12 L”italiano è la lingua ufficiale della Repubblica Federale. Le lingue proprie delle singole regioni e comunità saranno ugualmente ufficiali nei rispettivi territori. ART.13 Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Esse hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico federale. I loro rapporti con la Repubblica sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. ART.14 L’ordinamento giuridico federale si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute e del diritto dell’Unione Europea. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità alle norme e ai trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione, ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici, salvo che per delitti di genocidio. ART.15 La Repubblica ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. A tale scopo la Repubblica aderisce ai principi ed ai valori delle Nazioni Unite ed impegna la sua politica a realizzarli. La Repubblica collabora allo sviluppo dell’Unione Europea per la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. ART.16 La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. » punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 carcerazione preventiva. ART.17 Il domicilio è inviolabile. Non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali. ART.18 La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge. ART.19 Tutti hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica. ART.20 Tutti hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. ART.21 Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. ART.22 Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività. ART.23 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, l’immagine ed ogni altro mezzo di comunicazione, con i soli limiti previsti dalla legge a tutela dei diritti della persona. Nessuna manifestazione del pensiero può essere soggetta a censura. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a reprimere manifestazioni contrarie al buon costume, nonché a prevenire ed a reprimere quelle che possano ledere i minori nella formazione della loro personalità e cultura. Nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge tutti hanno il diritto di ricercare, trasmettere e ricevere informazioni. Sono vietate la raccolta e l’uso di informazioni che implichino discriminazioni o lesioni dei diritti fondamentali della persona. La Repubblica garantisce il pluralismo dei sistemi informativi. La legge detta le norme necessarie per impedire le concentrazioni. Stabilisce la pubblicità della proprietà e dei mezzi di finanziamento della stampa e delle Quaderni Padani - 73 emittenti radiofoniche e televisive. Definisce le modalità per l’istituzione e l’esercizio di emittenti radiotelevisive da parte di privati. Disciplina il diritto di rettifica e le condizioni per l’accesso di singoli e di gruppi al servizio pubblico radiotelevisivo. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni, iscrizioni, procedure o altri obblighi, eccettuati quelli posti dalle leggi fiscali e di tutela del lavoro, che limitino, vincolino o ritardino in qualunque modo la possibilità di libera espressione del pensiero. Si può procedere a sequestro di mezzi di diffusione dell’informazione soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge lo preveda. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’Autorità giudiziaria, il sequestro può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’Autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto ART.24 Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome. ART.25 Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. ART.26 Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. ART.27 Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. ART.28 L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici, salvo che per i delitti di genocidio. ART.29 La responsabilità penale è personale. L’imputato è considerato innocente sino alla sentenza di condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari ai principi di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte. ART.30 I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente 74 - Quaderni Padani responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti e di interessi legittimi. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. ART.31 Per il conferimento delle più alte cariche federali dovrà adottarsi un criterio che veda, in un rapporto adeguato, tali cariche assegnate a dirigenti provenienti da tutte le Regioni della Repubblica. I dirigenti locali dei pubblici uffici federali devono, di norma, provenire dalla Regione in cui ha sede l’ufficio cui sono preposti. La legge determina le modalità di applicazione. ART.32 La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. ART.33 » dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. ART.34 La salute è tutelata come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Agli indigenti sono garantite cure gratuite Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. ART.35 L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. ART.36 La scuola è aperta a tutti. L’istruzione di base, impartita per almeno dieci anni, è obbligatoria e gratuita. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. Questo diritto è reso effettivo con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. ART.37 Il diritto al lavoro è tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni. ART.38 L”economia della Repubblica si basa sull”esistenza e garanzia del libero mercato, sul lavoro in tutte le sue forme, sulla libera iniziativa economica dei cittadini. La legge fissa le norme che disciplinano e garantiscono l”effettivo e continuativo esercizio della concorrenza ed il libero accesso ai mercati. La comunità garantisce la formazione e l”elevazione professionale dei lavoratori; promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali, intesi ad afferma- re e regolare i diritti della libera iniziativa e del lavoro; riconosce la libertà di circolazione dei capitali e dei beni al proprio interno e verso l”esterno. ART.39 Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso adeguata ad assicurare a sè e alla famiglia un”esistenza libera e dignitosa. ART.40 I lavoratori di entrambi i sessi hanno gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni. Le condizioni di lavoro devono consentire alla donna l”adempimento della sua essenziale funzione materna, assicurando alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. La comunità tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. ART.41 La comunità tutela la salute come fondamentale diritto della persona e interesse della società e garantisce cure e assistenze gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto dei diritti dell”uomo. ART.42 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all”assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano previsti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. I disabili fisici e psichici hanno diritto all”educazione e all”avviamento professionale. L”assistenza privata è libera. E” garantita ai cittadini la libertà di scelta tra assistenza pubblica ed assistenza privata secondo le forme disposte dalla legge. ART.43 L”organizzazione sindacale è libera. L”ordinamento interno e l”attività dell”organizzazione sindacale devono essere conformi ai principi della democrazia. La legge determina i criteri per l”accertamento della rappresentatività dei sindacati. I bilanci dei sindacati devono essere pubblici, devono essere sottoposti ad un controllo indipendente, e devono essere depositati nelle forme di legge. ART.44 Il diritto di sciopero si esercita nell”ambito delle leggi che lo regolano. ART.45 L”organizzazione dei partiti politici è libera. I bilanci dei partiti politici devono essere pubblici, devono essere sottoposti ad un controllo indipendente, e devono essere depositati nelle forme di legge. ART.46 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i con- Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 trolli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. ART.47 La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale. ART.48 Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. ART.49 Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini della Repubblica, i cittadini dell’Unione Europea. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro. ORDINAMENTO ART.50 L’Assemblea federale si compone dell’Assemblea nazionale e dell’Assemblea delle Regioni. L’Assemblea federale si riunisce in seduta comune dei membri delle due Assemblee nei soli casi stabiliti dalla Costituzione. ART.51 L’Assemblea delle Regioni è composta dai membri dei Governi regionali, che li nominano e li revocano; i medesimi Governi regionali nominano e revocano per ciascun proprio membro dell’Assemblea un sostituto, egualmente membro del Governo regionale, che può rappresentare il titolare. Ogni Regione ha almeno tre membri dell’Assemblea, cui si aggiunge un membro per ogni due milioni di abitanti o frazione. I membri dell’Assemblea appartenenti alla medesima Regione esprimono voto unitario e numericamente pari al numero dei membri, o sostituti, presenti. ART.52 L ‘Assemblea nazionale è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati all’Assemblea nazionale è di duecento. Sono eleggibili a membri dell’Assemblea nazionale tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto la maggiore età. La ripartizione dei seggi tra le Regioni si effettua, dopo aver assegnato un minimo di due seggi per ciascuna Regione, dividen- do il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall”ultimo censimento generale della popolazione, per il numero restante dei seggi e distribuendoli in proporzione alla popolazione di ogni Regione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti. Ciascuna Regione adotta e modifica le norme per l’elezione dei membri dell’Assemblea nazionale ad essa spettanti. ART.53 L’Assemblea nazionale è eletta per cinque anni. ART.54 Le elezioni dell’Assemblea nazionale hanno luogo fra il novantesimo ed il settantesimo giorno precedente la fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni. Finché non sia riunita la nuova Assemblea nazionale sono prorogati i poteri della precedente. ART.55 L’Assemblea nazionale si riunisce di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre. Ciascuna Assemblea può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti. ART.56 Ciascuna Assemblea elegge fra i suoi componenti il Presidente e l”Ufficio di presidenza. Quando L’Assemblea federale si riunisce in seduta comune, il Presidente e l”Ufficio di presidenza sono quelli dell’Assemblea nazionale. ART.57 Ciascuna Assemblea adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Assemblee e L’Assemblea federale riunita possono deliberare di adunarsi in seduta segreta. Le deliberazioni di ciascuna Assemblea e dell’Assemblea federale non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale. I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Assemblee, hanno diritto di assistere alle sedute. Se richiesti, hanno obbligo di assistere alle sedute, anche tramite rappresentanti appartenenti al proprio dicastero. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedano. ART.58 La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l”ufficio di deputato. Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Assemblee. ART.59 L’Assemblea nazionale giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità. ART.60 I membri del Assemblea federale non possono essere perseguiti in sede penale, civi- Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 le, ed amministrativa, per le opinioni espresse e i voti dati nell”esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione dell’Assemblea alla quale appartiene, nessun membro del Assemblea federale può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell”atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l”ordine di custodia. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Assemblea federale in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile. Eguali autorizzazioni sono richieste per gli atti amministrativi equipollenti. ART.61 I membri dell’Assemblea nazionale ricevono una indennità stabilita dalla legge. ART.62 L”iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale. Il popolo esercita l”iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto per articoli. Sono presentati all’Assemblea delle Regioni i progetti di legge di iniziativa del Governo e dei membri della stessa Assemblea delle Regioni; gli altri progetti sono presentati all’Assemblea nazionale. ART.63 Lo stato è competente ad esercitare la funzione legislativa in via esclusiva nelle seguenti materie: - leggi costituzionali nazionali e di revisione della costituzione - elezione del parlamento federale ed Europeo - ordinamento degli organi e degli uffici nazionali - cittadinanza stato civile; - relazioni internazionali e conclusioni di trattati ed alleanze nel solo ambito delle competenze nazionali; - difesa e forze armate; - servizi speciali di sicurezza; - rapporti con la Chiesa Cattolica e le altre Confessioni religiose; - moneta, credito a carattere federale, contabilità dello Stato; - normativa tecnica, pesi, misure, determinazione del tempo; - ordinamento delle giurisdizioni; - statistica federale; - poste e telecomunicazioni ed informazione televisiva d”interesse federale - ordinamento della navigazione marittima ed aerea. - ordinamento amministrativo, contabile e tributario federale; - ordinamento civile, penale, processuale; - immigrazione ed emigrazione; - diritto del lavoro; - statuti previdenziali obbligatori; - ordinamento delle professioni; - livelli minimi inderogabili di prestazioni sanitarie; - armi ed esplosivi di uso non individuale; - criteri fondamentali per la ricerca scientifica e tecnologica; - tutela della concorrenza; Quaderni Padani - 75 - energia nucleare; - trasporti e comunicazioni di interesse federale; - disciplina della circolazione; - tutela della proprietà letteraria, artistica ed intellettuale, marchi e brevetti; - opere pubbliche e disciplina dell”espropriazioni per pubblica utilità afferenti le materie di competenza federale; ART.64 Ogni disegno di legge, presentato ad una Assemblea è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dall’Assemblea stessa, che l”approva articolo per articolo e con votazione finale. Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l”urgenza. Può anche stabilire in quali casi e forme l”esame e l”approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso all’Assemblea, se il Governo o un decimo dei componenti dell’Assemblea o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dall’Assemblea stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni. La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte dell’Assemblea è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi. ART.65 L”esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per soggetti definiti. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria. ART.66 Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica Federale entro un mese dall’approvazione. Se le Assemblee, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da esse stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso. ART.67 » indetto referendum popolare per deliberare l”abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge o per approvare una proposta di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o due regioni. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. 76 - Quaderni Padani Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere L’Assemblea nazionale. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere L’Assemblea nazionale. ART.68 Le Assemblee deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. ART.69 L’amnistia e l’indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica Federale su legge di delegazione delle Assemblee. Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione. ART.70 Ogni accordo o trattato di natura internazionale è portato dal Governo a conoscenza delle Assemblee prima della sua sottoscrizione. Su richiesta di un quarto dei componenti di una delle Assemblee, da presentarsi entro i successivi trenta giorni, il Parlamento si pronuncia sull’accordo o trattato. Decorso il termine senza che sia stata presentata la richiesta di esame, si intende che il Parlamento consente, a tutti i fini, l’ulteriore corso dell’accordo o trattato. E” sempre autorizzata con legge la ratifica degli accordi o trattati internazionali che importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi e di quelli relativi all’assunzione di obblighi militari. ART.71 Le Assemblee approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. ART.72 Ciascuna Assemblea può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione di inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni della Autorità giudiziaria. ART.73 Il Presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea federale. L”elezione ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei membri. Se nella terza votazione non sia stata raggiunta la prevista maggioranza, si procede ad una successiva votazione di ballottaggio fra i due che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti. » eletto chi consegue il maggior numero di voti; in caso di parità, è eletto il più anziano. ART.74 Può essere eletto Presidente federale ogni cittadino che abbia compiuto quarant’anni d”età e goda dei diritti civili e politici. L”ufficio di Presidenza della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica. L”assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge. ART.75 Il Presidente federale è eletto per quattro anni. Quaranta giorni prima che scada il termine, il Presidente dell’Assemblea nazionale convoca in seduta comune l’Assemblea federale per eleggere il nuovo Presidente federale. Se l’Assemblea federale è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della nuova Assemblea. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica. ART.76 Le funzioni del Presidente federale, in ogni caso egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente dell’Assemblea nazionale. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente federale, il Presidente dell’Assemblea nazionale indice la elezione del nuovo Presidente federale entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se l’Assemblea nazionale è sciolta o mancano meno di tre mesi alla sua cessazione. ART.77 Il Presidente federale è il Capo dello Stato e rappresenta la federazione. Indice le elezioni dell’Assemblea nazionale e ne fissa la prima riunione. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l”autorizzazione delle Assemblee. Ha il comando supremo delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Assemblee. Può concedere grazie e commutare le pene. ART.78 Nessun atto del Presidente federale è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri. ART.79 Il Presidente federale non è responsabile degli atti compiuti nell”esercizio delle sue Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dall”Assemblea Federale in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. ART.80 Il Presidente federale, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Federazione e di osservanza della Costituzione dinanzi all”Assemblea Federale in seduta comune. ART.81 Il Governo federale è composto dal Primo Ministro federale e dai ministri federali. ART.82 Il Primo Ministro federale dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l”unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l”attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Governo, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all”ordinamento del Governo e determina il numero, le attribuzioni e l”organizzazione dei ministeri. ART.83 Il Primo Ministro federale è eletto dall’Assemblea Federale su proposta del Presidente federale. » eletto se ottiene i voti della maggioranza dei membri dell’Assemblea nazionale. Se il proposto non ottiene tale maggioranza, l’Assemblea nazionale entro dieci giorni si riunisce per procedere alla elezione, con la medesima maggioranza, di un Primo Ministro federale che non sia quello precedentemente proposto. Se la votazione non ha luogo entro il termine fissato o non dà esito positivo, il Presidente federale scioglie l’Assemblea Nazionale. Il Presidente federale, a seguito dell’esito positivo della votazione dell’Assemblea Nazionale nomina il Primo Ministro federale. ART.84 I ministri federali sono nominati e revocati dal Presidente federale su proposta del Primo Ministro federale. Ciascun ramo dell’Assemblea federale può proporre una mozione di sfiducia contro un singolo ministro; se la mozione è approvata, il Presidente federale revoca il ministro. Non è consentito, attraverso la procedura della sfiducia individuale, sfiduciare l’insieme dei ministri. ART.85 L’Assemblea nazionale può esprimere la sfiducia al Primo Ministro federale solo se elegge a maggioranza dei suoi membri un nuovo Primo Ministro federale. ART.86 Il Primo Ministro federale può proporre una mozione di fiducia; qualora essa non sia approvata dalla maggioranza dell’Assemblea nazionale, il Presidente federale scioglie l’Assemblea federale entro venti giorni, a meno che questa, entro tale periodo di tempo, non abbia eletto a maggioranza dei suoi membri un nuovo Primo Ministro federale. Non può porsi questione di fiducia da parte del Il Primo Ministro federale su alcuna materia in votazione. ART.87 Il Governo è in carica sino alla nomina del successivo. ART.88 L’Amministrazione pubblica è disciplinata da Statuti e Regolamenti sulla base di principi determinati dalle leggi. Gli indirizzi dell’Amministrazione sono determinati dagli organi istituzionali degli enti. Le Amministrazioni sono separate dai rispettivi organi istituzionali. Gli organi istituzionali sono coadiuvati, nell’esercizio delle proprie funzioni, da uffici composti da personale strettamente necessario allo scopo. Le autorità indipendenti sono costituite con legge. Gli organi istituzionali non ne determinano gli indirizzi né la composizione. ART.89 Contro le azioni ed omissioni dell’amministrazione, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale per motivi di legittimità. La tutela deve essere efficace e comprendere il risarcimento per ogni lesione arrecata illegittimamente. La legge prevede ricorsi amministrativi ed altri istituti idonei a favorire la risoluzione non giurisdizionale delle controversie con la pubblica amministrazione. La legge definisce i requisiti di ammissione ed i criteri di specializzazione dei magistrati addetti agli organi giurisdizionali che conoscono delle controversie con la pubblica amministrazione. ART.90 La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici ed i magistrati inquirenti sono soggetti soltanto alla legge. ART.91 La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario. Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Sono istituite sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia. ART.92 La magistratura costituisce un ordine autonomo indipendente da ogni altro potere. ART.93 Il reclutamento dei magistrati è previsto su base regionale. I ruoli dei magistrati sono suddivisi tra inquirenti e giudicanti. La legge sull’ordinamento giudiziario disciplina la nomina, elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni non inquirenti attribuite a giudici singoli. ART.94 I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione dell’organo di Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 autogoverno, adottato per i motivi e con le garanzie di difesa stabiliti dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso. Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare. Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario. ART.95 Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici, del Pubblico ministero, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia. ART.96 La magistratura inquirente dispone direttamente della polizia giudiziaria. ART.97 Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati . Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.. ART.98 Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. ART.99 Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. ART.100 La magistratura costituisce un potere autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Federazione. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per un terzo dai magistrati inquirenti, per un terzo dai magistrati giudicanti, e per un terzo dagli avvocati, tra gli appartenenti alle rispettive categorie. Il Consiglio elegge un vice-presidente. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili. Non possono, Finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento di un”assemblea pubblica elettiva. ART.101 La redazione dei conti pubblici deve essere fondata sui principi della trasparenza e della chiarezza, in modo che siano individuate le fonti, la natura, la destinazione e l’entità delle entrate e delle spese annuali, pluriennali e permanenti. I bilanci dei Comuni, delle Province, delle Quaderni Padani - 77 Regioni e della Repubblica sono predisposti sulla base del principio della competenza economica. La legge, tramite il piano contabile nazionale, identifica i criteri di valutazione ed i tempi di pubblicazione dei preventivi e dei consuntivi. La Repubblica è competente a prevedere la concessione di aiuti finanziari alle Regioni per investimenti di particolare importanza in tali aree, al fine di impedire una turbativa dell’equilibrio economico generale e per equilibrare la natura e lo stato dei servizi prestati alle rispettive popolazioni. Gli aiuti finanziari hanno luogo sulla base di contributi sostenuti per metà con risorse della Repubblica e per metà con risorse delle Regioni interessate. Tali aiuti devono essere autonomamente evidenziati nei bilanci dei rispettivi enti territoriali a seconda che siano in uscita o in entrata. La politica di coesione e solidarietà tra gli Stati e le Regioni sono attuate dalla Repubblica mediante risorse derivanti da specifica imposizione federale. Ogni legge, diversa da quella di bilancio, che comporti nuovi o maggiori oneri deve indicare i mezzi di copertura finanziaria per l’intero periodo di applicazione. ART.102 Ogni ente territoriale previsto dalla Costituzione sostiene le spese relative ai propri compiti in modo autonomo ed ha piena autonomia impositiva, salvo diversa disposizione della Costituzione. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività, di trasparenza, e di semplicità. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche degli Enti Locali e delle Regioni. Le imposte Federali non possono superare complessivamente il 20% del prodotto interno lordo in ogni Regione. Tale quota include l”eventuale imposta federale per le politiche di solidarietà e coesione. Le eventuali politiche di solidarietà, coesione e perequazione tra le regioni sono finanziate dalle risorse generate da una specifica imposta federale. Tali politiche possono essere effettuate solamente in favore di quelle regioni che dimostrano di aver preventivamente attivato una pressio- 78 - Quaderni Padani ne fiscale non inferiore a quella massima tra le Regioni che non abbiano richiesto interventi di solidarietà e coesione in quell”esercizio finanziario. ART.103 Gli enti pubblici territoriali sono autonomi e reciprocamente indipendenti in materia di bilancio. ART.104 La Corte Costituzionale Federale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, come pure dei regolamenti, della Repubblica e dello Stato; sui conflitti di attribuzione tra i poteri della Repubblica e su quello tra la Repubblica e le Regioni e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica; sull’ammissibilità dei referendum popolari a livello federale. ART.105 La Corte Costituzionale Federale è composta di sedici giudici nominati per metà dall’Assemblea Federale, per metà dall’Assemblea delle Regioni. I giudici della Corte Costituzionale sono scelti fra i magistrati delle giurisdizioni superiori, i professori ordinari di Università in materie giuridiche e gli avvocati che abbiano esercitato la professione per almeno venti anni e siano stati iscritti negli Albi per le giurisdizioni superiori. I Giudici della Corte Costituzionale sono nominati per sette anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, costituzionale e non possono essere nuovamente nominati. Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall’esercizio delle funzioni. La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica sino alla scadenza dall’ufficio di giudice. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con qualunque carica elettiva, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. ART.106 Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica Federale intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici componenti tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a membro dell’Assemblea Nazionale, che l’Assemblea Nazionale compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari. ART.107 Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata all’Assemblea nazionale ed all’Assemblea delle Regioni. Contro le decisioni della Corte Costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. ART.108 Se non altrimenti previsto dalla Costituzione, le leggi di revisione della costituzione sono adottate a maggioranza assoluta dall’Assemblea nazionale con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e, successivamente, dall’Assemblea delle Regioni con unica votazione, a maggioranza dei due terzi dei componenti. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei componenti di ciascuna Assemblea o un quarto delle Regioni o cinquecentomila elettori. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. ART.109 Le leggi di revisione costituzionale volte a modificare la ripartizione delle competenze tra i vari enti territoriali devono essere approvata dalla maggioranza assoluta di ciascuna Assemblea federale e dalla maggioranza dei tre quarti delle Regioni. ART.110 La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Costituzione transitoria Documento letto a Venezia, il 15 settembre 1996, l’ultimo dei tre giorni di manifestazioni per la Proclamazione dell’indipendenza della Padania. Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Padania, n.1. 1. TRATTATO DI SEPARAZIONE CONSENSUALE 1. Il Governo Provvisorio della Padania è autorizzato a dare attuazione alla Dichiarazione di Indipendenza e Sovranità della Padania. Tale attuazione dovrà tuttavia essere preceduta dall’offerta formale al governo italiano di sottoscrivere un trattato di separazione consensuale. 2. Le negoziazioni per la stipulazione del trattato saranno condotte dal Governo Provvisorio della Padania, sulla base della piattaforma negoziale predisposta dal Governo stesso. 3. Le negoziazioni relative alla conclusione del trattato non dovranno protrarsi oltre il 15 settembre 1997. Trascorso tale termine la dichiarazione di indipendenza e sovranità acquisterà piena efficacia e la Padania diverrà a tutti gli effetti una Repubblica Federale indipendente e sovrana. 4. Il Comitato di Liberazione Nazionale della Padania può in qualsiasi momento dichiarare interrotte le negoziazioni di cui al comma 2 e disporre l’immediata esecuzione della dichiarazione di indipendenza e sovranità. 2. TERRITORIO La Padania si costituisce come Repubblica Federale formata dalle seguenti attuali Regioni: Emilia, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, Südtirol-Alto Adige, Toscana, Trentino, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto e Venezia Giulia. 3. BANDIERA E INNO 1. La bandiera della Padania è il Sole delle Alpi, costituito da sei petali disposti all’interno di un cerchio, di colore verde celtico-venetico su fondo bianco. data di accesso alla sovranità rimangono validi. 3. Gli accordi e i contratti stipulati prima di oggi dallo Stato italiano, dalle sue agenzie o dai suoi organismi, e vigenti in Padania alla data di accesso alla sovranità, restano in vigore sostituendo, se necessario, il Governo Provvisorio della Padania alla parte italiana. Quelli conclusi a partire dal 15 settembre 1996 rimarranno in vigore a condizione che siano ratificati dal Governo entro un mese dalla data di accesso alla sovranità. 8. PUBBLICI UFFICI 1. L’attività giudiziaria ed ogni altro pubblico ufficio possono essere svolti solo dai cittadini della Padania. 2. Entro 90 giorni dalla data odierna il Governo Provvisorio della Padania stabilisce le disposizioni dei regimi transitori, determinando le condizioni oggettive e soggettive necessarie per accedere al sistema amministrativo pubblico della Padania. 9. NORME REGOLATRICI 1. Sino alla data di accesso alla sovranità i rapporti giuridici, economici e sociali all’interno della Padania saranno retti dalle disposizioni dell’Unione Europea e dello Stato italiano vigenti nel territorio della Padania alla data odierna, in quanto compatibili con la presente Costituzione Transitoria. 2. Le disposizioni dello Stato italiano rimangono in vigore finché non siano modificate, sostituite o abrogate dal Governo della Padania. 3. Il Governo Provvisorio della Padania potrà in ogni momento apportare alla presente costituzione transitoria ogni modifica, aggiunta od integrazione che riterrà utile ed opportuna. 2. La Padania adotta come suo Inno Nazionale il “Va’ pensiero” di Giuseppe Verdi. 4. CITTADINANZA 1. Acquisisce la cittadinanza della Padania chiunque abbia la cittadinanza europea e la residenza in Padania da almeno cinque anni alla data odierna. 2. La cittadinanza della Padania è cumulabile con quella di altre nazioni dell’Unione Europea. 5. MONETA 1. La Lira Padana assume corso legale in Padania. 2. Il Governo Provvisorio della Padania determinerà i rapporti di cambio con la lira italiana e le altre monete. 6. RICONOSCIMENTO INTERNAZIONALE 1. Il Governo Provvisorio della Padania è autorizzato a chiedere il riconoscimento internazionale della Padania all’Unione Europea, alle Nazioni Unite e ad ogni altro governo democratico. 2. Al Governo Provvisorio della Padania è altresì delegato il compito di garantire la partecipazione della Padania alle istituzioni dell’Unione Europea e l’ammissione della Padania all’Organizzazione delle Nazioni Unite ed alle altre Organizzazioni e Conferenze internazionali cui riterrà utile aderire. 7. CONTINUITÀ DI TRATTATI, ATTI, ACCORDI E CONTRATTI 1. La Padania assume gli obblighi e gode dei diritti enunciati nei trattati, nelle convenzioni e negli accordi internazionali dei quali l’Italia è parte alla data di accesso alla sovranità. 2. Gli atti amministrativi approvati dagli enti locali, dalle regioni e dalle amministrazioni dello stato italiano sino alla Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Quaderni Padani - 79 Dichiarazione preliminare di indirizzo storico e politico Documento presentato al “Parlamento della Padania” di Chignolo Po, il 19 aprile 1998. Il testo è stato redatto da Massimo Ferrario e Augusto Conti, membri della Commissione Tecnico-scientifica per la redazione della Costituzione. La proposta è stata respinta su indicazione della dirigenza della Lega Nord. I Popoli delle Città, dei Comuni e delle quarantotto Province di Aosta, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbania Cusio Ossola, Vercelli, Genova, Imperia, Spezia, Savona, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Trento, Bolzano, Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine, Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio, Forlì, Ravenna, MassaCarrara, Rimini, Pesaro-Urbino hanno, alla vigilia del Terzo Millennio, maturato la piena e responsabile consapevolezza di essere ormai una Comunità naturale, culturale e sociale ed economica fondata su un patrimonio ampiamente condiviso di valori e di comportamenti e su diffuse ed omogenee condizioni morali e psicologiche, sociali ed economiche. Questa Comunità, la PADANIA storica, si è nel tempo sviluppata grazie al concorso di molteplici, originali ed assai complesse condizioni geografiche, ambientali, antropologiche, politiche. Tant’è che essa rappresenta oggi una delle aree territoriali più progredite dell’Europa e del mondo sotto ogni profilo ma, in particolare, per quanto attiene la cultura, le scienze, la tecnologia, lo sviluppo sociale e quello economico, l’integrazione e la coesione interne. La PADANIA è, quindi, il risultato delle fatiche di innumerevoli generazioni che, a partire almeno dall’XI secolo, hanno costruito nelle regioni centro-settentrionali d’Italia culture diverse ma contigue e complementari (umanistiche, scientifiche ed artistiche) che si sono imposte all’ammirazione del mondo. Inoltre attraverso l’organizzazione dei cento e cento Comuni e di Repubbliche, come Venezia e Genova, la PADANIA si è progressivamente affermata come un insieme notevole di efficaci e vitali organizzazioni politiche sicuramente affini ma anche motivatamente differenziate tra loro e, soprattutto, non mai appiattite nell’accettazione servile di qualsiasi uniformità autoritaria. Possono avere subito l’autoritarismo ma non l’hanno mai accettato o condiviso. Le entità politico-istituzionali che composero la PADANIA storica e che, in forme mutate, sono arrivate sino ai giorni nostri, hanno, infatti, sempre avuto come connotato caratteristico di essere tutte Pur nell’affermata e rispettata diversità dei popoli e dei singoli individui che la compongono la PADANIA è, quindi, oggi pienamente consapevole che i nuovi, inalienabili e pacifici diritti internazionalmente ormai riconosciuti e garantiti dell’autodeterminazione dei popoli, dell’autonomia e dell’autogoverno delle Comunità, sorreggono le sue rivendicazioni di autonoma sovranità e di contemporanea libera associazione con tutti gli altri popoli d’Europa e del Mondo. Questo processo di autodeterminazione, autonomia ed autogoverno esige, però, che i popoli delle Città, dei Comuni e delle Province che costituiscono la COMUNITA’ della PADANIA possano esprimere, attraverso il democratico esercizio del voto, il loro orientamento sulla presente Costituzione il cui intento è di consentire sia ai singoli cittadini che a tutte le singole Comunità di poter decidere del loro presente e del loro avvenire. Questa prima bozza della Costituzione per la PADANIA è stata elaborata dal Parlamento della Padania, libera espressione politica, sociale e culturale di tutti i Popoli e di tutte le Minoranze linguistiche che abitano le quarantotto Province che formano la Comunità della Padania. Essa ha lo scopo di indicare le linee direttrici per lo sviluppo di un nuovo ordinamento federale dei Popoli e delle Comunità territoriali entro le quali, intendono continuare a vivere ed a prosperare nel più rigoroso rispetto di tutte le libertà e di tutte le autonomie, nella osservanza degli accordi politici internazionali preesistenti con tutti gli altri liberi e pacifici Popoli dell’Europa e del Mondo e delle organizzazioni internazionali che li associano. I principi e le soluzioni qui indicate si inseriscono, infatti, nel pieno rispetto dei principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), di tutti gli Atti che hanno condotto alla formazione dell’Unione Europea (CEE e poi UE) e dell’Organizzazione del Patto del Nord Atlantico (NATO). Su questi principi e secondo i metodi democratici e pacifici propri della responsabile scelta che si esprime unicamente attraverso le consultazioni elettorali i Popoli delle Province padane ed alpine dichiarano che il loro scopo primario è di istituire una nuova Comunità Politica di natura federale che riunisca tutti i Popoli Padani ed Alpini e che viene denominata Costituzione della Padania 80 - Quaderni Padani sempre orgogliose e fiere delle autonomie e delle libertà conquistate contro ogni potere centralizzatore e livellatore. La PADANIA non nasce oggi ma coincide, nelle sue cento Città, nei suoi cento e cento, grandi e piccoli, Comuni e nelle sue Province, con le uniche istituzioni storiche e popolari che le società civili dell’Italia centro-settentrionale abbiano autonomamente concepito, realizzato e conservato anche se al prezzo di loro continue, progressive e gravissime menomazioni. Si tratta di istituzioni che sin dalle origini nacquero per volontà dei Popoli e non già dagli arbitri del potere politico. Esse, perciò, furono l’espressione libera ed ordinata di cittadini che coraggiosamente si associarono tra loro, in epoche di dispotismi materiali e morali, per affermare contro tutti i prevaricatori, feudali ed ecclesiastici, una solidarietà di uomini che erano legati tra loro dai vincoli di un comune e solenne impegno rivolto a difendere le libertà di autogovernarsi, di darsi proprie leggi (autonomia), di salvaguardare insieme con la dignità della Comunità e della sua indipendenza anche le proprietà, gli interessi ed il lavoro di tutti e di ciascuno. Testimonianza dei sentimenti di autonomia, di emancipazione e di resistenza ad ogni oppressione che animarono il forte e capillare movimento comunale furono le alleanze federative (le Leghe) che i Comuni organizzarono tra loro, prima tra tutte la Lega Lombarda che il 29 maggio 1176 si impose all’ammirazione del mondo intero e della storia vincendo nella Battaglia di Legnano il potentissimo imperatore Federico Barbarossa. Sul solido tronco di questa storia millenaria che nessuno è mai riuscito a sradicare dalla coscienza profonda e tenace dei suoi Popoli la PADANIA ha, con continuità crescente nel tempo, originato talune forme molto innovative di vita, di comportamenti, di sacrifici, di lavori, di produzioni e di scambi, sino ad essere oggi altamente competitiva nell’età della mondializzazione delle culture e degli scambi. Un’epoca nella quale se i popoli non sanno, e non sapranno sempre più, associare i loro sforzi e consolidare le loro Comunità, rischiano di vedere cancellate per sempre le loro identità, le loro eredità storiche ed i valori morali e culturali sui quali si è sviluppata la vita intensa e generosa di tutte le genti padane e alpine. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA. L’UNIONE sarà retta dalla seguente COSTITUZIONE che ha, nella presente stesura, un carattere ancora provvisorio e che conseguentemente è aperta ad ogni discussione ed emendamento da parte del PARLAMENTO DELLA PADANIA. COSTITUZIONE DELLA PADANIA TITOLO PRIMO PREAMBOLO, SCOPI E CONTENUTI DEL PATTO FEDERALE I Popoli dei Comuni, delle Città e delle quarantotto Province che compongono la PADANIA allo scopo di assicurare nelle forme che sono proprie dello Stato di diritto a tutti i cittadini e a tutte le Comunità l’esercizio pieno, diretto ed indiretto, della sovranità dei Popoli medesimi, unitamente con le libertà, la giustizia, la democrazia in forme trasparenti e partecipate, la sicurezza interna, la difesa verso l’esterno, il benessere, la protezione dei diritti umani, la salute, la sicurezza sociale, la salvaguardia e lo sviluppo delle culture, tradizioni, lingue, la qualità della vita e la collaborazione pacifica e feconda con tutti i popoli solennemente dichiarano che il Patto della loro unione fraterna e federativa vuole: affermare come diritto primario quello che ha ogni uomo ed ogni donna della PADANIA alla vita, all’integrità fisica ed alla dignità morale e materiale; • riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell’uomo padano, sia come singolo che come componente delle diverse formazioni sociali entro le quali si forma e si sviluppa la sua personalità, e conseguentemente fondare ogni decisione politica assunta da qualsiasi istituzione operante nel territorio padano sul rispetto della Dichiarazione dei diritti dell’uomo nell’integrale formulazione loro data il 10 dicembre 1948 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite; • realizzare la migliore convivenza democratica e solidarietà politica, economica e sociale sulla base della presente Costituzione e delle leggi assicurando a tutti i cittadini padani una sempre più compiuta e garantita partecipazione all’esercizio della sovranità popolare attraverso una effettiva e capillare diffusione dei principi e della pratica dell’autogoverno e dell’autodeterminazione; • affermare e garantire che tutti i cittadini padani hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche o filosofiche, di condizione personale e sociale; • affermare e garantire che le confessioni religiose sono tutte uguali e libere davanti alla legge e che tutte hanno il diritto di organizzarsi secondo i propri Statuti e senza alcuna proibizione e senza alcun riconoscimento da parte delle istituzioni padane di qualsiasi livello; • garantire che i pubblici poteri padani in ogni loro attività e compito funzionale e territoriale operino sempre secondo i principi dello Stato di diritto affermando così in ogni circostanza la supremazia della legge come espressione massima della volontà popolare ed il cui fine è di costruire e mantenere in PADANIA un ordine civile, economico e sociale libero, equo ed imparziale; • sviluppare ogni attività decisionale delle istituzioni padane fondandola sulla osservanza costituzionalmente riconosciuta e garantita del principio di sussidiarietà, il cui significato sta nell’affermare che ogni problema va collocato, gestito e risolto nell’ambito sociale ed istituzionale entro il quale esso si pone e, quindi, con la conseguenza che ogni istituzione più elevata di governo esercita unicamente le funzioni che garantiscono beni e servizi pubblici che non potrebbero essere forniti in modo efficiente da altre; • costruire l’Unione Federale della PADANIA in forma di piena e compiuta democrazia secondo la generalizzazione delle norme dell’autogoverno. La democrazia si deve sviluppare in forma ascendente dalla base sociale e territoriale con tutti i connessi diritti di libera associazione, partecipazione e controllo che devono essere garantiti a tutti i cittadini padani; • sostenere il massimo sviluppo possibile delle libertà di iniziativa e di intrapresa di ogni cittadino padano nella vita sociale ed economica. Ciò al fine di assicurare, insieme con il più libero sviluppo materiale e morale della società, anche continuità e sicurezza per le condizioni di vita dei singoli, il rafforzamento di tutte le attività economiche e la loro conseguente competitività interna ed internazionale; • assicurare che l’ordinamento federativo sia realizzato entro tempi prefissati e verificabili e sui presupposti: a) che il Popolo di ogni Provincia decida con proprio autonomo referendum la propria adesione e partecipazione all’Unione Federale della PADANIA accettando la presente Costituzione; b) che sia possibile che anche altre Province non elencate tra le quarantotto proponenti purchèÈ attualmente rappresentate nel Parlamento della Padania deliberino con proprio autonomo referendum la loro adesione e partecipazione all’Unione Federale della PADANIA accettando la presente Costituzione; c) che diverse Province si associno istituzionalmente tra loro negli ambiti nazionali in forma confederativa allo scopo di costituire entro la PADANIA diverse Confederazioni di Province rivolte a legiferare (ma non ad amministrare e gestire) sulle materie di interesse sovraprovinciale; d) che si organizzino istituzionalmente e con la stessa autonomia delle Province le Città-Storiche a carattere metropolitano di Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna; e) che le Province e le Città-Storiche siano sovrane in tutte le materie che non siano espressamente riservate dalla Costituzione all’Unione Federale; f) che sia garantita la massima autonomia statutaria e nelle materie di competenza a tutti i Comuni e che ogni decisione relativa ad eventuali accorpamenti, fusioni o separazioni tra Comuni sia deliberata dai Popoli dei Comuni interessati con proprio autonomo referendum; g) che a tutti i livelli istituzionali federati nell’Unione, a partire dal Comune, vengano Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 assicurate adeguate disponibilità finanziarie. Forme di riequilibrio federale rispetto al minor gettito fiscale prodotto sul territorio opereranno per le zone e i territori sfavoriti; h) che a tutti i livelli istituzionali federati dell’Unione, ove siano presenti Popoli e Minoranze etno-linguistiche, venga garantito il principio della proporzione etnica con i popoli maggioritari; • assicurare che le Amministrazioni Pubbliche vengano ristrutturate in ogni loro settore in conformità con i nuovi compiti che loro competono e che esse devono realizzare sulla base di principi - costituzionalmente sanciti - di efficienza, trasparenza e responsabilità dei pubblici funzionari. L’Amministrazione Federale a livello di incarichi direttivi e, fermo restando i principi della competenza e del merito, dovrà garantire un’adeguata rappresentanza di tutte le istituzioni federate; • garantire che in ogni e qualsiasi sede di giurisdizione i procedimenti civili, penali ed amministrativi si svolgano sempre secondo principi di rigorosa e trasparente legalità e siano conclusi entro termini perentori, brevi e prefissati; • riconoscere che le attività economiche e produttive rivestono un carattere fondamentale per lo sviluppo civile e sociale dei singoli, delle famiglie e di ogni Comunità e, conseguentemente, garantire che tutte le attività economiche e produttive in PADANIA siano libere di organizzarsi nelle forme più efficaci nel rispetto delle leggi, le quali devono anche prescrivere sempre chiare e rigorose norme anti-monopolistiche; • sostenere la massima dignità, espansione e valorizzazione del lavoro padano in ogni sua forma, subordinata o autonoma, privata o pubblica. Allo scopo riconoscere a tutti i cittadini il diritto al lavoro promuovendo le condizioni che rendano effettivo tale diritto. Affermare altresì che è dovere di ogni cittadino padano svolgere un’attività che concorra al progresso morale, materiale e culturale dell’intera Comunità cui appartiene; • garantire che il potere politico in ogni sua istanza e attraverso l’attività di ogni istituzione pubblica non prevarichi mai, direttamente o indirettamente, i diritti dei singoli, delle comunità naturali, delle associazioni professionali e volontarie e che sia costituzionalmente garantito il diritto dei cittadini padani di proporre in tempi solleciti e con modalità semplici ed agibili referendum propositivi ed abrogativi; • deliberare norme inequivocabili che fissino, nel pieno rispetto della libertà di associazione e dei diritti politici costituzionalmente garantiti, i limiti, che pure debbono esistere, a carico di partiti, associazioni, sindacati, rappresentanti elettivi e nei confronti di chicchessia, a tutela sia dell’effettivo esercizio delle libertà democratiche che dell’imparzialità più rigorosa della Amministrazione Pubblica; • fissare con legge i requisiti e le procedure per accedere a qualsiasi carica direttiva nell’ambito di enti pubblici economici o di società a partecipazione pubblica ed anche parzialmente pubblica. Le contestazioni sull’idoneità dei designati deve essere rimessa all’iniziativa di ogni cittadino padano e la legge deve indicare l’autorità giudiziaria Quaderni Padani - 81 indipendente alla quale ogni cittadino può ricorrere, al fine di ottenere in tempi prefissati e brevi l’esame del caso e la decisione del merito; • promuovere lo sviluppo della scuola e della formazione sia professionale che continua, delle arti, delle scienze e delle culture in ogni loro forma avendo particolare riguardo alle tradizioni, alle lingue ed ai dialetti, ai valori ed alle storie peculiari di ogni area e territorio della PADANIA, nella consapevolezza che tutto ciò rappresenta un patrimonio morale imprescindibile ed inalienabile e di enorme importanza per il presente e per l’avvenire; • assicurare a tutti i cittadini la libertà di manifestare in ogni occasione e con ogni mezzo di diffusione il proprio pensiero riconoscendo e garantendo stabilmente e con regole certe il pluralismo di ogni e qualsiasi sistema informativo e di comunicazione mediante una specifica normativa rivolta ad impedire anche in questo ambito la formazione di monopoli - privati o pubblici attraverso la concentrazione dei mezzi tecnici per la comunicazione; • proteggere l’uomo padano, l’ambiente, la flora e la fauna della PADANIA contro ogni abuso delle tecnologie riproduttive e dell’ingegneria genetica; • proteggere in ogni suo aspetto l’ecosistema attraverso una coordinata disciplina del territorio, la tutela del suolo, delle acque, del paesaggio, del patrimonio storico, artistico e naturale, della flora e della fauna, delle aree protette, nonchèÈ attraverso la preservazione del territorio e della salute pubblica da ogni forma di inquinamento; • rendere sempre più conforme l’ordinamento giuridico federale e quello degli Enti Federati, Province, Città-Storiche e Confederazioni di Province, alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute con le conseguenti limitazioni della sovranità; • realizzare la più ampia collaborazione e cooperazione con tutti gli altri popoli del mondo aderendo ai principi ed ai valori ideali dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ed operando sempre per un avvenire di pace, sicurezza e prosperità per tutti assumendo tutti gli impegni internazionali riguardanti la realizzazione dell’Europa Federale dei popoli, delle Città, delle Province e delle Regioni e le politiche di difesa; • assicurare adeguata partecipazione e rappresentanza politica ed istituzionale a tutti i padani che risiedono stabilmente all’estero; • stabilire inequivocabilmente che ogni statuizione, norma, consuetudine, prassi contraria ai contenuti del Patto e della presente Costituzione è da considerarsi inapplicabile e dovrà essere disattesa. TITOLO SECONDO FORMA PLURALISTA DELL’UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA ART. 1 I Comuni, le Città-Storiche a carattere metropolitano di Torino, Genova, Milano, Venezia e Bologna, le quarantotto Province di Aosta, Alessandria, Asti, Biella, Cuneo, Novara, Torino, Verbania Cusio Ossola, 82 - Quaderni Padani Vercelli, Genova, Imperia, Spezia, Savona, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese, Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Verona, Vicenza, Trento, Bolzano, Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine, Bologna, Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio, Forlì, Ravenna, MassaCarrara, Rimini, Pesaro-Urbino, le Confederazioni delle Province Nazionali e l’Autorità Federale formano con la loro diversità di funzioni e di poteri indicati dalla presente Costituzione l’UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA. ART. 2 L’UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA è uno Stato di diritto a forma repubblicana, democratica e sociale che afferma come valori ispiratori del suo ordinamento giuridico interno tutte le libertà, la giustizia, la pacifica e concorde convivenza tra tutti i cittadini padani ed il riconoscimento e lo sviluppo del pluralismo culturale, politico ed istituzionale. I Popoli della Padania sono la fonte esclusiva della sovranità e del potere politico in ogni suo livello istituzionale. L’esercizio della sovranità dei Popoli della Padania si attua a mezzo delle elezioni sia generali che nazionali e locali per la formazione degli organi dei Poteri Legislativi, dei Poteri Esecutivi e dei Poteri Giudiziari. La sovranità dei Popoli della Padania si attua, inoltre, attraverso l’iniziativa legislativa anche in materie costituzionali, i referendum abrogativi e propositivi, nonchèÈ quelle forme attuative del principio di autodeterminazione che l’Unione Federale e le istituzioni federate ritengono di dover deliberare. ART. 3 La democrazia politica come costume e metodo permanente per la formazione del consenso dei Popoli della Padania e la legittimazione di ogni livello istituzionale di autorità devono attuarsi nel costante rispetto dei diritti di tutte le minoranze, nella piena trasparenza di qualsiasi attività, potere, ufficio ed autorità, nell’attuazione senza deroghe del principio di sussidiarietà al fine di garantire come risultato permanente una democrazia effettiva, partecipata e in tutto trasparente. ART. 4 I Comuni costituiscono la multisecolare continuità storica, sociale e culturale delle Comunità locali di tutta la Padania. I Comuni sono ordinati in Enti Autonomi Territoriali di base con personalità giuridica e politica, dispongono di propri poteri normativi di carattere statutario e regolamentare e rappresentano il livello di potere democratico e di amministrazione più direttamente a contatto con i cittadini padani. Ogni Comune adotta con la procedura della pubblica discussione e con conseguente votazione a mezzo di referendum un proprio Statuto con il consenso del Popolo del Comune stesso elaborato e poi concertato per l’approvazione con la Provincia di cui il Comune fa parte. ART. 5 La presente Costituzione garantisce la piena autonomia statutaria, amministrativa, organizzativa e finanziaria dei Comuni nei confronti di tutti gli altri livelli istituzionali dell’Unione Federale, garantisce altresì che in ogni Comune il Sindaco sarà eletto direttamente dal popolo con voto libero e segreto e altrettanto avverrà per il Consiglio Comunale. Il governo, l’amministrazione e l’organizzazione dei Comuni sono di esclusiva competenza dei Sindaci e degli organi collegiali, elettivi o di nomina tecnica, stabilita dagli Statuti dei singoli Comuni e dalle legislazioni delle singole Province di cui ogni Comune fa territorialmente parte. ART. 6 Ogni Comune rappresenta la propria Comunità, ne assicura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. Spettano ad ogni Comune tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio di sua pertinenza in materia di: Stato Civile; Anagrafe; Certificazione; Leva Militare e servizi connessi; Servizi elettorali, Documentazione, Certificazioni, Protocollo, Registri; Servizi di polizia comunale, Polizia Municipale, Urbana, Mortuaria, Rurale e del Commercio; Istruzione artigiana e professionale; Assistenza Scolastica; Regolamenti di Polizia, di igiene e sanità, di Polizia veterinaria, di edilizia; Beni culturali ed ambientali; Turismo e industria alberghiera; Agricoltura e foreste. Ogni Comune può gestire per conto di altri Enti federati o dell’Autorità Federale determinati servizi non previsti dal suo Statuto o dalla legislazione della Provincia di cui fa parte ma ciò potrà avvenire unicamente o in via di concertazione o in forza di apposita legge. In ogni caso al Comune investito di tali compiti e uffici deve essere assicurata, fuori dagli stanziamenti ordinari di bilancio, la copertura finanziaria degli oneri che dovrà sostenere per questi titoli. La Costituzione e le legislazioni federale e provinciale assicurano ad ogni Comune oltre ai finanziamenti provinciali anche autonomi poteri di imposizione fiscale. ART. 7 La Costituzione e la legislazione federale e provinciale assicurano che nell’ipotesi di fusioni e di incorporazioni tra Comuni allo scopo di conseguire dimensioni demografiche e territoriali minime (unità territoriale minima) onde garantirne l’autosufficienza finanziaria ed organizzativa per svolgere con tempestività ed efficacia i compiti istituzionali di spettanza, dovranno sempre essere previste ed attuate misure idonee ad assicurare alle Comunità originarie che vengono incorporate forme reali ed efficaci di rappresentanza, partecipazione e decentramento dei servizi. Gli Statuti comunali e le legislazioni provinciali prevedono le procedure nell’ipotesi di separazione da un Comune di frazioni o parti di esso. ART. 8 Le Province sono associazioni federative, Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 stabili e permanenti sia di Comuni che hanno avuto ed hanno tra loro durevole stabilità di rapporti, di relazioni e di storia comune (Province Storiche), oppure di Comuni che in epoche più recenti hanno formato un raggruppamento rispondente ad esigenze di sviluppo, di riorganizzazione e di maggiore funzionalità dei servizi sul territorio (Nuove Province). Ogni Provincia rappresenta istituzionalmente la propria Comunità, ne assicura gli interessi e ne promuove lo sviluppo tenendo conto che le Province della Padania hanno, per gran parte, come comune caratteristica loro antiche identità storiche profondamente radicate e diffusi sentimenti di appartenenza comunitaria. Tutto ciò costituisce un patrimonio di incalcolabile valore morale e culturale che deve essere salvaguardato, potenziato e rappresentato a livello di potere politico territoriale come una componente essenziale per lo sviluppo del costume democratico. La funzione politica ed istituzionale di rappresentanza svolta dalle Province garantisce un essenziale livello intermedio di autonomia, governo, legislazione e coordinamento tra il Comune e l’Unione Federale. ART. 9 Ogni Provincia rappresenta la propria Comunità sovracomunale e intercomunale. Tutte le Province sono ordinate in Enti Autonomi Federati con personalità giuridica e politica ed hanno competenze di legislazione e di amministrazione nelle seguenti materie: • indirizzi generali di assetto e coordinamento del territorio provinciale; • ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto; • tutela, conservazione e sviluppo del patrimonio storico, artistico e popolare delle tradizioni, storia, lingue e dialetti; • tutela, conservazione e sviluppo dei beni culturali, degli usi e dei costumi locali e delle istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale; • organizzazione di manifestazioni e di attività artistiche, culturali ed educative locali, anche con i mezzi radiotelevisivi; • urbanistica, piano territoriale provinciale e piani regolatori comunali; • difesa del suolo, tutela e valorizzazione ambientale e del paesaggio, prevenzione delle calamità; • usi civici; ordinamento delle minime proprietà agricole e di quelle di collina e di montagna, artigianato; • edilizia comunque sovvenzionata; • porti lacuali; • fiere e mercati; • tutela, utilizzazione e valorizzazione delle risorse idriche e energetiche; • miniere comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere; • caccia e pesca; • apicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna; • viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale; • comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l’esercizio degli impianti di funivia; • assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestioni a mezzo di aziende speciali; • turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci; • agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica; • espropriazione per pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale; • costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l’assistenza, l’orientamento e la riqualificazione dei lavoratori disoccupati; • opere idrauliche organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; • assistenza e beneficenza pubblica; • scuola materna; • assistenza scolastica; • edilizia scolastica; • addestramento e formazione professionale, anche post-laurea; • polizia locale urbana e rurale; • istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale e artistica); • commercio; • incremento della produzione industriale; • igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ospedaliera; • attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature; • raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnica-amministrativa ai comuni; • promozione e comunicazione all’interno dell’Unione ed all’esterno dell’economia, della cultura e dell’arte espresse dalla Comunità provinciale. ART. 10 Alle Province è devoluto sia in quota fissa che variabile il gettito locale di imposte e tasse. Le Province hanno la facoltà di imporre tributi propri. Possono usufruire, per progetti ed impegni di portata sovraprovinciale ai quali siano interessate, di finanziamenti provenienti dalle Confederazioni delle Province Nazionali o dall’Autorità Federale. La presente Costituzione garantisce che l’intero finanziamento dei Comuni che formano una Provincia è a totale carico dell’erario provinciale secondo procedure e percentuali che sono da concordare e stabilire in forma certa e trasparente tra le istituzioni interessate. ART. 11 La presente Costituzione garantisce che la legislazione sovraprovinciale riservata alle Confederazioni delle Province Nazionali Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 prevederà la possibilità di istituire nuove Province o diffonderne due o più esistenti. ART. 12 Le Città-Storiche, aventi carattere metropolitano, di Torino, Genova, Milano, Venezia e Bologna sono ordinate in Enti Autonomi Federati aventi personalità giuridica e politica. Ad esse è riconosciuta la stessa autonomia prevista per le Province della presenta Costituzione. L’organizzazione dei territori limitrofi alle Città-Storiche e la loro differenza territoriale o meno alle Città-Storiche è riservata alla concertazione tra gli Enti interessati ed alla legislazione sovraprovinciale riservata alle Confederazioni delle Province Nazionali. ART. 13 Le Confederazioni delle Province Nazionali sono istituzioni politiche di autogoverno costituite tra Province o tra Province e Città-Storiche che siano confinanti e che abbiano esigenze di cooperazione permanente tra loro, derivanti sia dalla necessità di realizzare una migliore integrazione economica, sociale, culturale sia ai fini di efficienza, competitività e sviluppo territoriale. Le Confederazioni delle Province Nazionali possono coincidere inizialmente con i confini amministrativi a suo tempo tracciati per limitare i territori delle Regioni: Valle D’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Marche (PesaroUrbino) e Toscana (Massa-Carrara). La presente Costituzione assicura che alle Province e ai Comuni è garantita la possibilità di assumere le iniziative necessarie per il superamento dei vecchi limiti amministrativi e per formare - con il pieno consenso dei Popoli e delle istituzioni interessati nuove aggregazioni confederative. ART. 14 Le Confederazioni delle Province Nazionali hanno competenze legislative nelle materie che non siano espressamente riservate dalla presente Costituzione ai Comuni, alle Province, alle Città-Storiche ed all’Autorità Federale. Le Confederazioni delle Province sono Enti Autonomi Federati che non possono esercitare loro attività di gestione e di amministrazione ma che, adempiuto il loro compito legislativo, operano per l’esecuzione delle leggi tramite gli Enti Autonomi Federati con specifiche attribuzioni di competenze, di amministrazione e gestione, Comuni e Province. ART. 15 La funzione legislativa è riservata all’Autorità Federale unicamente nelle seguenti materie: Difesa e Forze armate; Moneta; Politica estera e relazioni internazionali; Organizzazione nazionale della sicurezza pubblica e dei servizi speciali contro la criminalità organizzata internazionalmente. Quaderni Padani - 83 Patto Costituzionale fra le Comunità Padane Documento di lavoro, redatto all’interno de La Libera Compagnia Padana, e presentato da Gilberto Oneto alla Commissione Tecnico-scientifica nel maggio 1998. Art.1 Per difendere le proprie libertà, le proprie identità e i propri beni, Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia (Occidentale e Orientale), Emilia, Trentino, Romagna, Veneto, (Ladinia), Friuli e Trieste si federano volontariamente a formare la Lega Federale delle Libere Comunità Padane, di seguito denominata anche Federazione Padana, e adottano la presente Costituzione. La Dieta non ha scadenza di mandato. La Dieta è composta da Gastaldi eletti nelle singole Comunità nella misura di uno ogni centomila Cittadini Residenti, con un minimo di due Gastaldi per Comunità. Le modalità di elezione e la durata in carica dei Gastaldi sono stabilite dalle singole Comunità che devono garantire la presenza di almeno un Gastaldo in rappresentanza di ognuna delle minoranze storiche. Nel caso queste siano composte da un numero inferiore ai centomila abitanti, il loro rappresentante si deve aggiungere a quelli previsti per la Comunità in base al computo del numero di Cittadini Residenti. Le minoranze che devono essere rappresentate sono: a) Occitani, b) Valdesi, c) FrancoProvenzali, d) Walser, e) Cimbri, f) Ladini, g) Sloveni. Alle stesse minoranze, oltre a Brigaschi, Mocheni e Carinziani, è garantita una rappresentanza nei Parlamenti delle Comunità di cui fanno parte. Nel caso delle minoranze sparse fra varie Comunità, la loro rappresentanza sarà garantita attraverso accordi fra le Comunità interessate. Il voto degli appartenenti alle minoranze è attribuito sulla base dell’Attinenza dei Cittadini. La Dieta elegge il proprio Presidente. Il Senato dura in carica cinque anni ed è composto da quattro Senatori per ogni Comunità, eletti fra e dai Cittadini Attinenti che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età e con modalità stabilite da una legge federale. E’ presieduto dal Secondo Reggitore in carica. Le leggi sono approvate dalla maggioranza dei membri della Dieta, sono verificate con il voto della maggioranza dei membri del Senato e sono ratificate dal Primo Reggitore che può esercitare il diritto di veto. In questo caso la stessa legge può essere promulgata solo con il voto della maggioranza di due terzi dei membri di ognuna delle camere. Referendum popolari abrogativi, istitutivi o di indirizzo sono indetti su richiesta del Primo Reggitore, di un terzo di entrambe le Camere o di un decimo dei Cittadini di età superiore ai diciotto anni e con l’autorizzazione del Consiglio degli Anziani. Le decisioni legislative conseguenti a Referendum entrano immediatamente in vigore. Art.2 La Federazione Padana tutela i diritti naturali e individuali dei cittadini padani alla vita, alla libertà di espressione in ogni sua forma politica culturale e religiosa, alla proprietà, all’attività economica, all’autodifesa e alla ricerca della felicità e della prosperità. La Federazione Padana tutela la civile convivenza fra le Comunità collegate e ne garantisce la difesa da ogni nemico. A questo scopo, le Comunità delegano alla Federazione Padana le seguenti competenze: a) Politica estera e difesa, b) Moneta, c) Ordinamento civile, penale e processuale, d) Norme elettorali per l’elezione del Primo e del Secondo Reggitore, del Senato Federale e dei rappresentanti federali negli organismi internazionali, e) Emendamenti alla Costituzione federale, f) Bilancio e finanza federale, g) Dogane, h) Rilevazioni statistiche federali, i) Norme sull’immigrazione e sulla circolazione di cittadini stranieri. La Federazione Padana viene anche delegata al coordinamento delle seguenti attività: a) Pianificazione, gestione e rilievo del territorio, b) Trasporti e Comunicazioni di interesse federale, c) Tutela della concorrenza, d) Ricerca scientifica, e) Tutela di base all’assistenza sanitaria e alla previdenza, f) Produzione e distribuzione dell’energia. Art.3 Sono cittadini della Federazione Padana i Cittadini di una delle Comunità federate. Le Comunità concordano di riconoscere quali Cittadini: a) i figli naturali di entrambi i genitori Cittadini padani, b) coloro che risiedono e lavorano permanentemente in Padania da almeno diciotto anni e non hanno commesso reati, c) coloro che hanno acquisito meriti speciali in campo culturale, economico o scientifico a giudizio del Governo Federale e su indicazione delle Comunità. Ogni Cittadino è Attinente a una comunità locale. La federazione garantisce la libera circolazione dei Cittadini delle Comunità 84 - Quaderni Padani federate. Cittadini e stranieri autorizzati sono Residenti in una comunità locale. Le norme per l’attribuzione dell’Attinenza e per la concessione della Residenza sono di competenza delle Comunità. Art. 4 Il patto federale ha durata di venti anni. Alla sua scadenza, esso è automaticamente rinnovato salvo rescissione da parte di una Comunità con il voto di due terzi dei suoi Cittadini Attinenti. L’adesione di nuove Comunità alla Federazione Padana deve essere approvata dalla maggioranza di due terzi di entrambe le Camere e poi sottoposta a Referendum popolare. Art.5 Il potere esecutivo federale è esercitato dal Primo Reggitore. Il Primo Reggitore viene eletto, assieme al Secondo Reggitore, dai Cittadini padani con elezione regolata da una legge federale, deve avere compiuto i 30 anni di età, deve essere Cittadino padano nato in Padania da genitori Cittadini padani, e dura in carica cinque anni. Il Primo Reggitore nomina i membri del Governo federale e ne è il referente e il responsabile. Il Primo Reggitore può essere eletto solo per due mandati. Il Primo Reggitore decade per fine del mandato, per dimissioni, morte o inabilità fisica o per decadenza decretata dal Parlamento Federale con un voto di tre quarti degli aventi diritto e approvata con Referendum popolare. Il voto può essere richiesto dalla metà dei Governi delle Comunità, da due terzi dei membri di ciascuna delle due camere del Parlamento federale, dalla maggioranza dei membri della Corte Federale o da un decimo dei cittadini. Alla sua decadenza prima della scadenza del mandato, il Primo Reggitore è sostituito dal Secondo Reggitore per un periodo di sei mesi occorrente a bandire nuove elezioni. Il Secondo Reggitore presiede il Senato Federale. Una apposita legge federale regola la sostituzione del Secondo Reggitore, nel caso di sua decadenza prima della scadenza del mandato, che deve avvenire con le stesse modalità di quella del Primo Reggitore, cui si aggiunge la richiesta in tal senso del Primo Reggitore. Art.6 Il potere legislativo federale è esercitato dal Parlamento, composto dalla Dieta dei Popoli Padani e dal Senato delle Comunità Padane. Art.7 Il potere giudiziario è esercitato a livello federale dal Consiglio Federale degli Anziani composto da venti membri che durano in carica a vita. Dieci Anziani sono nominati dal Primo Reggitore e dieci dal Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Senato. Il mandato degli Anziani può essere interrotto solo per morte, per inabilità fisica, per dimissioni o per decadenza decretata con le stesse modalità di quella dei Reggitori. Il Consiglio degli Anziani ha competenza in materia di interpretazione costituzionale, di rapporti fra le Comunità, fra le Comunità e il Governo Federale. Art.8 Le singole Comunità sono del tutto autonome per tutto quello che non è stato esplicitamente delegato alla Federazione Padana con la presente Costituzione. La sola limitazione riguarda la determinazione del carico fiscale sui Cittadini Residenti che non può superare il 35%. La percentuale di versamento alle casse federali di detto prelievo è stabilita dal Senato. Non possono essere applicate tasse federali aggiuntive se non in caso di gravi calamità e di aventi bellici e con in consenso del Parlamento. Art. 9 La lingua franca della Federazione Padana è il Toscano. Esso è lingua ufficiale degli atti federali. Esso è anche lingua ufficiale di ogni Comunità alla pari con le lingue locali definite dalle singole Comunità. Art.10 Il Primo Reggitore e il Governo Federale risiedono a Venezia. Il Parlamento e gli altri organi federali sono distribuiti sul territorio di tutte le Comunità. Il Sigillo della Lega è il Sole delle Alpi, la sua Bandiera Ordinaria è il sole delle Alpi verde in campo bianco, la sua Bandiera Marittima è formata dall’unione degli stendardi di San Giorgio e di San Marco, la sua Bandiera Storica è la Croce di San Giorgio caricata nel primo quadrante del Sole delle Alpi rosso. NORME TRANSITORIE Art.11 La Federazione unisce inizialmente le Regioni esistenti. Queste hanno un anno di tempo per confermarsi come Comunità e darsi una denominazione ufficiale che sostituirà quelle provvisoriamente espresse Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 dall’Articolo 1 senza che questo comporti revisioni costituzionali. Entro un anno devono anche essere risolti i problemi di costituzione di nuove Comunità e di confini fra le varie Comunità. Una apposita legge federale, promulgata contestualmente alla presente Costituzione, definisce le modalità di costituzione di nuove Comunità e di revisione dei confini. Art.12 Il SüdTirolo e la Toscana, possono costituire Comunità Associate alla Federazione Padana. Esse hanno un anno di tempo per definire il proprio assetto e i propri confini con modalità uguali a quelle delle Comunità della Federazione Padana. Esse dispongono di istituzioni proprie e possono eleggere propri rappresentanti nel Parlamento Padano che hanno diritto di voto solo nelle questioni comuni che sono: a) Moneta, b) Dogane, c) Tutte le deleghe al coordinamento previste dall’Articolo 2 della presente Costituzione. Quaderni Padani - 85 Costituzione della Confederazione delle Comunità Padane Documento discusso, emendato e approvato dal “Parlamento della Padania” nella sua seduta finale del 12 luglio 1998. Il testo è stato redatto da Alessandro Storti a seguito dei lavori del “Comitato A” dello stesso Parlamento (Presidente Ivo Papadia). Art. 1 La Confederazione Padana è un’unione volontaria di Comunità libere e indipendenti. numero di rappresentanti nominati dalle Camere delle singole Comunità in ragione di 5 per ognuna di esse. La carica di Delegato è vincolata alla volontà delle Camere locali; in caso di rinnovo di queste ultime o di revoca del mandato il Delegato decade dalla carica. L’Assemblea non ha pertanto una durata prefissata. L’Assemblea sarà convocata dal Presidente o da una o più˘ Nazioni richiedenti. L’Assemblea ha la funzione di emanare regolamenti in ordine all’attuazione delle funzioni di competenza confederale. L’Assemblea ha inoltre il diritto di votare risoluzioni sul merito degli atti di competenza del Consiglio. L’Assemblea ha egualmente il diritto di emettere documenti di indirizzo in ordine a qualsiasi argomento. Risoluzioni e documenti di indirizzo non hanno forza vincolante per alcun organismo della Confederazione nÈ per alcuna Comunità. Art. 2 La Confederazione Padana si compone delle Comunità aderenti al presente patto costituzionale. Esse sono (...). Art. 3 La Confederazione Padana garantisce la difesa delle Comunità e delle loro libertà, tutelando la civile convivenza fra esse. La Confederazione non potrà godere di una tassazione propria; il finanziamento sarà assicurato dal Consiglio Confederale. Art. 4 Le Nazioni sono depositarie dei poteri, salvo quelli delegati alla Confederazione Padana. Art. 5 Il Consiglio è l’organismo direttivo della Confederazione e si compone dei Governatori e dei Presidenti di tutte le Comunità confederate. La carica di membro del Consiglio si acquista automaticamente con l’elezione a Governatore o Presidente di una comunità. Il Consiglio non ha pertanto una durata specifica prefissata. Le funzioni del Consiglio sono le seguenti: a) difesa verso l’esterno b) rapporti esteri generali c) ammissione d) bilancio confederale e) proposte di modifiche costituzionali. Il Consiglio delibera in tutti i casi suddetti all’unanimità, ad eccezione di quanto alla lettera b), se la ratifica di trattati o l’assunzione di obblighi internazionali non com- 86 - Quaderni Padani porta modifiche costituzionali. Art. 6 Ogni Comunità può esercitare il diritto di secessione dalla Confederazione Padana. La deliberazione necessaria per il distacco dalla Confederazione Padana non richiede una procedura rinforzata o aggravata. Il diritto di secessione non può essere sottoposto ad alcuna restrizione o limitazione. Art. 7 I diritti naturali individuali dei cittadini padani sono la vita, la libertà di espressione in ogni sua forma, la proprietà, l’autodifesa e la ricerca della felicità. Gli atti delle Comunità confederate non possono essere in contrasto con le garanzie individuali tutelate dal presente articolo. Art. 8 Sono titolari della cittadinanza padana tutti i cittadini residenti e riconosciuti tali nelle Comunità confederate che abbiano sottoscritto la presente Costituzione. Art. 9 Sono organi della Confederazione il Consiglio, l’Assemblea dei Delegati e la Corte Costituzionale. Art. 10 Il Consiglio nomina al suo interno un Presidente della Confederazione, scegliendolo fra i Governatori e i Presidenti delle Comunità. La carica di Presidente ha durata biennale. Il Presidente ha le seguenti funzioni: a) presiede il Consiglio b) rappresenta la Confederazione in ogni sede. Art. 11 L’Assemblea dei Delegati si compone di un Art. 12 La Corte Costituzionale è l’organismo competente a giudicare in ordine alle questioni di costituzionalità di leggi e provvedimenti. La legge istitutiva della Corte Costituzionale viene adottata dall’Assemblea nella prima sessione. La Corte interviene su istanza di ogni cittadino, di ogni gruppo di individui, di ogni Comunità. Art. 13 Il Sigillo della Confederazione è il Sole delle Alpi. La Bandiera Ordinaria è il Sole delle Alpi verde in campo bianco. La Bandiera Marittima è formata dall’unione degli stendardi di San Giorgio e di San Marco. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Costituzione dell’Unione Federale Padana Documento discusso, emendato e approvato dal “Parlamento della Padania” nella sua seduta finale del 12 luglio 1998. Il testo è stato redatto da Antonio Zoffili a seguito dei lavori del “Comitato D” dello stesso Parlamento (Presidente Sisto Marchioro). Popoli della PADANIA configurano nel loro insieme una Comunità storica, naturale, socio-economica e culturale profondamente radicata in una pluralità di storie e di sentimenti. comunitario; considera la famiglia come nucleo costitutivo primario della Società padana; protegge la dignità dell’uomo dagli abusi dell’ingegneria genetica; applica i principi della sussidiarietà e della solidarietà sociale nei confronti dei cittadini effettivamente indigenti o disabili; promuove e sostiene le relazioni dei Padani all’estero tra loro e con la Padania; riconosce il fondamentale diritto all’istruzione e la libera scelta di genitori e studenti in merito alla scuola pubblica o privata, in regime di pari opportunità e sostegno economico. Art. 10 L’U.F.P. promuove la massima valorizzazione del lavoro in ogni sua forma, subordinata o autonoma, pubblica o privata. L’U.F.P. sostiene la vocazione operosa del Popolo padano; tutela la proprietà come diritto di disporre dei propri beni e del frutto del proprio lavoro; attribuisce alle attività economiche e produttive, ispirate ai principi della libertà dell’impresa, del libero mercato e della tutela anti-monopolistica della concorrenza un’importanza fondamentale per lo sviluppo materiale e morale della Società padana, nel rispetto del principio internazionale dello sviluppo sostenibile. Riconosce l’insostituibile funzione dell’iniziativa privata, garantendo la libertà di organizzazione e la massima semplificazione degli oneri burocratici e fiscali a carico dell’impresa. Vigila affinché le attività di impresa e di funzione pubblica perseguano obbiettivi e finalità residuali; proibisce ogni limitazione, diretta o indiretta, della leale concorrenza. I popoli della PADANIA, in nome della Libertà e del Diritto di Autodeterminazione, si organizzano in forme autonome e rispondenti alle loro identità e vocazioni. Per conseguire queste irrinunciabili finalità, proprie di uno Stato di Diritto, per tutelarle da qualsiasi tentativo disgregante, per salvaguardare i propri comuni interessi, i Popoli della PADANIA, pur conservando intatte e intangibili le loro autonomie e le loro sovranità, si organizzano politicamente nella: UNIONE FEDERALE DELLA PADANIA (U.F.P.) RETTA DALLA SEGUENTE COSTITUZIONE CAPITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 La Padania è un’Unione politica e istituzionale, federale, libera, indipendente e democratica, la cui area storica è quella dei Popoli sovrani delle 14 Nazioni di Emilia, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Romagna, S¸d-Tirol, Toscana, Trentino, Trieste, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto, che adottano la presente Costituzione Federale. Art. 2 I Popoli di ogni Nazione decidono con referendum autonomo la propria adesione all’U.F.P. e possono recedere dalla stessa con un referendum, sempreché il numero di voti favorevoli alla proposta di recesso rappresenti almeno i 3/5 dei voti validi. In caso di esito negativo, è possibile riproporre referendum dopo tre anni. Si possono attuare modifiche ai confini tra due o più˘ Nazioni a seguito di consultazione referendaria sempreché il numero di voti favorevoli alla proposta di modifica rappresenti almeno i 3/5 dei voti validi espressi dal corpo referendario delle Nazioni interessate. Eventuali modifiche dell’ordinamento territoriale all’interno di ciascuna Nazione sono disciplinate con legge della Nazione stessa e con pieno rispetto per le minoranze etnico-linguistiche di origine padana contrarie alle modificazioni. Art. 3 Tutte le Nazioni sono autonome e sovrane e sono rette da ordinamenti politico-amministrativi interni propri e sanciti dalle Costituzioni Nazionali. Dette Costituzioni devono garantire adeguata rappresentanza politica e amministrativa a tutte le minoranze etniche presenti nelle singole Nazioni. Art. 4 Tutti i Poteri costituzionali derivano dalla Sovranità del popolo. I poteri non delegati dalla presente Costituzione all’U.F.P. sono riservati alle rispettive Nazioni ed ai loro popoli. Fermo restando il principio della Sussidiarietà, ogni Entità territoriale, dal Comune alla Nazione, nell’esercizio delle proprie competenze istituzionali e di governo, detiene e conserva dignità paritaria nei confronti di ogni altra Entità territoriale e dell’U.F.P. Art. 5 Sono lingue ufficiali, oltre all’italiano, con pari dignità, le lingue storiche delle altre nazioni che compongono l’U.F.P. Art. 6 L’U.F.P. consente piena libertà di coscienza e di culto. Art. 7 In conformità a Legge Federale, le Nazioni concordano di ritenere aventi diritto alla cittadinanza dell’U.F.P.: tutti coloro che possiedono la cittadinanza di una delle Nazioni facenti parte dell’U.F.P, coloro che risiedono e lavorano permanentemente in Padania da un numero di anni definito da ogni Nazione con sua legge. Art. 8 Tutti i cittadini padani hanno pari dignità e sono uguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di condizione personale e sociale, di ideologie politiche e filosofiche. Tutti i cittadini padani hanno diritto alla libertà di parola, di stampa nonché di espressione e di manifestazione del loro pensiero mediante ogni mezzo consentito dal sistema informativo e di comunicazione che non può mai assumere carattere monopolistico. Tutti i cittadini padani possono riunirsi in forma pacifica, privatamente e pubblicamente, anche nell’ambito di associazioni politiche e sindacali. L’U.F.P. garantisce tutti i cittadini padani contro ogni provvedimento illegittimo che comporti una restrizione della libertà personale e delle altre libertà ad essa collegate. Art. 9 L’U.F.P. riconosce il diritto alla salute come fondamento del benessere individuale e Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 CAPITOLO II ORDINAMENTO DELL’U.F.P. Art. 11 Il Congresso dell’Unione Federale della Padania esercita il potere legislativo. Il Congresso è costituito dall’Assemblea Federale Padana e dalla Camera delle Nazioni, dotate dei medesimi poteri. I componenti dell’Assemblea Federale Padana sono eletti a suffragio libero, universale e segreto secondo le leggi elettorali di ogni singola Nazione e, comunque, in proporzione di un seggio ogni 200.000 abitanti. I seggi sono ripartiti in maniera proporzionale alla popolazione delle Nazioni, ad ognuna delle quali deve essere assegnato almeno un seggio. L’Assemblea Federale Padana viene eletta ogni 4 anni ed i componenti sono rieleggibili una sola volta. La Camera delle Nazioni rappresenta e Quaderni Padani - 87 tutela gli interessi delle Nazioni. Esercita il potere legislativo nonché quello di controllo e d’inchiesta sull’esecutivo federale e sull’amministrazione federale. E’ costituita da 3 rappresentanti per ogni Nazione, indipendentemente dall’entità numerica della popolazione della Nazione stessa. I componenti della Camera delle Nazioni vengono eletti a suffragio libero, universale e segreto dai cittadini delle rispettive Nazioni in base alle leggi elettorali di ciascuna Nazione. La Camera delle Nazioni viene eletta ogni 4 anni ed i componenti sono rieleggibili una sola volta. Ad ogni componente del Congresso è assicurata l’immunità sia per le opinioni espresse nell’espletamento delle funzioni parlamentari sia in ogni altro pubblico o privato consesso. Il Congresso dell’Unione Federale della Padania è competente ad esercitare Funzioni Legislative nelle seguenti materie: Affari Esteri. Relazioni Internazionali. Difesa e Forze Armate. Sicurezza collettiva e lotta alla criminalità. Protezione Civile di competenza federale. Organizzazione della pubblica amministrazione federale. Giustizia federale. Codificazione civile e penale di interesse federale. Politica monetaria. Politica finanziaria e bilancio federale. Norme elettorali federali. Agenzie federali. Servizi postali, telefonici e telegrafici. Immigrazione, Emigrazione, Passaporti, tutela e assistenza dei cittadini padani residenti all’estero. Pesi, misure, determinazione del tempo. Rilevazioni statistiche federali. Nessuna legge che modifichi il compenso per le prestazioni dei membri dell’Assemblea Federale Padana e della Camera delle Nazioni o del Direttorio Federale, acquisterà efficacia se non dopo che sia intervenuta una nuova elezione di tutti i suoi Rappresentanti. Art. 12 Il Direttorio Federale è il governo dell’U.F.P. Il Direttorio Federale è formato da tanti componenti quante sono le Nazioni Federate, in ragione di uno per Nazione. I componenti del Direttorio Federale sono eletti per 4 anni dal Congresso dell’U.F.P. in seduta plenaria. Essi devono essere cittadini padani ed elettori. Sono rieleggibili una sola volta. La durata in carica dei componenti del Direttorio Federale è contestuale a quella del Congresso dell’U.F.P. . Essi non possono ricoprire altri incarichi pubblici nell’ambito dell’U.F.P. e delle rispettive e singole Nazioni né esercitare altre attività mentre espletano l’incarico. Il Direttorio Federale elegge al suo interno un Presidente ed un Vice-Presidente che durano in carica dodici mesi e non possono essere rinnovati. Il Direttorio Federale presenta al Congresso dell’Unione Federale della 88 - Quaderni Padani Padania i Progetti di Legge; provvede all’esecuzione delle Leggi approvate dal Congresso Padano e delle Sentenze della Corte Costituzionale Federale; ripartisce le singole competenze operative tra i suoi componenti ma le decisioni emanano dal Direttorio Federale quale potere costituzionale e, per essere valide, contemplano la presenza del Presidente o del VicePresidente e della metà dei componenti. Art. 13 L’amministrazione pubblica federale deve ispirarsi ad un principio di equilibrata rappresentatività di tutte le Nazioni federate. Art. 14 La Funzione Giurisdizionale federale è indipendente da ogni altro potere federale ed emana anch’essa dalla sovranità popolare. La magistratura giudicante e gli uffici del pubblico ministero rappresentano funzioni e carriere separate e distinte. Per i giudizi in materia penale sono previsti tribunali di giurati popolari (giurìÏ). Una legge organica ne stabilirà i criteri e le caratteristiche di scelta e operatività. I pubblici ministeri sono eletti direttamente dal popolo con le modalità stabilite dalla legge federale che determina anche i requisisti di elevata competenza dei candidati. E’ fatto divieto nell’ambito della Giustizia federale e dei suoi uffici passare da una carriera all’altra e da una funzione all’altra. Ogni Nazione organizza ed esercita il proprio Potere Giudiziario tramite propri Magistrati e Tribunali. Art. 15 La Corte Costituzionale Federale ha come sua funzione quella di verificare la conformità con la Costituzione delle leggi e atti emanati dal Legislativo e dall’Esecutivo Federali e Nazionali, nonché dalle magistrature di merito. La Corte Costituzionale esercita la tutela in caso di violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla presente Costituzione ad ogni cittadino dell’Unione. Un’apposita legge federale disciplina ed organizza il funzionamento ed i compiti della Corte Costituzionale Federale. CAPITOLO III DISPOSIZIONI FINANZIARIE Art. 16 Il bilancio dell’’U.F.P. è approvato annualmente dal Congresso dell’U.F.P. . L’U.F.P. tiene in pareggio a lungo termine le sue uscite e le sue entrate; propone le politiche e gli stanziamenti di riequilibrio finanziario tra le Nazioni Federate. Le disposizioni recanti nuovi e maggiori oneri possono essere stabilite solo con Legge la quale deve indicare il periodo di applicazione, gli obbiettivi da raggiungere, nonché la descrizione puntuale e rigorosa dei mezzi di copertura finanziaria per farvi fronte. La stessa legge di bilancio fissa il termine massimo di prelievo fiscale rispetto al prodotto interno lordo. All’U.F.P. competono direttamente: a) le Tasse d’importazione; b) una percentuale delle imposte sui consumi e sul valore aggiunto determinate annualmente dalla Legge di bilancio. Le Nazioni federate, per contribuire alle spese dell’U.F.P., versano inoltre all’Unione fino al massimo di un decimo del totale delle imposte dirette riscosse sul loro territorio secondo quanto stabilito dalla Legge di cui al comma precedente. Ogni altro tributo è attribuito alle Nazioni Federate. Non è ammessa alcuna sorta di doppia imposizione tra l’U.F.P. e le Nazioni Federate, nonché tra le stesse Nazioni Federate. CAPITOLO IV LEGGI E REFERENDUM DI INIZIATIVA POPOLARE Art. 17 La Legislazione Federale stabilisce forme e termini per le consultazioni popolari a livello federale. Il Popolo padano esercita l’iniziativa delle leggi federali mediante proposta da parte di almeno 50.000 elettori di una proposta di legge redatta in articoli. E’ indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge quando lo richiedano 100.000 elettori o 5 Nazioni federate. Art. 18 Il Sigillo dell’U.F.P. è il Sole delle Alpi, costituito da sei petali disposti all’interno di un cerchio; la sua Bandiera ordinaria è il Sole delle Alpi di color verde celtico-veneto in campo bianco; la sua Bandiera marittima è formata dall’unione degli Stendardi di San Giorgio e di San Marco; la sua Bandiera storica è la Croce di San Giorgio caricata nel primo quadrante del Sole delle Alpi rosso. L’Inno dell’U.F.P. è il "Va pensiero" di Giuseppe Verdi. CAPITOLO V REVISIONE della COSTITUZIONE FEDERALE Art. 19 La Costituzione Federale può essere riformata totalmente o parzialmente. La revisione parziale o totale può aver luogo sia per iniziativa del Congresso dell’Unione Federale a richiesta di un quinto dei componenti dell’Assemblea federale, oppure di un quinto dei componenti delle Camere delle Nazioni, oppure per iniziativa di 100.000 cittadini padani con diritto di voto che sottoscrivano un progetto di legge redatto in articoli di modifica totale o parziale della Costituzione federale. NORME TRANSITORIE Art. 20 L’U.F.P. prevede l’unione iniziale delle Nazioni esistenti, le quali dispongono di un anno di tempo per confermarsi come Nazioni Federate e darsi una denominazione ufficiale, che potrà sostituire quella provvisoriamente espressa nell’art. 1, senza che questo comporti revisioni costituzionali. Entro un anno dall’avvio del processo di formazione dell’U.F.P., in conformità ad apposita Legge Federale, devono altresìÏ essere risolti i problemi di costituzione di nuove Nazioni e di confini tra le Nazioni stesse. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Ipotesi per una riforma Documento redatto da Gianfranco Miglio e dai suoi collaboratori e pubblicato sul libro dello stesso Miglio, L’asino di Buridano (Vicenza: Neri Pozza, 1999), pagg. 75-88. Il testo ricalca il “Modello di costituzione Federale per l’Italia” presentato il 17 dicembre 1994 al Circolo della stampa di Milano e fatto proprio dall’Unione Federalista. Quel testo era stato anche pubblicato su Cuore & Critica (anno III, n.18, dicembre 1994), pagg. 4-13. I PRINCIPI FONDAMENTALI 1. L’Italia è una Repubblica, radicata nei Municipi, e fondata su di un patto di unione fra le comunità naturali in cui i cittadini si articolano. La Repubblica è formata da quindici Regioni, raggruppate in tre Comunità regionali - Nord, Centro e Sud e dalle cinque Regioni a statuto speciale, che hanno dignità di Comunità regionale, e possono adottare, nel loro Statuto, le istituzioni e le procedure previste per le Comunità regionali. 2. Il potere di decidere - sul piano legislativo, governamentale ed amministrativo appartiene al popolo, il quale lo esercita o per mezzo dei suoi rappresentanti oppure direttamente (referendum). Una legge costituzionale definisce le forme di referendum, i “quorum” necessari, e le procedure che ne regolano lo svolgimento, nelle diverse aree della Repubblica. 3. La Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e stabilisce i doveri del cittadino. Nessun vincolo è posto alla circolazione ed alla attività dei cittadini sul territorio della Repubblica; tale libertà può essere limitata soltanto per motivi penali. La Costituzione garantisce le quattro fondamentali libertà europee: circolazione delle persone, dei capitali, delle merci e dei servizi. La libertà di impresa è un diritto costituzionale. 6. Il Direttorio federale decide applicando la regola della maggioranza; in caso di parità di voti, prevale il voto del Presidente. Decide invece e soltanto all’unanimità, quando approva la legge di bilancio, l’istituzione di nuovi tributi e i provvedimenti relativi al sostegno finanziario delle aree svantaggiate. Sempre all’unanimità, e per iniziativa comune dei governi comunitari, il Direttorio federale delibera di stabilire con legge norme di coordinamento per l’esercizio di talune competenze comunitarie, l’attribuzione di nuove competenze alle diverse aree di governo della Repubblica, nonché l’eventuale delega di funzioni al Presidente. 7. Qualora il Direttorio federale non si esprima all’unanimità, nei casi in cui questa è prescritta, il Presidente federale promuove il “procedimento di emergenza”. Entro otto giorni l’unanimità deve essere conseguita; in caso contrario tutti i membri del Direttorio - compreso il rappresentante protempore della Regione a statuto speciale, ed escluso il Presidente - decadono, e si procede a nuove elezioni. I membri decaduti non possono essere immediatamente rieletti. 8. Il sistema tributario della Repubblica è il seguente: A) tributi locali consentono ai Municipi di finanziare le loro funzioni. Una legge costituzionale riconosce l’ambito di tale prerogativa , ne garantisce l’esercizio, e indica le residue forme di finanziamento dell’attività dei Municipi. B) Tutti gli altri tributi, diretti e indiretti, sotto la sorveglianza del Direttorio federale, vengono stabiliti e riscossi dalle Comunità regionali, e dalle Regioni a statuto speciale, in funzione del luogo dove la ricchezza è stata prodotta o scambiata. C) Una parte del gettito di questi tributi, nella misura determinata dal Direttorio federale, viene destinata a sostenere l’attività del Governo federale, e può essere anche impiegata per finanziare lo sviluppo delle aree meno prospere della Repubblica. LA FUNZIONE DI GOVERNO 1. Il governo del Municipio spetta al sindaco, eletto da tutti i residenti, ed assistito da una giunta composta di assessori da lui nominati e revocati. Una legge costituzionale riconosce le competenze originarie del Municipio, e ne stabilisce la diversa struttura organizzativa in rapporto alla dimensione demografica. L’amministrazione del Municipio si svolge sottoponendo le decisioni alla scelta dei cittadini. In particolare l’adozione o la modifica degli strumenti urbanistici, devono essere approvate dalla maggioranza assoluta dei cittadini (referendum popolare). 2. Il governo della Regione è determinato dallo Statuto della medesima. Il capo del governo regionale è il Presidente, eletto direttamente dai cittadini. La Regione “incorpora” le Province che la compongono, ed utilizza i loro quadri sul territorio per formare consorzi di Municipi. 3. Il governo della Comunità regionale è formato da un Governatore eletto da tutti i cittadini della Comunità stessa, e da un Direttorio composto dai presidenti delle Regioni che costituiscono la comunità medesima. Le competenze del direttorio e del Governatore della comunità, nonché i loro rapporti, sono determinati dallo Statuto comunitario, adottato dai Consigli delle Regioni che compongono la Comunità. La Comunità regionale del Nord è composta dalla Regione del Nord-Ovest (Liguria, Piemonte, Lombardia: capoluogo Torino), dalla Regione del Nord-Est (Veneto: capoluogo Verona o Venezia) e dalle Regioni Emilia e Romagna: capoluogo Bologna; capoluogo della Comunità regionale del Nord è Milano. La Comunità regionale del Centro è composta da: Toscana, Umbria, Marche, e Lazio; la Comunità regionale del Sud è composta da: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria. La Comunità regionale è organo politico, ed è competente per la definizione e la gestione della politica economica relativa all’area governata. L’amministrazione territoriale della Comunità regionale spetta alle Regioni che la compongono. Entro la Comunità regionale, le Regioni ed i Municipi possono ottenere larghe autonomie, garantite e regolate dallo Statuto. 4. Il Governo della Repubblica spetta a un Direttorio federale, composto dai Governatori delle tre Comunità regionali e - a turno annuale - è competente, in via esclusiva, per la politica estera, la difesa, la politica monetaria, gli uffici federali dell’ordinamento giudiziario; in via concorrente è competente per la politica sociale, tendente a garantire condizioni omogenee, nella Repubblica, nella previdenza e nella sanità. Tutte le altre competenze spettano alle Comunità regionali ed alle Regioni a statuto speciale. 5. Il Direttorio federale è coadiuvato da Segretari di Stato, nominati dal Presidente federale. Il loro mandato cessa con l’uscita da carica del Presidente stesso; può essere espressamente prorogato dal nuovo Presidente federale. I Segretari di Stato dipendono dal Direttorio, di cui devono godere la fiducia; sono preposti agli uffici che corrispondono alle competenze esclusive del governo federale, ed a quelli che verranno riconosciuti necessari per coordinare l’esercizio delle competenze comunitarie. La eventuale riunione collegiale dei Segretari di Stato non costituisce un organo istituzionale. Con il consenso del Direttorio, i Segretari di Stato possono essere ascoltati dall’Assemblea federale. Il Direttorio federale nomina e dimette i funzionari responsabili dei servizi, organizzati presso il Governo federale. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 I COLLEGI RAPPRESENTATIVI 1. Tutte le cariche elettive della Repubblica - se la legge non prevede un tempo più breve - durano quattro anni. Ad ogni area di governo corrisponde, con funzioni di controllo, un collegio rappresentativo, eletto a suffragio universale dai cittadini. Ciascun collegio rappresentativo, con la maggioranza dei due terzi dei suoi membri, può deporre il capo del governo sottoposto al suo controllo e comunque legittimato, Quaderni Padani - 89 proponendo contestualmente un candidato a sostituirlo. Con tale atto anche il collegio decade; nelle elezioni che seguono i cittadini scelgono fra il governante deposto e il candidato proposto dal collegio, e votano per il rinnovo di quest’ultimo. 2. L’amministrazione del Municipio è controllata dal Consiglio comunale, o da un sistema di collegi, eletti dai residenti che compongono il Municipio. 3. L’amministrazione della Regione è controllata dal Consiglio regionale, eletto dai cittadini che compongono la Regione. Lo statuto della Regione determina il modo in cui il Consiglio viene eletto, la sua organizzazione ed i suoi poteri. La Provincia non ha amministratori elettivi, perché a rappresentarla provvedono i consiglieri regionali eletti nel suo territorio. 4. Il governo della Comunità regionale è controllato da una Dieta, formata da deputati eletti a suffragio universale dai cittadini che compongono la Comunità medesima - Comunità regionale del Nord: 145; Comunità regionale del Centro: 68; Comunità regionale del Sud: 87 -. A questi trecento deputati si aggiungono quarantasei deputati eletti dai cittadini delle Regioni a statuto speciale: 27 per la Sicilia, 9 per la Sardegna, 6 per il Friuli-Venezia Giulia, 3 per il Trentino-Alto Adige, 1 per la Valle d’Aosta. I 346 deputati compongono l’Assemblea federale. Una legge costituzionale stabilisce la cornice normativa entro la quale gli statuti delle Comunità regionali, e delle Regioni a statuto speciale, possono differenziare il metodo per eleggere i rispettivi deputati. 5. L’Assemblea federale è l’unica camera politica della Repubblica. Essa non siede in permanenza, ma si riunisce in sessioni periodiche, in modo da consentire ai membri, che fanno contemporaneamente parte delle Diete delle Comunità regionali, di attendere ai lavori di queste ultime. L’Assemblea elegge un presidente, e si dota di un Regolamento, soggetto soltanto all’approvazione della Corte costituzionale. L’Assemblea federale, con una maggioranza dei due terzi dei suoi membri, può deporre il Presidente federale, proponendo un candidato a sostituirlo, e contestualmente determinando il proprio scioglimento. Nelle elezioni che seguono, i cittadini scelgono fra il Presidente deposto e il nuovo candidato, e ricostituiscono l’Assemblea federale. L’Assemblea federale è competente per tutte le materie riservate all’autorità federale; normalmente legifera per mezzo del senato legislativo. Quando discute la legge di bilancio, e gli altri provvedimenti per i quali la Costituzione esige l’unanimità del Direttorio, l’Assemblea non può apportare modifiche se non con il consenso unanime del Direttorio federale medesimo. 6. Il Senato legislativo è un collegio specializzato nella produzione di norme. È composto da duecento membri, eletti da tutti i cittadini della Repubblica con metodo proporzionale. Ha competenza esclusiva sulle materie relative ai “Princìpi fondamentali” ed ai “Diritti e doveri dei cittadini” elencati 90 - Quaderni Padani dalla Costituzione. I disegni di legge del Senato legislativo, prima di essere adottati in forma definitiva, devono essere approvati dall’Assemblea federale, la quale può rinviarli al Senato legislativo con l’indicazione delle modifiche auspicate. Un disegno di legge del Senato legislativo, approvato da tre quarti dei suoi membri, diventa legge anche senza l’assenso dell’Assemblea federale. L’Assemblea federale può affidare al Senato legislativo la redazione di leggi su materie di propria competenza. In particolare le leggi di coordinamento per l’esercizio delle competenze spettanti alle Comunità regionali; in tal caso l’Assemblea determina i princìpi ed i criteri direttivi a cui il Senato legislativo dovrà attenersi. Il Senato legislativo partecipa al processo di revisione della Costituzione. Esso elegge un presidente e si dota di un Regolamento, soggetto soltanto all’approvazione della Corte costituzionale. IL PRESIDENTE FEDERALE 1. Il Presidente federale è eletto per quattro anni da tutti i cittadini della Repubblica, e rappresenta il momento unitario nella vita politica di quest’ultima. L’elezione avviene in due tornate elettorali. Nella prima si possono presentare tutti i cittadini che abbiano compiuto quarant’anni e godano dei diritti civili e politici; nella seconda si confrontano soltanto i due candidati che, nella prima tornata, abbiano ricevuto il maggior numero di voti. Il Presidente presiede e coordina il Direttorio federale. Le sue funzioni, in caso di impedimenti gravi, sono esercitate dal Presidente della Corte costituzionale. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione della Assemblea federale. Presiede il Consiglio supremo di difesa, dichiara lo stato di guerra deliberato dall’Assemblea federale. Può concedere grazia e commutare le pene. 2. Il Presidente della Corte costituzionale promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge, ed i regolamenti. Indice i referendum popolari aventi efficacia per tutta la Repubblica; indice le elezioni per l’Assemblea federale e per il Senato legislativo. Quando, nell’Assemblea federale o nel Senato legislativo, è diventata impossibile la formazione di maggioranze deliberative, su richiesta del Presidente federale, e sentiti i presidenti di entrambi i collegi, il Presidente della Corte costituzionale può sciogliere l’una o l’altra camera, o entrambe, ed indire le conseguenti elezioni, fissando la prima riunione delle Camere stesse. LE CONSULTE MUNICIPALI 1. Ferma restando la competenza istituzionale riconosciuta dalla legge costituzionale ai Municipi, questi ultimi partecipano al governo della Repubblica attraverso le “Consulte municipali”. 2. Presso ogni Direttorio di Comunità regionale è costituita una Consulta muni- cipale comunitaria, formata da trenta Sindaci, eletti da tutti i Sindaci della Comunità in ragione di 15 rappresentanti dei Comuni fino a 10.000 abitanti, 10 rappresentanti dei Comuni da 10.000 a 25.000 abitanti, 5 rappresentanti dei Comuni con più di 25.000 abitanti. 3. Presso il Direttorio federale è costituita una Consulta municipale federale, formata da 30 Sindaci, eletti da tutti i Sindaci della Repubblica, in Ragione di 20 rappresentanti dei Comuni che abbiano fino a 100.000 abitanti. I Sindaci dei Comuni i quali abbiano più di un milione di abitanti, fanno parte di diritto della Consulta municipale federale. 4. Le consulte municipali forniscono pareri, proposte e suggerimenti nei campi a) della politica dell’ambiente, b) delle comunicazioni, e c) dell’urbanistica. Il parere espresso da una consulta municipale con una maggioranza dei due terzi dei componenti è vincolante per il rispettivo organo di governo presso il quale la Consulta è costituita. LA CORTE COSTITUZIONALE 1. La Corte costituzionale giudica: a) la conformità a Costituzione di tutti gli atti normativi, ed aventi efficacia di legge (Regolamenti), prodotti dai pubblici poteri della Repubblica; b) i conflitti di attribuzione fra i medesimi soggetti; c) la illiceità costituzionale dei comportamenti dei pubblici poteri verso le persone fisiche e giuridiche. 2. La Corte costituzionale è composta di quindici giudici, nominati per un terzo dal presidente dell’Assemblea federale, per un terzo dal presidente del Senato legislativo, e per un terzo eletti dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative. I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, e i professori ordinari di università in materie giuridiche. I giudici della Corte costituzionale sono nominati per dodici anni, e non possono essere nuovamente nominati. La Corte sorteggia, tra i suoi componenti, il Presidente, che rimane in carica per quattro anni. L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro di una delle due Camere, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge. 3. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge, o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. La decisione della Corte è pubblicata e comunicata ai soggetti pubblici che hanno prodotto l’atto, affinché assumano i provvedimenti conseguenti. 4. La Corte costituzionale elegge un Procuratore della Costituzione scegliendolo fuori dal proprio seno, ma fra persone in possesso dei requisiti necessari per la nomina a giudice della Corte stessa. Questo magistrato - il cui mandato dura Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 quattro anni, e può essere rinnovato - ha il compito di promuovere o accogliere le impugnative dei casi di illegittimità costituzionale elencati nell’articolo 1. Egli può essere deposto dalla Corte, in adunanza plenaria, e con la maggioranza dei due terzi dei componenti. 5. Il Procuratore della Costituzione coordina l’operato degli uffici del Pubblico ministero, assistito da una Commissione consultiva di sette membri, eletta nel suo seno dal Senato legislativo. Qualora sorga un grave conflitto fra il Procuratore della Costituzione e la Commissione consultiva, questa può chiedere alla Corte costituzionale la rimozione del Procuratore. 6. Una legge costituzionale stabilisce le forme e le procedure con cui opera la Corte costituzionale. Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione. LA REVISIONE PERIODICA DELLA COSTITUZIONE 1. Allo scadere di ogni trentennio si verifica l’opportunità di rivedere la Costituzione. Sei mesi prima della scadenza, tutte le persone fisiche o giuridiche, le quali ritengano Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 di dover rappresentare un’esigenza di modificazione dell’ordinamento vigente, inviano per iscritto la loro richiesta, o suggerimento, al Governo delle Comunità regionali e alle Presidenze delle Regioni a statuto speciale. 2. I destinatari trasmettono le proposte ricevute, corredate del proprio parere, ad un ufficio apposito della Corte costituzionale, che le ordina e le trasmette alle presidenze dell’Assemblea federale e del Senato legislativo. Le presidenze delle due Camere si accordano per indire una sessione costituente nel contesto dei loro lavori. Quaderni Padani - 91 Proposta di legge per le province autonome L’elaborazione dei testi dei due “Progetti di Legge Costituzionale di iniziativa popolare” è opera del solo professor. Ettore A. Albertoni. Le ricerche e gli studi giuridici, sociali, economici, statistici, demografici e sociologici relativi ai due Progetti sono stati svolti in forma sia individuale che collegiale dai docenti universitari componenti dei due Comitati scientifici. La struttura dei Comitati e dei gruppi dì lavoro è stata deliberata esclusivamente sulla base delle alte qualificazioni scientifiche, accademiche e professionali dei suoi membri i quali attengono a diverse aree disciplinari. e si riconoscono in diverse aree di pensiero politico. Le Amministrazioni Provinciali di Bergamo e Vicenza hanno posto come unica discriminante per fare parte dei Comitati scientifici che tutti i loro componenti si riconoscessero nel valore costituzionale dell’autonomia e nel principio di sussidiarietà. Comitato Scientifico “Progetto Autonomia per la Provincia di Bergamo”: Ettore A. Albertoni (presidente, coordinatore scientifico), Francesco Arcucci, Paolo Bagnoli, Paola Bilancia, Gian Carlo Blangiardo, Ettore Rotelli e Andrea Machiavelli (collaboratore scientifico della “Struttura operativa di progetto”). La documentazione integrale del Progetto in: Autonomia provinciale. Quaderni della Provincia di Bergamo, n.l-2, gennaio dicembre 1998 (Maggioli Editore, Rimini, tel.0541.628666). Comitato Scientifico “Progetto Autonomia di Vicenza”: Ettore A. Albertoni (presidente, coordinatore scientifico) Ulderico Bernardi, Gian Carlo Blangiardo, Ferruccio Bresolin, Ivone Cacciavillani, Patrizia Scalabrin. Collaborazione scientifica per la ricerca economica: Progest S.r.l La documentazione integrale del Progetto è raccolta nel fascicolo: Provincia di Vicenza. Progetto Autonomia di Vicenza (Edizioni Centro Stampa Provincia di Vicenza, tel 0444.399193). -I sottoscritti elettori- in base al diritto di iniziativa legislativa previsto e garantito dall’art.71,comma secondo, Costituzione della Repubblica Italiana e in applicazione della Legge 25 maggio 1970,n.352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo )presentano la seguente “Proposta di Legge Costituzionale” redatta in articoli: “MODIFICHE AL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE IN MATERIA DI AUTONOMIE PROVINCIALI E LOCALI. ATTRIBUZIONE ALLA PROVINCIA DI BERGAMO E AD ALTRE PROVINCIE DELLO STATUTO D’AUTONOMIA PROVINCIALE” re, storie, caratteristiche produttive, economiche e sociali, nonché alla loro contribuzione globale all’erario secondo specifici Statuti adottati con leggi costituzionali e denominati Statuti di autonomia provinciale. 4. E’ attribuita ai Comuni la generalità delle funzioni regolamentari ed amministrative anche nelle materie nelle quali la potestà legislativa spetta allo Stato, alle Regioni o alle Provincie, salve le funzioni espressamente attribuite alle Regioni, alle Provincie o allo Stato dalla Costituzione, dalle leggi costituzionali e dalle leggi ordinarie, senza duplicazioni di funzioni e con l’individuazione delle rispettive responsabilità. 5. Tutti gli atti, normativi o regolamentari, delle Regioni, delle Provincie e dei Comuni non sono sottoposti, né sono sottoponibili a controlli preventivi di legittimità o di merito”. Articolo 1 L’art. 114 della Costituzione della Repubblica Italiana è così modificato: “La Repubblica, allo scopo di rendere effettivo il riconoscimento e la promozione delle autonomie locali e di adeguare i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento, è costituita dai Comuni, dalle Regioni, dalle Provincie e dallo Stato.” Articolo 2 L’articolo 115 della Costituzione è così modificato: “I Comuni, le Provincie e le Regioni sono tutti enti autonomi con propri poteri e funzioni, stabiliti ed articolati secondo il principio di sussidiarietà”. Articolo 3 Dopo l’articolo 115 della Costituzione è inserito il seguente: “Articolo 115-bis” “1. I Comuni, le Provincie e le Regioni hanno tutti autonomia statutaria, normativa, finanziaria, organizzativa ed amministrativa. 2.La potestà legislativa è ripartita fra le Regioni, le Provincie e lo Stato. 3.Alle Provincie sono attribuite forme e condizioni di autonomia normativa, finanziaria, organizzativa ed amministrativa adeguate ai caratteri comunitari delle popolazioni e dei territori, alle loro cultu- 92 - Quaderni Padani Articolo 4 L’art. 116 della Costituzione è così modificato: “Alle Regioni Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, alla Regione Trentino Alto Adige ed alle due Provincie Autonome di Trento e Bolzano, nelle quali essa già oggi si articola, sono confermate e garantite costituzionalmente le forme e le condizioni di autonoma regionale e provinciale stabilite dai loro vigenti Statuti e dalle relative leggi costituzionali”. Articolo 5 Dopo l’art.116 della Costituzione viene inserito il seguente: “Articolo 116-bis” “All’attuale Provincia di Bergamo sono attribuite le competenze legislative ed amministrative di cui al successivo articolo 117 – bis, secondo uno Statuto provinciale di autonomia adottato con legge costituzionale”. Articolo 6 L’articolo 117 della Costituzione è così modificato: “1. Entro il territorio di una stessa Regione possono coesistere Provincie con uno Statuto di autonomia provinciale e Provincie con Statuto ordinario. 2. Nei confronti delle Provincie nelle quali vige lo Statuto di autonomia provinciale la Regione emana norme legislative, con esclusivo carattere di programmazione e coordinamento, tenuto conto delle competenze provinciali, nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto; 2) espropriazione per pubblica utilità per le opere pubbliche di propria competenza; 3) regolamentazione dell’ordinamento degli Enti preposti alla erogazione delle cure sanitarie o comunque operanti nel campo sanitario ed ospedaliero; 4) ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza di carattere regionale; 5) ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle casse di risparmio e delle casse rurali, nonché delle aziende di credito a carattere regionale”. Articolo 7 Dopo l’articolo 117 della Costituzione viene inserito il seguente: “Articolo 117 – bis” “1. Ogni Provincia alla quale è attribuito lo Statuto di autonomia provinciale ha competenza di legislazione e di amministrazione nelle seguenti materie: 1) indirizzi generali di assetto e coordinamento del territorio provinciale, circoscrizioni comunali; 2) toponomastica provinciale; 3) ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto; 4) tutela, conservazione e sviluppo del patrimonio storico, culturale, artistico e popolare, delle tradizioni, storia, lingue e dialetti; 5) usi e costumi locali ed istituzioni culturali (biblioteche, accademie, istituti, musei) aventi carattere provinciale; 6) organizzazione di manifestazioni e di attività artistiche, culturali ed educative locali, anche con i mezzi radiotelevisivi; Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 7) urbanistica, piano territoriale provinciale e piani regolatori comunali; 8) difesa del suolo, tutela e valorizzazione ambientale e del paesaggio, prevenzione delle calamità; 9) usi civici; 10) ordinamento delle minime proprietà agricole e di quelle di collina e di montagna; 11) artigianato; 12) edilizia comunque sovvenzionata; 13) porti lacuali; 14) fiere e mercati; 15) tutela, utilizzazione e valorizzazione delle risorse idriche e energetiche; 16) miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere; 17) caccia e pesca; 18) agricoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna; 19) viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale; 20) comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e l’esercizio degli impianti di funivia; 21) assunzione diretta o partecipata di servizi pubblici e loro gestioni a mezzo di aziende speciali; 22) turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci; 23) agricoltura, foreste e Corpo forestale, patrimonio zootecnico ed ittico, istituti fitopatologici, consorzi agrari e stazioni agrarie sperimentali, servizi antigrandine, bonifica; 24) espropriazione per pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale; 25) costituzione e funzionamento di commissioni comunali e provinciali per l’assistenza, l’orientamento al lavoro e per l’aggiornamento permanente nonché la riqualificazione dei lavoratori disoccupati; 26) opere idrauliche, organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; 27) assistenza e beneficenza pubblica; 28) scuola materna; 29) assistenza scolastica per i settori nei quali le Provincie hanno competenza legislativa; 30) edilizia scolastica; 31) addestramento e formazione professionale, anche post - laurea e di specializzazione; 32) polizia locale urbana e rurale; 33) istruzione elementare e secondaria ( media, classica, scientifica, magistrale , tecnica, professionale e artistica ); 34) commercio; 35) apprendistato e lavoro; 36) incremento della produzione industriale attraverso la creazione di poli tecnologici ed incubatoi per l’innovazione; 37) igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria ospedaliera; 38) attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature; 39) esercizi pubblici; 40) utilizzazione a livello provinciale delle acque pubbliche escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico; 41) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico– amministrativa ai Comuni; 42) servizi antincendi; 43) sviluppo della cooperazione. 2. Per consentire alle Provincie con lo Statuto di autonomia provinciale di svolgere adeguatamente le competenze di legislazione e di amministrazione nelle materie di cui sopra, una congrua quota del gettito fiscale prodotto nel territorio provinciale e, comunque, non inferiore al 60% del gettito di tutti i tributi, con l’esclusione dell’I.V.A. interna per la quale la devoluzione è di 7/10 del gettito e dell’ I.V.A. per l’importazione per la quale la devoluzione è pari ai 4/10, è attribuito alla Provincia stessa. La devoluzione ha luogo secondo norme da emanare da parte del Parlamento nel termine perentorio di 90 giorni dall’adozione dello Statuto. La mancata emanazione delle norme comporta l’obbligo inderogabile da parte dei competenti Uffici erariali provinciali di procedere alla trattenuta delle quote indicate ed alla loro immediata devoluzione alla Provincia interessata”. Articolo 8 E’ introdotto nella Costituzione il seguente: “Articolo 117 ter” 1.” La Regione emana norme legislative per le seguenti materie nelle Provincie nelle quali non vige lo Statuto di autonomia provinciale: 1) ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; 2) circoscrizioni comunali; 3) polizia locale urbana e rurale; 4) fiere e mercati; 5) beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; 6) istruzione artigiana professionale e assistenza scolastica; 7) musei e biblioteche di enti locali; 8) urbanistica; 9) turismo e industria alberghiera; 10) tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale; 11) viabilità, acquedotti e lavori pubblici Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 di interesse regionale; 12) navigazione e porti lacuali; 13) acque minerali e termali; 14) cave e torbiere; 15) caccia; 16) pesca nelle acque interne; 17) agricoltura e foreste; 18) artigianato; 19) altre materie indicate da leggi costituzionali. 2. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione”. Articolo 9 L’articolo 118 della Costituzione è così modificato con l’aggiunta del seguente comma quattro: “ I precedenti comma secondo e terzo non si applicano alle Provincie aventi uno Statuto di autonomia provinciale”. Articolo 10 E’ abrogato l’art.128 della Costituzione. Articolo 11 E’ abrogato l’art.129 della Costituzione. Articolo 12 E’ abrogato l’art.130 della Costituzione. Articolo 13 Dopo l’art.133 della Costituzione, viene inserito il seguente: “Articolo 133 – bis” “1.L’attribuzione degli Statuti di autonomia provinciale è proposta ad iniziativa di almeno cinquantamila elettori i quali presentano, secondo la normativa esistente, un apposito progetto di legge costituzionale redatto in articoli secondo quanto disposto dalla Costituzione, art. 71comma secondo. Il progetto di legge deve essere corredato da una relazione illustrativa delle caratteristiche comunitarie territoriali, socio-demografiche, storiche e culturali, nonché dello sviluppo sociale ed economico della Provincia e della capacità contributiva globale per la quale viene chiesta l’attribuzione dello Statuto di autonomia provinciale. 2. Il Presidente ed il Consiglio della Provincia per la quale si chiede uno Statuto di autonomia provinciale devono, entro 10 giorni dalla pubblicazione del progetto di legge sulla Gazzetta Ufficiale inviare, disgiuntamente tra loro e nella forma di cui all’art.50 della Costituzione, al ramo del Parlamento al quale il progetto di legge è stato presentato, il loro parere che è obbligatorio ma non vincolante sul merito del provvedimento legislativo richiesto dai cittadini”. Quaderni Padani - 93 Documento redatto da Gilberto Oneto nel 1998. Il testo viene presentato soprattutto per l’approccio nella definizione delle comunità organiche intermedie (che sostituiscono le Province e - in qualche modo - anche i Comuni) e nella revisione dei confini amministrativi esistenti. Bozza di Costituzione del Piemonte Art.1 Il Piemonte ( 1) è formato dalle seguenti Comunità autonome: Torino, Cuneo, le Valli Occitane il Monferrato, Alessandria, il Canavese, le Valli Francoprovenzali, Vercelli, il Biellese, la Valsesia, le Comunità Walser, il Cusio, l’Ossola, Novara e il Verbano. ( 2) Art.2 Il Piemonte fa parte della Confederazione padana e ne accetta i principi costituzionali. ( 3) Art.3 Le lingue ufficiali del Piemonte sono il Piemontese e il Toscano. Le modalità di impiego e la grafia del Piemontese sono regolate da legge nazionale. Ogni Comunità potrà utilizzarne ufficialmente in forma parlata la variante locale. Nelle Comunità delle Valli Occitane, delle Valli Francoprovenzali, dei Walser, dell’Ossola, del Cusio, di Novara e del Verbano le due lingue ufficiali sono il Toscano e la lingua locale (l’Occitano, l’Arpitano, il Walser e il Lombardo occidentale). Queste Comunità decidono con leggi proprie le modalità di impiego della propria lingua e l’eventuale conservazione del Piemontese come terza lingua ufficiale su tutto o su parte del loro territorio. Nei Comuni di lingua Ligure, questa è riconosciuta come terza lingua ufficiale. Art.4 La bandiera storica del Piemonte è il drapò. Art.5 Sono cittadini piemontesi tutti coloro che sono nati in Piemonte da entrambi i genitori naturali piemontesi, che sono nati in Piemonte da almeno un genitore piemontese e che sono sempre stati residenti in Piemonte, e tutti quelli che risiedono continuativamente in Piemonte da almeno diciotto anni pagandovi regolarmente le tasse e senza avere mai commesso illeciti. La concessione dell’attinenza e della residenza spetta alle singole Comunità che la regoleranno con loro leggi. Art.6 L’Assemblea Subalpina è composta da cinque rappresentanti per ogni Comunità. La Comunità Walser ha un solo rappresentante. Almeno uno dei rappresentanti delle Valli Occitane deve essere espresso dalla Comunità Valdese. L’Assemblea ha sede a Torino. La legge elettorale per l’elezione dell’Assemblea, la sua durata e il suo regolamento interno sono stabiliti con legge nazionale piemontese. Art.7 L’Assemblea ha podestà su: 94 - Quaderni Padani • organizzazione universitaria, • difesa e valorizzazione della lingua e della cultura piemontese, • rapporti con le comunità piemontesi nel mondo, • disposizioni sulla proporzionale etnica, • tassazione e finanza nazionale, • legge per l’elezione dei rappresentanti piemontesi al parlamento padano, • coordinamento delle funzioni delle Comunità. Può chiedere la deposizione del Presidente con il voto di 4/5 dei suoi componenti. Art.8 Il Presidente viene eletto direttamente dal popolo e dura in carica cinque anni. Nomina e presiede il Governo nazionale. Può indire referendum popolari. Può intervenire, in accordo con l’Assemblea, per sciogliere i governi delle Comunità ove si presentassero gravi problemi di ingovernabilità, di dissesto finanziario o di ordine pubblico. Art.9 Ogni Comunità si organizza liberamente al suo interno. Alle comunità sono demandate tutte le funzioni che non sono espressamente attribuite dalla Costituzione padana alla Federazione ( 3) e dallo Statuto al Piemonte. Pasturana, Rocca Grimalda, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Silvano d’Orba, Tagliolo Monferrato, Tascarolo, Vignole Borbera e Voltaggio dovranno decidere con referendum a maggioranza degli attinenti aventi diritto se far parte del Piemonte o della Liguria. Una apposita legge regolerà le modalità del distacco dei singoli Comuni o di gruppi di Comuni. Art.12 Comunità Walser Entro un anno e mezzo dall’approvazione del presente Statuto anche la Comunità Walser dovrà decidere se essere parte del Piemonte, della Valle d’Aosta, (nel caso di passaggio dell’Ossola alla Lombardia) della Lombardia o se darsi uno Statuto di Comunità internazionale. In quest’ultimo caso, la questione diventerà di competenza della Federazione padana. (3) Art.10 Disposizioni provvisorie. Entro un anno dall’approvazione del presente Statuto, ogni Comunità dovrà redigere un proprio Regolamento e darsi una propria denominazione ufficiale. Le estensioni territoriali delle Comunità dovranno essere verificate entro lo stesso periodo; il passaggio di un Comune da una Comunità all’altra avverrà con referendum a maggioranza degli attinenti aventi diritto. Con identiche modalità potranno essere costituite nuove Comunità o cancellate quelle indicate. Art.13 Diritto di secessione Le Comunità delle Valli Occitane e delle Valli Francoprovenzali potranno in qualsiasi momento chiedere di staccarsi dal Piemonte e dalla Padania per fare parte rispettivamente di uno stato Occitano e di uno stato Arpitano, qualora questi fossero costituiti quali entità indipendenti sull’intera area di loro competenza oggi appartenente alla Francia. La connessione ai nuovi stati avverrà per referendum a maggioranza degli attinenti aventi diritto e sarà effettuata per singoli Comuni. Nelle Comunità (o parti di esse) che lasceranno il Piemonte dovranno essere garantiti, per accordi internazionali precedenti allo svolgimento del referendum, la doppia cittadinanza a chi lo richiederà, la smilitarizzazione e la tutela per legge della lingua Piemontese. Art.11 Distacco di Comunità. Entro un anno dall’approvazione del presente Statuto le Comunità del Cusio, dell’Ossola, del Verbano e di Novara potranno decidere con referendum a maggioranza degli attinenti aventi diritto se entrare a far parte della Lombardia Occidentale o se continuare a essere parte del Piemonte. Entro lo stesso periodo i Comuni di Albera Ligure, Alto, Arquata Scrivia, Belforte Monferrato, Borghetto di Borbera, Bosio, Briga Alta, Cabella Ligure, Cabrauna, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Cartosio, Casaleggio Borio, Castelletto d’Orba, Cremolino, Fraconalto, Francavilla Bisio, Garessio, Gavi, Grondona, Lerma, Molare, Mongiardino Ligure, Montaldeo, Mornese, Novi Ligure, Ormea, Ovada, Parodi Ligure, (1) Denominazione provvisoria che viene qui utilizzata in attesa che venga sostituita da quella definitiva: La Nazione Piemontese, lo Stato Piemontese, la Repubblica Piemontese, il Principato del Piemonte, La Patria Cita dal Piemunt, o altro che sarà deciso. (2) Si tratta di denominazioni provvisorie che saranno sostituite da quelle definitive che ciascheduna comunità si darà. L’eventuale modifica del numero delle comunità e delle loro estensioni territoriali viene regolata dall’Art.10. (3) Verrà indicata l’esatta definizione desunta dalla versione definitiva della costituzione padana. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Costituzione della Federazione Ligure PARTE PRIMA: DIRITTI DEI SINGOLI E DEI GRUPPI Art. 1 La Liguria è una federazione volontaria di liberi comuni. Art. 2 La Federazione aderisce alla Confederazione Padana, da cui potrà fuoriuscire seguendo le disposizioni della Costituzione confederale. Art. 3 La Federazione ha competenza nelle seguenti materie: a) rapporti esteri; b) rapporti con la Confederazione Padana; c) ammissione, censura, espulsione dei comuni; d) ambiente e pianificazione territoriale; e) bilancio federale; f) giustizia federale; g) ordine pubblico; h) cultura e ricerca scientifica; i) tutela della lingua e delle tradizioni del popolo ligure. Tutte le competenze non esplicitamente delegate alla Federazione da questo testo, qualora non appartengano alla Confederazione Padana, sono da ritenersi riservate ai soggetti inferiori, ovvero i comuni e in definitiva i singoli individui. Art. 4 Sono cittadini liguri tutti coloro che sono nati in Liguria e ivi risiedono, oppure coloro che siano residenti in Liguria da almeno diciotto anni e non abbiano commesso reati gravi sul territorio ligure. Art. 5 La Federazione riconosce e garantisce ai propri cittadini il diritto naturale alla vita, alla libertà di parola e di associazione sotto qualsiasi forma, alla proprietà privata, all’autodifesa e alla ricerca della felicità. Nessuno, nemmeno la Federazione, può aggredire i cittadini nei loro diritti naturali. Qualora fosse un comune a violarli, esso è da considerarsi automaticamente espulso dalla Federazione. Se la Fedérazione o una delle sue parti assumono atteggiamenti tirannici, il popolo e ogni cittadino che ne fa parte hanno diritto alla disobbedienza civile. Art. 6 Hanno diritto al voto tutti i cittadini liguri che abbiano compiuto il diciottesimo anno d’età e abbiano delle proprietà o percepisca- no un reddito in Liguria, o siano membri di un nucleo familiare all’interno del quale almeno un membro abbia proprietà o percepisca un reddito in Liguria. I dipendenti pubblici non hanno diritto al voto per enti dello stesso livello di quelli da cui dipendono. Art. 7 Ogni comunità che ne faccia richiesta può esercitare il diritto di secessione dalla Federazione. PARTE SECONDA: ORDINAMENTO DELLA FEDERAZIONE Art. 8 Costituiscono fonti del diritto: a) la presente Costituzione, b) i Testi unici; c) la consuetudine; Documento redatto da Carlo Stagnaro nel 1999. un comune, purché tale proposta venga ratificata a maggioranza semplice dal Maggior Consiglio. Art. 14 Il Minor Consiglio è composto da un numero variabile di membri nominati dal Doge; il loro incarico può essere revocato in ogni momento. Il Minor Consiglio rende esecutive le norme approvate dal Maggior Consiglio; ha inoltre le seguenti funzioni: a) rapporti generali con l’estero; b) rapporti con la Confederazione Padana. Spettano al Minor Consiglio le decisioni relative all’ammissione, censura ed espulsione dei comuni dalla Federazione: tali decisioni devono però essere ratificate dal Maggior Consiglio a maggioranza semplice. Ogni deliberazione del Minor Consiglio deve essere approvata all’unanimità e controfirmata dal Doge, che ne è responsabile. d) l’interpretazione da parte dei giudici. Art. 9 I Testi unici sono quelli tassativamente indicati dalla Costituzione, ovvero: a) giustizia e ordine pubblico; b) ambiente e pianificazione territoriale; c) scuola, cultura e ricerca scientifica; d) tutela della lingua e delle tradizioni del popolo ligure. Tali Testi unici non possono essere sostituiti con altri. Art. 10 E’ ammesso referendum propositivo o abrogativo su tutte le materie soggette ai Testi unici. Art. 11 La Federazione non potrà godere di una tassazione propria, né diretta né indiretta. Il bilancio della Federazione deve essere pubblico. Art. 12 Sono organi della Federazione: il Doge, il Minor Consiglio, il Maggior Consiglio, I’Alta Corte. Art. 13 Il Doge è eletto direttamente dagli aventi diritto e resta in carica per cinque anni. Il Doge rappresenta la Liguria in ogni sede internazionale e presso la Confederazione Padana; è inoltre responsabile penalmente e civilmente dell’operato del Minor Consiglio, che presiede. Il Doge ha la facoltà di insignire chiunque della cittadinanza onoraria su proposta di Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Art. 15 Il Maggior Consiglio è composto da un Rappresentante per ogni comune: esso non ha quindi una durata prefissata. Il ruolo di Rappresentante può in qualunque momento essere revocato dal Sindaco. Il Maggior Consiglio ha la facoltà di emendare i Testi unici stabiliti dalla presente Costituzione. Ogni anno il Maggior Consiglio contratta col Doge l’entità dei finanziamenti per l’anno successivo da parte dei Comuni verso la Federazione: tali finanziamenti, però, non possono superare il 5% delle entrate dei singoli comuni. Art. 16 La Magistratura inquirente e requirente è elettiva. Il Giudice risponde dei propri atti soltanto davanti al popolo e alla legge. I Giudici sono penalmente e civilmente responsabili del loro operato davanti alla Magistratura ordinaria per iniziativa di parte. Art. 17 La Magistratura si ripartisce in Procure competenti per territorio; ogni Procura è competente per ogni materia senza distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. Non è ammessa la creazione di Tribunali speciali o straordinari. In nessun caso sono ammessi provvedimenti lesivi della libertà personale, se non almeno dopo il primo grado del giudizio. Quaderni Padani - 95 Art. 18 Contro ogni provvedimento della Magistratura è ammesso ricorso all’Alta Corte che può annullare il provvedimento per ragioni di legittimità o merito. L’Alta Corte giudica inoltre in merito alla costituzionalità delle norme approvate dal Maggior Consiglio. Art. 19 La presente Costituzione resta in vigore per venticinque anni, dopo di che va ratificata o rifiutata dal Maggior Consiglio. Genova. La Bandiera della Federazione è la Croce di San Giorgio caricata nel primo quarto di San Giorgio che uccide il Drago. La Federazione riconosce come lingua ufficiale il Ligure, come lingue franche l’Italiano e l’Inglese. Art. 20 La presente Costituzione può essere in qualunque momento emendata dal Maggior Consiglio a maggioranza semplice. Sono immodificabili gli articoli 1, 5 e 20. NORME TRANSITORIE E FINALI I Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente Costituzione tutte le aree di confine dell’attuale Regione Liguria e i territori storicamente o linguisticamente liguri delle regioni limitrofe vengono sottoposte a referendum consultivo per verificare la volontà degli abitanti di appartenere o meno alla Federazione. Art. 21 Il Doge, il Maggior Consiglio e il Minor Consiglio hanno sede nel Palazzo Ducale a II Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente Costituzione, tutti gli attuali comuni con oltre 50,000 abitanti vengono sottoposti a referendum consultivo per verificare se i cittadini non vogliano smembrarli in comuni più piccoli. Lo stesso referendum è facoltativo nei comuni inferiori a 50,000 abitanti, dove si svolge se la richiesta è supportata dalle firme di almeno un ventesimo dei residenti aventi diritto al voto. I risultati dei referendum sono immediatamente esecutivi e non possono essere in alcun modo travisati o sovvertiti. III Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente Costituzione, vengono predisposti i concorsi necessari alla privatizzazione di tutte le attuali proprietà (mobili, immobili e aziende) della Regione Liguria e delle Provincie liguri, nonché le proprietà in Liguria dello Stato italiano. Resta di proprietà della Federazione soltanto il Palazzo Ducale di Genova. I comuni possono privatizzare le loro Commento alla Costituzione della Liguria attuali proprietà. La proposta di Costituzione avanzata è strutturata in maniera tale da concedere la massima libertà all’entità amministrativa e politica più piccola e vicina al cittadino, il comune. Fin dal primo punto, vengono messi in evidenza i due caratteri principali delle nuove istituzioni: “federali” e “volontarie”. Si è deciso di lasciare al centro Gompetenza in poche ma significative materie (equamente suddivvise tra potere esecutivo - il Doge e il Minor Consiglio - e potere legislativo - il Maggior Consiglio, ovvero la “camera dei comuni”, un autentico “senato federale”). Tutto ciò che non viene specificato (e che la Costituzione della Padania non demanda al vertice) è lasciato all’iniziativa legislativa di soggetti inferiori (i comuni), ben sapendo che entità di così ridotte dimensioni difficilmente assumeranno atteggiamenti tirannici. Se anche questo dovesse accadere, comunque, è prevista una soluzione. Essa non può consistere nell’imposizione di diritti o regolamenti che il comune stesso non riconosce (oltre a infrangere il principio di sussidiarietà, sarebbe incostituzionale) e neppure in un’invasione milltare: si tratta piuttosto dell’espulsione del comune che, coi propri atti, entra in contrasto con gli irrinunciabili principi enunciati da questa Costituzione. Per lo stesso motivo, non viene fatta parola sulla legislazione dei comuni: nulla vieta, dunque, che da un comune all’altro vi siano cambiamenti anche significativi. In questo modo, viene incentivata una sorta di “concorrenza tra istituzioni” volta a garantire un livello di vita e un benessere fisico sempre crescente. Nulla vieta, poi, che lo stesso tipo di concorrenza si sviluppi tra nazioni diverse: anche all’interno della Padania, dunque, ci 96 - Quaderni Padani saranno sistemi diversi e in continua evoluzione, che tenteranno di dare risposte migliori alle richieste dei cittadini. Lo spazio lasciato all’iniziativa individuale, insomma, è massimo. Le sole limitazioni poste, infatti, derivano dai diritti altrui: a questo scopo si è proweduto ad elencare minuziosamente quali siano tali diritti. Oltre alla classica triade del liberalismo classico (life, liberty and property) si è inclusa la “ricerca della felicità” di jeffersoniana memoria e l’autodifesa; più oltre vengono nominate la disobbedienza civile e la secessione. Con la “ricerca della felicità” si è voluto chiaramente eliminare ogni possibile riferimento ad una determinazione quantitativa della felicità stessa: non c’è spazio, dunque, per interpretazioni figlie del più truce giacobinismo su cosa sia a rendere felice l’uomo. Semplicemente, le istituzioni devono mettere chiunque nella condizione di vivere la vita che preferisce, nel rispetto, beninteso, degli altri. L’autodifesa (tanto di attualità in questo periodo) vorrebbe invece eliminare il monopolio della violenza da parte del governo: perché mai chi uccide con dolo deve rimanere impunito e chi, invece, semplicemente per legittima difesa ferisce qualcun altro dovrebbe pagare per tutti? D’altra parte, l’autodifesa va interpretata come protezione di fronte all’aggressione da parte di altri individui: c’è pero un altro tipo di aggressione possibile, e più perniciosa, quella da parte delle istituzioni (siano esse padane, liguri o un comune). Ecco allora sorgere la necessità di prevedere il diritto alla disobbedienza civile quale estrema arma di difesa del cittadino. La secessione, infine, va garantita ad ogni comunità che ne faccia richiesta indipendentemente da valutazioni di ordine “oggettivista“ (per non creare un’altra Italia). Tutti questi diritti sono stati definiti, non a caso, “naturali”. Si è tentato anche di dare una risposta al problema dell’immigrazione: in termini costruttivi e, a nostro parere, lontani tanto dagli eccessi del solidarismo di sinistra quanto dalle tendenze autarchiche della destra. Sono stati eliminati, dunque, anacronistici riferimenti a “diritti di sangue” e non si è impostato neppure un sistema lassista: l’unico criterio preso in esame e stato quello della residenza. Saranno cittadini liguri, allora, oltre a tutti coloro che sono nati e risiedono in Liguria, anche quegli immigrati che vi abitano da almeno diciotto anni (e vengono quindi di fatto equiparati ai nativi) senza aver commesso reati gravi. Per il Voto, viene richiesto un ulteriore requisito. Se noi immaginiamo le istituzioni come una ditta da gestire con efficienti criteri privatistici, e appena il caso di notare che il “consiglio di amministrazione’“ deve essere eletto dagli “azionisti”, ovvero da tutti coloro che pagando le tasse - hanno tutto il diritto di pronunciarsi sulla destinazione dei tributi. Non è sufficiente essere cittadini maggiorenni, dunque, ma anche avere proprietà o percepire reddito (o, per estensione, essere membri di un nucleo familiare in cui almeno un componente abbia proprietà o percepisca reddito) - intendendo, naturalmente, la “o” nel senso del latino vel. Per lo stesso motivo, si è stabilito che i dipendenti degli enti pubblici non possano votare per istituzioni dello stesso livello di quelle da cui dipendono: tornando all’esempio precedente, i dipendenti non eleggono il Cda! Abbiamo poi tentato di individuare una strada fortemente innovativa, o, meglio, un ritorno alla gloriosa tradizione della common law (che oltretutto, come ha dimostrato il giurista Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 padano Bruno Leoni, non solo è efficiente, ma è anche rispettosa del diritto naturale). Per ovvi motivi (140 anni di statalismo, ahimè, hanno pur prodotto delle devastazioni...) si è dovuta cercare una via intermedia. Tale “terza via” tra la common law e la civil law consiste nel lasciare, come accade nel primo sistema, ogni decisione all’interpretazione da parte dei giudici (il che significa al loro buonsenso derivante anche dalle consuetudini) e un piccolo numero di argomenti alla legge scritta. A questo scopo, si è anche colmata una paurosa lacuna del corpus juris italiano: si è infatti esplicitamente permesso l’istituto del referendum propositivo. La Magistratura è elettiva e territorializzata. I giudici sono responsabili del proprio operato: il che significa che dovranno pagare per i proprio sbagli, il che a sua volta implica una maggiore responsabilizzazione nel loro operato e, di riflesso, una maggiore gratificazione economica secondo criteri meritocratici (e non “anagrafici”, come accade oggi). Il tutto presuppone, a nostro parere, un sistema garantista, in cui sia forte il rispetto della dignità umana: per questo è vietata non solo l’istituzione di tribunali speciali, ma anche il ricorso a provvedimenti lesivi della libertà personale nella fase istruttoria. Non ci sarà spazio, dunque, per protagonismo dalle mani pulite né per la carcerazione preventiva di innocenti o lo spionaggio ai danni di allegre comari o politici “sovversivi” (si fa per dire). La Costituzione decade automaticamente ogni 25 anni ed è facilmente emendabile, il che permette di evitare una cancrena legislativa pari a quella italiana attuale. Abbiamo però ritenuto di dover salvaguardare, per tutto il tempo della sua durata, due disposizioni: la forma federale e volontaria della Liguria e l’enunciazione dei diritti fondamentali, su cui ci siamo già soffermati. In conclusione, non mi resta che un commento personale da esprimere. La presente proposta è una bozza sicuramente perfettibile e, sotto alcuni punti di vista, forse anche lacunosa: è però il massimo che siamo riusciti a fare visti i tempi contingentati e il ristretto numero di persone che l’ha fisicamente elaborata. Ognuno ha ope- Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 rato autonomamente, per poi mettere tutto insieme in una forma che a noi pare organica ed efficiente: non di meno, ci siamo valsi della collaborazione di molti amici e conoscenti, che - per il loro elevato numero - sarebbe troppo complicato citare, anche perché rischierei di dimenticarne molti. Ci tengo, però, a ringraziare il professor Emanuele Castrucci, che coi suoi preziosi consigli (e le sue “dritte” tecniche) ci ha fornito un aiuto notevole. Infine, una speranza: che questo testo non finisca dimenticato in un cassetto, ma si trasformi in un argomento di discussione e, magari, venga rielaborato per trasformarlo in una sorta di “manifesto politico” dei movimenti indipendentisti liguri che, onestamente, troppo spesso presentano evidenti limiti assai più gravi di quelli pur presenti nella “nostra” Costituzione. Siamo coscienti che molti di loro storcono il naso di fronte al progetto padano: non è l’atteggiamento corretto. La Padania costituisce per tutti una grossa opportunità, su cui sarebbe stupido sputare per motivazioni di eccessivo orgoglio personale o testardaggine. Quaderni Padani - 97 Testo del patto confederale stipulato dai rappresentanti dei Cantoni di Uri, Nidwaldo e Svitto sui prati della pianura del Grütli “in principio del mese d’agosto” del 1291 Il “Patto eterno” del Grütli “In nome del Signore, Amen. Egli è prender cura di ciò che è onesto e provvedere all’utilità pubblica il fondare, in tempo di quiete e di pace, i patti sopra solide basi. Si sappia dunque universalmente che gli uomini della valle d’Uri e la comunità della valle di Svitto e quella degli uomini d’Unterwalden della valle inferiore, considerando la malizia del tempo, e per esser meglio in grado di difendere e di conservare in buono stato sé, i loro beni ed i loro diritti, hanno promesso in buona fede di assistersi reciprocamente d’aiuto, di consiglio e di favori, tanto riguardo alle persone che alle cose, dentro e fuori delle valli, con tutti i mezzi in loro potere, contro tutti ed ognuno che ad essi o ad uno di essi facesse violenza o causasse torto o molestia macchinando qualche male contro le persone o le cose. Ed ogni comunità promette di soccorrere l’altra in simili casi e, dove fosse necessario, di respingere a proprie spese, secondo le circostanze, le aggressioni ostili, e di vendicare le ingiurie, e tutto ciò sulla fede del giuramento e senza riserva, rinnovando colle presenti l’antica confederazione già giurata…; colla riserva tuttavia che ciascuno di loro sarà tenuto, secondo la propria condizione, di prestare al suo signore l’obbedienza e i servigi che gli sono dovuti. 98 - Quaderni Padani Abbiamo pure d’avviso unanime promesso, statuito e ordinato di non ricevere alcun giudice che abbia acquistata la carica per qualsiasi prezzo o denaro, e che non sia abitante delle nostre valli. Se poi nascessero dissensi fra i confederati, i più prudenti fra loro intervengano a sedare la discordia fra le parti, come sembrerà loro meglio…; e se una parte non rispettasse il loro giudizio, gli altri confederati le si dichiarino contrari. Sopratutto poi resta convenuto fra loro che chi avrà ucciso un altro con premeditazione e senza colpa della vittima, debba, se viene preso, perder la vita, salvochè possa provare la sua innocenza, come esige la sua nefanda colpa…; e se fosse fuggito, non possa più ritornare a casa. Chi ricetta o protegge un tal malfattore, deve essere bandito dalla valle, finchè sarò richiamato dagli alleati. Se poi taluno, di giorno o nel silenzio della notte, metterà dolosamente il fuoco nella proprietà d’un confederato, non sarà più considerato come concittadino…; e chi favorirà o proteggerà nelle valli un tal malfattore, dovrà risarcire egli stesso il danno. E se un confederato spoglierà un altro delle sue cose, o gli recherà danno in qualsiasi modo, tutto quello che il colpevole possiede nelle valli dovrà servire ad indennizzare la persona lesa. Inoltre nessuno si approprierà del pegno d’un altro, salvochè questo fosse manifestamente suo debitore o fideiussore, ed anche in tal caso ciò non deve farsi senza speciale permesso del proprio giudice. Ognuno deve anche obbedire al suo giudice e, qualora fosse necessario, manifestare chi sia il giudice nella valle sotto la giurisdizione del quale si trova. E se vi fosse chi non volesse ottemperare al giudizio, e per questa pertinacia alcuno dei confederati soffrisse danno, tutti sono tenuti a costringere il prefato contumace a dar soddisfazione. Se poi scoppiasse guerra e discordia fra alcuni confederati, e una parte de’ litiganti non volesse accettare sentenza di giudice o soddisfazione, i confederati difenderanno l’altra. Tutti gli obblighi qui sopra stipulati sono stati assunti nell’interesse comune per durare, se il Signore lo consente, in perpetuo. In fede di che, questo istrumento è stato steso sulla domanda dei predetti e munito dei sigilli delle tre prefate comunità e valli. Fatto l’anno del Signore 1291, in principio del mese di agosto.” Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Dichiarazione di Indipendenza Americana Al Congresso, 4 luglio 1776 una dichiarazione da parte dei rappresentanti degli Stati Uniti d’America riuniti in assemblea generale Quando, nel corso degli avvenimenti umani, diventa necessario per un popolo dissolvere i legami politici che lo hanno legato con un altro, ed assumere così fra le potenze della terra la distinta e paritetica collocazione alla quale le Leggi della Natura e del Dio della Natura hanno diritto, un decente rispetto alle genti richiede che tale popolo dichiari le cause che lo portano a tale separazione. Noi riteniamo queste verità essere di per se stesse evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali, che essi sono dotati da parte del loro Creatore di certi inalienabili diritti, che fra questi sono il diritto a Vita, Libertà e perseguimento della Felicità. Che per assicurare tali diritti, dei Governi sono istituiti fra gli Uomini, i quali derivano il loro potere dal consenso dei governati, che ogniqualvolta una forma di governo ostacola questi scopi, è nel diritto del Popolo di modificarlo o abolirlo, e di istituire un nuovo Governo, basando le sue fondamenta su quei princìpi ed organizzando i suoi poteri in quella forma che allo stesso Popolo sembri più adatta a salvaguardare la loto Sicurezza e Felicità. Prudenza, certamente, detta che Governi da lungo stabiliti non siano cambiati per cause leggere e transitorie; ed infatti ogni esperienza ha mostrato che il genere umano è disposto a sopportare, quando i mali sono sopportabili, piuttosto che sollevarsi abolendo le forme di Governo alle quali sono abituati. Ma quando una lunga successione di abusi e usurpazioni, invariabilmente con lo stesso Scopo, dimostra un intento di ridurli sotto assoluto Dispotismo, è il loro diritto, è il loro dovere, di liberarsi di tale Governo e di procurarsi nuovi Guardiani per la loro sicurezza futura. Tale è stata la paziente sofferenza di queste colonie: e tale è ora la necessità che le costringe a modificare i loro precedenti Sistemi di Governo. La storia dell’attuale Re di Gran Bretagna è una storia di ripetute offese ed usurpazioni, tutte avendo il diretto scopo di stabilire una assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrare questo noi sottoponiamo i fatti ad un mondo ingenuo: Egli ha rifiutato il suo Consenso a leggi le più salutari e necessarie per il bene pubblico. Egli ha proibito ai suoi Governatori di approvare leggi di immediata ed urgente importanza, quando non sospese nella loro applicazione sino a che il suo Consenso non sia ottenuto; e quando così sospese egli ha altamente mancato di occuparsi delle medesime. Egli ha rifiutato di approvare altre leggi per l’assegnazione di larghi distretti di popolazione, altrimenti quelle stesse avrebbero perso il diritto di Rappresentanza nella Legislatura, un diritto per esse inestimabile, solo formidabile per i tiranni. Egli ha riunito corpi legislativi in luoghi inusuali, scomodi, e distanti dalle sedi dei loro Atti Pubblici, con il solo scopo di farli convenire per fatica con le sue misure. Documento presentato e approvato il 4 luglio 1776 al Secondo Congresso Continentale di Philadelphia. Il testo era stato redatto da Thomas Jefferson, emendato dal Congresso e firmato da 56 rappresentanti dei tredici Stati. Egli ha sciolto ripetutamente Camere di Rappresentanti per avere opposto con virile fermezza le sue invasioni dei diritti del popolo. Egli ha impedito per un lungo tempo che altre siano elette, dopo tali scioglimenti; per cui i poteri legislativi, incapaci di Annichilimento, sono tornati al popolo in senso lato per il loro esercizio; lo Stato rimanendo nel frattempo esposto a tutti i pericoli di invasione dell’esterno, e di disordini all’interno. Egli si è ingegnato a impedire il popolamento di questi Stati; a tale scopo egli ha ostacolato le leggi per la Neutralizzazione di Stranieri; ha rifiutato di passarne altre per favorire le loro migrazioni interne, ed aumentando i requisiti per nuove Destinazioni di Terre. Egli ha ostacolato l’Amministazione della Giustizia, rifiutando il suo Consenso a leggi atte a stabilire poteri giudiziari. Egli ha creato Giudici dipendenti solo dal suo Volere per la tenuta della loro carica e per l’ammontare del loro salario. Egli ha creato una moltitudine di Nuovi Uffici e mandato qui sciami di Funzionari per angariare il nostro popolo e divorare le sue sostanze. Egli ha tenuto fra di noi, in tempi di pace, Armate Regionali senza il Consenso delle nostre legislature. Egli ha fatto in modo da rendere i militari indipendenti dal potere Civile, e ad esso superiori. Egli si è schierato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena alla nostra società, e non riconosciuta dalle nostre leggi; dando il suo Consenso ai loro Atti di pretesa Legislazione: Per installare grandi armate tra noi; Per proteggerle, per mezzo di Processi farsa, dalla Punizione per qualunque crimine che abbiano commesso sugli Abitanti di questi stati: Per interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo: Per imporre tasse su di noi senza consultarci: Per negarci in molti casi dei benefici del Processo con Giuria: Per portarci al di là dei Mari per essere processati per presunti crimini: Per abolire il libero Sistema di Leggi Inglesi in una confinante Provincia, stabilendo colà un governo Arbitrario, ed allargando i suoi confini così da rendere il tutto come esempio e adatto strumento per introdurre lo stesso potere assoluto in queste Colonie: Per toglierci le Concessioni di colonizzazione, abolire le nostre leggi più preziose ed alterare fondamentalmente le Forme dei nostri Governi: Per sospendere le nostre stesse Legislature, e dichiarare che in esse stava tutto il potere di legiferare per noi in qualsiasi caso. Egli ha abdicato al Governo qui, dichiarandoci esclusi dalla sua Protezione e muovendoci guerra. Egli ha depredato i nostri mari, saccheggiato le nostre coste, bruciato le nostre città e distrutto le vite del nostro popolo. Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Egli sta, in questo stesso momento, inviando grandi Armate di mercenari stranieri a completare il lavoro di morte, desolazione e tirannia, di già cominciato con atti di Crudeltà e Perfidia a malapena uguagliati nei tempi più barbari, e del tutto indegni del Capo di una nazione civilizzata. Egli ha costretto i nostri Compatrioti presi prigionieri nei mari aperti a portare armi contro la loro stessa Patria, a diventare gli esecutori dei loro amici e fratelli, oppure a cadere essi stessi vittime per loro Mano. Egli ha fomentato insurrezioni interne contro di noi, e si è adoperato a portare contro gli abitanti delle nostre frontiere gli spietati Indiani Selvaggi, la cui nota regola di guerra è una indiscriminata distruzione di tutte le età, sessi e condizioni. In ogni fase di queste oppressioni noi abbiamo chiesto Risarcimento nei termini più umili: alle nostre ripetute petizioni è stato risposto solo con ripetute offese. Un Principe, il cui carattere è così marcato da tutti quei tratti che possano definire un Tiranno, è inadatto a essere il capo di un popolo libero. Né abbiamo mancato in avvertimenti al nostro fratello Popolo Inglese. Noi la abbiamo avvertiti in varie occasioni dei tentativi da parte della loro legislatura di estendere una ingiustificabile giurisdizione sopra di noi. Noi ci siamo appellati alla loro naturale giustizia e magnanimità, e noi li abbiamo implorati, nel nome dei legami derivati dal nostro comune spirito, di rinnegare tali usurpazioni che inevitabilmente porterebbero a interrompere i nostri legami e rapporti. Anche loro sono stati sordi alla voce della giustizia e consanguineità. Noi dobbiamo perciò rassegnarci alla necessità di denunciare la nostra separazione, e considerarli, come consideriamo il resto del genere umano, Nemici in Guerra, nella Pace Amici. Noi perciò, i Rappresentanti degli uniti Stati di America, in Riunione Plenaria, in Assemblea, appellandoci al Supremo Giudice del mondo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel Nome e per Autorità del buon Popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo pubblico e dichiariamo che queste Colonie Unite sono, e di Diritto dovrebbero, Liberi e Indipendenti Stati; che essi sono liberi da ogni Alleanza con la Corona Inglese e che ogni connessione politica fra essi e lo Stato di Gran Bretagna è, e dovrebbe essere, totalmente dissolta; e che come Stati Liberi e Indipendenti, essi hanno pieno Potere di Dichiarare Guerra, concludere Pace, contrarre Alleanze, regolare il Commercio, e di compiere tutti quegli altri Atti e Cose che gli Stati Indipendenti possono fare? Ed a sostegno di questa Dichiarazione, con ferma confidenza sulla protezione della divina Provvidenza, noi reciprocamente affidiamo a l’un l’altro le nostre Vite, le nostre Fortune ed il nostro sacro Onore. John Hancock, Presidente Certificato: Charles Thomson, Segretario. Quaderni Padani - 99 Documento redatto il 19 dicembre 1943 dai rappresentanti delle valli alpine, convocati a Chivasso per iniziativa di. C’erano i valdesi Osvaldo Coïsson, Gustavo Malan, Giorgio Peyronel e Mario Antonio Rollier; e i valdostani Emile Chanoux e Erneste Page. Non erano potuti essere presenti i valdostani Lino Binel e Federico Chabot. Tutti i presenti gravitavano nell’area del Partito d’Azione, tranne Page che era democristiano La Carta di Chivasso Il 19 dicembre 1943 i rappresentanti delle comunità occitane e valdostane stilarono, a Chivasso, una carta dei diritti delle popolazioni alpine. Il documento ritenuto una pietra miliare nella storia dall’autonomismo non fu praticamente preso in considerazione dallo Stato italiano nato dalla Resistenza. Noi popolazioni delle vallate alpine constatando che i venti anni di mal governo livellatore ed accentratore sintetizzati dal motto brutale e fanfarone di «Roma doma» hanno avuto per le nostre valli i seguenti dolorosi e significativi risultati: a) Oppressione politica attraverso l’opera dei suoi agenti politici ed amministrativi (militi, commissari, prefetti, federali, insegnanti) piccoli despoti incuranti ed ignoranti di ogni tradizione locale di cui furono solerti distruttori; b) Rovina economica per la dilapidazione dei loro patrimoni forestali ed agricoli, per l’interdizione della emigrazione con la chiusura ermetica delle frontiere, per l’effettiva mancanza di organizzazione tecnica e finanziaria dell’agricoltura, mascherata dal vasto sfoggio di assistenze centrali, per la incapacità di una moderna organizzazione turistica rispettosa dei luoghi; condizioni tutte che determinarono lo spopolamento alpino; c) Distruzione della cultura locale per la soppressione della lingua fondamentale locale, laddove esiste, la brutale e goffa trasformazione dei nomi e delle iscrizioni locali, la chiusura di scuole e di istituti locali autonomi, patrimonio culturale che è anche una ricchezza ai fini dell’emigra zione temporanea all’estero; affermando a) che la libertà di lingua come quella di culto è condizione essenziale per la salvaguardia della personalità umana; b) che il federalismo è il quadro più adatto a fornire le garanzie di questo diritto individuale e collettivo e rappresenta la soluzione del problema delle piccole nazionalità e la definitiva liquidazione del fenomeno storico degli irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l’avvento di una pace stabile e duratura; 100 - Quaderni Padani c) che un regime federale repubblicano a base regionale e cantonale è l’unica garanzia contro un ritorno della dittatura, la quale trovò nello stato monarchico accentrato italiano lo strumento già pronto per il proprio predominio sul Paese; fedeli allo spirito migliore del Risorgimento dichiariamo quanto segue: a) Autonomie politiche amministrative. 1) Nel quadro generale del prossimo stato italiano che economicamente ed amministrativamente auspichiamo sia organizzato con criteri federalistici alle valli alpine dovrà essere riconosciuto il diritto di costruirsi in comunità politicoamministrative autonome sul tipo cantonale; 2) come tali ad esse dovrà comunque essere assicurato, quale che sia la loro entità numerica, almeno un posto nelle assemblee legislative regionali e cantonali; 3) l’esercizio delle funzioni politiche ed amministrative locali (compresa quella giudiziaria) comunali e cantonali, dovrà essere affidato ad elementi originari del luogo o aventi ivi una residenza stabile di un determinato numero di anni che verrà fissato dalle assemblee locali. b) Autonomie culturali e scolastiche. Per la loro posizione geografica di intermediario tra diverse culture, per il rispetto delle loro tradizioni e della loro personalità etnica, e per i vantaggi derivanti dalla conoscenza di diverse lingue, nelle valli alpine deve essere pienamente rispettata e garantita una particolare autonomia culturale linguistica consistente nel: 1) diritto di usare la lingua locale, là dove esiste, accanto a quella italiana, in tutti gli atti pubblici e nella stampa locale; 2) diritto all’insegnamento della lingua locale nelle scuole di ogni ordine e grado con le necessarie garanzie nei concorsi perché gli insegnanti risultino idonei a tale insegnamento. L’insegnamento in genere sarà sottoposto al controllo o alla direzione di un consiglio locale; 3) ripristino immediato di tutti i nomi locali. c) Autonomie economiche. Per facilitare lo sviluppo dell’economia montana e conseguentemente combattere lo spopolamento delle vallate alpine, sono necessari: 1) un comprensivo sistema di tassazione delle industrie che si trovano nei cantoni alpini (idroelettriche, minerarie, turistiche, di trasformazione, ecc.) in modo che una parte dei loro utili torni alle vallate alpine, e cioè indipendentemente dal fatto che tali industrie siano o meno collettivizzate; 2) un sistema di equa riduzione dei tributi, variabile da zona a zona a seconda della ricchezza del terreno e della prevalenza di agricoltura, foreste o pastorizia; 3) una razionale e sostanziale riforma agraria comprendente: a) l’unificazione per il buon rendimento dell’azienda, mediante scambi e com pensi di terreni e una legislazione adeguata della proprietà familiare agraria oggi troppo frammentaria; b) l’assistenza tecnico-agricola esercitata da elementi residenti sul luogo ed aventi ad esempio delle mansioni di insegnamento nelle scuole locali di cui alcune potranno avere carattere agrario; c) Il potenziamento da parte delle autorità locali della vita economica mediante libere cooperative di produ-zione e consumo; 4) il potenziamento dell’industria e dell’artigianato, affidando all’amministrazione regionale cantonale, anche in caso di organizzazione collettivistica, il controllo e l’amministrazione delle aziende aventi carattere locale; 5) la dipendenza dell’amministrazione locale delle opere pubbliche a carattere locale e il controllo di tutti i servizi a concessione aventi carattere pubblico. Questi principi noi rappresentanti delle Valli Alpine, vogliamo vedere affermati da parte del nuovo Stato Italiano, così come vogliamo che siano affermati anche nei confronti di quegli italiani che sono e potrebbero venire a trovarsi sotto il dominio politico straniero. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Dichiarazione di Venezia NOI, POPOLI DELLA PADANIA Convenuti sul grande fiume Po dall’Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla Lombardia, dalle Marche, dal Piemonte, dalla Romagna, dal Südtirol-Alto Adige, dalla Toscana, dal Trentino, dall’Umbria, dalla Valle d’Aosta, dal Veneto e dalla Venezia Giulia, riuniti oggi, 15 settembre 1996, in Assemblea Costituente affermiamo e dichiariamo: Quando nel corso degli eventi umani diventa necessario per i Popoli sciogliere i vincoli che li legano ad altri, costituirsi in Nazione indipendente e sovrana ed assumere tra le Nazioni della Terra il ruolo assegnato loro dal Diritto Naturale di Autodeterminazione, il rispetto che si deve all’opinione della Società Internazionale e dell’Umanità intera richiede che essi dichiarino le ragioni che li hanno costretti alla separazione. Da tempo immemorabile abitiamo, dissodiamo, lavoriamo, proteggiamo ed amiamo queste terre, tramandateci dai nostri avi, attraversate e dissetate dalle acque dei nostri grandi fiumi; Qui abbiamo inventato un modo originale di vivere, di sviluppare le arti e di lavorare; Noi apparteniamo ad un’area storica, la Padania, che sotto il profilo socio-economico è fortemente integrata al suo interno pur nella riconosciuta e rispettata diversità dei Popoli che la compongono; Queste terre sono unite da legami tanto profondi quanto quelli delle stagioni che le governano, degli elementi che le plasmano, delle Genti che le abitano; Noi quindi formiamo una comunità naturale, culturale e socio-economica fondata su un condiviso patrimonio di valori, di cultura, di storia e su omogenee condizioni sociali, morali ed economiche; La Padania è il nostro orgoglio, la nostra grande risorsa e la nostra unica possibilità di esprimerci liberamente nella pienezza delle nostre nature individuali e del nostro sentire collettivo; La storia dello Stato italiano è diventata, al contrario, storia di oppressione coloniale, di sfruttamento economico e di violenza morale; Lo Stato italiano ha sistematicamente occupato nel tempo, attraverso il suo apparato burocratico, il sistema economico e sociale della Padania; Lo Stato italiano ha sistematicamente annullato ogni forma di autonomia e di autogoverno dei nostri Comuni, delle nostre Province e delle nostre Regioni; Lo Stato italiano ha compromesso la serenità delle generazioni future della Padania dilapidando enormi risorse in politiche truffaldine, assistenzialiste, clientelari e criminali che hanno portato la Padania e l’Italia in una situazione fallimentare ormai irreversibile; Lo Stato italiano ha costretto con l’inganno i Popoli della Padania a soggiacere al sistematico sfruttamento delle risorse economico finanziarie prodotte dal lavoro quotidiano per sperperarle nei mille rivoli dell’assistenzialismo clientelare e mafioso del Mezzogiorno; Lo Stato italiano ha deliberatamente tentato di sopprimere le lingue e le identità culturali dei Popoli della Padania attraverso la colonizzazione del sistema pubblico di istruzione; Lo Stato italiano ha imposto ai Popoli della Padania l’applicazione delle sue leggi inique attraverso una magistratura selezionata con criteri razzisti; Lo Stato italiano ha cercato di dominare i Popoli della Padania affidando compiti e funzioni di ordine pubblico e di sicurezza a prefetti e forze di polizia garanti del più odioso centralismo coloniale; Lo Stato italiano ha espropriato i Popoli della Padania del loro potere costituente e si mostra sordo al grido di protesta che si alza sempre più alto; Per queste ragioni Noi siamo intimamente convinti che ogni ulteriore permanenza della Padania all’interno dei confini dello Stato italiano significherebbe lasciar spegnere lentamente ogni speranza di rinascita e annientare l’identità dei Popoli che la compongono: Noi siamo consapevoli che la Padania libera ed indipendente diventerà il riferimento politico ed istituzionale per la costruzione dell’Europa delle Regioni e dei Popoli; Noi siamo convinti che la Padania libera ed indipendente saprà garantire un Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Documento presentato e solennemente letto a Venezia, il 15 settembre 1996, durante l’ultimo dei tre giorni di manifestazioni per la Proclamazione dell’indipendenza della Padania. Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Padania, n.1. contributo decisivo alla cooperazione, alla tolleranza ed alla pace tra i Popoli della Terra; Noi oggi rappresentiamo, qui riuniti, l’ultima speranza che il regime coloniale romano che opprime la Padania possa presto finire; NOI, POPOLI DELLA PADANIA Poiché il coraggio e la fede di chi ci ha preceduto nella lotta per la libertà dei Popoli sono nostro retaggio e debbono indurci a farci irrevocabilmente carico del nostro destino; Poiché vogliamo che i nostri atti siano guidati dal rispetto che dobbiamo a noi stessi, ai nostri avi ed ai nostri figli; Poiché riconosciamo l’inalienabile potere sovrano di ogni Popolo a decidere liberamente con chi stare, come e da chi essere governato; Poiché affermiamo il nostro diritto e la nostra volontà di assumere i pieni poteri di uno Stato, prelevare tutte le imposte, votare tutte le leggi, firmare tutti i trattati; Poiché la Padania sarà tutti coloro, uomini e donne, che la abitano, la difendono e la riconoscono, e poiché costoro siamo noi; Poiché è infine giunta l’ora di avviare la grande impresa di far nascere questo nuovo Paese che noi battezziamo oggi con il nome di Padania; In nome e con l’autorità che ci deriva dal Diritto Naturale di Autodeterminazione e dalla nostra libera coscienza Chiamando per voce delle nostre libere Istituzioni l’insegnamento di amore per la libertà e di coraggio dei Padri Padani a testimone dell’onestà delle nostre intenzioni NOI, POPOLI DELLA PADANIA solennemente proclamiamo: LA PADANIA E’ UNA REPUBBLICA FEDERALE INDIPENDENTE E SOVRANA A sostegno di ciò noi ci offriamo gli uni agli altri, a scambievole pegno, le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore. Quaderni Padani - 101 Carta dei Diritti dei Cittadini Padani Documento presentato e solennemente letto a Venezia, il 15 settembre 1996, durante l’ultimo dei tre giorni di manifestazioni per la Proclamazione dell’indipendenza della Padania. Il testo è stato redatto dalla Segreteria Federale della Lega Nord e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Padania, n.1. 1. Ogni cittadino padano ha diritto alla libertà, all’educazione, al lavoro, alla salvaguardia della vita privata e ad una giusta informazione. 8. I diritti e le libertà delle Stirpi che compongono la Nazione Padana saranno tutelati dalle Istituzioni, così che l’identità di queste Etnie, Comunità Naturali e Popoli possa conservarsi e svilupparsi senza incontrare ostacoli diversi dal reciproco rispetto e dalla necessità di favorire scelte e decisioni comuni. La Repubblica Federale Padana sarà aperta alla collaborazione con tutti gli altri soggetti della Comunità delle Genti, ed in particolare con i Popoli confinanti. 2. I cittadini padani non possono essere costretti a servire nessuno, neppure i propri connazionali. Poiché una ordinata milizia è necessaria alla sicurezza di ogni libero Stato, essi partecipano alla difesa nazionale attraverso la volontaria adesione alla Guardia Nazionale Padana. 3. La famiglia è la prima e vitale cellula della società. I cittadini padani hanno diritto a fondare una famiglia, a vivere secondo le loro secolari tradizioni e a darsi istituzioni e regole di vita che corrispondano alle vocazioni ed ai valori in cui credono ed alle necessità che riconoscono. 4. Essi hanno il diritto di autogovernarsi, di scegliere nel loro seno e di controllare le persone alle quali affidare il compito di gestire gli interessi comuni, in primo luogo gli insegnanti, i magistrati e le forze dell’ordine. Tutti i dipendenti pubblici, inoltre, verranno assunti con contratto a termine di diritto privato. 102 - Quaderni Padani 5. Hanno il diritto di rifiutare ogni onere economico e giuridico che venga loro addossato senza il loro esplicito consenso. Hanno altresì il diritto di determinare la quantità delle risorse finanziarie necessarie a gestire i pubblici servizi di cui abbisognano, la distribuzione dei relativi oneri e i modi ed i tempi di riscossione; hanno il diritto di controllare l’impiego e la gestione di tali risorse. 6. I cittadini padani considerano la loro comunità aperta verso tutti gli altri uomini e donne ma ritengono loro diritto predisporre regole che impediscano lo snaturamento del loro patrimonio etico-culturale. 7. I cittadini padani riconoscono il dovere di aiutare quanti, senza loro colpa, non riescono a raggiungere un livello di vita eguale al loro. Ma questi aiuti devono essere esclusivamente incentivi a produrre ed a creare altre risorse, e devono essere determinati e decisi dagli stessi cittadini padani, attraverso le loro Istituzioni. 9. Le Istituzioni della Repubblica Federale Padana saranno basate sulla inviolabilità dei diritti e delle libertà individuali. Queste prerogative del cittadino troveranno un limite soltanto nell’esercizio dei medesimi diritti da parte degli altri. 10. La Repubblica Federale Padana riconosce ai Comuni ed ai loro Governi liberamente eletti l’incomprimibile diritto di disporre senza vincoli delle loro risorse, di esercitare senza interferenze le competenze e di assumere senza limitazioni le responsabilità necessarie a garantire il pieno soddisfacimento delle esigenze della Comunità locale. Anno V, 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 Documento approvato il 28 giugno 1998 dal “Parlamento della Padania” di Chignolo. Il testo è stato redatto da Roberto Ronchi e perfezionato dalla Commissione Tecnico-scientifica presieduta da Ettore Albertoni. Patto d’Unione I cittadini, Popoli e le Nazioni che compongono la PADANIA - che è Comunità con affinità culturali, storiche, etno-linguistiche e socio-economiche - allo scopo di garantirsi, nelle forme che sono proprie dello Stato di diritto, l’esercizio pieno, diretto ed indiretto, della sovranità unitamente con le libertà, la giustizia, la democrazia in forme trasparenti e partecipate, la sicurezza interna, la difesa verso líesterno, il benessere morale e materiale, la salvaguardia e lo sviluppo delle culture, tradizioni, lingue, la qualità della vita e la collaborazione pacifica e feconda con tutti i popoli solennemente dichiarano che sui seguenti Principi si fonda il PATTO della loro unione fraterna Art. 1 La Padania è una Comunità politica e volontaria di Cittadini, Nazioni e Popoli, che si riconoscono in un comune ideale ed in una comune cultura di libertà, autogoverno ed autodeterminazione, lavoro, intrapresa, solidarietà e giustizia sociale. Art. 2 Sono Cittadini della Comunità Padana i Cittadini delle Nazioni che la compongono in base alle rispettive Leggi nazionali. Art. 3 Scopo della Comunità Padana è di tutelare i valori fondamentali e realizzare le aspirazioni comuni a tutti i Cittadini e Popoli che ad essa aderiscono e di assicurare loro felicità e benessere morale e materiale. La Comunità dovrà in particolare operare al fine di: • garantire la prevenzione da ogni pericolo che minacci la vita, la sicurezza, la proprietà e la famiglia di ogni Cittadino, l’identità e le istituzioni di ogni Popolo e líautogoverno di ogni Nazione; • promuovere le migliori condizioni in ordine alle comuni necessità per conseguire il benessere civile, sociale, economico di tutti i Popoli e le Nazioni aderenti e dei loro Cittadini; contribuire ad una politica di pace e cooperazione fra tutti i popoli; garantire un sistema giudiziario basato sullíelezione popolare della magistratura. Art. 4 La Comunità adotta la formula dei “poteri residui” riferiti alle Nazioni, per cui a queste spettano le competenze non espressamente attribuite ai poteri della Comunità Padana dalla presente Costituzione. Art. 5 Ad ogni Popolo e ad ogni Nazione è assicurato il diritto inaliena- Anno V, N. 28 - 25/26 - Settembre-Dicembre 1999 bile ed imprescindibile di autodeterminarsi e autogovernarsi. Ogni Nazione avrà la sua Costituzione che dovrà espressamente prevedere: • il riconoscimento dei diritti inviolabili della persona umana; • il riconoscimento dei diritti umani, civili e politici riconosciuti e garantiti dalla presente Costituzione per tutti i Cittadini; • il riconoscimento e la tutela del principio di sussidiarietà, a partire dai diritti della primaria società naturale, la famiglia e delle istituzioni territoriali minime, nonchè delle garanzie loro assicurate dalla presente Costituzione; • il riconoscimento che ogni Costituzione nazionale dovrà al suo interno sancire, in forma inequivocabile, i principi della sovranità popolare quale unica fonte legittima per l’esercizio dei poteri e líefficacia di strumenti di reale democrazia diretta; • il rispetto e la tutela delle minoranze linguistiche facenti parte della Comunità e delle Nazioni che la compongono; • l’accettazione dellíistituto referendario nelle forme: propositiva, abrogativa, confirmatoria, consultiva. Art. 6 Ogni Popolo e Nazione può recedere dall’Unione, secondo le modalità stabilite nella Costituzione. Quaderni Padani - 103