200 Lombardini Cup 2012: io c`ero!
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200 Lombardini Cup 2012: io c`ero!
200 Lombardini Cup 2012: io c’ero! HIKARI Hikari was used in the North Sea and 10 days later in the 200 in the Adriatic. This is possible because of easy road transportation and a total set up time to race configuration, including slip, of about 4 man-hours. It also allows comparatively cheap storage of the boat on land. Even though we were only two on board, we were happy to have lots of space to move around on the nets during this comparatively long race, especially in the first, quiet part of the race. One interesting remark about these moderate conditions is that the screacher (a sort of a code 0 like sail) can be very effective upwind. In the second stormy part of the race, having only limited experience in rough conditions, we decided to stay well away from the danger zone which, for a trimaran, is a potential flip over. We started with 5m2 storm jib and two reefs in the main, (which we kept for several hours (due to a jammed winch)) and then gradually reduced the sail area further with worsening conditions until arriving at the finish with the storm jib only. During the whole second part, it never happened that the lee float was submerged due to overpressure. We were very impressed by the stability of the Corsair 28 trimaran design. Berk Plathner & Umberto zamuner VINTHUDEN We enjoyed the hospitality and the welcomeparty. Sailing was fun too when there was wind. And when there was no wind we had good italian food and wine. We even saw a headfish (mola). We retired leieing on second place and we made it in time back to Lignan before the storm started. Rickard Weger ATAME! 200 miglia esaltanti per la mia barchetta, ma io c'ero? no, era giusto dare un'opportunità a Checco e Piero, vincitori della Roma x 2 lo scorso anno e ormai punto fermo del nuovo club di matti alturisti che gira attorno ad ATAME (Beppe, Ian Knight, Checco Conforto, Piero Boerio). Volevo esserci? si certo! mi dispiace? sono geloso? magari anche. Però a pensarci bene un po' di sottile piacere mi rimane, del resto con quale motivazione il signore aveva contrattato e pagato Richard Gere nel famoso film American Gigolò per fare all'amore con la moglie mentre lui assisteva? prosit Io non c’ero…Beppe Bisotto di Atame! IO REGATOXEMMA – X-SEA EMMA è una ragazza sfortunata affetta da Atassia di Friedreich una malattia rara che colpisce prevalentemente tra i 10 e 20 anni. Consiste in un progressivo danneggiamento del sistema nervoso causato da alterazioni metaboliche su base genetica. In sintesi chi ne è affetto ha 2 geni “anomali” che non consentono lo “srotolamento” del DNA che favorisce la sintesi della Fratassina che è una proteina che ha il compito di smaltire i metaboliti all’interno del mitocondrio. La malattia provoca disturbi dell’equilibrio per cui l’individuo prima ha difficoltà a correre poi a coordinarsi e con il degenerare della malattia inizia ad avere difficolta a mantenere la postura fino a perdere progressivamente la capacità di deambulare e di coordinazione che compartano l’impossibilità ad allacciarsi i bottoni, a scrivere, a parlare, a deglutire fino all’utilizzo della sedia rotelle e nelle forme più gravi si associa grave cardiopatia e il diabete. Al momento non esiste cura perchè le case farmaceutiche non hanno interesse ad investire nella ricerca. I genitori di Emma tuttavia non si danno per vinti ed hanno iniziato da un paio d’anni a raccogliere dei fondi tramite una onlus per finanziare in prima persona la ricerca grazie al sostegno di una casa farmaceutica Americana che ha messo a disposizione le strutture a patto che i costi per i ricercatori siano a carico della Famiglia di Emma. Al momento sono riusciti ad ottenere dal ministero il via libera alla sperimentazione umana di un farmaco che in questa fase mira a bloccare il progredire della malattia ma la sperimentazione non è ancora partita. Da alcuni anni partecipo a tutte le iniziative benefiche che la famiglia e gli amici organizzano e mi era sembrata una buona cosa cercare di sensibilizzare il maggior numero di persone su questa triste vicenda. Mi sono reso conto infatti che indipendentemente dal sostegno finanziario è molto importante star vicino a EMMA e alla sua famiglia e far sentire che non sono soli a combattere questa battaglia. Noi andiamo in barca per divertirci, ma pensiamo che sia giusto pensare anche a quelli meno fortunati di noi. Assieme a Mario abbiamo semplicemente fatto fare alcune magliette da distribuire ai membri dell’equipaggio di XSEA che daranno un contributo libero per ogni maglietta che utilizzeranno nelle regate e a fine anno consegneremo il ricavato assieme a un trofeo, se riusciremo a conquistarne uno, ad EMMA che d’ora innanzi fa parte del nostro equipaggio. Molti ci hanno chiesto cosa volesse dire la scritta sulla maglietta e questo ci fa molto piacere. Per quanto concerne la nostra regata, diciamo che è andata bene fino a metà percorso. Prima del Quarnaro eravamo vicini alle altre barche del nostro gruppo ed eravamo contenti per aver fatto correre la barca sempre anche con poco vento. Abbiamo festeggiato con una discreta carbonara e una bottiglia di Prosecco. Poco dopo Sansego il vento ci ha abbandonati e abbiamo sofferto fino alle 21:00 in attesa del vento che poi è arrivato. Quando abbiamo ripreso a navigare le cose sono andate bene fino a Plic Albanez. Da 2 nodi siamo arrivati in poco tempo a 30/35 nodi ma riuscivamo a gestire bene la barca con olimpico e una mano sulla randa. Poi con l’intensificarsi delle raffiche abbiamo ammainato randa e proseguito fino a San Giovanni in Pelago con l’olimpico contando di poter tenere la rotta fino a Caorle con una bolina larga che ci consentiva di non sollecitare troppo la vela. Andavamo a 7.5/8 nodi di velocità e pensavamo di poter arrivare alla fine. Purtroppo allontanandoci dall’Istria l’onda è aumentata e il vento si è stabilizzato sopra i 40 nodi creandoci non pochi problemi (abbiamo perso il conto delle straorzate). Nel frattempo abbiamo preso tre temporali con vento sempre più rafficato e punte vicine ai 50 nodi, acqua da tutte le parti dal cielo e dal mare, due dell’equipaggio fuori uso per il mal di mare e non più in grado di tenere la rotta. Se cercavamo di tenere la bolina andavamo a Grado e al traverso non era possibile navigare; le onde con l’abbassarsi del fondale continuavano a crescere e il vento non diminuiva. Quando abbiamo visto i 52.7 nodi sullo strumento anche se eravamo a 17 miglia da Caorle abbiamo preferito non rischiare e abbiamo fatto rotta su Venezia. Un vero peccato ma siamo pronti per la 500! Complimenti a chi e riuscito ad arrivare: sono stati più bravi di noi. Antonio Dall’Armellina SUPER ATAX Dopo la 200 Lombardini Cup 2012, ci siamo tutti ripresi e siamoabbastanza in forma, a parte Mosè e Giuseppe ancora doloranti per una forte contusione rimediata a causa di un’onda che ci ha quasi sdraiati...ma gli ombelicali hanno fatto il loro dovere e quindi tutti sono rimasti a bordo anche se si sono trovati appesi come salami. Il nostro equipaggio è multi province e alla 200 nell’ordine erano a bordo Treviso, Verona, Trieste, Udine e Padova. C’è poco da aggiungere alla meteo che abbiamo visto tutti, raffiche anche a 55kn e onde che possiamo stimare tra 3-4 mt ripide, corte, frangenti e un po’ confuse….questa 200 è stata una vera altura molto impegnativa e dura, con tutte le condizioni dalle bonacce alla burrasca. Il Super Atax in questi ultimi anni è stato affinato e preparato per l’altura, avendo partecipato oltre alla 500 e alla 200, a tre Middle Sea Race a Malta, dove abbiamo trovato in un paio di edizioni condizioni molto simili a quelle della notte tra sabato e domenica. Avevamo quindi il vantaggio di un equipaggio al 70% esperto e con la confidenza necessaria dell’imbarcazione su cui navigavamo e su cosa poteva fare. Questo forse ci ha permesso di spingere un po’ di più e quindi adrenalina a mille, concentrati e quel pizzico di fortuna che è indispensabile per raggiungere un risultato che ci da un’immensa soddisfazione, non solo perché bissa la Overall nella 200 del 2008, ma ancora di più per le condizioni in cui è maturata. Marco Bertozzi QUEMAS Quando di ti chiedono di raccontare una regata, magari di scrivere poche righe cercando di far immaginare a chi legge, cosa possa essere successo, solitamente ci si dilunga in tecnicismi, particolari tattici, motivazioni più o meno sensate sul perchè o il per come di certe scelte. Indipendentemente da come queste scelte hanno poi influito sul risultato finale. Tendenzialmente in queste occasioni si scrive solo per se stessi, per compiacere il proprio ego di scrittore della domenica o per convincersi in maniera postuma della giustezza di certe decisioni. Ora no, non questa volta, non questa 200 miglia. Oggi cercherò di scrivere di emozioni, di sensazioni di odori e sapori. Cercherò, a chi avrà la pazienza e la bontà di leggermi fino in fondo, di spiegare quanta vita è passata nella notte tra il sabato e la domenica del II° fine settimana di maggio. Cercherò di raccontare quanto è stato il sentito delle ore attorno al tramonto di sabato e quanto invece quello del tempo successivo al sorgere del sole di domenica. I bollettini sul web non davano spazio a dubbi di sorta, via radio la meteo croata alle 18.30 nel gracchiare del vhf portatile, aveva parlato di allerta uragano, o almeno così ci era sembrato di intendere, l'armatore e amico Paolo cercando di fare il punto della situazione si era preoccupato di indicarci dove teneva i razzi di segnalazione, dove il materiale di pronto soccorso e dove i libri con i primi rudimenti di medicina d'urgenza. Non credo di aver ascoltato una sola parola di quanto mi è stato detto in quei momenti, concentrato com'ero a capire come potesse scatenarsi un simile inferno quando tutto intorno a me era pace, serenità mare calmo come un olio ed un tramonto mozzafiato che macchiava di rosso l'intera volta ovest del mio cielo. Se Paolo avesse solo immaginato che di li a poche ore tutto l'ordine costituito che regnava nella sua barca sottocoperta si sarebbe trasformato in un delirio di acqua sale vomito e pezzi di ogni cosa non stabilmente fissata, oggetti piu svariati, liberi di fluttuare finalmente affrancati dalle comuni leggi di gravità. Negli occhi dei miei fratelli di vela si leggeva come un senso di attesa, ricordo gli stessi sguardi nelle pagine di un libro sulla battaglia di El Alalamein dove gli italiani sotto tiro degli obici inglesi aspettavano come bestie al macello in fila l'arrivo della fanteria britannica, ricordo gli stessi sguardi negli occhi di mio nonno che combattè la II guerra mondiale nei nostri sommergibili quando mi raccontava le emozioni provate nell'attendere l'esito della bombe di profondità tedesche. Sperando e pregando che il loro sonar non fosse preciso. Eppure tutto intorno era pace, sotto costa 3 cuccioli di delfino giocavano stancamente a rincorrersi. I gabbiani tornavano a terra. Insomma nulla proprio nulla di nulla di strano. Per cercare di esorcizzare il male nel pomeriggio avevamo provato un paio di issate della nuova tormentina che Paolo si era fatto prestare Dio solo sa da chi. Manovra facile qualche rogna solo con la mura ma niente di che. Avessimo solo immaginato che nell'inferno di vento e mare di poche ore piu tardi, un triangolo di tela grosso come la camicia di chi scrive come sola ed unica vela issata a bordo ci avrebbe consentito di fare piu di 7 nodi. Si è passati dai 15 nodi di crociera ai 30 nel tempo di un click, le raffiche a 35-40 ci sembravano già forti. Il mare non ci mise molto ad infastidirsi dei dispetti del suo fratello vento. Da li a poco vedemmo i denti bianchi di schiuma digrignare verso il nostro traverso molto peggio di foglie sugli alberi d'autunno cominciavamo ad essere presi a bordate da onde che, per altezza ed intensità ci sembravano come quando da bimbo prendi un paio di schiaffoni da tuo padre. Impotenza e dolore. Ecco in quei momenti questi due sentimenti erano quelli piu forti. La notte passava, il fischio del vento nelle vele e nel boma ci faceva compagnia, quel suono è strano, magico, prima ti spaventa a morte poi ti affascina ti avvolge ed alla fine sei quasi preda di una sorte di sindrome di Stoccolma dove il tuo carnefice ti sembra un Dio. Ricordate la storia di Ulisse e le sirene, i tappi di cera e l'albero maestro a cui si fece legare? Balle, Ulisse era in mezzo ad una bufera quel suono melodioso era il vento e si fece legare all'albero per non volare via. Si vedeva poco, le sole luci erano quelle che avevamo ancorato sulle fronti, unitamente ai lampi ed i fulmini che dalla terra vedevamo avvicinarsi verso noi. Randa da ammainare velocemente subito dopo aver dato due mani, le borose che si incattivivano trascinate dal vento e quella dannata drizza che non voleva sapere di scendere. La pioggia arrivata da li a poco ci aveva dato una sensazione che il brutto l'avevamo già passato, il vento era sceso a 25 ed il Quarnero era già alle nostre spalle. Il Signore, per chi crede, ci aveva messo alla prova ma l'avevamo passata, pensavamo, piccoli ingenui stupidi uomini di terra che si inventano marinai nelle domeniche d'estate. Issiamo di nuovo randa. e lasciamo uscire un paio di metri quadri di genoa. Idioti. Lo stomaco aveva già colpito 2 di noi che riposavano sotto coperta con evidenti sintomi di nausea unita ad una diffusa ipotermia. Io sarei stato il terzo da li a poco. dopo il mio turno scendo sotto, mi spoglio di tutta quell'acqua mista a cerata che mi infagottava senza scaldarmi e nella nausea piu totale mi infilo in un sacco pelo finalmente asciutto. Dormo abbracciato ad una borsa appoggiata sopra la branda, prima di addormentarmi mi accorgo però che il Quemas si sta inclinando sempre piu, la borsa che prima abbracciavo ora mi fa da materasso e cuscino. Vengo svegliato dalle grida di un compagno, Marco, che mi prega di uscire per aiutarlo ad ammainare randa. Sono completamente inerme ogni muscolo è inchiodato a se stesso, sento che sto per svenire, lo dichiaro alla crew ma il mio compagno mi prega di uscire lo stesso, mi guarda e mi chiede di dar una mano in quanto sopra fischia a 60 nodi e non sanno come tirarla giù. la scotta di randa è sempre piu lasca ma non basta a scaricare la barca. Il Quemas è sottoposto a forze spaventose, si cominciano a temere danni strutturali. Si comincia ad avere molta paura. Solo di orgoglio cerco di uscire da quel buco nel sottovento di poppa, ma nel movimento in sono fuori dal sacco pelo lo stomaco si ribella. Prendo la mia sacca impermeabile la svuoto con la mano e butto dentro la testa finchè non finisco. Piango, piango senza vergogna (oggi invece rivivo quei momenti come un lutto), non per il male che provavo ma per la totale perdita di una dignità che pensavo di avere ma che in quei momenti avevo smarrito nel fondo della mia sacca impermeabile. Piango perchè ho due braccia forti che sopra non useranno mai. Sento i compagni presi nella manovra di ammainata, in pozzetto si grida il vento fischia la barca piega il boma è in acqua. Ad un tratto vedo scendere dalla scaletta una bordata d'acqua e libri e tutto si mischia ed in pozzetto si grida sempre di più. Sento un urlo di dolore, era marco che al mattino sulla guancia sinistra riportava i segni di un combattimento vinto ai punti contro la staffa del plotter. Ad un tratto un rumore sordo, come un albero che si spezza, altra acqua sottocoperta altre grida, altra schiuma altro freddo. In quel momento ho pensato a mia figlia. Ho pensato che se fosse capitato qualcosa non avrei avuto la forza di uscire dalla barca. Cattivi pensieri, che però fanno effetto. cerco di uscire e dopo un ora sono fuori da quella tana da nutria, salgo le scale, mi giro l'albero è ancora li!!! Evviva, il genoa è piccolissimo, il Quemas fila che è un piacere, le onde al giardinetto, si plana. Sorge il sole ma è molto coperto, piove ancora, il vento fischia a 32 knt. le onde non ci mollano. In pozzetto siamo in quattro ora, i nostri due amici sono ancora sotto a smaltire. C'è la consapevolezza di avercela quasi fatta. Quando vediamo terra sappiamo che li c'è casa, sentiamo il sole che ci asciuga, la luce è calda, finalmente calda. E’ UN SEGNO!!! Cerchiamo la boa e sentiamo la radio che parla di noi sul canale 72 ad un tratto veniamo raggiunti da un gommone. Sembra un angelo. Tagliamo il traguardo. E come aver finito la scuola quando si è piccoli siamo felici, a pezzi, bagnati, rotti, nauseati, ma felici. si ride si grida ci si abbraccia io piango ancora nascosto nella cerata ma stavolta sono lacrime diverse. I nostri 2 amici sono saliti, ora in pozzetto siamo di nuovo in 6. Entriamo in porto, i due frangiflutti sembra ci vogliano tendere l'ultima trappola. Il Quemas oscilla come un pendolo ma alla fine Leopoldo mette la prua dentro quel buco. A quel punto sappiamo che nulla ci poteva fermare. Eravamo invincibili. Questa storia non vuole essere nulla se non il racconto di una impresa la cui difficoltà è stata molto ma molto al di sopra delle nostre possibilità. O almeno delle possibilità di chi ora sta scrivendo. La barca, il coraggio, l'incoscienza e la tenacia ci hanno consentito di essere qua a testimoniare di una notte folle, di un momento di vera fratellanza non solo tra di noi ma con l'essenza stessa della natura che ci circondava. Oggi crediamo di essere persone migliori di ieri. Noi c'eravamo. qualcuno lassù ci ha fatto tornare anche per condividere queste emozioni con voi. Affinchè altri possano sapere. Affinchè si possa navigare ancora. Maurizio LUSITANO FB38 Lusitano is an older boat from 1999 built in Portugal, designer Kurt Hughes, USA. This boat is a fast cruising trimaran and it is not trailerable. For us the race had a tight schedule as the boat was still on land the day before the start, but we managed to arrive for the start even we were a little bit late. We had a good start, but later under spinnaker we lost a lot of ground. From Grado along the istarian coast we had mainly light winds, but we managed to stay in touch with the other trimarans, which were only 5-7 miles ahead of us after the first night. The weather report did show the coming Bora since days and when it was clear that the strongest wind will strike us in the Kvarner Bay we decided to stop racing and go back to Grado. When the Bora came we were happy to be in port and we were holding fingers crossed for our friends on Silver Chiller and Hikari who had decided to go through this tough race. We are all now very proud of this two boats whon again, could show that our small boats are very seaworthy and competitive even against much bigger boats.