Pupella Maggio - Persinsala.it

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Recensioni cinema e film | Persinsala.it
Silvia Iannello
13 aprile 2010
Nell’aprile di cento anni addietro (il 24 aprile del 1910) nasceva
a Napoli la grande attrice teatrale e cinematografica Giustina
Maggio, in arte Pupella.
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Figlia d’arte – discendente di Antonio Petito (storico interprete
di Pulcinella e drammaturgo) – calcò da bambina le tavole del
palcoscenico insieme ai genitori, uno stimato capocomico e un’attrice di
origini circensi, e ai tanti fratelli e sorelle; nella sua autobiografia “Poca
luce in tanto spazio” (1997), scritta con un editore di Todi (divenuta sua
città di adozione) e vivace testimonianza del teatro napoletano del ‘900,
raccontando la sua nascita nel camerino del Teatro Orfeo così scriveva: «A
due anni mi portarono in scena dentro uno scatolone legata proprio come
una bambola perché non scivolassi fuori. E così il mio destino fu segnato.
Da “Pupatella”… divenni per tutti “Pupella” nel teatro e nella vita…» (e
una sua poesia così recitava: «Songo brutta e nun so bella / chesta so: ‘na
cartuscella. / ‘na palomma co’ ‘na scella / e me chiammano Pupella»).
Capace di cantare, ballare e recitare, dotata di una forte vis comica, lasciò
la scuola prestissimo (in seconda elementare) per seguire il padre nella
sceneggiata napoletana e nella rivista d’avanspettacolo ma, dopo la morte
della madre e del padre, stanca di quella vita vagabonda, lasciò il teatro e
si spostò a Roma (ove lavorò come modista) e quindi a Terni (ove si
occupò in un’acciaieria, curando anche gli spettacoli del Dopolavoro).
Raggiunse quindi Milano, unendosi presso il Teatro Nuovo alla compagnia
di rivista della sorella Rosalia, ma nel 1954 – dopo una lunga gavetta con
Totò, Nino Taranto e Ugo D’Alessio – diede una svolta alla sua carriera
recitando con il grande Eduardo De Filippo, che con la compagnia
“Scarpettiana” rappresentava le opere del padre naturale Eduardo
Scarpetta. Dopo la morte di Titina, Pupella Maggio vide infine la sua
consacrazione come grande attrice napoletana nelle sensibili
interpretazioni di Filumena Marturano e di donna Rosa Priore in “Sabato,
domenica e lunedì”, ruolo scritto da Eduardo esclusivamente per lei, col
quale vinse la Maschera d’Oro e i premi San Genesio e Nettuno d’Oro.
Questo sodalizio (che sembrava imperituro) ebbe termine però nel 1960
per tutta una serie di incomprensioni col severo Eduardo e anche perché la
Maggio decise di passare con Luchino Visconti per rappresentare
“L’Arialda” di Giovanni Testori insieme a Rina Morelli e Paolo Stoppa.
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Ma fu forse col cinema che Pupella Maggio raggiunse grandezza nazionale
e internazionale: lavorò con Camillo Mastrocinque (“Sperduti nel buio”),
Vittorio De Sica (“La ciociara”), Nanni Loy (“Le quattro giornate di Napoli”),
l’americano John Huston (“La Bibbia”, nel ruolo della moglie di Noè), Luigi
Zampa (“Il medico della mutua”, col quale vinse nel 1969 il Nastro
d’Argento come migliore attrice non protagonista per il ruolo di una
vecchia paziente) e Federico Fellini (“Amarcord”, nel ruolo della madre del
protagonista); si fece notare soprattutto con una delle sue ultime
interpretazioni, quella malinconica e crepuscolare della madre anziana in
“Nuovo cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore del 1988. Fece le sue
ultime apparizioni in “Sabato, domenica e lunedì” di Lina Wertmüller
(1990) e “Fate come noi” di Francesco Apolloni (2001).
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La sua presenza in teatro, intanto, continuava tra la considerazione del
pubblico e della critica: fu con Giuseppe Patroni Griffi in “Napoli notte e
giorno” (ispirato a Raffaele Viviani), con Francesco Rosi nel dramma di
Patroni Griffi “In memoria di una signora amica” insieme a Lilla Brignone, e
con Tonino Calenda col quale nel 1979 iniziò un fruttuoso sodalizio
partecipando alla messa in scena di testi superbi, tra i quali “La Madre” di
Bertolt Brecht tratto dall’omonimo romanzo di Massimo Gor’kij (nel ruolo di
Pelagia Vlassova, Pupella diede vita a una delle sue interpretazioni più
mature e dolenti), “Aspettando Godot” di Samuel Beckett insieme al
grande Mario Scaccia, e “Questa sera… Amleto”.
Nel 1962 Pupella Maggio aveva sposato l’attore Luigi Dell’Isola, dal quale
ebbe l’unica figlia Maria e dal quale divorziò nel 1976. Nel 1983 l’attrice
napoletana riuscì a realizzare un vero evento: la riunione con gli «amatidetestati» fratelli superstiti, Rosalia e Beniamino, per rappresentare con la
regia di Calenda “…’Na sera …’e Maggio”, che vinse il Premio della Critica
Teatrale come migliore spettacolo dell’anno (purtroppo, la morte per ictus
colse l’anziano Beniamino nel camerino del Teatro Biondo di Palermo).
L’8 dicembre del 1999, sulla soglia dei novant’anni, Pupella Maggio moriva
nella sua casa di Roma. Carlo Azeglio Ciampi (allora Presidente della
Repubblica) disse per ricordarla: «…Figlia d’arte della straordinaria
famiglia Maggio che ha dato così grande prestigio alla tradizione della
commedia napoletana, recitò da protagonista nella compagnia
scarpettiana. L’incontro artistico con Eduardo De Filippo segnò il
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clamoroso successo personale come sensibilissima interprete di gran parte
dei lavori del maestro. Non è stata solo la più grande attrice napoletana
del ‘900, ma una protagonista della storia teatrale italiana che resta legata
anche al suo nome…».
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Nel suo articolo “Pupella Maggio – Nata Giacinta, detta ‘a Duse’”
(comparso su Sipario 2010), Gastone Geron così scrive: «Semmai v’è stata
donna ed attrice di carattere forte, pronta alla battuta feroce dietro
l’apparenza conciliante, questa è stata proprio la figlia d’arte battezzata
con il floreale nome di Giacinta, ma da tutti e da sempre chiamata Pupella
forse perché al suo primo anno di vita era apparsa in scena, su una cesta
sorretta da papà Domenico, nella commedia di Eduardo Scarpetta “La
pupa movibile”.
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Dalla moglie Antonietta, “don Mimì”… aveva avuto la bellezza di sedici
figli… Ben sei “guaglioni” Maggio avevano deciso di intraprendere la
professione paterna… La consapevolezza dei suoi eccezionali doni nativi
spingeva peraltro “la pupa movibile” dell’esordio in fasce a qualche
autocompiacimento di troppo, mal tollerato nel competitivo clan familiare,
al punto che i fratelli erano arrivati malignamente a chiamarla “‘a Duse”
imputandole una qualche aria da Divina…
Pettegolezzi a parte, Pupella era arrivata ai vertici salendo ad uno ad uno i
gradini dell’”arte”… dalla commedia dialettale alla drammaturgia di
respiro europeo, anzi internazionale, essendo stata capace di negarsi ad
un certo punto perfino ad Eduardo pur di sottrarsi al maso chiuso della
“napoletanità”…».
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