Biocarburanti di II e III generazione: situazione e

Transcript

Biocarburanti di II e III generazione: situazione e
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
Associazione Italiana Economisti dell'Energia Biocarburanti di II e III generazione: situazione e prospettive
Roma, Piazza Albania, Sala conferenze BNL
- 14 Aprile 2011 –
Nel contesto della “Settimana Europea dell’Energia Sostenibile”, WEC Italia (Comitato
Nazionale Italiano del Consiglio Mondiale dell’Energia) e AIEE (Associazione Italiana degli
Economisti dell’Energia) hanno ospitato a Roma, la conferenza
“Biocarburanti di II e III generazione: situazione e prospettive”. Rappresentanti di istituzioni,
associazioni di categoria, aziende e università sono stati invitati a dibattere sulle tematiche
connesse al recepimento della direttiva europea “fonti rinnovabili” (28/2009/CE), con
specifico riferimento ai criteri di sostenibilità e agli obiettivi di medio termine fissati per il
settore trasporti a livello UE, e alle prospettive di sviluppo dei biocarburanti di seconda e
terza generazione.
La prima sessione dei lavori “L’attuale Situazione dei Biocarburanti in Italia ed in Europa” è
stata aperta da Gilberto Callera, Presidente WEC Italia, ricordando alcuni recenti
avvenimenti di portata straordinaria che, ancora una volta, hanno posto la necessità di
un’attenta riflessione sul futuro dell’energia: il caso Shale Gas negli Stati Uniti d’America; le
rivolte popolari collegate alla richiesta di istanze democratiche e di miglioramento delle
condizioni economico-sociali nel Nord Africa e Medio Oriente; il terremoto/tsunami
verificatosi in Giappone con la conseguente emergenza nucleare.
Tali accadimenti hanno introdotto nel panorama energetico mondiale elementi di novità, ma
anche nuove incertezze. Capire le prospettive future delle diverse fonti di energia, ha
affermato Callera, risulta difficile. Le necessità, invece, restano invariate; attengono
all’energia del futuro che dovrà essere sicura, sostenibile e, in quanto elemento di
competitività, economica.
Nel settore dei biocarburanti, in particolare, è difficile comprendere se ci si trova alle porte
di una cosiddetta “seconda rivoluzione verde”. La produzione di biofuels a livello mondiale è
cresciuta in modo significativo negli ultimi dieci anni arrivando a circa 60 Mtep nel 2010.
Stati Uniti, Brasile e Unione Europea hanno trainato tale incremento. Guardando al futuro,
ha continuato Callera, l’International Energy Agency (IEA) ipotizza che un’accelerazione
dello sviluppo tecnologico in questo settore - BLUE MAP scenario - consentirebbe un
1
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
incremento della capacità di produzione mondiale sino a 745 Mtep/anno entro il 2050, pari
al 25% dei consumi per trasporti previsti a quella data. Un tale sviluppo del settore
presuppone un forte miglioramento dell’efficienza dei motori e il raggiungimento, nel medio
termine, della fase commerciale da parte di tecnologie quali: i biocarburanti di II e III
generazione; i motori ibridi; le celle a combustibile; l’auto elettrica.
Molte sono le attività di ricerca avviate dalle compagnie energetiche e della chimica nel
settore dei biocarburanti. Tra queste, Callera ha ricordato le attività della British Petroleum
per lo sviluppo dei biocarburanti di prima e seconda generazione, la ricerca sulle alghe
dell’ENI e della ExxonMobil, lo sviluppo della Mossi & Ghisolfi di tecnologie avanzate per la
produzione di bioetanolo da canna. Tali attività, ha continuato il Presidente WEC Italia,
potranno portare alla scoperta di un “cigno nero” che aprirebbe nuovi scenari fornendo di
conseguenza indubbi vantaggi competitivi ai first movers.
In attesa di salti tecnologici importanti, ha continuato Callera, la politica dovrà assicurare il
proprio sostegno al settore in modo equilibrato, sia all’utilizzo delle produzioni esistenti sia
alla ricerca e sviluppo delle produzioni di seconda e terza generazione, sino al momento in
cui il settore diventerà competitivo e riuscirà a camminare sulle proprie gambe.
Dall’altro lato, l’industria dei biocarburanti, che in Italia già esprime importanti realtà,
dovrebbe guardare al di fuori dei confini nazionali, mirando al posizionamento in aree
geografiche strategiche per la produzione delle materie prime e dei prodotti finiti. Sarà
importante che le aziende oggi operanti nel settore trovino forme di aggregazione o
sviluppino partnership in grado di creare una massa critica necessaria per competere su un
mercato, quello dei biocarburanti, che assume sempre più dimensioni globali.
A seguire, Corrado Clini, Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente, ha evidenziato le
criticità e i fattori trainanti legati allo sviluppo dei biocarburanti di prima e seconda
generazione. Le problematiche del settore sono di tipo normativo e di mercato, ambiti
questi che andrebbero rispettivamente semplificati e ampliati al fine di permettere un sano
sviluppo di filiere che, ancora oggi, vengono osteggiate nonostante i noti casi di successo. E’
questo l’esempio del Brasile che, pur disponendo di grandi riserve di greggio, produce
grandi quantitativi di bioetanolo da canna da zucchero (la produzione di bioetanolo copre
circa il 20% dei consumi di carburante dei trasporti interni) senza generare emergenze
alimentari e tensioni sociali. A livello mondiale, tuttavia, la produzione di bioetanolo da
canna da zucchero viene osteggiata a causa della classificazione di questa varietà vegetale
come food commodity, motivo che ha reso difficile lo sviluppo di tali produzioni nelle zone
equatoriali dell’Africa. Non è solamente la tecnologia a doversi evolvere, ha continuato Clini,
ma soprattutto il mercato energetico e gli aspetti normativi che lo riguardano. Uno sforzo in
tal senso è stato prodotto dagli Stati Uniti e dal Brasile che hanno di recente firmato un
accordo di cooperazione per la promozione dell’etanolo da canna da zucchero.
2
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
Passando alle modalità di approvvigionamento della materia prima, Clini ha criticato
l’approccio italiano della filiera corta nel settore dei biocarburanti sostenendo che si
dovrebbe piuttosto guardare alla logistica dei biocarburanti nella stessa ottica in cui si
guarda alla logistica del petrolio e del gas naturale.
La chiave del successo dei biocarburanti di prima e seconda generazione, risiederà nel
vantaggio o meno che questi presenteranno in termini di economicità e sostenibilità nei
confronti dei combustibili fossili tradizionali. In Europa così come in Italia, si dovrebbero
produrre maggiori sforzi nella ricerca e innovazione, miglior modo per le aziende di acquisire
un vantaggio competitivo rispetto ai competitors internazionali. Ciò che, invece, si registra è
una corsa agli incentivi ed un adattamento dei modelli di produzione e delle tecnologie a tali
fini.
Inoltre, Clini si è detto preoccupato nel riscontrare la tendenza ad accostare il settore dei
biocarburanti a quello dei rifiuti. Se così si facesse, oltre a ostacolare il raggiungimento degli
obiettivi, ci si addentrerebbe in un circuito poco trasparente e non ottimale sotto il profilo
delle performance e della legalità a solo danno di uno sviluppo corretto del mercato.
Giuliano Grassi, Segretario Generale dell’European Biomass Industry Association (EUBIA),
intervenendo ha affermato che il panorama e le prospettive del settore energetico mondiale
sono favorevoli a una progressiva espansione della produzione e uso dei biocarburanti.
L’aumento della domanda di petrolio nei prossimi 20 anni unito al probabile incremento del
suo prezzo, gli obblighi della direttiva comunitaria “ fonti rinnovabili”, l’elevato potenziale di
superficie coltivabile per la bioenergia nell’UE e la migliore competitività dei biocarburanti
rispetto ai prodotti tradizionali da fossili mediante coproduzione in bioraffinerie, sono i
fattori principali a favore dell’auspicato sviluppo dei biocarburanti. Ci troviamo, dunque, in
un momento di svolta e numerosi sono gli investimenti che si registrano nel settore dei
trasporti grazie anche all’attività coordinata tra UE e Stati Uniti. Due i punti centrali in fase
di studio da parte della Commissione Europea: la quantificazione del potenziale di biomassa
disponibile a livello europeo e l’identificazione della commodity migliore sia dal punto di
vista della produzione sia dell’integrazione nei sistemi di distribuzione e consumo esistenti. I
costi di produzione dei biocarburanti, ha continuato Grassi, dovranno sempre essere
confrontati con i costi di raffinazione industriale dei carburanti tradizionali. Ad oggi, i
biofuels con le maggiori potenzialità sono il bioetanolo, il biodiesel, il biogas, il
Biodimetiletere, i biobarburanti sintetici1 ed il bio-idrogeno.
Alla luce di queste considerazioni, Grassi ha indicato sei principali attività su cui si registrano
attività di ricerca e sviluppo: raccolta, raffinazione e fornitura su grande scala di biomasse
residue agricole e forestali; colture energetiche (microalghe, sorgo zuccherino, colture
1
Idrocarburi sintetici o miscele di idrocarburi sintetici prodotti a partire dalla biomassa (bioidrogeno ed oli vegetali puri) 3
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
erbacee); co-combustione biomasse-carbone (ad elevate percentuali 40% ed oltre con
biomasse raffinate); biodiesel e bioetanolo (da microalghe, gas di sintesi e conversione
catalitica del bioetanolo); bioraffinerie (coproduzione di carburanti, bioelettricità e
biochimica).
Maria Rosaria Di Somma, Direttore Generale Assocostieri, ha fatto un excursus sulla
situazione attuale dei biocarburanti in Italia, focalizzando l’attenzione sulla necessità di una
struttura normativa efficiente basata su precise regole e sanzioni in grado di consentire agli
operatori del mercato di contribuire con efficacia alla produzione dei biocarburanti. Al fine di
costruire un futuro più sostenibile, ha continuato Di Somma, l’obiettivo comunitario del 10%
di energie rinnovabili nei trasporti è un traguardo appropriato, nonché raggiungibile. Inoltre,
l’implementazione di normative chiare e in linea con il raggiungimento di tale obiettivo
costituirebbe un importante elemento di stabilità nel medio termine, a beneficio sia della
pianificazione di investimenti razionali e sostenibili da parte delle imprese nel settore delle
energie rinnovabili, sia di una riduzione della dipendenza dai combustibili fossili tradizionali.
Dal punto di vista normativo, con il Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 e con il Decreto
legislativo di attuazione della direttiva “fonti rinnovabili”, le modalità e i tempi per
raggiungere tale obiettivo sono ben delineati. A livello nazionale, poi, il sistema di
certificazione dovrà garantire che tutti gli operatori economici del settore dei biocarburanti
forniscano le informazioni comprovanti il rispetto dei criteri di sostenibilità e le informazioni
relative alla materia prima ceduta, nonché un livello adeguato di verifica indipendente delle
informazioni presentate. Tale verifica deve accertare che i sistemi utilizzati dagli operatori
economici siano precisi, affidabili e a prova di frode, e valutare la frequenza ed il metodo di
campionamento usati nonché la solidità dei dati.
A seguire, Walter Mirabella, Presidente del Gruppo Fonti Rinnovabili Federchimica, ha
portato l’attenzione sulle effettive possibilità che scaturiscono dalla valorizzazione delle
sinergie legate alla miscelazione dell'etil-t-butil-etere (ETBE) e del bioetanolo, in vista del
raggiungimento degli obiettivi fissati dalla direttiva “fonti rinnovabili”. Mirabella ha
presentato alcuni attori nazionali ed europei del settore impegnati su questa tematica: la
piattaforma Biofuels Italia, che vede la partecipazione dei principali soggetti del settore
italiano dei biocarburanti, la Federchimica, federazione di riferimento dell’industria chimica
italiana e l’European Fuel Oxygenates Association (EFOA), unione dei produttori europei di
MTBE, bio-ETBE, TAME e TAAE2.
Mirabella si è, poi, soffermato sulle direttive che hanno di recente interessato il settore: la
direttiva sulle “fonti rinnovabili” e la direttiva sulla qualità dei carburanti, recante l’obiettivo
di riduzione del 6% delle emissioni di CO2 su tutto il ciclo di vita del prodotto. In merito al
2
MTBE (methyl-tertiary-butyl-ether); bio-ETBE (Ethyl tert-butyl ether); TAME (Tertiary amyl methyl ether); TAEE
(tertiary-amyl ethyl ether).
4
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
secondo traguardo, Mirabella ha affermato che, considerata la bassa incidenza del segmento
della raffinazione sulle emissioni life cycle dei prodotti (15%), la ricerca chimica è chiamata
a produrre un significativo sforzo al fine di individuare un componente in grado di ridurre le
emissioni sull’intero ciclo di vita del 6%.
Mirabella, successivamente, si è soffermato sulle caratteristiche dell’ETBE, parzialmente
derivato da fonti rinnovabili, come valido sostituto dell’MTBE, derivato da fonti fossili. L'ETBE
può essere addizionato alla benzina sino al 10%, con un conseguente arricchimento di
ossigeno nella misura dell'1,4%. In questo modo, in sede di combustione si ottiene una
riduzione di monossido di carbonio e idrocarburi incombusti stimabile attorno al 10-15%. Più
in generale, i vantaggi dei bioeteri sono stati così classificati: i bioeteri permettono di
rientrare nelle specifiche di legge per la commercializzazione della benzina, permettono di
beneficiare degli effetti sinergici legati alle componenti biogeniche in essi contenute e
generano significativi risparmi sulla logistica legata ai processi produttivi.
Edgardo Curcio, Presidente AIEE, riferendosi al settore dei trasporti, ha sottolineato come
questo susciti le maggiori preoccupazioni e attenzioni da parte della comunità scientifica
internazionale, soprattutto alla luce delle problematiche legate al global warming e al
climate change. In questo settore, dunque, un numero crescente di attori guarda ai
biocarburanti con notevole interesse. L’evoluzione del settore sarà certamente influenzato
da alcuni elementi quali: l’andamento del prezzo del petrolio (previsto in crescita); le misure
atte a diminuire le emissioni dei gas climalteranti; le tecnologie che si renderanno disponibili.
Diverse sono le criticità ancora da affrontare per le tecnologie di prima generazione. Tra
quelle legate all’approvvigionamento della materia prima e dei prodotti finiti, Curcio ha
indicato la possibile competizione con le produzioni alimentari e lo squilibrio tra produzione
interna ed importazione di prodotti. Ad oggi, infatti, l’80% della produzione di biofuels a
livello mondiale è concentrata in due paesi, Stati Uniti e Brasile. Tra le criticità legate agli
aspetti tecnologici, invece, ha ricordato il problema dell’impiego di miscele con elevato
tenore di biocarburanti che spesso rende necessario un ripensamento del motore, mentre,
più in generale, con riguardo alle infrastrutture, c’è il rischio di formazione di depositi e di
degradazione dei componenti per la presenza di impurezze. Senza dimenticare le
caratteristiche tecniche dal punto di vista energetico, ossia il potere calorifico inferiore, che
dipende fortemente dalla tipologia di biocarburante utilizzato.
Alcune delle criticità elencate, ha continuato Curcio, possono essere superate con i
cosiddetti biocarburanti di seconda generazione, per la cui produzione non sarà più
necessario ricorrere a materie prime alimentari. Diverse aziende leader mondiali nella
produzione di carburanti stanno puntando con decisione sulle tecnologie di terza
generazione, avviando programmi di ricerca e sviluppo in collaborazione con grandi istituti
di ricerca per produrre biocarburanti a partire da matrici algali. Tali carburanti saranno
costituiti da molecole simili a quelle della benzina e del diesel e quindi potranno essere
5
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
utilizzati nelle infrastrutture di trasporto e distribuzione esistenti. Ciò costituirà un indubbio
fattore di vantaggio competitivo rispetto ad altre fonti e soluzioni. Curcio ha, poi,
sottolineato come l’utilizzo dei biocarburanti di seconda e terza generazione presenti
vantaggi significativi, riconducibili sostanzialmente alla conservazione del suolo, alla tutela
dell’agricoltura, nonché dell’ambiente attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 che tali
prodotti assicurerebbero rispetto ai carburanti tradizionali ed alcuni biocarburanti di prima
generazione.
Diego Gavanin, Gruppo Italia Energia, ha coordinato la seconda sessione dei lavori
“Ricerca e Sviluppo dei Biocarburanti di II Generazione”, introducendo dapprima la
presentazione di Sandro Cobror, Corporate Representative for Industrial Associations
M&G/Chemtex. Cobror ha riportato l’esperienza della Mossi & Ghisolfi (M&G), azienda
chimica leader mondiale nella ricerca e nella produzione di bioetanolo di seconda
generazione, nonché ideatrice della tecnologia PRO.E.SA. Diverse le problematiche
connesse alla produzione dei biocarburanti con le quali la M&G si è dovuta confrontare
durante lo sviluppo di questa tecnologia: l’uso irrazionale del suolo agricolo; la competizione
con la catena food/feed; l’aumento dei prezzi delle materie prime; l’incerto vantaggio
ambientale in termini di emissioni; la mancanza di competitività, senza l’aiuto di sussidi,
rispetto ai carburanti di origine fossile; la penuria di grandi estensioni di terra da destinare a
colture dedicate nell’UE. Seguendo un robusto e ben strutturato iter di progettazione e
sviluppo iniziato nel 2007, ha continuato Cobror, la Mossi & Ghisolfi ha messo a punto un
processo che permette di ottenere bioetanolo a partire dall’Arundo Donax (canna comune),
basandosi su tre pilastri: agronomia; pretrattamento; idrolisi e fermentazione. Dal punto di
vista agronomico, mediante l’utilizzo di questa specie vegetale, si rispetta l’ambiente e si
evitano tensioni dovute alla competizione alimentare. La “canna comune”, infatti presenta
elevate rese a fronte di una bassa richiesta di fertilizzanti ed acqua, inoltre il suo
inserimento nel tradizionale sistema agronomico e nel mercato delle biomasse è molto
semplice. Attraverso le fasi di pretrattamento ed idrolisi, la biomassa dopo essere stata
triturata, viene sottoposta ad un processo su misura: viene bollita con forti sbalzi di
pressione che servono a staccare i polimeri cellulosici dalle fibre di lignina. Si ricavano, così,
una massa di lignina con potere calorifico superiore al legno comune e,
contemporaneamente, una birra scura che viene successivamente distillata in etanolo. La
lignina viene, invece, utilizzata per produrre energia elettrica in cogenerazione.
PRO.E.SA. ha aggiunto Cobror, si presenta come una soluzione tecnologica flessibile in
grado di utilizzare diverse biomasse o anche scarti agricoli, competitiva sui mercati
mondiali e affidabile, grazie alla fruttuosa sperimentazione effettuata fino a oggi e alla solida
partnership con la Chemtex, azienda chimica del gruppo M&G.
6
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
Stefano Rocca, Consulente 3B Consulting, ha portato il dibattito sul tema dei biocarburanti
per l’aviazione. Il comparto dell’aviazione mondiale consuma 200 milioni di tonnellate di
carburante: in Europa ne vengono consumati 70 milioni, in Italia 4 milioni. I dati dell’ente
federale dell’aviazione americana indicano 37.000 aeroporti nel mondo, tuttavia, il 95% del
traffico passeggeri si concentra in appena 1.800 di questi. La domanda di carburante è,
dunque, localizzata in un piccolo numero di punti di erogazione e, di conseguenza, la
logistica di alimentazione degli aeroporti presenta problematiche molto inferiori a quella
della rete stradale. Una ulteriore considerazione riguarda il limitato numero di aeromobili e
delle tipologie di motori oggi in servizio, nonché dei costruttori. Ciò premesso, ha continuato
Rocca, non risulterebbe difficile la stipula di un accordo settoriale per l’utilizzo dei
biocarburanti. Il settore dell’aviazione, già a partire dal 2012, sarà sottoposto al sistema
dell’Emission Trading Scheme (ETS), che imporrà l’obbligo di riduzione del 3% delle
emissioni di CO2 e di un ulteriore 2% nel 2013, rispetto alle emissioni del periodo 2004-2006.
Nel primo anno di applicazione, ciò comporterà un onere stimato in 1,3-1,4 miliardi di euro
in termini di diritti di emissioni da acquisire sul mercato della CO2. Anche il settore
dell’aviazione, dunque, ha l’esigenza di individuare un carburante “bio” che possa
contribuire alla riduzione delle emissioni. A livello internazionale è stato intrapreso un
percorso di ricerca e sperimentazione in tal senso che ha visto da poco nascere i primi
impianti pilota per la produzione di biocarburanti per l’aviazione.
Ugo Farinelli, Segretario generale AIEE, in qualità di coordinatore ha introdotto la terza
sessione di lavoro “Ricerca sui Biocarburanti di III Generazione” cedendo la parola a
Giuseppe Bellussi, Senior Vice President R&D, Eni R&M. Bellussi ha presentato l’approccio
Eni alla tematica dei biocarburanti. A partire dall’entrata in vigore delle direttive comunitarie
che hanno imposto l’obbligo di addizionare ai carburanti tradizionali componenti biogeniche,
l’Eni ha scelto la strada del FAME e dell’ETBE. Contemporaneamente all’incremento di tali
obblighi, l’attenzione è stata spostata su tipologie di componenti che garantissero il rispetto
di vincoli sempre più stringenti. L’ETBE seppure presenti una bassa idrofilicità, riesce a
portare una quota bio nei carburanti non superiore al 37%, ove il restante 63% deriva da
fonti fossili (isobutene). L’obiettivo che la ricerca Eni vuole raggiungere, dunque, riguarda
l’identificazione di una componente che apporti alle benzine una quota bio del 100%, ha
dichiarato Bellussi. Le soluzioni a cui la compagnia guarda sono molteplici. Un esempio è
costituito dal biodietilcarbonato. Tale componente, addizionabile fino al 7% nelle benzine, si
ottiene aggiungendo bioetanolo all’urea e, dunque, è al 100% rinnovabile. Inoltre, possiede
proprietà ottaniche simili a quelle dell’ETBE, è caratterizzata da bassa idrofilicità e può
essere addizionata in piccole dosi anche nel diesel (4%). Per quanto riguarda il diesel,
invece, il componente che l’Eni ha individuato è ottenuto attraverso l’idrogenazione degli oli
vegetali (miscela di paraffine e di isoparaffine), il cosiddetto green diesel (hydrogenated
7
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
vegetable oil). Le materie prime che si possono utilizzare per generare il green diesel sono
molteplici e vanno dagli oli vegetali ai grassi animali.
Le attività di produzione dei componenti in grado di veicolare quote bio nei carburanti
tradizionali, ha continuato Bellussi, prescinde dalle materie prime utilizzate. Difatti, è
possibile impiegare una grande varietà di biomassa, di prima, di seconda e di terza
generazione.
Anche in merito alle materie prime, l’approccio Eni è di ampio respiro e guarda a diverse
soluzioni. Nell’ambito delle matrici lignocellulosiche due sono le vie individuate: la via
fermentativa, analoga a quella utilizzata per produrre etanolo, attraverso studi volti a
individuare lieviti che anziché fermentare verso zuccheri, accrescano il contenuto oleaginoso
degli zuccheri al fine di ottenere un bio-olio con rese sperimentate molto interessanti (8
tha/y); la via pirolitica che consente di ottenere grandi rese in bio-olio, di qualità però
piuttosto scadente. A fronte di tali studi, Eni ha individuato nel procedimento della
liquefazione un buon compromesso per bilanciare vantaggi e svantaggi delle due soluzioni in
fase di sviluppo.
L’azienda è, inoltre, da diversi anni attiva nella ricerca e nella sperimentazione sulle alghe,
dalle quali si possono ottenere produzioni di bio olio ben superiori rispetto a quelle ottenibili
mediante coltivazioni terrestri (20/30 tha/y vs 5/8 tha/y). L’approccio utilizzato non è
capital intensive e si basa sulla microbiologia, anziché sull’ingegneria genetica. Bellussi ha,
poi, presentato l’impianto pilota di Gela, dove a fianco di un processo di ricerca atto a
perfezionare il procedimento tecnologico di produzione di bio olio, si è lavorato per
individuare ceppi algali autoctoni che minimizzassero i rischi di inquinamento e che
garantissero le maggiori rese in olio.
Gabriella Chiellino, Presidente eNave, dopo una breve presentazione del profilo
dell’azienda, ha portato l’attenzione sui vantaggi della produzione di biocarburanti da matrici
algali. La coltivazione delle alghe, ha affermato Chiellino: non comporta alcun conflitto d’uso
dei terreni; garantisce un’elevata produttività grazie alla crescita più veloce in peso secco
per ha/y rispetto a qualsiasi coltura terrestre; non necessita di pesticidi; permette di
sfruttare terreni non utilizzabili dall’agricoltura; ha bassi costi di gestione; non necessita di
concimi. Chiellino ha, poi, riportato l’esempio del progetto industriale di produzione di
biocarburanti da alghe presso un cementificio di Alicante, in Spagna. Al contrario
dell’approccio Eni, la soluzione tecnologica si presenta come capital intensive, in quanto
prevede la ricerca nel settore dell’ingegneria genetica e l’utilizzo di fotobiroeattori di grandi
dimensioni. L'impianto in questione utilizza la CO2 fornita dalle emissione climalteranti del
cementificio e la impiega per l’accrescimento accelerato delle alghe, accuratamente
selezionate tramite una fase di ricerca in laboratorio. Da questi le alghe vengono trasferite
al sistema di trattamento che genera il biocombustibile. Il Presidente Chiellino ha esaminato
i vantaggi di tale processo: grazie all’utilizzo dell’energia solare come principale fonte, della
8
Convegno Biocarburanti di II e III generazione – 14/04/11
Sintesi dei lavori
CO2 come materia prima e del fitoplancton come scambiatore primario, si accelera il
processo di assorbimento e di conversione della CO2 per la produzione di un combustibile
industriale simile ai combustibili fossili e si crea un ciclo artificiale di CO2 antropico in grado
di limitare la saturazione del ciclo naturale. La Chiellino ha poi presentato il progetto pilota
presso Pellestrina realizzato da eNave in collaborazione con Veneto Agricoltura. Tale
progetto, nella sua prima fase di sviluppo, si propone: di realizzare un impianto
sperimentale per la produzione di biomassa algale costituito da due fotobioreattori composti
da 48 tubi ciascuno; di testare la resa della minicentrale influenzata dal microclima
veneziano, anziché dal clima spagnolo; di utilizzare parte della biomassa algale prodotta
come integratore nelle produzioni di molluschi ed ittica presenti nel territorio.
A conclusione dei lavori, Mario Tredici, Professore ordinario presso l’università di Firenze,
ha relazionato sulla tematica della produzione di biocarburanti da alghe e, alla luce delle
conoscenze scientifiche attuali, ha smentito alcune facili aspettative. In Europa sono attivi
più di 20 progetti e solo negli Stati Uniti sono stati investiti in 18 mesi più di 2 miliardi di
dollari. Si nota però anche un ripensamento su tale tecnologia, confermato l’abbandono di
alcuni progetti da parte di grandi compagnie come la Shell. Quali, dunque, le criticità che
scaturiscono dalla conversione energetica delle alghe. Oltre alle problematiche legate ai
processi produttivi - temperatura, ph, contaminazione, disponibilità di nutrienti,
accumulazione di ossigeno, agitazione e radiazioni - emerge la difficile individuazione di una
tipologia di alga che sia in grado di garantire rese vantaggiose. Sono numerose, infatti, le
limitazioni legate ai processi produttivi dei biocarburanti da matrici algali, che portano ad
una bassa efficienza della fotosintesi in ambiente reale (sul campo) non superiore all’1,5% e
che generano un pesante bilancio energetico (oltre 2.000 GJha/y, forniti con fonti fossili): la
mescola delle alghe, la fornitura di nutrienti, il raffreddamento dei reattori, la raccolta e
l’essiccamento delle alghe.
Risulta di fondamentale importanza, dunque, individuare un ceppo algale che sopporti bene
questi fattori e che sia robusto, competitivo e produttivo per poi sviluppare una tecnologia
adatta ad esso. Diversi studi in tal senso sono stati condotti sulla nanochloropsis, sulla
tetraselmis e sulla diatomea. Solo in presenza di una seconda rivoluzione verde, ha concluso
Tredici, che presuppone un massiccio sforzo in ricerca, i biocarburanti da alghe potranno
rappresentare un’opzione praticabile per il settore dei trasporti.
www.wec-italia.org
9