Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova
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Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova
l’inchiostro rosso Mensile di critica sociale della Svizzera Italiana - Estate 2011 - Anno 10 N° 3 “Non basta che delle forze operaie e popolari siano presenti in un movimento perché sia un movimento rivoluzionario!” Palmiro Togliatti Vittorio Agnoletto a 10 anni dal G8 di Genova All’interno di questo numero Dall’edilizia alla ERG Petroli SA, i lavoratori si ribellano. L’ex-portavoce del Genoa Social Forum a Bellinzona per ricordare Carlo Giuliani. Interista ad Adriano Venuti, coordinatore di “Prospettive socialiste” DAL TERRITORIO 2 - l’inchiostro rosso O lavorate gratis o vi licenziamo: sconcerto alla ERG Petroli SA di Stabio I lavoratori chiamano il sindacato OCST a rappresentarli. Il Partito Comunista prende posizione. Le condizioni di lavoro in Ticino imposta a dipendenti (che guastanno peggiorando, complice dagnano già la misera di 2’500 una crisi economica che – no- franchi lordi) con il ricatto del linostante tutte le rassicurazioni cenziamento. Lo Stato non può fatte da economisti e politici stare a guardare nel nome della borghesi – si fa sentire eccome. libertà del mercato: al contrario E a pagarne le spese sono sem- deve intervenire con forza conpre e soltanto i salariati, i quali tro dei padroni schiavisti che fonon sono però certo i respon- mentano la guerra fra poveri coi sabili di quanto successo. La re- frontalieri e che si inventano adsponsabilità andrebbe cercata in dirittura forme di lavoro a gratis!”. coloro che hanno avuto in mano A scoprire il caso il sindacalista le redini del sistema economico dell’Organizzazione Cristianooccidentale spingendolo oltre il Sociale Ticinese (OCST) Giorgio massimo sopportabile con rice- Fonio che ha inviato la documentazione sulla vertenza Erg tte di stampo neo-liberista. A denunciarlo è il Partito Comu- Petroli SA all’ispettorato dal nista, tramite una dichiarazione lavoro e che ai giornalisti di Tidel suo segretario Massimiliano cinonline ha dichiarato severo: Ay, il quale ha ricordato le recenti “è il segnale che, nella considervicende di subappalto e di capo- azione di questi manager, il ralato nel settore edile e ha ci- lavoratore si trova in fondo alla tato l’esempio recentissimo della scala sociale”. Una situazione ditta Erg Petroli SA “che ha au- quella dell’azienda di benzina mentato l’orario settimanale di che a quanto pare non è isolata lavoro di cinque ore senza alcun e riguarda sempre di più il setadeguamento salariale al rialzo. tore vendita. Pronta la minacUna misura (peraltro neppure cia dell’imprenditore: o anche concordata con i sindacati) e i sindacati si piegano al lavoro in più non retribuito, oppure gli operai saranno tutti licenziati. L’OCST, dopo aver ricevuto mandato dall’assemblea degli operai, ha dichiarato di essere pronta a bloccare le pompe alla ditta petrolifera. Tutto ciò accade a pochi giorni dall’annuncio del presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori, secondo cui “temporanei adattamenti del salario non devono essere un tabù”. Affermazione che non è piaciuta a Fonio che, sempre su Ticinonline, così commenta: “in tempi di vacche grasse gli imprenditori non sono mai venuti a proporre aumenti di salario, in proporzione all’aumento degli utili”. Gli fa eco Massimiliano Ay: “facile dirlo per un manager senza vergogna che sa che il salario ribassato non sarà certo il suo!”. Il Partito Comunista, che ribadisce la centralità dei diritti del lavoro nella sua azione politica ritiene che il governo non possa esimersi dall’intervenire con forza per garantire la stabilità sociale: “occorre, di fronte a questi attacchi del padronato ai diritti dei lavoratori, che non soltanto questi ultimi e i loro sindacati con l’appoggio politico dei partiti della sinistra inizino una legittima lotta sociale, ma che lo Stato in prima persona si impegni a garantire la stabilità e l’equità come forma di governo”. Inoltre i comunisti ticinesi ricordano le rivendicazioni che caratterizzano il loro programma per la legislatura 2011-2015: “rivendichiamo la riduzione a 35 ore dell’orario di lavoro secondo il principio ‘lavorare meno per lavorare tutti’; un salario minimo mensile di 4’000 franchi lordi per un lavoro a tempo pieno e il divieto di licenziare per motivi economici. Misure certamente non rivoluzionarie, ma fattibili che permetterebbero di gestire la crisi economica senza farla pagare ai lavoratori”. La Mesolcina che non vuole perdere il treno... Il Partito del Lavoro dei Grigioni si fa sentire per smuovere l’immobilismo della valle In Val Mesolcina, purtroppo, non c’è mai fine al peggio. Lo dice il Partito del Lavoro dei Grigioni (PdL) che afferma: “è di pochi giorni fa la triste notizia secondo cui l’ultimo residuo di quella che fu la ferrovia Bellinzona-Mesocco dovrà essere definitivamente smantellato, privando così la nostra valle di un infrastruttura che, resistendo grazie al lodevole impegno della Società SEFT, rappresentava un piccolo fiore all’occhiello della nostra comunità”. Il comunicato del PdL continua severo: si tratterebbe – spiega – dell’ennesimo tassello di un progetto politico ben preciso deciso a Coira e a Berna per impedire lo sviluppo della regione di valle: “siamo una periferia destinata a morire di vecchiaia, per cui la tattica è quella di staccare la spina pian piano. Non si preoccupano nemmeno di farlo in silenzio, perché tanto la politica mesolcinese accetta tutto incondizionatamente, dorme, tace e acconsente. La Regione Mesolcina naturalmente non apre bocca: e chi l’ha mai sentita? Evidentemente quando gli onorevoli non fiutano la possibilità di mettere qualcosa in tasca non si muovono. Stesso discorso per i deputati mesolcinesi al Gran Consiglio Retico: quanti ricordano come si chiamano? Che fanno? Insomma: come nel caso della Alice Allison di Grono, denunciato a più riprese dal PdL, dalla politica nostrana si è potuto registrare soltanto un silenzio di tomba”! La ferrovia Bellinzona-Mesocco (BM) è “un’ottima struttura a vocazione turistica”. Ma il santo vale davvero la candela, verrebbe da chiedersi? Per i comunisti mesolcinesi non ci sono dubbi: “gli estremi per puntare i piedi e chiedere rispetto sono serviti su un piatto d’argento: la concessione per il traffico passeggeri scade nel 2013, mentre quella per le infrastrutture nel 2020. Sarebbe la prima volta in Svizzera che il Consiglio Federale stralcia una concessione ferroviaria in Svizzera”. Insomma non ci si dà per vinti e il processo di valorizzazione della comunità di valle anche attraverso la ferrovia non cessa. Oltre a una questione inerente lo sviluppo economico della regione e l’estensione del trasporto pubblico il PdL va oltre e ammette che se ha preso vita in Mesolcina la necessità di lanciare un nuovo partito è anche perché “questa prassi politica del «tacere ed acconsentire» e della partitocrazia monolitica e immobile deve finire”. Non si tratta solo di parole: il PdL ha già depositato un’interpellanza al Municipio di Roveredo: è infatti quest’ultimo a giocare un ruolo centrale nella vicenda. Il progetto di “ricucitura” del capoluogo mesolcinese che prevede la costruzione di una circonvallazione e lo smantellamento della A13 che spacca a metà il paese sarà infatti la tomba della “BM”. Pare che nessuno nell’élite locale, però, se ne sia accorto e di conseguenza abbia sentito il bisogno di informare la popolazione. Proprio per questo il PdL potrebbe valutare il lancio di un’iniziativa popolare “allo scopo di rivalorizzare un pezzo della nostra storia. Perché noi di perdere il treno ne abbiamo abbastanza”. Bellinzona problematica l’inchiostro rosso - 3 L’alleanza con il Noce si avvia alla conclusione: “premesse disattese!” «Il contatto con la popolazione è mancato progressivamente, le premesse politiche non sono state mantenute, la coesione del gruppo è svanita praticamente già all’inizio della legislatura e il consenso popolare temo si sia lentamente sfilacciato». È un’analisi severa quella che il consigliere comunale di Bellinzona Massimiliano Ay fa del movimento del Noce, sulla cui lista è stato eletto nel 2008 come rappresentante del Partito comunista. Il 28enne, che è anche segretario politico del Pc cantonale, annuncia così che alle elezioni comunali di aprile 2012 non sarà più in corsa sotto i colori del gruppo fondato dal sindaco Brenno Martignoni (gruppo il cui destino, per altro, non è ancora stato chiarito). «La discussione all’interno della sezione comunista sui primi tre anni di legislatura ci induce a ragionare su altre soluzioni», spiega Max Ay quando lo incontriamo per capire le sue motivazioni. «Continuerò nel Noce fino ad aprile ma per il futuro stiamo studiando nuove alleanze», aggiunge il comunista di Carasso. Che pensa dunque a correre in solitaria o a una coalizione di sinistra: le trattative sono già partite con il Ps e presto si cercherà il contatto anche con i Verdi. Ma entriamo nel dettaglio. Ay giudica «comunque positiva» la sua presenza nel Noce e non la rinnega, avendogli permesso di fare un’esperienza istituzionale con grande indipendenza. «Merito di Brenno», afferma il comunista. «Nel 2008 le premesse erano ottime perché Martignoni faceva da garante nella difesa di un approccio da lui stesso definito di centro-sinistra» (leggasi ad esempio lotta alla privatizzazione dell’Aecb). Ma «la maggior parte delle premesse sul modo di far politica e sui contenuti stessi è stata purtroppo disattesa». In primis la difesa a oltranza del servizio pubblico. Due gli esempi principali: l’idea di smantellare la clinica dentaria comunale a cui ha aderito buona parte del gruppo in Cc; e l’adesione di Martignoni, già sul finire della campagna elettorale 2008, all’iniziativa leghista per gli sgravi fiscali. Ai comunisti non sono andati giù nemmeno i voti contrari e le astensioni del Noce ad alcune domande di naturalizzazione tecnicamente ineccepibili, e anche sulla politica giovanile il movimento «è stato deboluccio» sia in Cc che nell’Esecutivo. Ay cita anche il sostegno alla variante di Pr per l’Irb con cui il Noce «si è prestato alle future speculazioni edilizie». «Tutte ambiguità che i compagni del Pc faticano ad accettare», commenta il segretario lamentando «l’assenza di compattezza decisionale nel gruppo del Noce». Ma soprattutto la delusione deriva dal fatto che, contrariamente alle promesse, «non è stata favorita la partecipazione dei cittadini». Lo dimostra il ‘gio- vedì del Noce’, momento di aggregazione che a mente di Massimiliano Ay è stato organizzato una sola volta. Poi il nulla. Anche il sito Internet è scomparso. La cesura va ricondotta al 2009 con le dimissioni di Sidney Rotalinti, autore del concetto comunicativo del movimento: «La sua partenza è stata una grave perdita e purtroppo non è mai stata analizzata», denuncia Ay. È storia più recente il banchetto nuziale del sindaco a Palazzo Civico: «Nonostante l’amicizia con Martignoni, ammetto che avrei agito diversamente». Infine, il futuro del Pc in città: «Il programma, sia esso in solitaria o in coalizione, sarà di opposizione a questo Municipio e si concentrerà sui giovani, sul servizio pubblico e sulla vivibilità di Bellinzona». La campagna elettorale, all’ombra dei castelli, è lanciata. Tratto da: “LaRegione Ticino”, 30 luglio 2011 (SIBER). I comunisti si oppongono all’abbattimento della “Casetta” di Bellinzona Nonostante le ripetute richieste dei giovani, il Municipio aprofitta dell’estate per abbattere il centro giovanile vicino al liceo! Il consigliere comunale del Partito Comunista Massimiliano Ay ha inoltrato un’opposizione alla domanda di costruzione (o meglio di distruzione) del Dicastero Opere pubbliche ed ambiente atta alla demolizione di Casa ex-Zoni, la casetta che sorge sul prato antistante il liceo della capitale in via Mirasole e che fino al 2004 fungeva da centro giovanile. Senza offire alcuna alternativa ai giovani e dilapidando somme ingenti di soldi pubblici per ristrutturarla e ora per abbatterla, quella che per i bellinzonesi più giovani è semplicemente “la casetta” diventa un problema anche giuridico. Il consigliere comunale comunista scrive infatti: “Nei termini della pubblicazione all’albo comunale inoltro regolare opposizione alla domanda di costruzione menzionata in epigrafe per i seguenti motivi: • La domanda è priva di qualsiasi argomentazione e cita semplicemente un’ipotetica decisione di abbattimento presa dal Municipio di Bellinzona. • Un’eventuale decisione di abbattimento deve comunque essere sottoposta al Consiglio comunale sulla base dell’art. 13 lit. h LOC • La casa ex-Zoni è stata ristrutturata negli ultimi anni e ancora di recente, con il rifacimento completo del tetto, scale ed uscite anti-incendio con un investimento di oltre fr. 100’000.- (come confermato dal Municipio rispondendo a una mia interpellanza): risulta quindi incomprensibile la domanda odierna di demolizione con una spesa preventivata di fr. 30’000.-. • Anche nell’ipotesi in cui – nonostante le pressanti e con- tinue richieste dei giovani, in particolare ma non solo del sindacato studentesco del liceo cittadino e ancora prima dell’associazione Giovani di Bellinzona (con cui il Municipio aveva firmato un contratto di comodato proprio per la gestione di tale stabile) – non si voglia più utilizzarla quale Centro giovanile, la stessa potrebbe rivelarsi utile per numerosi altri scopi, quali Centro interassociativo per altri Gruppi ed associazioni, Centro servizi per il futuro Parco urbano previsto nella zona oppure, almeno provvisoriamente, per l’area sportiva che attende da tempo gli spogliatoi. Sperando che le mie considerazioni (nonché quelle dei movimenti giovanili operanti a Bellinzona) vengano tenute in debita considerazione e conseguentemente che la domanda non venga concessa, o almeno sospesa in attesa dei necessari chiarimenti al proposito, porgo i miei distinti saluti.” Un analogo ricorso è stato poi presentato al Consiglio di Stato dai consiglieri comunali Ay (Partito Comunista), Solari (Noce), Barenco (Noce) e Buzzi (Bellinzona Vivibile). La municipale per le attività giovanili Flavia Marone aveva comunicato ad Ay che quella dell’abbattimento era solo una ipotesi tutta da vagliare solo pochi giorni prima. Sperava forse, complice le vacanze, di far decorrere i termini di ricorso? Forse sì, ma la rappresentante “uregiatt” nell’esecutivo cittadno, oltre a non conoscere i giovani (ad esclusione forse di bravi bimbetti da oratorio) non conosce nemmeno i comunisti, soprattutto se incazzati. FRONTALIERATO 4 - l’inchiostro rosso Ristorni dei frontalieri: quando la propaganda non è realtà Il Consiglio di Stato ha coneglato la metà dei ristorni alla fonte versati ai comuni italiani di frontiera: una misura contro gli operai! Aris Della Fontana, coordinatore della Gioventù Comunistaa Cosa sono i ristorni fiscali? I Comuni italiani in cui i frontalieri sono domiciliati ricevono un versamento annuale che corrisponde al 38,8% dell’ammontare totale delle imposte pagate dai lavoratori frontalieri in Svizzera in base ad un accordo ratificato tra Svizzera ed Italia nel 1974. Questo provvedimento, che si riferisce esclusivamente alle località italiane nel raggio di 20 km dalla frontiera con il Cantone Ticino, trasferisce oltreconfine all’incirca una quota di 50 milioni di franchi annui. Più del 60% di tale imposizione rimane dunque in Ticino, andando a svolgere un ruolo non certo marginale per quanto riguarda il sostentamento finanziario degli investimenti cantonali. Una scelta sbagliata e poco lungimirante Il Consiglio di Stato, congelando la metà dei ristorni alla fonte versati ai comuni italiani di frontiera, ha preso una decisione che differisce sostanzialmente da quanto decretato attraverso un accordo internazionale vincolante tra Italia e Svizzera, che, oltre a promuovere un provvedimento che con la legalità ha poco a che fare, va a costituire uno sconveniente precedente nell’ambito dei rapporti tra i due paesi. Va inoltre ricordato che, per quanto riguarda questo tipo di accordi internazionali, le singole autorità cantonali non hanno la facoltà di promuoverne sostanziali modifiche, bensì devono sottostare alle decisioni della Confederazione, la quale é l’organo a cui competono prioritariamente tali postulati. Da notare come in altri casi (come il salario minimo) si presti molte attenzioni alle competenze… I fondi congelati costituiscono una risorsa importante per coloro che fino a poco tempo fa ne potevano beneficiare e, quindi, tale decisione potrà avere sostanziali ripercussioni per i Comuni delle province di Como, di Varese e del Verbano Cusio Ossola, andando a mettere seriamente in discussione l’integrità ed il mantenimento di servizi essenziali, quali i trasporti pubblici e le politiche sociali. Nel corso degli anni, l’accordo in questione, risalente al 1974, ha subito un’unica modifica, datata 1985. Da questo momento fino ai giorni nostri esso non ha più visto alcuna trasformazione. È dunque evidente che un potenziale aggiornamento ed adattamento alle mutate circostanze che concernono l’attualità di tale accordo è auspicabile. In tal senso un adeguamento che includa il principio della reciprocità (l’introduzione di ristorni anche per i lavoratori ticinesi impiegati oltreconfine) sarebbe sottoscrivibile. A chi appartengono e a cosa servono i ristorni? Volendo analizzare il ruolo che i ristorni svolgono per le economie dei comuni italiani di frontiera, non possiamo che rimarcare quanto essi siano oggettivamente legati ad esigenze (investimenti ed in generale attività economiche) reali e certamente non immaginarie. L’atto di bloccare il 50% di tali contributi presuppone la consapevolezza che queste entità appartengano e debbano essere gestite dal Ticino. Si pone dunque un interrogativo più che mai chiaro: chi ha diritto a beneficiarne? La risposta, che sconfessa e ridimensiona la decisione del Consiglio di Stato, sembra abbastanza evidente quando si constata che i ris- torni hanno origine dall’imposizione sui salari dei lavoratori frontalieri e, dunque, essi hanno logicamente il diritto a vedere investiti tali risorse economiche nel luogo e nel modo a loro più conveniente. In base a questo fatto appare logico che i fondi in questione vadano a finanziare i territori in cui i frontalieri spendono gran parte del proprio reddito e dove usufruiscono regolarmente dei servizi pubblici locali. Evidentemente, per il nostro governo, l’opinione dei lavoratori frontalieri è un “dettaglio” che non va preso in considerazione. Peraltro è importante far notare come il Cantone Ticino incassi annualmente 75 milioni di franchi (circa il 15% del gettito totale delle persone fisiche) dall’imposizione sui salari dei lavoratori frontalieri. È lecito domandarsi, in base a tali cifre, se le nostra classe politica, tanto preoccupata, per meri scopi elettoralistici, a bloccare fondi che spettano legalmente alle economie dei comuni d’oltreconfine, faccia davvero abbastanza per offrire a questi salariati itineranti le prestazioni ed i servizi del caso. L’Amministrazione Pubblica, le Istituzioni Scolastiche, i Servizi Sociosanitari, la Sicurezza Sociale sono ambiti in cui il nostro Cantone offre particolari prestazioni ai lavoratori frontalieri? Non sembra e, anzi, tali disponibilità vengono “appaltate” ai Comuni in cui sono domiciliati questi lavoratori. Una manovra elettorale che nasconde i veri problemi Attraverso la retorica populista e patriottarda che è stata montata attorno a tale questione (sostanzialmente: “i sa porta in Italia i nos imposcti”) si sta distogliendo l’attenzione dell’opinione pubblica dai reali problemi che concernono ed attanagliano la popolazione che lavora nel nostro Cantone. È indubbio ed evidente il ruolo che tale disputa svolge all’interno del progetto politico e propagandistico che le forze borghesi stanno portando avanti. Il gioco è semplice. Prendere un tema, i ristorni fiscali in questo caso, cavalcarlo ed ingrandirlo in modo iperbolico affinché buona parte dell’attenzione mediatica e popolare si riversi su di esso, portando acqua al mulino degli ideologi di tali manovre in funzione prettamente elettorale. Del resto, attraverso queste vere e proprie invenzioni politiche, si promuove una strategica divisione, in questo caso transnazionale, dei salariati, unitamente alla diffusione ed all’intensificazione di sentimenti xenofobi. Un panorama che certo va a genio a coloro che quotidianamente, all’interno del mondo dal lavoro, complice un’infausta liberalizzazione del mercato del lavoro, possono continuare a speculare al ribasso nella concorrenza fra lavoratore indigeno e lavoratore frontaliere. Una concorrenza che inevitabilmente porta periodicamente verso il basso il livello salariale nei diversi settori. Il padronato costruisce sostanziosi profitti speculando sull’assunzione di manodopera frontaliera, che si trova in una condizione di necessità tale da accettare un salario minore rispetto agli indigeni per lo stesso lavoro. La battaglia politica per l’introduzione di un salario minimo legale s’inserisce appunto nei solchi di questo scenario, poiché tale provvedimento andrebbe ad arginare la riduzione generalizzata della massa salariale e, nel contempo, potenzierebbe un potere d’acquisto popolare che in questi tempi di crisi ha subito un forte e pericoloso ridimensionamento. l’inchiostro rosso - 5 crisi economica CINEMA Censurata la più bella del Nord Inconscio italiano L’Islanda affronta la crisi economica in modo particolare Un documentario sul colonialismo che fa riflettere sul presente Janosch Schnider Aris Della Fontana Dobbiamo viaggiare fino nei pressi del circolo polare artico per tro- Un documentario di Luca Guadagnino, presentato in anteprima monvarla: si sta distinguendo come la più bella del nord ma nessuno ne diale al Festival Internazionale di Locarno, incentrato sull’occupazione parla. È l’Islanda, un paese che possiamo facilmente definire vulcani- Italiana in Etiopia, raccontata dalla voce di sei intellettuali e storici e co, non fosse che per le gesta del vulcano Eyjafjallajökull, che ha reso dai filmati dell’epoca fascista. questo paese di soli 320’000 abitanti celebre in tutto il mondo. E se le ceneri eruttate dal suddetto vulcano islandese hanno impiegato Questa preziosa raccolta di testimonianze favorisce l’individuazione poche ore ad oscurare i cieli di mezza Europa, bloccando il traffico di una storicamente corretta visione dell’Italia e del suo essere naziaereo su buona parte del continente, ancora più forte e capillare è one che, prendendo parte a determinate “missioni” a livello extranazistata la capacità da parte del sistema mediatico – come se ci trovas- onale, va ad influire in modo sostanziale sulle dinamiche di sviluppo simo di fronte a una sorta di botta e risposta – nell’oscurare la tenacia delle terre e delle conseguenti nazioni soggette. Un’influenza che e la risolutezza del popolo islandese. non é evidentemente unilaterale ma, di pari passo, mostra, tra le sue Ma di che stiamo parlando? Ebbene, pochi sanno quanto sta suc- caratteristiche fondanti, un’importante bilateralità. Possiamo percedendo nel paese del ghiaccio, ma per comprendere al meglio tanto individuare ed analizzare gli effetti, le impronte, dall’azione quale sia l’eccezionalità dei fatti islandesi occorre fare un passo indi- coloniale osservando sia gli effetti del colonialismo sulle terre che etro, fino al 2008, l’anno dello scoppio della crisi che stiamo ancora l’hanno subito, sia sulle terre che l’hanno realizzato. pagando al giorno d’oggi. In tutta Europa – Svizzera compresa – le conseguenze del crac finanziario e dello scoppio delle bolle specula- In tal senso questa sorta di film-saggio rappresenta nitidamente, in tive hanno portato all’accumulo di una serie di debiti impressionanti diversi punti, attraverso contributi verbali e fotografici, lo sfruttada parte delle banche, che sono stati colmati dai vari stati accollando mento, perpetuato attraverso il controllo dei processi produttivi e la tutto il peso della crisi su chi di fatto non ha concorso in alcun modo supramazia negli scambi commerciali, da parte del fascismo italiano a causarla, vale a dire i salariati: in estrema sintesi ciò significa che nei confronti dei differenti territori colonizzati. a seguito di queste manovre sono piovuti i piani di austerity, più o meno espliciti, che hanno generato logicamente un circolo vizioso Ci troviamo di fronte ad un ritratto intellettuale e cinematografico fatto di tagli allo stato sociale e ai servizi pubblici, e di precarizzazi- che in nessun caso può essere associato ad un veterostoricismo auone delle condizioni di lavoro. toreferenziale ed astratto poiché i fenomeni che vengono scorporati Di fronte ad una simile situazione sorgerebbe spontaneo gridare per essere analizzati attechiscono con impeto ancora oggigiorno. all’ingiustizia e pretendere la severa messa in dubbio di un intero Essi sono la chiave di volta per la comprensione di un’attualità semsistema economico che sta portando la nostra società – causa i suoi pre più contraddittoria, falsata da una disinformazione strumentale deficit non solamente congiunturali, bensì strutturali – al collasso e scentemente organizzata. sociale, ma niente da fare: la reazione non giunge e le manovre di austerità passano, paese per paese. Fino ad un giorno ben preciso, Una mistificazione mediatica che fondamentalmente non evidenzia quando spunta l’eccezione, e l’esempio viene dal paese che non ti (cioé non dice) quanto dovrebbe essere reso universalmente noto, aspetti. È il 6 marzo del 2010: ci pensa proprio l’Islanda a rompere il si- “pubblico” e che si lega a filo doppio con l’apparizione di fenomeni lenzio. Il referendum popolare che chiede di non pagare i debiti delle (popolari e politici) di razzismo dilagante. banche ottiene una vittoria schiacciante toccando vette del 93% di consensi, quando intanto i politici elvetici hanno già varato a tempo L’ingenza dei flussi migratori, alla quale le autorità rispondono spesrecord un piano di salvataggio che tra Confederazione e Banca Na- so con la repressione e con la quale i partiti xenofobi costruiscono zionale Svizzera va a sostenere UBS con quasi 70 miliardi di denaro la propria retorica politica ed elettorale, apre una ferita che i popoli pubblico. Ma gli islandesi non si limitano a ciò: oltre alla dichiarazione europei non sono ancora riusciti a rimarginare ma, anzi, tendono ad d’insolvenza del debito, scattano i mandati di cattura internazionali aggravare sempre più: la comprensione e la tollerenza nei confronti per i banchieri che hanno concorso al crac finanziario ed economico, dell’immigrazione e, in fin dei conti, del diverso. giungono le dimissioni dell’intero governo, vengono nazionalizzate le principali banche commerciali e viene costituita un’assemblea po- Un’accoglienza che trova terreno fertile nella comprensione, da parte polare incaricata di elaborare ex-novo la costituzione, la quale pub- dei popoli che storicamente, come ancora attualmente (attraverso il blica le bozze online in maniera tale che attualmente qualsiasi cit- neocolonialismo delle multinazioni e del capitalismo mondializzato), tadino possa concorrere con i propri spunti alla realizzazione della hanno perpetuato l’espansione coloniale. Una comprensione stretstessa, all’insegna del principio del crowdsourcing. tamente funzionale alla concezione della normalità che é insita nei Una vera e propria lezione di sovranità popolare, monetaria e di fenomeni migratori. democrazia diretta insomma: un’alternativa alla tragedia greca dei piani di austerity, voluti da un soggetto sempre più palesemente an- Attraverso questo contributo cinematografico si vuole dunque ricotisociale come l’Unione Europea, dal sapore quasi rivoluzionario. struire un percorse nazionale, su un piano politico ed economico, Pensiamo un po’ che potrebbe venirne fuori se i popoli di tutto attraverso cui discernere i fenomeni che concernono l’attualità con l’Occidente prendessero spunto dall’esperienza di questa bella nor- correttezza per evitare spiacevoli incomprensioni. dica. Sicuramente qualcosa di molto scomodo per chi, nonostante un reiterarsi di fallimenti e collassi vari, continua a tenersi ben saldo ai posti di controllo di un sistema economico che continua a vedere nell’accumulo dei profitti una priorità e un dogma irrinunciabile. Per cui non ditelo troppo in giro… Inconscio italiano no global 6 - l’inchiostro rosso L’eclisse della democrazia: a 10 anni dei fatti di Genova Vittorio Agnoletto, già portavoce del Genoa Social Forum è stato ospite del Partito Comunista a Bellinzona! Redazione Incontro d’eccezione alla Casa del Popolo di Bellinzona la sera del 2 agosto 2011: su invito dei comunisti ticinesi è infatti giunto dall’Italia Vittorio Agnoletto, già parlamentare europeo e nel 2001 portavoce del Genoa Social Forum. Agnoletto era in Ticino per presentare il suo ultimo libro “L’eclisse della democrazia” (Feltrinelli 2011) a un pubblico di poco meno di una quarantina di persone, perlopiù giovanissimi. L’opera di Agnoletto, scritta con la collaborazione del giornalista Lorenzo Guadagnucci, è un saggio di oltre 260 pagine che rivela le verità nascoste sul G8 svoltosi a Genova dieci anni fa con i suoi tragici epiloghi di violenza contro i manifestanti da parte delle forze dell’ordine. Presente fra i relatori anche Davide Rossi, a quel tempo sindacalista per l’Unicobas, accreditato come giornalista al G8 e autore del libro “Col cuore nei giorni di Genova” (2007) che nel suo intervento ha ricordato il clima di quei momenti e la sua testimonianza diretta delle repressioni. capitalistica variegate che si erano espressi prima di Genova, a Seattle, a Göteborg, a Praga, ecc. Un movimento composito sia politicamente sia organizzativamente, che ha avuto il pregio enorme di trattare temi fondamentali con grande anticipo. Due fra tutti: la questione dell’ecosostenibilità e l’ipotesi di una tassa sulle transazioni finanziarie speculative. Aspetti, questi, che oggi sono sulla bocca di tutti, in primis di quei governanti che dieci anni fa ridicolizzavano (o criminalizzavano) il movimento. Proprio la crisi economica che stiamo vivendo in Occidente da quasi tre anni e che continua ad essere pagata dai lavoratori e dai giovani in perenne stato di precarietà era stata ampiamente prevista nei dibattiti dei social forum che si tennero in quegli anni nell’indifferenza dei media e nei timori della classe politica che non esitò – come fu il caso di Genova – a terrorizzare la popolazione utilizzando proiettili veri, gas CS vietati in guerra dalla convenzione di Ginevra, e in generale una repressione da “macelleria messicana” come era stata definita allora da alcuni giornalisti. Genova – ha ricordato Ay, che all’epoca dei fatti era da poco maggiorenne e non poté partecipare alle manifestazioni perché chiamato sotto le armi – “è stata non solo il momento d’espressione del movimento, ma è stata anche un luogo di repressione inaudita che non possiamo scordarci, anche solo per il rispetto nei confronti della memoria di un ragazzo, Carlo Giuliani, che nel tentativo di disarmare un carabiniere (peraltro di simpatie fasciste) venne brutalmente ucciso”. Fra il pubblico, molto attento e partecipe, si sono riconosciuti anche, provenienti dalla Mesolcina, il più giovane consigliere comunale di Roveredo, Mattia Antognini, che ai tempi di Genova aveva solo 9 anni, ma anche Gianni Frizzo, leader operaio dello sciopero delle Officine ferroviarie di Bellinzona del 2008, che a Genova era presente a manifestare, e Janosch Schnider, coordinatore del sindacato studentesco SISA. La serata è stata introdotta da Massimiliano Ay, attuale segretario politico del Partito Comunista Ticinese (PC), che ha contestualizzato i fatti di dieci anni prima ai molti giovani presenti: il movimento no-global Vittorio Agnoletto, impressiondi allora veniva da esperienze ato dai tanti giovani presenti di critica alla globalizzazione in sala, prima di prendere la parola ha tenuto a ringraziare il segretario del PC per il legame d’amicizia che intercorre ormai da diversi anni e per aver promosso questo primo evento di presentazione della sua opera oltre i confini italiani. L’ex-eurodeputato indipendente di Rifondazione Comunista ha saputo mantenere per tutte le due ore di conferenza l’attenzione sulle sue parole, spiegando dettagliatamente i retroscena dei fatti del luglio 2001, dall’omicidio di Piazza Alimonda al massacro della scuola Diaz, come essi si sono svolti e le difficoltà, le minacce e le pressioni che egli stesso ha dovuto subire in Italia, da apparati degli stessi organismi statali, per riuscire a indagare e a pubblicare questo libro. Agnoletto, che ha dovuto accettare una parziale scorta a tutela della sua incolumità fisica e di quella della sua famiglia, ha raccontato di intimidazioni e di incontri con agenti dei servizi segreti per evitare che sulla verità di Genova fosse fatta finalmente luce. Le responsabilità di Genova, però, non vanno solo ricercate nei fascisti dell’allora vicepremier Gianfranco Fini o dai poteri forti in mano a Silvio Berlusconi, ha spiegato l’ex-leader dei manifestanti no-global: esistono gravi colpe del centro-sinistra di Massimo D’Alema a cui, nel gioco della lottizzazione, facevano riferimenti i vertici delle forze dell’ordine che, dopo Genova, sono assurdamente pure stati promossi. Nella discussione che è seguita alle relazioni, si sono affrontati i nodi non risolti di quell’esperienza, anche con ampie riflessioni di Gianni Frizzo sulla solidarietà fra le persone e le difficoltà per la sinistra a trasmettere determinati messaggi. Un tema sollevato dai partecipanti e dallo stesso Agnoletto è quello della “guerra fra poveri” fra lavoratori autoctoni e immigrati. Non sono poi mancante riflessioni geopolitiche sull’emergere di paesi come la Cina e le pericolosità degli Stati Uniti che, essendo in una irreversibile fase calante – ha spiegato Davide Rossi – assumono caratteri particolarmente guerrafondai e neocoloniali. Agnoletto ha poi spiegato le problematiche delle relazioni fra nord e sud del mondo, dei flussi migratori e la necessità di saper operare sul proprio territorio ma sempre coniugando ciò con una visione più ampia, internazionalista, affinché i lavoratori del Nord non siano complici dello sfruttamento dei lavoratori del Sud. Ay ha concluso la serata con una nota marxista, sottolineando alcuni elementi teorici: la differenza fra paesi del centro imperialista e della periferia subalterna, per situare il precedente ragionamento di Agnoletto; nonché il rapporto dialettico che deve esistere fra un partito come quello comunista e un movimento molto plurale come quello che si è vissuto a Genova: “dobbiamo trovare un equilibrio – ha spiegato – fra i liquidazionisti che vorrebbero sciogliere il partito nel movimento e il dogmatismo di chi pensa che il partito sia un’avanguardia di purezza che non si deve compromettere con un movimento popolare per forza di cose contraddittorio al suo interno”. CONTRO L’IMPERIALISMO l’inchiostro rosso - 7 I ribelli siriani si accordano con la Francia: petrolio gratis a Sarkozy Il Partito Comunista Siriano e la Federazione Sindacale Mondiale si schierano con il governo di Assad per bloccare la controrivoluzione Mentre in Egitto o in Tunisia si è assistito a una rivolta popolare delle classi sociali diseredate, stanche di un regime nel contempo oppressivo e responsabile della subalternità del proprio paese alle potenze neo-coloniali, quelli che vediamo in Siria (o che abbiamo visti in Libia) sono movimenti di ben altra natura. Composte perlopiù dal ceto medio e medio-alto urbano arricchitosi grazie alle magre libertà economiche che il sistema guidato dal presidente Assad concedeva, tali rivolte sono situazioni eterodirette dall’esterno, nell’ottica di destabilizzare un governo che non si è piegato al volere delle multinazionali e dei poteri forti euro-americani. Basti pensare al fatto che il cosiddetto “Consiglio Nazionale di Transizione” siriano – il quale, stando a certi media “liberi”, sarebbe una sorta di organizzazione patriottica composta di partigiani in lotta per “democrazia”, i “diritti umani” e la “liberà” – ha promesso a Nicolas Sarkozy con tanta generosità (e senza certamente chiederlo al popolo) che la Francia potrà usufruire del 35% delle risorse petrolifere siriane, qualora decidesse di invadere militarmente il paese (alla faccia del patriottismo!), bombardando il popolo che ritengono voler difendere e ponendo fine al progetto politico del partito “Baath” al potere. La lettura possibile a questo punto è una sola: il neo-colonialismo europeo ed americano ha deciso di iniziare una nuova offensiva in Medio Oriente per conquistarsi nuovi mercati e si sta alleando per questo con la borghesia “compradora” siriana occidentalizzata nell’ottica di umiliare la sovranità nazionale della Siria e subordinarla alle leggi della globalizzazione capitalista. Se la manovra sullo scacchiere geopolitico appare ormai chiara, non si può negare una maggiore complessità nel leggere l’origine dell’attuale situazione di instabilità. Gli eventi siriani hanno insomma cause interne ed esterne come ha bene indicato il Partito Comunista Siriano in un suo recente convegno. I comunisti, che – è bene ricordarlo – collaborano organicamente al governo di Assad, hanno criticato quest’ultimo per il degrado delle condizioni di vita delle fasce popolari dovute alle riforme di mercato adottate e ai tagli ai sussidi statali ai prodotti di prima necessità. Le timide liberalizzazioni economiche e la modernizzazione dell’industria hanno infatti creato dei disagi, fra cui un aumento della disoccupazione soprattuto fra i giovani, che sono poi stati facilmente strumentalizzati dalle forze reazionarie. Va detto che tali riforme sono state in gran parte frutto dei dictat del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e che il governo di Assad ha risposto positivamente a buona parte delle rivendicazioni dei lavoratori siriani che chiedevano miglioramenti sociali. Lo stesso presidente non ha esitato ad usare, però, il pugno di ferro non appena resosi conto che le rivolte stavano mutando la loro composizione fino a passare velocemente sotto la guida delle forze anti-governative di stampo filo-imperialista. Le ribellioni sono state infatti sostenute apertamente dal governo di Israele e alcune manifestazioni di protesta hanno visto in piazza nientemeno che l’ambasciatore di Francia e quello degli Stati Uniti assieme ai rivoltosi. Creare instabilità nel Paese fino allo scoppio di una guerra civile permetterebbe alla NATO di intervenire con una facile scusa, consentendo l’instaurazione di un regime favorevole all’Occidente. In Siria, a partire dal 1966 sotto la direzione del partito Baath e con la partecipazione del Partito Comunista, è stata portata al potere una rivoluzione nazional-democratica che ha assicurato l’indipenenza del Paese, una politica estera antiimperialista, nonché delle riforme progressiste sia in ambito economico che sociale. Non mancarono – grazie al sostegno dell’allora Unione Sovietica – anche progetti infrastrutturali, quale la diga Thawra sul fiume Eufrate, che garantiva al paese l’autosufficienza energetica e un sistema efficiente di irrigazione agricola. La rivoluzione “baathista” favorì inoltre la democratizzazione dell’istruzione pubblica, prima appannaggio di pochi figli dell’élite. La scelta, poi, di subordinare l’economia agli interessi dello Stato fu determinante per l’innalzamento del tenore di vita dei lavoratori e dei contadini. Oltre a ciò la Siria divenne un paese laico e multi-religioso dalla politica es- tera molto coraggiosa e totalmente in contrasto con l’espansionismo dei sionisti. Una rivoluzione nazional-democratica è però di per sé fragile e transitoria: può portare, in determinate condizioni, ad una vittoria di tipo socialista, oppure anche a una regressione verso il capitalismo, soprattutto se si aprono brecce nell’apparato burocratico dello Stato. In questa situazione instabile l’imperialismo ha deciso di giocare la sua carta per abolire ogni ipotesi realmente rivoluzionaria: l’esito del conflitto è oggi ancora incerto, su una cosa però possiamo essere sicuri: l’eventuale sconfitta dell’attuale governo significherebbe però tutt’altro che libertà, pace e democrazia! I comunisti siriani hanno conseguentemente riaffermato la loro posizione e si sono schierati, nonostante le legittime critiche che abbiamo visto sopra, con il governo di Assad. E ciò vale sia per il Partito Comunista Siriano, sia per il più “riformista” Partito Comunista Siriano Unificato, entrambi membri del Fronte Nazionale Progressista. Assad, peraltro, continua a godere dell’appoggio indiscusso del “Baath”, ossia il “suo” Partito Arabo Socialista che, per diritto costituzionale, è considerato “partito guida” della nazione. Al fianco del governo e quindi contro la rivolta si è schierata anche la Federazione Generale dei Sindacati (GFTU) che riunisce tutti i sindacati siriani, guidata da Shaaban Azzouz. La GFTU ha, come prevedibile, ottenuto la solidarietà del segretario generale della Federazione Sindacale Mondiale (FSM) Geroge Mawrikos, il quale ha diramato una nota con le seguenti parole: “gli attacchi pianificati degli imperialisti contro la Siria, contro la classe operaia e contro il popolo della Siria non sono un fenomeno nuovo. La vera ragione sta nel sostegno dei governi USA e dei loro alleati a Israele e all’occupazione dell’esercito israeliano dei territori arabi. Il loro obiettivo sono il petrolio e le risorse acquifere (…). Oggi tutti capiscono che questi attacchi organizzati contro la Siria mirano a imporre a quest’ultima un cambiamento nella sua politica estera, per renderla subalterna agli USA”. Intanto nel paese si iniziano a registrare numerosi cortei lealisti con il gov- erno, a dimostrazione dell’ampia fiducia di cui il presidente può ancora contare. La Turchia è uno degli stati confinanti più colpiti dalla crisi siriana, a seguito degli ingenti flussi migratori di rifugiati. E proprio da qui che si registrano le iniziative di solidarietà internazionalista più interessanti. L’Unione Giovani di Turchia (TGB), una sorta di fronte unito anti-imperialista nonché una delle organizzazioni giovanili di massa più consistenti del Paese, si è infatti incontrata nei giorni scorsi con l’Unione Nazionale degli Studenti Siriani legati al pensiero “baatista”. Il seminario tenutosi a Damasco ha affrontato il tema dell’importanza dell’unità nazionale contro l’imperialismo e il separatismo etnico. La parte turca ha presentato agli omologhi siriani la raccolta omnia delle opere di Mustafa Kemal Atatürk, leader della rivoluzione turca del 1923 e autore del cosiddetto “Devlet Soysalizm” (“Socialismo di Stato”), una variante moderata rispetto al bolscevismo. Nei partiti della cosiddetta Sinistra Europea (SE), manca ancora una volta un’unità di vedute. Il presidente della SE, Pierre Laurent, a capo del Partito Comunista Francese (PCF) parla dei dimostranti come di “progressisti e democratici” e definisce quello di Assad un regime del “terrore”. Posizioni che non si discostano da quelle di un qualsiasi partito di destra felice di poter presto esportare in Siria nuove multinazionali. La LINKE tedesca ha una posizione un po’ più equilibrata, riconoscendo che la caduta di Assad darebbe un vantaggio alle potenze neo-colonialiste, ma nel contempo chiede al governo siriano di cedere alle riforme volute dai manifestanti. La corrente comunista interna al taciturno Partito Svizzero del Lavoro non ha mai rinunciato al ruolo preponderante dell’antiimperialismo. Non è poi un mistero che il direttore de “L’inchiostro rosso” in passato si era recato nel paese mediorientale, abbia scritto relazioni positive sulla situazione del particolare “socialismo arabo” attuato in Siria. Sulla stessa linea anche il Partito dei Comunisti Italiani che non ha rinnegato la visita cordiale fra il proprio segretario Oliviero Diliberto e Assad a Damasco nel 2007. 8 - l’inchiostro rosso Tutti morti i soldati USA che uccisero Bin Laden... ma che strano! I misteri si infittiscono sulla politica sporca dell’amministrazione nordamericana nei confronti del “terrorismo” di Julius Sequerra Trentuno soldati statunitensi sono rimasti uccisi quando l’elicottero, un Boeing Chinook, su cui stavano volando è precipitato in Afghanistan. Dei trentuno deceduti, venti erano membri del SEAL Team 6. Ero già stato precedentemente informato (da un colonnello in pensione dell’intelligence dell’esercito) che si tratta delle stesse persone che si ritiene abbiano ucciso di recente Osama bin Laden a Abbottabad. [NB: ilSeal Team 6 è un gruppo ultra-scelto di agenti “in nero” che è al di fuori del protocollo militare, che partecipa a operazioni che hanno il più alto livello di segretezza e che spesso oltrepassano i limiti delle leggi internazionali.]La storia ufficiale narra che i talebani hanno abbattuto l’elicottero. Ho i miei dubbi (come hanno molti altri che hanno più senno di voi, davvero). [Ricordatevi di Pat Tillman, la stella del football che sciolse un contratto ricchissimo e andò volontario in Afghanistan sulla scia dell’impeto patriottico post-11 settembre? La storia ufficiale è che Tillman stia stato ucciso dal fuoco amico. Secondo le informazioni provenienti da molti soldati statunitensi (alcuni li conosco personalmente), Pat Tillman è stato assassinato dal suo governo. Si dice che Tillman, il perfetto simbolo per il reclutamento militare, si stava risvegliando dalle bugie dell’11 settembre e aveva iniziato a parlare un po’ troppo. Le parole hanno risalito velocemente la catena di comando. È stato ucciso da tre proiettili alla testa sparati da distanza ravvicinata. Davvero un fuoco amico.] “Nessuno viene mai ingannato. Ci si inganna da sé.” - Goethe La “recente morte” di Osama ci fa venire in mente le foto che erano presenti nella prime pagine dei giornali durante l’invasione dell’Iraq. forze armate (e anche ad altri che si affidano a fonti alternative per Ricordate quell’immagine sim- le loro notizie) che Osama bin bolo degli iracheni festosi che ai- Laden è morto per cause natuutavano ad abbattere la statua di rali nel 2001. Era appena ritorSaddam? Un mio conoscente dei nato in Pakistan da Dubai dopo Marines mi disse di un amico che essere stato sottoposto a un tratera davvero sul posto, in quella tamento medico all’Ospedale piazza. In realtà, non c’erano più Americano. di cinquanta iracheni in quella “folla festosa” e praticamente tutti Già nel marzo del 2000, Asia erano stati pagati per partecipa- Week espresse preoccupazione re a quel servizio fotografico. per la salute di bin Laden, parlando di un serio problema di [Avete per caso notato che salute che avrebbe potuto metc’erano solo alcune riprese tere la sua vita in pericolo a caufatte da un solo angolo di in- sa di “un’infezione renale che si è quadratura? Il resto della piazza propagata al fegato e che richera totalmente vuoto, a parte il iede una speciale cura.” personale militare USA e le apparecchiature.] Dopo essere decollato da Quetta in Pakistan, bin Laden giunse a C’è stata un’altra foto classica, Dubai e fu trasferito all’Ospedale quella di Saddam barbuto e in Americano. Fu accompagnato disordine che sbucava da una dal medico personale e da un tana con le mani pateticamente “fedele assistente” (probabilsospese nell’aria in un gesto di mente al-Zawahiri). Osama fu acsconfitta totale. Ve ne ricordate? cettato nel famoso dipartimento di urologia guidato dal dottor È anche quella una manipolazi- Terry Callaway, uno specialista di one. Ho fatto personalmente la calcoli biliari e di infertilità. conoscenza di un ex Marine che conosce una delle persone che Bin Laden fu curato in una delha aiutato a mettere in scena le suite riservate ai VIP presenti quel sordido affare. nell’ospedale. Durante il suo ricovero, ha ricevuto visite da La verità è che Saddam fu alla fine molti membri della sua famiglia, messo nell’angolo in casa di uno così come da importanti persondei suoi amici, e che lottò valo- alità dall’Arabia e dagli Emirati rosamente fino all’ultimo proiet- Arabi. Nel corso della permanentile. Fu alla fine catturato, ancor za all’ospedale, l’agente di zona più scapigliato (e già non dove- della CIA, ben noto a Dubai, va essere un figurino dall’inizio), fu visto prendere l’ascensore costretto con la forza a infilarsi in dell’ospedale per il piano di bin quel buco e ricoperto di sporco Laden. per assicurarsi un’immagine degna di Hollywood. Il solo sco- Pochi giorni dopo, un uomo delpo di quella foto era quello di la CIA si vantò con pochi amici demoralizzare la popolazione di aver visitato bin Laden. Fonti irachena mostrando il loro leader affidabili riportano che il 15 lugrannicchiato in atteggiamento lio, il giorno successivo al ritorno di sconfitta. di bin Laden da Quetta, l’agente CIA fu richiamato al quartier La VERA morte di Osama bin generale. Laden [NB: i contatti tra la CIA e bin LadÈ ben noto grazie a insider della en sono iniziati nel 1979 quando, in rappresentanza degli affari della famiglia, iniziò a reclutare volontari per la resistenza afghana contro l’esercito sovietico.] L’ULTIMA “morte” di bin Laden Quello che è stato riferito al mondo intero sulla recente “Morte di Osama bin Laden” è meschino e risibilmente assurdo (specialmente sul fatto che non siano state eseguite perizie medico-legali, e che il corpo sia stato velocemente scaricato in mare. L’ultima foto truccata è l’argomento decisivo). La verità è che bin Laden è morto da un bel po’ di tempo. Il rebus di Abbottabad era una complessa psyop per fornire un po’ di serenità al pubblico statunitense per poter scatenare la propaganda dei media, rimanendo sempre, senza contraddittorio, all’interno della più grande, terribile e più costosa truffa di tutti i tempi: l’11 settembre e la “Guerra al Terrore”. E ora ogni singolo membro del SEAL Team 6 che ha partecipato all’operazione psicologica “dell’assassinio” è morto. Per puro caso, mi venne da ridere quando lessi un titolo particolarmente divertente sull’ultima morte di Osama, nella rivista US Business Insider: “Ecco a voi il ‘Seal Team 6‘, i prepotenti che hanno ucciso Osama Bin Laden”. Bene, adesso tutti questi poveri “prepotenti” sono morti. E i morti non parlano. MOVIMENTO OPERAIO l’inchiostro rosso - 9 Edilizia ticinese: la lotta è lanciata, ora ci vuole continuità 1’800, fra operai e cittadini solidali, sono scesi in piazza per protestare contro le condizioni di lavoro nell’edilizia Il sindacato Unia ce l’ha fatta, 1’800 persone in piazza, di cui mille erano operai in sciopero. Lunedì 4 luglio c’è stata la giornata di protesta indetta dal sindacato Unia per denunciare il degrado delle condizioni di lavoro sui cantieri. Il successo ha sorpreso anche i dirigenti sindacali che aspettavano un migliaio di manifestati. Già più volte denunciato anche dal nostro sito, il degrado sui cantieri è palpabile, trovare un lavoratore che sostiene il contrario è come trovare un ago in un pagliaio. Il successo della protesta è quindi in un certo senso comprensibile. Unia ha cercato di coinvolgere anche la popolazione e la società civile. Se il coinvolgimento di circa 500 cittadini solidali è da considerarsi notevole, la sinistra non ha dato grande importanza alla manifestazione. Il PS e i Verdi sono stati i grandi assenti, fatta eccezione dei funzionari sindacali, non si è visto nessun loro rappresentate. Solo il Partito Comunista si è espresso in sostegno alla lotta per mezzo di un comunicato stampa, partecipando sia alla manifestazione e ad alcuni picchetti di sciopero. La manifestazione è stata una dimostrazione di come tra gli operai “l’incazzatura” sta salendo. Il degrado delle condizioni di lavoro è qualcosa che non va spiegato a chi lavora in cantiere, chi lo vive sulla propria pelle non ha bisogno di sapere che fa un lavoro duro. Quello che ora attendono gli operai sono delle risposte politiche chiare e risolutive, ma dal canto suo Unia sembra non aver ancora trovato delle soluzioni di fondo. Da un lato, chiedere vagamente un rafforzamento della Commissione Paritetica e una maggior collaborazione con il Ministero Pubblico, significa cercare delle soluzioni legate alla sanzione e non alla prevenzione. Ossia restare nel paradigma secondo cui è possibile avere degli imprenditori onesti con i quali è possibile trovare un equilibrio tra interesse padronale e interesse dei lavoratori. A livello parlamentare il sindacato ignora completamente l’iniziativa di Matteo Pronzini della lista MpS-PC, che chiede l’abolizione pura e semplice del sub-appalto. Una necessità per frenare il dumping salariale fortissimo, che è subentrato nel settore edile con la “libera” circolazione delle persone. Concretamente si tratta di impedire agli impresari di sub-appaltare lavori ad organizzazioni criminali, che scambiano operai come merce, dando loro salari che si aggirano ad un terzo del salari minimi previsti dai contratti collettivi. La questione più importante rimane però la lotta contrattuale che inevitabilmente si pone sullo sfondo della mobilitazione. Infat- ti non sono di certo le soluzioni proposte da Unia che hanno incentivato la partecipazione allo sciopero, ma piuttosto il clima di tensione che si respira in una fase di rinnovo contrattuale. Come già annunciato qualche mese fa, le trattative sul rinnovo del contratto dei muratori sono arenate su delle richieste padronali durissime, che andrebbero a far esplodere gli abusi e lo sfruttamento. Si parla di lavoro a cottimo, di lavoro il sabato e stando a certe indiscrezioni c’è chi vorrebbe mettere in discussione il pensionamento anticipato a 60 anni. Le richieste sindacali rimango moderate, protezione contro il licenziamento per i lavoratori anziani, aumento delle indennità in caso di malattia e regolamentazioni più chiare per evitare il lavoro sotto la pioggia. Se il sindacato avesse il coraggio di mettere sul tavolo delle rivendicazioni forti, come potrebbero essere le 8 ore lavorative durante tutto l’anno, un aumento salariale importante o il divieto di assunzione di manodopera interinale, probabilmente anche la voglia di lottare aumenterebbe ulteriormente, così come la fiducia nell’organizzazione sindacale. Dal canto suo il sindacato della curia (OCST) si è schierato apertamente con il padronato, invitando i lavoratori a boicottare lo sciopero. Secondo loro una manifestazione a trattative aperte avrebbe innervosito i padroni, rendendo più difficile la conclusione di un accordo sul contratto collettivo. Al contrario l’aver dimostrato che gli edili ticinesi sanno andare in piazza, permetterà di minacciare seriamente gli impresari durante i negoziati. Ora non si deve mollare l’osso, la lotta per il miglioramento delle condizioni di lavoro degli edili è solo agli inizi. Il prossimo appuntamento sarà una manifestazione nazionale indetta per il 24 settembre a Berna. IMPRESSUM “l’Inchiostro rosso” - pubblicazione di critica sociale edita dal Partito Comunista (PC), sezione del Canton Ticino del Partito Svizzero del Lavoro (PSdL). Abbonamento annuo: Fr. 25.-Sostenitore: Fr. 50.-Estero: EUR 20.-CCP 69-4018-1 Amministrazione: Via Gemmo 5b 6924 Sorengo Tel.: 0919672572 [email protected] Editore responsabile: Partito Comunista [email protected] Direttore: Davide Rossi (Tel.: 0774473522) [email protected] Il secondo film sulle Officine riceve il Premio Boccalino 2011 a Locarno I film e i documentari di impegno sociale e civile hanno contraddistinto la 64.a edizione del festival di Locarno, costituendo una vera e propria sezione trasversale che ha portato in ognuna il seme vivo di popoli, migranti e lavoratori che si ribellano ad un mondo ingiusto, dominato da logiche, politiche e comportamenti antiumani. Una nuova dimensione civile e politica è all’ordine del giorno, in Egitto come in Svizzera, in Inghilterra come in Sudamerica. Questo premio vuole riconoscerlo e rimanere nel solco della solidarietà, dell’amicizia, del confronto su basi di partecipazione attiva e in prima persona, di donne e uomini che riscoprono la loro dimensione di cittadini, di lavoratori. La giuria del Boccalino, prima ancora di riconoscere a Danilo Catti e alla sua opera dedicata ai lavoratori ticinesi delle officine ferroviarie, il meritato premio, vuole ricordare alcune delle opere che hanno espresso questi temi e questi sentimenti. Tahrir di Stefano Savona, che restituisce per intero la magia di una piazza che si fa popolo e che cambia la storia di quella nazione, l’Egitto. L’Evoluzione della violenza di Fritz Ofner, che documenta con precisione la svolta violenta voluta dalle multinazionali della frutta al Guatemala, imponendo dal 1954 violenze, stupri e sparizioni a solo interesse di profitti privati e in spregio alle ragioni della vita dei guatemaltechi. Volo speciale di Fernand Melgar, che per immagini, voci ed emozioni ammonisce la violenza dell’Occidente che tratta i migranti senza la dignità e il rispetto che meritono. I canti di Mandrin di Rabah Ameur Zaimeche, che ci ricorda le origini della battaglia per l’uguaglianza, la giustizia sociale e la solidarietà, le quali affondano nel pensiero giacobino e illuminista del ‘700. Il premio a 1, 2, 100 officine di Danilo Catti si inscrive quindi nel solco di un impegno sociale che solleva il manto avvolgente dell’impersonale e restituisce, fuori dalle metafore e dai vincoli stringenti di un amorfo consumismo, le ragioni vive, fatte di carne e di sangue, dei lavoratori, in questo caso ticinesi, a dimostrazione che le contraddizioni interne al pensiero unico che si trasforma in sistema economico unico mondiale, sono sempre più evidenti e incalzanti. Davide Rossi PROVE DI DIALOGO a sinistra? 10 - l’inchiostro rosso A colloquio con Adriano Venuti, coordinatore di “Prospettive socialiste” Prospettive Socialiste critica la gestione della Direzione PS per le prossime elezioni federali ma auspica che non vi sia un ticket al Consiglio agli Stati. potrebbe presentare un proprio candidato al Consiglio degli Stati, e soprattutto che questo dovrebbe essere sostenuto anche dal PS, naturalmente all’interno di un ticket con il candidato socialdemocratico: se così non dovesse essere, potrebbe anche non esserci la congiunzione delle liste al Consiglio Nazionale. Prospettive Socialiste come vede questa possibilità? C’è forse il timore che il PS possa La sinistra in Canton Ticino è preferire un reciproco sosuscita piuttosto malamente tegno con il PLRT nonostante dalle elezioni cantonali del il candidato al Senato non mese di aprile: il PS cade al sia più Dick Marty ma Fabio minimo storico, l’alleanza PC- Abate? MpS riporta la sinistra radicale in Parlamento ma non ri- Il nuovo candidato del PLRT, a esce a imporsi maggiormente differenza di Marty, non è certacome forse qualcuno si aspet- mente un politico di chiara fede tava (va comunque detto che radicale che potrebbe eventualquella con il PC è l’unica lista mente soddisfare l’elettorato soche tra le “piccole” è riuscita a cialista. In questa occasione, più fare un deputato), I Verdi sono che mai, il PS ha il dovere di preinvece gli unici che riescono sentare una candidata o un cana crescere. Questo malan- didato capace di raccogliere ampi dazzo è forse riconducibile al consensi anche tra la Sinistra radifatto che il PS si sta in qual- cale e i Verdi. I candidati presenche modo snaturando con un tati dagli altri partiti coprono già ormai chiaro spostamento al ampiamente la Destra e il Centro centro (si veda ad esempio la dell’arco politico, è quindi necescreazione di Incontro Demo- sario che il PS svolga con serietà il ruolo di elemento aggregante cratico)? dell’area rosso-verde senza avere Il Partito Socialista non è stato paura di allontanarsi dal Centro. capace di darsi e di perseguire un Francamente una candidatura coobiettivo di radicamento nella so- munista agli Stati con la “pretesa” cietà e quindi di crescita elettorale. che sia sostenuta al primo turno La campagna elettorale e i risultati dal PS faccio un po’ fatica a capirla. raggiunti hanno evidenziato un Sì, darebbe maggiore visibiltà, ma partito snaturato dai personalismi, la Sinistra dovrebbe rifuggire la sodove ognuno ha lavorato non per cietà dell’”appaio, dunque sono”... il risultato complessivo, ma per il Credo che oggi tutti coloro che si riconoscono nell’area progressista proprio risultato personale. La corsa al centro c’è stata, o per- dovrebbero rendersi conto che lomeno è mancato il coraggio di non è il momento dei giochetti insmarcarsi chiaramente da una dividuali, ma che bisogna lavorare politica moderata. Qualcuno ha in maniera unita e costruttiva per creduto che bisognasse occupare fermare la deriva a destra che ha il vuoto al Centro senza accorgersi colpito il nostro Cantone. che in questo modo non è possibile contrastare l’aggressività delle Una della altre possibilità è che al Senato venga presentato Destre razziste e liberiste. un candidato d’area che metAlle prossime elezioni fed- ta d’accordo verdi, socialisti erali il PC ha fatto capire che e comunisti: il PC ha lasciato Adriano Venuti è presidente della sezione PS di Massagno, oltre che coordinatore di Prospettive Socialiste, gruppo interno che riunisce la sinistra del partito: da Anna Biscossa a Franco Cavalli, passando per Werner e Marina Carobbio. Venuti risponde alle nostre domande sui rapporti tra Prospettive Socialiste e il resto della sinistra ticinese, sulle elezioni nazionali e più in generale sul futuro della sinistra. intendere che questo potrebbe essere soltanto Franco Cavalli, il quale è però piuttosto osteggiato dall’ex presidente Manuele Bertoli, il quale lo ritiene un estremista, come ha pubblicamente espresso di recente. Ci sono delle possibilità che il Congresso elettorale del PS del 4 settembre propenda per Cavalli come candidato d’area? Chi altro potrebbe avere la caratura per ambire ad una simile poltrona? Bellinzona Ivan Cozzaglio, e il posto in Consiglio Nazionale di Marina Carobbio, la quale essendo però anche vicepresidente del PSS non può sempre esprimersi in maniera del tutto libera, per cui nelle geometrie interne del PS Ticino non possiamo dire che spinga fortemente a sinistra. Nel prossimo futuro cosa cercherete di fare per radicarvi maggiormente all’interno del Partito? Per quel che riguarda invece i rapporti esterni, penCome ho detto nella risposta sate di poter maggiormente precedente, è fondamentale in- incrementare le sinergie con dividuare una candidatura forte il resto della sinistra in ottica che possa mettere d’accordo PS, di avere una sinistra in Ticino PC, MPS e Verdi. Bertoli, che ora è che funga realmente da alterConsigliere di Stato e non più pres- nativa al populismo leghista? idente del partito, ha sbagliato ad esprimere apprezzamenti su Il gruppo di Prospettive SocialiCavalli. Franco è stato il socialista ste dovrebbe valutare con serietà che fino ad oggi ha raggiunto il quale è il ruolo che vorrà continumiglior risultato elettorale nella are a giocare all’interno del PS. In corsa agli Stati. Se la candidatura questo momento però è necessaCavalli presenta dei problemi, o rio ricostruire il PS e ognuno di noi meglio delle incognite, non è certo deve partecipare a questo lavoro. per via delle sue posizioni politiche. È evidente che la linea condotta Eventualmente bisognerebbe dalla presidenza Bertoli negli ultichiedersi se l’elettorato progres- mi anni ha portato ad un risultato sista non preferirebbe un segnale deprimente. La reazione da parte di rinnovamento e che quindi bi- del Partito è stata debole, è mansognerebbe individuare un volto cato un chiaro segnale di svolta. politicamente nuovo ma capace Si sta affrontando la sconfitta nel di essere riconoscito come valido modo più classico che la Sinistra e meritevole di un’ampia fiducia. sa seguire: con dei gruppi di lavoro. Non so chi verrà proposto al Con- Il risultato di questi gruppi è solitagresso di settembre, fino ad ora la mente qualcosa che produce sorquestione delle liste per le elezioni risi e una scossa di fiducia effimera, federali non è stata gestita molto solitamente in concreto non probene dalla direzione del Partito. ducono molto. La rincorsa al CenSecondo me abbiamo avuto trop- tro non ha prodotto i risultati che pa fretta nel preparare la lista per i suoi promotori si aspettavano. Il il Nazionale, sarebbe stato meglio gruppo di Prospettive Socialiste rimandare tutto a settembre e fare continuerà a battersi non per delle un ragionamento più globale che poltrone, ma per un Partito Socialcomprendesse la lista agli Stati e ista forte, schierato dalla parte dei quella al Nazionale e nel frattem- più deboli e non solo dalla parte po continuare a ragionare su tutte dei “moderatamente deboli”. Bile strategie possibili. sogna costruire un PS non dogmatico ma capace di riconoscere Oggi all’interno del PS sem- i problemi dei/delle ticinesi; solo in bra non esserci molto spazio questo modo il PS potrà essere riper Prospettive Socialiste: di conosciuto come valido interlocufatto i posti importanti sono tore anche dalle forze più radicali un deputato in Gran Consiglio, della Sinistra ticinese. il biaschese delle Officine di L’EMERGERE DELLA CINA l’inchiostro rosso - 11 I comunisti cinesi: una delle forze politiche più abili della storia! Associazione “Giù le mani dalla Cina” Secondo il prof. Swaran Singh, docente di studi internazionali all’università di Nuova Delhi, il partito comunista cinese (PCC) “rappresenta uno dei pochi partiti comunisti nel mondo che sono riusciti a sopravvivere a parecchie sfide interne ed internazionali… E, con l’ascesa della Cina, il partito comunista cinese è stato ormai riconosciuto come una delle più capaci forze politiche nella storia umana”. Questa abile e capace forza politica, oltre che il più grande patito comunista del mondo, ha compiuto il 1° luglio il suo 90° anno di vita. Infatti il 1° luglio del 1921 si aprì a Shanghai il congresso fondativo del PCC in presenza di dodici delegati (tra cui Mao Zedong), in rappresentanza di soli 57 iscritti riuniti in alcuni circoli marxisti sparsi nel gigantesco paese asiatico. Dopo novant’anni il bilancio complessivo del PCC risulta largamente positivo, seppur segnato a volte da gravi errori di direzione (il “Grande Balzo in avanti”, la disastrosa “Rivoluzione Culturale”, ecc) e da limiti/contraddizioni attuali non ancora superate. Sotto il lato positivo, risulta chiara innanzitutto la linea di continuità espressa dal PCC sia in campo organizzativo che dell’identità politica, a partire dall’orgogliosa difesa e rivendicazione della sua denominazione comunista, durante tutti questi lunghi nove decenni: dei numerosi partiti comunisti sorti e sviluppatisi dopo l’Ottobre Rosso e nel 1917/21, ben pochi (a partire purtroppo da quello russo-sovietico, fondato da Lenin) sono stati capaci di tessere un “filo rosso” di ininterrotta tenuta ed autoriproduzione politico-organizzativa nel corso di quest’ultimo secolo, senza soluzione di continuità e/o abiure, come sono riusciti ad effettuare invece i comunisti cinesi. In seconda battuta il PCC è riuscito ad esprimere una pluridecennale ed ininterrotta linea di continuità anche rispetto all’orgogliosa adesione di prin- cipi al marxismo rivoluzionario e al leninismo. Mentre buona parte dei PC europei ha abbandonato ogni riferimento al marxismo-leninismo, spesso considerato nel migliore dei casi come una “roba del passato”, la direzione del PCC invece sottolinea continuamente e pubblicamente l’importanza dello studio (creativo, non meccanico) del marxismo per la progettualità/praxis dei comunisti del gigantesco paese asiatico. Ad esempio un leader autorevole del (PCC) come Xi Jinping ha ribadito il 13 maggio del 2011 la necessità per “i dirigenti ed i quadri del partito di dare grande importanza allo studio delle teorie marxiste e di applicarle creativamente nell’analizzare e risolvere i problemi pratici del paese”; sempre secondo Jinping, “i quadri politici non possono agire senza la guida della filosofia marxista e degli strumenti del materialismo dialettico e storico nell’effettuare giudizi adeguati sulle diverse situazioni, nel mantenere la mente fredda nelle situazioni più complesse…”. Materialismo dialettico, materialismo storico, filosofia marxista: ma come sono (per fortuna…) “vetero” ed antiquati, questi comunisti cinesi… Terzo elemento positivo: il PCC è riuscito a portare al successo una gigantesca ed epocale rivoluzione nella più popolosa nazione del pianeta, attraverso un’eroica lotta durata anni, sia contro l’imperialismo (occidentale e giapponese) sia contro la borghesia monopolistica e i grandi proprietari fondiari autuctoni. Si tratta di una tradizione rivoluzionaria fortemente sentita, difesa ed alimentata dal PCC attuale. Prova ne è anche il gigantesco fenomeno del “turismo rosso”, delle visite di massa di lavoratori e giovani cinesi nei luoghi storici della rivoluzione: ad esempio Yenan è stata visitata nel solo 2010 da ben… 14 milioni di cinesi, mentre la cittadina di Xibaipo, dove la direzione del PCC si riunì per dieci mesi a partire dal maggio del 1948, poco prima della vittoria dei contadini poveri/operai del gigantesco paese asiatico, vedrà l’arrivo nel 2011 di “soli” quattro milioni di “turisti rossi”, contro i 640.000 del 2006. Quarto aspetto positivo, la capacità del PCC di mantenere l’egemonia politica sul paese per 62 anni soprattutto attraverso tutta una serie di eccezionali risultati positivi ottenuti in campo socioeconomico e politico-sociale. Due soli dati, tra i tanti utilizzabili. A partire dal 1977 il potere d’acquisto reale degli operai cinesi è aumentato di almeno sei volte anche stando alle analisi di studiosi anticomunisti (F. Zakaria), mentre Gillian Mellsop (UNICEF) ha dichiarato nel maggio del 2011 che “il tasso di mortalità dei bambini in Cina è calato del 67% negli ultimi due decenni ed è stata realizzata una completa educazione di base in tutto il paese”, campagne incluse. Anche se rimangono ancora da risolvere notevoli problemi socioeconomici, a partire dai 9 milioni di minorenni che nel 2010 vivevano ancora in povertà nelle zone rurali, i passi in avanti rispetto alla situazione esistente nel 1948 (o anche nel 1976…) sono stati ciclopici. Ulteriore elemento favorevole, il PCC è passato dai 57 iscritti del luglio 1921 fino agli 80 milioni di aderenti esistenti all’inizio del 2011. Una crescita di più di un milione di volte sviluppatasi nel giro di nove decenni, che risulta ancora più sbalorditiva considerati i rigidissimi criteri di ammissioni al PCC: nel 2009, infatti, sui circa 20 milioni di persone che si erano impegnate ad aderire al partito ne vennero accettate solo un decimo del totale, alias “soli” due milioni di nuovi militanti. Ultimo aspetto positivo, la notevole capacità di autocritica sviluppata dal PCC nel corso degli ultimi decenni a tutti i livelli dell’organizzazione. Giustamente il prof. Losurdo, nel suo resoconto di una visita effettuata in Cina nel luglio 2010, aveva sottolineato che: “la prima cosa che colpisce nel corso del colloquio con gli esponenti del PCC e con i dirigenti delle fabbriche, delle scuole e dei quartieri visitati è l’accento autocritico, anzi la passione autocritica di cui danno prova i nostri interlocutori. Su questo punto, netta è la rottura con la tradizione del socialismo reale. I comunisti cinesi non si stancano di sottolineare che lungo è il cammino da percorrere e numerosi e giganteschi sono i problemi da risolvere e le sfide da affrontare, e che comunque il loro paese è ancora parte integrante del Terzo Mondo. Per la verità, nel corso del nostro viaggio il Terzo Mondo non l’abbiamo mai incontrato…”. Tutto bene quindi all’interno del PCC? No, ed anzi sono propri i nuovi dirigenti del partito ed i mass-media a denunciare la corruzione di una parte non irrilevante dei quadri comunisti, i fenomeni abbastanza diffusi di burocratismo e di distacco dalle esigenze popolari emersi in una sezione di funzionari di medioalto livello, il cattivo uso delle risorse pubbliche che a volte contraddistingue la vita politicosociale cinese, ecc. Sono reali, concreti, seri elementi negativi che vengono tuttavia ammessi, denunciati ed auto criticati con notevole rigore dal PCC, e soprattutto devono essere inquadrati in un contesto globale (“il vero è l’intero”, sottolineava già Hegel) che vede da più di tre decenni una continua e rapidissima ascesa economico-sociale della Cina Popolare: persino l’istituto americano Conference Board ha previsto che il PNL cinese supererà quello statunitense entro fine 2012, utilizzando il criterio della parità del potere d’acquisto. Non male, per un partito che ancora oggi ritiene che“il marxismo è la più avanzata e scientifica concezione del mondo nella storia umana, e che esso è l’ideologia guida del PC Cinese”. 12 - l’inchiostro rosso Esplode di nuovo nelle strade di Santiago del Cile il malcontento sociale, con decine di migliaia di studenti liceali ed universitari (100mila secondo gli organizzatori, 60mila per le autorità) che accompagnati da insegnanti, genitori e varie altre categorie di lavoratori, nel giorno dello sciopero nazionale, tornano a mettere sotto pressione il governo del presidente Sebastian Pinera, finito al livello più basso di consensi dall’inizio del suo mandato, nonostante un recente sostanzioso rimpasto dell’esecutivo. La nuova sfida degli studenti, nella nona mobilitazione in tre mesi, ha dato luogo ad alcuni sporadici scontri. Intanto già stamani i manifestanti avevano allestito delle barricate a vari incroci della capitale, rimosse dalle forze dell’ordine, intervenute con l’utilizzo di getti d’acqua e gas lacrimogeni. Scontri e momenti di tensione si sono registrati anche quando alcuni giovani si sono staccati dal corteo ed hanno cercato di raggiungere il palazzo presidenziale, allestendo alcune barricate con del materiale edile. Intanto oggi 38 studenti hanno raggiunto la loro terza settimana di sciopero della fame, mentre manifestazioni di protesta si sono registrate anche in altre città cilene. Il braccio di ferro tra studenti e governo era arrivato al suo culmine giovedì scorso, quando scontri e atti di vandalismo si erano ripetuti nel corso di tutta la giornata. Oltre 800 persone erano state fermate e una quarantina di queste denunciate. Mercoledì 10 agosto si è svolta una ‘cacerolazos’, una forma di protesta che i cileni idearono durante la dittatura fascista di Pinochet, che consiste nel fare rumore usando pentole e altri utensili da cucina. Gli studenti hanno iniziato questa mobilitazione a metà di maggio per chiedere che sia il Governo ad amministrare l’educazione primaria e secondaria, che si proibisca alle istituzioni private di arricchirsi con l’istruzione e che venga garantito costituzionalmente il diritto ad un’educazione pubblica, gratuita di qualità. Il governo di Pinera ha risposto con il coprifuoco, misura che dopo la fine della dittatura non era più stata attuata. Per questa ragione il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA), la Comunità Ticino-Cile, la Gioventù Comunista Ticinese e il teatro Il Paravento di Locarno hanno indetto una serata in solidarietà con i giovani cileni durante l’ultimo giorno del Festival del film e nei giorni precedenti Davide Rossi e Ugo Brusaporco della giuria del premio Il Boccalino hanno diffuso un volantino. FAI CONOSCERE E DIFFONDI L’INCHOSTRO ROSSO, MENSILE DI CRITICA SOCIALE DELLA SVIZZERA ITALIANA EDITO DAL PARTITO COMUNISTA SOSTIENI “L’INCHIOSTRO ROSSO” - CCP 69-4018-1