Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
17 - 18 maggio 2007
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 OUA: Oua a Mastella, confronto per riforma complessiva (agi)
Pag. 4 OUA: Avvocati a Mastella: apriamo un cantiere per riforme (ap-comi)
Pag. 5 OUA: Avvocati (mondo professionisti)
Pag. 6 OUA: Fusioni societarie, l'Oua invia a Bruxelles le osservazioni sul progetto di
direttiva sulle concentrazioni non orizzontali (diritto e giustizia)
Pag. 7 OUA: Giustizia (mondo professionisti)
Pag. 8 OUA: Note sulla consultazione per il progetto di direttiva sulle fusioni non
orizzontali (mondo professionisti)
Pag. 9 PROFESSIONI: La riforma a una svolta (italia oggi)
Pag.10 PROFESSIONI: Colap punta sulla Bonino(italia oggi)
Pag.11 PARLAMENTO: Per la commissione giustizia avanza il centrista Manzione
(il messaggero)
Pag.12 ASSICURAZIONI: Bersani fa il pacchetto agli avvocati (italia oggi)
Pag.13 ASSICURAZIONI: Indennizzi, si cambia (italia oggi)
Pag. 14 ASSICURAZIONI: Il blocco non attiva il recesso (italia oggi)
Pag.15 GIUSTZIA CIVILE: La giustizia civile costa 2,3 miliardi alle imprese(il sole 24 ore)
Pag.16 RIFORMA CODICE PENALE: Via l’ergastolo dal codice penale (italia oggi)
Pag.18 PROCESSI: In arrivo la cura anti-ritardo (italia oggi)
Pag.20 PROCESSI: Nel penale scatta il contingentamento (italia oggi)
Pag.21 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Possibile intesa bipartisan sul riordino della
giustizia (il sole 24 ore)
Pag.22 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Consigli giudiziari, varata la proroga
(il sole 24 ore)
Pag.23 MAGISTRATURA: Ordinamento nuovo senza sciali (italia oggi)
Pag.24 CSM: Il Csm dice sì a Maddalena (italia oggi)
Pag.25 EUROPA: Il Ccbe promuove il blocco dei c/c(italia oggi)
Pag.26 CONSULTA: Camere, oggi seduta comune per il successore di Vaccarella
(il sole 24 ore)
Pag.27 FORMAZIONE: Il grande inganno - di Andrea Zavagli (Avvocato in Firenze)
(mondo professionisti)
Pag.29 AVVOCATI: Gli avvocati ora si formano in casa (italia oggi)
Pag.30 ASTAF: Un premio per le news (italia oggi)
Pag.31 CASSAZIONE PENALE: «Ex Cirielli» tra due fuochi (il sole 24 ore)
Pag.33 PREVIDENZA: Casse professionali,flessibili e autonome
di Maurizio de Tilla – Presidente Adepp e Fbe (italia oggi)
Pag.34 PREVIDENZA: Pubblica o privata,la pensione è instabile
di Stefano Rosa – giunta nazionale Aiga (italia oggi)
Pag.35 UFFICI GIUDIZIARI: La regione manda rinforzi (italia oggi)
Pag.36 GIUDICI DI PACE: Astensione contro il ddl Mastella
di Francesco Cersosimo - Presidente Associazione nazionale giudici di pace
(italia oggi)
Pag.38 GIUDICI DI PACE: Tutti i buoni motivi per garantire la tutela previdenziale
(italia oggi)
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AGI
GIUSTIZIA: OUA A MASTELLA, CONFRONTO PER RIFORMA COMPLESSIVA
Roma, 16 mag. - Aprire un confronto affinche' si avvii un cantiere di idee e proposte per la
riforma complessiva della giustizia. E' quanto ha chiesto al Guardasigilli Clemente Mastella
questo pomeriggio una delegazione della giunta dell'Organismo unitario dell'avvocatura, guidata
dal presidente, Michelina Grillo e composta dal vicepresidente, Antonio Giorgino, dal segretario
Maurizio Cecconi e dal tesoriere Giuseppe Mojo. L'incontro, spiega l'Oua in una nota, ha avuto il
fine di informare il ministro sullo stato dell'organizzazione della V Conferenza Nazionale
dell'Avvocatura, che l'Oua nello scorso febbraio ha deliberato di dedicare alla celebrazione della
II Conferenza nazionale sulla Giustizia.
"Abbiamo rinnovato al ministro l'invito alla Conferenza - spiega il presidente dell'Organismo
unitario dell'Avvocatura Michelina Grillo - e confidiamo in una sua partecipazione personale, che
vorremmo leggere come chiaro segnale di rinnovata attenzione nei confronti dell'avvocatura,
dopo l'assenza registrata in occasione della seconda sessione del Congresso Nazionale, che gli
avvocati hanno celebrato a Roma nell'ottobre 2006. Abbiamo sommariamente esposto il taglio
della conferenza e illustrato i temi che saranno affrontati nel corso dei lavori che si svolgeranno a
Roma dall'11 al 13 ottobre di quest'anno".
Obiettivo dell'iniziativa, ribadisce l'Avvocatura, e' "rilanciare, dopo anni di dibattiti asfittici e
spesso strumentali, una seria riflessione a tutto campo sulla giustizia, proiettata nel futuro e
aperta alla condivisione delle istanze di quella societa' civile, penalizzata dall'inefficienza del
sistema, e troppo spesso esclusa dal confronto". Il presidente dell'Oua ha anche ribadito al
ministro che la Conferenza rappresentera' un momento "di dialogo e di analisi aperto".
"I tre giorni di discussione che segneranno la Conferenza indetta dall'Oua - conclude Grillo - si
propone di inaugurare un vero e proprio 'cantiere giustizia' finalizzato alla elaborazione a medio
termine di un progetto di riassetto complessivo del sistema, sulla base di una rigorosa analisi
dell'esistente e delle moderne esigenze espresse da una societa' complessa, che ha registrato negli
ultimi anni una proliferazione di diritti, la cui tutela deve venire apprestata con mezzi moderni,
nel rigoroso binario dettato dalla Carta Costituzionale". (AGI)
Red/Oll 161904 MAG 07
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AP-COM
GIUSTIZIA/ AVVOCATI DA MASTELLA: APRIAMO UN CANTIERE PER RIFORME
Ministro partecipi a Conferenza nazionale di ottobre
Roma, 16 mag. (Apcom) - Aprire un confronto che realizzi "un cantiere di idee e proposte" per la
riforma complessiva della giustizia. A sollecitarlo sono stati i vertici dell'Organismo unitario
dell'avvocatura, nell'incontro avuto oggi pomeriggio con il ministro della Giustizia Clemente
Mastella, al quale hanno rinnovato l'invito a partecipare alla Conferenza nazionale convocata a
Roma dall'11 al 13 ottobre.
"Confidiamo in una sua partecipazione personale - afferma il presidente dell'Oua, Michelina
Grillo - che vorremmo leggere come chiaro segnale di rinnovata attenzione nei confronti
dell`avvocatura, dopo l`assenza registrata in occasione della seconda sessione del congresso
nazionale che gli avvocati hanno celebrato a Roma nell`ottobre 2006".
Obiettivo della Conferenza sulla giustizia, sottolinea ancora Grillo, è "rilanciare, dopo anni di
dibattiti asfittici e spesso strumentali, una seria riflessione a tutto campo sulla giustizia, proiettata
nel futuro e aperta alla condivisione delle istanze di quella società civile, penalizzata
dall`inefficienza del sistema, e troppo spesso esclusa dal confronto. L`avvocatura italiana, ancora
una volta, vuole fornire il proprio contributo, anche di esperienza, alla soluzione dei problemi per
assicurare una migliore tutela dei diritti dei cittadini ed evitare un ulteriore costo competitivo alle
imprese".
La presidente dell`Oua ha anche ribadito al ministro che la Conferenza rappresenterà "un
momento di dialogo e di analisi aperto", l'occasione per "inaugurare un vero e proprio 'cantiere
giustizia' finalizzato ad elaborare a medio termine un progetto di riassetto complessivo del
sistema: la parola d`ordine è uscire dall`emergenza e dalle logiche dei troppi interventi tampone
che essa ha determinato. Auspichiamo quindi che possa essere una stimolante e preziosa fucina di
riflessioni e di proposte, anche per l`attività che il governo, e in primo luogo il ministro Mastella,
vorrà porre in essere".
Red/Arc 161903 mag 07
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MONDO PROFESSIONISTI
Avvocati
L’appuntamento ha avuto il fine di informare il ministro sullo stato dell’organizzazione della V
Conferenza Nazionale dell’Avvocatura, che l’OUA nello scorso febbraio ha deliberato di dedicare
alla celebrazione della II Conferenza nazionale sulla Giustizia. «Abbiamo rinnovato al ministro
l’invito alla Conferenza – spiega la presidente Michelina Grillo – e confidiamo in una sua
partecipazione personale, che vorremmo leggere come chiaro segnale di rinnovata attenzione nei
confronti dell’avvocatura, dopo l’assenza registrata in occasione della seconda sessione del
Congresso Nazionale, che gli avvocati hanno celebrato a Roma nell’ottobre 2006. Abbiamo
sommariamente esposto il taglio della conferenza – ha aggiunto - e illustrato i temi che saranno
affrontati nel corso dei lavori che si svolgeranno a Roma ad ottobre di quest’anno (11-13).
L’obiettivo della nostra iniziativa è rilanciare, dopo anni di dibattiti asfittici e spesso strumentali,
una seria riflessione a tutto campo sulla giustizia, proiettata nel futuro e aperta alla condivisione
delle istanze di quella società civile, penalizzata dall’inefficienza del sistema, e troppo spesso
esclusa dal confronto. Con l’organizzazione della Conferenza gli avvocati vogliono rilanciare un
ampio dibattito culturale sulla giurisdizione e sui luoghi e metodi di composizione dei conflitti,
con uno sguardo attento alle esperienze degli altri Paesi. L’avvocatura italiana, ancora una volta,
vuole fornire il proprio contributo, anche di esperienza, alla soluzione dei problemi per
assicurare una migliore tutela dei diritti dei cittadini ed evitare un ulteriore costo competitivo alle
imprese». La presidente dell’Oua ha anche ribadito al ministro che la Conferenza rappresenterà
un momento di dialogo e di analisi aperto, propedeutico all’iniziativa di taglio istituzionale che lo
stesso Guardasigilli ha dichiarato di voler organizzare, ed alla quale l’avvocatura certo non farà
mancare presenza e contributo. «I tre giorni di discussione che segneranno la Conferenza indetta
dall’Oua, con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti (avvocati, magistrati, docenti
universitari, parti sociali e partiti politici) si propone di inaugurare un vero e proprio “cantiere
giustizia” finalizzato alla elaborazione a medio termine di un progetto di riassetto complessivo del
sistema, sulla base di una rigorosa analisi dell’esistente e delle moderne esigenze espresse da una
società complessa, che ha registrato negli ultimi anni una proliferazione di diritti, la cui tutela
deve venire apprestata con mezzi moderni, nel rigoroso binario dettato dalla Carta
Costituzionale. E’ un ambizioso ribaltamento di prospettiva, che richiederà il massimo impegno
di tutti i soggetti coinvolti: la parola d’ordine è uscire dall’emergenza e dalle logiche dei troppi
interventi tampone che essa ha determinato. Auspichiamo quindi che possa essere una stimolante
e preziosa fucina di riflessioni e di proposte, anche per l’attività che il governo, e in primo luogo il
ministro Mastella, vorrà porre in essere».
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Fusioni societarie, l'Oua invia a Bruxelles le osservazioni sul progetto di direttiva
sulle concentrazioni non orizzontali
Fusioni societarie, l’Organismo unitario dell’Avvocatura condivide in larga parte il progetto di
direttiva messo a punto dalla Commissione europea sulle concentrazioni non orizzontali.
La Giunta dell’Oua ha elaborato e trasmesso a Bruxelles le osservazioni relative alle linee guida
della direttiva che sembrano nel complesso largamente condivisibili anche se sono emerse alcune
critiche (le note sono qui leggibili nei documenti correlati)
Il progetto di direttiva. La Commissione europea, in particolare il commissariato per la
concorrenza e il mercato, ha aperto una consultazione pubblica sulle linee guida da seguire nella
redazione della direttiva sulle fusioni non orizzontali. Per concentrazioni non orizzontali si
intendono quelle in cui i soggetti dell’operazione sono attivi su mercati distinti. La Commissione
divide queste aggregazioni in due categorie: quelle verticali e quelle conglomerate.
Le prime si riferiscono a soggetti che operano in segmenti diversi della stessa filiera produttiva
(ad esempio segheria-mobilificio, oppure un’industria farmaceutica e una catena di farmacie).
Le conglomerate, invece, sono fusioni tra soggetti che non operano prevalentemente sullo stesso
mercato (fusioni orizzontali) ma occupano piuttosto mercati affini e complementari.
Le osservazioni dell’Avvocatura. Michelina Grillo, presidente dell’Oua, pur apprezzando il
metodo di consultazione utilizzato dalla Commissione europea e condividendo in larga parte le
linee guida della direttiva, ha evidenziato gli aspetti più critici del progetto.
Sarebbe opportuno, secondo l’Organismo politico, individuare i settori sensibili o quanto meno
stabilire un criterio oggettivo di identificazione dei mercati.
Inoltre, sempre secondo l’Oua, è necessario estendere il concetto giuridico di fusione anche ai
fenomeni che, pur formalmente o giuridicamente diversi, sortiscono in concreto il medesimo
effetto economico. Il riferimento è a quei fenomeni di gruppo o di controllo indiretto attraverso
l’acquisizione di partecipazioni maggioritarie comunque in altre società.
Del resto, si legge nel documento della Giunta dell’Organismo, le integrazioni e le sinergie
tendono a realizzarsi con più frequenza attraverso l’acquisizione di partecipazioni piuttosto che
con formali concentrazioni. In questi casi, però, ha messo in guardia l’Oua, «le pratiche
anticoncorrenziali sono più difficili da rilevare, potendo scaturire da condotte formalmente
adottate in via autonoma da ciascuno degli organi direttivi dei soggetti operanti anche se in realtà
tra loro coordinate per limitare la concorrenza». (cri.cap)
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MONDO PROFESSIONISTI
Giustizia
La Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura Italiana ha elaborato e trasmesso a
Bruxelles alla Commissione Europea-Commissariato per la concorrenza e il mercato, le proprie
osservazioni relative al progetto di direttiva sulle fusioni non orizzontali. Per l’Oua le linee guida
indicate dalla Commissione appaiono nel complesso largamente condivisibili, così come il metodo
di consultazione, tuttavia sono emerse alcune osservazioni critiche (le trovate di seguito).
«Apprezziamo il metodo di consultazione utilizzato dalla Commissione europea – ha detto
Michelina Grillo, presidente Oua - e condividiamo in larga parte le linee guide della direttiva.
Abbiamo rilevato gli aspetti più critici e tra questi, per citarne solo uno, abbiamo voluto mettere
in evidenza la tutela dei diritti del cittadino in settori economici che incidono su bisogni o
necessità primarie (alimentazione, distribuzione idrica, sanità, energia, trasporti,
telecomunicazioni)»
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Note sulla consultazione per il progetto di direttiva sulle fusioni non orizzontali
Scadenza termine per le osservazioni 12.5.2007
La Commissione europea, e in particolare il commissariato per la concorrenza e il mercato ha aperto una
consultazione pubblica sulle linee guida da seguire nella redazione della futura direttiva sulle fusioni non
orizzontali. Per fusioni non orizzontali si intendono quelle in cui i soggetti dell’operazione sono attivi su mercati
distinti. La Commissione divide tali fusioni un due categorie: quelle verticali e quelle conglomerate. Le prime si
riferiscono a soggetti che operano in segmenti diversi della medesima filiera produttiva (ad esempio segheriamobilificio, oppure un’industria farmaceutica e una catena di farmacie). Le conglomerate sono fusioni tra
soggetti che non operano prevalentemente sullo stesso mercato (fusioni orizzontali) né occupano diversi
segmenti della medesima filiera produttiva, ma occupano piuttosto mercati affini e complementari. Mentre è jus
receptum che le fusioni orizzontali possano distorcere o limitare la concorrenza, producendo posizioni
dominanti, tant’è che esiste a tal fine una apposita disciplina limitativa, più complesso appare il discorso per le
fusioni verticali e quelle conglomerate. Se infatti in linea di principio tanto le integrazioni verticali che le
sinergie complementari tendono a produrre efficienza e quindi minori costi e maggiore qualità, non si può
escludere a priori che tali integrazioni e sinergie producano un sistema produttivo talmente monolitico da
impedire che i guadagni di efficienza siano trasferiti al consumatore. Per evitare ciò la Commissione ritiene
necessaria una normativa che regoli anche tali fusioni nell’ottica di assicurare la massima e più corretta
concorrenza, a vantaggio del consumatore. Per quanto riguarda le fusioni verticali si individuano diverse ipotesi
in cui la fusione può produrre alterazione nel mercato nei contesti in cui operano i soggetti interessati alla
fusione. Esse vanno da quella in cui il soggetto risultante dalla fusione potrebbe limitare per gli altri operatori la
disponibilità di componenti ovvero elevarne il prezzo (per esempio un fabbricante di motori industriali che si sia
fuso con un fabbricante di alternatori per produrre gruppi elettrogeni potrebbe contingentare la disponibilità di
motori o alternatori agli altri produttori di gruppi), a quella in cui un’impresa integrata verticalmente adotti
politiche commerciali punitive verso altre aziende di cui sia fornitrice ove queste non pratichino al pubblico
condizioni e prezzi di mercato analoghi alle proprie.
Quanto alle fusioni conglomerate, si rilevano alcune ipotesi analoghe, ma appare evidente che tali fusioni siano
in generale e in concreto meno suscettibili di effetti sulla concorrenza.
Considerazioni suggerite: Le linee guida indicate dalla Commissione appaiono nel complesso largamente
condivisibili. Vi sono tuttavia considerazioni ulteriori che sembrano opportune per una maggior efficacia della
normativa proposta.
Una prima considerazione attiene al fatto che non tutti i mercati sono uguali. Alcuni, come quelli con elevate
barriere all’ingresso degli operatori, per loro stessa natura sono maggiormente sensibili agli effetti delle
integrazioni, soprattutto quelle verticali. Dal punto di vista del consumatore, poi, particolarmente delicati
appaiono i settori che soddisfano bisogni o necessità primarie (alimentazione, distribuzione idrica, sanità,
energia, trasporti, telecomunicazioni). Sarebbe quindi opportuno che la direttiva individuasse i settori
particolarmente sensibili o quanto meno stabilisse un criterio oggettivo di identificazione di tali settori, e fissasse
per essi limiti più rigorosi per le fusioni.
Una seconda considerazione riguarda la necessità di allargare il concetto giuridico di fusione ai fenomeni che,
pur formalmente o giuridicamente diversi, sortiscono in concreto il medesimo effetto economico. Ci si riferisce
per esempio ai fenomeni di gruppo ovvero di controllo indiretto attraverso l’acquisizione di partecipazioni
maggioritarie o comunque di controllo in altre società. In tali casi, pur non avendosi formalmente una fusione si
ha però un unico soggetto economico integrato verticalmente o in modo conglomerato. Sembrerebbe perciò
riduttivo limitare la portata della direttiva alle fusioni in senso stretto, consentendo un meccanismo facilmente
elusivo. Peraltro nella pratica degli affari le integrazioni e le sinergie tendono assai più frequentemente a
realizzarsi attraverso l’acquisizione di partecipazioni piuttosto che con formali fusioni, mentre in tali casi le
pratiche anticoncorrenziali sono più difficili da rilevare, potendo scaturire da condotte formalmente adottate in
via autonoma da ciascuno degli organi direttivi dei soggetti operanti anche se in realtà tra loro coordinate per
limitare la concorrenza.
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ITALIA OGGI
La riforma a una svolta
La riforma delle professioni è a una svolta. Dopo una fase di audizioni durata oltre due mesi e mezzo, il
relatore Pierluigi Mantini (Margherita) annuncia l'avvicinarsi ´dell'ora delle scelte'. Quest'ultime
saranno annunciate al convegno organizzato da ´PD Professionisti democratici' martedì 22 maggio, alle
ore 14,30, presso la sala del Cenacolo della Camera dei deputati, con la presenza del vicepremier
Francesco Rutelli e il sottosegretario alla giustizia, Luigi Scotti. Intanto, oggi, lo stesso Mantini
affronterà la platea dei professionisti ordinistici a Torino. Questi ultimi, scontenti del disegno di legge
Mastella, hanno lanciato una raccolta firme per un disegno di legge di iniziativa popolare. E durante
tutti gli incontri, in sede di audizioni, hanno avuto modo di dire ripetutamente il loro no all'impianto del
ddl del guardasigilli. Mantini, quindi, stamattina, nel corso del primo convegno del Cup Piemonte
(Mirafiori Motor Village) inaugurerà una nuova fase di incontri per arrivare a soluzioni più condivise
rispetto a quelle trovate in passato.
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ITALIA OGGI
Le associazioni cercano il riconoscimento attraverso le politiche comunitarie
Colap punta sulla Bonino
Bollino blu con l'arrivo della direttiva qualifiche
Le libere associazioni del Colap si giocano il tutto per tutto. E provano a saltare sul treno in corsa del
recepimento della direttiva qualifiche. Messa in soffitta la speranza di vedere approvata, almeno alla
camera, la riforma delle professioni ideata dal ministro della giustizia, il coordinamento guidato da
Giuseppe Lupoi ha deciso di puntare tutto su un altro membro dell'esecutivo: Emma Bonino, ministro
per le politiche europee. La direttiva sul mutuo riconoscimento delle qualifiche professionali (la n.
36/2005) sta infatti per arrivare in Italia (si veda ItaliaOggi di ieri) ed entro luglio dovrebbe essere
approvato l'apposito decreto legislativo. Provvedimento attraverso il quale Lupoi cerca di trovare un
posto per le sue professioni, in attesa di un riconoscimento legislativo oramai da più di un lustro. Del
resto senza bollino blu, le libere associazioni rischiano di perdere gran parte della posta in gioco. E cioè
competere in Europa. Senza una normativa di riferimento in Italia, infatti, è praticamente impossibile
per le professioni attualmente prive di ordine andare a discutere di regole comuni in Europa. Ecco
perché il coordinatore del Colap, Giuseppe Lupoi, ha invitato tutti i componenti, nel corso del direttivo
di ieri, ad attivarsi da subito ´affinché venga inserito il riconoscimento delle associazioni professionali
all'interno della direttiva n. 36/2005'. La normativa europea, approvata definitivamente dal Parlamento
Ue nel giugno del 2005, stabilisce, tra l'altro, i criteri relativi all'esercizio e alla formazione delle
professioni, convocando tavoli di discussione per uniformare gli statuti a livello comunitario. ´Al
momento attuale', ha dichiarato Lupoi, ´l'Italia, non prevedendo il riconoscimento delle associazioni
professionali, non potrebbe partecipare attivamente a queste iniziative'. Il Colap, a questo punto, si
batterà su due fronti, in una sorta di ´lascia o raddoppia'. Continuando la raccolta delle firme per
accelerare i tempi parlamentari del ddl Mastella da una parte. E per andare in pressing sul ministero per
le politiche europee dall'altro. ´La decisione dell'esecutivo nazionale', ha spiegato infatti il coordinatore
del Colap, ´è stata resa necessaria dal preoccupante stallo in cui versa attualmente la riforma delle
professioni, bloccata ingiustificatamente dall'ostruzionismo parlamentare'. ´Non faremo mancare il
nostro appoggio alla proposta del guardasigilli', ha concluso Lupoi, ´ma dobbiamo valutare soluzioni
alternative'. Gabriele Venturae Ignazio Marino
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IL MESSAGGERO
AL SENATO
Per la commissione giustizia avanza il centrista Manzione
ROMA — Quattro candidati dell’Ulivo per la presidenza della commissione Giustizia lasciata vacante
da Cesare Salvi, nel frattempo assurto a capogruppo della neonata Sinistra democratica staccatasi dai
Ds. Alla Camera capo- gruppo è stata nominata a sorpresa una deputata, Titti Di Salvo, alla prima
legislatura ma ferratissima in materia di lavoro e questioni sociali, visto che proviene dalla Cgil (vice
capogruppo è Valdo Spini, che con la Di Salvo guiderà un gruppo di 21 deputati,. il terzo dell’Unione).
Ma è sul Senato che si appuntano i riflettori. E’ subito venuto al pettine il richiamo tutto politico
lanciato da Anna Finocchiaro qualche ora prima: «Attenti, al Senato l’asse politico si va spostando a
sinistra, cambiano gli equilibri». La riprova si è avuta subito. Salvi ha informato doverosamente Franco
Marini, si è consultato con il presidente del Senato e insieme hanno convenuto che la questione della
presidenza della commissione Giustizia va risolta al piit presto, subito, «non possiamo intralciare
provvedimenti come l’ordinamento giudiziario o i Dico». Salvi ha lasciato libera la presidenza e ha
rinunciato a insistere sulla candidatura di Massimo Villone, suo fedelissimo ma ormai non più Ulivo.
Ds e Margherita erano già con i fucili puntati: avete già la vice presidenza del Senato con Angius, ora
non potete pensare di tenervi anche la commissione Giustizia, entrambe erano dell’Ulivo e se restassero
alla Sinistra democratica sarebbe uno squilibrio clamoroso. Conclusione: Angius resta dov’è, ma alla
Giustizia ci va uno dell’Ulivo. Già, ma chi? Su quella poltrona getta lo sguardo lungo anche il
Vaticano, ansioso di conoscere eh i dovrà occuparsi di Dico, di testamento biologico e di altri temi
“sensibili’ Sui Dico c’è intanto una conferma: Salvi relatore era e relatore rimarrà sulla legge, il
sanguigno presidente non ha alcuna intenzione di mollare l’osso. Quanto alla presidenza, chiuso il
braccio di ferro tra Pd e Sinistra democratica, la tensione si è spostata tutta dentro l’Ulivo che ha al
momento ben quattro candidati in lizza. In ordine alfabetico: Brutti, Calvi, Casson, Manzione. Rischia
di farcela proprio quest’ultimo: Casson è un giudice arcigno, così come magistrati sono tanti di quella
commissione: non va bene; Calvi è avvocato ma dovrebbe essere spostato dalla prima commissione
dove è vice: troppo complicato; Brutti ha lasciato Angius, potrebbe essere premiato, ma non pochi
arricciano il naso: troppo giustizialista. Sta a vedere che la spunta proprio Roberto Manzione,
repubblicano di nascita ma centrista d’adozione da tempo e tra i pochi, a quanto si dice, a godere
dell’appoggio dei cattolici di entrambi gli schieramenti, teo dem compresi (la candidatura della
prodiana Marina Magistrelli è tramontata ancor prima di sorgere). Manzione è pure presentatore di un
ddl sulle coppie di fatto destinato a entrare. nelle mediazioni. Sarà una riunione di tutta l’Unione a
decidere. N.B.M.
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ITALIA OGGI
Con la lenzuolata-bis cambia l'indennizzo diretto: per le assicurazioni il forfait è un bel regalo
Bersani fa il pacchetto agli avvocati
Nei risarcimenti rc auto saranno ricomprese anche le parcelle
Ultimo regalo di Pierluigi Bersani alle assicurazioni. Nella seconda lenzuolata che il ministro delle
sviluppo economico ha presentato in parlamento è infatti passata una correzione che, di fatto, conclude
l'opera che il titolare del dicastero di via Veneto aveva iniziato con il varo del nuovo Codice delle
assicurazioni: quella cioè di forfetizzare al massimo i risarcimenti ai cittadini che hanno subito un
incidente stradale. Con grande vantaggio soprattutto per le assicurazioni, che possono così limitare gli
importi dei risarcimenti ricomprendendovi, ora, anche le spese che il danneggiato ha sostenuto per
assistenza legale o consulenza professionale. Un emendamento al testo del disegno di legge 2272-bis
approvato in commissione attività produttive della camera presieduta da Daniele Capezzone, riscrive
l'articolo 150, comma 1, del decreto legislativo 209/2005, il Codice delle assicurazioni appunto,
stabilendo che, ai fini dell'applicazione del nuovo sistema del risarcimento diretto, il ministero guidato
da Bersani deve fissare, con un proprio decreto, non solo i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni
accessori, ma che in questa voce devono essere ricomprese anche ´le spese per assistenza legale o
consulenza professionale' che il danneggiato ha sostenuto per far valere i propri diritti.
Insomma, quello che, in seguito alle proteste della categoria degli avvocati, era uscito dalla porta in fase
di elaborazione del codice nel 2005, è di fatto rientrato a distanza di qualche mese, dalla finestra grazie
a un emendamento che porta la firma di Luigi D'Agrò e Anna Rita Formisano (Udc). Che sono riusciti a
sancire che nel pacchetto di risarcimenti ´prendere o lasciare' delle compagnie assicuratrici, introdotto
dalla normativa Bersani con il meccanismo dell'indennizzo diretto, devono rientrare anche le parcelle
dei legali. Un nuovo colpo per gli avvocati, dunque, che già con la prima ´lenzuolata' Bersani-Visco
dell'anno scorso si erano visti togliere i minimi tariffari e introdurre la tracciabilità dei compensi, e che
ora, grazie a questa forfetizzazione delle somme risarcibili, vedono ridursi sensibilmente l'importo delle
parcelle legate alle loro prestazioni professionali. Un danno che potrebbe incidentalmente ripercuotersi
proprio sui cittadini, che potrebbero trovare delle difficoltà a far valere i propri diritti in un eventuale
giudizio civile per il risarcimento del danno, in quanto diversi legali potrebbero non trovare più
´dignitoso' vedere i propri emolumenti contingentati da un decreto ministeriale. Ma le modifiche
approvate al pacchetto liberalizzazioni di Bersani dalla commissione attività produttive della camera
non finiscono qui. Il relatore ha presentato un emendamento che riscrive in parte l'articolo 144-bis del
Codice dei consumatori (dlgs n. 206/2005), prevedendo che il ministero guidato da bersani si doti di
super poteri a tutela dei consumatori su uno spettro di materie molto più ampie del passato. In
particolare, il ministero, avvalendosi delle camere di commercio, della guardia di finanza e, in alcuni
casi, anche dei comuni, svolge le funzioni di autorità competente non solo in materia di servizi turistici,
clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, garanzia nella vendita dei beni di consumo,
credito al consumo, commercio elettronico, ma anche, d'ora in poi, di contratti negoziati fuori dai locali
commerciali, nei contratti a distanza e nei contratti relativi all'acquisto di un diritto di godimento
ripartito di beni immobili. La correzione approvata dalla commissione al testo del governo prevede che
la Gdf possa agire nei confronti di questi settori con accertamento di violazioni fisxali in materia di Iva
e Ire. Infine, il ministero si potrà avvalere dei comuni per accertare la violazione della normativa in
materia di indicazione dei prezzi da parte dei negozianti. Roberto Altesi
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ITALIA OGGI
Meccanici soddisfatti per l'emendamento al ddl Bersani
Indennizzi, si cambia
Compagnie stoppate sui risarcimenti
Il risarcimento diretto in forma specifica potrebbe essere abolito. Almeno in base all'emendamento
approvato ieri in commissione attività produttive della camera al disegno di legge Bersani sulle
liberalizzazioni. In sostanza la norma varata dalla X commissione vieterebbe alle compagnie di
assicurazione di determinare tariffe e sconti per le imprese di carrozzerie cosiddette fiduciarie. Si
eviterebbe in questo modo la creazione di una rete collegata ai colossi assicurativi in grado di alterare il
mercato delle riparazioni auto. Questo, almeno, quanto sostenuto dal mondo dell'autoriparazione che,
non a caso, ha salutato con soddisfazione l'approvazione della norma, da riconfermare però nei corso
dei prossimi passaggi in parlamento. ´Con questi emendamenti è stato sventato il pericolo di conferire
alle compagnie assicurative una sorta di potere assoluto nella determinazione, quantificazione e
liquidazione del danno', spiega il responsabile nazionale degli autoriparatori Cna Ettore Cenciarelli,
esprimendo la soddisfazione a nome della categoria. ´I cambiamenti apportati', aggiunge dal canto suo
il presidente degli autoriparatori di Cna Bruno Tosi, ´assicurano al danneggiato la libertà di scelta delle
imprese di carrozzeria di fiducia alle quali rivolgersi per la riparazione del veicolo. Al contempo si
preclude alle compagnie di assicurazione di determinare e controllare il mercato delle riparazioni
attraverso lo strumento delle carrozzerie fiduciarie che probabilmente penalizzano i consumatori e la
sicurezza stradale'. Gli autoriparatori della Cna sottolineano, infatti, che le compagnie di assicurazione,
grazie al regolamento attuativo della legge sull'indennizzo diretto (che prevede il risarcimento in forma
specifica n.d.r) stavano predisponendo una rete di circa 4000 carrozzerie fiduciare sul totale di 18 mila
imprese di autoriparazione. ´Così facendo si escludeva di fatto dal mercato la gran parte delle aziende
del settore', continua Cenciarelli. ´In caso di incidente e di risarcimento in forma specifica il
danneggiato era, infatti, obbligato di fatto a servirsi delle carrozzerie indicate dalla compagnia
assicurativa per la riparazione del proprio autoveicolo'. Secondo la Cna, ci sarebbero anche rischi sulla
sicurezza stradale. ´Comprimendo i costi e le tariffe di manodopera delle carrozzerie fiduciarie', insiste
Cenciarelli, ´si finisce per sacrificare qualità e sicurezza'. Ecco perché la categoria si è opposta al
risarcimento in forma specifica registrando ieri un passo avanti significativo. ´Le norme approvate in X
commissione rideterminano il principio del libero mercato e della libera concorrenza fra le imprese di
autoriparazione a tutela e garanzia degli automobilisti', conclude Cenciarelli. (riproduzione riservata)
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ITALIA OGGI
Tariffe rc auto
Il blocco non attiva il recesso
Il blocco delle tariffe imposto dal governo non legittima le assicurazioni a non rinnovare i contratti di
Rc auto. E, nel caso in cui sia possibile mutare le condizioni, queste, devono essere comunicate
all'assicurato. È quanto affermato dalla Cassazione che, con la sentenza 10142 del 3/5, non ha
interpretato una norma di legge ma ha ritenuto legittimo un principio formulato secondo equità, in
mancanza di una previsione specifica, dal giudice di pace di Napoli. In particolare, hanno osservato i
giudici di legittimità, è valida la regola fissata dal magistrato onorario secondo cui ´all'assicurato, anche
quando gli è comunicato la disdetta della polizza in scadenza, dev'essere comunicata dall'assicuratore a
quale diversa tariffa quel contratto può essere rinnovato'. Insomma, hanno poi aggiunto, ´nel quadro di
un sistema di assicurazione obbligatoria, in cui le imprese debbono accettare le proposte per
l'assicurazione che sono loro presentate e il contratto va concluso sulla base delle condizioni di polizza
ed alle tariffe che le stesse imprese hanno l'obbligo di stabilire preventivamente'. Debora Alberici
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IL SOLE 24 ORE
Burocrazia. Uno studio di Confartigianato sui tempi lunghi di cause e fallimenti
La giustizia civile costa 2,3 miliardi alle imprese
Un contenzioso per un brevetto può durare anche 880 giorni
Carte bollate, avvocati, lunghe attese in tribunale. In Italia dall’inizio alla fine diuna procedura di
fallimento passano in media 3.40 giorni, e cioè 8 anni, 7 mesi e io giorni. Un po’ meno del doppio della
durata di un procedimento civile: in questo caso tra il primo e il secondo grado possono trascorrere
1.765 (4 anni, 10 mesi e cinque giorni). Tempi lunghi, anzi lunghissimi, ma soprattutto costi che vanno
a gravare in particolare sulle piccole imprese. Uno studio di Confartigianato ha infatti calcolato che i
costi della giustizia civile che gravano sulle aziende artigiane ammontano a 2,3 miliardi, in media un
“peso” di circa 384mila euro per ogni impresa. In particolare,spiega il rapporto, «il costo del ritardo per
la riscossione di crediti è di 1.157 milioni di euro, mentre il costo indotto dagli ingenti ritardi nelle
procedure concorsuali obbliga le imprese a sostenere maggiori oneri finanziari per 1.174 milioni dieuro,
incrementando in tal modo del 12,2% le perdite dei fallimenti che sono già enormi e ammontano a
9.606 milioni di euro». Questo vuol dire che complessivamente i fallimenti determinano un perdita sul
sistema economico di 10,7 miliardi di euro, pari allo o,76% del pil. Le aziende alle prese con gli oneri
economici maggiori sono quelle lombarde su cui incide il 14,3% del costo dei ritardi della giustizia,
seguono Lazio con il 4,1%, Campania (13,8%), Puglia (8,3%), Toscana (7,2%) e infine l’Emilia
Romagna (7,’ per cento). Mentre quelle che scontano i tempi più lunghi per quanto riguarda le
procedure civili sono le aziende della Basilicata (3.391 giorni tra primo grado e appello), le liguri
(2.910 giorni), poi le imprese pugliese (2.596 giorni), le marchigiane (2.277 giorni), le siciliane (1.974
giorni) e quelle dell’Emilia Romagna (1.876 giorni). Per i fallimenti invece le situazioni relativamente
più critiche si registrano in Calabria (5.784 giorni per chiudere un fallimento), seguono la Sicilia
(.6ilgior- ni), il Mouse (4.963), la Puglia (4.598) la Basilicata (4.217) e l’Abruzzo (4.150: Aldilà dei
costi questi ritardi penalizzano anche i processi di innovazione delle imprese: la durata, solo in primo
grado, di una causa per brevetti in ltalia è infatti mediamente di 88° giorni, con una notevole variabilità
sul territorio nazionale. Se nel Nord-Est una causa dura 696 giorni, al Centro e nel Mezzogiorno la
durata supera i mille giorni, e diventa rispettivamente di 1.087 e 1.093 giorni. Le situazioni più critiche
sono in Sardegna, dove la media di un procedimento è di 4,745 giorni, c’è poi l’Umbria (2.717 giorni),
la Puglia (1.663), l’Abruzzo (i.6i6) e la Sicilia (1.612). Sul fronte opposto le regioni più “veloci” sono il
Piemonte e la Valle d’Aosta con 537 giorni, la Liguria con i8 giorni e la Campania con 483 giorni. Ma
non solo, Confartigianato confronta la situazione italiana con il resto d’Europa con questo risultato: “Se
prendiamo a riferimento il tempo per far rispettare un contratto — spiega lo studio — la performance
del nostro sistema giudiziario presenta profonde inefficienze rispetto ai sistemi giudiziari dei principali
Paesi industrializzati. La durata media rilevata dalla Banca Mondiale nel 2006 per far rispettare un
contratto del valore pari a due volte il reddito procapite in Italia è pari a 1.210 giorni, superiore ai 515
giorni della Spagna, ai 394 giorni della Germania, ai 331 giorni della Francia. Serena Uccello
serena.uccetlo@ilsole24ore. com
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ITALIA OGGI
ItaliaOggi anticipa la bozza di riforma consegnata al guardasigilli dalla commissione Pisapia
Via l'ergastolo dal codice penale
In carcere non più di 32 anni. Sì alla detenzione domiciliare
Cambia il sistema delle pene, si riduce l'ipotesi di concorso di persone nel reato, si introduce la riserva
di codice. La commissione di studio per la riforma del codice penale voluta dal ministro della giustizia
Clemente Mastella e presieduta da Giuliano Pisapia ha chiuso i suoi lavori. Dopo 11 commissioni
ministeriali di riforma e sette progetti di nuovo codice, a nove mesi dal suo insediamento, la bozza
elaborata dalla commissione Pisapia arriva nelle mani del governo.
È già questo un passo in avanti rispetto al passato, visto che, mentre nei casi precedenti i tempi per la
discussione parlamentare erano ridotti all'osso, in questa legislatura vi sono circa quattro anni a
disposizione per chiudere l'iter parlamentare.
Di questo ha parlato Pisapia all'assemblea nazionale di Antigone tenutasi lo scorso venerdì a Padova, al
cospetto di giuristi e operatori. I contenuti della bozza dovrebbero diventare altrettante direttive oggetto
di una legge delega. Le direttive, a loro volta, dovranno essere sufficientemente puntuali per evitare di
incorrere in censure di incostituzionalità. Pisapia descrive il suo progetto come un progetto
profondamente realista, equilibrato, capace di far propria la migliore giurisprudenza e dottrina degli
ultimi anni. Evoca l'esperienza argentina, dove i redattori del nuovo codice si sono resi disponibili a
spiegarlo alla gente nelle piazze. Vediamo quindi quali sono le principali novità. Si tratta di un codice
fondato sul principio di colpevolezza. Viene meno la distinzione tra delitti e contravvenzioni. Resta
un'unica categoria di reati. Tra le direttive di delega vi è quella sulla riserva di codice, voluta da Luigi
Ferrajoli, componente della commissione. Il principio della riserva di codice era già stato inserito nel
progetto di riforma costituzionale ai tempi della Bicamerale. Pur senza la forza di una copertura
costituzionale, verrebbe codificata la norma secondo cui le nuove leggi penali devono per forza essere
inserite nel codice, salvo non si tratti di discipline organiche (per esempio immigrazione o droghe).
Viene altresì codificato il principio di offensività che porta con sé quello di irrilevanza penale del fatto.
Così sarà possibile sanzionare un fatto solo se a seguito della sua commissione è stato effettivamente
leso il bene o l'interesse protetto dalla norma. La commissione ha deciso di definire con precisione il
dolo eventuale in modo da vincolare l'interprete ed evitare confusione con i reati colposi. Il reato è
quindi doloso anche quando si accetta il fatto rappresentato come altamente probabile e l'accettazione
sia desumibile da elementi univoci. Rispetto al concorso di persone nel reato vi è una maggiore
specificazione del concorso in modo da prevenire dilatazioni interpretative inaccettabili. Ciascun
concorrente andrà a rispondere limitatamente a quanto di cui era consapevole. Viene ritenuto
inaccettabile il tentativo del concorrente. Cambia inoltre profondamente il sistema sanzionatorio. Oltre
alla detenzione ordinaria compaiono tra le pene principali anche le pene interdittive, quelle prescrittive,
la detenzione domiciliare. Così il giudice della cognizione potrà direttamente in sentenza disporre pene
alternative a quella carceraria. Una norma di questo genere dovrebbe avere nel tempo una notevole
efficacia deflattiva. L'ergastolo è sostituito dalla detenzione di lunga durata, ossia da una reclusione dai
28 ai 32 anni.
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Essa comporta una riduzione delle possibilità di accesso alla liberazione condizionale. Vi è però sempre
la possibilità, in fase esecutiva, di rivedere la pena dopo un certo numero di anni ai fini del
reinserimento sociale. A riguardo Pisapia cita Aldo Moro, che in una lezione universitaria tenuta pochi
giorni prima di essere rapito aveva fatto una vera e propria requisitoria contro l'ergastolo. Sempre in
riferimento al sistema sanzionatorio vengono abolite le misure di sicurezza e viene superata la nozione
di pericolosità sociale. Resta in vita il concetto di non imputabilità, legata all'infermità psichica o
all'intossicazione da sostanze alcoliche o stupefacenti, purché rilevante rispetto al fatto commesso. È
esclusa ogni presunzione di imputabilità; l'infra-quattordicenne resta non imputabile e non punibile.
Al non imputabile vengono comminate misure di cura e di controllo commisurate nella durata alla pena
detentiva. Non vi è più infatti la durata minima della misura di sicurezza e viene meno la possibilità di
ergastoli bianchi negli ospedali psichiatrici giudiziari. Tra le misure di controllo e cura compaiono: il
ricovero in strutture terapeutiche e protette, il ricovero in comunità terapeutiche, la libertà vigilata,
l'obbligo di presentarsi ad autorità prestabilite, l'affidamento al servizio socio-sanitario. Infine, per ciò
che riguarda le cause di giustificazione si ritorna al passato sulla legittima difesa e si elimina la
scriminante dell'uso legittimo delle armi. (riproduzione riservata) Patrizio Gonnella
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ITALIA OGGI
La riforma Mastella del cpc e cpp mira ad accelerare i tempi dei procedimenti
In arrivo la cura anti-ritardo
Ridotti tutti i termini per il compimento degli atti
Quindici giorni in meno per le ferie di magistrati, avvocati e personale degli uffici giudiziari. Il
calendario del processo civile è ridisegnato dal disegno di legge Mastella (As 1524) all'insegna della
riduzione dei termini per il compimento dei singoli atti. Anche questi accorgimenti possono contribuire
a velocizzare il giudizio. Per compensazione si mitiga la rigidità del sistema delle decadenze. Su questo
doppio binario possono leggersi le proposte in tema di termini per la riassunzione del processo
cancellato dal ruolo o interrotto o rinviato dalla cassazione. Si cerca di ridurre i tempi morti, come
quelli che trascorrono dalla pubblicazione della sentenza in attesa che la stessa passi in giudicato
(termine lungo dell'impugnazione) o come quelli dedicati al riposo estivo. Il periodo di sospensione
feriale viene eroso di 15 giorni. Ma tutto contribuisce per ridurre i tempi del giudizio. Vediamo i punti
specifici in cui il disegno di legge interviene in materia di termini e decadenze.
RIASSUNZIONE DEL PROCESSO INTERROTTO
Si propone la riduzione da sei mesi a quattro mesi del termini per riassumere o proseguire il processo
interrotto. Si pensi all'ipotesi di morte della parte o di perdita della capacità o di morte dell'avvocato. Il
processo va in stand-by fino a quando per esempio l'erede non assuma una nuova iniziativa processuale.
Nel disegno di legge Mastella l'intenzione è di accorciare il periodo di pausa.
ESTINZIONE PER INATTIVITà DELLE PARTI
Nella versione proposta dal disegno di legge Mastella passa da un anno a quattro mesi il termine
perentorio entro il quale le parti interessate devono riassumere la causa se dopo la notificazione della
citazione nessuna delle parti si sia costituita entro il termine previsto o se, dopo la costituzione delle
stesse, il giudice, nei casi previsti dalla legge, ha ordinato la cancellazione della causa dal ruolo. Passa
sempre a quattro mesi il termine massimo che può essere prescritto dal giudice per la effettuazione di
attività processuale. La proposta di legge prevede che, nel caso in cui le parti non si siano attivate,
l'estinzione opera di diritto e va dichiarata d'ufficio con ordinanza. Nella versione attualmente vigente è
vero che l'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra
sua difesa. Nella relazione illustrativa al disegno di legge si spiegano le proposte con l'obiettivo di
accelerare i tempi processuali.
TERMINE LUNGO PER L'IMPUGNAZIONE
L'articolo 327 del codice di procedura civile vigente prevede che indipendentemente dalla
notificazione, l'appello, il ricorso per Cassazione e la revocazione non possono proporsi dopo decorso
un anno dalla pubblicazione della sentenza. Nella versione proposta il termine viene ridotto a sei mesi,
decorsi i quali la decisione passa in giudicato. In sostanza o la parte interessata (quella che ha vinto)
notifica la sentenza e, allora, si applica il termine breve, oppure, in assenza di notificazione per vedere
diventare definitiva la sentenza occorre aspettare il termine lungo. Termine che viene accorciato, così
da restringere i tempi in cui la pronuncia diventa inoppugnabile.
RIASSUNZIONE DELLA CAUSA DOPO LA CASSAZIONE
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La modifica all'articolo 392 del codice di procedura civile proposta dal disegno di legge Mastella
prevede che la riassunzione della causa davanti al giudice del rinvio dopo la sentenza della corte di
cassazione può essere fatta entro un anno dalla pubblicazione. Nella versione con la proposta di
modifica il termine viene dimezzato. Una volta che la Corte di cassazione abbia cassato con rinvio al
giudice di merito la parte dovrà contare su termini più brevi.
SOSPENSIONE FERIALE
Il disegno di legge Mastella riduce le ferie per magistrati e avvocati. Nella versione riformata della
legge 742/1969 il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle
amministrative è sospeso di diritto dal 1° agosto al 31 agosto ( e non al 15 settembre di ciascun anno), e
riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. La sospensione dei termini processuali per il
periodo feriale viene ridimensionata da quarantasei a 31 giorni. Insomma, ci sarà un lasso di tempo
maggiore da dedicare alle attività processuali. Questo vale anche per gli avvocati che, per esempio,
possono contare solo su 31 giorni in più per lo svolgimento degli atti difensivi. Il disegno di legge
Mastella non interviene, invece, sulle situazioni in cui la sospensione feriale non opera.
DECADENZA SANABILE
L'articolo 153 del cpc viene integrato in senso favorevole alla parte che suo malgrado sia incorsa in
decadenza. In effetti si prevede che la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa a essa
non imputabile o per errore scusabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice se
ritiene di accogliere l'istanza provvede con ordinanza. Nella relazione illustrativa del disegno di legge si
pone l'accento sull'effetto di attenuazione della rigidità del sistema delle decadenze e delle preclusioni,
a garanzia dell'effettività del contraddittorio, mediante un ampliamento del potere giudiziale di
rimessione in termini. La modifica proposta dal disegno di legge Mastella generalizza la previsione del
vigente articolo 184-bis del codice di procedura civile (di cui si propone contestualmente l'abrogazione)
allargando l'ambito oggettivo di applicazione. Inoltre la rimessione in termini deve essere accordata non
solo in ipotesi di causa non imputabile, ma anche in caso di errore scusabile. Conta anche quindi una
situazione soggettiva di falsa conoscenza, a condizione che rivesta una caratteristica di inevitabilità.
Antonio Ciccia
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ITALIA OGGI
Nel penale scatta il contingentamento
L'agenda del processo penale è fissata alla prima udienza. E gli avvocati sono chiamati a dichiarare le loro
disponibilità o comunque a farsi sostituire, così da garantire il fluire senza intoppi del giudizio. L'organizzazione
dei tempi della giustizia penale, prefigurata dal disegni di legge di riforma Mastella, copre il giudizio in tutte le
sue fasi, fissando in cinque anni il termine massimo di chiusura del processo. Salvi casi eccezionali,
naturalmente. Vediamo in dettaglio le modifiche. Si introducono misure di programmazione e disciplina delle
udienze dibattimentali. Nutrita è l'attività da svolgersi alla prima udienza dibattimentale: il giudice deve
provvedere alla verifica della regolare costituzione delle parti, alla discussione delle questioni preliminari, alle
formalità di apertura del dibattimento, all'ammissione delle prove, alla definizione dei giudizi con i riti alternativi
del patteggiamento o nelle forme del rito abbreviato, purché non condizionato all'assunzione di prove
dichiarative, e anche alla dichiarazione di estinzione o di improcedibilità del reato. Nella stessa udienza il
giudice, sentite le parti (ed è questa una assoluta novità), deve stabilire con ordinanza il calendario delle udienze
successive, nel rispetto dei tempi massimi, individuati nel disegno di legge Mastella.
Non solo si programmano le udienze, ma si eliminano anche obblighi di comunicazione (e quindi carteggio tra
cancellerie e studi e parti). La lettura del calendario in udienza, infatti, sostituirà gli avvisi di rinvio per tutti
coloro che sono o debbono considerarsi presenti. L'organizzazione delle udienze riguarda anche la citazione dei
testimoni per le varie udienze. Il giudice dovrà quindi autorizzare le parti (pubblico ministero, parte civile,
imputati ecc.) alla citazione dei soggetti indicati nelle rispettive richieste di prove, secondo le scadenze previste
dal calendario per l'assunzione delle prove. Se l'avvocato non può essere presente deve avvisare il giudice: ai fini
della formulazione del calendario, i difensori comunicano al giudice l'eventuale sussistenza di concomitanti
impegni professionali e, tenuto conto dell'attività istruttoria da svolgere nelle singole udienze, possono
contestualmente nominare un sostituto. Questo con riferimento all'organizzazione interna del singolo processo.
Quanto al lavoro dell'ufficio giudiziario la proposta di riforma indica i seguenti criteri di priorità. Innanzitutto
precedenza assoluta ai giudizi con imputati detenuti, anche per reato diverso da quello per cui si procede, e
anche, anche su segnalazione delle parti, ai giudizi per i quali si siano verificate nullità, difetti di notificazione o
situazioni processuali che possono determinare l'immediata definizione o il rinvio del processo. Gli avvocati
sono chiamati ad avvisare il cancelliere di udienza di eventuali concomitanti impegni professionali prima
dell'apertura dell'udienza. Il disegno di legge Mastella dedica una prescrizione alla individuazione dei termini
massimi di durata del processo. Il giudice dovrà, infatti, programmare le udienze in modo da assicurare la
conclusione del processo in tempi compatibili con il principio costituzionale della ragionevole durata del
processo.
In particolare, per la conclusione del processo, il disegno di legge sono previsti i seguenti termini:
- per il giudizio di primo grado: anni due e mesi sei;
- per il giudizio in grado appello: anni uno e mesi sei;
- per il giudizio dinanzi alla corte di cassazione: anni uno.
Solo in caso di particolare complessità i termini indicati possono tuttavia essere superati e comunque per valutare
la complessità bisogna tenere conto della natura e della gravità dei reati contestati, del numero degli imputati,
delle persone offese o dei testimoni, o della natura delle questioni tecnico-giuridiche da affrontare. I termini di
durata massima del processo sono calcolati al netto del tempo necessario per ottenere l'estradizione di un
imputato dall'estero o per l'esecuzione di una rogatoria internazionale, e del periodo in cui il processo è a
qualsiasi titolo sospeso. In caso di superamento dei termini le conseguenze possono essere di carattere
disciplinare (ma non si ritiene che possano avere effetto diretto sulla validità degli atti). Non a caso la riforma
prevede che il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, deve vigilare sul rispetto dei termini e deve
riferire in merito con relazione annuale.
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IL SOLE 24 ORE
PALAZZO MADAMA
Possibile intesa bipartisan sul riordino della giustizia
“Vedo possibile trovare un’intesa» sulla riforma dell’ordinamento giudiziario. A mostrare ottimismo è
il relatore del testo in commissione Giustizia del Senato, Giuseppe Di Lello (Prc), al termine della
seduta di ieri. Parole rafforzate da quelle del sottosegretario alla Giustizia Luigi Scotti, il quale ha
ribadito la «disponibilità del governo ad accogliere le proposte della commissione, a patto di non
stravolgere l’impianto del testo presentato dall’esecutivo». Soprattutto, «la separazione delle funzioni,
che resta così com’è». Scotti, in particolare, ha detto che il governo è favorevole allo stralcio delle parti
relative al Csm e alla magistratura militare: «Sul Csm forse ci sarà un Ddl a parte così come per la
magistratura militare».
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IL SOLE 24 ORE
Consigli giudiziari, varata la proroga
Sì definitivo dell’Aula della Camera al decreto legge che proroga il mandato dei Consigli giudiziari
presso le Corti d’Appello. Il decreto prevede la proroga dei componenti dei Consigli giudiziari in
carica, che continueranno a svolgere le proprie funzioni sino alla proclamazione dei nuovi eletti. Le
elezioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari rinnovati devono
essere fissate nell’aprile 2008, in conformità con quanto previsto in passato per i vecchi Consigli
giudiziari.
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ITALIA OGGI
La commissione bilancio del senato ha dato il via libera al ddl Mastella con alcune condizioni
Ordinamento nuovo senza sciali
Niente compenso per il segretario generale della scuola
Niente compenso al segretario generale della scuola per la magistratura e indennità ai componenti laici
del Csm compresa nella dotazione complessiva che spetta ogni anno all'organo di autogoverno della
magistratura. La commissione bilancio del senato ha licenziato ieri il parere sulla copertura finanziaria
del ddl Mastella che riforma l'ordinamento giudiziario. I senatori hanno dato il via libera, ma lo hanno
comunque condizionato ad alcune modifiche che saranno apportare al testo con appositi emendamenti.
In particolare, il ministero della giustizia dovrà rinunciare all'autorizzazione di spesa già ottenuta per le
commissioni di esame previste dal progetto Castelli per la progressione in carriera. Mastella le ha
eliminate ma aveva provato a mantenere aperta la linea di credito. Inutilmente, a questo punto.
La commissione bilancio ha anche chiesto che la nuova figura di segretario generale della scuola della
magistratura, che sostituisce il comitato di gestione, non percepisca alcuna indennità in questione visto
che non è garantita la sua copertura.
Anche per quanto riguarda la nuova composizione del Csm vi sono alcuni problemi. La norma prevede
l'incremento dei componenti togati (da 16 a 20) e non (che passano da otto a dieci), ma il servizio
bilancio di palazzo Madama aveva richiesto chiarimenti sulla quantificazione dei relativi oneri, previsti
sia in termini di indennità che di spese di funzionamento. La commissione bilancio ha così richiesto che
entrambe siano assicurate dal bilancio complessivo stanziato ogni anno per il funzionamento di palazzo
dei Marescialli.
Anche altre norme, in realtà, avevano preoccupato il servizio bilancio. Per esempio quella che rimodula
le funzioni in magistratura rischiando di provocare ´nuovi oneri'.
O ancora quella che disciplina la quadriennale valutazione di professionalità dei magistrati. La
relazione tecnica al provvedimento nulla dice riguardo questa norma che a prima vista sembrerebbe
irrilevante dal punto di vista finanziario. Eppure, sottolinea il servizio bilancio ´elementi di chiarimento
appaiono utili in riferimento alla esigenze istruttorie dei procedimenti dal momento che, in particolare, i
consigli giudiziari non sembrerebbero ad oggi disporre di apposite strutture di supporto adeguate'.
Per esempio il ddl richiede il controllo di gestione sull'operato dei magistrati con funzioni direttive,
cosa che presuppone la costituzione di strutture di supporto per la elaborazione di statistiche e altre
attività con conseguente fabbisogno di risorse aggiuntive, umane e strumentali.
Anche la scuola superiore per la magistratura desta qualche preoccupazione, visto che il ddl Mastella ne
amplia le funzioni anche alla formazione permanente e all'aggiornamento professionale senza
modificare la quantificazione degli oneri predisposta a suo tempo dal predecessore Roberto Castelli.
´Ne segue che per i profili di copertura andrebbe anzitutto chiarita l'effettiva sostenibilità del
funzionamento della scuola alla luce dei nuovi compiti previsti'. (riproduzione riservata) Claudia Morelli
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Il Csm dice sì a Maddalena
La circolare Maddalena, con cui il procuratore di Torino ha previsto l'accantonamento dei processi
destinati a finire nel nulla per effetto dell'indulto, optando per un'archiviazione generosa per i reati
meno gravi a rischio prescrizione, non viola la Costituzione. Lo ha stabilito il plenum del Csm, che ha
approvato con 13 voti a favore la proposta della consigliera di Magistratura democratica Ezia Maccora,
in base alla quale le determinazioni della circolare ´risultano del tutto conformi al sistema
ordinamentale in tema di organizzazione degli uffici di Procura, offrendo soluzioni realistiche, razionali
e controllabili oltre che complessivamente compatibili con il principio costituzionale dell'obbligatorietà
dell'azione penale'. Per la proposta Maccora (erano 3 le proposte della VII commissione) hanno votato i
laici del centrosinistra, le correnti di Md, Mi e del Movimento per la giustizia e il vicepresidente Nicola
Mancino; nel documento approvato si sottolinea che il termine ´accantonamento' fa riferimento ´alla
dilazione e al differimento nei tempi di trattazione dei procedimenti e non anche alla definitiva
esclusione degli stessi dal novero di quelli da trattare'. Quanto all'archiviazione ´generosa', con essa si
intende ´richiamare i magistrati del pubblico ministero a un attento esame delle risultanze di indagine
nella prospettiva di una rigorosa valutazione della sostenibilità dell'accusa in giudizio prescritta dal
codice di rito'.
Dura la reazione dell'Unione Camere penali italiane per la decisione di palazzo dei Marescialli, a cui i
penalisti si erano rivolti per l'apertura di una pratica per valutare se la circolare violasse o meno il
principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Il presidente dell'Ucpi Oreste Dominioni ha definito
grave la spaccatura verificatasi. ´Se una parte del Consiglio si è seriamente preoccupata di valutare i
contenuti della circolare e di individuare le conseguenze negative sul regime di libertà dell'azione
penale', ha spiegato, ´un'altra parte si è preoccupata di costruire convergenze di copertura corporativa'.
Valentina Marsella
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Il Ccbe promuove il blocco dei c/c
Via libera alla procedura europea per il recupero crediti attraverso il blocco dei conti bancari. Il
progetto allo studio di Bruxelles nei giorni scorsi è stato promosso dal Ccbe, il Consiglio europeo degli
ordini e delle associazioni forensi (Conseil des barreaux européens), che rappresenta oltre 700 mila
avvocati dell'area Ue attraverso i consigli dell'ordine nazionali di appartenenza. Il Ccbe ha inviato alla
commissione la risposta al Libro verde di Bruxelles sul miglioramento dell'efficienza nell'esecuzione
delle sentenze nell'Unione europea, in particolare per quel che attiene ai provvedimenti conservativi sui
conti bancari, come il sequestro e il pignoramento.
La ragione dell'inchiesta della commissione è la notevole difficoltà che ancora incontra l'esecuzione
forzata all'interno dell'Unione, sia a causa delle diverse procedure giudiziarie in essere in ciascun paese
che della barriera linguistica, ostacoli in grado di rallentare i tempi delle procedure e farne lievitare i
costi. Oggetto della consultazione disposta dalla commissione era, in particolare, l'opportunità di creare
un decreto europeo per il blocco dei conti correnti bancari, o di limitarsi ad armonizzare le legislazioni
esistenti. E la risposta del Ccbe è stato un deciso via libera alla procedura europea: un ordine giudiziario
in forza del quale ogni cittadino comunitario potrà assicurare il soddisfacimento del proprio credito,
attraverso il divieto per il debitore di trasferire o prelevare fondi da uno o più conti bancari nel territorio
europeo.
Il sistema avrebbe solo effetti conservativi, nel senso che servirebbe a bloccare i beni mobili del
debitore, ma non a trasferirli direttamente al creditore. Il decreto di blocco emesso da un giudice di un
paese Ue sarebbe riconosciuto e immediatamente eseguibile in ogni altro stato membro senza bisogno
di una sentenza di esecutività (il cosiddetto exequatur). Il Ccbe concorda con il carattere meramente
conservativo della misura, e ritiene che anzi debba essere reso esplicito nella futura regolamentazione
che il creditore non potrà in alcun modo vantare diritti proprietari sui beni del debitore in forza del
decreto. Sulla base della maggior parte delle legislazioni nazionali in materia, inoltre, il Ccbe sostiene
che il decreto di blocco debba essere emanabile in ogni stato e grado del procedimento, in modo da
garantirne l'efficacia.
L'idea centrale alla base della procedura europea è quella di contemperare la necessità del creditore di
recuperare il suo credito in maniera efficiente e spedita, e l'esigenza di garanzia processuale per il
debitore, soprattutto quando l'azione di blocco preceda il giudizio di merito sulla domanda, e questa si
riveli poi infondata.
´Non c'è dubbio che l'esecuzione delle misure conservative sui conti bancari rappresenti un problema
per gli stati membri e un intralcio al commercio transfrontaliero', commenta Colin Tyre Q.C.,
presidente del Ccbe, secondo il quale ´un'iniziativa europea per stabilire uno strumento giuridico
coercitivo di recupero del credito è un passo nella giusta direzione verso lo sviluppo della cooperazione
giudiziaria e il chiarimento delle questioni di competenza giurisdizionale fra gli stati europei'. Teresa
Pittelli
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IL SOLE 24 ORE
CONSULTA
Camere, oggi seduta comune per il successore di Vaccarella
Un politico o un tecnico puro? È il nodo che Forza Italia sta cercando sciogliere in vista dell’elezione
del giudice costituzionale che dovrà sostituire il dimissionario Romano Vaccarella, eletto in quota
“azzurra”. Oggi cominciano le votazioni delle Camere riunite in seduta comune, ma per i primi tre
scrutini è previsto un nulla di fatto sia perché il quorum è troppo alto (due terzi dei componenti), sia
perché sono ancora in corso trattative sul candidato. La fumata bianca, dunque, potrebbe arrivare dopo
le elezioni amministrative. Gaetano Pecorella, deputato forzista nonché legale di Silvio Berlusconi, è tra
i favoriti non foss’altro perché il leader di Fi glielo ha promesso da molto tempo e la sua candidatura
non è invisa alla maggioranza. L’alternativa sarebbe quella di un tecnico puro, ma sempre di area. In tal
caso circola il nome del professor Giorgio Spangher, ex membro del Csm in quota Fi e grande amico
dell’ex presidente del Senato Marcello Pera. Un candidato gradito all’area teo-com molto più del laico
Pecorella Peraltro, la trattativa potrebbe rientrare in un accordo più ampio con la maggioranza,
che tocca altri temi caldi, come la legge elettorale e il conflitto di interessi.
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MONDO PROFESSIONISTI
Il grande inganno
di Andrea Zavagli (Avvocato in Firenze)
Con il trattato di Lisbona del 1994 la Comunità Europea ha individuato nella “conoscenza” il volano
della propria economia. Lo sviluppo della concorrenza e della qualità nella gestione del know how
intellettuale, dunque, venne indicato come il primo traguardo da perseguire nella sfida economica agli
altri continenti. La prima conseguenza della ricerca di tale qualità è stata l’individuazione della
“formazione” quale mezzo di crescita intellettuale, ritenendo che il continuo approfondimento ed
aggiornamento della conoscenza fosse in grado di fornire al “prodotto intellettuale” quello sviluppo
necessario a vincere la “scommessa” di Lisbona. Se tale equazione può trovare una qualche
condivisione per i settori scientifici ed industriali, molto meno può ritenersi corretta per i settori
culturali – normativi. La natura stessa della “conoscenza” poggia sull’approfondimento e
sull’aggiornamento sì che appare quanto meno “tautologico” sottolineare la necessità di tali basi per
non solo una “crescita” intellettuale, ma pur anche per la sola conservazione della conoscenza che, per
propria natura, vive del proprio continuo ampliamento. Come sempre in Italia, a differenza del resto
dell’Europa, si è venuta a verificare una esasperazione dei concetti sì da rendere il così detto
aggiornamento e la formazione cavalli di battaglia irrefrenabili. Gli Ordini hanno visto nella gestione
della formazione dei propri iscritti la base di radicamento della propria funzione (funzione messa
pesantemente in discussione dall’altro caposaldo definito dall’Europa, la libera concorrenza); le
Università - che non appaiono in grado di sfornare, al termine del proprio ciclo di studi, professionisti
preparati al mondo del lavoro – hanno visto nell’offerta didattica fornita agli Ordini la fonte di
finanziamento sostitutiva della riduzione degli stanziamenti statali; le società commerciali, che nella
formazione hanno visto l’apertura di un rilevantissimo mercato di utenti. Tutto ciò senza che,
ovviamente, alcuna reale utilità ne derivasse per l’utente finale, il consumatore. L’enorme platea dei
professionisti chiamati all’aggiornamento, infatti, non consente che la “formazione” possa risultare
omogenea ed effettivamente utile, così come la semplice partecipazione ad alcune ore di un corso o di
una conferenza – non potendo sostituire l’effettività di uno studio approfondito delle varie materie –
non potrà mai produrre l’effettiva generalizzata miglior preparazione del professionista. Gli interessi in
ballo, però, sono talmente importanti (sia a livello economico che di radicamento di “potere”) che
nessuno svolge una analisi critica effettiva, rimanendo tutti corresponsabili del “grande inganno”. Le
esperienze già svolte dalle professioni giuridico/economiche (commercialisti, ragionieri, notai)
confermano non solo la velletarietà del progetto della “formazione obbligatoria” - in conseguenza, tra
l’altro, della impossibilità di svolgere un effettivo vaglio della partecipazione alle iniziative dei soggetti
e della oggettiva validità della qualità delle diverse proposte formative – ma ciò non ha impedito che il
Consiglio Nazionale Forense, senza minimamente interrogare gli avvocati, si sia arrogato il diritto di
imporre, con un proprio regolamento giuridicamente discutibile, la formazione permanente obbligatoria
anche per gli avvocati, una categoria chiamata dalla stessa connotazione della propria attività
professionale, al costante aggiornamento. Va rilevato, prima di tutto, che l’Italia è la nazione che
presenta – all’interno della Comunità Europea – la maggior produzione normativa annuale, sì che
appare davvero difficile poter immaginare un avvocato italiano che non si aggiorni sulle novità
normative che, quasi quotidianamente, vengono sfornate nelle diverse forme di Leggi, Decreti
Legislativi, Leggi Regionali, Regolamenti Ministeriali e quant’altro. Proprio tale continua produzione
normativa sta, da anni, costringendo gli avvocati a disegnarsi settori che, se non possono essere definiti
di specializzazione per mancanza di specifica disciplina, certamente definiscono con certezza la propria
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attività prevalente . In pratica sta scomparendo la figura dell’avvocato “a tutto campo” a favore di
avvocati che svolgono la propria attività prevalente in settori specifici della materia giuridica (civile,
penale, amministrativo etc.) e, all’interno di tali materie, in altrettanto chiaramente circoscritti
argomenti (lavoro, famiglia, commerciale/fallimentare, previdenza etc.). È sotto gli occhi di tutti,
dunque, l’inutilità di addossare l’obbligo di acquisizione di crediti formativi a circa 180.000 avvocati
(salvo le esenzioni previste per i soliti noti) con un mercato della formazione che, impossibilitato a
subire un qualsiasi effettivo controllo, non potrà mai far conseguire all’utente il proprio scopo
principale: potersi rivolgere ad un qualificato professionista. Tale percorso, che appare davvero
“scellerato” appare, oltretutto, contrario anche agli indirizzi che l’Antirust cerca di dare, in ossequio ai
principi europei, alle libere professioni: libera concorrenza e selezione operata dal mercato. Anziché
consentire, dunque, a chi vuole proporsi al mercato come effettivamente “esperto” della materia nella
quale svolge la propria attività prevalente (avendo clientela esclusivamente in quel settore, investendo
nell’aggiornamento cartaceo ed informatico in quello specifico settore, frequentando master e corsi
specialistici nella materia prevalentemente trattata) di poterlo fare con propria autoresponsabilità
(l’Autorità Garante per la Pubblicità Ingannevole risultando l’organo predisposto a valutare la
legittimità di tale dichiarazione del professionista), gli Ordini nostrali hanno progettato una inutile
macchina che viene a porre, da un lato, un ulteriore paletto costituito da una vera e propria nuova
“condizione all’esercizio della professione” (viste le sanzioni previste per i non “osservanti” delle
norma regolamentari) e, dall’altra, a vanificare il vaglio del mercato e l’effettività della auspicata
concorrenza andando a “omogeneizzare” gli accreditamenti. Chiunque avrà seguito quel determinato
“corso” sarà un bravo avvocato, indipendentemente da qualsiasi altra valutazione e dalla effettività
della partecipazione a quel corso. Il solo certificato di “presenza” ad un corso, valutato ed accreditato
dall’Ordine o dalle sue estensioni (le Fondazioni per la Formazione che ormai si stanno costituendo in
Italia a tutti i livelli), avrà più valore dell’attività giurisdizionale comunque svolta o della personale
formazione svolta nel proprio studio. Non v’é chi non veda in tale progetto formativo obbligatorio e
permanente un nuovo “Grande Inganno” ancora una volta a scapito di quell’utente finale il consumatore
che solo voleva capire meglio da quale professionista rivolgersi per risolvere il proprio specifico
problema. In ossequio all’Europa, dunque, in Italia saremo presto “Todos caballeros”, anche senza
saper effettivamente montare a cavallo.
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Indagine ItaliaOggi. Le firm italiane preferiscono curare da sole il profilo dei professionisti
Gli avvocati ora si formano in casa
Il master perde appeal. Ai giovani legali ci pensa lo studio
Gli anni d'oro del master volgono al tramonto. Ormai gli studi legali italiani privilegiano l'inserimento di
neolaureati da forgiare ´in casa'. Attraverso scuole di formazione ad hoc nate dall'accordo con università
straniere, come nel caso di Cms Adonnino Ascoli & Cavasola Scamoni. Periodi all'estero finanziati per giovani
avvocati presso altri studi o atenei, come offrono invece Bonelli Erede Pappalardo e lo studio Sutti. Oppure
formazione continua all'interno dello studio, ed è la scelta di Tonucci. Insomma, il filo comune tra le maggiori
law firm italiane sentite da ItaliaOggi, dalle quattro citate a Gianni Origoni Grippo & partners, Agnoli Bernardi e
associati e Toffoletto, è una crescente diffidenza nei confronti del master. Che, per avere appeal, deve avere
precise caratteristiche. Essere svolto in un'università estera, meglio se anglosassone, prima di tutto. E che sia
specializzante in un determinato settore in secondo luogo. Il motivo è presto detto. Gli studi legali puntano
sempre più sui giovani, che abbiano non più di 25 anni, e con una conoscenza perfetta dell'inglese. Legata, però,
al linguaggio giuridico specifico, dai rami del diritto internazionale a quello societario e così via. Ma vediamo
nel dettaglio il giudizio di questi sette studi legali italiani sull'opportunità o meno di conseguire un master.
Partendo da Cms Adonnino Ascoli e associati, che ha sottoscritto un accordo con la business school
dell'università di Losanna per costituire la Cms Academy. Perché, stando alle parole di Fabrizio Spagnolo,
partner dello studio, ´il master non dà sempre una marcia in più. In ogni caso, viene preso in considerazione se si
è svolto all'estero e in particolare in atenei americani o inglesi'. Non si fida del master neanche Mario Tonucci.
´Anni fa', ha spiegato infatti, ´garantiva una corsia preferenziale, ma oggi non è più così. O almeno, può
rappresentare un vantaggio se conseguito a 23-24 anni. La nostra carriera, infatti, è molto cruda e immediata,
quindi prima si entra e meglio è. Poi la formazione la facciamo internamente'. Preferisce puntare sulla
formazione ´in casa' anche Bonelli Erede Pappalardo, che offre ai suoi avvocati periodi all'estero, o presso altre
università per un master, o in un altro studio. ´Per noi il master è più efficace', hanno detto infatti i partner Fabio
Coppola e Giorgio Fantacchiotti, che si occupano di recruiting e formazione, ´se conseguito dopo l'ingresso nello
studio, tra i 28 e i 30 anni. Infatti, offriamo la possibilità ai nostri giovani avvocati di conseguire questo titolo
all'estero, oppure di fare esperienza presso altri studi stranieri. Tant'è che per noi le tappe ideali sono: l'ingresso
nello studio subito dopo la laurea, l'esame da avvocato, un'esperienza all'estero e il ritorno in Bonelli con un
bagaglio che fa la differenza'. Sulla stessa linea lo studio legale Sutti. ´Abbiamo una mentalità giapponese', ha
spiegato Stefano Sutti, ´e tendiamo a inserire neolaureati per poi farli crescere all'interno. A questo scopo,
prevediamo un contributo per lo svolgimento di attività formative all'estero. Detto questo, valutiamo con molto
interesse chi ha conseguito master veramente qualificanti. E parlo di un Nba, che dà una forma mentis adeguata
per lavorare nel nostro team'. Gianni, Origoni, Grippo & partners, invece, considera il master come un buon
canale di approvvigionamento. ´Ma vanno valutati molto attentamente', ha precisato Rosario Zaccà, responsabile
recruiting per Milano, ´noi guardiamo di buon occhio quelli della Columbia university o della New York
university'. Per Agnoli, Bernardi e associati contano soprattutto le esperienze maturate in altri studi. ´L'ideale', ha
dichiarato Giorgio Spanio, partner dello studio, ´sarebbe un periodo svolto all'estero in un'università seria. In
ogni nostro settore c'è infatti bisogno di uno specialista, con una perfetta conoscenza dell'inglese'. Lo studio
Toffoletto, invece, ha costituito un accordo con l'università di Trento, che assicura uno stage trimestrale a chi ha
conseguito un master con indirizzo in diritto internazionale e comparato. ´È fondamentale, comunque', ha
precisato Franco Toffoletto, ´la conoscenza del diritto del lavoro, delle lingue e una preparazione già orientata al
lavoro'. Gabriele Ventura
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Un premio per le news
Al via la prima edizione del Premio europeo in comunicazione giuridica ideato dall'Astaf,
l'Associazione nazionale stampa forense.
Tre le categorie premiate. Per la sezione nazionale sono stati selezionati sia un articolo pubblicato sulla
stampa sia un saggio in materie giuridiche. Per la sezione europea è stato selezionato un articolo
pubblicato sulla stampa europea e per la sezione Astaf un articolo pubblicato su una rivista aderente alla
stessa associazione.
La cerimonia di assegnazione del premio si terrà giovedì 24 maggio alla Reggia degli Orsini che ospita
il tribunale di Nola nell'ambito dell'apertura dei lavori del congresso generale della federazione degli
ordini forensi d'Europa (Fbe).
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IL SOLE 24 ORE
Cassazione penale. Interpretazioni divergenti sulle restrizioni introdotte nei casi di recidiva
«Ex Cirielli» tra due fuochi
Rimane l’incertezza sul divieto di prevalenza delle attenuanti
La Corte di cassazione si divide sulla ex Cirielli. E,alla fine,a dirimere l’incertezza potrebbero essere
chiamate in causale Sezioni unite. Due sentenze sono, infatti, intervenute in maniera opposta sul
delicato tema della recidiva e dei suoi effetti. Con la sentenza n. 16570, depositata il 3 maggio, la Corte
prende posizione in maniera decisa contro l’obbligatorietà della nuova disciplina degli aumenti di pena
per la recidiva (in particolare per quella aggravata e reiterata semplice). E non nasconde forti
perplessità, anche sul piano della legittimità costituzionale, sul divieto di prevalenza delle circostanze
attenuanti su quelle aggravanti in caso di contestazione della recidiva reiterata: se l’aumento di pena
non è stato inflitto scatterebbe comunque il bilanciamento con possibilità di prevalenza dell’attenuante
del fatto di lieve entità. La sentenza a 18302 dell’11 maggio, invece, conclude che la recidiva produce i
suoi effetti se è stata correttamente contestata e riscontrata, indipendentemente dalla decisione
sull’aumento della pena: così il divieto di prevalenza delle attenuanti vale anche se il giudice non ha
disposto l’incremento della sanzione.
Applicazione facoltativa. La prima pronuncia ha confermato l’interpretazione data alla legge 251/05
dal tribunale di Sassari che aveva ritenuto facoltativa l’applicazione della recidiva aggravata (che
sanziona conl’aumento della pena di due terzi il recidivo che torna a commettere un delitto non
colposo) anche dopo la riforma di due anni fa La Cassazione, nel complesso ragionamento seguito,
dichiara la sua vicinanza alle tesi della dottrina che vedono nel solo caso della recidiva pluriaggravata
(articolo 99, comma del Codice penale) un obbligo di applicazione. Negli altri due casi (articolo 99,
commi 3 e 4) l’applicazione sarebbe comunque legata alla discrezionalità dell’autorità giudiziaria. In
questo senso andrebbe, oltre che la valutazione sul carattere non autonomo delle due fattispecie prese in
esame, anche la considerazione dei lavori parlamentari. La stessa legge 251, poi, sottolinea la
Cassazione, in tema di reato continuato e concorso formale, introduce un aumento di pena fisso per i
«soggetti al quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma». Il riferimento
all’«applicazione» sembra così avere importanza sotto un duplice profilo; da una parte nel dichiarare
che quel particolare tipo di recidiva deve essere riconosciuta esistente, visto che, in caso di
obbligatorietà, non avrebbe senso chiedere che la recidiva debba essere applicata; poi il riferimento
all’effettiva applicazione sembra anche legittimare il bilanciamento con le attenuanti, in maniera tale da
legittimare la convinzione della facoltatività dell’applicazione della misura. Inoltre, in materia di
bilancia- mento si utilizza, quanto alle aggravanti, il termine «ritenute» che comporta sempre un
giudizio discrezionale sull’applicazione dell’aumento per recidiva reiterata.
Bilanciamento necessario. Proprio sul versante del bilanciamento, che la legge ex Cirielli ha precisato
negando, in caso di recidiva, la prevalenza delle attenuanti, la Cassazione ricorda che si tratta di
un’operazione imposta «dalla necessità di una valutazione complessiva del fatto delittuoso, tale che,
fermo il principio di proporzione tra pena e reato, consenta nel determinare la pena in concreto, di
tenere conto della particolare personalità del reo (...)». Una necessità cui non si può rinunciare nel nome
dell’obbligatorietà della prevalenza della recidiva. In altre parole, la facoltatività della recidiva ha come
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conseguenza l’accertamento in concreto della pericolosità sociale dell’imputato «sicché il requisito
oggettivo della precedente condanna non è sufficiente, in assenza dei presupposti soggettivi a fondare
non solo l’aumento di pena, ma anche il riconoscimento della recidiva agli altri effetti penali, ma solo a
determinare per un successivo delitto l’intervenuta dichiarazione».
Il divieto di prevalenza. La sentenza n. 18302, che ha bloccato gli effetti dell’attenuante della lieve
entità, invece, sottolinea che la recidiva, una volta accertato che sia stata correttamente contestata,
produce tutti gli effetti penali stabiliti dalla legge; è così applicabile il giudizio di comparazione
secondo la disciplina voluta dalla cx Cirielli, con il divieto di prevalenza delle attenuanti. La tesi
contraria, e cioè che la recidiva opera come circostanza aggravante solo quando il giudice la ritiene
espressione di una pericolosità soggettiva soggetta all’aumento di pena, «assume il chiaro significato,
sotto il profilo logico e giuridico, di elusione del divieto posto dal quarto comma dell’articolo 69 del
Codice penale. In concreto, si realizza, attraverso una fictio, il medesimo effetto nonvoluto dalla norma
e cioè quello della “prevalenza” della circostanza attenuante sulla “recidiva qualificata”». Giovanni
Negri
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Casse professionali, flessibili e autonome
di Maurizio de Tilla - Presidente Adepp e Fbe
Nel panorama generale di indifferenza verso le ragioni dei professionisti le Casse professionali hanno
certamente avuto un grande alleato, e questo è stato il ministero del welfare attraverso i ministri che si
sono succeduti (ultimo Cesare Damiano), i quali, insieme alla dirigenza, hanno sempre creduto negli
effetti positivi della privatizzazione anche come beneficio per lo stato sollevato dalle proprie
responsabilità primarie. Viceversa, se guardiamo dall'altra parte, non si registra la stessa comprensione
e partecipazione, ma si vedono i segnali minacciosi del ministero dell'economia. Non possiamo pensare
che il ministero dell'economia diventi l'ostacolo principale per lo sviluppo privatistico delle Casse
opponendo, come scusante, un'ottica deformata che si adduce come europea, ma non lo è. Tutti sanno
che nei conti europei figurano impropriamente gli attivi delle Casse private. Ora, possiamo pure
accettare che per il bene del nostro paese una parte di ricchezza privata, acquisita con il sacrificio e con
il risparmio privato, vada figurativamente nei conti generali e nel bilancio consolidato dello stato.
Ma una cosa è l'apparenza, altra è la realtà. I patrimoni delle Casse sono dei professionisti, non
appartengono allo stato.
Il futuro sarà segnato non solo dalla previdenza professionale obbligatoria, ma anche dagli ulteriori due
pilastri costituiti dalla previdenza complementare e dall'assistenza sanitaria integrativa.
Il parlamento ha varato nella scorsa legislatura una normativa che consente di istituire la previdenza
complementare e di creare un polo sanitario. La riforma Maroni ha sancito in maniera chiara e
inequivocabile la separazione ideologica e strutturale della previdenza privata da quella pubblica. È una
dichiarazione di principio che va sempre ribadita: ogni tanto c'è qualcuno che vorrebbe inserire una
norma di ´deriva pubblica' all'interno del mondo della previdenza privata.
La previdenza dei professionisti è rappresentata da una pluralità di modelli. Esistono sei, sette tipologie
nelle Casse professionali, e ognuna è autosufficiente e ha nel proprio valore intrinseco le capacità per
realizzare l'obiettivo della stabilità. Sia pure attraverso strade diverse. Ci sono un modularismo e una
flessibilità nella previdenza privata che fanno parte della creatività dei professionisti e dell'intelligenza
di questo settore del lavoro autonomo. L'Empam ha cinque modelli. La Cassa notarile ha il modello più
avanzato di solidarietà, di profilo molto alto. Altre Casse hanno accolto il principio contributivo e
hanno problemi opposti: vorrebbero rafforzare il proprio sistema per erogare pensioni migliori. Gli
avvocati adottano il sistema a ripartizione con il retributivo e pensano di raggiungere gli equilibri
finanziari attraverso tale percorso.
Il settore della previdenza privata trae principale fondamento da criteri di flessibilità. Che è il contrario
della rigidità di un sistema pubblico (e falsamente egualitario).
L'unità non significa uguaglianza a tutti i costi. Esiste ed è importante la diversità nell'unità.
Quindi, ´no' agli accorpamenti e agli interventi invasivi sulle Casse e sugli Ordini professionali.
(riproduzione riservata)
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ITALIA OGGI
L’intervento
Pubblica o privata, la pensione è instabile
di Stefano Rosa - Giunta nazionale Aiga
Nell'agenda politica è stato finalmente calendarizzato il tema della riforma delle pensioni, oramai non rinviabile:
la realtà, per quanto dura, va affrontata.
Nel nostro paese nessuno può dirsi sicuro del proprio futuro pensionistico: si tratta, d'altronde, di un problema
comune alla maggior parte delle nazioni, che trova la radice primaria nell'aumento dell'aspettativa di vita.
Le risorse destinate alla voce di spesa sono insufficienti a offrire garanzie per il futuro e sorprende che i
contribuenti o, per usare un termine caro ai neoliberisti, i consumatori ´vuoto a perdere' non abbiano ancora
reagito a un'inerzia che li vede destinati a spendere senza speranze di poter pretendere. Eppure, questo strano
paradosso non si verifica in nessun altro ambito di spesa, visto che a fronte di un pagamento si verifica sempre la
cessione di un bene o l'erogazione di un servizio. È preoccupante la situazione di instabilità dei sistemi
previdenziali italiani sul versante della previdenza pubblica e privata ed è inaccettabile che a essere penalizzate
siano le generazioni dei giovani, destinati a sopportare il carico maggiore di un debito pensionistico crescente al
quale politica ed economia non trovano rimedio. Il problema, peraltro, è di più ampio respiro, stante la mancanza
di una compiuta progettualità, idonea a far uscire il paese dalle secche nelle quali si trova: occorre riflettere se
questo dipenda dall'inadeguatezza delle nostre classi dirigenti, troppo spesso individuate in assenza di criteri
meritocratici, ovvero dalla precisa volontà delle stesse di sottrarsi alle logiche d'intervento così piegandosi a
condizionamenti lobbystici e compromessi tanto necessari per chi intende conservare e consolidare il proprio
potere.
Ritornando alla riflessione sulla specifica questione pensionistica, occorre verificare, alla luce delle indagini
effettuate e delle previsioni attuariali, quali siano le possibili soluzioni nel breve e medio periodo.
Il punto di partenza è il definitivo accantonamento del progetto di riforma licenziato lo scorso anno dalla Cassa
forense, in parte bocciato dai ministeri competenti, fondato sull'adozione di una serie di misure parametriche,
idonee a garantire l'equilibrio e la tenuta del sistema soltanto per pochi anni. Peraltro, l'esigenza di operare un
intervento strutturale, vanamente segnalata dai giovani avvocati attraverso audizioni, convegni, deliberati,
documenti, è resa indifferibile dalle nuove norme che impongono un periodo di riferimento di 30 anziché di 15
anni. Né sussiste alcun residuo impedimento a procedere in tale direzione per il nostro ente previdenziale, atteso
che i suoi poteri normativi sono stati decisamente ampliati. Venerdì prossimo, a Campobasso, rilanceremo il
dibattito su questi temi, tentando di individuarne il punto di arrivo e sottoponendo agli esperti, ai rappresentanti
delle istituzioni e alla politica le linee di riforma strutturale già individuate dall'Aiga anche attraverso lo studio
delle esperienze di altri paesi. In particolare, sarà interessante scoprire come in Svezia il locale Insurance board
(l'equivalente del nostro Inps) sia stato in grado di adottare un modello definito quale ´meccanismo automatico di
bilanciamento finanziario del sistema pensionistico privato' strutturato sugli stessi criteri proposti dai giovani
avvocati idonei a garantire la stabilità del sistema e realizzare il necessario equilibrio intergenerazionale .
L'auspicio è che la strada di una riforma strutturale sia finalmente intrapresa con decisione dal nostro ente,
piuttosto che imitare l'errore troppo spesso imputato alla politica di non perseguire l'obiettivo di un intervento
sistematico per limitarsi all'adozione di correttivi tanto deboli quanto inutili. (riproduzione riservata)
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ITALIA OGGI
In Friuli-Venezia Giulia fase operativa per la convenzione con il ministero
La regione manda rinforzi
Comandati 20 dipendenti e una guida on-line
Arriveranno in capo a un paio di mesi 20 unità di personale in più negli uffici giudiziari del FriuliVenezia Giulia. Si tratta di personale regionale che servirà a coprire lo scoperto in una regione già
modello di efficienza ma penalizzata da notevoli carenze di personale.
L'ultimo tavolo interistituzionale porta la data del 9 maggio scorso, prima di quella ci sono stati sul
tema almeno altri due incontri con il capo di gabinetto della regione e la direzione del servizio
informativo regionale.
A cinque mesi dalla firma dell'accordo di collaborazione tra ministero della giustizia e regione Friuli,
teso a migliorare il funzionamento della macchina giudiziaria, ItaliaOggi torna a fare il punto della
situazione con Renato Romano, dirigente della Corte d'appello di Trieste. L'interlocutore regionale che
ha seguito fin dall'inizio lo snodarsi delle fasi attuative dell'intesa è Gianni Pecol Cominotto, assessore
regionale al personale e ai sistemi informativi. Tre le aree d'intervento elencate a suo tempo
dall'esponente di giunta: ´Collocazione di nostro personale negli uffici, collaborazione informatica e
sinergia con il mondo universitario attraverso consulenze pubblico-istituzionali'. E ora che il protocollo
d'intesa conosce finalmente la fase operativa, Romano ne riassume le due linee di sviluppo seguite: ´Da
un lato il comando di personale regionale in attuazione del decentramento su base regionale di alcune
competenze del ministero della giustizia', così come stabilito dal decreto legislativo n. 240 del 25 luglio
2006, e dall'altro il potenziamento informatico con copertura finanziaria regionale'. Ma non finisce qui
perché accanto a questo protocollo d'intesa, primo caso italiano in cui una regione entra negli uffici
giudiziari attraverso personale e tecnologie informatiche di supporto, c'è anche l'individuazione di aree
di formazione comune tra regione e uffici giudiziari in campi come la linguistica e la formazione. Un
settore, quest'ultimo, all'avanguardia a Trieste: ´Qui abbiamo un'area specializzata attrezzata alla
formazione del personale amministrativo e giudiziario'.
Sulle modalità d'intervento di personale regionale negli uffici giudiziari la Corte d'appello risponde: ´Lo
strumento che utilizzerà la regione è una legge che sarà votata entro il 30 giugno e che autorizzerà
materialmente l'iniezione di personale'.
Progressi anche sul fronte informatico, dove è operativo già da qualche mese un software realizzato con
l'aiuto della regione in grado di consentire l'estrazione informatica dei nominativi dei giudici popolari.
´Stiamo poi realizzando un portale internet con allegato cd-rom che metteremo a disposizione del
cittadino in appositi luoghi di consultazione', introduce Romano. ´Si tratta di una guida giudiziaria che
includerà indirizzi, nominativi e ubicazioni dei vari uffici giudiziari della regione: c'è già una versione
cartacea ed entro un mese sarà tutto on-line. Un modo utile e diretto', considera, ´che metterà il
cittadino in grado di conoscere al meglio la realtà giudiziaria in cui vive, a cominciare dai servizi che lo
interessano più da vicino: gli esami per i praticanti avvocati, informazioni su affidi e adozioni da parte
del tribunale dei minori e nomina dei presidenti di seggio per le elezioni'. A tutto questo vanno poi
affiancati altri due progetti in fase di studio di fattibilità: la cogestione delle due biblioteche di tribunale
e Corte d'appello finora a uso interno e l'esternalizzazione di un centralino a cura della regione che dia
informazioni sull'ubicazione e le pratiche degli uffici giudiziari di tutta la regione con centralino
passante su Trieste'. (riproduzione riservata) Marzia Paolucci
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ITALIA OGGI
L'Angdp sceglie la linea dura per protestare contro la direzione degli uffici affidata ai togati
Astensione contro il ddl Mastella
Una settimana al mese di stop finché non verrà modificato
di Francesco Cersosimo - Presidente Associazione nazionale giudici di pace
Si mobilitano in tutta Italia i giudici di pace. In adesione a quanto deliberato dal XIII congresso
nazionale dell'Angdp, assemblee si sono tenute negli ultimi giorni a Taranto, Castrovillari-AmanteaReggio Calabria; altre ne sono programmate a Milano (23 p.v.), Napoli Bologna. È forte la presa di
coscienza e la volontà di contrastare il disegno di legge ministeriale sul nuovo status del giudice di
pace. È opinione diffusa che il riordino degli uffici venga utilizzato come cavallo di Troia per
modificare l'originalità della figura del gdp ed equipararla ai giudici onorari di tribunale. Infatti, se è
auspicabile un migliore utilizzo delle risorse negli uffici, sui giudicanti che amministrative, sulla scia di
quanto avvenuto per i tribunal, non è accettabile che a capo dell'ufficio circondariale sia posto un
magistrato di carriera part time con l'esclusivo compito di dirigere, controllare e proporre per sanzioni
disciplinari i giudici di pace. Per carità ,auspichiamo da sempre maggiori poteri per i coordinatori,
magari una migliore scelta non basata esclusivamente sull'anzianità,una temporaneità nel ruolo, ma da
questo a passare a un sistema ibrido (dove c'è uno esterno che comanda e duecento che sono comandati)
ce ne corre. La questione è delicata e seria. Mette in gioco l'autonomia e l'indipendenza del giudice.
Forse è anticostituzionale. Come può un giudice di tribunale, naturale giudice dell'appello, essere nel
contempo a capo di un ufficio che emette le sentenze di primo grado? Non è chi non veda l'assurdità
anche pratica di tale meccanismo: si distrae un notevole numero di magistrati (tanti quanti sono i
tribunali) dalle attività giudicanti per applicarli a funzioni di controllo dal sapore ispettivo. Non risulta
che il Csm sia stato consultato al riguardo.
C'è bisogno di questo? Il buon senso dice di no. E allora? Semplice. Non si dice, ma è chiaro. Questi
gdp, che in questi anni hanno contribuito con i loro milioni di procedimenti definiti a tenere a galla la
barca della giustizia italiana sono indigesti a tanti. Questi giudici devono essere riportati in un alveo
ancillare, come i Got e i Vpo. Con riunioni di ufficio ed incontri obbligatori devono uniformare i loro
comportamenti. Per carità senza imposizioni, non previste dalla legge, ma semplicemente con un a
direzione esterna. Ma veramente non si vuole comprendere il grave vulnus? Abbiamo chiesto e
auspichiamo un incontro sul tema con il capo dello stato, quale presidente del Csm e supremo garante
dei principi ispiratori della giustizia .
Questo aspetto del disegno di legge nel pre consiglio di ministri è passato inosservato. Si è chiesta una
pausa di riflessione sulla continuità dell'incarico, originariamente prevista con rinnovi quadriennali,
previa verifica di professionalità sino al compimento dei settantacinque anni, per come è già avvenuto
per i giudici tributari.
La continuità attualmente è disciplinata dalla legge n. 168/2005. Se la matematica non è un'opinione il
gdp dura in carica dodici anni. Ed è quanto avvenuto per i gdp di più vecchia nomina, rinnovati
nell'anno 2006 .Tale legge ha convertito il dl 30/6/2005 n.115, che prevedeva una proroga i due anni
per igdp in servizio. Il parlamento all'unanimità ha introdotto un terzo mandato di quattro ani per tutti.
A fronte delle obiezioni in consiglio dei ministri il ministro di giustizia si inventa un giudice stop and
go al trascorrere di anni otto, anzichè anni dodici per com'è attualmente previsto dalla legge in vigore.
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Dopo otto anni prevede per i gdp che abbiano superato tutto il percorso ad ostacoli, rappresentato dalla
continue e giornaliere valutazioni, un fermo di almeno quattro mesi (senza stipendio) e il trasferimento,
in caso di nuova nomina, ad altro circondario. Dal che da giudice stop and go, il malcapitato diventa un
giudice globe trotter, cui deve far fronte con il lauto stipendio che un lavoro a cottimo garantisce.
Insomma, il rimedio proposto dal ministero della giustizia è peggiore del male. E questo il disegno di
legge che è all'attenzione del consiglio dei ministri, senza che alcuna riflessione di gdp sia stata accolta.
E sul quale le associazioni sindacali hanno aperto la procedura di sciopero, cui ha fatto seguito un
incontro per il raffreddamento il 24 aprile u.s alla presenza del sottosegretario Scotti e degli alti
dirigenti del ministero. Dall'incontro nessuno ha tratto conclusioni positive e la macchina
dell'astensione ha continuato a girare. Nel frattempo L'Angdp ha incontrato i responsabili giustizia dei
Ds e Margherita (sen. Brutti e on. Tenaglia) e si ripromette nei prossimi giorni di incontrare tutti gli
altri di maggioranza e di minoranza.
Sabato 12 u.s. ho partecipato all'assemblea dell'Unione, cui sono stato invitato, e ringrazio per l'invito
per l'accoglienza riservata a me e ai colleghi Ferrini e Summa, rispettivamente segretario della giunta
esecutiva e presidente distrettuale della Campania. Ho appreso di una lettera di augurio per i lavori del
ministro Mastella nella quale si dice ´ho inoltrato alla presidenza del Consiglio uno schema di disegno
di legge che tiene distinta la situazione di gdp dalla più ampia e spinosa tematica dell'intera
magistratura non di carriera e che quanto meno accoglie alcune delle vostre richieste secondo una
prospettiva in progress migliorabile in futuro, forse attraverso lo stesso esame parlamentare'.
L'assemblea, pur essendosi dichiarata all'unanimità per una astensione, sembra che nei vertici abbia
recepito il messaggio ministeriale e l'Ansa il 12/5/2007 alle ore 17,42 riferiva ´I giudici di pace che
aderiscono all'Unione nazionale congelano l'idea dello sciopero in attesa di valutare come si tradurrà in
pratica l'impegno assicurato dal ministro Mastella a prender in considerazione le ragioni della
categoria'.
Premesso che l'Angdp non ha un proprio codice di regolamentazione dello sciopero, in quanto nel 2000
venne presentato solo dall'Unione e in seguito non ve n'è stato bisogno, avendo le due associazioni
costituito la Federazione, occorre che vi sia il massimo di unità possibile, affinché le decisioni siano
condivise da tutti. Appare singolare infatti il comunicato dato all'Ansa, senza una preventiva
concordanza tra le associazioni. Noi siamo convinti che allo stato nulla potrà cambiare senza il
coinvolgimento politico del parlamento e delle forza sindacali e sociali della nazione, cui i gdp
dovranno rivolgersi per spiegare le loro ragioni, senza differimenti. Per fare questo occorre proclamare
una astensione dalle udienza per una settimana al mese, sino a quando non si avranno concrete
disponibilità a tenere nel giusto conto le aspettative di magistrati di pace. In tale ottica ben venga
l'assemblea unitaria di Milano del 23 prossimo
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ITALIA OGGI
Tutti i buoni motivi per garantire la tutela previdenziale
Italia Oggi pubblica uno Stralcio della relazione del prof avv. Leonardo Carbone della scuola di specializzazione
forense dell'Università di Macerata - Camerino tenuta alla XIII Assemblea generale Associazione nazionale
giudici di pace Napoli 20.4.2007 Allo stato, i giudici di pace sono privi di ogni copertura previdenziale,
nonostante essi svolgano importanti funzioni giurisdizionali, sospendendo o riducendo l'attività professionale
forense (rendendo ancora più difficile il loro ingresso o la permanenza nella previdenza forense); tale condizione
dei giudici di pace e l'assenza di contribuzione previdenziale appare in contrasto con l'art. 38 Cost. Il lavoro
svolto con professionalità, costanza, dedizione e impegno, dai giudici di pace viene compensato con una
retribuzione a cottimo, senza alcuna salvaguardia per la posizione previdenziale durante la durata dell'incarico.
Per la tutela previdenziale dei giudici di pace avvocati, lo stato dovrebbe riconoscere il versamento alla cassa
forense dei contributi spettanti in proporzione alle somme corrisposte periodicamente per l'attività di giudice di
pace. E ciò soprattutto in considerazione che in ordine al trattamento fiscale dei compensi erogati ai giudici di
pace, il ministero di giustizia con circolare n. 19 del 12/9/1996, ha espresso l'avviso che i compensi stessi
debbono essere assimilati ai redditi di lavoro dipendente previsti dall'art. 47 del dpr n. 917/86, con conseguente
esclusione degli stessi compensi dall'assoggettamento al contributo alla gestione separata Inps (in termini,
circolare Inps n. 83 del 28/3/1997, punto 8). Aggiungasi che in materia previdenziale vige il principio di unicità
della posizione previdenziale, che deriva dal fatto che nel reddito professionale e nella contribuzione
previdenziale va inclusa non solo l'attività professionale ma anche quelle attività che sono spesso connesse alla
qualità di avvocato, fra cui non può non farsi rientrare la carica di giudice di pace. Gli avvocati-giudici di pace
svolgono una funzione da tutti apprezzata e dedicano quasi in via esclusiva la loro attività alla funzione di
giudice, sospendendo o riducendo l'attività professionale, con conseguenti risvolti negativi, come già detto, sulla
tutela previdenziale. Infatti, la riduzione dell'attività professionale può portare a una riduzione del reddito
professionale fino a una soglia inferiore a quella fissata per l'esercizio professionale continuativo, che costituisce
requisito indispensabile per l'iscrizione alla cassa forense e per la valutazione degli anni ai fini pensionistici, con
dubbi di legittimità costituzionale ex art. 38 Cost.: le funzioni di gdp potrebbero portare alla espulsione
dell'avvocato dall'ordinamento previdenziale o impedirne l'accesso. Se l'avvocato-giudice di pace è iscritto alla
cassa forense, è evidente che ogni attività da lui svolta, sia professionale che autonoma, sia di giudice di pace,
deve essere tutelata e deve accedere alla sua unica posizione previdenziale obbligatoria, e cioè alla cassa forense.
Nell'ambito della pluralità dell'attività dell'avvocato, va inclusa quindi anche l'attività di giudice di pace. Il
legislatore non può ignorare il problema; dovrà farsi carico di apprestare strumenti legislativi che prevedano la
tutela previdenziale dei gdp che svolgono anche la professione forense, con possibilità di fare valere il periodo di
lavoro esplicato come giudice di pace ai fini della iscrizione alla cassa forense, con applicazione del principio
dell'attrazione del reddito in quello professionale. È necessario anche per i giudici di pace, come già detto, il
rispetto del principio della unicità della posizione assicurativa presso un solo ente previdenziale (per gli avvocati,
la Cassa forense), principio sempre più urgente in un quadro (attuale) di flessibilità del lavoro (di quello
autonomo e professionale). Non è pensabile che al lavoro svolto dal gdp non si debba attribuire una tutela
previdenziale rapportata alla retribuzione (o indennità) riscossa: la tutela previdenziale non può comportare
disuguaglianze di trattamento. È sempre più necessario ed urgente che il trattamento economico erogato dal
ministero della giustizia ai giudici di pace iscritti alla cassa forense, venga attratto nella posizione contributiva e
pensionabile in essere presso la cassa forense. Verrà così ad essere estesa ai Giudici di Pace la stessa disciplina
prevista dall'art. 39 della legge n. 488 del 1999 per i componenti delle c.d. autorità indipendenti. Occorre una
riforma dell'imponibile contributivo prevedendo l'accredito di tutti i contributi, per tutte le attività esercitate,
nella gestione previdenziale che tutela l'attività principale: e nella fattispecie in esame, nella cassa forense,
essendosi in presenza di avvocati iscritti all'albo professionale e che esercitano in via principale, anzi esclusiva,
l'attività forense. Allo stato è difficile giustificare un ulteriore ritardo alla attuazione della concreta e legittima
aspettativa dei giudici di pace a vedersi riconosciuta, come per qualsiasi altro lavoratore, la tutela previdenziale.
Per la realizzazione concreta della tutela previdenziale dei giudici di pace è necessario, però, da parte di tutti,
anche dei giudici di pace, appoggiare l'azione che la cassa forense da anni sta conducendo per una tutela
previdenziale efficace ai giudici di pace.
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