Pochi si rendono conto che questo è un Paese assetato di giustizia

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Pochi si rendono conto che questo è un Paese assetato di giustizia
Pochi si rendono conto che questo è un Paese assetato di giustizia. Anche se finge di non crederci,
anche se pratica il vezzo del cinismo, anche se per abitudine preferisce allearsi coi più forti, anche
se pretende di credere che la furbizia vinca su tutto. Quel poco o molto di buono che c’è nel Paese
ha un bisogno fisiologico, estremo di giustizia. E non di una giustizia astratta, sbandierata,
retorica, proclamata e fumosa. Ma di quelle piccole giustizie quotidiane che costituiscono poi la
grande rete del vivere civile. [Dacia Maraini]
Presentato a Roma il 26 marzo 2009, ‘Sulla mafia’ di Dacia Maraini, edito da Giulio Perrone
Editore, propone in apertura la testimonianza di una madre, la madre di un pentito di mafia morto
ammazzato. Ma non solo, l’autrice affronta diverse storie di mafia in questo libro il cui scopo è
soprattutto quello di incitare all’attenzione, all’impegno sociale, alla partecipazione, perché è solo
in questo modo, partecipando alla vita politica e sociale, che si può contrastare questo tumore che
da troppo tempo tiene l’Italia legata al palo
IL LIBRO – Una madre e suo figlio. Lui, pentito di mafia, è stato ucciso per
vendetta. Lei gli porta fiori e un paio di scarpe. “Sono venuta per maledirti”,
dice. Eppure non riesce a negargli un gesto ultimo di pietà umana.
Dacia Maraini prende le mosse da questa storia immaginaria, ispirata a fatti
veri e narrata in forma di monologo, per affrontare il tema della mafia. Mette in
gioco la sua esperienza personale, la sua memoria: una Palermo lontana dove
si sentiva dire “la mafia non esiste”, i volti degli uomini che l’hanno
combattuta; storie grandi e piccole di questi nostri anni, la morte di Falcone e
Borsellino, quella di Rita Atria, “siciliana ribelle”; i silenzi colpevoli della società
civile, il legame della criminalità con la politica, il grido dei ragazzi di Locri, il
dolore di Napoli. Lo sguardo è quello di una testimone partecipe e attenta, che
si interroga sui confini tra lecito e illecito, sulle responsabilità civili.
L’AUTORE – Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali,
poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, tradotti in venti paesi. Ricordiamo
Memorie di una ladra (1973), Isolina (1985), Bagheria (1993), Voci
(1994), Dolce per sé (1997), Colomba (2004) e Il treno dell’ultima notte
(2008).
Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con La lunga vita di Marianna Ucrìa e
nel 1999 il Premio Strega con Buio. Scrive sul “Corriere della Sera”.
Un libro poliedrico, in cui si alternano momenti letterari – il monologo “A piedi nudi” – e
commenti a eventi di cronaca, di cui la Maraini si è occupata negli ultimi anni e si occupa tuttora
attraverso le pagine del “Corriere della Sera” (dall’attentato a Paolo Borsellino alla lentezza
dell’iter giudiziario, dal caso di Bagheria alla reazione dei ragazzi di Locri dopo l’assassinio di
Francesco Fortugno).
Si ha l’impressione di leggerlo già negli occhi del contadino di Kazimir Malevich
posto in copertina (Testa di contadino, 1928-32), lo sdegno, l’affronto e non
ultima la forza reattiva delle parole con cui Dacia Maraini affronta un tema
complesso e delicato come quello della mafia nel libro Sulla mafia (Giulio
Perrone Editore, 2009).
Un atto di estrema rottura, quello dell’artista ucraino, padre del suprematismo,
assertore della libertà dal fine puramente estetico e pratico dell’arte, incisivo
come la testimonianza che l’autrice vuole offrire attraverso la sua scrittura.
Un libro poliedrico, in cui si alternano momenti letterari – il monologo “A piedi
nudi” – e commenti a eventi di cronaca, di cui la Maraini si è occupata negli
ultimi anni e si occupa tuttora attraverso le pagine del “Corriere della Sera”
(dall’attentato a Paolo Borsellino alla lentezza dell’iter giudiziario, dal caso di
Bagheria alla reazione dei ragazzi di Locri dopo l’assassinio di Francesco
Fortugno), fino al dialogo conclusivo, un’intervista (a cura di Paolo Di Paolo) in
cui la scrittrice ribadisce la sua testimonianza e il suo punto di vista sul
confine tra lecito e illecito, sulla necessità sempre più impellente di
giustizia, sull’attuale rapporto tra i giovani e la legalità, su quale può
essere la via da seguire per cominciare a reagire e a cambiare
qualcosa nelle relazioni tra mafia e giustizia.
In “A piedi nudi” la scrittrice dà voce alla disperazione di una madre costretta a
rinnegare l’amore per il figlio pentito di mafia, ucciso per aver parlato, dando
vita a un tormentoso contrasto tra il viscerale sentimento materno e il
rinnegamento a cui è costretta per proteggersi dalle continue minacce.
Purtroppo una realtà quotidiana, a cui la Maraini si è ispirata, rendendone tutta
la drammaticità.
Un’attualità – quella del pentitismo, con tutto ciò che ne consegue – figlia di un
cambio di cultura, un vero e proprio cambiamento antropologico per cui
l’omertà non è più percepita con la convinzione di tempo ma è vista quasi
esclusivamente come un dovere. Un cambiamento importantissimo, che
consente di approfondire la conoscenza dei meccanismi interni e dei rapporti
con la società, perché si possa iniziare a combatterli.
In questa prospettiva è fondamentale far comprendere il disvalore – afferma la
Maraini – l’unica strada, forse, per raggiungere risultati concreti. Questo
perché un certo grado di criminalità organizzata è presente in tutto il mondo, il
problema si pone nel momento in cui quest’ultima entra nelle istituzioni, cosa
che purtroppo sembra accadere soprattutto – se non unicamente – in Italia.
Ciò costituisce senz’altro l’aspetto più grave e sconcertante e al tempo stesso
la forza maggiore della mafia, qualcosa su cui si dovrebbe riflettere, insistere e
agire di conseguenza.
Quale esempio può mai scaturire da una società che anziché reagire diventa
strumento, giocando un ruolo passivo nella ormai imprescindibile battaglia per
la giustizia? L’esistenza di modelli influenti – sostiene la scrittrice – è
fondamentale perché qualcosa possa realmente cambiare nella nostra società.
L’esempio è l’unica, vera educazione, soprattutto per i giovani, tutt’altro in
confronto agli sterili e immobili eroi che ci vengono propinati incessantemente,
salvo poi scomparire il giorno successivo, relegati nell’oblio di un’amnesia
collettiva.
È sulla coscienza civile che bisogna far leva se davvero si vogliono
compiere gesti concreti e non soltanto ostentare belle parole fini a sé
stesse.
Una testimonianza di grande valore, quella di Sulla mafia, per l’attualità
e il vigore della riflessione proposta, nonché una prova importante per la Giulio
Perrone Editore, orgogliosa di ospitare una scrittrice come Dacia Maraini
all’interno della collana «Racconti d’Autore» – diretta da Paolo Di Paolo –
proprio in occasione del quarto anniversario della casa editrice.
Oggi, 23 Maggio, anniversario della strage di Capaci, per la nostra rubrica cibo per la mente
parliamo del libro “Sulla Mafia” di Dacia Maraini e ne parliamo con lei, una delle scrittrici
italiane piu’ conosciute e tradotte nel mondo. “Quando vivevo a Palermo la mafia non si nominava
nemmeno. Se qualcuno, magari uno straniero, chiedeva: ma la mafia cos’e'? La gente rispondeva:
la mafia non esiste, e’ un’invenzione della stampa“. Con questa frase eloquente inizia il libro.
Ma la bambina Dacia vuole capire cosa si nasconde dietro quella parola ascoltata per la prima volta
dallo scrittore Danilo Dolci e comincia a divorare libri sulla mafia, come la storia della Sicilia dello
scrittore inglese Dennis Mack Smith. Da allora la scrittrice, siciliana di Bagheria per parte di madre,
non ha mai smesso di interrogarsi su questo inquietante fenomeno italiano, sulle sue connivenze con
la politica, sul ruolo dei pentiti, sui grandi assassinii mafiosi, sul rapporto omertoso tra la mafia ed i
siciliani e sulla ribellione dei ragazzi di Locri dopo l’omicidio Fortugno. Tutto questo e molto altro
ritroviamo in questo saggio che raccoglie piccole e grandi storie che il tempo ha ricoperto di una
patina di polvere, ma non dimenticate finche’ ci saranno scrittori o scrittrici come Dacia Maraini
che ce le riproporranno. Indimenticabile simbolo del dolore di tutte le donne di Sicilia la figura
della madre del pentito ucciso per vendetta del monologo iniziale “A piedi nudi”, che vive la
contraddizione di dover rinnegare il proprio figlio ma non per questo rinuncia ad andarlo a trovare
di nascosto al cimitero “per portargli le scarpe perche’ la notte sogna che lui le dice di aver freddo
ai piedi”.
“L’offesa alla verita’ sta all’origine della catastrofe”. Signora Maraini, desidera spiegarci il
significato di questa frase tratta dall’Edipo Re di Sofocle che appare all’inizio del saggio? Cio’
che dice Sofocle lo ritengo molto giusto. Quello che manca nella nostra politica e’ proprio questo:
la mancanza di trasparenza che e’ un’offesa alla verita’. Se ci fosse trasparenza non ci sarebbe la
mafia. La mafia e’ dovuta alla mancanza di trasparenza e al fatto che la criminalita’ che esiste in
tutti i paesi del mondo diventa gravissima quando si interseca con la politica, inserendosi nei gangli
delle istituzioni, nell’amministrazione pubblica, che sia quella di un comune, di un provincia di una
regione o anche di un governo. Questo avviene quando non c’e’ chiarezza. Quindi non c’e’ verita’.
La trasparenza e’ essenziale, significa capire, parlare: da dove vengono i soldi, chi ha dato il voto a
quel determinato candidato, da dove viene. Se tutto fosse trasparente al 100% non ci sarebbe la
mafia. Sono le oscurita’, le ambiguita’, le fumosita’ che portano ai rapporti di omerta’.
Chi era Emanuele Notarbartolo? Era un amministratore tradizionalista, conservatore, legato alla
legge. Si limitava ad applicare la legge e nell’applicarla ha dato fastidio ai mafiosi i quali lo hanno
ammazzato brutalmente. Questo succedeva a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.
Il Giudice Falcone diceva che “la mafia viene conosciuta per quello che e’ solo quando i
mafiosi cominciano a parlare”. Quanto e’ importante il ruolo dei pentiti per combattere la
mafia? E’ essenziale perche’ solo loro conoscono dall’interno la mafia. E’ un sistema basato sulla
segretezza, se soltanto un pentito inizia a parlare tutto il sistema crolla. Infatti i mafiosi odiano a tal
punto i pentiti, che non solo li uccidono tutti ma uccidono tutte le loro famiglie, tutto quello
che sta intorno a loro. Per i mafiosi il pericolo piu’ grave di tutti e’ “quello che parla”
perche’ la mafia si basa sul principio dell’omerta’.
Cosa ritiene sia cambiato nella mentalita’ degli italiani e dei siciliani in particolare
dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio del 1992? Credo che cominciano a sentire la distanza,
voglio dire che prima esisteva una cultura mafiosa che era molto diffusa anche in chi non era
asservito alla mafia. Per esempio il principio di omerta’ fa parte della cultura mafiosa, anche chi
non ne e’ partecipe tace, quindi in qualche modo aderisce a questa cultura. Qualcosa e’ cambiato
anche grazie ai giudici Falcone e Borsellino che hanno capito l’importanza straordinaria delle
parole dei pentiti. Infatti oggi ci sono molte associazioni anche giovanili che sono contro la mafia,
prima non c’era nulla di tutto questo. Per esempio l’Associazione degli Imprenditori Siciliani ha
deciso che chi non denuncia le richieste di pizzo puo’ essere espulso dall’Associazione. Questa e’
una cosa straordinaria che non era mai accaduta prima.
Anche se la storia del monologo e’ inventata, quante sono ancora in Sicilia le madri di pentiti
uccisi per vendetta che sono costrette ad andare a trovare di nascosto il proprio figlio al
cimitero? Purtroppo sono molte perche’ in certe zone, non dappertutto, ancora vige la cultura
dell’omerta’ e della paura. La storia e’ inventata ma potrebbe benissimo essere vera perche’ e’ tratta
da storie vere.
Rosario Livatino, Emanuela Loy, Rita Atria, sono nomi conosciuti alle giovani generazioni?
Nel mio libro ho fatto una distinzione netta tra “eroe” e “modello”. L’eroe e’ qualcuno che si mette
su di un piedistallo e si dimentica la’, non ha nessuna funzione nella vita delle persone. Il modello,
invece, e’ un insegnamento che viene dall’interno, qualcosa che si fa nostro, valori che si attingono.
La nostra societa’ ha la tendenza a creare degli eroi ma non a creare dei modelli, queste persone
citate potrebbero essere prese come modello di comportamento. Piu’ modelli e meno eroi. Alcuni
giovani conoscono il nome di Livatino, Emanuala Loy, Rita Atria. I giovani quando sono stimolati
rispondono molto bene, meglio di tanti altri, se c’e’ qualcuno che glielo ricorda, che glielo dice.
Spesso sono gli adulti che non capiscono quanto i ragazzi siano bisognosi di verita’ e di giustizia.
La difficolta’ e il dolore di dover farei i conti con la realta’. E’ per questo motivo che
paragona alcuni siciliani ad Eugenia, la bambina miope protagonista del bellissimo ed
emblematico racconto della Ortese “Un paio di occhiali”? C’e’ un po’ la voglia di non vedere di
dire “va tutto bene”, non si vuole vedere la realta’, se qualcuno ti regala un paio di occhiali vedi
invece che le cose non vanno affatto bene, che bisogna cambiarle. Per non muoversi, per non essere
costretti dalla propria coscienza a cambiare atteggiamento si preferisce buttare gli occhiali.
Alessandra Stoppini
Un libro è cibo per la mente. Se non sapete cosa donare a voi stessi o ad un amico, regalate cibo
per la mente, è un sano nutrimento: “Sulla Mafia” di Dacia Maraini, Giulio Perrone Editore 2009,
pp.98, Euro
Nel libro Sulla mafia, Dacia Maraini parla di piccole giustizie quotidiane, quelle piccole di tutti i
giorni, in contrapposizione a quel pensare corrente che la mafia non è il nostro problema perché non
ci tocca direttamente.
E proprio nel fatto che molti non se ne rendano conto è la contraddizione della sua esistenza.
E’ la storia di una madre di un pentito di mafia, un collaboratore di giustizia, come li chiamano
oggi, finito morto ammazzato. Una madre che quando arriva a trovare il figlio, o meglio il suo
cadavere, lo maledice, portandogli però un paio di scarpe, come estremo atto di pietà verso la morte.
A questa storia seguono, o meglio si intrecciano, altre storie quotidiane, dove il protagonista è
l’impegno, la lotta, la partecipazione alla vita sociale e politica, unico modo per iniziare a
sconfiggere la mafia come cultura della prevaricazione. Nel libro si parla anche di esperienze
personali, con descrizioni di volti e personaggi di queste lotte, come Falcone e Borsellino, punto
focale, simbolo della lotta alla mafia.
Ci sono riferimenti a personaggi minori, storie piccole ma significative, spesso di donne, unite o da
sole, vittime soprattutto di avvenimenti più grandi di loro, ma capaci di atti di rivolta importanti e
simbolici. Da Palermo a Napoli, dunque, un viaggio interessante in un mondo che ci circonda, che
non possiamo ignorare, che dovremmo conoscere sempre di più, perché conoscere il problema è
buona parte della sua soluzione
La Palermo di ieri e le connivenze di oggi. La dittatura delle mafie combattuta con il rispetto della
legalità e i pentiti, croce e delizia della società italiana. Tra cronaca e letteratura, i libri sulla mafia
sanno
fare
rumore.
È il caso dell’ultimo romanzo-inchiesta di Dacia Maraini ‘Sulla mafia’, edito da Giulio Perrone, che
durante l’ultima Fiera della Piccola e Media Editoria di Roma appena conclusa ha lanciato un invito al
dibattito, raccolto dal Procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso.
Impossibile restare indifferenti di fronte alla realtà, distante solo qualche decennio, raccontata dalla
scrittrice di Bagheria nell’incipit del suo libro. “Quando vivevo a Palermo la mafia non si nominava
nemmeno. (…) ma la mafia cos’è? la gente rispondeva: la mafia non esiste, è una invenzione della
stampa”. Un principio di omertà ancora troppo attuale e che si umanizza nella madre di un giovane
pentito, ucciso dalla mafia, che lei maledice di giorno e a cui, solo nel buio della notte e lontana da
orecchie
indiscrete,
riesce
a
dimostrare
il
suo
affetto.
Lo conferma il Procuratore Grasso che spiega come la lotta dell’antimafia ruoti attorno a quelli che,
precisa, si chiamano collaboratori di giustizia. “Le mafie hanno come caratteristica la segretezza, la
legge del silenzio, e i cosiddetti pentiti ci hanno fatto scoprire i segreti di queste organizzazioni e le
relazioni economiche, politiche e sociali. Ma – aggiunge – loro vanno bene solo quando parlano di taglia
gole, quando toccano altre categorie ci si ricorda di sottolineare che sono delinquenti”.
Se
è
avvenuto
un
cambiamento
corale
è
anche
merito
della
comunicazione,
della
parola.
Quella riscontrata nella prassi dell’Antimafia, che ha ricostruito la struttura delle mafie che “come un
sistema totalitario hanno paura della parola”. Un patto di silenzio che si spezza “quando le persone
vedono un mafioso condannato all’ergastolo, a cui viene impedito di far godere alla sua famiglia i beni
accumulati. O quando il mafioso stesso si vede allontanato dai suoi uomini”. Organizzazioni potenti e
radicate, solo se non viene a mancare il consenso popolare al boss di turno. E finché non si intercetta la
rete
di
connivenze
con
altri
poteri.
Estraendo un piccolo foglio, Piero Grasso legge il contenuto di un pizzino del latitante Matteo Messina
Denaro “Abbiamo meno potere contrattuale”. Si conosce il peccato, ma non l’altro peccatore.
Come spiega il procuratore, si tratta di un potere fatto di interessi economici e finanziari che tramite dei
politici ha garantito a “personaggi come Riina e Provenzano contatti con un’azienda russa energetica (…)
e alla ‘ndrangheta, specializzata negli stupefacenti, di investire in industrie per la raffinazione di droghe in
Sud America, con un traffico che la rende una potenza economica”.
Dalla prospettiva dell’intellettuale, anche Dacia Maraini riflette sul passato e lo ripercorre fino al presente,
passando dalla narrazione alla cronaca e allegando una raccolta di suoi articoli pubblicati negli ultimi 18
anni. Mettendo a fuoco, in controluce, la rete di eventi marcati Cosa Nostra. Dal sequestro del piccolo
Farouk Kassam fino alla lotta quotidiana di una madre, Felicia Impastato, a cui è stato ucciso dalla mafia
il figlio Peppino, passando dalle morti di Falcone e Borsellino definiti dalla scrittrice “più che eroi che si
dimenticano,
modelli
da
seguire
e
portare
dentro”.
Voci non sempre ascoltate e soffocate dal divieto cieco di associare la Sicilia alla mafia. Come la storia del
sindaco palermitano Notarbartolo che cercò di rimettere in sesto il Banco di Sicilia e l’ospedale
cittadino distrutti dalla bancarotta e lo fece puntando ad una politica rigorosa e quindi “del tutto
rivoluzionaria”, che lo condannerà a morte su un treno nel silenzio dei testimoni. Un fatto divenuto testo
teatrale, commissionato alla Maraini e da anni accantonato. Un altro personaggio in cerca di giustizia.
9 dicembre 2009
Dacia Maraini è oggi una tra le più conosciute scrittrici italiane, probabilmente
la più tradotta nel mondo.
Esordisce nel 1962 con il romanzo La vacanza, seguito da L’età del malessere
(Premio Internazionale Formentor 1963).
Si ricordano inoltre Memorie di una ladra (1972), Donna in guerra (1975),
Storia di Piera (1980, scritto in collaborazione con Piera Degli Esposti), Il treno
per Helsinki (1984), Isolina (Premio Fregene 1985), La lunga vita di Marianna
Ucrìa (Premio Supercampiello 1990), Bagheria (1993), Voci (1994), Dolce per
sé (1997), Buio (Premio Strega 1999), Colomba (2004), Ho sognato una
stazione (2005), I giorni di Antigone (2006) e Il treno dell’ultima notte (2008).
Autrice anche di testi teatrali (Maria Stuarda, 1975; Dialogo di una prostituta
con un suo cliente, 1978; Stravaganza, 1987; Veronica, meretrice e scrittora,
1991; Camille, 1995) e di poesie (Crudeltà all’aria aperta, 1966), scrive
attualmente sulle pagine del “Corriere della Sera”.
La Giulio Perrone Editore viene fondata a Roma nel 2005 da Giulio Perrone e
Mariacarmela Leto. Frutto della passione e dell’impegno, si distingue per la
qualità dei testi pubblicati e una grafica degna delle maggiori case editrici.
Nel 2006 ha inizio la serie di corsi dedicati alla scrittura creativa, alla
traduzione letteraria, al giornalismo culturale e all’editoria, che vantano
numerose iscrizioni e la collaborazione con importanti case editrici italiane
(Fazi, Laterza, Newton & Compton, Nottetempo, Rizzoli), oltre che presenze
prestigiose (Raffaele La Capria, Dacia Maraini, Melania G. Mazzucco,
Alessandro Piperno e molti altri).
Tra gli autori pubblicati nelle edizioni Perrone si annoverano altri grandi nomi,
quali Patrick Besson, Paola Capriolo, Lia Levi, Sandra Petrignani, Lidia Ravera,
Ugo Riccarelli, Chiara Valerio.
La collana «Racconti d’Autore», diretta da Paolo Di Paolo, nasce nel 2006, in
occasione del primo anniversario della casa editrice.
Inaugurata da Cinzia Tani con Rosso, ha continuato il suo percorso letterario
con Pensieri crudeli di Ugo Riccarelli, È di moda la morte di Raul Montanari, No,
grazie di Lidia Ravera, La testa del negro di Daniel Picouily, Nessun giorno
ritorna di Lia Levi, Cani e gatti. Storia di un matrimonio di Sandra Petrignani,
Ancilla di Paola Capriolo.
Di prossima pubblicazione L’Italia di mattina di Franco Cordelli (maggio 2009) .
Dacia Maraini, Sulla mafia
Giulio Perrone Editore, 2009, pp. 96
9,00 euro