Ricostruire una storia dispersa

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Ricostruire una storia dispersa
Ricostruire una
storia dispersa
RICONOSCERE IL PASSATO E DARE UN SENSO
ALL’ESPERIENZA DI VITA È UN PERCORSO OBBLIGATO,
SPESSO DIFFICILE E DOLOROSO; IL RIFUGIATO, SOLO
ATTRAVERSO UNA RIELABORAZIONE DELL’ESPERIENZA
PASSATA, PUÒ CONFRONTARSI CON L’ATTUALE REALTÀ E
RECUPERARE ENERGIE PER VIVERE IL PRESENTE E
PROGETTARE IL FUTURO.
Emanuele Maggiora educatore
C.A.G. e studente di Scienze
dell’educazione
MIGRAZIONI
Nella faticosa nascita di una futura e ormai attuale società multietnica e multiculturale è possibile prevedere e tracciare percorsi che consentano ai giovani migranti di crescere e vivere nell’era della globalizzazione, riscoprendo e valorizzando le radici della propria storia individuale e della propria identità culturale. L’articolo propone un approccio altamente etico,
descrive un’esperienza, testimonia una metodologia educativa finalizzata a tutelare la salute e il benessere di minori impegnati in un tormentato processo di crescita.
d.r.
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La storia, le esperienze, il passato,
sono fondamenta indispensabile per
costruirsi ed affrontare il futuro, sotto
questa prospettiva vorrei fosse letta la
mia esperienza nella comunità di accoglienza per richiedenti asilo politico di
Monticello, nello spazio Mondialità
della Grande Casa; istituzione legata
alla Caritas.
Questa struttura ospita temporaneamente nuclei familiari di cittadini
stranieri richiedenti asilo politico, rifugiati politici, con regolare permesso di
soggiorno. L’accoglienza prevede vitto, alloggio, servizio guardaroba, assistenza sanitaria, corsi di italiano, inserimento e sostegno scolastico dei minori; accompagnamento per le domande
di asilo politico, per la ricerca lavorativa e di un’abitazione. La Comunità
di accoglienza ha un regolamento che,
insieme al singolo progetto concordato con ogni nucleo familiare, viene sottoscritto all’ingresso e disciplina la permanenza presso il centro.
In Italia non esiste una legge che
riguardi direttamente la problematica
dei rifugiati politici, o dei richiedenti
asilo. Ho letto la L. 40/98, che non si
occupa direttamente dei rifugiati, ma
di immigrazione, e ho scelto le parti di
questa legge che possono, a mio avviso, riguardare i richiedenti asilo o i rifugiati. Ho cercato una definizione di rifugiato e la più esaustiva mi sembra: “lo
straniero al quale sia impedito l’effetti-
vo esercizio delle libertà democratiche
garantite dalla Costituzione italiana”.
In ogni caso, il richiedente asilo, è soggetto alle leggi italiane, leggi che prevedono ad esempio la libertà di culto,
che è uno dei diritti e doveri, come
l’obbligo scolastico fino ai 14 anni. In
caso non venga riconosciuto lo status
di rifugiato o in caso non rispetti la legislazione italiana il richiedente può essere espulso, con decreto.
Tra immigrato e richiedente asilo
politico ci sono differenze sostanziali in
quanto un immigrato è una persona che
lascia la sua terra seguendo un progetto migratorio e nella maggior parte dei
casi mantiene un legame con la sua terra e la sua gente, nella speranza poi di
tornarci.
Per un richiedente asilo politico la
storia è molto diversa. È una persona
costretta ad abbandonare la propria terra, spesso in modo drammatico, compiendo un iter obbligato attraverso paesi e frontiere nella speranza di chiedere cittadinanza ad un paese in cui non
sarà perseguitato; ed è cosciente del fatto che, se la sua richiesta viene accolta, non tornerà più nel paese di origine. Egli quindi attiva un processo di
abbandono della sua terra, verso un
paese che diventerà il suo.
Spesso un rifugiato, a differenza di
chi ha scelto di emigrare, non parla
volentieri di ciò che ha alle spalle, vuole dimenticare il suo passato (o è
costretto a farlo). Riconoscere il passato e dare un senso all’esperienza di
vita è un percorso obbligato, spesso difficile e doloroso; per il rifugiato è un
percorso indispensabile per confrontarsi con l’attuale realtà; infatti, solo
attraverso una rielaborazione dell’esperienza passata è possibile recuperare energie per vivere il presente e progettare il futuro.
Gli ospiti della Grande Casa provengono da paesi e da esperienze molto diverse (Armenia, Turchia, Iran,
Pachistan, Cina, Cuba ecc.). Un’esigenza prioritaria nella quotidianità della vita nella Grande Casa è quindi promuovere una convivenza pacifica pur
avendo stili ed esigenze di vita molto
diverse; occorre quindi promuovere
una possibilità di mediazione ed integrazione tra culture diverse.
Analizzando come è stato affrontato questo “problema” durante la prima
parte della mia presenza alla Grande
Casa, dedicata principalmente all’osservazione, ho appurato che l’integrazione è un continuo lavoro di mediazione tra esigenze e richieste degli ospiti ed effettive possibilità da parte della
struttura di soddisfarle. In questo processo di integrazione due sono le tappe fondamentali: la possibilità di ricordare e legittimare nel vivere quotidiano la propria cultura e, quindi, trovare un modo per confrontarla con le culture che la persona incontra. Diverse
culture hanno momenti di difficoltà da
risolvere, incomprensioni che necessitano l’intervento degli educatori della
comunità. La mediazione è facilitata
dalla presenza di regole sia esplicite che
implicite che aiutano l’integrazione e
la convivenza di tutti i membri inseriti nella Grande Casa, non solo degli
ospiti. Le regole esplicite riguardano i
turni in cucina, gli spazi personali, l’utilizzo di parti ed oggetti comuni; le
regole implicite (forse più difficili da
far rispettare) comprendono il rispetto reciproco, la gentilezza nei confronti
degli altri, il presupposto di innocenza, ecc.
Tra le regole implicite, una delle
più importanti, in una situazione come
quella della Grande Casa, è fondata sul
rispetto delle altre culture. Per cultura intendo tutto ciò che un individuo
ha appreso nel corso della propria vita
e che costituisce la propria mappa di
orientamento per interagire con la
realtà. Nel caso di individui provenienti
da paesi diversi le conoscenze, le usanze, i costumi, i riti, i valori sono differenti. In questo quadro il rispetto non
può essere inteso come omologazione
alla cultura dominante, per esempio la
cultura “italiana”, ma come compren-
LA CREAZIONE DEI CD ROM
I ragazzi erano in tutto quindici e
sono stati divisi in due gruppi, elementari e medie, io ero inserito nel
gruppo dei “grandi”, cinque ragazzi dai
gramma di quello che sarebbe stato il
contenuto dei cd, ma nel percorso
abbiamo via via aggiunto a ogni cd quello che i ragazzi portavano di loro iniziativa; ci si è presto resi conto dell’originalità di ogni cd.
Come esempio, desidero riportare
la storia di un ragazzo di tredici anni,
armeno, che oggi non è più in Italia,
ma ha continuato il suo viaggio con l’obiettivo di ricongiungersi al resto della famiglia (fratello, sorella e mamma)
che non è riuscita a trasferirsi in Italia.
Ora, questo ragazzo ha con sé il suo
cd, contenente delle cartine geografiche sia dell’Armenia, sia dell’Italia. Sulla cartina dell’Italia è evidenziato Monticello, il paese in cui è stato per quasi un anno; dodici fotografie di cui otto
recenti (le rimanenti riguardano il suo
passato: la sorellina, la famiglia intera,
il padre e lui con il fratello; dell’Armenia ha anche foto riguardanti monumenti della città in cui viveva); ha inoltre inserito la bandiera armena, le
immagini dei soldi armeni che aveva,
una ninnananna del suo paese con traduzione, l’alfabeto in italiano e armeno, l’albero genealogico della sua famiglia e la sua carta d’identità, fatta da
lui al computer. A lui piace molto scrivere per cui ha voluto mettere all’interno del cd delle storie scritte da lui:
ne ha messe nove e una con la traduzione in armeno. Ne riporto una intitolata La storia di un pesce drago:
“C’era una volta un pesce si chiamava Secci. Questo pesce viveva nel
mare. Tutti i giorni un pescatore andava al mare per prendere quel pesce ma
non ci riusciva mai perché la canna si
rompeva sempre. Un giorno il pescatore stufo, decise di andare al mare per
uccidere il pesce. Tirò fuori la pistola,
prese la mira e sparò al pesce ma come
per magia il pesce diventò un gigantesco drago che in un sol boccone si mangiò il pescatore. Dopo tanti anni una
principessa di nome Fantaghirò scappa
dal suo castello per vedere il tramonto sulla spiaggia. Mentre osservava il
cielo vide nell’acqua qualcosa di grosso che si muoveva. Spaventata incominciò a correre. Ad un certo punto si
voltò e dietro di lei vide un principe
che si chiamava Secci. La principessa si
innamorò corse verso il principe e lo
abbracciò. Cosi i due giovani vissero
felici e contenti”.
Ho riportato questa storia perché,
anche se libera a ogni interpretazione,
mi piace pensarla come una rivincita
personale, in una situazione che lo vede
attore suo malgrado e termina con un
bel lieto fine. I titoli delle storie sono
stati inventati da lui, li riporto perché
riassumono i suoi sogni e le sue aspet-
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12 ai 16 anni.
La creazione dei cd si è rivelato un
lavoro complesso; le difficoltà principali erano legate alla quantità di attenzione che richiedeva ogni singolo ragazzo e al lavoro di verifica delle informazioni acquisite attraverso sia domande
ai genitori che confronti con informazioni di cui eravamo già in possesso.
Inoltre, si è speso molto tempo in questa raccolta di dati in quanto molti sembravano gia persi nei ricordi, ad esempio l’albero genealogico in alcuni casi
non ha potuto contenere neanche il
nome di alcuni nonni dei ragazzi.
Per motivare i ragazzi più grandi in
questo lavoro si è inoltre deciso di utilizzare un computer. Nei mesi precedenti l’avvio di questo progetto “autobiografia” ci siamo dedicati ad insegnare ai ragazzi l’utilizzo di programmi di
scrittura e disegno con l’intento di far
conoscere loro le funzioni principali di
un computer: scrittura, disegno, stampa, copia di file, calcolo e collegamento alla rete.
Per i più piccoli invece si è pensato di farli disegnare e costruire il loro
racconto con materiali di vario genere
e di trasformare poi il materiale attraverso macchina fotografica e scanner
in linguaggio digitale per i cd. Un fotografo professionista che ha prestato
opera di volontariato, ha risolto il difficile dilemma di come fotografare
disegni con dimensioni ragguardevoli
senza perdere la qualità del lavoro. Con
l’idea che le informazioni raccolte sulla loro storia dovessero essere inserite
in un supporto che durasse nel tempo,
si è pensato di usare un cd per ciascuno di loro. Il cd, essendo un supporto
informatico attuale e molto capiente,
ha interessato molto i ragazzi e ci ha
facilitato il compito di raccolta dei dati;
inoltre il cd permette continui aggiornamenti, quindi, se questi ragazzi troveranno durante il loro viaggio la possibilità di ampliare e aggiornare il proprio cd, potranno farlo.
Sono nati cosi quindici cd rom, cinque per il gruppo dei grandi, dieci per
i piccoli. I ragazzi si sono attivati in prima persona nel cercare informazioni
utili per arricchire la loro opera autobiografica, hanno scritto filastrocche,
fiabe e ricette del loro paese, hanno
fatto dei disegni, hanno ripercorso su
una cartina il loro viaggio per giungere in Italia, hanno scritto un piccolo
vocabolario di traduzione dalla loro lingua a quella italiana, hanno scelto delle foto sia contemporanee che del loro
passato, hanno ricostruito la loro “carta d’identità” e hanno cercato di ricostruire il loro albero genealogico. Avevamo approvato inizialmente un pro-
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sione della diversità ed acquisizione di
comportamenti che sono il frutto del
lavoro di integrazione. Ho notato che
in alcuni casi il processo di mediazione ha condotto a una perdita della cultura di origine, soprattutto nei bambini, per i quali sembra che la propria storia inizi nel paese di accoglienza, ma
cancellare le radici, le appartenenze di
base, vuol dire accentuare per il futuro alcuni conflitti evolutivi.
Come è emerso anche da un convegno tenuto quest’anno all’Università
Cattolica: “Oltre l’integrazione”, uno
dei punti di forza dell’integrazione culturale è la possibilità di conservare la
propria cultura, quindi la propria storia, nel rispetto delle altre; difficilmente sarà possibile attivare percorsi
di benessere in un processo di integrazione, se tale processo prevede la perdita o la cancellazione della cultura d’origine dell’immigrato.
Il punto di forza in altre parole è
arricchire l’individuo di nuove esperienze senza cancellare una parte della
sua esperienza passata. Questo è stato
il filo conduttore che mi ha accompagnato all’ingresso della comunità e mi
ha seguito per tutto il cammino.
Io ho svolto prevalentemente attività di sostegno scolastico con i minori coinvolti nella Grande Casa e anche
attività strutturata in un laboratorio con
il fine di recuperare la memoria del passato di questi ragazzi. Per non perdere una serie di esperienze, di parti del
loro vissuto, si è deciso di andarle a
ricostruire attraverso una serie di giochi o di lavori con l’ausilio di un computer. Nasce così, tra gli altri, un progetto chiamato “autobiografia” che si
colloca nel più vasto progetto del recupero del passato. Il progetto ha lo scopo di aiutare i ragazzi a rispettare il proprio passato, aiutarli a comprendere
l’importanza del passato, dei propri
ricordi, per evitare un processo di omologazione e di cancellazione di una parte di esperienza. In questo ambito ho
elaborato il mio progetto di tirocinio,
attivando, attraverso diversi lavori, il
recupero di informazioni riguardanti
ogni singolo ragazzo, così da promuovere una specie di ricostruzione di identità. Abbiamo messo a punto un cd per
ogni ragazzo: nel cd è inserito tutto il
cammino che ha percorso e tutti i
“documenti” che abbiano un significato nella sua vita e che lui stesso desidera inserirci.
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VOLONTARIATO
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tative, riprendono più volte il tema dell’amicizia, finiscono nella maggior parte con un lieto fine. In due storie ci sono
tre oggetti che assieme riescono a sconfiggere un lupo e si trasformano in persone. A mio parere, rendono almeno
una vaga idea del momento vissuto da
questo ragazzo, la sua irriducibile speranza in un futuro migliore. I titoli delle altre storie sono: Ciabatta asciugamano
e pettine diventate persone; Il ragazzo nel
suo passato; La ragazza e zanzara d’oro;
Soldi e ragazzo sono amici; Kikos; Pilota e
strega sono amici; Orso cavallo e gatto sono
amici; Un topo che mangia un gatto.
Ogni ragazzino alla fine del lavoro
ha avuto in consegna il proprio cd e ne
sono state fatte anche delle copie da
tenere in archivio alla Grande Casa.
Questo lavoro, per me, ha avuto
grande successo. Personalmente, mi ha
permesso di conoscere più da vicino i
singoli ragazzi e stabilire con loro relazioni significative nel ricostruire e
ricordare con ciascuno la sua storia.
Inoltre, mi è sembrato importante che
ciascuno dei ragazzi avesse un proprio
oggetto da poter tenere con sé e
aggiornare nel tempo. I ragazzi più
grandi, oltre a ricostruire la loro storia, hanno anche imparato a usare uno
strumento come il computer.
La conferma di questo successo è
avvenuta durante una festa allestita per
i dieci anni della cooperativa La Grande Casa e per la chiusura dei laboratori: lì si presentava il lavoro svolto quest’anno. In una sala sono stati appositamente sistemati due computer per
presentare i cd rom agli invitati, tra
cui anche alcuni insegnanti, molti amici e compagni di scuola dei ragazzi.
Durante la festa i ragazzi hanno utilizzato i computer, erano stati infatti
istruiti su come fare funzionare il lettore cd. I cd rom sono stati molto
appezzati e ogni ragazzo ha chiamato
amici parenti e maestre a visionare il
proprio, i computer hanno lavorato
ininterrottamente per ore. Ogni ragazzino con più di cinque anni ha presentato autonomamente il proprio cd a
insegnanti, compagni di classe, amici e
ha condiviso con altri la sua esperienza di viaggiatori in esilio.
Nel Cd rom di PSS,
sullo stesso argomento
potrete trovare anche:
Indelicato I., “Uno sguardo al mondo:
storie di bambini e di diritti calpestati”, Prospettive Sociali e Sanitarie, 1819, 1998.
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