giugno 2014 pdf - Nuova Informazione Cardiologica

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giugno 2014 pdf - Nuova Informazione Cardiologica
LA NUOVA INFORMAZIONE
CARDIOLOGICA
Periodico di informazione cardiologica – Anno 34° – Giugno 2014
SOMMARIO
Imaging in cardiologia
2
Blocco atrioventricolare di secondo grado (2:1)
durante tachicardia parossistica sopraventricolare
(dott. Gabriele Dell’Era)
Novità in cardiologia
6
Le nuove frontiere biologiche
dell’esercizio di resistenza
(prof. Paolo Rossi)
Leading article
15
La rivascolarizzazione miocardica
nel paziente con scompenso cardiaco cronico
(dott. Fabio Pastore)
Focus on… 20
SVT, rivascolarizzazione, esercizio
(dott. Gabriele Dell'Era)
Medicina e morale
23
Recupero della legge naturale
nella relazione medico paziente - IX parte
(prof. Paolo Rossi)
Foglio elettronico 3 a generazione – n°56
Editor: prof. Paolo Rossi
Direttore Responsabile: dott. Eraldo Occhetta ([email protected])
Direttore Scientifico: dott. Gabriele Dell’Era ([email protected])
Progetto grafico e realizzazione: Studio27 Progetto Editoriale, Novara – www.studio27snc.it
[email protected]
www.nuovainformazionecardiologica.it
IMAGING in cardiologia
Blocco atrioventricolare di secondo grado
(2:1) durante tachicardia parossistica
sopraventricolare
dott. Gabriele Dell’Era
SOC Cardiologia-UTIC,
Ospedale Santo Spirito, Casale Monferrato (AL)
[email protected]
CONTESTO
CASO 1
Il cardiopalmo e le palpitazioni sono una delle
principali indicazioni allo studio elettrofisiologico transesofageo (STE), una metodica poco invasiva che prevede l'inserimento di un sondino
esofageo senza necessità di sedazione, la registrazione dei potenziali elettrici atriali e ventricolari dall'esofago (in contiguità anatomica in particolare con l'atrio sinistro) e l'erogazione di stimoli
per la valutazione elettrofisiologica di eventuali
anomalie o per la provocazione o interruzione di
aritmie. La definizione dell'eziologia e della presenza di vie accessorie occulte è fondamentale
per la scelta del corretto trattamento, farmacologico o interventistico, di eventuali aritmie. Sono
qui presentati due casi inusuali nei quali la diagnosi è stata ottenuta proprio con STE.
Paziente di 30 anni sintomatico per episodi parossistici di palpitazioni, valutato in precedenza
presso altro Centro con test da sforzo e ecocardiogramma transtoracico senza rilievi patologici;
ECG a riposo nella norma. In condizioni basali
lo STE non evidenziava segni di presenza di una
via lenta nodale (non veniva indotto “jump” con
singolo e doppio extrastimolo atriale), che rappresenta il substrato più frequente di tachicardie
parossistiche sopraventricolari. Dopo infusione
di isoproterenolo, si induceva ripetutamente
con singolo e doppio extrastimolo una tachicardia sopraventricolare (SVT). Dopo pochi secondi dall'induzione, si verificava un blocco AV di 2°
grado (2:1): questo reperto consentiva di confermare la presenza di una tachicardia da rientro
nel nodo atrioventricolare (dunque da duplice
via nodale), prima della della via di conduzione
AV terminale (dove si verifica il blocco 2:1), esclu-
2
dendo la genesi da fascio accessorio (figura 1).
Data la sporadicità degli episodi di cardiopalmo,
veniva impostata una terapia con Verapamil 80
mg 3 volte al giorno, ottenendo la scomparsa dei
sintomi durante il follow-up.
ne all'interno del NAV (fasci rapidi “fisiologici” e
fasci lenti con lenta conduzione anterograda e
rapido recupero della refrattarietà in senso retrogrado), è molto comune e causa circa 2/3 di tutte
le aritmie sopraventricolari, risultando presente
nel 10% della popolazione generale (1). Spesso
la diagnosi è possibile analizzando un ECG standard effettuato durante la tachicardia (presenza di onde P retrocondotte al termine del QRS,
o comunque con intervallo QRS-P' nettamente
inferiore a P'-QRS); quando il tracciato non è disponibile, è possibile effettuare uno STE, specie
in pazienti molto sintomatici potenzialmente da
candidare a procedure ablative. La risposta paradigmatica alla stimolazione atriale programmata
in caso di AVNRT è stata ben descritta (sostanzialmente, la presenza di “jump” di conduzione
atrioventricolare, con improvviso incremento da
un battito al successivo dell'intervallo AV), ma i
risultati non sono sempre univoci. La dimostrazione di un blocco atrioventricolare 2:1 durante una tachicardia sopraventricolare da rientro
esclude un fascio accessorio extranodale come
substrato: quando il fascio accessorio è la causa,
l'atrio ed il ventricolo sono parte del circuito di
rientro; l'eventuale incapacità di depolarizzarsi di
una delle due camere comporta l'immediata interruzione dell'aritmia. Ciò non avviene nel caso
di un circuito di rientro contenuto tutto all'interno del NAV, nel quale atrio e ventricolo sono solo
“spettatori” che vengono depolarizzati dal fronte
elettrico in uscita dal nodo. Molti Autori hanno
già descritto questo comportamento e ne hanno analizzato il substrato elettrofisiologico (3). Il
blocco atrioventricolare 2:1 nella via di conduzione AV finale comune è probabilmente benigno in
pazienti giovani (paziente 1), dipendendo da variazioni funzionali della refrattarietà delle cellule
del nodo AV. Al contrario, in pazienti più anziani
può rappresentare una espressione di patologia
degenerativa del NAV (fibrosi senile), alla base sia
dell'anisotropia di conduzione anterograda (duplice via “funzionale”), sia del rallentamento più
distale della conduzione AV, come già ipotizzato.
I casi qui esposti rappresentano un percorso diagnostico usuale per la diagnostica delle aritmie
sopraventricolari e sottolineano l'importanza di
reperti inconsueti ma patognomonici a carico
dell'attivazione elettrica di atri e ventricoli (4). E'
necessario tenere a mente ogni più piccolo indizio per giungere alla diagnosi corretta ed al miglior trattamento per il paziente (5).
CASO 2
Donna di 75 anni con storia di palpitazioni frequenti accompagnate da capogiro. ECG basale
normale, assenza di rilievi patologici all'ecocardiogramma transtoracico. Un ECG Holter di 24
ore documentava episodi parossistici ripetuti di
SVT con frequenza cardiaca massima 220/min e
durata massima 30”. Lo STE consentiva di indurre
ripetutamente una tachicardia sopraventricolare (QRS stretto) con un intervallo di conduzione
ventricoloatriale (VA) lungo, reperto caratteristico di aritmie da rientro atrioventricolare mediate
da fascio accessorio. Si provava la somministrazione di flecainide e.v. per interrompere l'aritmia
(azione sul fascio accessorio): si verificava invece
un blocco atrioventricolare 2:1 anterogrado con
prosecuzione dell'aritmia, il che escludeva che
essa potesse essere dipendente da una via anomala. Anche in questo caso veniva posta la diagnosi di tachicardia da rientro nodale con blocco
2:1 nella via di conduzione finale comune (figura 2, pannelli A e B). A causa dell'elevato burden
aritmico (10-20 episodi/mese), si procedeva a
tentativo di ablazione con radiofrequenza della
via lenta nodale; durante la procedura la tachicardia veniva indotta ripetutamente, mentre veniva esclusa la presenza di un fascio accessorio
con protocollo di prestimolazione ventricolare
(figura 2, C e D). La via lenta nodale veniva ablata
con successo, ma durante consolidamento della
lesione si verificava blocco AV avanzato che richiedeva l'impianto di un pacemaker definitivo
(in effetti il blocco 2:1 durante la SVT potrebbe
essere considerato espessione della presenza di
una degenerazione senile del nodo AV, condizionante sia una maggiore anisotropia di conduzione determinante la comparsa tardiva di AVNRT
che una conduzione AV patologica; sfortunatamente, non è stato testato il punto Wenckebach
prima dell'ablazione, il che avrebbe potuto risultare informativo sullo “stato di salute” del NAV).
COMMENTO
La tachicardia da rientro nodale (AVNRT), dovuta alla presenza di una duplice via di conduzio-
3
BIBLIOGRAFIA
1. Denes P, Wu D, Dhingra RC, Amat-y-Leon F, Wyndham C, Rosen KM. Dual
atrioventricular nodal pathways – a common electrophysiological response. Br Heart J 1975; 37:1069-1076.
2. Wellens HJ, Wesdorp JC, Düren DR, Lie KI. Second degree block during
reciprocal atrioventricular nodal tachycardia. Circulation 1976; 53(4):595599.
3. Taniguchi Y, Yeh SJ, Wen MS, Wang CC, Lin FC, Wu D. Variation of P-QRS
relation during atrioventricular node reentry tachycardia. J Am Coll Cardiol
1999; 33(2):376-384.
4. Man KC, Brinkman K, Bogun F, Knight B, Bahu M, Weiss R, et al. 2:1 atrioventricular block during atrioventricular node reentrant tachycardia. J Am
Coll Cardiol 1996; 28(7):1770-1774.
5. Otomo K, Nagata Y, Uno K, Fujiwara H, Iesaka Y. Irregular atypical atrioventricular nodal reentrant tachycardia: incidence, electrophysiological
characteristics, and effects of slow pathway ablation. Heart Rhythm 2007;
4(12):1507-1522.
Figura 1
STE dopo infusione di isoproterenolo
A: doppio extrastimolo atriale: il primo è condotto con
intervallo AV lungo (via lenta nodale), il secondo con
intervallo AV corto (via rapida nodale); segno tipico di
dissociazione longitudinale del nodo atrioventricolare
con presenza di duplice via.
B: la SVT indotta, con intervallo VA breve (10 msec)
C: induzione della SVT: ogni ciclo all'interno del circuito di rientro nodale depolarizza gli atri; a causa di un
blocco parziale della via comune finale di conduzione ai
ventricoli, essi si depolarizzano ogni due cicli, determinanto un apparente blocco AV 2:1.
D: una extrasistole ventricolare spontanea depolarizza
parzialmente il nodo AV, bloccando il circuito di rientro
(una ulteriore dimostrazione dell'origine nodale) ed
interrompendo la tachicardia.
E: una extrasistole ventricolare spontanea depolarizza il
nodo AV, conducendo agli atri attraverso la via rapida (la
depolarizzazione atriale è anticipata, come dimostrato
dall'intervallo VA più breve), disorganizzando il circuito
ed interrompendo la tachicardia.
4
Figura 2
A: tachicardia sopraventricolare indotta durante STE.
L'intervallo VA misurato è piuttosto lungo (74 msec),
potenzialmente compatibile con un rientro extranodale
(fascio accessorio).
C: la stimolazione ventricolare programmata con singolo
extrastimolo ha escluso la presenza di fascio accessorio
AV occulto (conduzione retrograda nodale con allungamento progressivo di VA ed attivazione concentrica come
dimostrato dai segali registrati in seno coronarico).
B: dopo l'infusione di flecainide, si documenta blocco
AV 2:1 in assenza di variazioni del ciclo A-A e dell'intervallo VA.
5
NOVITÀ IN CARDIOLOGIA
Le nuove frontiere biologiche
dell’esercizio di resistenza
prof. Paolo Rossi
L’attività fisica è stata collegata da molto tempo
alla buona salute. Già Ippocrate, guidato dalla
sua teoria del bilanciamento degli umori, sosteneva che ognuno, assolutamente, giovane o vecchio, ha bisogno di esercizio fisico, ma che non
sia eccessivo (1).
Uno studio miliare del 1953 mostrava che i conducenti degli autobus pubblici di Londra presentavano il doppio di sindromi coronariche acute
rispetto ai bigliettai degli stessi bus, la sola notevole differenza era che i bigliettai camminavano
per raccogliere i biglietti mentre i conducenti restavano seduti.(2, 3).
Nei decenni successivi è stato dimostrato il beneficio dell’esercizio, quasi in ogni settore della
fisiologia umana, passando dalla funzionalità
cardiaca e respiratoria agli aspetti cognitivi e alla
durata di vita (Figura 1).
La figura 1 riassume tutti i benefici prodotti
dall’esercizio; essi sono:
• ritarda la comparsa di malattie di Alzheimer e
di Parkinson; • migliora l’umore e la cognizione:
è capire il mondo, l'emozione è interpretarlo è
dire buono, cattivo, sicuro, pericoloso, e rendersi pronti all'azione, il motivo per cui i muscoli si
tendono o si rilassano; • diminuisce rischio e gravità dell’ictus; • migliora il sonno; • diminuisce lo
stress; • migliora la forza muscolare; • protegge
contro l’aterosclerosi; • aumenta i livelli di energia e la resistenza; • migliora la capacità funzionale nell’insufficienza cardiaca; • migliora la digestione; • limita l’obesità; • contrasta il diabete; •
diminuisce l’incidenza di cancro della mammella
e del colon; • previene l’ipertensione; • migliora
la fertilità; • migliora il profilo lipidico; • rinforza il
sistema immunitario; • conserva la densità ossea
e diminuisce il rischio di osteoporosi; • mantiene la mobilità delle articolazioni; • rappresenta
la migliore terapia attuale delle arteriopatie periferiche; • previene le cadute dell’anziano; • migliora la circolazione; • ritarda l’invecchiamento;
• migliora il benessere del movimento; • migliora
l’autostima; • rallenta l’atrofia muscolare e previene la sarcopenia la perdita di massa muscolare e la conseguente perdita di forza sono accompagnate anche da una minore funzionalità dei
muscoli e significa anche: - Instabilità posturale
- Alterazioni della termoregolazione (aumento
mortalità in estate o in inverno estremi) - Peggiore trofismo osseo (manca lo stimolo della contrazione) - Modificazione della omeostasi glucidica
(manca deposito e consumo) - Riduzione della
produzione basale di energia.
6
Figura 1
saria durante attività fisica prolungata ha probabilmente favorito la perdita dei peli corporei
e la proliferazione delle ghiandole sudoripare,
modellando notevolmente la forma del corpo
umano (5, 6).
Negli ultimi 10 anni, nuove tecniche molecolari,
focalizzate sulla comprensione dei meccanismi
fondamentali, hanno introdotto una nuova era
di conoscenze sugli effetti dell’attività fisica, con
risultati sbalorditivi.
L’ESERCIZIO È UNA COMPONENTE
FONDAMENTALE DELLA CONDIZIONE
UMANA
Gli umani sono i soli primati capaci di correre
veloci per lunghe distanze e questo comportamento ha probabilmente forgiato i loro caratteri
evolutivi che li differenziano dagli altri primati
(4). Ad esempio, la dissipazione del calore neces-
7
CAPACITÀ E ADATTAMENTI
DELLE FIBRE MUSCOLARI
miosina, ma gli strumenti molecolari moderni
hanno scoperto una elevata complessità ed eterogeneità di tipi di fibre, che talvolta differiscono
da quelle dei roditori (impiegati in laboratorio). In
termini generali sono 3 i tipi principali di muscolo
scheletrico umano: tipo I (lento) ossidativo, tipo
IIa (rapido) ossidativo, e tipo IIx (rapido) glicolitico. Le relative quantità di tali fibre differiscono
tra gli individui e in varie condizioni patologiche.
Ad esempio, lo scompenso cardiaco congestizio
e il diabete mellito tipo II sono associati con una
minore proporzione di fibre tipo I (7, 8).
Le caratteristiche morfologiche, metaboliche e
funzionali sono descritte nella figura 2 (9).
Il muscolo scheletrico è composto dalle connessioni (sincizio) di migliaia di cellule, spesso tese
(stretching) da tendine a tendine. Fibre differenti
affrontano compiti contrastanti, che variano da
sforzi di piccola ampiezza e ripetitivi come deambulazione e mantenimento della postura a
scariche improvvise di carichi di lavoro di elevata
intensità come quelli compiuti sollevando grossi
pesi. Fibre muscolari sono tipicamente specializzate a questi compiti (fig. 2).
Le tipologie delle fibre sono state classicamente riferite al loro contenuto di catene pesanti di
Figura 2
8
Visione d’insieme semplificata di tipi di fibre muscolari (9). Il muscolo è costituito da
un sincizio cellulare dette fibre, che spesso si
tendono da tendine a tendine. Le singole fibre
presentano specifici attributi, dettati dal loro
contenuto miofibrillare e dalle caratteristiche
metaboliche che variano da quelle rapide e glicolitiche a quelle lente in gran parte ossidative. I muscoli umani sono composti da miscugli
di tipi di fibre. L’esercizio e altri stimoli possono modificare i profili del tipo di fibre. L’esercizio di resistenza promuove la conversione ad
un fenotipo lento e più ossidativo; un processo
che richiede l’attivazione di vari programmi di
espressione genica (vedi Figura 3).
Le fibre glicolitiche contengono proteine miofibrillari che sono capaci di generare lavoro rapido
e potente, propenso per un lavoro improvviso di
elevata intensità. Ciò si verifica a spese di elevati
flussi d calcio e minore rendimento di ATP.
Invece, le fibre ossidative contengono un apparato miofibrillare più efficiente come produzione di energia, più adatto per un’attività prolun-
gata, sono molto vascolarizzate e contengono
networks mitocondriali arricchiti, che permettono l’ossidazione completa degli acidi grassi e altri
alimenti, un via molto più efficiente per generare
ATP che la glicolisi anaerobica
Le elevate concentrazioni di mioglobina e citocromi arrossano queste fibre, di qui la definizione di fibre rosse. I muscoli umani contengono un
miscuglio di fibre di tipo diverso.
In certi organismi i tipi di fibre possono essere
separati. Nel pollame terrestre, ad esempio, le ali
hanno fibre glicolitiche (carne bianca) e gli arti
posteriori fibre ossidative (carne scura).
Attività di resistenza può espandere notevolmente i networks mitocondriali e vascolari e in
parte modificare il contenuto miofibrillare nelle
fibre muscolari (Figura 2).
Come si verifica questo processo? La risposta
a livello molecolare è descritta nella figura 3 (9).
Concettualmente, il processo di adattamento
può essere diviso in meccanismi che sentono
l’attività di resistenza e meccanismi che apportano gli adattamenti desiderati
Figura 3
Vie metaboliche della segnaletica modulare che avvalorano gli adattamenti muscolari all’esercizio di resistenza.
9
L’esercizio da l’avvio ad alterazioni metaboliche e di innervazione che sono sentite dai
muscoli scheletrici. Questi cambiamenti (inputs) attivano meccanismi segnaletici intermedi, che includono vie metaboliche di sensing e di segnaletica mediata dal calcio quali
AMPK (AMP-activated protein kinase) e SIRT
(sirtuin). Questi segnali incidono in definiva
sui gruppi di fattori di trascrizione, ciascuno
dei quali controlla un largo modulo biologico
come la biogenesi mitocondriale o metabolismo e trasporto di acidi grassi. Adattamenti
all’esercizio possono allora essere regolati in
maniera modulare.
Didascalia degli acronomi: βox indica β-ossidazione; CaMK, fosfatasi modulata da calcium/
calmodulina (calcineurin) e chinasi; ERRα,
receptor-α relato agli estrogeni; FFA, acidi
grassi liberi; HDAC, deacetilasi istone; MAPK,
proteina kinasi mitogene attivata; MEF2, accresciuto fattore-2 dei miociti; mTOR, bersaglio di rapamicina mammifera; NFAT, fattore
nucleare di cellule-T attivate; NRF1/2, fattore-1/2 nucleare respiratorio; PGC, coattivatore del recettore-γ proliferatore attivato; PKA,
protein chinasi A; PPAR, recettore-α del perossisome proliferatore attivato; TCA, acido
tricarbossilico.
Molte di queste conoscenze dipendono dallo
studio di topi modificati geneticamente (come
quelli descritti nella fig 4 9). L’abilità di costruire
un modello di esercizio di resistenza in un organismo disponibile alla manipolazione genetica si
è dimostrata d’inestimabile valore scientifico.
Figura 4
10
Topo potentato. A sinistra, immagini campione di topi scuoiati; il controllo (in alto) e
topo geneticamente costruito (in basso) per
esprimere coattivatore-1β del recettore-γ
proliferatore attivato in miotubi dello scheletro. Elevati livelli di mioglobina e mitocondri
rendono i muscoli rossi in basso. Le miofibre
presentano elevata capacità ossidativa, e i
topi sono capaci di correre più lontano e più
in salita nei tests di resistenza sul treadmill.
A destra sono descritti altri modelli di topi
costruiti geneticamente con aumentata capacità mitocondriale nei muscoli scheletrici. Didascalia degli acronimi KO indica esclusione
(knockout) del gene indicato total-body; MAP,
chinasi di mitogeno attivato; mKO, delezione
(knockout) di specifico miotubo del gene indicato; e mTg, iperespressione di specifico miotubo per via transgenetica.
all’esercizio nel muscolo. Questi segnali variano
drasticamente in qualità e quantità come risposta
a esercizi differenti, per intensità e durate. Allora,
uno dei vantaggi chiave dello studio di modelli di
roditori, cioè, la loro omogeneità genetica e fenotipica, può costituire un inconveniente perché i regimi di esercizio sperimentali non sono bene standardizzati, rendendo difficili studi di confronto. Ciò
nondimeno, l’abilità di modellare l’esercizio di resistenza in un organismo suscettibile a manipolazione genetica si rivela inestimabile. In che modo i
complessi effetti di un esercizio di resistenza siano
integrati rimane ancora non bene compreso.
NEOVASCOLARIZZAZIONE
L’esercizio promuove nei muscoli scheletrici anche la neovascolarizzazione e rimane l’intervento
più efficacie per le malattie arteriose periferiche.
Angiogenesi indotta dall’esercizio è un processo
fisiologico, a differenza della maggior parte delle
angiogenesi legate allo sviluppo di neoplasmi o
malattie della retina.
Il paradigma classico secondo cui le richieste
metaboliche create dal muscolo sotto sforzo
causino uno sfasamento tra domanda e offerta
e conducano all’attivazione di sensori ischemici
(come AMPK and HIF-1α) non è stato confermato
nei topi geneticamente modificati. Infatti, i topi
transgenici con iperespressione di PGC-1 nel muscolo scheletrico presentano sorprendenti incrementi di densità microvascolare e sono protetti
nella malattia arteriosa periferica. Segnali β-Adrenergici inducono PGC-1α nel muscolo scheletrico, e PGC-1α direttamente attiva l’espressione
del fattore di accrescimento vascolare endoteliale in modo indipendente da HIF. (12) Ciò vuol
dire che l’angiogenesi fisiologica nel muscolo è
allora attivata più dalla stimolazione neurogena
β-adrenergica in via preventiva che essere reattiva all’ischemia.
COME IL MUSCOLO SENTE L’ATTIVITÀ
FISICA
I sensori molecolari chiave dell’esercizio includono le oscillazioni del calcio e altre cascate segnaletiche attivate sia da stimolazione neurale che
dallo stato metabolico profondamente alterato
di miofibre in contrazione.
La stimolazione muscolare dei nervi motori genera flussi di calcio citosolico fugaci che sono
rilevati da varie vie metaboliche intracellulari,
in particolare quelle regolate dalla calcineurin
(calcium/calmodulin-modulated phosphatase)
e dalla chinasi (CaMK). Continui flussi fugaci di
bassa intensità, tipica dell’attività di resistenza,
attivano calcineurin che promuove la formazione di fibre rosse lente (10).
Anche la stimolazione simpatica contribuisce
agli adattamenti muscolari. I recettori β2-adrenergici predominano nei muscoli scheletrici e
trasducono la segnaletica della G-proteina alla
cAMP, protein kinase A, e scambiano la proteina
direttamente attivata da cAMP, influenzando alla
fine numerose vie metaboliche cellulari. In particolare, il sistema della chinasi proteica mitogena
attivata p38 predomina negli adattamenti muscolari, mentre l’attivazione genetica di p38 aumenta gli evidenziatori mitocondriali (11).
In breve, stimolazione nervosa, segnaletica del
calcio, e cambiamenti metabolici che si verificano
nelle miofibre in contrazione sono probabilmente
i principali fattori che provocano gli adattamenti
I MUSCOLI COME UN ORGANO
ENDOCRINO
La contrazione muscolare e l’esercizio incrementano l’espressione nel muscolo e i livelli in circolo della miochina “IL-6” fino a 100 volte (13). IL-6
incrementa, vedi Figura 5,: • in modo autocrino e
paracrino il consumo di glucosio e l’ossidazione
degli acidi grassi nel muscolo, facilitando così il
11
consumo locale di nutrimento; • in modo endocrino la lipolisi nel tessuto adiposo e la neoglucogenesi nel fegato, aumentando entrambe il retro
trasporto di alimenti al muscolo (14).
IL-6 secreto dal muscolo interagisce anche: • con
il pancreas per regolare l’omeostasi dell’insulina;
• con l’intestino per stimolare la secrezione di
peptide-1 (GLP-1) simile al glucagone nelle cellule intestinali L e nelle cellule pancreatiche α,
potenziando la secrezione di insulina delle cellule pancreatiche β. Allora, l’azione combinata di
IL-6/GLP-1 è quella che probabilmente media l’azione potenziata dell’insulina rilevata nel periodo subito dopo il termine dell’esercizio.
In breve, esercizio (e altri stimoli metabolici) provocano la secrezione da parte del muscolo di
proteine e piccole molecole ancora in fase precoce di ricerca che completano adattamenti sistemici alle richieste indotte dall’esercizio. Il muscolo scheletrico potrebbe essere considerato un
grande organo endocrino ancora da conoscere
bene. Un altro aspetto molto interessante, GLP-1
può anche contribuire agli effetti cognitivi dell’esercizio, descritti nelle figura 1. I topi con GLP-1
fuori uso presentano difetti di apprendimento ,
mentre gli agonisti di GLP-1 migliorano nei topi
compiti di memorizzazione 15 (vedi avanti per la
descrizione degli affetti cognitivi dell’esercizio).
Figura 5
Il muscolo scheletrico come organo endocrino.
L’esercizio provoca la secrezione da parte dei muscoli di numerosi fattori con ampie ripercussioni sulle funzioni
sistemiche (cervello, fegato, intestino, pancreas cuore, sistema vascolare, tessuto adiposo) descritte nel testo
12
IL CUORE NELLO SFORZO FISICO
effetti, però, sono chiaramente diretti. Il factor-1
di accrescimento (insulino simile) ingaggia il recettore specifico sui cardiomiociti e attiva la via
metabolica intracellulare (PI3K/Akt) che conduce: • all’inibizione di apoptosi, • ai miglioramenti del metabolismo e dei movimenti del calcio, •
all’attivazione della via metabolica dell’ipertrofia
dei mammiferi (16, 17).
Questi studi hanno evidenziato risultati importanti: (1) Gli effetti dell’esercizio sono differenti,
dipendendo dal tipo, intensità, o frequenza del
lavoro muscolare svolto; (2) la “dose” appropriata di esercizio di resistenza nell’uomo è variabile
perché le risposte interindividuali variano ampiamente; (3) la dose che conferisce la massima
protezione cardiovascolare è diversa da quella
che permette di ottenere un buon allenamento
cardiovascolare; (4) il consiglio di Ippocrate 2500
anni fa, di eseguire esercizio moderato rimane
valido anche oggi.
Il cuore umano adulto conserva una capacità
plastica considerevole. Il cuore reagisce ad ogni
aggressione attraverso diversi fattori di adattamento, atti a far fronte a un deficit di contrattilità
o ad un eccessivo carico ventricolare, al fine di
mantenere una portata cardiaca sufficiente. Lo
scompenso è una malattia a carattere progressivo in cui si verifica un deterioramento della struttura e della funzione cardiaca. I fini meccanismi
di compenso per ovviare a ciò sono rappresentati fondamentalmente sia dall'ipertrofia miocardica (con o senza dilatazione) con conseguente
aumento del tessuto contrattile che da una serie di attività neuroendocrine con incrementata secrezione di catecolamine che tendono ad
aumentare la contrattilità e quindi l'efficienza.
Questo processo è noto come rimodellamento e
può anche essere fisiologico (atleti), generato da
stimoli postivi (l'allenamento cardiovascolare),
ma diviene patologico quando si innesca a seguito di stimoli negativi, con cambiamenti, modificazioni molecolari e cellulari che comprendono l'aumento della massa miocardica associato
all'ipertrofia dei singoli miociti fino all'apoptosi
(morte cellulare).
Si parla pertanto di rimodellamento ventricolare
quando si fa riferimento alle modificazioni cui va
incontro il cuore a seguito degli stimoli negativi
di cui sopra. L'ipertrofia è quindi l'evento centrale del rimodellamento secondario al sovraccarico
emodinamico ed è rappresentato dall'aumento
della massa miocardica associato a modificazioni della forma del ventricolo. Un rimodellamento
cardiaco segue spesso a infarto miocardico,
ipertensione cronica, e altre patologie cardiache.
Gli sforzi per impedire tale rimodellamento patologico, mediante il blocco dei sistemi adrenergico
e dell’angiotensina, costituiscono il fondamento
dell’attuale trattamento dello scompenso cardiaco. Nonostante ciò, la mortalità a 5 anni dei pazienti con scompenso cardiaco si mantiene >30%.
L’aumento di massa cardiaca indotto dall’esercizio di resistenza può giungere fino al 20%.
Tale rimodellamento fisiologico differisce notevolmente da quello patologico sopra descritto.
Molti effetti dell’esercizio sul cuore sono indiretti, quali riduzioni dell’indice di massa corporea e
miglioramenti della sensibilità all’insulina. Altri
ESERCIZIO E CERVELLO:
ATTIVITÀ FISICA E MENTE
Non vi è dubbio che l’esercizio migliora la salute mentale e si correla bene con il benessere
mentale, specialmente negli anziani. L’esercizio
migliora in grado significativo una depressione
moderata e può prevenire perdite di memoria.
I meccanismi molecolari che sottendono i benefici neuronali dell’esercizio sono costituiti dalla
secrezione inducibile di BDNF and VGF fattori di
accrescimento neurotrofici. BDNF è una neurotrofina ritenuta cruciale per l’apprendimento e
la memorizzazione. L’esercizio stimola l’espressione BDNF nell’ippocampo, la sede dell’apprendimento, ed innalza negli umani i livelli di BDNF
nel sangue venoso dell’encefalo (18). Inoltre la
corsa stimola la neurogenesi nel’ippocampo di
topi adulti (19), e gli incrementi di dimensioni
dell’ippocampo rilevate negli umani che corrono
si correlano con la capacità fisica (O2 max) e i livelli circolanti di BDNF (20).
L’esercizio migliora depressioni gravi negli umani e produce effetti antidepressive nei modelli di
roditori. I benefici neurologici dell’esercizio non
sono limitati a depressione e memoria, ma interessano anche malattie neurodegenerative quali
il Parkinson e l’Alzheimer.
13
Bibliografia
1. Hippocrates. Hippocratic Writings. Encyclopedia Britannica. Chicago, IL:
University of Chicago; 1955.
2. Morris JN, Heady JA, Raffle PA, Roberts CG, Parks JW Coronary heart-disease and physical activity of work. Lancet. 1953;265:1053–1057;
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14
LEADING ARTICLE
La rivascolarizzazione miocardica
nel paziente con scompenso cardiaco cronico
dott. Fabio Pastore
SCDU Cardiologia 1 – Novara
[email protected]
INTRODUZIONE
STICH STUDY
Le linee guida dell' European Society of cardiology sullo scompenso cardiaco pubblicate nel 2012
dedicano un intero paragrafo alla rivascolarizzazione coronarica nel paziente con scompenso cardiaco (1). Esse sottolineano come al momento le
evidenze scientifiche sono poco chiare e che tutti i
trials eseguiti non hanno dato risultati univoci. Gli
studi più importanti che hanno affrontato l'argomento recentemente sono il PARR-2 (2-3) e lo STICH (4). Un altro importante studio pubblicato recentemente sottolinea la differenza tra miocardio
ischemico e ibernato nei pazienti con scompenso
cardiaco ai fini del miglioramento della performace sistolica del ventricolo sinistro (5.
Le indicazioni alla rivascolarizzazione in questi
pazienti spesso si basano più sull'esperienza personale piuttosto che su vere e proprie evidenze
scientifiche.
Scopo
Lo scopo di questo trial è valutare il ruolo della rivascolarizzazione miocardica chirurgica nel trattamento dei pazienti con coronaropatia stabile e
scompenso cardiaco sistolico.
Metodi
Tra Luglio 2002 e Maggio 2007, 1212 pazienti
con una frazione d'eiezione uguale o inferiore
al 35% e una coronaropatia stabile suscettibile
di intervento chirurgico di rivascolarizzazione
miocardica erano randomizzati a terapia medica ottimale (OMT) (602 pazienti) o a terapia
medica ottimale più By-pass aorto-coronarici
(CABG) (610 pazienti). L'outcome principale era
la mortalità per ogni causa. L'outcome secondario era la mortalità e l'ospedalizzazione per cause cardiovascolari.
15
Risultati
L'outcome principale si verificava in 244 pazienti
(41%) nel gruppo di pazienti con terapia medica ottimale e in 218 pazienti (36%) nel gruppo di
pazienti trattati con by-pass aorto-coronarici più
terapia medica ottimale (hazard ratio pazienti
CABG, 0.86; 95% CI, 0.72 a 1.04; P = 0.12). Un totale di 201 pazienti (33%) nel gruppo di pazienti
con OMT e 168 pazienti (28%) nel gruppo CABG
morirono per causa cardiovascolare (hazard ratio
with CABG, 0.81; 95% CI, 0.66 to 1.00; P = 0.05). La
mortalità per ogni causa o ospedalizzazione per
causa cardiovascolare avveniva in 411 pazienti
(68%) nel gruppo di pazienti con OMT e in 351
pazienti(58%) nel gruppo di pazienti rivascolarizzati (hazard ratio con CABG, 0.74; 95% CI, 0.64 a
0.85; P<0.001). Dalla fine del periodo di follow-up
(56 mesi mediana), 100 pazienti nel gruppo OMT
(17%) erano sottoposti a rivascolarizzazione miocardica chirurgica, e 555 dei pazienti nel gruppo
CABG (91%) erano sottoposti a rivascolarizzazione chirurgica. (tabella 1)
Conclusioni
In questo trial randomizzato, non c'era una differenza significativa tra i pazienti con terapia
medica ottimale e quelli con terapia medica ottimale più CABG per l'outcome principale di mortalità per ogni causa. I pazienti assegnati al gruppo CABG più OMT, rispetto a quelli assegnati al
gruppo terapia medica ottimale, avevano una
frequenza minore di morte per cause cardiovascolari, morte per ogni causa o ospedalizzazione
per malattia cardiovascolare, quando questo veniva considerato come end-point combinato.
A SUBSTUDY OF THE PARR-2 TRIAL
Obiettivi
Gli obiettivi di questa sotto-analisi del Trial PARR2 sono determinare:
1) quali sono i parametri alla F-18-fluorodeoxyglucose (FDG) PET che possono identificare i pazienti ad alto rischio che potrebbero avere benefici dalla rivascolarizzazione ;
2) identificare il cut-off di questi parametri;
3) quali sono i predittori di un outcome sfavorevole nei pazienti con severa disfunzione del ventricolo sinistro dovuta a cardiopatia ischemica.
Metodi
Questa analisi post hoc considera 182 pazienti con frazione d'eiezione del ventricolo sinistro
inferiore o uguale al 35% e coronaropatia critica, , e randomizzati a PET nel braccio dello studio PARR-2. L'outcome principale è un outcome
combinato di morte per accidenti cardiovascolari, infarto miocardico, o ospedalizzazione ripetuta per patologia cardiaca entro l'anno.
Risultati
L'outcome non cambia significativamente con
o senza rivascolarizzazione quando il mismatch
alla PET è inferiore al 7%, mentre invece il rischio
della rivascolarizzazione è significativamente inferiore quando il mismatch alla PET è superiore
al 7%.
Contesto
I pazienti con disfunzione ischemica del ventricolo sinistro possono beneficiare della rivascolarizzazione miocardica, ma non senza un aumento del rischio. É importante cercare di identificare
i pazienti che possono giovare maggiormente
della rivascolarizzazione miocardica.
La FDG-PET FDG individua il miocardio ibernato,
muscolo che può recuperare dopo rivascolarizzazione.
Nel PARR-2 (PET and Recovery Following Revascularization-2) trial, FDG PET mostrava un trend
non significativo di miglioramento quando comparati con l'indicazione standard alla rivascolarizzazione.
Conclusioni
In questa post hoc analisi, i pazienti con cardiopatia ischemica con un mismatch alla PET maggiore del 7% hanno un outcome migliore con la
rivascolarizzazione. La FDG-PET sembra definire i
pazienti ad alto rischio che possono avere i benefici maggiori dalla rivascolarizzazione.
Da J Am Coll Cardiol Img 2009;2:1060–8
16
IDENTIFICATION OF THERAPEUTIC BENEFIT FROM REVASCULARIZATION
IN PATIENTS WITH LEFT VENTRICULAR SYSTOLIC DYSFUNCTION:
INDUCIBLE ISCHEMIA VERSUS HIBERNATING MYOCARDIUM
Contesto
Alcuni tra i recenti studi sulla rivascolarizzazione
chirurgica di pazienti con cardiopatia ischemica con scompenso cardiaco riportarono che la
rivascolarizzazione del miocardio ibernato non
migliora la prognosi. Questi studi erano limitati
dal tipo di imaging utilizzato e dalla mancanza di
informazione riguardo l'ischemia inducibile. Noi
esaminammo il diverso impatto di alterazioni di
distribuzione del tracciante rubidium-82/F-18
fluorodeoxyglucose da stress e a riposo per identificare ischemia, fibrosi, e miocadio ibernato, associata alla rivascolarizzazione nei pazienti con
disfunzione sistolica del ventricolo sinistro.
mento in cardiologia non solo per motivi legati
strettamente all'eventuale rivascolarizzazione,
ma anche per decidere un eventuale impianto di
device quali Pacemaker biventricolari e AICD.
Spesso ci poniamo domande quali:
rivascolarizzare un paziente con disfunzione
ventricolare sx ischemica o eseguire dapprima
indagini non invasive e cosa cercare, l'ischemia o
il miocardio ibernato?
Al momento gli studi presentati sono gli ultimi
che hanno considerato in maniera randomizzata il beneficio di eventuale rivascolarizzazione, e
comunque questi studi soprattutto lo STICH hanno delle limitazioni importanti.
Le principali limitazioni dello STICH sono:
I pazienti non randomizzati non erano seguiti
in un apposito registro,
I pazienti erano divisi in tre gruppi: terapia
medica, CABG, e CABG + ricostruzione del
ventricolo sx, tuttavia la decisione di eseguire la ricostruzione del ventricolo sx era prevalentemente basata sulla decisione personale
dell'investigator.
La PTCA era considerata terapia medica, quindi i pazienti con rivascolarizzazione percutanea venivano inclusi tra i pazienti con terapia
medica ottimale.
Il limite più importante è che la rivascolarizzazione veniva eseguita anche in pazienti
che non avevano miocardio ibernato/vitale.
Non veniva considerato tra le variabile l'eventuale presenza di AICD e CRT.
•
•
Metodi e risultati
L'estensione dei difetti di perfusione e del mismatch della perfusione-metabolismo erano misurati con un metodo quantitativo automatico
in 648 pazienti consecutivamente (età, 65±12
years; 23% donne; frazione d'eiezione media
31±12%) sottoposti a PET.
Il Follow-up time inziò 92 giorni dopo la PET; i
pazienti morti prima dei 92 giorni erano esclusi dall'analisi. Durante un follow-up medio di
2.8±1.2 anni , morirono 165 pazienti (27.5%). La
rivascolarizzazione precoce era eseguita nei 92
giorni dopo la PET in 199 pazienti (33%). il miocardio ibernato, miocardio ischemico, e il miocardio
fibrotico erano associati con un aumento della
mortalità (P=0.0015, 0.0038, e 0.0010, rispettivamente). Un'interazione tra rivascolarizzazione
e miocardio ibernato era presente, come la precoce rivascolarizzazione dei pazienti con miocardio ibernato era associato con un aumento della
sopravvivenza soprattutto quando il miocardio
ibernato era maggiore del 10%. (figura 1)
•
•
•
Dopo aver visto le numerose limitazioni dello
STICH, l'unico studio randomizzato che ha considerato l'argomento recentemente, i dubbi
sull'argomento aumentano e alla fine quali di
questi pazienti dobbiamo rivascolarizzare?
Al momento i pazienti che possono beneficiare
di un eventuale rivascolarizzazione per quanto
riguarda la funzione del ventricolo sinistro a riposo sono quelli con una quota considerevole di
miocardio ibernato. Ovviamente parallelamente
vanno considerato quelli con ischemia da sforzo
che seppur non miglioreranno la loro funzione a
riposo, potranno migliorare la loro prognosi migliorando l'ischemia miocardica da sforzo (fare
riferimento alle linee guida sulla rivascolarizzazione dell'ESC 2010 e angina stabile 2013) (6-7).
Conclusioni
Tra i pazienti con cardiopatia dilatativa ischemica
il miocardio ibernato, ma non quello ischemico
identifica i pazienti che possono avere un miglioramento della sopravvivenza se rivascolarizzati.
Da Circ Cardiovasc Imaging. 2013;6:363-372
Commento
L'argomento che gli studi precedentemente mostrati considerano è certamente uno degli argomenti più controversi e più complessi al mo-
17
Quindi possiamo concludere che non tutti i pazienti con cardiopatia ischemica e ridotta funzione del VSX avranno un beneficio dalla rivascolarizzazione ma solo quelli con una buona
quota di miocardio ibernato. Visto la difficoltà
dell'argomento è importante e fondamentale la
formazione di Heart Team dedicati che devono
comprendere il cardiologo clinico/ecocardiografista, il cardiologo interventista, il cardiochirurgo
e l'elettrofisiologo per l'impianto di eventuale
device.
Inoltre le società internazionali devono considerare l'argomento e favorire lo sviluppo di Trial
randomizzati con disegni ben costruiti, che considerano gli ultimi sviluppi sia interventistici che
farmacologici, come proposto recentemente da
Ammirati et al (8)
Bibliografia
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Feb;13(2):102-9.
18
Tabella 1: riassunto dei risultati dello studio STICH. L'endpoint primario non risulta significativo, si ottiene la
significatività a favore dell'aggiunta di bypass alla terapia farmacologica solo considerando il composito di mortalità
per tutte le cause o l'ospedalizzazione.
Figura 1: la rivascolarizzazione
precoce sembra conferire un
beneficio rispetto alla terapia
farmacologica ai pazienti con
elevate quote di miocardio
ibernato (e non ischemico)
19
FOCUS ON...
SVT, rivascolarizzazione,
esercizio
a cura di Gabriele Dell'Era
SOC Cardiologia-UTIC, Ospedale Santo Spirito, Casale Monferrato (AL)
[email protected]
TACHICARDIA SOPRAVENTRICOLARE IN CORSO DI ANESTESIA PEDIATRICA:
SERIE DI CASI ED ANALISI QUALITATIVA.
Contesto: Lo scopo è di eseguire un’analisi qualitativa di pazienti non cardiologici che sviluppino
sospetta tachicardia sopra-ventricolare intraoperatoria durante anestesia generale. Analisi svolta
in sala operatoria di ospedale pediatrico universitario.
re. Ogni caso “molto sospetto” è stato esaminato
nei dettagli per determinare il contesto specifico.
Risultati: Sono stati identificati 36 soggetti da
un totale di 285353 pazienti, risultati sospetti per
avere avuto un episodio di tachicardia sopra-ventricolare intraoperatorio: 22 sono stati classificati
come “molto sospetti”, 14 come “poco sospetti”.
I “molto sospetti” sono stati registrati in corso di
diverse fasi dell’anestesia e per nessuno vi è stata
instabilità emodinamica. I trattamenti eseguiti includevano manovre vagali, farmaci antiaritmici o
nessun trattamento nel caso di risoluzione spontanea dell’evento. Sei pazienti sono stati seguiti
con follow-up post dimissione e tre di questi hanno
ricevuto trattamento antiaritmico per persistenza
di episodi di tachicardia.
Metodi e risultati: E’ stata analizzata una popolazione pediatrica senza patologia cardiaca sottostante che ha ricevuto anestesia generale all’Ospedale Pediatrico di Philadelphia da luglio 1998 a
giugno 2011. Sono stati evidenziati pazienti con registrazione di frequenza cardiaca maggiore di 180
battiti al minuto o che abbiano ricevuto trattamenti specifici o dei quali ci sia traccia nella cartella
anestesiologica di possibili complicanze da riferirsi a tachicardia sopra-ventricolare. Ciascun caso è
stato rivisto da almeno due autori; ciascun paziente è stato etichettato come “altamente sospetto” o
“poco sospetto” per tachicardia sopra-ventricola-
Conclusioni: La tachicardia sopra-ventricolare
intraoperatoria in pazienti non cardiologici è un
20
evento poco comune. Quando l’evento si presenta non risulta essere associato ad un’aumentata
morbidità del paziente colpito. Per alcuni pazienti
la somministrazione di anestetico smaschera una
predisposizione per tachicardie sopra-ventricolari
da rientro e questi dovranno mantenere una tera-
pia antiaritmica a lungo termine anche nel post
dimissione.
Cripe CC, Patel AR, Markowitz SD et al. Supraventricolar tachycardia during
pediatric anesthesia: a case series and qualitative analysis. J Clin Anesth.
2014 May 29. (Epub ahead of print)
EFFETTI DELLA RIVASCOLARIZZAZIONE DI MIOCARDIO VITALE
SULLA FUNZIONE DIASTOLICA VENTRICOLARE IN PAZIENTI
CON CARDIOMIOPATIA ISCHEMICA.
Contesto: In pazienti con disfunzione ventricolare
sinistra post-ischemica e presenza di miocardio
vitale, la rivascolarizzazione coronarica migliora
l’outcome. In questo tipo di pazienti è spesso concomitante una disfunzione diastolica, ma se la rivascolarizzazione abbia effetti benefici anche sulla
disfunzione diastolica è argomento tuttora controverso.
del riempimento ventricolare nella quasi totalità
dei pazienti (solo 3 pazienti hanno mantenuto un
pattern di riempimento restrittivo-p=0.016). Inoltre
è aumentata la velocità E’ (32+/-42%, p=0.0028) e
si è ridotto il rapporto E/E’ (-19+/-31%, p=0.0378).
Si è ridotta inoltre la pressione di riempimento ventricolare , da 17.5+/-6.8 a 13.1+/-6.5mmHg
(p=0.005). Il miglioramento della funzione distolica al TDI era significativamente correlata con
l’ampiezza dell’area di miocardio vitale al basale
(p=0.0098) e al rimodellamento inverso del ventricolo sinistro successivo alla rivascolarizzazione
(p=0.0092).
Metodi: un numero totale di 26 pazienti con cardiomiopatia post-ischemica cronica (frazione di eiezione-EF 32+/-6%, wall motion score index-WMSI
di 2.45+/-33) e con documentazione di miocardio
vitale (ecocardiografia con dobutamina a bassa
dose) sono stati esaminati al basale e 4 mesi dopo
la procedura di rivascolarizzazione. La funzione
diastolica era stata determinata da doppler pulsato trans-mitralico e dal doppler tissutale (TDI)
all’anulus mitralico.
Conclusioni: In pazienti con cardiomiopatia ischemica il riempimento diastolico del ventricolo sinistro può migliorare significativamente dopo la rivascolarizzazione. Il miglioramento della funzione
diastolica è correlato con l’ampiezza del tessuto
vitale al basale e può rappresentare un ulteriore
vantaggio della rivascolarizzazione di tessuto dissinergico, ma vitale.
Risultati: Al basale il 62% dei pazienti ha mostrato
un riempimento non restrittivo (non-RF) ed il 38%
restrittivo (RF). Dopo la rivascolarizzazione, a paripasso con un miglioramento della funzione sistolica (EF 43+/-10%, WMSI 1.78+/-0.47, p=0.0002 in entrambi) è stato osservato anche un miglioramento
Carluccio E, Biagioli P, Alunni G et al. Effect of revascularizing viable myocardium on left ventricular diastolic function in patients with ischaemic cardiomyopathy. Eur Heart J 2009 Jun; 30(12):1501-9.
LA RIVASCOLARIZZAZIONE CORONARICA CON L’AUSILIO DI SUPPORTO
EMODINAMICO MIGLIORA LA FUNZIONE VENTRICOLARE SINISTRA IN PAZIENTI
CON CARDIOMIOPATIA DILATATIVA POST ISCHEMICA AD ALTO RISCHIO
PER CHIRURGIA: ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO.
Contesto: La rivascolarizzazione chirurgica con
by-pass è spesso considerata per i pazienti con
cardiomiopatia post-ischemica, ma età, comorbidità e depressa funzione sistolica ventricolare
sinistra possono aumentare significativamente il
rischio chirurgico. Un dispositivo percutaneo di
assistenza ventricolare sinistra (pLVAD) può facilitare le angioplastiche (PCI) complesse in caso di
paziente ad alto rischio e può quindi rappresentare
una valida alternativa all’intervento chirurgico tradizionale. Gli effetti a lungo termine della PCI con
supporto emodinamico e l’outcome clinico di questo tipo di pazienti sono ancora poco chiari. Obiettivo dello studio è quello di determinare gli effetti di una PCI multivasale con l’ausilio di supporto
meccanico sulla funzione sistolica ventricolare
21
sinistra in pazienti con cardiomiopatia ischemica
severa ad alto rischio chirurgico.
filattico erano la funzione sistolica depressa e
un’ampia area di miocardio a rischio. La funzione ventricolare sinistra al basale era 25+/-8% ed
è aumentata a 41+/-9% ad un follow-up medio di
15+/-15 mesi (p=0.0004). Non ci sono stati MACE
intraospedalieri e c’è stata solo una complicanza
vascolare con necessità di emotrasfusione.
Metodi: Analisi retrospettiva di pazienti con cardiomiopatia post-ischemica ad alto rischio chirurgico che vanno incontro ad impianto di pLVAD
profilattico per supporto emodinamico durante
PCI complessa tra gennaio 2004 e febbraio 2007.
L’end-point primario valutato è stata la variazione nella funzione sistolica ventricolare sinistra
(LVEF) valutata all’ecocardiografia a 90 giorni dalla PCI. Gli eventi avversi intraospedalieri maggiori
(MACE), complicanze vascolari e mortalità per tutte le cause sono stati end-point secondari.
Conclusioni: La PCI complessa supportata con
pLVAD profilattico in pazienti con cardiomiopatia ischemica ad alto rischio chirurgico è fattibile
e relativamente sicura. In associazione a terapia
medica massimale è risultata in un significativo
miglioramento della funzione sistolica ventricolare sinistra al follow up ecocardiografico.
Risultati: Un numero totale di 11 pazienti con
precedente infarto miocardico e cardiomiopatia
post-ischemica (età media (73+/-14 anni) sono
andati incontro a “tandem heart supported PCI”.
L’indicazione per il posizionamento di pLVAD pro-
Gimelli G, Wolff MR. Hemodynamically supported percutaneous coronary revascularization improves left ventricular function in patients with ischaemic dilated cardiomyopathy at very high risk for surgery: a single-center experience.
J invasive Cardiol 2008 Dec;20(12):642-6.
CARDIOPROTEZIONE INDOTTA DALL’ESERCIZIO: UN RUOLO
PER IL DISACCOPPIAMENTO DI ENOS ED I METABOLITI DI NO.
Contesto: L’esercizio fisico è una valida strategia
per la protezione miocardica contro l’ischemia da
riperfusione. Sebbene l’endothelial nitric oxide
siynthase (eNOS) sia fosforilata ed attivata durante
l’esercizio, il suo ruolo nella cardioprotezione indotta da esercizio è ancora incerto. Questo studio
ha valutato se la modulazione dell’attivazione di
eNOS durante ischemia da riperfusione partecipi
alla cardioprotezione indotta da esercizio contro la
stessa ischemia da riperfusione.
durante la riperfusione precoce nei ratti esercitati,
rispetto a quelli sedentari. Nonostante il disaccoppiamento di eNOS i cuori di ratti esercitati avevano più proteine S-nitrosilate dopo la riperfusione
precoce e quindi meno stress ossidativo (minore
contenuto di malondialdeide e proteine nitrosilate)
rispetto ai ratti sedentari. Inoltre nei ratti esercitati
la stabilizzazione dei dimeri di eNOS dopo trattamento con BH4 aumentava lo stress nitro-ossidativo e aboliva la cardioprotezione indotta da esercizio, indicando che il disaccoppiamento di eNOS
durante l’ischemia da riperfusione è necessario
per la cardioprotezione da esercizio.
Metodi: Cuori isolati da ratti sedentari o sottoposti
ad esercizio fisico (5 settimane di esercizio) sono
stati perfusi con l’apparato di Langendorff ed è
stata indotta ischemia da riperfusione in presenza o meno di inibitori di NOS (L-NAME o L-NIO) o
BH4.
Conclusioni: Sulla base di questi risultati è stato
ipotizzato che in cuori di animali esercitati il disaccoppiamento di eNOS è associato con un miglioramento della capacità antiossidante del miocardio
prevenendo l’eccessiva sintesi di NO e limitando
la reazione tra NO ed O2 per formare poroxinitrito
(ONOO-), sostanza citottossica.
Risultati: L’esercizio fisico si è mostrato cardioprotettivo contro l’ischemia da riperfusione ed i
suoi effetti erano aboliti da trattamento con L-NAME o L-NIO, indicando che la cardioprotezione indotta da esercizio è eNOS-dipendente. E’ stata osservata una notevole riduzione della fosforilazione
di eNOS a Ser1177 e dell’accoppiamento di eNOS
Farah C, Kleindienst A, Bolea G et al. Exercise-induced cardioprotection: a role
for eNOS uncoupling and NO metabolites. Basic Res Cardiol. 2013; 108(6):389.
22
MEDICINA e MORALE
Recupero della legge naturale
nella relazione medico paziente1
IX parte
Prof. Paolo Rossi
Capitolo quinto
Gesù Cristo, compimento della legge naturale
5.1. IL «LOGOS» INCARNATO,
LEGGE VIVENTE
101. La grazia non distrugge la natura ma la risana,
la conforta e la conduce alla sua piena realizzazione.
Perciò, anche se la legge naturale è un’espressione
della ragione comune a tutti gli uomini e può essere
presentata in modo coerente e vero sul piano filosofico, non è estranea all’ordine della grazia. Le sue
esigenze sono presenti e operanti nei diversi stati teologici che attraversa una umanità impegnata nella
storia della salvezza.
103. Grazie alla luce naturale della ragione, che è
una partecipazione alla Luce divina, gli uomini sono
in grado di scrutare l’ordine intelligibile dell’universo
per scoprirvi l’espressione della sapienza, della bellezza e della bontà del Creatore. A partire da questa conoscenza, possono inserirsi in tale ordine con
il loro agire morale. Ora, grazie a uno sguardo più
profondo sul disegno di Dio di cui l’atto creatore è il
preludio, la Scrittura insegna ai credenti che questo
mondo è stato creato nel Logos, da lui e per lui, il
Verbo di Dio, il Figlio diletto del Padre, la Sapienza
increata, e che il mondo ha in lui la vita e la sussistenza. Infatti il Figlio è «immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, poiché in lui (en
auto) furono create tutte le cose, nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili [...]. Tutte le cose
sono state create per mezzo di lui (di’auton) e in vista
di lui (eis auton). Egli è prima di tutte le cose e tutte
sussistono in lui (en auto)» (Col 1,15-17). Il Logos è
dunque la chiave della creazione. L’uomo, creato a
immagine di Dio, porta in sé un’impronta speciale di
questo Logos personale. Perciò è chiamato ad essere conforme e assimilato al Figlio, «il primogenito tra
molti fratelli» (Rm 8,29).
102. Il disegno di salvezza di cui il Padre eterno ha
l’iniziativa si realizza con la missione del Figlio che
dà agli uomini la nuova Legge, la legge del Vangelo,
che consiste principalmente nella grazia dello Spirito
Santo operante nel cuore dei credenti per santificarli. La Legge nuova tende anzitutto a procurare agli
uomini la partecipazione alla comunione trinitaria
delle persone divine, ma, nello stesso tempo, assume e realizza in modo eminente la legge naturale.
Da una parte, essa richiama chiaramente le esigenze che possono essere oscurate dal peccato e dall’ignoranza. D’altra parte, liberandoli dalla legge del
peccato, a causa del quale «c’è in me il desiderio del
bene, ma non la capacità di attuarlo» (Rm 7,18), dà
agli uomini l’effettiva capacità di superare l’egoismo
per attuare pienamente le esigenze umanizzanti della legge naturale.
1. COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE ALLA RICERCA DI UN’ETICA UNIVERSALE: NUOVO SGUARDO SULLA LEGGE NATURALE
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104. Ma a causa del peccato l’uomo ha fatto un cattivo uso della sua libertà e si è allontanato dalla fonte
della sapienza. Facendo così, ha falsato la conoscenza che poteva avere dell’ordine oggettivo delle cose,
anche sul piano naturale. Gli uomini, sapendo che le
loro opere sono cattive, odiano la luce ed elaborano
false teorie per giustificare i loro peccati (Gv 3,19-20;
Rm 1,24-25). Così l’immagine di Dio nell’uomo è gravemente oscurata. Anche se la loro natura li rinvia
ancora a una realizzazione in Dio al di là di loro stessi
(la creatura non può pervertirsi al punto di non riconoscere più le testimonianze che il Creatore offre
di sé nella creazione), di fatto gli uomini sono così
gravemente colpiti dal peccato che non riconoscono
il senso profondo del mondo e lo interpretano in termini di piacere, di denaro o di potere.
conforme alla legge naturale. Perciò egli è il criterio
ultimo per decifrare correttamente quali sono i desideri naturali autentici dell’uomo, quando non sono
celati dalle distorsioni introdotte dal peccato e dalle
passioni disordinate.
106. L’incarnazione del Figlio è stata preparata dall’economia della Legge antica, segno dell’amore di Dio
per il suo popolo Israele. Secondo alcuni Padri, uno
dei motivi per cui Dio ha dato a Mosè una legge scritta fu di ricordare agli uomini le esigenze della legge
naturalmente scritte nel loro cuore ma parzialmente
oscurate e cancellate dal peccato (3). Questa Legge, che il giudaismo ha identificato con la Sapienza
preesistente che presiede ai destini dell’universo
(4), metteva così alla portata degli uomini segnati
dal peccato la pratica concreta della vera sapienza,
che consiste nell’amore di Dio e del prossimo. Essa
conteneva precetti liturgici e giuridici positivi ma anche prescrizioni morali, riassunte nel Decalogo, che
corrispondevano alle implicazioni della legge naturale. Così la tradizione cristiana ha visto nel Decalogo un’espressione privilegiata e sempre valida della
legge naturale (5).
105. Con la sua incarnazione salvifica, il Logos, assumendo una natura umana, ha restaurato l’immagine
di Dio e ha restituito l’uomo a se stesso. Così Gesù
Cristo, nuovo Adamo, porta a compimento il disegno
originario del Padre sull’uomo e quindi rivela l’uomo
a lui stesso: «In realtà solamente nel mistero del
Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo.
Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo
Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del
suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo
e gli fa nota la sua altissima vocazione. [...] “Egli è
immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). È l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza
con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del
peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso
essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime»(2). Gesù Cristo manifesta dunque nella sua
persona una vita umana esemplare, pienamente
107. Gesù Cristo non è «venuto per abolire ma per
dare pieno compimento» alla Legge (Mt 5,17) (6).
Come appare dai testi evangelici, Gesù «insegnava
come uno che ha autorità e non come gli scribi» (Mc
1,22) e non esitava a relativizzare, o anche ad abolire, alcune disposizioni particolari e temporanee
della Legge. Ma ne ha pure confermato il contenuto
essenziale e, nella sua persona, ha portato a perfezione la pratica della Legge, assumendo per amore
i diversi tipi di precetti — morali, cultuali e giudiziari
— della Legge mosaica, che corrispondono alle tre
funzioni di profeta, sacerdote e re. San Paolo afferma
2.Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 22. Cfr Ireneo di Lione, s., Contro le eresie, V, 16,2 [Sources chrétiennes, 153, 216-217]: «Nei
tempi anteriori, si diceva certamente che l’uomo era stato fatto a immagine di Dio, ma ciò non appariva, perché il Verbo era ancora invisibile, egli a cui immagine
l’uomo era stato fatto: del resto, per questo motivo la somiglianza si era facilmente perduta. Ma quando il Verbo di Dio si è fatto carne, ha confermato l’una e
l’altra: ha fatto apparire l’immagine in tutta la sua verità, diventando egli stesso quello che era la sua immagine, e ha ristabilito la somiglianza in modo stabile,
rendendo l’uomo del tutto simile al Padre invisibile per mezzo del Verbo da allora visibile».
3.Agostino, s., Enarrationes in Psalmos, LVII, 1 [Corpus christianorum, series latina, 39, 708]: «Per mano del Creatore, la Verità ha scritto nei nostri cuori queste
parole: “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”. Nessuno poteva ignorare questo principio, anche prima che fosse data la legge, perché doveva
servire a giudicare proprio quelli a cui la legge non era stata data. Ma per impedire agli uomini di lamentarsi e di dire che era loro mancato qualche cosa, si è
scritto anche nelle tavole quello che essi non leggevano più nei loro cuori. Non è che non lo possedessero come scritto, ma non volevano leggerlo. Si pose perciò
sotto i loro occhi quello che sarebbero obbligati a vedere nella propria coscienza: la voce che Dio ha fatto sentire dal di fuori ha costretto l’uomo a rientrare in
se stesso
4.Sir 24,23 (Vulgata: 24,32-33).
5.Tommaso d’Aquino, s., Summa theologiae, Ia-IIae, q. 100
6.La liturgia bizantina di san Giovanni Crisostomo esprime bene la convinzione cristiana quando mette sulla bocca del sacerdote che benedice il diacono nel
ringraziamento dopo la comunione: «Cristo nostro Dio, che sei il compimento della Legge e dei Profeti e che hai compiuto tutta la missione ricevuta dal Padre,
riempi i nostri cuori di gioia e di letizia, in ogni tempo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen».
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che Cristo è il fine (telos) della Legge (Rm 10,4). Telos
ha qui un doppio senso. Cristo è il «fine» della Legge,
nel senso che la Legge è un mezzo pedagogico che
doveva condurre gli uomini fino a Cristo, Ma inoltre,
per tutti quelli che per la fede vivono in lui dello Spirito di amore, Cristo «mette un termine» agli obblighi
positivi della Legge aggiunti alle esigenze della legge
naturale (7).
mente umano che cos’è l’amore e che cosa esso implica: dare la vita per quelli che si amano (Gv 15,13).
«Dopo avere amato i suoi che erano nel mondo, li
amò sino alla fine» (Gv 13,1). Per l’obbedienza di
amore al Padre e per il desiderio della sua gloria che
consiste nella salvezza degli uomini, Gesù accetta la
sofferenza e la morte di croce in favore dei peccatori. La persona stessa di Cristo, Logos e Sapienza
incarnati, diventano così la legge vivente, la norma
suprema per ogni etica cristiana. La sequela Christi,
l’imitatio Christi sono le vie concrete per realizzare la
Legge in tutte le sue dimensioni.
108. Infatti Gesù ha valorizzato in diversi modi il primato etico della carità, che unisce inseparabilmente
l’amore di Dio e l’amore del prossimo (8). La carità
è il «comandamento nuovo» (Gv 13,34) che ricapitola tutta la Legge e ne dà la chiave di interpretazione: «Da questi due comandamenti dipendono tutta
la Legge e i Profeti» (Mt 22,40). Essa rivela anche il
senso profondo della regola d’oro. «Non fare a nessuno ciò che non vuoi che sia fatto a te» (Tb 4,15)
diventa con Cristo il comandamento dell’amore senza limite. Il contesto in cui Gesù cita la regola d’oro
ne determina in profondità la comprensione. Si trova
al centro di una sezione che inizia con il comandamento: «Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano» e culmina nell’esortazione: «Siate
misericordiosi come è misericordioso il vostro Padre
celeste» (Lc 6,27-36). Al di là di una regola di giustizia commutativa, essa ha la forma di una sfida: invita
a prendere l’iniziativa di un amore che è dono di sé.
La parabola del buon samaritano è caratteristica di
questa applicazione cristiana della regola d’oro: il
centro di interesse passa dalla cura di sé alla cura
dell’altro (Lc 10,25-37). Le beatitudini e il discorso
della montagna spiegano il modo in cui si deve vivere il comandamento dell’amore, nella gratuità e
nel senso dell’altro, elementi propri della nuova prospettiva assunta dall’amore cristiano. Così la pratica
dell’amore supera ogni chiusura e ogni limite. Acquista una dimensione universale e una forza ineguagliabile, poiché rende la persona capace di fare quello che sarebbe impossibile senza l’amore.
5.2. LO SPIRITO SANTO E LA NUOVA
LEGGE DI LIBERTÀ
110. Gesù Cristo non è soltanto un modello etico da
imitare, ma con il suo mistero e nel suo mistero pasquale, è il Salvatore che dà agli uomini la possibilità reale di attuare la legge di amore. Infatti il mistero pasquale culmina nel dono dello Spirito Santo,
lo Spirito di amore comune al Padre e al Figlio, che
unisce i discepoli tra loro, a Cristo e infine al Padre.
«Poiché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri
cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5), lo
Spirito Santo diventa il principio interiore e la regola
suprema dell’azione dei credenti. Fa loro adempiere
spontaneamente e in modo giusto tutte le esigenze
dell’amore. «Camminate secondo lo Spirito e non
sarete portati a soddisfare il desiderio della carne»
(Gal 5,16). Così si compie la promessa: «Vi darò un
cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo,
toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di
carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere
secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in
pratica le mie norme» (Ez 36,26-27).
111. La grazia dello Spirito Santo costituisce l’elemento principale della nuova Legge o Legge del
Vangelo (9). La predicazione della Chiesa, la celebrazione dei sacramenti, le disposizioni prese dalla Chiesa per favorire tra i suoi membri lo sviluppo
della vita nello Spirito sono totalmente riferite alla
109. Ma soprattutto nel mistero della sua santa Passione Gesù porta a compimento la legge dell’amore.
Qui, come Amore incarnato, rivela in modo piena-
7. Gal 3,24-26: «Così la Legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotti a Cristo, perché fossimo giudicati per la fede. Ma appena è giunta la fede, noi non
siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Gesù Cristo». Sulla nozione teologica di compimento, cfr Pontificia Commissione
Biblica, Il popolo ebraico e le sue sante Scritture nella Bibbia cristiana, specialmente n. 21.
8.Mt 22,37-40; Mc 12,29-31; Lc 10,27.
9.Tommaso d’Aquino, s., Summa theologiae, Ia-IIae, q. 106, a. 1: «La cosa principale nella legge della nuova alleanza, in cui risiede tutta la sua forza, è la grazia
dello Spirito Santo che è data per la fede in Cristo. Ecco perché la nuova legge è principalmente la grazia stessa dello Spirito Santo, che è data a quelli che
credono in Cristo (Id autem quod est potissimum in lege novi testamenti, et in quo tota virtus eius consistit, est gratia Spiritus sancti, quae datur per fidem
Christi. Et ideo principaliter lex nova est ipsa gratia Spiritus sancti, quae datur Christi fidelibus)».
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crescita personale di ogni credente nella santità
dell’amore. Con la nuova Legge, che è una legge essenzialmente interiore, «la legge perfetta, la legge
della libertà» (Gc 1,25), il desiderio di autonomia e di
libertà nella verità che è presente nel cuore dell’uomo raggiunge qui la più perfetta realizzazione. Dal
più intimo della persona, dove Cristo è presente e
che lo Spirito trasforma, nasce il suo agire morale
(10). Ma questa libertà è al servizio dell’amore: «Voi
fratelli, infatti, siete stati chiamati a libertà. Che
questa libertà non divenga però un pretesto per la
carne; mediante l’amore siate a servizio gli uni degli
altri» (Gal 5,13).
ta nel cuore degli uomini e di cui l’umanità prende
sempre più coscienza via via che avanza nella storia.
Questa legge naturale non ha niente di statico nella
sua espressione; non consiste in una lista di precetti definitivi e immutabili. È una fonte di ispirazione
che zampilla sempre nella ricerca di un fondamento
obiettivo a un’etica universale.
114. La nostra convinzione di fede è che Cristo rivela la pienezza dell’umano realizzandola nella sua
persona. Ma tale rivelazione, per quanto specifica,
raggiunge e conferma elementi già presenti nel pensiero razionale delle sapienze dell’umanità. Il concetto di legge naturale è dunque anzitutto filosofico
e, come tale, consente un dialogo che, nel rispetto
delle convinzioni religiose di ciascuno, fa appello a
quello che c’è di universalmente umano in ogni essere umano. Uno scambio sul piano della ragione è
possibile quando si tratta di sperimentare e di dire
ciò che è comune a tutti gli uomini dotati di ragione e
di stabilire le esigenze della vita in società.
112. La nuova Legge del Vangelo include, assume e
porta a compimento le esigenze della legge naturale.
Gli orientamenti della legge naturale non sono dunque istanze normative esterne rispetto alla nuova
Legge. Sono una parte costitutiva di questa, anche se
seconda e ordinata all’elemento principale, che è la
grazia di Cristo (11). Perciò è alla luce della ragione
illuminata ormai dalla fede viva che l’uomo riconosce
meglio gli orientamenti della legge naturale, che gli
indicano la via del pieno sviluppo della sua umanità.
Così, la legge naturale, da una parte, mantiene «un
legame fondamentale con la nuova legge dello Spirito di vita in Cristo Gesù e, d’altra parte, offre un’ampia base di dialogo con le persone di altro orientamento o di altra formazione, in vista della ricerca del
bene comune» (12).
115. La scoperta della legge naturale risponde alla
ricerca di una umanità che da sempre si sforza di
darsi regole per la vita morale e per la vita in società.
Questa vita in società riguarda un arco di relazioni
che va dalla cellula familiare fino alle relazioni internazionali, passando per la vita economica, la società
civile, la comunità politica. Per poter essere riconosciute da tutti gli uomini e in tutte le culture, le
norme del comportamento in società devono avere
la loro fonte nella stessa persona umana, nei suoi
bisogni, nelle sue inclinazioni. Tali norme, elaborate con la riflessione e sostenute dal diritto, possono
così essere interiorizzate da tutti. Dopo la seconda
guerra mondiale, le nazioni di tutto il mondo hanno
saputo darsi una Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, la quale suggerisce implicitamente che
la fonte dei diritti umani inalienabili si trova nella dignità di ogni persona umana. Il presente contributo
non aveva altro fine che aiutare a riflettere su questa
fonte della moralità personale e collettiva.
CONCLUSIONE
113. La Chiesa cattolica, consapevole della necessità
per gli uomini di ricercare in comune le regole di un
vivere insieme nella giustizia e nella pace, desidera
condividere con le religioni, le sapienze e le filosofie del nostro tempo le risorse del concetto di legge
naturale. Chiamiamo legge naturale il fondamento di un’etica universale che cerchiamo di ricavare
dall’osservazione e dalla riflessione sulla nostra comune natura umana. Essa è la legge morale inscrit-
10.ivi, Ia-IIae, q. 108, a. 1, ad 2: «Poiché la grazia dello Spirito Santo è come un abito interiore infuso in noi, che ci inclina a operare rettamente, ci fa compiere
liberamente le opere che convengono alla grazia ed evitare quelle che le sono contrarie. Così dunque, la nuova legge è detta doppiamente legge della libertà.
Anzitutto perché non ci costringe a compiere o ad evitare se non gli atti di per sé necessari o contrari alla salvezza, che sono comandati o vietati dalla legge.
Poi perché ci fa compiere liberamente questi comandi o divieti, in quanto li compiamo per lo stimolo interiore della grazia. Per questi due motivi, la nuova legge
è detta “legge perfetta, legge della libertà” (Gc 1,25)
11.Id., Quodlibeta, IV, q. 8, a. 2: «La nuova legge, legge della libertà è costituita dai precetti morali della legge naturale, dagli articoli di fede e dai sacramenti della
grazia (Lex nova, quae est lex libertatis [...] est contenta praeceptis moralibus naturalis legis, et articulis fidei, et sacramentis gratiae)».
12.Giovanni Paolo II, Discorso del 18 gennaio 2002, in AAS 94 (2002) 334.
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116. Offrendo il nostro contributo alla ricerca di un’etica universale, e proponendone un fondamento razionalmente giustificabile, desideriamo invitare gli
esperti e i portavoce delle grandi tradizioni religiose,
sapienziali e filosofiche dell’umanità a procedere a
un lavoro analogo a partire dalle loro fonti, per giungere a un riconoscimento comune di norme morali
universali fondate su un approccio razionale alla re-
altà. Questo lavoro è necessario e urgente. Dobbiamo arrivare a dirci, al di là delle nostre convinzioni
religiose e della diversità dei nostri presupposti culturali, quali sono i valori fondamentali per la nostra
comune umanità, in modo da lavorare insieme a promuovere comprensione, riconoscimento reciproco e
cooperazione pacifica fra tutte le componenti della
famiglia umana.
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