eimuntas nekrosius - culturaspettacolovenezia

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eimuntas nekrosius - culturaspettacolovenezia
ASSESSORATO ALLA CULTURA,
SPETTACOLO E SPORT
EIMUNTAS
NEKROSIUS
IDIOTAS
di Fjodor Dostoevskij
PRIMA ASSOLUTA
17 • 18 • 19 GIUGNO 2009
AREA ARCHEOLOGICA DI VILLA ADRIANA, TIVOLI • ROMA
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Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici del Lazio
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Una produzione
Presidente
Piero Marrazzo
Consiglio di amministrazione
Presidente
Gianni Borgna
Assessore, Cultura, Spettacolo
e Sport
Giulia Rodano
Vicepresidente
Andrea Mondello
Amministratore delegato
Carlo Fuortes
Direttore Regionale Beni
e Attività Culturali, Sport
Enzo Ciarravano
Consiglieri
Luigi Abete
Bruno Cagli
Antonio Calabrò
Francesco Gaetano Caltagirone
Innocenzo Cipolletta
Giovanni Ferreri
Gianni Letta
Giovanni Malagò
Mario Marazziti
Michele Mirabella
Cesare Romiti
Maurizio Tucci
Dirigente Area Attività
e Strutture Culturali
Rita Turchetti
Collegio dei revisori dei conti
Presidente
Luigi Pezzi
Alessandro Bonura
Demetrio Minuto
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Eimuntas NekroSiuS
Idiotas di Fjodor Dostoevskij
In lingua lituana con sovratitoli in italiano
Versione per lo spazio aperto
Regia: Eimuntas Nekrošius
Il Cast:
Scene: Marius Nekrošius
Lev Nikolaevič Myškin
Daumantas Ciunis
Parfën Semionovych Rogožin
Salvijus Trepulis
Nastas’ja Filippovna Baraškova
Elzbieta Latenaite
Aglaja
Epančina
Diana Gancevskaite
Mrs. Epančina
Margarita Ziemelyte
Generale Epančin
Vidas Petkevicius
Adelaida Epančina
Migle Polikeviciute
Ganja - Gavrila Ivolgin
Vaidas Vilius
Generale Ivolgin
Vytautas Rumsas
Varja – Varvara Ivolgina
Ausra Pukelyte
Ferdyscenko
Vytautas Rumsas junior
Sorella
Neringa Bulotaite
Afanasy Tockiji
Tauras Cizas
Costumi: Nadezda Gultiajeva
Musiche originali: Faustas Latenas
Luci: Dziugas Vakrinas
Assistente alla regia: Tauras Cizas
Suono: Arvydas Duksta
Attrezzeria: Genadij Virkovskij
Company manager:
Audrius Jankauskas
Produzione Meno Fortas Theater.
Coproduzione
Vilnius - European Capital of Culture 2009;
Fondazione Musica per Roma – Festival Internazionale di Villa Adriana;
International Stanislavsky Foundation, Moscow;
Dialog Festival – Wroclaw;
Baltic House Festival – St. Petersburg
in collaborazione con Lithuanian Ministry of Culture e Aldo Miguel Grompone
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ëdor Dostoevskij è la guida privilegiata e complessa di questa esta-
te teatrale. Sono suoi i paesaggi, storici, sociali e soprattutto interiori, che i maggiori artisti propongono al pubblico di oggi perché vi riconosca crisi e rovesci,
illusioni e sentimenti di un mondo contraddittorio sull’orlo dell’abisso. Peter
Stein ha da poche settimane fatto vibrare l’universo dei Demoni di Dostoevskij,
e lo scrittore russo torna prepotente in scena grazie a un altro nome magico del
teatro contemporaneo, Eimuntas Nekrošius.
In meno di vent’anni, il regista lituano, amatissimo e pluripremiato, è
diventato uno dei maestri riconosciuti del teatro mondiale. Nonostante il nome
difficile, l’origine baltica, il carattere riservato se non scontroso, un rapporto
stretto e riservato fin quasi alla gelosia con i suoi attori, egli ha conquistato il
pubblico europeo con un’arma antica quanto fuori moda oggi, la poesia. E lo
ha fatto, e continua a farlo, mescolando il pubblico più difficile, di giovani e di
“iniziati”, con quello più popolare dei grandi teatri e degli abbonati. Il suo nome
è conosciuto e rincorso da tutti, tutti desiderano esser commossi da lui, e dal
suo potente linguaggio teatrale. Che può usare l’italiano, come è successo negli
ultimi anni in diverse occasioni (ultima la sua Anna Karenina da Tolstoj, e prima
i cechoviani Gabbiano e Ivanov) o il suo misterioso e musicale lituano materno.
Come la sua lingua, che ha una fisionomia particolare, così è particolare
l’indole di questo regista quasi cinquantenne. Fisico longilineo, che i capelli
tagliati cortissimi accentuano con ruvidezza. Sguardo che sfugge, quando non
se ne cattura per un attimo il riflesso grigio e luminoso. Conversazione asciutta,
intervallata dalla ricorrente compagnia del fumo. Un uomo di poche parole.
Tanto che è sua la distinzione tra i registi pratici e quelli teorici. I teorici sanno
rivelare così bene le loro idee e i progetti dei loro spettacoli “che poi le rappre-
Foto di Marius Nekrošius
sentazioni risultano assai meno interessanti”. I registi pratici mettono in scena,
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ma non sono capaci di spiegare i propri spettacoli. “Io – dice non senza malizia
– non tengo mai conferenze”. Regista pratico, Eimuntas Nekrošius si esprime
solo in lituano e le sue indicazioni raggiungono gli attori, se questi non parlano
quella lingua, attraverso le parole degli interpreti. Parole da un’altra terra, distanti, misteriose. Tradotte risultano asciutte, precise, non una più del necessario.
La lingua serve certo a comprendere meglio quanto egli ci propone,
ma Nekrošius comunica già moltissimo attraverso i corpi e le modulazioni
vocali dei suoi attori, e ancor prima attraverso i segni elementari di cui dissemina il palcoscenico, a cominciare da quelli primordiali dei filosofi presocratici:
acqua, aria, terra, fuoco... Con lui quei “materiali” di base divengono personaggi
protagonisti, come l’acqua in forma di ghiaccio che dava contatto mutante al
fantasma del padre del suo Hamletas. Che per altro vedeva nel ruolo protagonista la rockstar lituana Mamountovas: perché Nekrošius non disdegna affatto
la contemporaneità e i suoi segni, altrimenti non potrebbe coinvolgerci fino
all’ultimo respiro di spettatori.
Quando era apparso le prime volte in occidente, tutti rimasero quasi
scioccati dal suo teatro: ma quasi per il pudore di dover ammettere la magica,
intima penetrazione che operava nei cuori degli spettatori, si cercava e si metteva in luce anche il valore “contenutistico”, quasi a giustificare con se stessi quel
sentirsi abbattuti e vinti dalla sua onda emotiva. Non era un’analisi sbagliata, ma
forse insufficiente. Erano ancora gli anni ottanta, e insieme al Muro resisteva il
colosso sovietico, di cui la piccola Lituania sembrava (e si sentiva) vittima schiacciata. In Pirosmani Pirosmani era facile identificare in quella forzata subalternità le favolose visioni del pittore georgiano che predicava l’insurrezione libertaria della sua terra contro gli zar nell’ottocento. E anche nello Zio Vanja il fatto
che i contadini cantassero Va’ pensiero evocava un qualche risorgimento necessario. Come pochi anni dopo anche le scattanti Tre sorelle, tutte luttuosa-
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mente vestite di nero, tutte nevrosi e polsi, quasi possedute da una ossessiva
“musichetta” pianistica, esprimevano più che insofferenza, quasi martirio sdegnato rispetto alla guarnigione chiassosa e violenta che occupava la loro casa
cechoviana.
Poi Nekrošius ha cominciato a costruire i suoi capolavori shakespeariani
(anche se Tre sorelle lascia un ricordo indelebile). E a colpi di grandinate emotive e visionarie, ha tracciato tragitti esistenziali ad altissima quota, che hanno
aperto un modo nuovo per avvicinarsi e lavorare a Shakespeare. Totalmente
rispettoso del testo e del racconto, ma in grado di rileggere le sue parole con
semplicità paradossale quanto assoluta. Corpi massicci, materiali pericolosi,
anime che volano, apparizioni lancinanti e fuggevoli quanto quelle devozionali. Un godimento per gli spettatori e per il pensiero. Intuizioni geniali di particolari infinitamente piccoli, in cui il limite umano può però annegare. Ha fatto
storia quel frammento dell’Otello che Nekrošius preparava per la grande scena,
e che in uno squarcio di Biennale rivelò il mare d’amore e morte di Otello e
Desdemona dentro la pozzanghera ottenuta dall’acqua rovesciata da una
mano.
Visioni forti e fulminee, che valgono più di molto “realismo” e di tante
spiegazioni, ma forse più vicini alla “rivelazione” di religiosa tradizione. Anche se
la religione è quella dell’artista, e del suo tempo, e del suo fare teatro. L’abbiamo
visto con chiarezza, da spettatori “occidentali”, nel suo portare in scena il biblico
Cantico dei cantici, come nei poemi dedicati alle Stagioni dello scrittore classico
lituano Kristijonas Donelaitis. Ma ci siamo specchiati con lo stesso rispetto (e forse
con una maggiore incontenibile angoscia) in quel Faust oberato dal peso dei
tronchi di una intera foresta. Come il suo Macbetas, che aveva voluto condannato a portarsi sulle spalle il bosco che gli sarebbe stato fatale, irretito da tre streghe
giovani belle e seduttive, che parevano aver il volto di antiche Tre sorelle...
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Ora Nekrošius, quasi avesse esaurito curiosità o interesse per il paesaggio del grande teatro europeo, pare volersi concentrare a scavare, e dar corpo,
al grande romanzo. Lo scorso anno Anna Karenina, portata a umana e rustica (e
quindi quotidiana) concretezza, lontana anni luce dal glamour di classe di Greta
Garbo. Adesso va a confrontarsi con un altro romanzo epocale, a di Dostoevskij.
E “l’idiozia” del principe Myškin e di Nastas’ja Filippovna è quella delle passioni e
delle scelte, dell’ingenuità e dell’inadeguatezza davanti alla vita che pure procede su piccole cose: promesse e tentativi di matrimonio, viaggi all’estero, tradimenti virtuali e eredità fisicamente bruciate. Se le emozioni sono una bussola
nelle tempeste della quotidianità, Nekrošius e la sua ruvida genialità possono
indicarci come porci, oggi, rispetto alla innocenza quasi metafisica che
Dostoevskij nel suo romanzo oppone al bieco “materialismo” dei costumi che
vedeva diffondersi.
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Foto di D. MatvejevC
Gianfranco Capitta
EIMUNTAS
NEKROSIUS
Eimuntas Nekrošius
Nato nel 1952, Eimuntas Nekrošius si è diplomato all’Istituto dell’arte
teatrale Lunacarskij di Mosca (1978). Dal 1978 al 1979 ha lavorato al
Teatro Giovanile di Stato di Vilnius, dal 1979 al 1980 al Teatro drammatico Kaunas. Dal 1980 ha ripreso l’attività con il Teatro Giovanile, dove ha
realizzato le seguenti produzioni: La piazza di Yeliseyeva (1981),
Amore e morte a Verona di Antanėlis e Geda (1982), Pirosmani, Pirosmani,
Un giorno più lungo di cento anni di Aitmatov (1983), Zio Vanja di Cechov
(1986) e Il naso di Gogol (1991). Tutte le sue produzioni sono state premiate da vari festival teatrali in Lituania e negli Stati baltici e hanno partecipato con successo a molti festival teatrali internazionali, mentre
Nekrošius ha vinto numerosi premi ufficiali nel campo artistico.
Dal 1991 Nekrošius è stato incaricato della direzione del Festival
Teatrale Internazionale Lituano LIFE, con cui ha realizzato Mozart e
Salieri, Don Giovanni, Il festino durante la peste di Puškin (1994), Le tre
sorelle di Čechov (1995)e Amore e morte a Verona (1996). Tutte queste
produzioni sono state presentate a numerosi festival internazionali
importanti.
Nel 1994 Nekrošius ha ricevuto un premio speciale come miglior regista dell’anno dal Sindacato Teatrale Lituano, nonché un premio
dell’Assemblea baltica per Mozart e Salieri, Don Giovanni, La peste. Nello
stesso anno Taormina Arte col patrocinio della Comunità Europea e
dell’Unione dei Teatri d’Europa gli ha assegnato il Premio Europa per le
nuove realtà teatrali.
Nel 1997 Nekrošius ha realizzato una delle sue produzioni più fortunate, l’Amleto di Skakespeare, che ha partecipato a quasi tutti i principali
festival teatrali europei ricevendo numerosi premi.
Nel 1998 il regista è stato insignito del titolo di Gran Duca Gediminas
3rd Class e nello stesso anno ha ottenuto il Premio Nazionale della
Lituania.
Dal 1998 Nekrošius è direttore artistico del teatro studio Meno Fortas,
fondato nello stesso anno. Nel 1999 ha prodotto il Macbeth di
Shakespeare, che ha ottenuto il premio Golden Mask dei critici di teatro russi.
Il 2 marzo 2001 ha debuttato a Venezia l’Otello di Shakespeare, che si è
aggiudicato il premio per la Migliore produzione al MESS Festival di
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Sarajevo 2001 ed è valso a Nekrošius quello per il miglior regista. Lo
stesso anno il drammaturgo anno è stato onorato del prestigioso premio internazionale K.S.Stanislavskij a Mosca.
Nel 2002 Nekrošius si è lanciato nel campo della produzione operistica presentando il Macbeth Verdi al Teatro Comunale di Firenze.
Nel 2003 Nekrošius ha debuttato al Teatro drammatico nazionale di
Vilnius con Le stagioni, la sua nuova produzione teatrale tratta dal
poema epico dello scrittore classico lituano Kristijonas Donelaitis. Nello
stesso anno ha ricevuto il premio del Ministero della Cultura lituano per
il regista dell’anno (per Le Stagioni) e il Golden Mask del festival internazionale teatrale russo per la migliore produzione teatrale straniera.
Sempre del 2003 è il Giardino dei ciliegi di Čechov con attori russi, la cui
prima ha avuto luogo nel luglio 2003 a Mosca ed è stata salutata dai critici teatrali russi come una delle produzioni più memorabili di questo
testo viste negli ultimi dieci anni.
Nel 2001 il regista ha ricevuto a Mosca il prestigioso premio internazionale K.S. Stanislavskij.
Uno dei lavori più poetici del 2004 è stata la produzione tratta dal
Cantico dei Cantici del Vecchio Testamento realizzata da Meno Fortas,
con cui Nekrošius prosegue la sua ricerca di nuove forme di espressione teatrali basate sull‘emozione e l‘espressione visiva. La produzione è
stata accolta positivamente dal pubblico italiano, russo e lituano.
Il 2005 è stato dedicato a due produzioni liriche, I bambini di Rosenthal
di Desiatnikov, allestito al teatro Bolshoi di Mosca, e Boris Godunov prodotto dal Teatro Comunale di Firenze.
Le ultime creazioni di Nekrošius sono uno spettacolo tratto dal Faust di
Goethe realizzato da Meno Fortas (2006) e Le valchirie di Richard
Wagner allestito al Teatro dell’opera e del balletto lituano nel 2007.
Il 2008 è stato ricco di nuove produzioni: Eimuntas Nekrošius ha diretto Anna Karenina al Teatro di Modena e La leggenda della città invisibile
di Kitezh al Teatro Lirico di Cagliari e al Bolshoi di Mosca.
Eimuntas Nekrošius è attualmente impegnato nell’ultima fase di realizzazione dell’ampia produzione teatrale tratta dall’Idiota di Fedor
Dostoevskij.
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Produzioni:
S. Delaney, Sapore di miele, Teatro di Stato giovanile
S. Šaltenis, Le ballate di Duokiškis, Teatro drammatico Kaunas
A. Čechov, Ivanov, Teatro drammatico Kaunas
G. Kanovičius, S. Šaltenis, Il gatto dietro la porta, Teatro di Stato
Giovanile
1980: E. Nekrošius Il quadrato, Teatro di Stato Giovanile
1981: V. Korastyliov, Pirosmani, Pirosmani..., Teatro di Stato Giovanile
1982: K. Antanėlis, S. Geda Amore e morte a Verona, Teatro di Stato
Giovanile
1983 C. Aitmatov, Un giorno lungo un secolo, Teatro di Stato Giovanile
1986: A. Čechov, Zio Vanja, Teatro di Stato Giovanile
1991: N. Gogol, ll naso“, Teatro di Stato Giovanile
1994: A. Puškin, Mozart e Salieri. Don Giovanni. La peste, LIFE festival
1994: A. Puškin Le piccole tragedie, LIFE festival
1995: A. Čechov, Le tre sorelle, LIFE festival
1996: K. Antanėlis, S. Geda, Amore e morte a Verona, LIFE festival
1997: W. Shakespeare, Amleto, LIFE festival
1999: W. Shakespeare, Macbeth, Meno fortas
2000: W. Shakespeare, Otello, Meno fortas
2000: A. Čechov, Il gabbiano, progetto dell’Ecole des Maitres actors e
Eimuntas Nekrošius
2002: A. Čechov, Ivanov, Teatro Argentina, Roma
2002: G. Verdi Macbeth, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, Firenze
2003: G. Verdi, Macbeth, Teatro Massimo di Palermo
2003: G. Verdi Macbeth, Teatro Bolshoi, Mosca
2003: K. Donelaitis, Le stagioni: Le gioie della primavera, Meno fortas
2003: K. Donelaitis, Le stagioni: Il benessere autunnale, Meno fortas
2003: A. Čechov, Il giardino dei ciliegi, Fondo nazionale K. Stanislavskij,
Meno fortas
2004: Cantico dei Cantici, tratto dal Vecchio Testamento, Meno fortas
2005: L. Desiatnikov, I bambini di Rosenthal, Teatro Bolshoi, Mosca
2006: J. W. Goethe, Faust, Meno fortas
2007: R. Wagner, Le valchirie, Teatro dell’opera e del balletto nazionale
lituano
2008: L.Tolstoj, Anna Karenina, Teatro di Modena
2008: N. Rimsky – Korsakov La leggenda della città invisibile di Kitezh
(opera), Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Bolshoi di Mosca.
1977:
1978:
1978:
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Premi:
1988: Premio del giornale Politiki come miglior regista, Belgrado
1991: Premio speciale di Taormina Arte e Unione dei Teatri d’Europa
1994: Premio Unione del teatro lituano per il miglior regista dell’anno
1994: Premio artistico dell’Assemblea baltica internazionale
1994: Premio Europa nuove realtà teatrali del Comitato Taormina Arte
e Unione dei Teatri
1995: premio per il migliore regista del Festival Baltijskij Dom, San
Pietroburgo
1997: Premio per l’arte e la cultura nazionale
1997, 1999 e 2004:
Premio Golden Mask (Mosca) per la migliore produzione teatrale straniera presentata in Russia
1998: Unione del teatro lituano per il miglior regista dell’anno
1999: Premio del Governo della Repubblica di Lituania
1999: Premio per la migliore produzione del Festival Kontakt, Torun,
Polonia
2001: Premio per la migliore produzione e il migliore regista al MESS
Festival di Sarajevo, Bosnia Erzegovina
2001: Premio del Fondo internazionale K. Stanislavskij, Mosca
2003: Premio del Ministero della cultura per i Migliori artisti teatrali
della stagione
2004: Premio speciale dei giornalisti e critici teatrali Golden Mask
(Mosca) per la migliore produzione presentata in Russia
2005: Lettera di onorificenza “Per la diffusione della cultura teatrale
lituana” dell’Istituto lituano premi “Identità lituana 2004”
2007: Premio dell’Associazione italiana critici per la migliore produzione straniera presentata in Italia
2008: Premio UBU per Faust
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Sinossi dello spettacolo
Atto Primo
Prologo Svizzera
Il principe Myškin, dopo aver trascorso quattro anni in cura nella clinica del Professor Schneider
in Svizzera, si prepara a ritornare in Russia;
Scena I treno Varsavia - S. Pietroburgo
Al mattino sul treno il principe Myškin fa la conoscenza Rogožin, il quale gli confida il suo amore
per Nastas’ja Filippovna, la conseguente rabbia di suo padre e di come sia riuscito a fuggire da
lui.
Intanto, mentre Rogožin è lontano, suo padre muore lasciandogli una cospicua eredità. Giunto
a S. Pietroburgo, Myškin si mette alla ricerca della casa del generale Epančín.
Scena II Casa Epančín
Myškin, mentre conversa con il generale Epančín ed il suo segretario Gavrila Ivolguin (Ganja),
non può fare a meno di notare il ritratto di Nastas’ja Filippovna e scopre che, oltre ad essere
molto bella, proprio quel giorno è il suo compleanno e che, in occasione della festa, avrebbe
annunciato il proprio consenso alle nozze con Ganja.
Scena III Casa Epančín
Il principe fa la conoscenza della Signora Epančinà, sua lontana parente e delle figlie Aglaja ed
Adelaide ed esortato dalle donne, racconta della sua vita in Svizzera, parla della pena capitale e
della sua amicizia con i ragazzi del luogo e di Marie.
In seguito, spinto ad esprimere il proprio pensiero circa i volti delle ragazze, Myškin afferma che
Aglaja è quasi bella come Nastas’ja Filippovna. A questo punto, la generalessa Epančinà adirata, insiste per sapere presso Ganja se questi sia prossimo o meno al matrimonio con Nastas’ja.
Scena IV S. Pietroburgo, Casa Ivolgin
Myškin e Ganja si recano a casa Ivolgin, dove incontrano il padre di Ganja, il generale Ivolgin e
Varja, la sorella.
I progetti matrimoniali di Ganja acccendono qui un’infervorata discussione.
Senza preavviso anche Nastas’ja Filippovna giunge a casa Ivolgin e per errore tratta il principe
Myškin come un domestico.
Infine Rogožin , sopraggiunge nell’abitazione e tenta di comprare la futura sposa a Ganja promettendo di consegnare centomila rubli entro la serata.
Quella sera il principe Myškin chiede a Ivolgin di accompagnarlo alla festa di compleanno di
Nastas’ja.
Scena V Festa di compleanno a casa di Natas’ja Filippovna
Foto di Marius Nekrošius
Gli uomini giocando a un petit-jeu si confessano le cattive azioni compiute durante la vita.
Nastas’ja Filippovna è molto agitata, ma si mostra improvvisamente felice per l’arrivo inaspet-
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tato di Myškin, al quale chiede un parere circa il matrimonio con Ganja. Il principe le consiglia
di non farlo, dichiarandole inoltre il proprio amore e la sua intenzione di sposarla. Myškin le
parla anche della lettera di notifica relativa all’eredità. Nastas’ja Filippovna accetta di diventare
principessa, ma all’arrivo di Rogožin che porta con sé i centomila rubli si vede contesa dai tre
uomini. Sceglie di fuggire con Rogožin, ma prima di andarsene getta i soldi nel camino acceso
e sfida Ganja ordinandogli di recuperarli dal fuoco e di impadronirsene.
Atto Secondo
Scena VI Casa Rogožin, S. Pietroburgo
Sei mesi più tardi.
Il principe Myškin si reca a far visita a Rogožin ed esprimono i loro sentimenti nei confronti di
Nastas’ja Filippovna. Rogožin la ama appassionatamente e confessa di averla anche picchiata
una volta. Myškin afferma invece di amarla mosso solo da un sentimento di pietà.
Rogožin chiede a Myškin se crede in Dio e i due uomini si scambiano le rispettive croci.
Però quella sera stessa Rogožin tenta di accoltellare a morte Myškin, ma il principe viene colto
da un attacco di epilessia.
Scena VII Convulsioni
Dopo l’attacco di epilessia, Myškin è condotto nella residenza estiva di Pavlovsk.
Scena VIII Pavlovsk
Tutti sono in visita presso il principe che si sta riprendendo a poco a poco. Sentendo nominare il “ cavaliere povero“, la signora Epančinà insiste per ascoltare la poesia. Aglaja dedica i versi
al principe Myškin affermando che lo odierà finché avrà vita.
Rimasta sola con Myškin, la generalessa Epančinà gli ordina a mostrarle la lettera che ha scritto
alcuni mesi prima ad Aglaja. Myškin le ripete a memoria la lettera e le mostra il messaggio di
Aglaja a lui indirizzato. La generalessa capisce così che Aglaja è innamorata del principe e lo
esorta a raggiungere la figlia immediatamente.
Atto Terzo
Scena IX Parco a Pavlovsk
Aglaja scrive un messaggio a Myškin per fissare con lui un appuntamento.
A tarda sera Rogožin incontra Myškin nel parco e asserisce che Nastas’ja Filippovna è innamorata di lui e che nel contempo sta scrivendo diverse lettere ad Aglaja. A ciò Myškin reagisce
dicendo che Natas’ja non ha la testa a segno, è priva di senno e che è necessario mandarla all’estero. Myškin chiede a Rogožin di fargli gli auguri per il suo compleanno o di restituirgli la croce.
Rimasto solo, il principe si addormenta e sogna Nastas’ja Filippovna.
Scena X Panchina nel parco
Aglaja di prima mattina trova Myškin addormentato. Risvegliatosi, Myškin le confessa di aver
sognato un’altra donna. Aglaja offesa, propone comunque a Myškin di essere suo amico e di
aiutarla a fuggire da casa, minacciando di sposarsi con Gavrila Ivolgin in caso contrario.
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Consegna inoltre a Myškin le lettere di Natas’ja Filippovna chiedendogli di gettargliele in faccia.
Vengono scoperti dalla generalessa Epančinà .
Scena XI Lettere di Natas’ja Filippovna ad Aglaja
Natas’ja ha scritto alcune lettere ad Aglaja e il principe le legge. Nelle lettere Nastas’ja Filippovna
confessa di adorare Aglaja e che desidera che essa sposi Myškin. Nastas’ja invece sposerà
Rogožin.
Atto Quarto
Scena XII Residenza estiva degli Ivolgin
Ganja e Varja sono adirati con il padre poiché beve coprendo d’infamia la propria famiglia.
Varja informa Ganja del fidanzamento tra Myškin e Aglaja, ma Ganja la sorprende mostrandole un messaggio in cui Aglaja lo invita ad un incontro.
Scena XIII Morte del Generale Ivolgin
Il generale Ivolgin si reca dal principe Myškin e annunciando che la sua vita è giunta al termine,
lo invita a far visita alla sua tomba. Lo mette in guardia anche da Rogožin intimandogli di fuggire all’estero con Nastas’ja Filippovna.
Ivolgin viene poi colpito da un infarto e muore.
Scena XIV Residenza estiva degli Epančín, Pavlovsk
Nel corso della festa gli Epančín desiderano annunciare il fidanzamento di Aglaja e Myškin.
Aglaja chiede con insistenza a Myskin se desidera davvero sposarla e il principe le dichiara il suo
amore e chiede la sua mano. Aglaja si scusa per il suo comportamento, bacia Myškin e gli chiede di rompere un vaso, per far piangere sua madre. Myškin, in seguito alla domanda sulla fede
ed al lungo discorso sulla religione, si infervora e svenendo rompe il vaso. Gli Epančín lo perdonano.
Scena XV Residenza estiva di Natas’ja Filippovna
Aglaja conduce Myškin da Nastas’ja e da Rogožin. Aglaja biasima Nastas’ja Filippovna di non
aver amato Myškin e anzi di averlo torturato. Inizialmente Nastas’ja Filippovna ascolta in silenzio, ma poi infuriata chiede a Myškin di scegliere tra lei e Aglaja. Myškin irretito davanti alle due
donne, finisce con l’essere compassionevole nei confronti della farneticante Natas’ja. Aglaja
disperata si toglie l’anello di fidanzamento e scappa.
Ma Nastas’ja Filippovna proprio sul punto di sposarsi con Myškin fugge all’ultimo momento
nuovamente con Rogožin.
Scena XVI Casa Rogožin, S. Pietroburgo
Il giorno seguente il principe si reca a casa di Rogožin il quale gli confessa di aver ucciso
Nastas’ja accoltellandola di prima mattina .
Entrambi decidono allora di mantenere il silenzio e si stendono accanto al corpo ormai privo di
vita di Nastas’ja Filippovna.
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IDIOTAS
PRIMA PARTE
Tutte le foto di Marius Nekrošius
Scena 1 Fine novembre, 9 del mattino. Treno Varsavia-Pietroburgo.
Rogožin:
Patite il freddo?
Myškin:
Molto, e notate che questa è una giornata di sgelo. Non pensavo davvero che da
noi facesse così freddo. Non c’ero più abituato.
Rogožin:
Venite dall’estero?
Myškin:
Sì, dalla Svizzera. Sono stato per molto tempo, più di quattro anni, lontano dalla
Russia, sono stato mandato all’estero per una strana malattia nervosa, una specie
di epilessia.
Rogožin:
Ebbene, vi hanno guarito?
Myškin:
No, che non mi hanno guarito.
Rogožin:
Eh! Avrete speso chissà quanto denaro per niente, mentre noi qui ci fidiamo di
loro.
Myškin:
Certo non posso contraddirvi, perché conosco solo il mio caso, ma il mio
medico mi ha dato del denaro, per pagarmi il viaggio di ritorno. Inoltre mi aveva
già mantenuto là, a sue spese, per quasi due anni.
Rogožin:
Perché, non c’era nessuno che pagasse per voi?
Myškin:
No. Il signor Pavliscev, che mi manteneva laggiù, è morto un paio di anni fa. Io
poi scrissi alla moglie del generale Epančin, una mia lontana parente, ma non ho
ebbi risposta. E così, sono venuto qui.
Rogožin:
Immagino allora che tutto il suo bagaglio sia quel fagotto. Ma permettete, con
chi ho l’onore di parlare?
Myškin:
Principe Lev Nikolaevič Myškin.
Rogožin:
Il principe Myškin? Lev Nikolaevič? Non lo conosco.
Myškin:
Lo credo bene! Di principi Myškin non ce n’è più nessuno, tranne me. Se non
sbaglio, sono l’ultimo e unico. Non so in che modo la generalessa Epančina
risulti una principessa Myškin, ma anche lei è una discendente del principe
Myškin, l’ultima nel suo genere.
Rogožin:
Ah! L’ultima del suo genere! Che gioco di parole!
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22
Myškin:
Figuratevi che l’ho detto proprio senza pensarci.
Rogožin:
Ditemi! Avete studiato laggiù qualche scienza, con quel professore?
Myškin:
Sì. Ho studiato.
Rogožin:
Io invece non ho studiato mai nulla. Conoscete i Rogožin?
Myškin:
No. In Russia conosco pochissima gente. Siete voi Rogožin?
Rogožin:
Sì, sono io, Rogožin, Parfën Rogožin. Cinque settimane fa ero come voi, senz’altro
che un fagotto. Sono scappato dalla casa di mio padre per venire a Pskov, e,
quando ero via, lui morì. Sia benedetta la sua memoria, ma se non fossi scappato
mi ammazzava di sicuro.
Myškin:
Voi l’avevate fatto arrabbiare?
Rogožin:
Oh, sì. Lo avevo fatto arrabbiare. Ma è stato soprattutto mio fratello a farmi uscire
dai gangheri. Mia madre non ha potuto far niente, è una donna vecchia. Ma lui,
perché non mi ha informato? Dicono che mi hanno mandato un telegramma.
Che c’è di buono nei telegrammi? È arrivato alla zia. Si è spaventata e, senza
aprirlo, l’ha riportato all’ufficio, ed è rimasto lì fino ad ora. Soltanto Konev, mi
aiutò, informandomi di tutto. Di notte mio fratello tagliò via le nappe d’oro del
drappo funebre che coprivano la bara di mio padre per guadagnare un sacco di
soldi. Basterebbe solo questo fatto per mandarlo in Siberia, se volessi, perché è
un sacrilegio. Credono che io sia ancora malato ma io, senza dire una parola, mi
sono messo in treno, ed eccomi in viaggio. Ah, fratellino Semën, devi aprirmi e
farmi entrare. Che io abbia fatto arrabbiare mio padre per lei è vero. Fu solo
colpa mia. Quella volta, principe, attraversavo di corsa il Nevskij, con un pastrano
di mio padre, ed eccola uscire da un negozio, e montare in carrozza.
D’improvviso fui tutto un fuoco, giuro. Poi incontrai Zalëžev. Mi dice che non è
roba per me. Questa è una principessa. Si chiama Nastas’ja Filippovna Baraškova,
e vive con Tockij, che non sa come liberarsi di lei, perché avendo ormai una certa
età, 55 anni, vorrebbe sposare la donna più bella di Pietroburgo. Mi lasciò
intendere che quel giorno stesso avrei potuto vedere Nastas’ja Filippovna al
balletto. Avrei voluto che mio padre ci permettesse di andare a teatro, perché
normalmente ci avrebbe ammazzato! Io tuttavia ci andai per un’ora e vidi
Nastas’ja Filippovna. Tutta quella notte non dormii. La mattina mio padre mi
diede due titoli da vendere, da circa 5.000 rubli l’uno. “Vendili”, mi disse, “poi
porta 7.500 rubli al banco e riportami il resto, “senza andare in nessun altro
posto. Fa’ in fretta, ti aspetterò qui”. Io vendetti i titoli, presi il denaro ma non
andai al banco. Me ne andai dritto al negozio inglese, e scelsi un paio di
pendenti, con un diamante ciascuno. Corsi da Zalëžev: “Su”, dissi, “andiamo da
Nastas’ja Filippovna”. E ci avviammo. Allora non dissi chi ero io, ma Zalëžev disse:
“Questo è da parte di Parfën Rogožin, in ricordo dell’incontro di ieri.
“Compiacetevi di accettarli”. Lei aprì la scatoletta, guardò e sorrise. “Ringraziate”,
disse, “il vostro amico signor Rogožin per la gentile attenzione”. Fece un inchino e
se ne andò. Perché non sono morto lì, sul momento? Io, a dire il vero, volevo già
buttarmi nel fiume, senza passar a casa, ma poi ho pensato che era la stessa
cosa. E come un maledetto sono tornato a casa. Mio padre mi prese, mi chiuse a
chiave al piano di sopra, e mi dette una lezione che durò un’ora buona. “Questo
non è che un assaggio”, mi disse. “Ripasso a darti un altro salutino prima di notte”.
Il vecchio andò da Nastas’ja Filippovna, le fece degli inchini fino a terra, supplicò
e pianse perché gli ridesse i diamanti. Lei le rispose: “Eccoti i tuoi orecchini,
vecchio barbone. Ora per me valgono dieci volte di più “se Parfën se li è
procurati con tanto rischio. Saluta e ringrazia Parfën”. Io, intanto, presi il treno per
Pskov e me ne andai per bettole. Passai tutta la notte delirante, steso per terra.
Rogožin:
Principe, non so perché t’ho preso a benvolere. Forse perché t’ho incontrato in
un momento come questo. Vieni a trovarmi, principe. Ti toglieremo codeste
ghette e ti farò indossare una bellissima pelliccia di martora di prima qualità. Ti
farò cucire una marsina di ottimo taglio e un panciotto bianco, o quello vuoi tu.
Ti riempirò le tasche di denaro e andremo da Nastas’ja Filippovna! Verrai o no?
Myškin:
Verrò con grandissimo piacere. Vi ringrazio molto d’avermi preso a benvolere. Ve
lo dico sinceramente, anche voi mi siete piaciuto molto, in particolare quando
avete raccontato dei pendenti di brillanti, sebbene il vostro viso sia cupo. Vi
ringrazio. Effettivamente presto avrò bisogno di un abito e di una pelliccia.
Quanto a denaro, attualmente sono quasi senza un centesimo.
Rogožin:
Il denaro arriverà, stasera ne avrò molto. Vieni a trovarmi! Ma voi, principe, avete
molta inclinazione per le donne? Ditelo prima!
Myškin:
Io, no! Io, vedete, a causa della mia malattia non le conosco affatto.
Rogožin:
Se è così, principe, sei davvero un santo, e Dio ama quelli come te!
Scena 2 A casa del Generale Epančin.
Gen. Epančin:
Gavrila Ardalionovič! Allora, in cosa posso esservi utile?
Myškin:
Non ho alcun affare improrogabile. Il mio scopo era semplicemente di fare la
vostra conoscenza. Vengo dritto dal treno... dalla Svizzera.
Generale Epančin:
Per far conoscenze di solito ho poco tempo. Una ragione non c’è, d’accordo, e
certamente abbiamo poco in comune.
Myškin:
Io sono il principe Myškin e la vostra consorte appartiene alla nostra stirpe. E ho
sentito dire che siete brave persone.
Generale Epančin:
Grazie. Principe, poiché abbiamo concluso che non è il caso di parlare di
parentela fra noi, ne consegue che...
23
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Myškin:
Ne consegue che devo alzarmi e andarmene? Immagino sia giusto così. Bene,
addio e scusate se vi ho disturbato!
Generale Epančin:
Ma sapete, principe, Elizaveta Prokof’evna forse vorrà vedere una persona che
porta il suo stesso nome.
Myškin:
Lo confesso, contavo appunto sul fatto che Elizaveta Prokof’evna, forse, si
sarebbe ricordata che le avevo scritto una lettera.
Generale Epančin:
Ma quanti anni avete, principe?
Myškin:
26.
Generale Epančin:
Credevo molto meno.
Myškin:
Sì, dicono che ho un viso giovanile.
Generale Epančin:
Possedete almeno qualcosa? O forse avete intenzione di dedicarvi a qualche
attività?
Myškin:
Per il momento non possiedo nulla e non ho nemmeno un’occupazione, eppure
vorrei trovarne. Il denaro per il viaggio me l’ha dato Schneider, il mio professore,
che mi aveva curato e istruito in Svizzera.
Generale Epančin:
E in Russia non avete nessuno, proprio nessuno?
Myškin:
Per ora nessuno, ma spero... Inoltre ho ricevuto una lettera!
Generale Epančin:
Allora siete in grado di leggere e scrivere senza errori?
Myškin:
Sì, altro che.
Generale Epančin:
Magnifico. E la calligrafia?
Myškin:
È, oserei dire, un mio talento. Vi scriverò subito qualcosa.
Generale Epančin:
Mi fareste un favore. Anzi, è necessario. Ganja, date della carta al principe. Cos’è
questo? Ah, Nastas’ja Filippovna! Te l’ha mandato lei stessa, proprio lei?
Ganja:
Gliel’avevo chiesta già da un pezzo. Vi ricordate certamente, Ivan Fëdorovič, di
questa sera?
Generale Epančin:
Me ne ricordo, me ne ricordo, certo, e ci sarò. Ci mancherebbe, è il giorno del
suo compleanno, 25 anni!
Ganja:
Ad ogni modo, si risolverà tutto stasera.
Myškin:
Sicché questa è Nastas’ja Filippovna? Straordinariamente bella!
Generale Epančin:
Forse conoscete già anche Nastas’ja Filippovna?
Myškin:
Sì, in mattinata, in treno, Rogožin mi ha parlato di lei.
Ganja:
Che vi è parso, principe? Si tratta di una persona seria o solo di uno scapestrato?
Myškin:
Mi è parso che in lui ci fosse molta passione, persino morbosa.
Generale Epančin:
Vi è sembrato così?
Myškin:
Sì, m’è sembrato così.
Generale Epančin:
Ascolta, Ganja, rallegrati. Hai capito? Vuoi o non vuoi, in sostanza? Se non vuoi
dillo, e tanti saluti.
Ganja:
Lo voglio.
Generale Epančin:
Quindi sa scrivere correttamente? Ganja, dai la carta al principe.
Myškin:
Quante cose deliziose avete qui! Tante penne e accessori, e che carta
meravigliosa! Ecco, questa è la firma autentica di un manoscritto del 14° secolo.
Poi ecco qui avete il carattere francese, rotondo e pieno, del 18°secolo. Guardate
la rotondità di queste “a” e “d”. Questo è un carattere russo, da scrivano militare.
Generale Epančin:
Sorprendente Ganja. Qui abbiamo un vero talento. Non siete semplicemente un
calligrafo, siete un artista!
Ganja:
È consapevole anche della propria vocazione.
Generale Epančin:
Veniamo al dunque, principe. Vi ho già spiegato che non mi è possibile ricevervi
molto spesso, ma desidero sinceramente aiutarvi un pochino. Per cominciare
permettetemi di offrirvi questi 25 rubli. Spero che tu, Ganja, non abbia nulla in
contrario a che il principe venga a stare a casa vostra.
Ganja:
Oh, al contrario!
Myškin:
Vi ringrazio, generale. Vi siete comportato con me come un uomo
straordinariamente buono. Rogožin mi aveva già invitato ma...
Generale Epančin:
Rogožin? No, ve lo sconsiglierei... Elizaveta Prokofievna, venite.
Elizaveta Prokofievna, venite!
Ganja:
E così vi piace questa donna, principe?
Myškin:
Un viso stupendo! E sono sicuro che il suo destino non è dei più comuni.
È un viso orgoglioso, orgogliosissimo. Ma chissà se è buona? Ah, se fosse buona!
Tutto sarebbe salvo!
Ganja:
Ma voi sposereste una donna così?
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Myškin:
Non posso sposare nessuno, sono malato.
Ganja:
E Rogožin la sposerebbe? Che ne pensate?
Myškin:
Perché no? Penso che la sposerebbe anche domani. La sposerebbe, ma dopo
una settimana sarebbe capace di sgozzarla. Che avete?
Scena 3 A casa del Generale Epančin
26
Mrs Epančina:
Mi compiaccio di constatare che conoscete le buone maniere. E non siete affatto
il tipo che il generale ha ritenuto opportuno descrivere. Al contrario, siete molto
ben educato. I vostri modi sono perfetti. Principe, avete molto appetito?
Myškin:
Sì, ora me n’è venuto molto, e vi sono assai riconoscente.
Mrs Epančina:
Aglaja, Adelaida, prendetevi cura del principe! Vero che non è poi così malato?
Forse non c’è neanche bisogno del tovagliolo al collo. Mangiate, principe, e
raccontatemi dove siete nato, dove siete stato allevato? Voglio sapere tutto, mi
interessate in maniera straordinaria. Voglio che risultiate interessante anche a
tutti loro. Dunque, parlate.
Aglaja:
Io non racconterei nulla, se me lo ordinassero così.
Mrs Epančina:
Che c’è di strano? Principe, vi è piaciuta la Svizzera?
Myškin:
La prima impressione fu forte. Quando mi portarono via dalla Russia guardavo in
silenzio fuori dalla finestra. Ciò era accaduto dopo una serie di violenti attacchi
del mio male. Perdevo il nesso logico dei miei pensieri. Ricordo che provavo una
tristezza insopportabile, mi veniva perfino da piangere. Il fatto che tutto mi fosse
estraneo aveva fatto un effetto terribile su di me. Mi ricordo che mi risvegliai
completamente da questo torpore una sera. Fu il raglio di un asino, al mercato in
città, a destarmi. Quell’asino mi colpì enormemente e chissà perché mi piacque
moltissimo. Da quel momento, mi si schiarirono i pensieri.
Mrs Epančina:
Un asino? Eppure non è così strano. Chiunque potrebbe innamorarsi di un asino!
Myškin:
Da quella sera, gli asini mi piacciono particolarmente. E, grazie a quell’asino,
cominciai ad apprezzare la Svizzera intera.
Mrs Epančina:
Perché continui a ridere, Aglaja? E anche tu, Adelaida? Il principe ha raccontato
splendidamente dell’asino. Lui l’ha visto di persona, ma tu che cosa hai visto? Sei
mai stata all’estero, tu?
Adelaida:
Io un asino l’ho visto, mamma.
Aglaja:
E io l’ho anche sentito.
Mrs Epančina:
Cosa avete visto all’estero oltre all’asino?
Adelaida:
Non capisco perché non andiamo all’estero. Sono già due anni che non riesco a
trovare il soggetto di un quadro. Principe, trovatemi il soggetto di un quadro.
Myškin:
Mi pare che basti guardare e dipingere.
Adelaida:
Non sono capace di guardare.
Mrs Epančina:
Non sei capace? Apri gli occhi e guarda! Raccontateci piuttosto, principe, quello
che guardavate voi.
Myškin:
Non so. Lì mi sono soltanto rimesso in salute. Ero quasi sempre felice, però.
Aglaja:
Felice! Voi sapete essere felice?
Myškin:
C’era una cascata. La notte mi piaceva ascoltarne il suono, ma in quei momenti
ero preso da un grande turbamento. La stessa cosa mi accadeva in mezzo alle
montagne, e tutt’intorno c’erano dei pini. Restavo tutto solo, circondato da un
terribile silenzio. Il nostro villaggio era lontano. Il sole splendeva, il cielo era
azzurro, un vecchio castello sulla cima. Ero solito osservare proprio là dove il
cielo e la terra si incontrano, e desideravo cercare in quel punto la chiave
dell’enigma, credendo che avrei potuto trovare una nuova vita, mille volte più
intensa e più rumorosa. Ma poi mi sembrò che anche in prigione si potesse
trovare una vita immensa.
Aglaja:
Quest’ultimo lodevole pensiero l’avevo già letto nella mia antologia.
Adelaida:
Volume secondo. Voi siete un filosofo, principe e siete venuto a farci la lezione.
Aglaja:
Avete finito?
Myškin:
Sì, ho finito.
Aglaja:
Perché avete raccontato questo?
Myškin:
Così! M’è venuto in mente, a proposito del nostro discorso. Non siete adirate con
me?
Tutte e tre:
Per quale motivo?
Myškin:
Forse, a volte, dico cose strane!
Aglaja:
Mi dispiace, principe, che non abbiate visto un’esecuzione capitale. Vi avrei
chiesto una cosa.
Myškin:
L’ho vista un’esecuzione capitale.
Aglaja:
Se l’avete vista, come fate a dire di aver vissuto sempre felicemente? V’è piaciuta
molto?
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Myškin:
Non m’è piaciuta affatto, ma guardavo come se fossi stato incatenato, senza
riuscire a distogliere lo sguardo.
Aglaja:
Nemmeno io avrei potuto distogliere lo sguardo.
Adelaida:
Raccontateci dell’esecuzione capitale. Voglio sentirlo assolutamente.
Myškin:
Quando mi avete chiesto di darvi un soggetto per un quadro, m’era venuta l’idea
di suggerirvi questo. Dipingere il volto di un condannato un attimo prima del
colpo di ghigliottina, quando è ancora in piedi sul patibolo, prima di stendersi su
quell’asse.
Adelaida:
Come, il volto? Solo il volto? Che quadro ne verrebbe?
Myškin:
Perché no?
Adelaida:
Come dovrei dipingere quel volto? Solo il volto?
Myškin:
Fu giusto un minuto prima della morte. In quel momento guardò dalla mia
parte. Io guardai il suo volto e capii tutto. Io già allora pensavo che un quadro
simile sarebbe stato notevole. È necessario immaginarsi tutto quello che c’è
stato prima. Lui era in prigione e si aspettava di venir giustiziato di lì a una
settimana. Ancora assonnato non ci credette, ma quando fu sveglio del tutto e
comprese quel che succedeva, tacque e non aveva più voglia di dire nulla.
Attraversando tutta la città, lo conducono al patibolo. Tutt’intorno c’è folla, grida,
frastuono, ma soprattutto il pensiero:
“Ecco, questi sono diecimila, ma
nessuno di loro viene giustiziato, invece io sì”. Al patibolo, a un tratto si mise a
piangere, eppure era un uomo forte e molto malvagio! Il prete doveva essere
una persona intelligente, aveva smesso di parlare e continuava a dargli il
crocifisso da baciare. Ai piedi del patibolo, d’un tratto divenne pallido come un
foglio di carta. Baciava la croce con avidità, con fretta, quasi si affrettasse a far
provvista non so di che, per ogni evenienza. È difficile che in quel momento
fosse viva in lui una qualsiasi coscienza religiosa. E fu così fino al patibolo.
La testa, in questi momenti, vive e lavora terribilmente, come una macchina. E
pensare che è così fino all’ultimo quarto di secondo, quando già la testa giace
sul patibolo e aspetta, e sa, e ad un tratto sente scivolare giù il ferro sulla sua
testa.
Se mi trovassi io sul patibolo cercherei di sentirlo apposta e lo sentirei! Quando
la testa vola via, è cosciente! Che cosa incredibile da provare! Pensate se quella
coscienza durasse anche solo 5 secondi! Cercate di dipingere il patibolo, il
condannato, la faccia pallida come un foglio di carta, il prete che tende il
crocifisso.
Il crocifisso e la testa. Ecco quale sarebbe il quadro. Ecco un quadro per voi.
Adelaida:
Be’, adesso raccontate di quando eravate innamorato.
Mrs Epančina:
Che sciocca! Non le badate, principe. Non pensate male se vi punzecchiano in
questo modo. Ne hanno certo studiata qualcuna, ma vi vogliono già bene. Lo so,
conosco i loro visi.
Myškin:
Anch’io conosco i loro visi.
Adelaida, Aglaja:
Com’è possibile? Che sapete dei nostri visi?
Adelaida:
Se siete un fisionomista tanto bravo, probabilmente siete stato anche
innamorato.
Myškin:
Non sono stato innamorato. Sono stato felice diversamente.
Adelaida, Aglaja:
Come, in che modo?
Myškin:
Laggiù non c’erano che bambini e io ero sempre con loro, soltanto con loro.
I bambini non mi volevano bene, all’inizio, ridevano di me, cominciarono persino
a gettarmi dei sassi, quando videro che baciavo Marie. Marie aveva circa
vent’anni, era debole e magrolina e aveva la tisi. Un francese, un commesso
viaggiatore di passaggio, l’aveva sedotta e portata via ma dopo una settimana
l’aveva abbandonata.
Quando tornò, la madre per prima l’accolse con cattiveria, rudezza e disprezzo.
Marie giaceva sul pavimento piangente, disperata. All’epoca aveva preso a
sputare sangue. I bambini presero a gettarle del fango. Quando la madre morì, il
pastore non ebbe vergogna di infangare Marie davanti a tutti. Marie stava dietro
alla bara e piangeva. Marie piangeva accanto alla bara. A questo punto
intervennero i bambini, perché ormai erano tutti dalla mia parte, e avevano
cominciato ad amare Marie. Le detti gli otto franchi, le detti un bacio, e le dissi
che la baciavo non perché fossi innamorato di lei, ma perché mi faceva tanta
compassione. Lei mi baciò la mano, e io avrei voluto baciare la sua, ma la ritirò in
fretta. In quel momento, i bimbi ci videro. Cominciarono a fischiare, a batter le
mani e a ridere, e Marie si diede alla fuga.
Lei scappava via col fiatone, e loro dietro, bersagliandola e ingiuriandola. Una
volta arrivai ad azzuffarmi con loro, poi cominciai a parlar con loro. Gli raccontai
quanto fosse infelice Marie. Mi ascoltarono con gran interesse, e presto ebbero
compassione di Marie. Ben presto tutti cominciarono a volerle bene, e poi
presero a voler bene anche a me. Io avevo baciato Marie prima che sua madre
morisse. Quando poi il pastore fece quella predica, tutti i bambini erano già dalla
mia parte. Ma Marie ormai era felice. Era molto malata e camminava a stento. Un
giorno non poté più uscire di casa. Per due giorni i bambini si occuparono di lei
e accorrevano sotto la finestra, a volte soltanto per un minuto, solo per dire:
“Bonjour, notre bonne Marie!”
I bambini coprirono tutta la bara di fiori e le misero una coroncina sulla testa.
In chiesa il pastore non inveì più contro la morta. Ma in seguito fui guardato con
sospetto dai genitori dei bambini. Ai bambini fu proibito con decisione anche
solo di incontrarmi. Schneider disse che io stesso ero completamente un
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bambino, che come anima, carattere e forse anche intelligenza non ero adulto,
e così sarei rimasto. Solo una cosa è vera. Davvero io non amo stare con gli
adulti.
Tutti mi prendono anche per un idiota. Effettivamente, una volta ero tanto
malato, e allora ero simile a un idiota, ma che idiota sono ora, se capisco io
stesso che mi considerano un idiota? So molto bene che ci si vergogna a parlare
davanti a tutti dei propri sentimenti, ma eccomi qui con voi a farlo, e non mi
vergogno. Mi avete chiesto dei vostri visi, e cosa abbia notato in essi.
Voi, Adelaida Ivanovna, avete un viso felice, e dei tre è il più simpatico.
Inoltre siete molto bella, e guardandovi con semplicità, riuscite a conoscerne
subito il cuore. C’è nel vostro viso una sfumatura particolare, come nella
Madonna di Holbein a Dresda. Quanto al vostro viso, Lizaveta Prokof’evna non
solo mi sembra, ma sono addirittura sicuro, che siete una vera bambina, in tutto
ciò che è buono e in tutto ciò che è cattivo. Non ve la prendete se parlo così.
Sapete bene in che gran conto io tenga i bambini.
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Mrs Epančina:
Ciò che avete detto a proposito del mio viso è l’assoluta verità. Sono una
bambina, e lo so. Io ritengo che il vostro carattere si accordi perfettamente col
mio. Siamo come due gocce d’acqua, solo che voi siete un uomo e io sono una
donna e non sono stata in Svizzera. Però, principe, perché non avete detto nulla
di Aglaja?
Myškin:
Oh, Aglaja Ivanovna, siete così bella che si ha paura a guardarvi.
Adelaida:
Ma è bella, principe, non è vero?
Myškin:
Straordinariamente. Quasi come Nastas’ja Filippovna, anche se il viso è tutto
diverso.
Mrs Epančina:
Come Nastas’ja Filippovna? Quale Nastas’ja Filippovna?
Myškin:
Poco fa Gavrila Ardalionovič me ne ha mostrato il ritratto.
Mrs Epančina:
Fatemi il favore, principe. Fatevi dare il ritratto e portatelo qui.
Adelaida:
Principe!
Ganja:
Prendetelo.
Mrs Epančina:
Sì, è bella, molto. Allora è proprio questo il genere di bellezza che apprezzate?
Myškin:
Sì. Proprio questa.
Mrs Epančina:
E per quale motivo?
Myškin:
In questo viso c’è molta sofferenza.
Adelaida:
Che forza!
Mrs Epančina:
Dove? Quale forza?
Adelaida:
Con una tale bellezza si può rovesciare il mondo!
Myškin:
Venere di Milo. Dresda.
Adelaida:
Louvre.
Mrs Epančina:
Chiedete a Gavrila Ardalionovič di venire qui. State per sposarvi?
Ganja:
Sposarmi? Sposarmi con chi?
Mrs Epančina:
Prendete moglie, vi domando, se preferite quest’espressione.
Ganja:
N-no. Io, n-no.
Mrs Epančina:
Addio, adesso. Prendetevi il vostro ritratto. Arrivederci mio caro principe, Vieni a
trovarmi più spesso.
Myškin:
Adesso prendo solo il mio fagottino e poi usciamo.
Ganja:
Maledizione, perché devi parlare? Non ne sai nulla, ...idiota!
Scena 4 Casa di Ivolgin
Ganja:
Per favore, non parlate di ciò che mi è successo, né là di quel che è successo qui.
Almeno per oggi cercate di trattenervi.
Myškin:
Vi assicuro che ho chiacchierato assai meno di quanto voi pensiate.
Ganja:
Be’, oggi ho dovuto già sopportare abbastanza per causa vostra.
In una parola, ve ne prego. Puah, che stanza orrenda. È buia e le finestre danno
sul cortile. Comunque non è affar mio, non sono io che affitto alloggi.
Ivolgin:
È lui! È lui! Come se fosse vivo di nuovo! Sento il caro nome a me familiare.
Il principe Myškin?
Myškin:
Esattamente.
Ivolgin:
Proprio così! Il figlio del mio amico, e, posso dire, mio compagno d’infanzia
Nikolaj Petrovič.
Myškin:
Mio padre si chiamava Nikolaj L’vovič.
Ivolgin:
L’vovič... Generale Ivolgin. Io vi ho portato fra le braccia.
Myškin:
Davvero?
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Ivolgin:
Io ero appassionatamente innamorato di vostra madre, ancora quando era
fidanzata, fidanzata del mio amico. Il principe se n’era accorto, e s’infuriò. Venne,
tirò fuori dalla tasca due pistole. Alla distanza di un fazzoletto teso. Senza
testimoni. Caricammo, tendemmo il fazzoletto e ci mettemmo in posizione uno
di fronte all’altro. Appoggiammo le pistole l’uno sul cuore dell’altro. D’un tratto,
lacrime scesero dagli occhi di entrambi. Ci furono pianti, abbracci e una gara di
generosità reciproca. Il principe gridò: “è tua”! Io gridai: “è tua”! In una parola. in
una parola... Voi siete venuto a stare da noi?
Myškin:
Sì, per un po’ di tempo, forse.
Ivolgin:
Come sincero amico di vostro padre, desidero avvisarvi. In casa mia c’è una
tragedia! Si prepara un matrimonio. Il matrimonio fra una donna equivoca e un
giovane. Questa donna viene condotta nella casa in cui ci sono mia figlia e mia
moglie! Ma finché io respirerò, lei non entrerà! Mai! Mai! Con Ganja ormai non
parlo quasi più, ed evito persino d’incontrarlo.
Varja:
Principe, fatemi il piacere...
Ivolgin:
Figurati, amica mia, che ho cullato il principe fra le mie braccia! Ma è mai
possibile che tu non ricordi il defunto Nikolaj L’vovič?
Varja:
Non mi ricordo di Nikolaj L’vovič. È vostro padre?
Myškin:
Sì, ma morì mentre era sotto giudizio. Non sono mai riuscito a sapere di preciso
perché. È morto all’ospedale.
Ivolgin:
Una faccenda inconcepibile, si può dire persino misteriosa. Il soldato Kolpakov
ruba a un compagno del cuoio. Il principe gli dà una lavata di capo e minaccia
di fargli dare delle vergate. Dunque, Kolpakov va in caserma, si corica sul
tavolaccio, e di lì a un quarto d’ora muore. Seppelliscono Kolpakov e poi viene
radiato.
Però, esattamente sei mesi dopo, il soldato Kolpakov ricompare, come se nulla
fosse successo, nella terza compagnia del secondo battaglione.
Myškin:
Come?
Varja:
Non è così, c’è un errore! “Mon père se trompe.”
Ivolgin:
È facile dire “se trompe”. Ti viene in mente un altro caso simile? Si trovavano tutti
come in un vicolo cieco. Tutti i confronti dimostrarono che si trattava dello
stesso soldato Kolpakov, che sei mesi prima era stato sepolto. Un caso davvero
raro, quasi impossibile. La finestra che dà sul cortile...
Varja:
Babbo, il vostro pranzo è servito.
Ivolgin:
Meraviglioso, cominciavo a sentire un po’ di fame. Sì, strana coincidenza, ma il
caso è, si può dire, psicologico.
Varja:
La minestra si raffredderà di nuovo. Ognuno ha le caratteristiche particolari, e gli
altri ne hanno forse anche di più. Di una cosa vi prego. Se mio padre, Ardalion
Aleksandrovič, si rivolgesse a voi per il pagamento, ditegli che avete già dato a
me. Oggi, Ganja?
Ganja:
Oggi cosa? Cosa, Ganja? Avevo già dato la mia parola. Vi rispetterò in pieno e in
tutto, e così chiunque altro è in questa casa o debba oltrepassare questa soglia.
Varja:
Si dice che oggi si definirà tutto fra di voi. Che cosa si definirà?
Ganja:
Ha promesso di dichiarare se è d’accordo o no.
Varja:
Come ha potuto darti il suo consenso, e regalarti persino il suo ritratto, se tu non
l’ami?
Ganja:
Finiamola qui! Ma voi come fate a sapere che io inganno Nastas’ja Filippovna?
Varja:
Ho detto che, se lei entrerà qui dentro, uscirò io, e manterrò la parola.
Ganja:
Ed è sempre per testardaggine che non ti sposi! Non c’è bisogno che mi tieni il
broncio, Varvara Ardalionovna.
Nastas’ja Filippovna:
Ganja! Ganja! Ganja... Se la pigrizia ti impedisce di aggiustare il campanello,
dovresti almeno restare in anticamera per farli entrare quando bussano.
Guarda che lasci cadere la pelliccia, babbeo! Va’ ad annunciarmi. Ora perché ti
porti via la pelliccia? Ma sei matto, o cosa? Ma che idiota è mai questo! Avanti!
Be’, chi annuncerai?
Myškin:
Nastas’ja Filippovna.
Nastas’ja Filippovna:
Come fai a conoscermi? Io non ti ho mai visto! Va’ ad annunciarmi. Cosa sono
queste urla?
Myškin:
Litigano.
Nastas’ja Filippovna:
Finalmente sono riuscita a entrare. Come mai avete una faccia tanto sconvolta?
Varja:
Particolare piacere.
Nastas’ja Filippovna:
Ma dov’è il vostro studio? E dove sono gli inquilini? Voi avete degli inquilini,
vero? Ma è redditizio?
Varja:
Dà un po’ di fastidi ma naturalmente dev’esserci anche un buon profitto.
Nastas’ja Filippovna:
Ma che faccia avete? Mio Dio, che faccia avete in questo momento!
Myškin:
Bevete un po’ d’acqua, non fate così.
Ganja:
Siete forse un dottore voi, principe? Nastas’ja Filippovna, permettetemi di
presentarvi questo tipo straordinariamente prezioso, il principe.
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Nastas’ja Filippovna:
È un principe? Prima l’ho preso per un lacchè. C’è mancato poco che vi
ingiuriassi, principe. Scusatemi, ve ne prego.
Che principe?
Ganja:
È un nostro inquilino.
Nastas’ja Filippovna:
Ditemi, perché non m’avete corretto prima, quando mi sono tremendamente
sbagliata?
Myškin:
Mi sono meravigliato vedendovi così improvvisamente...
Nastas’ja Filippovna:
E come sapevate che ero io? Perché prima siete rimasto impietrito? Cosa c’è di
tanto terrificante in me?
Myškin:
Poco fa mi ha molto colpito il vostro ritratto. E poi in treno mi ha parlato molto
di voi Parfën Rogožin. E nello stesso istante in cui vi ho aperto la porta stavo
pensando a voi, e, tutt’a un tratto, eccovi lì.
Nastas’ja Filippovna:
E come avete riconosciuto che ero io?
Myškin:
Dal ritratto e...
Nastas’ja Filippovna:
E poi?
Myškin:
E perché vi immaginavo proprio così. Mi pare di avervi già vista da qualche
parte.
Nastas’ja Filippovna:
Dove? Dove?
Myškin:
Mi pare di aver visto i vostri occhi da qualche parte, ma non è possibile!
Non vi ho mai vista, non sono mai stato qui. Forse in sogno, non so.
Ivolgin:
Ardalion Aleksandrovič Ivolgin, vecchio soldato infelice e padre di una famiglia,
felice di poter sperare di accogliere in sé una così affascinante...
Nastas’ja Filippovna:
Voi almeno potete venire da me senza compromettere nessuno. Vi nascondete
voi o vi nasconde vostro figlio?
Ivolgin:
I figli del 19° secolo e i loro genitori. Ora!
Varja:
Papà! Nastas’ja Filippovna! Per favore, fate uscire il generale per un momento, ha
bisogno di riposo, subito.
Nastas’ja Filippovna:
Dicono che avete bisogno di riposo!
Ivolgin:
Amica mia! Amica mia!
Rogožin:
Salve, Ganka, farabutto! Non t’aspettavi Parfën Rogožin, vero?
Immagino sia vero! È la fine! Ora voi, signore, mi risponderete o no?
Come? Sei qui anche tu, principe.
Ganja:
Scusate, mi pare che non siate in una stalla, qui c’è mia sorella.
Rogožin:
Lo vedo.
Ganja:
Vi devo chiedere... e poi devo sapere...
Rogožin:
Vedi, non mi riconosce. Non hai riconosciuto Rogožin?
Ganja:
Vi ho incontrato da qualche parte, credo, ma...
Rogožin:
Ma se non più di 3 mesi fa, giocando con te, ho perso 200 rubli a carte.
Però se ti mostrassi tre rubli d’argento, se li cavassi ora di tasca, strisceresti
carponi fino all’isola Vasil’evskij per inseguirli! Ecco come sei fatto! Anche adesso
sono venuto per comprarti tutt’intero, vivo come sei. Se voglio vi compro tutti!
Tutti, vi compro! Nastas’ja Filippovna! Non mi scacciate, dite una parola: lo
sposate o no?
Nastas’ja Filippovna:
Nient’affatto, che vi prende? Come v’è saltato in mente di chiedermelo?
Rogožin:
Davvero non lo sposerete? Loro dicono che vi siete fidanzata con lui.
Ma è forse possibile? Ma io me lo compro tutto per 100 rubli, perché si ritiri, e lui
scapperà via alla vigilia delle nozze e lascerà la fidanzata tutta per me. È così
Gan’ka, farabutto. Sono venuto proprio per farti firmare questo impegno.
Ganja:
Sparisci di qui, sei ubriaco!
Rogožin:
È vero. Eccone 18.000. E ne avrai ancora!
Nastas’ja Filippovna:
18.000 rubli per me? Finalmente ammetti di essere uno sciocco.
Ivolgin:
18.000 e uno, 18.000 e due...
Rogožin:
Allora 40.000, 40 e non 18. Tutti sul tavolo!
Ivolgin:
40.000 e uno, 40.000 e due...
Rogožin:
Se è così, 100.000! Ne porterò 100.000 oggi stesso
Nastas’ja Filippovna:
Mente perché è ubriaco.
Rogožin:
Non mento, ci saranno per stasera.
Ivolgin:
Ma insomma, cos’è questa faccenda?
Rogožin:
E questo da dove sbuca? Andiamo, vecchio, berrai quanto vuoi!
Varja:
Questa è davvero un’infamia! È mai possibile che non si trovi nessuno fra voi che
porti via questa svergognata?
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Nastas’ja Filippovna:
È a me che si dà della svergognata? E io, sciocca, che ero venuta qui per invitarli
stasera a casa mia!
Ganja:
Che hai fatto?
Varja:
Ma dove mi trascini? Forse a chiederle perdono perché ha offeso tua madre ed è
venuta a disonorare la tua casa, uomo meschino?
Myškin:
Smettetela, basta!
Ganja:
Ma allora mi attraverserai sempre la strada?
Myškin:
Non è nulla, non è nulla.
Nastas’ja Filippovna:
Guarda che ragazza! Bravo!
Rogožin:
E se ne pentirà! Te ne vergognerai, di avere offeso una simile pecorella.
Principe, anima mia, lasciali perdere, andiamocene via! Vedrai come sa amare
Rogožin!
Nastas’ja Filippovna:
Non accompagnatemi! Arrivederci, a stasera! Avete capito?
Rogožin:
Hai perso, Gan’ka!
Myškin:
10 rubli non li ho, ma eccone 25. Cambiate e datemene 15, perché anch’io resto
senza un centesimo.
Ivolgin:
Senza dubbio, e state certo che lo farò immediatamente.
Myškin:
Oltre a ciò devo chiedervi un favore, generale. Siete mai stato da Nastas’ja
Filippovna?
Ivolgin:
Io? Mi chiedete questo? Parecchie volte, mio caro, parecchie volte.
Fingo di no solo per evitare un argomento difficile.
Myškin:
Volevo proprio chiedervi se potete introdurmi questa sera da Nastas’ja
Filippovna. Non sono stato invitato. Sono pronto a passar sopra alle questioni
d’etichetta, purché io riesca ad entrare.
Ivolgin:
Avete azzeccato perfettamente la mia idea. Stavo per invitarvi a farmi da
compagno in una spedizione contro Nastas’ja Filippovna. Il generale Ivolgin e il
principe Myškin! Che effetto le farà! Ci metteremo in cammino alle 9. Avete
ancora tempo.
Myškin:
Dove abita?
Ivolgin:
Lontano da qui: vicino al Bol’šoj. Non ci sarà molta gente.
Scena 5 Festa di compleanno da Nastas’ja Filippovna
Nastas’ja Filippovna:
Mi dispiace che prima, nella fretta, ho dimenticato di invitarvi.
Sono molto contenta di potervi ringraziare e lodare per la vostra decisione.
Myškin:
In voi tutto è perfezione... persino che siate magra e pallida... non vi si vorrebbe
immaginare diversa... desideravo tanto venire da voi... io... perdonatemi...
Nastas’ja Filippovna:
Non chiedete perdono, tutta l’originalità della cosa andrebbe distrutta. Allora
deve essere vero quel che dicono di voi, che siete una persona strana.
E allora, mi considerate una perfezione, vero?
Myškin:
Sì.
Nastas’ja Filippovna:
Anche se siete un maestro nell’indovinare, tuttavia vi siete sbagliato. Ve lo farò
ricordare questa sera stessa. Signori, non vorreste bere un po’ di champagne?
Forse diventerete più allegri.
Generale Epančin:
Avete forse un po’ di febbre.
Nastas’ja Filippovna:
Sì, parecchia, non un po’.
Generale Epančin:
Non dovremmo forse lasciare riposare la padrona di casa?
Nastas’ja Filippovna:
Assolutamente no, signori! La vostra presenza mi è necessaria, particolarmente
oggi.
Ivolgin:
Sarebbe bello fare qualche gioco.
Ferdyscenko:
Io conosco un magnifico gioco nuovo. Ciascuno di noi,racconta ad alta voce
qualche cosa di sé, tale che, egli stesso, in tutta coscienza, la consideri la più
brutta da lui compiuta in vita sua, ma a condizione che il racconto sia sincero,
che non si menta!
Generale Epančin:
Strana idea!
Nastas’ja Filippovna:
Davvero, si potrebbe provare, signori! Se non altro, è terribilmente originale.
Ferdyscenko:
Un’idea geniale! Il gioco si fa tirando a sorte. Date qui i vostri nomi, signori. Il
principe estrarrà. Santo cielo! Speravo proprio che uscisse prima il principe e poi
il generale.
Nastas’ja Filippovna:
Cominciate, Ferdyscenko, voi chiacchierate troppo e non concludete mai!
Ferdyscenko:
Non ho spirito, Nastas’ja Filippovna, ecco perché chiacchiero troppo!
Principe,che ne pensate. Ci sono più ladri che non-ladri al mondo? Pensate che
non esista persona nemmeno la più onesta, che non abbia rubato qualcosa
almeno una volta nella vita?
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Myškin:
Mi pare che diciate il vero, solo che esagerate molto.
Nastas’ja Filippovna:
Ferdyscenko, o raccontate, oppure state zitto! Voi mettete a dura prova qualsiasi
pazienza.
Ferdyscenko:
E’ una cosa molto semplice, stupida e vergognosa, ma vi assicuro che non sono
un ladro. Ho rubato, sì, ma non so come. Una domenica, dopo il pranzo gli
uomini si attardarono a bere del vino. Mi venne in mente di chiedere alla sua
giovane figlia, di suonare qualcosa al pianoforte. Così attraverso una stanza e
vedo sul tavolino un bigliettone da tre rubli. Nella stanza non c’era anima viva.
Presi il biglietto e lo misi in tasca, non so perché. Di lì a una mezz’ora circa si
accorsero del fatto e cominciarono a interrogare le cameriere. Mostrai curiosità. I
sospetti caddero su una cameriera. Io provavo una sensazione straordinaria
proprio perché stavo predicando, mentre avevo i soldi in tasca. Né allora né
dopo provai particolari rimorsi di coscienza. Ecco tutto.
Nastas’ja Filippovna:
E la cameriera?
Ferdyscenko:
La cameriera fu cacciata via il giorno dopo. Era una casa severa.
Nastas’ja Filippovna:
Che faccenda sporca!
Ferdyscenko:
Le azioni peggiori sono sempre sporche.
Ivolgin:
Sono un uomo con 13 pallottole sul petto. Non ci credete? Qui sul torace. Li ho
presi durante l’assedio di Kars. Quando c’è brutto tempo mi fanno male.
Generale Epančin:
A quel tempo ero soltanto un tenente. Mi venne assegnato un alloggio presso la
vedova di un sottotenente. Finì per rubarmi un gallo, e a quel punto chiesi di
essere trasferito da un’altra parte. Il mio inserviente mi riferì che la padrona di
casa si era rifiutata di dargli la zuppiera per il fatto che io, a sua volta, gliene
avevo rotto una. Mi sentii ribollire il sangue. Balzai in piedi e mi precipitai da lei.
Io, sapete, le rovesciai subito addosso una valanga d’insulti. “Tu vecchia
disgraziata”! Sapete come facciamo noi russi. Lei mi fissava con gli occhi sbarrati
senza dire una parola.
Le mosche ronzavano, il sole stava tramontando. Quando tornai a casa,
l’inserviente mi disse: “Sapete, Signore, che la nostra padrona di casa è morta
un’ora e mezzo fa?
Quindi se n’era andata proprio nel momento in cui la stavo insultando. Questo
fatto influì molto su di me. La notte sognavo quella vecchia donna. Perché mai le
venne in mente di morire proprio in quel momento? Non riuscii a mettermi
l’animo in pace finché, non feci ricoverare all’ospizio, a mie spese, due vecchiette
malate croniche.
Questo caso costituisce l’azione più brutta di tutta la mia vita.
Ferdyscenko:
E invece di raccontare l’azione più brutta, Eccellenza, avete raccontato una delle
azioni più nobili della vostra vita.
Nastas’ja Filippovna:
Non immaginavo che aveste un cuore buono.
Tockij:
La coscienza e la memoria del cuore mi suggeriscono subito cosa raccontare.
A quel tempo era in voga, l’affascinante romanzo di Dumas, “La dame aux
camélias”.
Le camelie divennero di moda. Tutti volevano camelie, tutti le cercavano. Petja
Vorchovskoj si struggeva d’amore, per Anfisa Alekseevna. Il poveretto diventava
matto per trovare delle camelie. La sera prima del ballo m’imbatto in lui. Era
raggiante. L’ho trovato! Eureka! C’è un mercante che si chiama Trepalov, che non
ha figli e con sua moglie hanno la passione dei fiori. Hanno delle camelie. Mi
metterò in ginocchio e mi trascinerò ai suoi piedi finché non me le darà. Non
me ne andrò. Mi venne un’idea originalissima! Sveglio il cocchiere, salgo in
carrozza e parto. Subito dopo le sei arrivo dal vecchio mercante Trepalov.
Salvami, dammi delle camelie! Il vecchio era un vecchio terribile. No, no, per
nulla al mondo! E io giù ai suoi piedi! Se è così, prendetele, e che Dio vi assista!
Mi alzai e mi misi a tagliare le camelie rosse! Vi potete immaginare l’entusiasmo,
la riconoscenza, le lacrime di riconoscenza! Dopo quell’episodio le azioni del
povero Petja crollarono definitivamente. Svenne, ebbe una febbre altissima, e
aveva le convulsioni. Un mese dopo, non appena fu guarito, chiese di essere
mandato nel Caucaso. Finì che fu ucciso in Crimea. A che scopo gli avevo fatto
quel tiro? Almeno fossi stato innamorato! Forse quell’uomo avrebbe avuto
successo nella vita.
Nastas’ja Filippovna:
Avete ragione Tockij, questo petit-jeu è noiosissimo e stupido.
Principe ecco, ci sono qui dei vecchi amici, Tockij e il generale Ivanovič che
vogliono sempre darmi marito. Ditemi che ne pensate voi. Devo sposarmi o no?
Farò come direte voi.
Myškin:
Con chi?
Nastas’ja Filippovna:
Con Gavrila Ardalionovič Ivolgin.
Myškin:
N-no! Non lo sposate!
Nastas’ja Filippovna:
E così sia! Gavrila Ardalionovič, avete sentito quello che ha deciso il principe?
Ebbene, quella è anche la mia risposta, e che questa faccenda sia finita una volta
per tutte!
Tutti:
Nastas’ja Filippovna! Nastas’ja Filippovna!
Nastas’ja Filippovna:
Perché siete così sbigottiti? E che facce avete tutti! Se il principe avesse detto sì,
avrei dato subito il mio consenso, ma lui ha detto no, e io ho rifiutato. Tutta la
mia vita era sospesa ad una parola. Che c’è di più serio?
Generale Epančin:
Il principe! Che c’entra qui il principe?
Nastas’ja Filippovna:
Il principe per me c’entra perché è la prima persona, in tutta la mia vita, in cui io
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ho creduto come ad un uomo sincero e devoto. Ha avuto fede in me fin dal
primo sguardo, e io ho fede in lui.
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Ganja:
A me non resta che ringraziare Nastas’ja Filippovna per la straordinaria
delicatezza con cui ha agito verso di me.
Nastas’ja Filippovna:
Da domani vita nuova, ma oggi è il mio compleanno,
e per la prima volta in tutta la mia vita io appartengo a me stessa! Generale,
riprendete anche voi le vostre perle, regalatele a vostra moglie. Da domani
lascerò per sempre quest’appartamento. Questo è l’epilogo!
Nastas’ja Filippovna:
Cos’è questo?
Rogožin:
I 100.000!
Nastas’ja Filippovna:
Ha mantenuto la parola! Questi, signori, sono 100.000 rubli. Ho aspettato
quest’uomo tutto il tempo. Ha mercanteggiato la mia persona. Aveva
cominciato con 18.000 rubli, poi di colpo era saltato a 40, e dopo ecco questi
100.000.
Generale Epančin:
Nastas’ja Filippovna!
Nastas’ja Filippovna:
Che volete dire, generale? Non è una cosa decorosa, o che?
Dopo cinque anni di vita illibata è arrivato quest’uomo che davanti a voi ha
messo sul tavolo 100.000 rubli, e ora vuole portarmi via. Ganečka, sei ancora
arrabbiato con me? Perché non volevi farmi entrare nella tua famiglia? Me, la
donna di Rogožin! Non riesco proprio a capire come mi sia venuta in mente
l’idea di voler entrare a far parte di una famiglia onesta! Ma come potevi
sposarmi sapendo che quest’uomo mi regalava una tale collana di perle quasi
alla vigilia delle nozze con te? E Rogožin! Eppure proprio in casa tua, davanti a te
e a tua sorella ha mercanteggiato per avermi.
Ciononostante tu sei venuto a chiedere la mia mano. È forse vero quel che ha
detto di te Rogožin, che per tre rubli, saresti disposto a strisciare a carponi fino
all’isola Vasil’evskij?
Rogožin:
Sì, ci andrebbe.
Nastas’ja Filippovna:
Sono convinta che per denaro un tipo come te sgozzerebbe chiunque! Anch’io
sono una svergognata, ma tu sei ancora peggio. Per non parlare poi di quello del
mazzo di camelie.
Generale Epančin:
Siete voi che parlate così, Nastas’ja Filippovna? Voi, così delicata, con dei pensieri
così raffinati! Che linguaggio! Che parole!”
Nastas’ja Filippovna:
In questo momento sono ubriaca, generale. Voglio far baldoria! Oggi è la mia
giornata, la mia festa ufficiale,la aspettavo da tanto tempo. Lo vedi quel signore
laggiù, che se ne sta seduto e ride di noi? Perché l’ho tormentato per cinque
anni senza mai lasciarlo libero? Mi ha dato un’educazione, mi ha mantenuto
come una contessa. Quanti soldi ha speso per me. In questi cinque anni non ho
vissuto con lui, ma ho preso i suoi soldi, e pensavo di averne il diritto!
Che cosa disgustosa! No, meglio che me ne vada per la strada, è là il mio posto.
Meglio se me ne vado per strada o a far baldoria con Rogožin, o domani a fare la
lavandaia! Infatti non ho nulla di mio indosso. Me ne andrò e lascerò tutto. E
senza niente chi mi prenderà? Chiedilo a Ganja, se mi prenderebbe. Nemmeno
Ferdyscenko mi prenderebbe!
Ferdyscenko:
Forse Ferdyscenko non vi prenderebbe. È un uomo sincero. Ma il principe si.
Nastas’ja Filippovna:
È vero?
Myškin:
È vero.
Nastas’ja Filippovna:
Mi prendereste così come sono, senza nulla?
Myškin:
Sì, Nastas’ja Filippovna.
Nastas’ja Filippovna:
Ne abbiamo trovato un altro! E lo dice proprio col cuore sincero, lo conosco. Del
resto può anche esser vero, dicono che è un po’... Ma di che vivrai, se sei tanto
innamorato da prenderti la donna di Rogožin?
Myškin:
Io vi prendo come una donna buona e onesta, Nastas’ja Filippovna, non come la
donna di Rogožin.
Nastas’ja Filippovna:
Io una donna buona e onesta?
Myškin:
Sì, voi.
Nastas’ja Filippovna:
Be’, questa poi, è una cosa da romanzo! E poi come puoi pensare di sposarti. Hai
bisogno di una bambinaia non di una moglie!
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