Il principe piccolo primo capitolo

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Il principe piccolo primo capitolo
Capitolo zero
Questo non è un libro politicamente corretto. Non può esserlo: è stato scritto con ironia e senso assai
critico dal punto di vista della gente, quindi dal cosiddetto “basso”. E, dal basso, si può solo sparare in alto,
lassù dove stanno i principi i quali, come noto, su se stessi non brillano certo per sense of humor. Peggio
per loro.
Potere, eccesso di potere, abuso di potere; arroganza del potere, potere di vita o di morte, volere è
potere. Potere su ogni cosa, sopra ogni cosa, a prescindere da tutte le cose; il potere al popolo o il popolo al
potere. Oppure, “Che se ne fa il popolo del potere”, o “Chi darà mai il potere al popolo”. Troppe variabili,
troppo complicato: è un affare da politici - o da anarchici- o per altri scrittori. "Dimmi con chi vai e ti dirò chi
sei": parlare di potere è una lettura delle personalità o è l'amara espressione di un pregiudizio? Bella
domanda. Il potere è Potere e l'esercizio del medesimo, per noi gente di popolo un po' superficiale e poco
esperta di parole e di tecnicismi, prende il nome di Politica. O forse meglio dire politica. La differenza è
palese: se la “p” è minuscola vuol dire che parliamo di cose che vediamo, o che conosciamo, o che
pratichiamo, o che subiamo; se invece è maiuscola allora è una faccenda da libri di scuola, da istituzioni, da
telegiornali di prima serata (che quasi sempre mentono o sbagliano sapendo di mentire, o di sbagliare), e
non di cose di tutti i giorni. Il potere - e la politica - non possono prescindere dall'informazione o, meglio,
dal livello di conoscenza che l'opinione pubblica (people) ha sui fatti, sui dettagli e sui reali intendimenti che
gli uomini di governo (i sedicenti statisti o padri della comunità) hanno in merito alle situazioni o alle
pubbliche - o private - vicende. Senza scomodare ministeri della cultura popolare o concetti di
disinformazione, o di contro informazione, per capire di che stiamo parlando è sufficiente concentrarsi
sullo stato di relativa - o assoluta - ignoranza in cui vive la gente al di fuori del Palazzo.
L’ignoranza sulla realtà delle cose (che peraltro non è una novità del giorno d’oggi ma è una costante nel
rapporto principi-sudditi) persiste nonostante i fiumi d’inchiostro, di immagini e di parole che i mezzi
d’informazione sottopongono alla nostra attenzione o, se preferite, ci propinano quotidianamente. Non che
il giornalismo di inchiesta non esista e non sia efficace, anzi. Le inchieste giornalistiche di parte, di
controparte o al di sopra delle parti, raggiungono e pubblicizzano livelli di conoscenza profonda e di
stimabile e ragguardevole consapevolezza. Il problema è che, in molti casi, le fonti sono solo parziali,
vagamente smemorate, oltremodo imprecise, un po’ tanto lacunose o marginalmente tendenziose, quando
non sono proprio assolutamente false.
Riconoscere l’alterazione delle notizie sotto forma di disinformazione o di contro informazione non è
semplice; per il comune cittadino comporre il puzzle di una visione completa - o almeno parzialmente
veritiera - dei fatti è davvero un'impresa titanica. Quindi, una sfida improbabile, negli scenari e negli effetti.
Anche sulle opinioni non v'è certezza ed anche quando è il diretto interessato ad esternare sui fatti propri,
non di rado dobbiamo poi assistere a smentite di se medesimo, attribuibili a difetti di contestualizzazione
oppure a malintesi od a non meglio precisati stati di estemporanea incoerenza. La confusione (mentale o
ambientale) cui far ricorso per negare anche la più limpida delle evidenze, è una pratica ampiamente in
voga e risulta, a onor del vero, in molti casi davvero efficace.
Niccolò Machiavelli è nato a Firenze il 3 maggio del 1469 ed è morto, sempre a Firenze, nel 1527. Antoine
de Saint-Exupéry è nato a Lione il 29 giugno 1900 ed è scomparso nel Mar Tirreno, a bordo del suo
aeroplano, il 31 luglio 1944. Due uomini comuni - perché la Storia è fatta da e di persone normali - divenuti
speciali perché hanno lasciato un segno, seppure di matrice diversa.
Ognuno di loro ha scritto per un pubblico ben preciso. Machiavelli all'indirizzo di Lorenzo il Magnifico e, a
posteriori, agli “aventi causa”; Saint-Exupéry lo ha fatto pensando allo spirito incontaminato che è dentro
l'essere umano. Così diversi - i due pubblici - e così uguali. La stessa medaglia, come sempre,
immancabilmente a due facce. Come il Potere e la Politica; come l'Uomo che è, al contempo, il Piccolo
Principe (Le Petit Prince) ed il Principe "grande", adulto o forse solo “stupido".
Per compiere il nostro viaggio abbiamo utilizzato le rotaie della strada ferrata tracciata da Machiavelli nel
suo “Il Pincipe”, mentre “Il Piccolo principe” di Saint-Exupéry ci ha fornito le traversine. La ghiaia l’abbiamo
messa noi. Quale nesso vi sia, per noi, tra le due figure di scrittori, tra le due opere, tra le due stagioni così
diverse in cui questi due campioni d’immortalità hanno vissuto, è davvero “the question”.
Crediamo che un fil rouge vi sia, sennò come avremmo potuto accostare i due libri ed i due protagonisti?
C'é una parte essoterica nel nostro libro, accanto alla parte esoterica, dunque c’è una parte visibile ad
occhio nudo e ce n’è una “invisibile agli occhi” (la frase è di Saint-Exupéry). Così è anche nei due libri che
abbiamo accostato. C'è un sacro ed un profano in tutto, figuriamoci se non c'è nel potere e nella
descrizione dei suoi abusi, o delle sue così impresentabili e gravose pratiche. Il potere: se non fosse una
faccenda dannatamente seria, sarebbe una cosa talmente ridicola…
Se siete politologi, non leggete questo libro: potrebbe risultarvi indigesto, perché lo potreste trovare
ignorante, superficiale, qualunquista. Se siete dei politici, a qualsiasi livello, non leggete questo libro: è
troppo diretto. Se siete degli elettori astensionisti, siete (così pare) il vero potere e, forse, nemmeno sapete
di esserlo. Leggete questo libro, potreste trovarvi qualche buon motivo per tornare a votare.
Se siete degli elettori diligenti, siete anche voi il vero potere e, spesso, sapete di esserlo. Leggete questo
libro, potreste trovarvi qualche ottimo motivo per cambiare opinione politica.
Il tutto è condito da sottile (nemmeno tanto) sarcasmo e da grande leggerezza. La vita è così stramba e
complicata di suo senza che si debba, per forza, far sempre di tutto per renderla ancora più grama
prendendola troppo sul serio. Sia ben chiaro (lo sottolineiamo perché crediamo utile farlo): la nostra
attenzione è rivolta ad un “certo” tipo di principe. Non a tutti i potenti, non a tutti i politici, non a tutti i
governanti, bensì solo a coloro i quali potrebbero riconoscersi nella descrizione che di essi facciamo in
questo lavoro. Lavoro che non è destinato al principe, bensì al popolo, al suddito, al cittadino, a noi stessi
dunque.
Non abbiamo scritto né un ricettario di buoni costumi, né dei novelli Cahiers de Dolèances, bensì un
compendio - tra il serio e il faceto - di cose che abbiamo visto, di cose che abbiamo intuito, di cose che ci
hanno raccontato e, perché no, di cose che abbiamo immaginato.
Nessuno si senta offeso dunque, perché ogni riferimento a persone, a cose o a situazioni è, come si suol
dire, puramente casuale. Se i lettori vi troveranno qualcosa d’interessante - o di utile - tanto meglio.
Se qualche principe vi troverà il suo ritratto, tanto peggio.
Buona lettura, dunque!