programme note in PDF format

Transcript

programme note in PDF format
Settembre
Musica
Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
04 _ 21 settembre 2013
Settima edizione
Torino
Conservatorio
Giuseppe Verdi
Sol Gabetta violoncello
Sergio Ciomei pianoforte
Lunedì 16.IX.2013
ore 21
Beethoven
Brahms
Servais
MITO SettembreMusica Settima edizione
Un progetto di
Realizzato da
Con il sostegno di
I Partner del Festival
Partner Istituzionale
Sponsor
Media partner
Sponsor tecnici
Partner Istituzionale
Ludwig van Beethoven
(1770-1827)
Sette Variazioni in mi bemolle maggiore
per violoncello e pianoforte WoO 46
sopra il tema “Bei Männern welche Liebe fühlen”
da Die Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart
Sonata n. 3 in la maggiore per violoncello e pianoforte op. 69
Allegro ma non tanto
Scherzo. Allegro molto
Adagio cantabile
Allegro vivace
Johannes Brahms
(1833-1897)
Sonata n. 1 in mi minore per violoncello e pianoforte op. 38
Allegro non troppo
Allegretto, quasi Minuetto e Trio
Allegro
Adrien-François Servais
(1807-1866)
Fantaisie sur deux airs russes op. 13
Sol Gabetta, violoncello
Sergio Ciomei, pianoforte
Seguiteci in rete
facebook.com/mitosettembremusica.official
twitter.com/mitomusica
youtube.com/mitosettembremusica
flickr.com/photos/mitosettembremusica pinterest.com/mitomusica
Videoimpaginazione e stampa: ITALGRAFICA Novara
Rifrazioni e ritorni del pensiero in musica
Nel primo atto del Flauto magico, Mozart apre una parentesi filosofica. Pamina, innamorata di Tamino, sta ammirando il coraggio
di Papageno e gli domanda quale sia la sua sorte nell’amore.
Saputo che lui non ha ancora la sua Papagena, lo consola e introduce un delizioso duetto, Bei Männern welche Liebe fühlen (Negli
uomini che provano amore…). Sono ragionamenti semplici quelli
sui quali poggia questa leggera e notturna riflessione amorosa,
considerazioni lievi di due persone che non sono tra loro innamorate. È un duetto che elogia l’amore e la dolcezza, la fedeltà e
l’innocenza; per questo, dicono i due, solo attraverso l’amore gli
esseri umani giungono alla divinità. Sono concetti ben noti alla
visione del mondo filantropica del Settecento e Mozart li affida
alla tonalità di mi bemolle, la tonalità della luce, della saggezza,
tonalità che aveva un significato importante nella simbologia massonica ed è anche quella di impianto dell’opera.
Questa cullante pagina in 6/8 ispirò a Beethoven le Variazioni
che aprono il concerto. Si tratta di un dialogo almeno altrettanto filosofico in cui Beethoven va a saggiare la duttilità del canto
del violoncello. Il discorso si mantiene sul filo di una giudiziosa
brillantezza, di un virtuosismo espressivo del tutto privo di sentimentalismo, in cui i due strumenti sembrano in totale sintonia
con le parole del duetto sulla felicità dell’amore e della dedizione
reciproca.
Dieci anni separano le Variazioni dalla Sonata op. 69 in la maggiore
composta nel 1807-1808. Beethoven qui è arrivato alla sua maturità più feconda. Sono gli anni delle Sinfonie Quarta, Quinta e Sesta.
Una trasparenza di visione permea tutta questa Sonata dedicata a
un caro amico del musicista, il barone Ignaz von Gleichenstein
di Friburgo, appassionato violoncellista. La prima volta sembra
sia stata eseguita da Joseph Linke al violoncello e Carl Czerny
al pianoforte. La scelta di semplicità che Beethoven perseguiva
in quegli anni si rende visibile fin dall’inizio della Sonata, con
il tema presentato dal violoncello solo. Una predilezione, questa
(già adottata nella Sonata A Kreutzer), che mette in primo piano il
tema iniziale e permette a Beethoven di magnificarne l’importanza lasciandolo scolpito nell’orecchio di chi ascolta. Questi saprà
riconoscere il tema quando apparirà di nuovo, magari mascherato
o nascosto nel contrappunto delle voci. Una scelta di linearità
che rende chiara la struttura melodica e ritmica del pezzo. Scelta
anche personalissima, perché all’esposizione tematica del violoncello non fa seguito un’analoga esposizione del pianoforte; lo
strumento a tastiera si inserisce invece nel dialogo e lo prosegue.
Dunque non una ripetizione del tema che appagherebbe le regole
classiche, ma un coinvolgimento personale nel discorso, cosa che
il pianoforte interpreta magistralmente. D’altronde Beethoven ha
abbandonato qui ogni drammatico “contrasto” tematico, non c’è
pathos apparente, ma soltanto una conversazione strumentale di
raro equilibrio.
Spesso il violoncello è chiamato a virtuosismi che non gli sono
consueti, anzi Beethoven lo costringe a passaggi quasi pianistici;
però accade anche il contrario, che al pianoforte sia richiesto un
legato nel quale lo strumento ad arco sarebbe assai più a proprio
agio. Beethoven infatti era persuaso, come disse un giorno a un
fabbricante di pianoforti, che “si possa cantare anche con il pianoforte”. La semplicità della tessitura è una scelta stilistica dettata
da una sempre maggiore sapienza compositiva. Ora che Beethoven
ha una maggiore confidenza con la scrittura, può renderla sempre
più essenziale, sfrondandola di tutto ciò che è in eccesso. Il secondo tema, al contrario del primo, arriva enunciato dal pianoforte
dopo una sosta del violoncello sulla nota di mi; anche la terza idea
melodica in mi maggiore – sostenuta dai pizzicati del violoncello
– è affidata al pianoforte.
In la minore invece si apre lo Scherzo, plasmato con tanta leggerezza e spirito che spesso si è vista qui la più manifesta anticipazione dell’Allegretto della Settima Sinfonia. In pieno stile
beethoveniano, questo movimento ha una limpidezza quasi vitrea,
la forma è ABABA più coda, ripetizione del Trio e doppia ripetizione dello Scherzo, dove le sezioni B contrastano anche nel modo,
che è maggiore. La tonalità della dominante maggiore ritorna
nell’Adagio cantabile, di sole diciannove misure. Una pausa per
una serena confidenza, un inciso nel discorso tra due strumenti
che subito si gettano nell’Allegro conclusivo, generato in pianissimo da un ad libitum del violoncello. Anche in questo movimento
non c’è nulla di eroico. Semmai domina una lieta cantabilità, i
temi non si contrastano e il secondo è “suddiviso” tra i due strumenti, come il tema di apertura, a confermare una lunga serie di
simmetrie nella struttura. La lunga coda di questo Allegro finale
porta tuttavia a un’affermazione del primo soggetto.
Il pensiero beethoveniano di questo periodo ha una natura matematica. Fin dall’inizio non solo ci presenta il materiale di cui ci
racconterà la storia, ma ci rivela subito come ci racconterà la storia: un raffinatissimo intreccio di elementi formali e tematici, che
attraversa tutta la composizione.
Una trama di relazioni infinite è sottesa anche alla Sonata
op. 38 di Brahms. La storia di questa composizione ci rivela come
in origine fosse previsto anche un Adagio, che invece Brahms scelse di eliminare promettendo a se stesso di utilizzarlo in un’altra
occasione. Cosa che infatti avvenne, perché con leggere modifiche
quella pagina entrò a far parte della Seconda Sonata per violoncello op. 99. Vent’anni separano le due composizioni, essendo questa
prima scritta fra il 1862 e il 1865 e la seconda nel 1886. Un successo immediato accolse la Prima Sonata per violoncello, dedicata
all’amico violoncellista Josef Gänsbacher. Probabilmente non fu
solo un gesto di ringraziamento verso l’amico che si era adoperato
per far avere a Brahms l’incarico di direttore della Singakademie
di Vienna, fu soprattutto un segno di considerazione e stima per
le sue qualità musicali. E poi non si può non aggiungere che il
violoncello esce dalla mente di Brahms come la voce stessa dell’animo suo, così profondo e misterioso. Dunque non c’è da stupirsi
se l’analisi attenta della partitura rileva non solo i legami tra i
temi dei diversi movimenti, ma anche le non troppo segrete predilezioni di Brahms. Il primo movimento si presenta con un tema
che è in stretta relazione con il Contrapunctus IV dell’Arte della
Fuga di Bach, mentre l’ultimo movimento prende il suo spunto
dal Contrapunctus XIII. Chiuso parenteticamente tra l’Allegro non
troppo e l’Allegro conclusivo, c’è un incantevole Allegretto quasi
Minuetto, in la minore. Un episodio di grazia settecentesca dove il
pensiero del primo tema ci viene incontro anche nel Trio centrale
in fa diesis minore, appagando il nostro desiderio di una conclusione lontana il più possibile. Infine il metafisico tema dell’ultimo
Allegro, magistrale esempio di forma-sonata coniugata con i principi della fuga. Il pianoforte si presenta con un tema che sembra
l’esposizione di una fuga a tre soggetti. Il violoncello è chiamato a
passaggi di grande virtuosismo e tutto si svolge senza asperità né
artificioso arcaismo, bensì con una naturalezza sorprendente che
a volte assume i colori di una ballata nordica.
Il concerto si conclude con la Fantaisie sur deux airs russes op. 13
di Adrien Servais, violoncellista nato ad Hal, vicino a Bruxelles, nel
1807. Dopo un inizio come violinista, Servais entrò nella classe di
Nicolas-Joseph Platel, concertista di fama internazionale e insegnante alla Scuola Reale di Musica di Bruxelles. Ebbe una carriera
esemplare e contribuì in maniera essenziale allo sviluppo dello
strumento. Fu un membro dell’Orchestra dell’Opera di Bruxelles
e la sua bravura venne riconosciuta nei teatri di tutta Europa, da
Londra a Parigi. Fu il vero musicista romantico, saggista, compositore e interprete: non a caso il figlio Franz fu allievo e amico di
Franz Liszt. Introdusse anche un significativo cambiamento nella
pratica dello strumento, infatti fu il primo a sperimentare l’uso del
puntale. La ragione al principio fu meramente personale: essendo
diventato molto grasso non era più in grado di mantenere la posizione del violoncello in maniera corretta. Tra le tante fantasie ed
elaborazioni su temi celebri, Servais scrisse anche un Omaggio a
Beethoven, che venne eseguito nel marzo del 1842, una sera in cui
ad assistere al concerto c’era anche Emily Brönte. Il suo celebre
Stradivari, acquistato per lui dal principe russo Yusupov nel 1845,
perfettamente conservato, è stato ceduto nel 1981 al museo dello
Smithsonian Institution.
La Fantasia su temi russi si apre con un Andante con espressivo
(sic), seguono un Allegro molto vivace e un Allegretto con Variazioni. Ancor più di altre composizioni di Servais, questa Fantasia è di
rarissima esecuzione ed è conosciuta solo dagli specialisti. Dunque
un’occasione preziosa per entrare in contatto con la produzione di
un compositore la cui straordinaria tecnica gli valse l’appellativo
di “Paganini del violoncello”.
Anna Rastelli
Sol Gabetta è nata a Cordoba in Argentina nel 1981. Ha iniziato
gli studi musicali a Buenos Aires e grazie a una borsa di studio ha
proseguito alla “Escuela Superior de Musica Reina Sofia” di Madrid.
Subito dopo si è trasferita a Basilea dove si è diplomata con Ivan
Monighetti. Ha completato gli studi con David Geringas alla Eisler
Musikhochschule di Berlino.
Vincitrice di importanti riconoscimenti internazionali quali Premio
della Radio Suisse Romande di Ginevra (1995), Premio Natalia
Gutman al Concorso Čajkovskij di Mosca (1998), Concorso ARD di
Monaco di Baviera, borsa di studio della Fondazione Borletti-Buitoni
(2003), Crédit Suisse Young Artist Award (2004), ha debuttato nel
Concerto n. 2 di Šostakovič al Festival di Lucerna con i Wiener
Philharmoniker diretti da Valery Gergiev. Nel 2005 ha debuttato
al Musikverein di Vienna nelle Variazioni Rococò di Čajkovskij con
l’Orchestra Sinfonica della Radio di Vienna diretta da Christian
Arming, nel 2008 negli Stati Uniti eseguendo Dialogue for Two Cellos
di Leonard Slatkin con Yo-Yo Ma e la National Symphony Orchestra
di Washington.
Il suo fitto calendario include concerti con Philadelphia Orchestra,
Detroit Philharmonic Orchestra, Royal Philharmonic, Danish
National Orchestra, Rotterdam Philharmonic, Orchestra Sinfonica
Verdi di Milano, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Hessischer
Rundfunk, Orchestre National de France, Czech Philharmonie,
Orquesta Naciónal de España, Wiener Symphoniker, Tonhalle
Orchester Zürich, Kammerorchester Basel, Seul Philharmonic,
Israel Philharmonic (Zubin Mehta), Münchner Philharmoniker
(Lorin Maazel). Appassionata camerista, è ospite regolare dei festival
di Verbier, Gstaad, Rheingau, Schwetzingen, Bonn Beethovenfest e
Schleswig-Holstein. Nel 2006 ha fondato il “Festival Solsberg” vicino
a Basilea.
Ha al suo attivo numerose registrazioni che hanno meritato importanti riconoscimenti: nomination al “Grammy Award”, ECHO Klassik
2007 e 2009, Gramophon Award “Young Artists of the Year 2010”.
Nel 2010 il canale TV Arté le ha dedicato tre serate, Sol Gabetta joue
Haydn et Vasks, nella serie “Nouvelle Stars”.
Dal 2005 è docente alla Musik Akademie di Basilea. Suona un
violoncello di Giovambattista Guadagnini del 1759 affidatole dalla
Fondazione Rahn.
Sergio Ciomei è nato a Genova nel 1965. Si è diplomato in pianoforte nel 1984 con il massimo dei voti e la lode, sotto la guida di Franco
Trabucco. Si è in seguito perfezionato con Muriel Chemin, Piero
Rattalino e András Schiff. Vincitore di numerosi concorsi pianistici,
nel 1991 si è aggiudicato il secondo premio al Concorso “Mozart” del
Mozarteum di Salisburgo. Parallelamente all’attività pianistica, si è
perfezionato in clavicembalo con Christophe Rousset e Jan Willem
Jansen e in fortepiano con Andreas Staier e Laura Alvini. Dal 1989
al 1994 è stato assistente di Frans Brüggen e Kees Boeke ai corsi di
musica barocca indetti dall’Accademia Chigiana di Siena.
Svolge un’intensa attività concertistica in tutto il mondo come solista
di pianoforte e clavicembalo, con il suo ensemble Tripla Concordia
(fondato nel 2005) e con alcuni complessi di musica barocca (Il
Giardino Armonico, Europa Galante, Le Musiche Nove, La Scintilla)
ospite di importanti istituzioni musicali quali Philharmonie di
Berlino, Grand Théâtre di Ginevra, Wigmore Hall e Royal Albert
Hall di Londra, Musikverein di Vienna, Auditorio Naciónal di
Madrid, Concertgebouw di Amsterdam, Théâtre des Champs-Elysées
di Parigi, Teatro Universidad di Santiago del Cile, Festival di Bad
Kissingen, Martigny, “Antiqua” di Genova, Halle. Dal 1999 si dedica
anche alla direzione d’orchestra soprattutto nel repertorio barocco
eseguito su strumenti originali.
Dal 2001 collabora con il mezzosoprano Cecilia Bartoli con recital in
tutto il mondo. Nel 2004 sono stati protagonisti di una serie di concerti negli Stati Uniti e in Russia (Dorothy Chandler Pavilion e Sala
Grande del Conservatorio di Mosca). Recentemente ha iniziato una
proficua collaborazione con l’Orchestra da Camera di Basilea che ha
portato anche all’incisione di Affetti Barocchi con Marjana Mijanovic
e una tournée europea con Sol Gabetta e Marjana Mijanovic.
Registra per le migliori etichette conseguendo numerosi premi
della critica internazionale. La sua incisione delle Sonate di Mozart
per fortepiano e violino è stata premiata in Giappone come una
delle più belle registrazioni mozartiane (Ontomo Guide for best
Chamber Music).
Bruno Genero e allievi del Cons. Giuseppe Verdi di Torino, MITO per
la città, Torino 2012, Ph. Michele D’Ottavio - MITO SettembreMusica©
VOGLIAMO RENDERE LA MUSICA PIÙ ACCESSIBILE.
INTESA SANPAOLO È PARTNER DELL’EDIZIONE 2013 DI MITO SETTEMBREMUSICA.
La musica è una ricchezza di tutti. Per questo ci impegniamo a promuovere concerti, spettacoli ed eventi sui
territori, come opportunità di sviluppo e crescita culturale, oltre che momenti di incontro da vivere insieme.
www.intesasanpaolo.com
torino
GriGiA?
L’unicA mAteriA GriGiA
che AbbiAmo
è queLLA cerebrALe.
CAMERA DI COMMERCIO
INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA
DI TORINO
Perché a Torino ogni giorno qualcosa
si inventa, si progetta e si produce.
Per vocazione e per passione; per
esperienza e per tradizione. Ieri prima
capitale d’Italia, oggi capoluogo della
prima regione italiana per ricerca e
sviluppo sostenuti dalle imprese.
Know-how e capacità innovativa: questi
i punti di forza che caratterizzano l’economia diversificata di una città che ha
saputo coniugare la produzione in serie
con quella artigianale.
Automotive, aerospazio, bio e nanotecnologie, ICT, meccatronica, design,
cinema, enogastronomia, turismo: molti
settori produttivi, un’eccellenza unica.
torino protAGonistA
deLL’innovAzione, per ecceLLenzA.
www.to.camcom.it
Campagna_TORO_124x99_B/N_MITO.indd 1
29/07/10 17:00
Milano Torino unite per il 2015
-2