Firenze - superiorisesto
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Firenze Duomo di Santa Maria del Fiore La chiesa di Santa Maria del Fiore di Firenze (meglio conosciuta come il Duomo) è stata il risultato di un progetto architettonico studiato da Arnolfo di Cambio iniziato nel 1296. La cupola del duomo è opera del Brunelleschi mentre la facciata è stata terminata nel tardo XVII secolo. La cupola del duomo di Firenze (ottagonale, 46 metri di diametro alla base, 114,5 metri di altezza) fu costruita senza l'uso di sostegni per sorreggere gli archi, ma usando una tecnica studiata scrupolosamente da Brunelleschi che lottò anche con lo scetticismo dei concittadini. Obiettivo del progetto era quello di alleggerire l'imponente struttura e usare sofisticate tecniche matematiche per la sua costruzione usando anche macchine innovative. Brunelleschi vinse il concorso instituito nell'anno 1418, ma all'artista ne venne affiancato un altro: Ghiberti. Questo non piacque al Brunelleschi che minacciò di strappare il suo progetto ma poi sfidò il Ghiberti cedendogli i propri studi. Dopo poco tempo Ghiberti si arrese ammettendo la propria incapacità nel capire gli scritti del Brunelleschi. Così tutto tornò in mano al legittimo proprietario che partì con la costruzione: era l'anno 1420. L'interno della chiesa è uno spettacolo imperdibile con bellissimi affreschi, sculture e pavimento di marmo. Le pitture sulla cupola del Duomo formano il più vasto ciclo murale con soggetto sacro che si conosca: una superficie di circa 3600 mq di dipinti eseguiti ad una altezza che arriva fino a 90 metri. Gli artisti che hanno contribuito ad abbellire la chiesa del Duomo di Firenze sono innumerevoli ed appartengono anche a secoli diversi. Tra i tanti possiamo citare Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Giorgio Vasari, Federico Zuccari. Tra i tanti nomi che hanno partecipato al progetto (oltre ai già citati Brunelleschi, Arnolfo di Cambio, Ghiberti) citiamo Giotto e Andrea Pisano. Il rivestimento esterno è costituito da marmi bianchi di Carrara, marmi rossi di Siena e marmi verdi di Prato; la lanterna in cima alla cupola fu montata nel 1461, la facciata fu completata addirittura nel 1886. Dal 1294 i Fiorentini decisero di sostituire l’antica Reparata “ch’era di molto grossa forma e di piccola a comparazione di siffatta cittade” – così attesta la cronaca trecentesca di Giovanni Villani – con un Duomo nuovo che prenderà in seguito il nome di Santa Maria del Fiore, alludendo il suo titolo al giglio dello stemma di Firenze. Una chiesa dunque che per dimensioni e ricchezza rappresentasse degnamente la città: il primo progetto, comunque destinato ad influenzare l’aspetto definitivo dell’edificio che troverà compimento molto più tardi, è d’Arnolfo di Cambio, architetto e scultore formatosi con Nicola Pisano, esperto dell’arte meridionale e romana, che concepisce una basilica di spazialità classica con tre ampie navate confluenti nel 'trifoglio' delle tribune, a loro volta innestate sulla vasta cavità della cupola. Arnolfo inizia la costruzione della facciata e nel 1301, alla sua morte, la decorazione con statue e marmi policromi è completata fino alla metà dell’altezza. Interrotta la costruzione, essa non riprenderà fattivamente se non dopo il 1357 – nel frattempo, sotto la guida di Giotto e d’Andrea da Pontedera si innalza il campanile: si stabilisce la scansione ritmica delle campate (quadrate nella navata centrale, rettangolari in quelle laterali) nel braccio longitudinale e si pone 'con molto trionfo di campane, d’organi e di canti... Il primo fondamento della prima colonna': la costruzione della navata procederà speditamente con Talenti prima e, dal 1364 al 1370, con Giovanni di Lapo Ghini; in questa data è definito il progetto delle parti absidali con il giro delle tribune che riprende, ampliando il 'trifoglio' del progetto arnolfiano e determina la luce della cupola (45 metri circa di diametro), la cui copertura tanti gravi problemi tecnici porrà ai costruttori. La cupola del Duomo. Dopo aver perso il concorso per la seconda porta del Battistero di Firenze, Brunelleschi parte insieme a Donatello per Roma, dove si stabilì per circa dieci anni. In questo periodo studiò in particolar modo il mondo classico. Tornato a Firenze nel 1416, partecipa al concorso per la costruzione della cupola di S. Maria del Fiore. Per realizzare tale progetto si dovevano risolvere dei problemi di natura tecnica e formale. Era infatti difficile trovare le maestranze in grado di portare avanti un progetto talmente ambizioso nonché le stesse attrezzature che occorrevano alla sua realizzazione. Un altro problema era quello di riuscire a costruire una cupola che si inserisse perfettamente nel contesto architettonico preesistente. La base della cupola era già stata realizzata, ed aveva una forma ottagonale, elemento che avrebbe senz'altro influenzato la stesura del progetto. Brunelleschi progetta una cupola autoportante, che quindi non aveva bisogno di céntine o impalcature per essere realizzata, e con una forma ad ogiva tipica del periodo gotico. La cupola è formata da due strati paralleli; la parte interna, più spessa e pesante di quella esterna, scarica il proprio peso sulla parte interna tramite elementi orizzontali; le due cupole sono autoportanti grazie ad una struttura a "spina di pesce". Con questa struttura ogni mattone scarica il proprio peso su quello precedente e l'ultimo sulla base della cupola. La struttura a spina di pesce è tipica dell'età romana e Brunelleschi infatti trae spunto dal Pantheon. In questo modo si venivano a creare spazi tra i mattoni di una volta e quelli della volta accanto, che vennero colmati da elementi che collocati fra una vela ed un'altra bloccavano le spinte laterali dei mattoni. Questi costoloni sono di cotto nella parte interna e di marmo bianco di Carrara nella parte esterna. Fra le due cupole c'è una scala che serviva agli operai per montare le vele. Tutta la cupola si conclude in alto con una lanterna di marmo bianco, alla quale convergono gli otto costoloni. Il tamburo della cupola non era preparato a sostenere un peso così grande, quindi Brunelleschi progettò dei contrafforti, detti "tribune morte", decorati all'esterno con nicchie cieche intervallate da colonne binate con fusto liscio e capitello corinzio. Queste tribune morte creano con le tre absidi un'alternanza di pieni e di vuoti. E', non solo per dimensione, fra i più insigni edifici religiosi del mondo. La costruzione, sorta sui resti di una precedente basilica paleocristiana, fu iniziata da Arnolfo di Cambio alla fine del Duecento. Nel 1436 fu inaugurata l’immensa cupola, capolavoro d’ingegneria, di Filippo Brunelleshi. All’interno, opere di Andrea del Castagno, Paolo Uccello, Luca della Robbia e Michelozzo, Vasari e Zuccari. Straordinaria la serie delle vetrate quattrocentesche, opera dei maggiori artisti. A fianco della facciata ottocentesca si erge il celebre campanile di Giotto. Campanile di Giotto Il Campanile di Giotto è alto circa 85 metri e largo circa 15 metri ed è tra le più grandi testimonianze dell'architettura gotica fiorentina del XIII Secolo. Esso è rivestito di marmi bianchi, rossi e verdi come quelli che adornano il Duomo; il campanile fu iniziato da Giotto nel 1334. Dopo la morte di Giotto (nel 1337) il progetto fu continuato da Andrea Pisano, che finì i primi due piani rispettando il progetto di Giotto; il campanile si abbellì con le decorazioni esterne grazie anche all'intervento di Alberto Arnoldi. I lavori furono poi interrotti per 2 anni (dal 1348 al 1350) e successivamente il Campanile di Giotto fu portato a termine nel 1359 (dopo gli anni della peste a Firenze) da Francesco Talenti. Sempre il Talenti poi completò l'opera costruendo una grande terrazza rivolta verso l'esterno a più di 400 scalini da terra che fa da tetto panoramico. La costruzione del campanile fu intrapresa nel 1334, allorché Giotto, nominato Capomastro della fabbrica del Duomo, tralasciando la chiesa, rivolse la sua attenzione a questo nuovo elemento architettonico. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1337, la direzione dei lavori passò ad Andrea Pisano e quindi a partire dal 1348, a Francesco Talenti, che completò il campanile nel 1359 nella forma che oggi ci appare. La struttura, slanciata ed elegantissima (84,70 x 14,45 m), ha pianta quadrata con contrafforti angolari a forma di pilastri poligonali che salgono fino alla sommità, ed è divisa orizzontalmente da cornici che delimitano cinque piani sovrapposti. La prima zona, nella quale si apre la porta cuspidata, è quella realizzata vivente Giotto ed ha rilievi entro formelle ottagonali eseguiti, in parte su disegno dallo stesso Giotto, da Andrea Pisano. Questi condusse poi la costruzione del campanile fino al terzo cornicione, nel rispetto del progetto giottesco, e scolpì buona parte della seconda serie di rilievi – altri aspettando Luca della Robbia. Nella seconda fascia predispose poi delle nicchie che contenevano sedici statue di profeti, sibille e del Battista e, al di sopra altre nicchie cieche. I tre piani successivi sono stati progettati e costruiti dal Talenti: qui le fasce no presentano più decorazioni scultoree ma sono ornate da bifore accoppiate (per le prime due fasce) e da una gran trifora, che creano un impressione di lancio e leggerezza. L’edificio è completato da una cornice orizzontale a sbalzo su mensole, terminante con una balaustrata a traforo simile a quella della vicina chiesa; nel primitivo progetto, molto probabilmente era previsto anche un coronamento a guglia. Nonostante la pluralità d’interventi, il campanile appare una struttura unitaria soprattutto al rivestimento di marmi policromi e agli slanciati contrafforti angolari che, salendo fino alla sommità, raccordano fra loro i diversi piani. L’edificio è esemplare dell’arte ogivale del Trecento, nella quale le forme di Gotico d’oltralpe sono temperata da un’irrinunciabile esigenza di solidità strutturale ed equilibrio di volumi d’ascendenza classica. Battistero di San Giovanni Di fronte al Duomo ed al campanile di Giotto troviamo il battistero di San Giovanni. Il Battistero di San Giovanni è di antica origine: XI e XII secolo. Il Battistero di San Giovanni di Firenze è caratterizzato dal rivestimento su lastre di marmo bianche e verdi. Sono presenti 3 magnifiche porte in bronzo di Andrea Pisano e del più celebre Lorenzo Ghiberti. Il Battistero di San Giovanni di Firenze è stato costruito per accogliere degnamente il fonte battesimale del Duomo; internamente è caratterizzato dallo splendore dei mosaici che rivestono tutta la cupola e la volta della tribuna. Il battistero ha pianta ottagonale coperta da una vasta cupola a spicchi, non visibile però all’esterno perché è inglobata da un tetto piramidale: questa soluzione esalta ulteriormente il rigore delle forme, conferendo all’edificio la nitidezza di un solido geometrico regolare, tipico del Romanico Fiorentino e diverso dal Romanico Pisano. L’involucro perimetrale è interamente rivestito da un suntuoso paramento di marmi vivacemente contrastanti, bianco di Carrara e verde di Prato. L’ordine inferiore è giocato su elementi rettilinei: lesene e semipilastri reggono una trabeazione che gira tutt’intorno, mentre il marmo di Prato disegna due serie di rettangoli di dimensioni degradanti verso l’alto. Nell’ordine superiore prevale la linea curva, per la presenza di arcate su semipilastri a sezione ottagonale e di finestre classicheggianti, in parte centinate, in parte sormontate da un timpano. Sopra una seconda trabeazione, conclude la sequenza degli ordini un alto attico. Oggi gerarchicamente sottoposto alla mole di Santa Maria del Fiore, il Battistero di S. Giovanni riveste in realtà un’importanza storica assai maggiore, in quanto nell’edificio s’invera e si materializza quella continuità del classicismo che costituì l’arte fiorentina. Sebbene non siano del tutto chiarite le mille questioni sulla sua datazione, il Battistero – che lo stesso Dante pretendeva romano e classico – risale plausibilmente al IV – V secolo; di questa struttura primitiva, a sua volta poggiante su più antiche basi come suggeriscono i reperti di scavi recenti, restano intatti i due ordini inferiori, l’attico e l’imposta della cupola, inglobate nella decorazione romanica; il battistero paleocristiano era liturgicamente connesso, forse fin dall’origine, alla primitiva Cattedrale di S. Reparata, più volte ampliata ed infine distrutta per far posto a Santa Maria del Fiore; forse durante una “campagna” d’ampliamento del duomo, temporaneamente inagibile, tra il 1059 e il 1128, il Battistero, assai vasto, ne assunse le funzioni. L’attuale rivestimento esterno, che ne ingloba il prisma cristallino a base ottagonale sottolineandole la lucida geometria con le sue perfette e rigorose partiture, risale al XI – XII secolo; gli intarsi marmorei in bianco di Carrara e in verde di Prato definiscono su ciascuna faccia la tripartizione dei piani in verticale (terreno, matroneo, attico e imposta della cupola) e in orizzontale, che sovrappone in basso lesene corinzie , al piano dei matronei arcate cieche su semicolonne ottagone, includenti finestre centinate e timpanate, semplici specchiature filettate all’attico; tripartizione che viene puntualmente ripresa nella decorazione dell’interno. L’ampia cupola, a otto vele nella sua parte interna, ha copertura piramidale all’esterno. Nel perimetro si aprono tre porte, che tra Trecento e Quattrocento ricevettero le celeberrime imposte: alla principale, volta ad Oriente e al Duomo, fa fronte la scarsella rettangolare contenente l’altare, il cui profilo era in origine semicircolare. Complesso Laurenziano Basilica di san Lorenzo Le origini di San Lorenzo coincidono con le origini stesse della comunità cristiana a Firenze. Secondo la tradizione la primitiva basilica romana venne consacrata da Sant’Ambrogio nel 393 e dedicata al martire Lorenzo, diventando così il primo luogo di culto cristiano a Firenze. Di questa iniziale costruzione nulla sembra essere giunto fino a noi; l’imponente basilica che ammiriamo oggi è il frutto del radicale rinnovamento cominciato nel 1418 da Giovanni di Bicci, capostipite della famiglia Medici. Da allora San Lorenzo ha indissolubilmente legato la sua storia a quella della dinastia che per più di trecento anni ha retto le sorti di Firenze e della Toscana. La facciata della chiesa è spoglia, grezza, attraversata dalle linee orizzontali del pietrame in rilievo destinato ad ospitare il paramento marmoreo. Si capisce chiaramente come la facciata della basilica sia rimasta incompiuta, soprattutto ammirandone poi la bellezza interna. L'attuale facciata doveva essere da supporto ad un grande progetto architettonico che però non vide mai la luce. Michelangelo doveva essere l'architetto della facciata come dimostrato da un progetto ligneo conservato in casa Buonarroti. Purtroppo nel 1520 il contratto per la realizzazione di questa imponente opera architettonica venne rescisso per motivi finanziari e quella che sarebbe dovuta essere la più grande opera architettonica michelangiolesca rimase irrealizzata. Il resto della basilica, compreso il suo meraviglioso interno fu realizzato da Filippo Brunelleschi, che ebbe il compito dal capostipite dei Medici, Giovanni di Bicci, di ristrutturare radicalmente la vecchia chiesa. Brunelleschi portò avanti i lavori fino all'anno della sua morte nel 1446, il resto lo fece il suo seguace Antonio Manetti, che fu suo erede e biografo. L'interno della basilica, già reso meraviglioso dall'opera architettonica brunelleschiana, che conferisce un imponente senso di spazio ed una luminosità, è ulteriormente arricchito da diverse opere d'arte. Tra queste grande attenzione meritano: la tavola ad olio “Il matrimonio della Vergine” di Rosso Fiorentino (1523), il ciborio marmoreo di Desiderio da Settignano (1461), il pulpito bronzeo “della resurrezione” e quello “della passione” di Donatello (14611465) e la tavola ad olio “Annunciazione” di Filippo Lippi (1441). Chiostro brunelleschiano e biblioteca medicea laurenziana Il chiostro è molto grande e spazioso, è diviso in due loggiati su due piani, sorretti da colonnine di ordine ionico. All'interno del chiostro e possibile ammirare il giardino con siepi di bosso ed un grande albero di aranci centrale. La realizzazione della biblioteca fu commissionata dal papa ClementeVII, di famiglia Medici, a Michelangelo, che oltre alla sala di lettura, costruì una meravigliosa scalinata nella sala precedente, denominata vestibolo o ricetto. Michelangelo si occupò anche della realizzazione dei leggii e del soffitto ligneo. I libri sono consultabili esclusivamente sul loro leggio in quanto legati ad esso tramite una pesante catena. Questa biblioteca è sicuramente la più importante raccolta di libri e codici antichi in Italia, essa possiede diversi testi di Virgilio, una copia della Divina Commedia con annotazioni di Giovanni Villani, la Logica di Aristotele illustrata con ritratti miniati di Cosimo de Medici e le Opere di Omero. Sagrestia Vecchia Denominata vecchia dopo la costruzione della più recente sagrestia michelangiolesca. Essa è opera di Filippo Brunelleschi, che ne ultimò la realizzazione già nel 1429; l'aspetto architettonico di questa cappella è sicuramente di rilievo, essa con le sue perfette geometrie è manifesto dell'architettura rinascimentale. All'interno della cappella troviamo diversi stucchi di Donatello, suoi sono anche bassorilievi sulle porte d'entrata. Cappella dei Principi Situata all'entrata del museo delle cappelle medicee (che comprende questa, la Sagrestia Nuova e la cripta) è una costruzione immensa, fuori scala persino rispetto alle pur vaste dimensioni di San Lorenzo. Questo enorme ottagono di pietra forte e marmo bianco è stato concepito come chiesa a pianta centrale nonostante sia appoggiato al presbiterio della basilica di San Lorenzo. La cappella dei principi è seconda per altezza nel paesaggio urbanistico di Firenze solo alla cupola di Santa Maria del Fiore. Sagrestia Nuova Realizzata da Michelangelo nella prima metà del '500 come sepolcro e luogo di commemorazione di Lorenzo e Giuliano de Medici, duchi rispettivamente di Nemours e di Urbino. Simmetricamente opposto alla Sagrestia nuova del Brunelleschi, si capisce subito da chi il Buonarroti abbia preso riferimento, dando però un'interpretazione tesa e drammatica a quell'ambiente. I due personaggi a cui è dedicata la cappella ebbero in comune non solo di essere di famiglia Medici, ma anche di essere stati grandi condottieri morti in giovane età (a Lorenzo duca di Urbino è dedicato “Il Principe” di Machiavelli). Significativa è dunque la scelta di Michelangelo di decorare i loro sarcofagi, oltre che con loro ritratti marmorei, con delle statue allegorie del tempo, abbiamo infatti sulla tomba di Giuliano “il Giorno” e “la Notte”, su quella di Lorenzo “il Crepuscolo” e “l'Aurora”. La cripta Situata sotto la Cappella dei Principi, essa è il reale luogo di sepoltura di tutti gli appartenenti alla famiglia Medici. All'interno della cripta sono osservabili diverse opere di oreficeria e tutte le tombe dei Granduchi. Piazza Santa Maria Novella La piazza fu aperta su iniziativa del Comune a partire dal 1287 e conclusa verso il 1325, dopo aver abbattuto le case che vi si trovavano. Era usata per accogliere i sempre più numerosi fedeli che accorrevano alle prediche dei frati Domenicani, i quali vivevano nell'attiguo convento. La piazza ha visto negli ultimi anni un completo restyling e riqualificazione con una completa ripavimentazione, la scomparsa del traffico e dei parcheggi, lo spostamento dei chioschi, delle panchine e dei bidoni dell'immondizia (questi ultimi sono stati interrati). Basilica di Santa Maria Novella La facciata della chiesa di Santa Maria Novella si staglia sulla grande piazza, la quale permette di ammirare tutta la sua maestosità e armonia tipica dello stile rinascimentale. Terminata da Leon Battista Alberti nel 1470 su incarico del ricco mercante Giovanni Rucellai, fu in realtà innestata sulla parte inferiore già esistente che risaliva al Trecento. L'Alberti realizzò il portale centrale e la parte superiore usando dei precisi calcoli modulari che stabiliscono delle proporzioni esatte fra i vari elementi: base uguale all'altezza, scomposizione delle aree in quadrati con rapporti 1/2 o 2/3 e così via. Non mancano i riferimenti alla committenza, come il simbolo della famiglia Rucellai in una fascia del frontone (la vela con le sartie libere intrecciate dal vento, simbolo di fortuna) e il nome del mecenate nell'iscrizione sotto il timpano. Il "Sol Invictus" al centro del timpano è lo stemma del quartiere di Santa Maria Novella dalla riforma amministrativa del 1343, ma anche il simbolo della ragione. All'interno della terza campata della navata ricordiamo l'affresco la “Trinità” di Masaccio.