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TURCHIA . 1
Il tallone d’Achille
di Erdogan
I curdi rappresentano ancora un problema spinoso nel processo di modernizzazione democratica della
Turchia. Quale sarà lo status riconosciuto a questa minoranza nella nuova Costituzione? Quale l’ampiez-
il raggiungimento di un accordo fra le due parti.
Poi qualcosa è cambiato. Da una parte il Partito curdo
ha accusato Erdogan di puntare ai voti nel Sudest del Paese, feudo quasi indiscusso della minoranza. Dall’altra
l’azione del premier è diventata meno incisiva e così, dopo tre anni, cresce il timore che il clima positivo instaurato nel 2009 possa essere stato solo un sogno di breve durata. Non mancano gli spiragli di speranza, offerti in questo momento soprattutto dalla trattativa fra governo e opposizione per fare uscire otto deputati (di cui sei curdi)
dal carcere: l’Akp e le altre forze politiche sembrerebbero aver raggiunto un accordo.
Certo la situazione è complessa e rappresenta la prova
più dura per il premier Erdogan, che deve fare i conti non
solo con la lotta armata del Pkk, sempre pronta a colpire,
ma anche con proiezioni demografiche che indicano una
comunità curda in aumento nei prossimi anni.
Un popolo sempre più conscio della propria identità e
dei propri obiettivi e con richieste sempre più pressanti,
difficili da ignorare.
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za concessa alla loro autonomia? Intanto molti di loro vivono serenamente in una società che li ha integra-
sempre va di pari passo con la pubblica opinione.
di Marta Ottaviani
a questione curda in Turchia è uno dei punti in cima
all’agenda governativa, ma la sua soluzione al momento sembra ancora lontana. Se il 2009 era stato l’anno
della speranza per questa minoranza, il 2012 rischia di
venire ricordato come l’anno dell’occasione mancata. Il
dibattito sulla nuova Costituzione, a cui stanno partecipando tutte le forze politiche presenti in Parlamento –
Partito curdo incluso – prosegue e nelle ambizioni dell’Akp, il Partito (islamico moderato) per la giustizia e lo
sviluppo, oggi al governo, dovrebbe essere una Carta in
linea con i parametri richiesti da Bruxelles ed elevare gli
standard democratici del Paese.
Ma proprio sulla questione curda la Turchia sembra
non volere o non potere compiere i passi decisivi per ricomporre una ferita che la lacera da trent’anni.
Lo scontro principale è sull’autonomia regionale e il riconoscimento dell’identità curda nella Costituzione. A
ciò si aggiunga una frattura sempre più evidente nei rapporti fra l’Akp – e il premier Recep Tayyip Erdogan – e i
deputati del Bdp, il Partito curdo per la democrazia e la
pace, che parlano apertamente di progetto politico contro di loro. Sullo sfondo si stagliano le azioni militari del
Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan – organizzazione separatista terrorista per Turchia, Europa e Stati Uniti
– che ha bollato come “insufficienti” i passi compiuti fino a questo momento e annunciato che, se non si troverà
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una soluzione politica alla questione, l’unica conseguenza potrà essere l’intensificazione della lotta armata.
Si tratta di una situazione sempre più delicata – che rischia di diventare ingestibile – dove agli attacchi del Pkk,
le cui cellule più pericolose trovano rifugio oltre il confine con l’Iraq del Nord, fanno da contraltare i bombardamenti dell’esercito turco nelle zone in cui si trovano i
campi dell’organizzazione e gli arresti in massa di militanti e simpatizzanti del Bdp, spesso senza reale evidenza di reato. Proprio la campagna contro i sospetti membri
del Kck (l’Unione delle comunità curde, organizzazione
terrorista della quale farebbe parte anche il Pkk) preoccupa non poco gli osservatori internazionali e getta un’ombra sulla democratizzazione del Paese.
Eppure nel 2009 in molti avevano sperato che questa
fosse veramente la volta buona. Il premier Erdogan, pur
avendo sempre escluso la possibilità dell’autonomia regionale, aveva intavolato un dialogo politico con il Partito curdo, a puro scopo elettorale secondo i suoi avversari, ma che ha indubbiamente portato dei benefici per
la minoranza. Il dato più evidente era stata la creazione
di un canale sulla tv di Stato che trasmetteva in lingua
curda (Trt 6), ma anche la vita quotidiana era diventata
più rilassata e la minoranza aveva acquistato una nuova
dimensione, in termini di espressioni e manifestazioni
culturali. Il premier Erdogan aveva intrapreso un confronto coraggioso, rimasto per qualche tempo segreto,
con Abdullah Öcalan e i dirigenti del Pkk: un gesto rivoluzionario, che avrebbe veramente potuto determinare
Ap Photo / B. Ozbilici
ti senza alcuna discriminazione. Ma la politica non
I funerali ad Ankara di Mehmet Coskun Kilic,
21 anni, uno dei tre soldati uccisi
in uno scontro con i ribelli curdi a Tuncell, nella Turchia orientale.
east . rivista europea di geopolitica
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attività di guerriglia, 17mila in omicidi compiuti da ignoti. Il prezzo pagato dal popolo curdo continua a essere
molto alto e negli ultimi anni le nostre richieste di libertà e democrazia si sono trasformate in un progetto politico concreto. Ma l’Akp (il partito islamico moderato che
detiene la maggioranza in parlamento, NdR) respinge le
nostre richieste – in particolare quelle relative alla domanda di autonomia e al riconoscimento dell’identità
curda – e ha iniziato una vera e propria guerra politica.
Sebahat Tuncel, dalle scorse elezioni la questione curda
è diventata uno degli argomenti più caldi e delicati nel Paese.
Può spiegarci brevemente qual è
la situazione attuale della minoranza?
L’opposizione dei curdi dura ormai da trent’anni. In
questi trent’anni di guerra 15mila persone sono morte in
Quali sono i vostri obiettivi come partito curdo in parlamento?
La nuova Costituzione per noi è l’obiettivo più impor-
tante, è il mezzo con cui democratizzare pienamente il
Paese e risolvere la questione curda.
Sebahat Tuncel.
Ap Photo / B. Ozbilici
na questione che si trascina da trent’anni, un popolo che reclama i suoi diritti con un progetto politico
chiaro e uno Stato con cui è necessario trovare un punto
di accordo. Ne parliamo con Sebahat Tuncel, deputata del
Bdp, il Partito curdo per la democrazia e la pace.
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I lavori sono inziati nei mesi scorsi,
la nuova Carta fondamentale dello Stato turco
dovrebbe vedere la luce entro il 2012.
Può dirci come sta andando il dibattito in commissione?
L’Akp ha un consenso tale che potrebbe realmente dare vita a una Costituzione libera ed egalitaria, ma in questo momento sembra più che voglia redigere una Carta
che protegga i suoi interessi. Tutti coloro che sono reduci dal golpe del 1980 vogliono una Costituzione democra-
Falò nel quartiere di Beyoglu, a Istanbul, con cui la comunità curda
I NUMERI DEI CURDI
ha celebrato il Newroz , il tradizionale capodanno persiano,
il 21 marzo scorso. La ricorrenza viene festeggiata
in Turchia, Iran, Afghanistan e molti Paesi dell’Asia centrale,
Afp / Getty Images / B. Kilic
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curdi in Turchia sono dai 12 ai 15 milioni. Molti vivono nel
Sudest del Paese, ma negli ultimi trent’anni i flussi migratori che hanno caratterizzato la Turchia hanno portato migliaia di loro a risiedere nelle grandi città, dove spesso sono ben
integrati. Pur non essendoci ancora un ristorante “ufficiale”
curdo a Istanbul è un fatto che molti dei gestori dei locali che
propongono la tipica – e squisita – cucina anatolica, siano
spesso di etnia curda, soprattutto se provengono da località
come Adana, Gaziantep, Sanliurfa e Diyarbarkir.
Sono curde alcune delle personalità più in vista del Paese.
Turgut Özal, presidente della Repubblica tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, proveniva notoriamente da una famiglia curda. Ibrahim Tatlises, uno dei cantanti
più famosi e idolatrati del Paese, non ha mai nascosto le sue
origini. Del resto, nonostante la situazione interna assai complessa, turchi e curdi convivono da secoli e sono a così stretto contatto che a volte la distinzione fra ciò che è curdo e ciò
che è propriamente turco fa fatica a emergere. Di certo – e
questo è il dato consolante – se la politica dimostra incertezza sul tema dei riconoscimenti chiesti da questa minoranza,
l’opinione pubblica ha invece idee ben chiare e di segno positivo. Ad esempio, un sondaggio pubblicato a marzo dal quotidiano Milliyet ed effettuato su un campione formato da turchi, ha messo in evidenza che l’85% definiva l’altro “fratello”:
un risultato che spiega meglio di ogni altro come l’atteggiamento dell’opinione pubblica nei confronti della minoranza
curda sia mutato radicalmente rispetto al 1984, quando Abbullah Öcalan e il suo Partito dei lavoratori del Kurdistan iniziarono l’attività separatista.
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in coincidenza con l’equinozio di primavera.
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Ancora più interessanti appaiono i risultati di un sondaggio condotto dalla società Samer e commissionato da alcune
istituzioni di Diyarbakir, la città nel Sudest della Turchia dove
la maggioranza curda è più numerosa. La ricerca è stata effettuata su un campione di 755 persone. Il 90% nutre grandi
aspettative nella nuova Costituzione, ma il 57% crede che i lavori della commissione non siano sufficienti. Per l’81% l’obiettivo più importante consiste nel riconoscimento di un nuovo
Stato nella Costituzione. L’ipotesi di uno Stato federale o
quella dell’autonomia interessa rispettivamente solo
all’11,7% e al 19,3% della popolazione. Per quanto riguarda
l’istruzione, solo il 35,2% del campione pensa che dovrebbe
essere impartita interamente in curdo. Il 44,1% del campione
ritiene che la lingua ufficiale a scuola debba rimanere il turco, mentre il 21,5% sarebbe favorevole all’insegnamento misto. Tornando alla Costituzione, il 62% vorrebbe vedere l’identità curda riconosciuta al pari di quella turca, il 76% è favorevole a una Carta che mantenga la componente laica dello Stato, mentre il 91% vede di buon occhio la libertà religiosa per
tutte le confessioni e la possibilità per le donne di utilizzare il
velo islamico quando si tratti di una decisione personale.
he il clima nei confronti della minoranza curda sia cambiato lo ha dimostrato anche l’ex presidente della Tbmm
(Turkiye Buyuk Millet Meclisi, il parlamento turco), Koksal
Toptan, nel febbraio del 2009. L’allora capo del Partito curdo – che si chiamava Dtp – Ahmet Türk, durante il tradizionale discorso del martedì al gruppo parlamentare, iniziò a parlare in curdo. La diretta sulla tv di Stato fu subito interrotta,
ma il presidente del parlamento decise di non prendere provvedimenti, quando, in altri tempi, Türk sarebbe stato proces-
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sato e probabilmente condannato a diversi anni di carcere.
Nella provincia di Diyarbakir, poi, recentemente molti cartelli stradali sono stati sostituiti dalle autorità locali e riportano sia il nome ufficiale delle località in turco che il nome originario curdo. Nonostante l’attenzione riservata dai media
qualche mese fa all’accaduto, l’evento non è stato vissuto come uno scandalo e non ha portato a conseguenze di carattere politico.
er quanto riguarda la presenza nella società, l’Istituto curdo di Istanbul, proprio lo scorso aprile, ha festeggiato i
suoi primi vent’anni di attività. Fondato nel 1992 da un gruppo di intellettuali appartenenti alla minoranza, organizza corsi di lingua curda, ma offre anche indicazioni a chi voglia approfondire le sue conoscenze in tema di musica, letteratura,
cinema e tradizioni folcloristiche, mettendo a disposizione
anche alcune pubblicazioni sui vari argomenti.
Parlando di cinema, nelle scorse settimane in Olanda è stato presentato un lungometraggio di animazione che racconta la vita del filosofo islamico Said Nursi – commentatore del
Corano dall’esistenza travagliata, a cavallo fra la fine dell’impero ottomano e la nascita della repubblica laica e moderna
– dal titolo Allah’in Sadk Kulu: Barla (Il devoto servo di Allah:
Barla). Molti commentatori hanno sottolineato come questo
film rappresenti un esempio efficace della convivenza pacifica fra turchi e curdi. Nursi era nato nel 1876 a Bitlis, nel Sudest del Paese, una delle zone dove la minoranza curda è più
radicata.
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http://www.todayszaman.com/newsDetail_getNewsById.
action?newsId=261921
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Poliziotti in tenuta
antisommossa
di fronte a 34 bare finte,
nel corso di una protesta
contro l’attacco aereo
turco diretto a colpire
ribelli curdi,
avvenuto
tica. Il Bdp ha un compito chiaro: si è impegnato a cambiare la realtà della Turchia, ma non può essere un approccio unilaterale.
Il premier Erdogan ha più volte promesso alla minoranza
che le condizioni miglioreranno e rispetto al passato
c’è comunque stato un progesso, soprattutto nella vita
quotidiana. Merita un giudizio così negativo da parte vostra?
Erdogan ha dato alla Turchia e al mondo l’impressione
di aver fatto cose positive per i curdi. È stato aperto un canale sulla tv di Stato che trasmette in curdo e l’Akp ha inserito la questione curda fra gli obiettivi da raggiungere
in vista dell’ingresso nell’Unione Europea.
Quando guardiamo ai fatti, però, le operazioni politiche e militari contro i curdi sono aumentate. Permettono
ai detenuti di parlare in carcere in curdo con le proprie
madri, ma poi davanti alla corte la difesa nella nostra lingua ci è vietata.
Parliamo del vostro partito, allora. Da mesi centinaia
di militanti sono oggetto di inchieste e di arresti.
Qualcuno ha parlato anche di progetto politico contro di voi,
altri dicono che i rapporti di molti di voi con il Pkk e il Kck
(l’Unione delle organizzazioni curde)
sono troppo poco chiari. Può dirci cosa sta succedendo?
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Dal 2009 a oggi oltre 7mila militanti del Bdp sono stati arrestati e fra di loro spesso ci sono anche dirigenti di
partito o amministratori locali. L’Akp da una parte sta cercando di spezzare la volontà del popolo curdo, facendo
uso di tutti gli strumenti in possesso dello Stato. Dall’altra, se vuole risolvere la questione curda, deve capire che
questa politica crudele non porta a nulla. Gli arresti e la
negazione del diritto alla difesa sono un esempio importante per capire quale sia l’attitudine dell’Akp nei confronti del problema curdo.
Alcuni nel Paese però vi accusano di avere legami stretti
con il Pkk, che Turchia, Europa e Stati Uniti considerano
un’organizzazione terroristica. Perché una percentuale
rilevante della popolazione continua a supportare
il Pkk e a pensare che possa contribuire
alla soluzione della questione curda?
Piaccia o meno, il Pkk è una realtà di questo Paese. Il
popolo curdo crede in loro perché portano avanti la lotta
per la loro libertà. Per questo è impensabile una soluzione della questione curda che tenga il Pkk fuori. Capire
proprio come debba essere il modo di risolvere il problema della minoranza è l’obiettivo più coraggioso del nostro partito. Pensiamo che l’unica soluzione possibile sia
la tutela costituzionale dei diritti di tutti.
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Ap Photo / B. Ozbilici
nel dicembre 2011.
Congresso del Bdp (Partito curdo
per la pace e la democrazia) ad Ankara.
Anche Abdullah Öcalan, il fondatore del Pkk,
deve partecipare a questo processo?
Anche lui, lo abbiamo sempre detto in modo molto
chiaro. Negli ultimi due anni Abdullah Öcalan (che si trova nel carcere di Imrali, in mezzo al Mar di Marmara, NdR)
è stato interpellato regolarmente. Queste visite hanno dato un grande apporto al dialogo fra minoranza e Stato turco, però adesso questo processo purtroppo è in una fase
di stallo. Noi abbiamo posto quattro condizioni per continuare: eliminazione degli ostacoli per l’istruzione nella lingua madre; eliminazione della soglia minima del
10% ai partiti per entrare in parlamento; fine delle operazioni politiche e militari; e liberazione dei prigionieri politici. Il governo sta ignorando parte di queste richieste e
per noi questo equivale a una nuova politica di oppres-
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sione. Öcalan ha detto più volte di essere pronto a una soluzione democratica e pacifica della questione curda e di
volersene assumere tutte le responsabilità. Ma in questo
momento sembra siano governo e Stato turco che non se
le vogliono assumere.
Abbiamo parlato del suo partito.
Ma cosa mi dice del popolo curdo? Come vive questo
momento, che potrebbe essere di importante transizione?
Il popolo curdo oggi ha chiare in mente le sue esigenze
e quali siano i problemi da risolvere: istruzione in lingua
madre, riconoscimento della cultura e dell’identità curda, maggiore democrazia, possibilità di gestirci. Sono richieste che possono essere soddisfatte nel rispetto dell’unità della Turchia, e per questo la nuova Costituzione
rappresenta un’occasione importante per confrontarci.
Lo Stato deve riconoscere la volontà del popolo curdo,
garantendo una soluzione pacifica e democratica.
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