Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 26/2015

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Raccolta Interrogazioni a Camera e Senato 26/2015
Attività Parlamentare
Raccolta delle interrogazioni presentate alla
Camera e al Senato
n. 26/2015
2015
INDICE
CAMERA ............................................................................................................................................ 4
Interrogazione a risposta scritta sulla prospezione delle coste pugliesi finalizzate alla ricerca e
alla coltivazione di idrocarburi ..................................................................................................... 4
Interrogazione a risposta in Commissione sull’ampliamento delle banchine da parte
dell'autorità portuale di Livorno ................................................................................................. 7
Interrogazione a risposta in Commissione sul sistema infrastrutturale/intermodale del porto di
Taranto ............................................................................................................................................ 9
Interrogazione a risposta in Commissione sulla gestione degli albi provinciali degli
autotrasportatori di cose per conto di terzi ................................................................................ 13
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di una stazione di servizio nella Valle
Peligna, nei pressi del casello di Pratola Peligna-Sulmona, sull’autostrada dei Parchi
Pescara-Roma ............................................................................................................................... 14
Interrogazione a risposta in Commissione sul progetto di ricerca di idrocarburi liquidi e
gassosi denominato «CARISIO», ubicato in parte del territorio delle province di Novara,
Vercelli e Biella ............................................................................................................................. 15
Interrogazione a risposta scritta sui finanziamenti statali in favore dell'Agenzia giornalistica
Italia (Agi), controllata dall'Eni ................................................................................................. 16
Mozione sulle iniziative per contrastare i cambiamenti climatici, anche in vista della
conferenza di Parigi di dicembre 2015 ....................................................................................... 17
Risposta della Sottosegretaria per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione
sui progetti di «chimica verde» in Basilicata.............................................................................. 24
Interrogazione a risposta scritta sullo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica
in Italia........................................................................................................................................... 28
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un deposito di bitume da situarsi
all'interno dell'area portuale di Savona .................................................................................... 30
Risposta della Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla
Anna Borletti dell'Acqua, all’interrogazione a risposta scritta sull’autorizzazione rilasciata dalla
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regione Campania alla costruzione e all'esercizio di un impianto di energia elettrica
mediante tecnologia eolica ........................................................................................................... 32
Risposta della Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari,
all’interrogazione n. 3-01637 di De Rosa sulle iniziative volte all'annullamento del
procedimento di valutazione di impatto ambientale e di avvio di valutazione ambientale
strategica per la costruzione dell'elettrodotto tra Airolo (Svizzera) e Baggio (Milano) ........ 38
Risposta della Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari,
all’interrogazione n. 3-01625 di BALDELLI (FI) sulle iniziative di competenza per la tutela
degli utenti delle società fornitrici di energia ............................................................................. 41
Mozione sulla determinazione della base imponibile di un fabbricato, macchinari e impianti
ancorati al suolo ............................................................................................................................ 44
Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un pozzo petrolifero da parte dell'Eni
nel comune lucano di Marsico Nuovo ......................................................................................... 47
Interrogazione a risposta scritta sul rischio proveniente dall'esposizione all'amianto .............. 49
Interrogazione a risposta scritta sul decreto-legge Sblocca Italia e la promozione dell’attività
estrattiva ........................................................................................................................................ 50
Interrogazione a risposta in Commissione sul progetto di Terna denominato «Elettrodotto a
380 kv in doppia terna s.e. Udine ovest – s.e. Redipuglia» ....................................................... 51
Risposta della Sottosegretaria per l’economia e le finanze, Paola De Micheli, all’interrogazione
sull’incremento degli importi delle deduzioni per spese non documentate da parte delle
imprese di autotrasporto.............................................................................................................. 53
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione sulla contaminazione della falda
acquifera nell'area della pianura di Scarlino, area già di proprietà dell’ENI ........................ 56
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CAMERA
Interrogazione a risposta scritta:
sulla prospezione delle coste pugliesi finalizzate alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi
CAPONE (PD)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa. — Per sapere –
premesso che:
in questi giorni grande preoccupazione sta assumendo, tra gli amministratori e nelle popolazioni
pugliesi, la notizia di autorizzazioni da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare e da parte del Ministero dello sviluppo economico per la prospezione delle coste pugliesi
finalizzate alla ricerca, meglio coltivazione, di idrocarburi;
più specificamente dai siti istituzionali dei due Ministeri e da quanto riportato dagli organi di
stampa si apprende di una autorizzazione su un milione 400 mila ettari di area del mar Adriatico dal
Gargano a Santa Maria di Leuca, a quanto si legge l'ultima in ordine di tempo, rilasciata alla
Petroleum Geo Service Asia Pacific a conclusione della Via presso il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, mentre negli stessi giorni è stato dato il via libera anche a Enel
Longanesi
per
la
ricerca
di
petrolio
sulla
costa
jonica,
al
largo
di
Gallipoli;
è sufficiente – in ogni caso – osservare la mappa sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, relativa alle procedure di Via-Vas in corso, e nello specifico alle
prospezioni idrocarburi, mappate in verde, e alla ricerca idrocarburi, mappata in fucsia, per una idea
aggiornata sullo stato dell'arte e sul coinvolgimento intensivo della regione Puglia e dell'ultimo
segmento
del
canale
adriatico
in
fatto
di
ricerca/prospezioni
idrocarburi;
secondo quanto riportato da organi di stampa «nell'intera area sarà dunque possibile esplorare i
fondali utilizzando la tecnica dell'air gun, la pistola sottomarina ad area compressa in grado di
generare onde sismiche utili per poter individuare i possibili giacimenti petroliferi. Non le
trivellazioni, quelle arriverebbero solo una volta accertata la presenza del petrolio, ma la nuova
tecnica che negli anni ha sostituito l'esplosivo in mare, ritenuta meno dannosa per l'ambiente ma
letale per la fauna marina, in particolare per i cetacei»;
si legge inoltre: «Con il nuovo decreto, datato 12 giugno, il Ministero autorizza dunque la
Petroleum Geo-service Asia Pacific ad effettuare prospezioni di idrocarburi liquidi e gassosi
sull'intero tratto pugliese, una linea di mare spessa e lunghissima, che assorbe al suo interno anche
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le aree richieste – e ottenute – dalla Northern Petroleum, una sovrapposizione che comunque non
scoraggia le compagnie, abituate anche a capitalizzare sul mercato ogni singolo atto autorizzativo»;
alla linea lungo il basso Adriatico deve aggiungersi quella jonica che per quanto riguarda la regione
Puglia è relativa all'autorizzazione rilasciata ad Enel Longanesi Development «con un progetto che
prevede l'Air Gun nell'area centrale del Golfo di Taranto, di fronte alle coste di Gallipoli e Nardò e,
sull'altra sponda, di Rossano Calabro». Anche in questa area, secondo la mappa presente sul sito del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono cinque i siti autorizzati per la
ricerca di idrocarburi e sei finalizzati alla prospezione idrocarburi;
è dunque questo stato di cose che fa osservare: «L'accerchiamento denunciato dalle istituzioni locali
e dagli ambientalisti è un dato di fatto, soprattutto tenuto conto che alle richieste più vecchie
arrivate al traguardo in queste ore si sono aggiunte successivamente quelle della texana
Schlumberger Italia, per 4.285 chilometri quadrati, che si estendono dal Salento a Taranto, e
interessano i comuni salentini di Porto Cesareo, Nardò, Galatone, Gallipoli, Melissano, Racale,
Sannicola, Taviano, Alliste, Ugento, Castrignano del Capo, Morciano di Leuca, Patù, Salve e nel
Tarantino, oltre al capoluogo anche Torricella, Lizzano, Manduria, Pulsano, Maruggio,
Castellaneta, Palagiano, Leporano, Ginosa, Massafra nel tarantino, proseguendo verso Basilicata e
Calabria. E poi ci sono quelle della Global Med, con sede in Colorado, che la scorsa estate bussò
alla porta di 24 comuni salentini del Basso Salento con la richiesta di prospezione per 1.493,7
chilometri quadrati al largo di Leuca (oltre che di Crotone e Capo Colonna). Solo una delle due
istanze è bloccata per il contenzioso con Petroceltic Italia-Edison, anche lei interessata alla
medesima area. Per il resto, l’iter è in corso e non è detto che non si concluda a breve, dando il via a
quella
che
da
parte
dei
territori
si
annuncia
come
una
resistenza
a
oltranza»;
per opporsi a tale stato di cose lo scorso 18 giugno la giunta regionale pugliese ha approvato
d'urgenza la delibera con cui dà mandato all'Avvocatura di impugnare dinanzi al TAR del Lazio i
nove decreti di Via del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e tale linea
sarebbe stata anticipata e confermata anche nel corso dell'incontro organizzato dal comune di
Polignano a Mare il 17 giugno scorso allo scopo di concordare una strategia unitaria;
nello stesso incontro svoltosi a Polignano la presidenza del consiglio regionale ha presentato una
scheda tecnica dove si sottolinea: «il 71 per cento delle richieste di permessi per prospezioni di
idrocarburi in mare riguarda la Puglia; ... le tecniche geosismiche adottate per risultano
estremamente dannose per l'ambiente e la fauna sottomarina e marina; ... ad un chilometro di
distanza dal sito in cui si effettua la prospezione l'intensità sonora si mantiene sui 150 decibel (120
possono causare negli uomini danni irreversibili)», E ancora: «la probabilità di trovare idrocarburi
secondo i tecnici è stimata intorno al 17 per cento, mentre il petrolio adriatico è classificato col
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grado 9 della scala internazionale Api (fino a 25 è petrolio pesante, oltre i 40 leggero). Le torri
petrolifere possono elevarsi dalle acque marine fino a 60 metri, visibili dalla costa; le più vicine
sorgerebbero all'interno delle 12 miglia dal litorale». Nel corso dell'incontro il presidente del
consiglio regionale ha poi ricordato come già nei primi anni ’70 «l'Eni di Mattei aveva scartato gli
idrocarburi dell'Adriatico perché troppo costoso estrarli, troppo scadenti e buoni al massimo per
bitumare strade»;
tale parere negativo espresso dai vertici del Governo regionale viene confermato tecnicamente
anche dall'autorità di bacino che per voce dell'assessore alle opere pubbliche della Puglia sottolinea
come nella regione «negli ultimi anni siano state istituite numerose aree protette costiere e parchi
marini che, pur introducendo vincoli nell'uso del territorio hanno sviluppato una cultura ambientale
della popolazioni locali interessate e di quelle extraregionali»;
nel frattempo contro le prospezioni in mare si sono pronunciati anche i vertici nazionali di
Federalberghi che in una nota ufficiale afferma: «I sei decreti emessi dal Ministero dell'Ambiente
nei primi mesi di giugno hanno di fatto consegnato tutto il mare pugliese nelle mani delle società
multinazionali che avevano richiesto le autorizzazioni alla trivellazione per la ricerca di giacimenti
petroliferi. Sono interessati a questa operazione 1,6 milioni di ettari di mare: una superficie
paragonabile a quella dell'intera Puglia». E prosegue: «L'impatto dell'intera operazione è
dirompente per il futuro della nostra regione: il settore del turismo non può permettersi il lusso di
vedere vanificati gli importanti investimenti, pubblici e privati, degli ultimi cinque anni, e proprio
adesso che l'intera filiera comincia i registrare i primi segnali positivi rispetto alla drammatica crisi
che ci ha aggredito negli ultimi tre anni e che il brand Puglia naviga a piene vele nei mercati
internazionali». Mentre il presidente regionale di Federalberghi si dichiara «al fianco dei sindaci e
della gente di Puglia nella mobilitazione per salvare le bellezze della nostra costa»;
a questo stato di cose va sommato l'allarme del rischio connesso alla presenza di ordigni inesplosi
nel mare Adriatico. Rischio che coinvolge il fronte italiano, quello croato e, più in generale, anche
le coste delle altre sponde adriatiche come si evince dalla comunicazione del Ministero
dell'economia della Croazia del 2 gennaio 2015 circa la concessione da parte del Governo di
Zagabria di dieci licenze per esplorazione e sfruttamento di idrocarburi in Adriatico in seguito alla
prima gara pubblica conclusasi il 2 novembre 2014 e come d'altra parte confermano anche numerosi
atti parlamentari prodotti in questi anni;
in particolare il Governo, rispondendo nell'aprile scorso a una interrogazione in merito, per voce
della sottosegretaria all'ambiente onorevole Silvia Velo, si è detto consapevole della presenza di
«numerosissimi ordigni bellici inesplosi, caricati anche con aggressivi chimici, distribuiti in svariate
aree di fondale marino in Adriatico, la cui esplosione accidentale potrebbe causare danni diretti agli
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organismi marini o provocare la fuoriuscita incontrollabile di prodotti petroliferi dai pozzi in via di
perforazione» e che a tal fine era stata prevista sia una azione di bonifica degli ordigni in capo al
Nucleo Sdai della marina militare con uno stanziamento di 5 milioni di euro, sia la condizione di
una «adeguata attività di survey» relativamente alle autorizzazione alle attività di ricerca cui le
società sarebbero, a quanto pare, obbligate anche in Croazia;
d'altra parte anche nell'Alto Adriatico la regione Veneto si è dichiarata per voce del suo
Governatore contraria alle trivellazioni paventando il rischio di incidenti sulle piattaforme con
gravissime
ripercussioni
sull'ecosistema
causa
il
cosiddetto
fenomeno
di
subsidenza;
va ricordato inoltre, e stavolta sotto il profilo prettamente energetico, che la Puglia in modo
rilevante (pari circa all'80 per cento eccedente il proprio fabbisogno di energia) ha contribuito e
contribuisce al bilancio energetico nazionale con le centrali a carbone di Brindisi, con la raffineria
petrolifera, con l'oleodotto di Taranto, con gli impianti per la produzione di energia eolica e
fotovoltaica e, da ultimo, con i gasdotti che attraversando l'Adriatico potrebbero a breve collegare il
sistema produttivo dell'est europeo alla dorsale appenninica, e che alla produzione di energia ha
pagato un prezzo altissimo in termini di tutela e salvaguardia territoriale, di minacce alla salute delle
popolazioni, di aumento dell'incidenza tumorale –:
quale sia, ad oggi lo stato, dell'arte relativamente alla situazione descritta;
quali iniziative intendano intraprendere a tutela del mare Adriatico e delle coste pugliesi;
quali iniziative intendano intraprendere in relazione ai rischi più volte paventati relativamente agli
ordigni inesplosi nel Mare Adriatico;
se in relazione a quanto sopra descritto e anche in considerazione di analogo stato d'animo tra le
popolazioni e gli amministratori locali croati non si renda opportuno l'avvio di una moratoria in
sede europea tale da definire protocolli comuni e condivisi relativamente alle richieste di
prospezioni e autorizzazioni alla ricerca e coltivazione di idrocarburi e, contemporaneamente, non si
ritenga necessaria e opportuna la definizione di un protocollo condiviso tra i Paesi che si affacciano
sul corridoio Adriatico a tutela dell'ambiente marino e costiero, a salvaguardia dell'unicità di
quell'ambiente e degli sforzi sviluppatisi negli anni verso un turismo di qualità. (4-09959)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sull’ampliamento delle banchine da parte dell'autorità portuale di Livorno
DE LORENZIS e PETRAROLI (SEL)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
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si è appreso da organi di stampa che l'autorità portuale di Livorno stia provvedendo ad un corposo
ampliamento delle banchine con un maxi-piano, per cui già dalla prima decade di luglio avrà luogo
la pubblicazione del bando di gara con procedura ristretta per l'individuazione del promoter della
piattaforma europa dello scalo di Livorno;
nel dettaglio, si apprende, è prevista la creazione di 5 chilometri di nuove banchine, 2 milioni di
metri quadrati di piazzali e fondali, con una profondità fra i 16 e i 18 metri, una nuova imboccatura
in grado di accogliere le navi portacontainer di dimensioni più grandi. Inoltre, l'intera opera prevede
anche la realizzazione di un terminal contenitori, di dighe foranee per proteggerlo e di opere di
equipment;
l'investimento complessivo ammonterebbe ad 805,14 milioni di euro secondo la società di
consulenza D'Apollonia (Gruppo Rina), che ha redatto il piano economico-finanziario che si basa,
sotto il profilo tecnico, sui dati dello studio di fattibilità della piattaforma europa e, sotto il profilo di
mercato, sulla relazione redatta da Ocean Shipping Consultant. Nel dettaglio, 504,46 milioni
sarebbero impegnati come project financing, mentre i restanti 300,68 milioni sarebbero interamente
a carico del pubblico;
elemento centrale nell'ottica della realizzazione del piano sarebbe rappresentato dai traffici che,
secondo la Ocean Shipping Consultant, di qui al 2035, potrebbero ammontare, secondo una
prospettiva ottimistica, a 2,7 milioni di teu (container da 20 piedi) o, in una prospettiva differente,
a 2,3 milioni;
altre valutazioni tecniche notano che l'incremento dei traffici non può considerarsi in misura uguale
in tutti i porti per le differenze e la concorrenza. In particolare, si assume che manchi un modello
statistico in quanto i flussi sarebbero stati ottenuti semplicemente moltiplicando i teu registrati negli
anni passati per un numero ottenuto dividendo la crescita attesa in termini di export per la crescita
attesa in termini di prodotto interno lordo senza considerare che in Italia il rapporto fra export e
prodotto interno lordo tende ormai ad essere sempre negativo;
si apprende, dallo studio presente nella Trimestrale on line di economia della logistica e dei
trasporti, sistemi di logistica, giugno 2015, a proposito del traffico portuale italiano e di alcune
previsioni al 2030, che secondo l'ISTAT, nel 2013 sono transitati per i porti italiani 457 milioni di
tonnellate di merci (215 milioni in import, 77 milioni in export, 165 milioni in cabotaggio ovvero
298 milioni in sbarco, 159 in imbarco). Tale dato 2013 è inferiore al totale 1997. Tuttavia, è pur
vero che il traffico marittimo italiano (calcolato sommando al traffico portuale internazionale la
metà del traffico di cabotaggio) presenta – soprattutto a partire dal 2003 – un'ottima correlazione
con l'andamento del prodotto interno lordo espresso in valori concatenati ed aumenta qualora dal
traffico marittimo così determinato venga sottratta la quota di traffico container dei porti di «puro»
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transhipment;
nel citato studio, però, si segnala che nel totale movimentato dai porti italiani non è ovviamente
computata quella quota di merci (prevalentemente trasportata in container) che utilizza porti non
italiani (in primis Nord europei) per l'imbarco e/o lo sbarco. Ma, si precisa ulteriormente, come
l'attendibilità del modello proposto, stante l'ampiezza delle serie storiche esaminate, mostra la sua
attendibilità massima fino al 2023. Per il periodo successivo, invece, occorrerebbe apportare delle
correzioni statistiche –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti indicati in premessa e possano fornire
specifiche informazioni circa la procedura amministrativa posta in essere e la sua regolarità, anche
sotto un profilo ambientale;
se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda verificare le valutazioni tecniche a
fondamento della legittimità del progetto, se, in favore della realizzazione dello stesso, abbia
previsto lo stanziamento di fondi e, in caso affermativo, quale sia il preciso ammontare e il processo
di erogazione delle medesime risorse. (5-06123)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul sistema infrastrutturale/intermodale del porto di Taranto
DE LORENZIS e PETRAROLI (SEL)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in data 17 febbraio 2012 con decreto del Presidente del Consiglio del ministri, il professor avvocato
Sergio Prete, presidente dell'autorità portuale di Taranto, ai sensi del comma 4-quater dell'articolo
13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, è stato nominato commissario straordinario, a titolo
gratuito, per le seguenti opere e lavori relativi al porto di Taranto:
a) piastra portuale di Taranto;
b) dragaggio per l'approfondimento dei fondali al molo polisettoriale e connessa vasca di
contenimento dei fanghi di dragaggio;
c) consolidamento/adeguamento
della
esistente
banchina
del
molo
polisettoriale;
d) nuova diga foranea a protezione dall'agitazione del moto ondoso in Darsena molo polisettoriale;
e) potenziamento collegamenti ferroviari del porto di Taranto;
f) rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di levante del molo San Cataldo e
della Calata 1;
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al commissario straordinario vengono attribuite le funzioni di stazione appaltante ai sensi del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modificazioni e integrazioni;
l'accordo per lo sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e il superamento dello stato
d'emergenza socio-economico e ambientale siglato in data 26 aprile 2012 – tra il Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero per la coesione
territoriale e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Puglia,
l'autorità portuale di Taranto, il commissario straordinario, il comune e la provincia di Taranto, la
Taranto Container Terminal SpA (TCT), la Evergreen line, la Sogesid Spa e il gruppo Ferrovie
dello Stato (RFI SpA e Trenitalia SpA) – ha l'obbiettivo di superare diverse criticità infrastrutturali,
tra cui quelle indicate dalla multinazionale Evergreen, che è all'interno della TCT, che più volte ha
rappresentato l'eventualità di trasferire tutte le linee di sua proprietà dal porto di Taranto al porto del
Pireo in Grecia, qualora non fossero state esaudite alcune richieste concernenti la carenza di
protezione della diga foranea, l'inadeguatezza dei fondali e delle banchine, i collegamenti
infrastrutturali insufficienti, l'esclusione dall'utilizzo di parti di banchina e piazzali, già assegnati
con
atto
concessorio,
causa
il
permanere
in
loco
di
un
terminal
rinfuse;
l'accordo per lo «sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e il superamento dello
stato d'emergenza socio-economico e ambientale» ha aggiornato ed integrato i precedenti protocolli
d'intesa già siglati rispettivamente l'11 maggio 1998, il 23 luglio 1998 e il 5 novembre 2009;
i tempi di attuazione del suddetto accordo stabilivano che entro 24 mesi dalla sottoscrizione dello
stesso, si sarebbero dovuti realizzare gli interventi previsti, le azioni necessarie al fine di porre in
essere le condizioni considerate dalle parti «indispensabili» per il rilancio dello scalo jonico;
nel protocollo d'intesa del 26 luglio 2012 «Interventi urgenti di bonifica ambientalizzazione e
riqualificazione di Taranto» – tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero
della coesione territoriale, regione Puglia, comune e provincia di Taranto – vengono stabiliti i
finanziamenti di alcune opere nel porto di Taranto; esso è stato realizzato considerando anche
l'accordo datato 26 aprile 2012, per lo «sviluppo dei traffici containerizzati nel porto di Taranto e il
superamento dello stato d'emergenza socio-economico e ambientale» destinando 187 milioni di
euro per la realizzazione degli interventi portuali;
una serie di ricorsi al TAR da parte di soggetti partecipanti al bando dei lavori da eseguire, ha
portato ad un ritardo nella messa in opera dei lavori di adeguamento della banchina del terminal
container di Taranto;
il 21 settembre 2014 la multinazionale Evergreen, azionista della TCT (Taranto container terminal),
ha escluso il porto di Taranto dai porti di approdo delle navi oceaniche per l'ammodernamento delle
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gru esistenti e l'installazione di nuove e contestualmente la stessa multinazionale ha annunciato che
il porto di Taranto non sarebbe rientrato nelle rotte oceaniche della compagnia in ragione della
nuova flotta che richiede fondali più profondi per l'attracco;
a causa delle decisioni intraprese dalla TCT e dalla Evergreen in particolare, 536 lavoratori a
Taranto sono in cassa integrazione da circa 2 anni ed ora, con lo scadere della stessa, gli stessi
lavoratori evidenziano tramite, sit-in e manifestazioni, la loro evidente preoccupazione
nell'impossibilità di continuare a lavorare nel porto di Taranto in quanto sono stati destinatari di
lettere di avvio di procedure di mobilità;
da diversi mesi il Governo ha provato tramite diversi incontri ad affrontare le problematiche in
questione con scadenti risultati ed ultimamente ha annunciato, a seguito dell'ennesimo incontro che,
attraverso l'autorità portuale, verrà dato immediato avvio ad un'operazione di scouting, al fine di
sollecitare manifestazioni d'interesse e di istituire una newco con operatori che stiano sul mercato,
eventualmente anche con una presenza di soggetti a partecipazione pubblica con l'auspicio di
portare
di
concludere
entro
i
75
giorni
della
procedura
di
mobilità;
a detta dell'interrogante, la difficile situazione crea due problemi fra tutti; il primo è legato alla
instabilità lavorativa dei 563 addetti, mentre il secondo problema è il blocco del molo polisettoriale
del porto di Taranto che non viene utilizzato così come pianificato dal piano regolatore;
da fonti stampa si apprende, secondo quanto riferito dal Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e
pensanti di Taranto, che la riqualificazione del molo polisettoriale del porto di Taranto e il relativo
ammodernamento della banchina di ormeggio sono stati assegnati all'Ati Consorzio Stabile Grandi
Lavori che prevedeva l'utilizzo, previo svuotamento, delle vasche presenti nell'area ex Belleli
occupate da circa 80.000 metri cubi di fanghi di dragaggio di competenza della Terminal Container
Taranto (TCT), giacenti dal lontano 2005. L'area è stata sequestrata e successivamente
dissequestrata nel 2012 per permettere la procedura di avvio allo smaltimento dei fanghi, ma ad
oggi non si conosce se tale smaltimento sia stato regolarmente effettuato;
il secondo, terzo, quarto e quinto sporgente e la calata 3 del porto di Taranto sono in concessione e
al servizio dell'ILVA che da diversi anni ha diminuito la propria produzione e quindi attività a causa
delle note vicende giudiziarie, ambientali e di mercato che la riguardano e, nonostante ciò, Ilva
rimane monopolista dei suddetti sporgenti e calate;
anche la Cementir Italia srl ha avuto in concessione per molti anni la calata 4 e parte del 4 o
sporgente in radice, a giudizio dell'interrogante monopolizzando queste aree e privando qualunque
altro
soggetto
della
possibilità
di
sbarcare
ed
imbarcare
da
queste
relative
aree;
il quarto sporgente del porto di Taranto ha un pescaggio di 25 metri sia in testata che nella parte a
levante, più che sufficiente ad accogliere grandi navi;
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in data 11 dicembre 2014 una gru utilizzata da ILVA, si è spezzata durante la fase di
movimentazione, negli specchi acquei prospicienti il quarto sporgente all'interno del porto di
Taranto e ad oggi, giace in parte sui fondali;
sia Ilva che Cementir, avrebbero dovuto eseguire lavori di infrastrutturazione ed adeguamento
ambientale nei rispettivi sporgenti e calate, ma ad oggi non risulta all'interrogante che le opere per
propria competenza siano state effettuate;
da fonti stampa si apprende, secondo quanto diffuso dal Comitato dei cittadini e lavoratori liberi e
pensanti di Taranto, che sia stato redatto per conto dell'autorità portuale di Taranto, uno studio circa
l'analisi del sistema infrastrutturale/intermodale del porto di Taranto, nel contesto della portualità
nazionale ed europea e del grado di efficienza e competitività delle infrastrutture portuali esistenti,
commissionato alla società Pricewaterhouse Coopers Advisory Spa di Milano –:
quali iniziative e con che modalità i Ministri interrogati intendano risolvere le problematiche
evidenziate in premessa, ossia, l'instabilità lavorativa dei 563 addetti e il mancato utilizzo del molo
polisettoriale;
quali risultati abbia conseguito il presidente dell'autorità portuale di Taranto in veste di commissario
straordinario;
se i Ministri interrogati ritengano opportuno verificare la possibilità di utilizzo di altri sporgenti o
calate presenti nel porto di Taranto, come terminal container, al fine di salvaguardare
immediatamente l'occupazione ed evitare ulteriori dragaggi;
se siano mai stati effettuati studi e ricerche per stabilire quale sia, in percentuale, l'utilizzo effettivo
dei moli del porto di Taranto ed in particolare del quarto sporgente;
se siano state attuate tutte le operazioni di messa in sicurezza e bonifica previste dall'accordo del 26
aprile 2012, in particolare quelle riguardanti l'ex Yard Belleli e se, a seguito della dichiarata
liquidazione della TCT, quest'ultima sarà comunque chiamata a rispondere della procedura relativa
allo
smaltimento
dei
fanghi
proveniente
dai
dragaggi
descritti
in
premessa;
se Ilva e Cementir, che hanno in concessione gli sporgenti e le calate indicate in premessa, abbiano
effettuato tutti i lavori di propria competenza stabiliti dalle concessioni e da tutti gli atti riguardanti
le infrastrutture portuali che hanno in concessione, compresi i lavori di manutenzione ordinaria e
straordinaria delle opere costruite nel rispetto delle prescrizioni, e se abbiano compiuto
l'escavazione periodica degli specchi d'acqua antistanti le banchine;
se, in merito alla gru spezzata e parzialmente giacente sui fondali nei pressi del IV sporgente, le
attuali condizioni statiche della gru garantiscano le previste e corrette condizioni di sicurezza per
l'ambiente marino e per i lavoratori e quali siano le azioni poste in essere affinché l'Ilva provveda
velocemente alla rimozione della stessa gru e al ripristino delle iniziali condizioni degli specchi
12
d'acqua al
fine di
tutelare la sicurezza
della navigazione e dell'ambiente marino;
se, al fine di garantire la trasparenza sulla gestione e le potenzialità del porto di Taranto, lo studio
commissionato alla società Pricewaterhouse Coopers Advisory spa di Milano indicato in premessa,
possa essere reso pubblico e quali siano i contenuti del medesimo. (5-06125)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sulla gestione degli albi provinciali degli autotrasportatori di cose per conto di terzi
DE LORENZIS e PETRAROLI (SEL)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 94, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014) sancisce che le funzioni
relative alla cura e alla gestione degli albi provinciali degli autotrasportatori di cose per conto di
terzi debbano essere svolte dagli uffici periferici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con
le risorse umane disponibili a legislazione vigente ed inoltre stabilisce che entro sei mesi le funzioni
sono trasferite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, comprese le relative risorse
finanziarie da destinare al funzionamento degli uffici. Fino a tale data, le predette funzioni di cura e
di gestione degli albi provinciali sono esercitate, in via transitoria, dalle province;
in data 8 gennaio 2015 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,
pubblicato il 4 maggio 2015 nella Gazzetta Ufficiale n. 101, «Trasferimento di funzioni in materia
di tenuta degli Albi provinciali degli autotrasportatori dalle province agli uffici periferici del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell'articolo 1, comma 94, della legge n. 147
del 2013 (legge di Stabilità 2014)». Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri elenca le
competenze degli uffici della motorizzazione civile, oltre alle attribuzioni già esercitate:
a) ricevere e istruire le domande delle imprese per l'iscrizione nell'albo e decidere sul loro
accoglimento;
b) redigere l'elenco di tutti gli iscritti della provincia nell'albo, eseguire tutte le variazioni e curarne
la pubblicazione;
c) accertare se permangono i requisiti per l'iscrizione nell'albo;
d) deliberare le sospensioni, le cancellazioni e i provvedimenti disciplinari previsti dalla normativa;
e) curare l'osservanza, da parte dei propri iscritti, delle norme in materia di autotrasporto di cose per
conto di terzi, ai fini dell'applicazione delle sanzioni disciplinari previste dalla legge;
f) promuovere, nell'ambito locale, anche d'intesa con le associazioni della categoria, lo sviluppo e il
miglioramento del settore dell'autotrasporto di cose;
g) esercitare ogni altro ufficio ad essi delegato dal comitato centrale;
13
h) curare la tenuta e l'aggiornamento del registro elettronico nazionale, sulla base delle disposizioni
dettate dal dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
in data 23 aprile 2015 è stato siglato nella conferenza unificata Stato – città – autonomie locali
l'accordo sull'applicazione dell'articolo 1, comma 94, della legge n. 147 del 2013, che tra l'altro,
prevedeva per assicurare la continuità delle funzioni connesse alle gestione dell'albo, che per un
periodo massimo di sei mesi dalla data di pubblicazione del citato decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, le province e le città metropolitane attualmente competenti completino
l'istruttoria delle istanze ricevute e dei procedimenti avviati fino al giorno precedente alla
pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (4 maggio 2015) e trasmettano i
dati e le informazioni concernenti i procedimenti avviati e curati, nel rispetto dei tempi
procedimentali stabiliti da ogni amministrazione;
a differenza di quanto stabilito nell'accordo 23 aprile 2015, in merito alla necessità di garantire un
periodo di sei mesi di transizione dalla pubblicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 maggio 2015, il trasferimento è stato attivato già il 4
maggio 2015, con la sospensione dei servizi e delle attività svolte sino ad allora dalle province;
diverse segnalazioni hanno messo in evidenza molteplici difficoltà per gli autotrasportatori che
attualmente non riuscirebbero ad effettuare operazione di iscrizione o variazione presso le
motorizzazioni –:
se il Ministro sia a conoscenza delle criticità espresse in premessa e quali iniziative intenda adottare
per risolverle. (5-06127)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di una stazione di servizio nella Valle Peligna, nei pressi del casello di
Pratola Peligna-Sulmona, sull’autostrada dei Parchi Pescara-Roma
MELILLA (SEL)
— Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'autostrada dei Parchi Pescara-Roma non ha un adeguato servizio di assistenza per i carburanti e la
sosta degli utenti;
si è promesso ripetutamente di costruire una stazione di servizio nella Valle Peligna, nei pressi del
casello di Pratola Peligna-Sulmona, a metà tra Pescara e Avezzano, ma a distanza di anni e anni non
si è realizzato niente;
ora la situazione si è ulteriormente aggravata per la chiusura della stazione di servizio di Chieti
(direzione Roma), ormai da molti mesi;
14
si è così creata una inedita e inaccettabile situazione nella quale per oltre cento chilometri non esiste
nessuna stazione di servizio sull'Autostrada dei Parchi dal raccordo con l'autostrada adriatica sino a
Magliano dei Marsi;
ciò naturalmente provoca disagi agli utenti dell'autostrada ingiustificati anche rispetto ai pedaggi
consistenti che vengono pagati senza poter disporre di un servizio di assistenza accettabile –:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere nei confronti della società
concessionaria dell'Autostrada dei Parchi per risolvere tale incresciosa situazione. (4-09925)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul progetto di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominato «CARISIO», ubicato in
parte del territorio delle province di Novara, Vercelli e Biella
CRIPPA (M5S)
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. — Per sapere – premesso che:
come ancora riscontrabile dall'apposita sezione dedicata all'interno del sito del Ministero dello
sviluppo economico, in data 18 giugno 2015, sarebbe scaduto il permesso di ricerca idrocarburi
liquidi e gassosi denominato «CARISIO», ubicato in parte del territorio delle province di Novara,
Vercelli e Biella;
gli operatori titolari di tale permesso di ricerca sono il «Rappresentante Unico» ENI s.p.a. (con il
47,5 per cento delle quote) e i «Contitolari» PETROCELTIC ITALIA s.r.l. (con il 47,5 per cento
delle quote) e COMPAGNIA GENERALE IDROCARBURI s.p.a. (con il 5 per cento delle quote);
da un articolo pubblicato il 5 luglio 2015 sulla pagina locale novarese del quotidiano La Stampa si
legge come «La multinazionale energetica [ENI S.p.A.] che svolge il ruolo di rappresentante unico
dell'area di sondaggio di idrocarburi che si estende per 728 chilometri quadrati nelle province di
Novara, Vercelli, Biella, il 15 giugno ha inoltrato al Ministero dello sviluppo economico la
“richiesta di proroga della sospensione del decorso temporale del permesso Carisio.”»;
nel campo «note» della sezione dedicata al permesso di ricerca «CARISIO» sul sito del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si può leggere come «Con nota del 15/07/2015
(prot. DVA-2015-0018498) è stata concessa una proroga di 45 giorni per la consegna delle
integrazioni.»;
si riporta come da un secondo articolo pubblicato il 20 luglio 2015 nella pagine piemontese de La
Stampa si possa apprendere come «Il termine originario per consegnare gli approfondimenti
necessari per l'istruttoria per la valutazione di impatto ambientale del pozzo da 40 milioni di euro
15
era stato fissato al 13 luglio ma la multinazionale energetica presieduta da Emma Marcegaglia “in
ragione della quantità e della complessità delle richieste fatte pervenire dalla Regione Piemonte e
dal Ministero dell'ambiente ha domandato uno spostamento in avanti del termine. Da Roma, dalla
direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del Mattm, Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la risposta non si è fatta attendere. Il dirigente
Renato Grimaldi ha comunicato a tutte le parti coinvolte nel procedimento autorizzativo che “Eni
ritiene necessaria la proroga ‘per elaborare le integrazioni alla documentazione depositata in
riscontro
alle
osservazioni
emerse’.
Si
concedono
altri
45
giorni
di
tempo”.»;
in data 5 giugno 2015 la COMPAGNIA GENERALE IDROCARBURI s.p.a., come già riportato in
precedenza contitolare del permesso di ricerca «CARISIO», risulterebbe essere di proprietà di
IDREG
LIGURIA s.p.a. (95 per cento
delle quote) e della
HYDRO DRILLING
INTERNATIONAL s.p.a. (5 per cento delle quote);
dal
portale
«www.fallimentialessandria.com»
risulta
come
INTERNATIONAL s.p.a. avrebbe dichiarato fallimento
in
la
HYDRO
DRILLING
data 26 maggio
2015 –:
per quale motivo e secondo quali criteri oggettivi siano stati concessi ad ENI s.p.a. ulteriori 45
giorni di proroga alla scadenza del permesso «CARISIO», considerando che la stessa sarebbe
dovuta coincidere con il 18 luglio 2015;
se, considerando il fallimento di uno dei suoi azionisti, COMPAGNIA GENERALE
IDROCARBURI s.p.a. soddisfi ancora i criteri di garanzia economica forniti ai tempi della
presentazione di istanza per il progetto «CARISIO»;
in caso di risposta negativa, se i Ministri interrogati ritengano di riconsiderare, al vaglio dei criteri
di sostenibilità economica/finanziaria, l'ammissibilità dell'istanza di permesso di ricerca in
questione. (5-06141)
Interrogazione a risposta scritta:
sui finanziamenti statali in favore dell'Agenzia giornalistica Italia (Agi), controllata dall'Eni
SIBILIA (M5S)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro
degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
è un'agenzia di stampa italiana, fondata nel 1950 e controllata al 100 per cento dall'Ente nazionale
idrocarburi (ENI) dal 1965;
l'Eni è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per una quota pari al 4,34 per cento e
dalla Cassa depositi e prestiti spa per il 25,76 per cento;
16
la Cassa depositi e prestiti, a sua volta, è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per
l'80,1 per cento del capitale;
come risulta dallo stralcio del bilancio 2013, l'Agi ha usufruito di erogazioni di denaro pubblico per
un importo totale di 32.632.000 euro, ripartiti tra presidenza del Consiglio dei ministri (8.940.000
euro), gruppo Eni (17.341.000 euro) e pubblica amministrazione (6.351.000 euro, ossia circa l'85
per cento di 7.472.000 euro che è il totale della voce «pubblica amministrazione, media, industria»);
nella voce «pubblica amministrazione, media, industria» sono ricomprese le convenzioni con
regioni, province, comuni, enti e società pubbliche per la ricezione dei notiziari Agi, cui si
aggiungono anche altri servizi, che, a parere degli interroganti, non sono in linea con le reali
esigenze di un ente pubblico;
come riporta un articolo pubblicato l'8 luglio 2013 sul sito on line ilfattoquotidiano.it dal titolo
«L'Eni non bada a spese per l'informazione» a firma di Francesco Tamburini, «nel mese di febbraio
l'Agi ha inoltre firmato un contratto con la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli
affari esteri per la realizzazione di una rassegna dei principali organi di stampa egiziani. L'agenzia
di stampa ha d'altronde deciso di puntare sull'Egitto, Paese cruciale per gli affari dell'Eni, dove il
gruppo italiano è tra i principali operatori petroliferi»;
nello stralcio del bilancio 2013, nella paragrafo intitolato «Profilo dell'anno», al punto «3. Agi vanta
già 37 partnership attive a livello internazionale e ha varato un programma di sviluppo che prevede
ulteriori 16 nuove partnership (+65 per cento) entro il 2014 focalizzate su Paesi chiave per il
business Eni (es. Saudi Arabi, Libya, Iran)»;
a parere degli interroganti, il fatto che l'Agi sia controllata dall'Eni e venga finanziata dallo Stato per
implementare le proprie attività anche in quei Paesi del mondo in cui l'Eni stessa sta sviluppando
affari
legati
al
petrolio,
rappresenta
un
chiaro
caso
di
conflitto
di
interessi –:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative, anche normative, affinché si ponga rimedio alle
criticità di cui in premessa, posto che l'Agenzia, a parere dell'interrogante, opera nel libero mercato
in posizione di vantaggio rispetto alle altre aziende concorrenti. (4-10007)
Mozione:
sulle iniziative per contrastare i cambiamenti climatici, anche in vista della conferenza di
Parigi di dicembre 2015
ALLASIA (LN) e altri
La Camera,
premesso che:
17
dal 30 novembre all'11 dicembre 2015 si terrà a Parigi la Conferenza delle parti-Cop 21, dei Paesi
aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), con il
compito di portare avanti i negoziati tra i Paesi per cercare di definire obiettivi vincolanti diretti a
contenere e ridurre le emissioni di anidride carbonica in atmosfera e contrastare così il
riscaldamento globale e i cambiamenti climatici;
dall'appuntamento della Cop 21 si aspetta l'adozione di un nuovo accordo globale che includa tutti i
Paesi della comunità internazionale, ossia sia quelli industrializzati, come Stati Uniti e Unione
europea, sia quelli emergenti o in via di sviluppo, come Cina e India, che hanno considerevolmente
aumentato le loro emissioni negli ultimi anni;
infatti, se l'Unione europea rappresenta il 9 per cento delle emissioni rilasciate sulla terra, con una
percentuale in calo, gli Stati Uniti rappresentano l'11 per cento e la Cina il 25 per cento delle
emissioni rilasciate sul pianeta;
tra le indiscrezioni che arrivano dai media, in vista della Conferenza, sembra che l'amministrazione
americana intende ridurre tra il 26 e il 28 per cento l'anidride carbonica entro il 2025 rispetto ai
livelli del 2005, il Giappone ha promesso una riduzione delle emissioni del 26 per cento rispetto al
2013 entro il 2030, mentre, tra i Paesi in via di sviluppo, sembra che il Messico sostiene di riuscire a
ridurre l'anidride carbonica del 22 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli attuali; inoltre, la Cina si
è offerta di limitare il proprio picco di emissioni di anidride carbonica entro il 2030 e ad
incrementare, entro questa data, il consumo di energia primaria pulita fino a raggiungere il 30 per
cento del totale;
pertanto, questa volta, dalla Cop 21 si attende un'adesione vincolante anche da parte di Stati che in
passato si sono dimostrati negativi agli accordi internazionali, con l'obbiettivo di contenere
l'aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli precedenti alla
rivoluzione industriale;
allo scopo di presentarsi alla Conferenza di Parigi con una posizione unitaria, per affrontare il
cambiamento climatico globale oltre il 2020, anche in considerazione della posizione da
protagonista assunta dall'Unione europea in materia di clima, la Commissione europea ha presentato
il 25 febbraio 2015, al Parlamento e al Consiglio, la comunicazione intitolata «Il Protocollo di
Parigi», che concretizza le decisioni prese dal Consiglio europeo dell'ottobre 2014 e che è
imperniata sulla proposta di un accordo giuridicamente vincolante, basato su impegni equi e
ambiziosi di tutte le parti, per raggiungere l'obiettivo a lungo termine di una riduzione di almeno il
60 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2050 (rispetto al 2010), come si è deciso alla
Conferenza delle Nazioni Unite a Lima (Cop 20), e consentire di raggiungere l'obiettivo dei 2 gradi;
anche se non accompagnato da un impegno globale, il pacchetto clima-energia 20-20-20 (riduzione
18
delle emissioni di gas serra del 20 per cento, innalzamento al 20 per cento della quota di energia
prodotta da fonti rinnovabili e innalzamento al 20 per cento del risparmio energetico entro il 2020),
contenuto nella direttiva 2009/29/CE e valido fino al 2020, si è dimostrato un buon insieme di
provvedimenti per contrastare il cambiamento climatico ed aumentare l'efficienza energetica,
purtroppo esclusivamente all'interno dell'Unione europea;
da quanto si legge nella comunicazione del Protocollo di Parigi, le politiche dell'Unione europea in
materia di clima ed energia stanno dando i loro frutti, con una diminuzione delle emissioni
dell'Unione europea del 19 per cento tra il 1990 e il 2013, nonostante la crescita del prodotto interno
lordo del 45 per cento nello stesso periodo. Le ultime statistiche annuali disponibili (Eurostat)
evidenziano la continuità della tendenza positiva: nel 2013 le emissioni di anidride carbonica
derivanti dalla combustione di combustibile fossile sono diminuite nell'Unione europea del 2,5 per
cento rispetto al 2012. Il quadro 2030 per il clima e l'energia concordato dai Capi di Stato e di
Governo dell'Unione europea nell'ottobre 2014 rafforza gli strumenti strategici, con un obiettivo di
riduzione delle emissioni dell'Unione europea del 40 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del
1990; tuttavia tali sforzi hanno scarsi effetti sul clima globale se non accompagnati dagli sforzi dei
Paesi maggiormente responsabili degli incrementi dei volumi di emissione di gas serra, come gli
Stati
Uniti
e
i
Paesi
emergenti
Brasile,
Russia,
India,
Cina
e
Sudafrica;
secondo l'allarme lanciato dalle conclusioni a cui è giunto di recente il gruppo intergovernativo di
esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), se non s'interviene in fretta i mutamenti del clima
produrranno effetti gravi, estesi e irreversibili sulla popolazione e sugli ecosistemi del mondo
intero; per evitare che la temperatura media del pianeta aumenti pericolosamente di oltre due gradi
rispetto ai livelli preindustriali (il cosiddetto «obiettivo dei 2 gradi») tutti i Paesi dovranno ridurre in
maniera consistente e costante le emissioni di gas a effetto serra;
l'allarme lanciato contro il riscaldamento del pianeta include effetti che colpiscono direttamente o
indirettamente quasi tutti i settori del sistema economico mondiale, modificano le condizioni di vita
in moltissime aree, intervengono sulla scarsità di risorse naturali e sulla modifica della resa e della
qualità di numerosi prodotti alimentari, sullo scioglimento dei ghiacciai e sull'aumento del livello
del mare e aumentano la frequenza e l'intensità di fenomeni estremi (come tifoni, alluvioni, tornado,
ma anche siccità); particolarmente vulnerabile a tali effetti si presenta la regione del Mediterraneo e,
in particolare, le regioni più a sud dell'area mediterranea, maggiormente esposte al rischio di
aumento delle ondate di calore, alla diminuzione dell'estensione delle aree boschive e coltivabili, al
rischio
di
desertificazione,
innalzamento
del
livello
del
mare
e
intrusione
salina;
si tratta di impatti che l'umanità deve affrontare ma che sono imputabili sia a cause naturali, più
volte
verificatisi
in
passato
nella
storia
del
pianeta,
sia
all'azione
dell'uomo;
19
proprio in considerazione delle cause naturali, inevitabili nella storia del pianeta, e dell'incidenza
minore e comunque parziale che assume l'azione dell'uomo a fronte di tali cause, le istituzioni
politiche ed economiche, ultimamente, pongono sempre maggiore attenzione all’«adattamento»,
confermando sempre di più la necessità di diversificare le politiche di contrasto al cambiamento
climatico, da un lato, in politiche finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra (politiche di
mitigazione) e, dall'altro, in politiche volte alla minimizzazione degli impatti derivanti dai
mutamenti del clima (politiche di adattamento);
gli scienziati concordano che oggi occorre sfruttare tutte le sinergie possibili, anche tenendo conto
della limitatezza delle risorse pubbliche a disposizione per poter finanziare gli sforzi per la
prevenzione degli effetti a lungo termine dei cambiamenti climatici, che, a loro volta, potrebbero
seriamente compromettere l'economia globale e comunque incidere sulla concorrenzialità delle
imprese dei Paesi aderenti alle convenzioni internazionali sul clima. Secondo la logica di gestione
del rischio, i Paesi dovrebbero investire oggi per la salvaguardia delle infrastrutture critiche e dei
centri di attività economica, tenendo conto sia delle future perdite legate al clima e ai danni annuali
per le calamità naturali, sia della necessità di rilanciare la crescita economica per creare nuova
occupazione;
la realizzazione degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici non può prescindere da una
seria analisi della loro sostenibilità, dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento
all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione degli
scenari macroeconomici internazionali, per cui le previsioni relative al prossimo futuro prefigurano
una contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla
sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate, fino ad
ora,
nel
perseguimento
degli
obiettivi
della
lotta
ai
cambiamenti
climatici;
occorre adottare strategie di flessibilità che evitino la perdita di competitività per le imprese
europee, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione con conseguente riduzione
dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni Stati membri, tra cui l'Italia,
alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di
piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti
quali
quello
della
siderurgia,
del
vetro,
della
ceramica
o
della
carta;
occorre uno sforzo da parte del Governo per rilanciare lo sviluppo e contestualmente garantire la
tutela dell'ambiente, puntando sulla modernizzazione ecologica dell'economia e sul rispetto degli
impegni presi a livello comunitario; infatti, l'obiettivo deve essere quello di accompagnare la
transazione verso un mondo a basse emissioni con un rilancio dell'economia che crea crescita e
occupazione;
20
l'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile richiede un nuovo tipo di
imprenditorialità che consenta di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela
dell'ambiente, sottolineando il ruolo dell'innovazione anche per la crescita economica e
l'occupazione, in conformità con i piani di ripresa economica adottati a livello comunitario;
occorre puntare, soprattutto, su misure che siano in grado di assicurare nuove occasioni di
investimento e di miglioramento della produttività, favorendo contestualmente il miglioramento
dell'efficienza nei consumi energetici e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili, anche in
considerazione che nel solo comparto delle energie rinnovabili le imprese dell'Unione europea
sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e producono lavoro per più di un milione di addetti;
bisogna prevedere l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i sistemi
produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni
di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare
operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e
dell'edilizia ed al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei
processi produttivi, allo snellimento e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli
impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
pertanto, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza il rilancio
degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi
energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando soprattutto lo sviluppo delle tecnologie pulite
nel settore delle costruzioni e automobilistico, che sono tra i più colpiti dalla crisi economica;
l'investimento in efficienza energetica consente di alleggerire, in tempi relativamente brevi, i costi
energetici a carico delle famiglie e delle imprese; la promozione di un maggiore sviluppo delle fonti
energetiche rinnovabili può avere, come già verificato ultimamente, conseguenze positive sul piano
dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica, dell'affermazione di nuovi settori industriali, al
tempo stesso ad alto contenuto di tecnologia e ad elevata intensità di lavoro,
impegna il Governo:
a sostenere nella prossima Conferenza di Parigi-Cop 21 un accordo globale e vincolante tra tutti i
Paesi aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, con obiettivi
realistici e cadenzati che dovranno essere rispettati da tutti i Paesi, ivi compresi Stati Uniti,
Giappone e i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, sia per evitare di generare
distorsioni della concorrenza globale e spiazzare l'industria europea, sia per combattere le
delocalizzazioni di attività produttive in altre macroregioni del mondo meno rispettose
dell'ambiente, con effetti negativi verso l'incremento dell'inquinamento globale e verso l'incremento
della disoccupazione nei Paesi dell'Unione europea;
21
a far valere fino in fondo i legittimi interessi nazionali nel negoziato in sede europea sulla
definizione delle misure di lotta ai mutamenti climatici, esigendo che vengano valorizzate in pieno
le esperienze industriali e tecnologiche italiane di eccellenza e chiedendo, soprattutto nell'interesse
delle industrie italiane chiamate ad un impegno d'investimento consistente, un'adeguata possibilità
di ricorso ai meccanismi flessibili, nonché misure calibrate sulle esigenze delle piccole imprese e
sul rapporto costi/benefici;
a lasciare libertà ai Paesi dell'Unione europea nel determinare il proprio specifico mix fra
efficientamento energetico e ricorso alle energie rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli
obiettivi fissati dalla Cop 21 di Parigi, in considerazione delle grandi differenze fra i Paesi
dell'Unione europea sia nel mix energetico sia nel clima, sia nella struttura produttiva e nelle
tecnologie edilizie;
in considerazione degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea e dello sforzo delle imprese
europee, e soprattutto di quelle italiane, e degli oneri da queste già sostenuti in impianti e tecnologie
per il raggiungimento dell'obiettivo del 20-20-20, a prevedere, contestualmente alla stipula degli
accordi, adeguati incentivi a favore degli investimenti in innovazione tecnologica necessari al
raggiungimento degli obiettivi medesimi;
a promuovere l'istituzione di fondi in ambito europeo non solo per le misure di mitigazione, ma
anche per le misure di adattamento, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo e alla
particolarità e criticità del territorio italiano e in considerazione degli effetti benefici che tali misure
potranno determinare sulle risorse idriche, sul territorio e sugli ecosistemi;
ad approvare entro il più breve tempo possibile la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti
climatici, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in
collaborazione con la comunità scientifica nazionale, procedendo immediatamente con la
definizione di un piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, che ne recepisca le
indicazioni
definendone
priorità,
tempistiche
e
impegni
di
spesa;
ad assumere iniziative per escludere dal patto di stabilità le spese dello Stato, delle regioni e degli
enti locali, legate a politiche e misure di riduzione delle emissioni climalteranti, con particolare
riguardo alle risorse finalizzate al risparmio energetico, efficienza energetica, energie rinnovabili,
nonché a interventi volti all'adattamento ai cambiamenti climatici e, in particolare, alla messa in
sicurezza del territorio e alla protezione civile;
a sostenere le azioni delle regioni finalizzate ad aumentare la resilienza del territorio promuovendo
le opportune sinergie tra mitigazione e adattamento, anche in collegamento con le iniziative in atto a
livello europeo, favorendo lo sviluppo dei piani regionali e locali di mitigazione e di adattamento ai
cambiamenti climatici e privilegiando le misure ad alto grado di sostenibilità ambientale;
22
ad istituire un qualificato ed organico servizio meteo-climatico nazionale con il compito di
monitorare i cambiamenti in atto nei vari ambiti nazionali (atmosfera, mare ed ecosistemi);
a promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica e
di calore, consolidando meccanismi di incentivazione coerenti con le più avanzate esperienze
europee;
ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a prorogare le attuali agevolazioni fiscali per
gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
ad assumere sia iniziative volte all'efficienza energetica e dunque al risparmio energetico, sia
iniziative mirate ad una reale riduzione dei costi energetici, a beneficio dei consumatori finali e, in
particolare, delle imprese europee e dei cittadini;
a proseguire nell'adozione di misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio
energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni,
adottando misure dirette a ridurre i consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici
pubblici e della pubblica illuminazione attraverso una più diffusa messa in opera di un concreto
efficientamento degli impianti;
ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere
strutturale e a promuovere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e
privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della
costruzione, di sicurezza, anche sismica, e di risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di
gestione, proponendo iniziative normative per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza
energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti o agevolazioni statali o regionali e per agevolare,
attraverso misure fiscali, interventi di manutenzione straordinaria degli immobili esistenti finalizzati
ad aumentare il rendimento energetico degli edifici e l'utilizzo di fonti rinnovabili;
a promuovere investimenti per sostenere politiche innovative in favore dello sviluppo dei trasporti
puliti a basse emissioni e a bassi consumi, perseguendo gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore
dei trasporti, incentivando l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione e la diffusione di
veicoli elettrici e ibridi, promuovendo sistemi di mobilità alternativi, come tranvie, car sharing e
piste ciclabili, e incentivando, in particolare, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore
automobilistico attraverso la subordinazione in maniera permanente degli incentivi per la
rottamazione
delle
auto
all'acquisto
di
veicoli
a
basso
impatto
ambientale;
ad adottare iniziative volte a garantire la definizione di un quadro normativo certo ed esaustivo a
tutela degli investimenti nel settore delle rinnovabili, sia per ridurre la dipendenza delle
importazioni di energia, sia per tutelare le legittime aspettative delle imprese, anche tenendo conto
degli effetti positivi sull'economia e sull'occupazione, dal momento che nel solo comparto delle
23
energie rinnovabili le imprese nell'Unione europea sviluppano un fatturato di 129 miliardi di euro e
danno lavoro a più di un milione di addetti;
a rendere maggiormente efficace il sistema europeo di scambio dei titoli di emissione di gas serra
(Eu-Ets), anche allargando la platea delle attività economiche incluse nel sistema, e ad adottare un
sistema di regole chiaro, uniforme e stabile nel tempo per orientare le scelte di investimento delle
imprese verso tecnologie e attività a bassissime emissioni di carbonio, rendendo il mercato delle
quote di emissione di gas ad effetto sera maggiormente liquido e remunerativo teso ad attivare un
adeguato ciclo di investimenti contro i cambiamenti climatici;
ad attivare un sistema di compensazione non a livello nazionale ma a livello europeo, per evitare
che le economie più forti possano effettuare maggiori compensazioni per le loro imprese nazionali
creando distorsione competitiva intracomunitaria;
a promuovere politiche industriali che con incentivi mirati sostengano le attività economiche
efficienti nell'uso delle risorse naturali e dell'energia, nel rispetto dei principi dell'economia
circolare, per dare alle imprese l'occasione di essere protagoniste nella necessaria riconversione in
chiave ecologica dell'economia e di rafforzare le proprie competenze nei nuovi mercati che si
aprono;
ad assumere iniziative per prevedere specifici cicli di approfondimento nelle scuole di ogni ordine e
grado per dare agli studenti le informazioni sui cambiamenti climatici in atto, sulle loro cause e
sugli effetti potenziali, nonché sui comportamenti anche individuali in favore del risparmio delle
risorse naturali;
a promuovere gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore agricolo, puntando a garantire
un'alimentazione sostenibile e favorendo la diffusione nel mercato europeo e mondiale dei prodotti
di qualità di eccellenza italiana, anche in considerazione della ricorrenza del grande evento
dell'Expo di Milano, dedicato al tema «Nutrire il pianeta». (1-00961)
Risposta della Sottosegretaria per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione
n. 5-05396 di Cosimo Latronico (FI-PDL) sui progetti di «chimica verde» in Basilicata.
Per ciò che riguarda la prima richiesta formulata dall'onorevole interrogante circa il dossier sulla
«chimica verde», il Ministero dello sviluppo ha acquisito gli elementi che seguono.
Con riferimento al dossier «Chimica Verde in Basilicata», esiste un progetto di Versalis/ENI che
prevede
una
fase
di
ricerca
e
una
fase
industriale,
autonome
tra
loro.
Fra le caratteristiche principali del Progetto, per ciò che riguarda la fase destinata alla ricerca, si
segnalano:
24
lo sviluppo occupazionale;
il basso impatto ambientale;
la prima applicazione industriale in Europa;
il coinvolgimento delle strutture di ricerca della regione Basilicata, ENEA di Trisaia e UNIBAS;
l'alternativa alle colture tradizionali con possibile recupero di aree agricole svantaggiate.
In particolare, il progetto di ricerca prevede un'attività presso l'Università della Basilicata e presso
il centro ENEA «Trisaia», la realizzazione di un impianto pilota per l'estrazione della gomma dalla
pianta (cosiddetta Guayule), lo sviluppo agronomico per la coltura di circa 200 ettari del Guayule
in prossimità dell'impianto stesso e l'acquisto di macchinari per la filiera agricola.
Per quanto concerne il progetto industriale, questo prevede la realizzazione di un impianto di
estrazione della gomma, un impianto di valorizzazione della biomassa risultante dal processo di
estrazione e una filiera agricola con circa 5.000/6.000 ettari coltivati a Guayule.
Quindi, come attestato dai progetti di ENI nella regione, crescente è l'attenzione per la chimica
verde (green chemistry), un segmento fortemente innovativo, dalle elevate potenzialità di crescita e
dal profilo ecosostenibile.
Sullo stesso punto, anche il Ministero dell'ambiente ha comunicato il proprio orientamento
favorevole allo sviluppo di questo settore in Basilicata, in considerazione del fatto che l'ambito
della chimica verde verrà, molto probabilmente, indicato dalla Commissione europea come
strategico per l'adozione di nuovi modelli di economia circolare e che, pertanto, nei prossimi anni
potrà svolgere un ruolo importante ai fini della creazione di posti di lavoro verdi (cd. green jobs),
nonché alla riqualificazione delle competenze professionali legate a modelli di produzione
tradizionali (cd. brown jobs).
Passo ora a riferire su quanto richiesto nel secondo quesito trattandosi di materia di più diretta
competenza del Ministero dello sviluppo economico, per gli aspetti connessi con l'occupazione
nelle attività di upstream (ricerca e produzione di idrocarburi).
I livelli occupazionali in Lucania potranno aumentare significativamente laddove verranno
autorizzate le attività di ricerca e sviluppo già previste dalla regione. Sinteticamente le stesse
riguardano:
l'ampliamento Val d'Agri;
lo sviluppo Tempa Rossa;
le nuove ricerche già programmate.
A questo scopo è attivo da tempo un Tavolo Stato-regione nell'ambito del quale il Governo
rappresenterà l'esigenza di sviluppo economico e del conseguente increment occupazionale, così
come manifestato dall'onorevole interrogante.
25
Riguardo al medesimo quesito dell'interrogazione, per quello che riguarda le prospettive
occupazionali per i lucani nel settore degli idrocarburi, nonostante l'attività industriale connessa
alle estrazioni petrolifere sia ad alto contenuto di capitale, le attività petrolifere giocano un ruolo
fondamentale
nello
scenario
occupazionale
del
territorio
dell'Alta
Val
d'Agri.
Analizzando l'andamento dell'occupazione diretta e indiretta dell'attività in Val d'Agri è evidente
come, a partire dalla costruzione dell'originario Centro Olio Monte Alpi nel 1996, il territorio
abbia visto un trend di crescita costante che ha portato il settore a impiegare nel 2014 un numero
complessivo
di
3.530
persone,
delle
quali
1.903
risiedono
in
Basilicata.
Dalla quarta indagine annuale condotta dal Distretto Meridionale (d'ora in avanti anche DIME) di
ENI S.p.A. in collaborazione con la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) sulla ricaduta
occupazionale delle attività petrolifere, risulta un numero di occupati indiretti pari a 3.121
distribuiti in 125 aziende tra appaltatori e subappaltatori: di queste 36 sono lucane e 51 hanno una
sede secondaria in Basilicata.
Analizzando il trend della provenienza geografica del personale indiretto impiegato per le attività
del DIME, si evidenzia come il Protocollo Local Content stia dispiegando i propri effetti, avendo
portato la forza lavoro impiegata residente in Basilicata da 1.000 occupati nel 2012 a 1.695 nel
2014, passando dal 47 per cento del totale impiegato al 54 per cento e diventando pertanto la
quota di maggioranza.
Va rilevato che, nell'ambito delle normali rotazioni di personale del gruppo Eni, sono giunti in Val
d'Agri, a gennaio 2015 e per un periodo temporaneo, circa 70 dipendenti ENI provenienti dall'area
di Gela: peraltro alcuni di questi sono in attesa di partire per destinazioni estere.
Va precisato che non sono previsti ulteriori importanti trasferimenti in Basilicata di dipendenti ENI
provenienti dall'area di Gela e che, pertanto, il numero di 250 riportato nell'Atto, non sembra avere
riscontro.
Per ciò che riguarda più propriamente le competenze di altre Amministrazioni, il Ministero
dell'istruzione, della ricerca e dell'università (MIUR) evidenzia come, negli ultimi anni, abbia
dedicato attenzione agli investimenti in ricerca nella Regione Basilicata proprio nel settore
interessato dall'interrogazione.
In particolare, in data 8 agosto 2013 è stato stipulato un Accordo di Programma Quadro tra MIUR
e regione, denominato «Smart Basilicata» sulle seguenti materie:
Smart mobility;
Smart culture e turismo;
Renewable energy e smart grid;
Energy efficiency e low carbon technologies.
26
L'Accordo prevede il perseguimento, attraverso specifici progetti di ricerca, di 5 obiettivi:
Smart natura resources;
Smart energy;
Smart mobility;
Smart culture and tourism;
Smart participation.
In particolare l'obiettivo «smart energy» prevede attività riferite a:
1) tecniche innovative per la gestione delle biomasse e la loro valorizzazione ai fini energetici;
2) dimostratore DEMO SMART BIOFUEL (Val d'Agri);
3) tecniche innovative per la stima del potenziale di utilizzo di energie rinnovabili ed il
monitoraggio dell'efficienza energetica.
L'accordo si è concretizzato in un unico grande progetto dal costo complessivo di 17,8 milioni di
euro, a carico del Fondo di Sviluppo e Coesione (programmazione 2007/2013), presentato dal
Consorzio Tern, Enel Distribuzione SPA, Università degli studi della Basilicata, CNR, ENEA.
Il MIUR si occupa delle attività di valutazione e gestione del progetto, allo stato in fase di
definitiva approvazione.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
con l'interrogazione a risposta scritta 4-05722, tuttora senza risposta, l'interrogante ha chiesto
informazioni sui progetti di «chimica verde» in Basilicata;
nell'aprile del 2013 l'allora governatore De Filippo, aveva chiesto alle compagnie petrolifere
operanti sul territorio della regione Basilicata, di «mettersi su una linea di rispetto nei confronti
della Regione» richiedendo l'avvio di iniziative un dossier per portare la «chimica verde» in
Basilicata
e
creare
un
nuovo
«polo
da
almeno
2
mila
posti
di
lavoro»;
nella primavera 2014 la Fondazione Mattei ha presentato i dati sull'occupazione in Val d'Agri
(rilevata al 2013) che evidenziano come solo 1.077 lucani sono al lavoro nell'area petrolifera sui
2.533 lavoratori totali;
anzi, negli ultimi tempi, abbiamo visto la stessa «chimica verde» prendere forma altrove: nel 2014
in Sardegna, a Porto Torres e poi a Gela, in Sicilia, dove sempre l'estate scorsa, dopo l'annuncio del
ridimensionamento del petrolchimico, lavoratori e istituzioni alzarono le barricate fino ad ottenere
la riconversione dello stabilimento in «raffineria verde»;
27
si apprende dalla stampa che 70 dipendenti Eni di Gela sono «in trasferta» a Viggiano per un
periodo di formazione; ma pare se ne attendano molti di più – forse addirittura 250, con il rischio
che la trasferta divenga trasferimento; l'ENI quindi parrebbe intenzionata a ridurre il personale di
Gela, portandolo in Basilicata;
il 15 aprile c’è stato un duro confronto tra l'ENI e i sindaci della Val d'Agri, che hanno ricordato
all'ente (tuttora per circa il 30 per cento di proprietà del Tesoro) come per la SATA di Melfi fu
raggiunto un accordo Fiat, Regione e parti sociali che riservò l'80 per cento delle assunzioni ai
lucani. Un accordo che oggi, senza che ci sia stata nessuna interlocuzione è stato replicato
autonomamente dalla Fca di Marchionne: degli attuali 1.550 nuovi assunti, l'80 per cento (secondo
fonti sindacali) è costituito da lucani –:
quali informazioni possa fornire il Ministro interrogato sul dossier chimica verde in Basilicata;
se non ritenga opportuno intervenire nei confronti delle società petrolifere impegnate sul territorio,
in favore del lavoro dei lucani in Basilicata, considerato che l'occupazione dei lucani nel settore
degli idrocarburi, deve considerarsi anche una misura di compensazione per i danni ambientali
provocati dalle estrazioni petrolifere. (5-05396)
Interrogazione a risposta scritta:
sullo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica in Italia
REALACCI (PD)
— Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
efficienza energetica e sviluppo delle rinnovabili rappresentano una scelta strategica per il Paese sia
dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista economico;
alcune recenti agenzie di stampa e articoli on line, come ad esempio quello di Edilportale del 21
maggio 2015, riportano le seguenti dichiarazioni del Ministro Guidi: «In arrivo un nuovo conto
termico e nuovi incentivi per le rinnovabili elettriche diverse dal fotovoltaico fino alla fine del
2016»;
in realtà, l'articolo 22 del «decreto Sblocca Italia», n. 133 del 2014, convertito dalla legge 11
novembre 2014, n. 164, prevedeva l'incentivazione degli interventi di produzione di energia
termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica in impianti di piccole
dimensioni e mirava a facilitare l'accesso a tali contributi per imprese, famiglie e soggetti pubblici.
Detti fondi ammontano a 900 milioni di euro, annui, di cui 700 milioni di euro per i privati e 200
28
milioni di euro per il pubblico, e nell'attuale contingenza risultano essere importantissimi per
l'economia nazionale, risultando al momento inutilizzati;
la sopraddetta norma prevedeva altresì che l'aggiornamento del sistema di incentivi, definiti
dall'attuale conto termico, che non ha centrato gli obiettivi in termini di sviluppo dell'efficienza e di
utilizzo delle risorse, venisse effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure e
utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate;
il 9 gennaio 2015 è stato peraltro emanato il decreto interministeriale (Ministero dello sviluppo
economico e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) che istituisce la cabina
di regia per l'efficienza energetica, finalizzata al coordinamento ottimale delle misure e degli
interventi di efficienza energetica, e prevista dall'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 4
luglio 2014, n. 102, di attuazione della direttiva 2012/27/UE. Attualmente, infatti, spesso con una
confusione di competenze, sono infatti molteplici gli enti e i ministeri che sono chiamati a
confrontarsi con il tema dell'efficienza energetica come, ad esempio, il Ministero dello sviluppo
economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero
dell'economia
e
delle
finanze
e
altre
strutture
centrali
e
territoriali
dello
Stato;
l'importante e strategico accordo europeo del 24 ottobre 2015, sugli obiettivi «pacchetto climaenergia» al 2030, prevede ulteriori traguardi specifici anche per le rinnovabili e l'efficienza
energetica al fine di abbattere le emissioni di CO2 del 40 per cento, ovvero di altri gas clima
alteranti;
è altresì importante ricordare che secondo la Consip la spesa energetica per uffici, scuole e ospedali
è maggiore di 5 miliardi di euro annui e investendo in efficienza energetica questo valore si può
ridurre almeno di un terzo;
a oggi, secondo quanto risulta all'interrogante e come richiesto dal precedente atto di sindacato
ispettivo n. 4/07070 più volte sollecitato, anche questo aggiornamento da parte del Ministero dello
sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
non è stato effettuato e si è in attesa dell'emanazione del decreto ministeriale sul contro termico
2015 –:
quando il Governo intenda dare seguito a quanto previsto dalla normativa vigente che fissava entro
il 31 dicembre 2014 l'aggiornamento del sistema di incentivi definiti dal cosiddetto conto termico
emanando il citato decreto interministeriale;
se il Governo, sulla scorta dell'esperienza già fatta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con la
«Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche»
e considerati il recente impegno comunitario e il valore economico-strategico delle politiche di
29
efficientamento energetico, anche in vista dell'importante appuntamento sul clima della Conferenza
COP21 di Parigi, intenda valutare l'istituzione di una struttura di missione per l'efficienza energetica
in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri. (4-10013)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di un deposito di bitume da situarsi all'interno dell'area portuale di
Savona
MANTERO (M5S) e altri
— Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in data 30 dicembre 2011, la società Bit Savona scrl presenta all'autorità portuale di Savona-Vado
istanza per la realizzazione di un deposito di bitume da situarsi all'interno dell'area portuale di
Savona;
tale deposito, destinato all'esportazione del bitume, è composto da 9 serbatoi dalla capacità totale di
39.000 metri cubi ed è sito a pochi metri dalla zona residenziale (tra l'altro di lusso) all'interno della
darsena del porto e vicinissimo alla storica fortezza del Priamar, nonché all'interno dell'area
specialmente
protetta
di
interesse
mediterraneo
nota
come
Santuario
dei
Cetacei;
il bitume verrà stoccato a 160/180 gradi, temperature in cui avviene il rilascio di una serie di
sostanze potenzialmente nocive per l'ambiente, la salute e la sicurezza dei cittadini, tra cui l'acido
solfidrico, caratterizzato da una bassa soglia olfattiva e dal riconoscibilissimo odore tipico di «uovo
marcio», indicato dalla regione Liguria come estendibile in un raggio di 3 chilometri dall'impianto;
con l'entrata in vigore del decreto-legge 5 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla
legge 4 aprile 2012, n. 35, noto come decreto «semplificazione e sviluppo», l’iter autorizzativo è
passato dalla regione Liguria al Ministero dello sviluppo economico, in quanto, a norma
dell'articolo 57 del suddetto decreto, il deposito di bitume è stato individuato quale deposito
strategico, poiché riferibile ad un deposito di «oli minerali», come definito dall'articolo 52, del
codice della navigazione e dall'articolo 1, comma 8, lettera c) della legge n. 239 del 2004;
con decreto dirigenziale 12 novembre 2012, n. 4099, la regione ha dichiarato la non
assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) ai sensi dell'articolo 10
della legge regionale n. 38 del 1998, a condizione che vengano rispettate una serie di prescrizioni,
tra cui una serie di interventi volti a verificare il disturbo olfattivo provocato entro il raggio di 3
chilometri dall'impianto;
30
la provincia di Savona, con nota inoltrata al Ministero dello sviluppo economico in data 25 marzo
2013, sottolinea l'incidenza del problema olfattivo e la mancanza di dettagli tecnici con cui l'azienda
ha
promesso
di
intervenire
per
mitigare
la
dispersione
degli
agenti
odoriferi;
la sostanza che provocherebbe il caratteristico odore di «uovo marcio» è l'acido solfidrico (H2S) che
ad alte concentrazioni paralizza il nervo olfattivo rendendo impossibile la percezione del suo
sgradevole odore e può causare incoscienza nell'arco di pochi minuti, inibendo la respirazione
mitocondriale;
un'esposizione a bassi livelli produce irritazione agli occhi e alla gola, tosse, accelerazione del
respiro e formazione di fluido nelle vie respiratorie. A lungo termine può comportare affaticamento,
perdita dell'appetito, mal di testa, disturbi della memoria e confusione;
0,0047 ppm è la soglia di riconoscimento, la concentrazione a cui il 50 per cento degli esseri umani
può percepire il caratteristico odore del solfuro di idrogeno, normalmente descritto come odore di
uova marce;
l'acido solfidrico ha una soglia di pericolosità riportata come segue:
10-20 ppm è il limite oltre il quale gli occhi vengono irritati dal gas;
50-100 ppm causano un danno oculare;
100-150 ppm paralizzano il nervo olfattivo dopo poche inalazioni, impedendo di sentire l'odore e
quindi di riconoscere il pericolo;
320-530 ppm causano edema polmonare con elevato rischio di morte;
530-1000 ppm stimolano fortemente il sistema nervoso centrale e accelerano la respirazione,
facendo inalare ancora più gas e provocando iperventilazione;
800 ppm è la concentrazione mortale per il 50 per cento degli esseri umani per 5 minuti di
esposizione (DL50);
concentrazioni di oltre 1000 ppm causano l'immediato collasso con soffocamento, anche dopo un
singolo respiro («colpo di piombo dei bottinai», chiamato così perché vittime ne erano gli addetti
alle botti utilizzate nella concia delle pelli);
sebbene la pericolosità di questi agenti odorigeni sia scientificamente comprovata, la difficoltà
principale resta la rilevazione di tali esalazioni, in quanto la caratteristica bassa soglia olfattiva
rende impossibile, al giorno d'oggi, misurare concentrazioni sotto 1 ppm, concentrazione che è
presente nelle immediatissime vicinanze dell'impianto. Non a caso gli operatori che trattano bitume
devono indossare una serie di DPI quali elmetto con visiera (i normali occhiali protettivi non
bastano), protezione per il retro del collo, guanti ignifughi, tuta ad alta visibilità;
le difficoltà di rilevamento dell'odore rendono quindi impossibile provare con precisione il grado di
inquinamento prodotto dall'acido solfidrico, causando disturbi olfattivi a una grossa fetta di
31
cittadini, in special modo quando il vento soffia dai quadranti meridionali, che potrebbe estendere la
portata delle esalazioni;
tra i maggiori fattori di rischio inoltre vi è senz'altro l'estrema vicinanza sul mare, in quanto il
deposito è sito sull'orlo della banchina di Punta Sant'Erasmo, nello stesso esatto punto in cui
qualche anno fa un'onda anomala recò diversi danni di grave rilevanza al porto. Il bitume infatti a
contatto con l'acqua «esplode» violentemente, iniziando a «bollire» e causando diversi getti
incontrollati. Questo mette a rischio potenziale anche gli altri operatori portuali e le attività
economiche nelle immediate vicinanze;
Savona risulta essere tra i primi quattro scali crocieristici d'Italia e il secondo del Nord,
avvicinandosi quasi a un milione di transiti passeggeri l'anno. La città risulta essere un'importante
meta turistica anche per i cittadini torinesi e milanesi, che nei weekende nel mese di agosto
riempiono le spiagge, portando benessere agli esercizi commerciali. La darsena inoltre oggi è una
zona residenziale di lusso, cuore della movida e zona più frequentata della città, grazie agli
interventi di recupero degli anni passati, che hanno ridato vita alla città e portato via le attività
industriali pericolose; vi sono inoltre una serie di edifici di lusso, senza dimenticare la presenza di
un noto albergo;
in tale contesto pare quindi non concepibile la presenza di un deposito di bitume a pochi metri da
questa importante zona, senza dimenticare i danni economici che gli operatori potrebbero subire
dalla fuga di turisti, in quanto essendo il turismo legato a filo diretto con l'immagine di una città, il
collegamento Savona-cattivi odori porterà sicuramente ad un calo di turisti nel corso dei prossimi
anni –:
quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di
avviare le opportune verifiche sui potenziali impatti sulla salute e sull'ambiente che potrebbero
derivare
dalla
prossimità
del
sopracitato
deposito
al
centro
abitato
di
Savona;
se il Governo non ritenga opportuno, anche attraverso iniziative normative, determinare dei metodi
oggettivi e dei parametri di valutazione del disturbo olfattivo e dell'impatto sullo stato di benessere
della popolazione. (4-10019)
Risposta della Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla Anna
Borletti dell'Acqua, all’interrogazione a risposta scritta n. 4-06850 di GIORDANO (SEL),
sull’autorizzazione rilasciata dalla regione Campania alla costruzione e all'esercizio di un
impianto di energia elettrica mediante tecnologia eolica.
32
Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede se questo
Ministero sia a conoscenza della situazione venutasi a creare nei territori di Bisaccia e Lacedonia,
in provincia di Avellino, a seguito dell'autorizzazione rilasciata dalla regione Campania alla
costruzione e all'esercizio di un impianto di energia elettrica mediante tecnologia eolica, con
relativo allacciamento alla rete di distribuzione.
Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
Il procedimento di autorizzazione unica per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili è regolato
dal decreto 10 settembre 2010 «linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili». Nel corso del procedimento unico, la competente soprintendenza esprime il proprio
parere nel ai sensi dell'articolo 14, punto 14.9, delle linee guida. Nei casi previsti dall'articolo 17,
comma 3, lettera n), del decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 2007, qualora
l'intervento interessi la competenza di più soprintendenze di settore, il parere viene espresso dalla
competente direzione regionale.
Nel caso specifico si precisa quanto segue:
la società proponente ha presentato il progetto, acquisito al protocollo n. 24037 in data 8
settembre 2009, relativo alla costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia
elettrica da fonte rinnovabile costituito da trenta aerogeneratori della potenza complessiva di
settantacinque MW e relative opere connesse, con allegato certificato, rilasciato dal comune di
Lacedonia protocollo n. 1127 del 26 febbraio 2009, nel quale veniva riportato l'elenco delle
particelle catastali interessate dall'intervento, comunicando che non vi erano vincoli ai sensi del
codice dei beni culturali e del paesaggio.
Si precisa che, da una verifica effettuata a seguito della segnalazione, nell'elenco delle particelle
del su citato certificato non erano menzionate le particelle indicate nell'interrogazione
parlamentare.
In data 9 settembre 2010, la società proponente ha trasmesso il progetto definitivo dell'impianto
per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile costituito da trenta aerogeneratori della
potenza di settantacinque MW, nonché il progetto relativo all'elettrodotto corredato da relazione
paesaggistica; al progetto del 2010 veniva anche allegato il parere della commissione per il
paesaggio nonché la relazione tecnico-illustrativa, ai sensi dell'articolo 146 del codice dei beni
culturali e del paesaggio, da parte del responsabile del paesaggio del comune di Lacedonia,
reiterando il già citato certificato del 26 febbraio 2009. Tale relazione non evidenziava la presenza
di usi civici tra le particelle interessate, riportando solo marginali interferenze, attraversamenti in
via aerea di corsi d'acqua e di aree boscate, tra le aree assoggettate a tutela e l'impianto.
Con nota protocollo n. 20620 del 9 settembre 2010, la competente soprintendenza ha richiesto ai
33
comuni di Bisaccia e Aquilonia di comunicare la presenza di aree assoggettate a tutela sui territori
interessati dall'elettrodotto. Con nota protocollo n. 20623 dello stesso giorno, la medesima
soprintendenza ha richiesto al comune di Lacedonia di verificare la distanza dalle aree
assoggettate a tutela sul territorio interessato dall'impianto.
In data 1o giugno 2011 veniva indetta la prima conferenza dei servizi presso la regione Campania,
nel corso della quale il rappresentante del settore regionale beni culturali e ambientali ha
dichiarato «la non competenza in quanto i fogli catastali interessati dal progetto non sono gravati
da usi civici».
A seguito dei pareri endoprocedimentali trasmessi alla direzione regionale per i beni culturali e
paesaggistici della Campania, con nota n. 14110 del 26 maggio 2011, la medesima direzione
regionale ha ribadito la propria incompetenza sul procedimento in quanto l'intervento non
riguardava la competenza di più soprintendenze, con l'indicazione che rimaneva in capo alla
soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino l'espressione del
parere.
Con nota n. 26172 del 14 ottobre 2011 la società trasmetteva il progetto definitivo dell'impianto
eolico ed opere connesse.
La soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino, con nota n. 30222
del 25 novembre 2011, preso atto della situazione vincolistica, così come rappresentata dalla
relazione tecnico- illustrativa redatta dal comune di Lacedonia e dal parere della commissione del
paesaggio, esaminati gli elaborati presentati, considerato che relativamente al parco eolico non
risultavano esserci aree assoggettate a tutela, mentre per le opere connesse risultavano essere
sottoposti a tutela solo corsi d'acqua e aree boschive che sono interessati da attraversamenti aerei
dell'elettrodotto,
ha
espresso
parere
favorevole
per
quanto
di
competenza.
Si ribadisce che la citata soprintendenza, all'epoca dell'espressione del proprio parere, non era a
conoscenza dell'esistenza di particelle gravate da usi civici inserite nel progetto di cui si tratta, non
essendo
stata,
in
nessuna
fase
del
procedimento,
evidenziata
tale
problematica.
Da una verifica degli elaborati agli atti della soprintendenza, effettuata a seguito
dell'interrogazione parlamentare, si è riscontrato che le particelle oggetto dell'interrogazione, e
precisamente le nn. 7 e 19 del F.53, sono interessate solo dal passaggio aereo del cavo
dell'elettrodotto. La particella 510 del foglio 48 non è, invece, interessata dal passaggio
dell'elettrodotto.
In data 7 maggio 2015, con il decreto dirigenziale (DD) n. 1 del 7 gennaio 2015 del dipartimento
52 – salute e risorse naturali – direzione generale 6 – politiche agricole, alimentari e forestali
avente per oggetto «comune di Lacedonia (AV). Mutamento temporaneo di destinazione di terre
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gravate da usi civici per la realizzazione dell'impianto eolico di cui all'autorizzazione unica
rilasciata con decreto dirigenziale n. 225 del 7 giugno 2013, riguardante porzione delle particelle
7 e 19 del foglio 53 di Lacedonia – sito in località “MACCHIALUPO”» pubblicato sul Bollettino
Ufficiale regione Campania n. 20 del 20 aprile 2015, è stato accertato che effettivamente le
particelle 7 e 19 del foglio 53 di Lacedonia sono soggette al gravame degli usi civici, come disposto
col decreto commissariale del 30 dicembre 1937.
In data 8 maggio 2015, la citata soprintendenza, con nota 3621 indirizzata alla regione Campania,
in relazione al progetto di che trattasi e tenuto conto del parere già espresso, di quanto riportato
dall'interrogante e del contenuto del citato decreto dirigenziale n. 1 del 7 gennaio 2015, ed in
considerazione del fatto che le suddette particelle sono interessate per il solo sorvolo della linea
aerea RTN, costituente l'elettrodotto opere elettriche connesse al progetto di parco eolico, ha
confermato il parere già espresso in conferenza dei servizi, ritenendo che quanto accertato nel
succitato decreto dirigenziale non modifichi le considerazioni che hanno portato all'emanazione del
parere, trattandosi di interessamento solo aereo delle particelle vincolate.
Si rappresenta, infine, che, tenuto conto dei numerosi provvedimenti emessi dalla regione
Campania a favore della società proponente, anche in relazione alle molteplici variazioni
apportate al progetto, la soprintendenza belle arti e paesaggio di Salerno e Avellino ha richiesto
all'amministrazione regionale di verificare se le modifiche apportate durante l’iter autorizzativo
abbiano interessato aree assoggettate a tutela ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettere
da a) ad m), del codice dei beni culturali e del paesaggio (beni tutelati ex lege), precisando che, in
caso affermativo, sarà necessario, in via di autotutela, esprimere un nuovo parere alla luce della
mutata situazione vincolistica.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
con decreto dirigenziale n. 255 del 7 giugno 2013, pubblicato sul BURC n. 39 del 22 luglio 2013
la regione Campania ha autorizzato «la società ALISEA s.r.l. Uni-personale con sede in Roma alla
Via del Corso n. 75/10 – CAP 00186, C.F. e P.IVA 01588460996, fatti salvi i diritti di terzi, ai
sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 387/2003 (Gazzetta Ufficiale 31 gennaio 2004,
n. 25. S.O.):
1. alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica mediante
tecnologia eolica da realizzarsi nel comune di Lacedonia, in località Macchialupo, di potenza
complessiva
massima
fino
a
47,5
Mw
per
un
numero
di
19
aerogeneratori;
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2. all'allacciamento alla rete di distribuzione tramite collegamento in antenna a 150 kV su una
nuova stazione elettrica di smistamento a 150 kV in doppia sbarra da inserire in doppia antenna a
150 kV sulla sezione a 150 kV della stazione a 380 kV di Bisaccia, come da allegato tecnico che
costituisce parte integrante e sostanziale del presente;
4. di disporre l'opposizione del vincolo preordinato all'esproprio del diritto di proprietà e degli altri
diritti reali necessari alla costruzione dell'impianto ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 10 co. 1
del decreto del Presidente della Repubblica 327/01 sui terreni riportati al Catasto come di seguito
esplicitato ...»;
i cittadini dei comuni di Bisaccia (Avellino) e Lacedonia (Avellino), costituiti in comitati «Nessuno
tocchi Piani San Pietro» e «No Alta tensione» a difesa dei territori, dell'ambiente e della salute dei
cittadini si oppongono alla realizzazione dell'elettrodotto, hanno chiesto che lo stesso fosse interrato
al fine di arrecare minor danno all'ambiente e alla salute dei cittadini, ma la società oppone
l'impossibilità
ad
interrare
l'opera
perché
i
costi
sarebbero
eccessivi;
stante l'indisponibilità dalla società ALISEA srl unipersonale ad accogliere le richieste dei comitati
in riunioni svoltesi presso le sedi comunali e a Roma presso il Ministero i comitati «Nessuno
Tocchi Piani San Pietro» di Bisaccia (Avellino), «No alta tensione» di Lacedonia (Avellino) e
«V.O.R.I.A.» di Vallata (Avellino) visto il mancato accoglimento della richiesta di interrare l'opera
hanno denunciato alla regione Campania, ai comuni di Bisaccia e Lacedonia, al commissariato agli
usi civici della Campania e del Molise, la circostanza che l'elettrodotto da 150 kV, come risulta
dallo stesso piano particellare grafico descrittivo di esproprio allegato al progetto, interessa le
particelle 7 e 19 del foglio 53 e la particella 510 del foglio 48 in agro del comune di Lacedonia
(Avellino) particelle che appartengono al demanio civico categoria A;
la complessa materia degli usi civici trova la sua completa disciplina nella legge n. 1766 del 16
giugno 1927 (che ha convertito in legge il regio decreto 22 maggio 1924 n. 751) e nel successivo
regolamento di esecuzione approvato con il regio decreto n. 332 del 26 febbraio 1928. Gli usi
civici, nella definizione normativa, sono quindi i diritti d'uso che spettano a coloro che compongono
una determinata collettività e tale uso si manifesta in attività relative al godimento di un determinato
bene quale: godere del pascolo, fare legna o usare dei prodotti del bosco, seminare terreni, e altro;
il legislatore (articolo 11) ha distinto, per ciò che concerne i terreni facenti parte dei demani
pubblici, tra terreni utilizzabili come bosco o pascolo (categoria A) e terreni utilizzabili per la
coltura agraria. (categoria B). Detta distinzione, lungi dall'essere meramente descrittiva, è alla base
di un differente regime di circolazione dei terreni suddetti in quanto, mentre per quelli utilizzabili
come bosco o pascolo non è prevista alcuna alienazione o cambio di destinazione senza preventiva
autorizzazione ministeriale (ora regionale), viceversa i terreni utilizzabili per la coltura sono
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destinati ad essere ripartiti mediante assegnazione (cosiddetta quotizzazione dei terreni demaniali);
l'articolo 12, comma 2, legge 1766 del 1927 stabilisce che le terre collettive continuano ad essere
soggette ad un regime d'indisponibilità e di destinazione vincolata alle primarie esigenze della
comunità, salvo casi particolari e specifici. Pertanto, i terreni su cui insistono usi civici sono
sottoposti a vincolo di indisponibilità, di inalienabilità e di destinazione (cfr. ex multisCass. Civ.,sez
III, 3.2.2004, n. 1940; sez. V, n. 11993 dell'8 agosto 2003);
alla luce delle disposizioni normative e dell'orientamento giurisprudenziale costante si può pertanto
affermare che fino a quando non avvenga l'assegnazione a categoria il bene è assolutamente
incommerciabile. A seguito della suddetta assegnazione, invece, qualora l'immobile rientri nella
categoria A (boschi e pascoli), esso sarà destinato per sempre a restare di proprietà pubblica; l'unica
ipotesi di commerciabilità pertanto sarà circoscritta al caso di compravendita per esigenze di
pubblico interesse, opportunamente adottata dal comune ed approvata dalla regione. Viceversa
l'assegnazione del terreno a categoria B (coltura agraria) comporterà il diritto di enfiteusi a favore
del singolo il che comporta che potranno essere compiuti atti unilaterali di disposizione della
proprietà, siano essi di natura privatistica che di natura espropriativa, soltanto dopo l'affrancazione
del canone enfiteutico;
dall'analisi della certificazione storico catastale inerente le particelle 7 e 19 del foglio 53 e la
particella 510 del foglio 48 emerge che le stesse sono appartenenti al demanio civico categoria A;
l'articolo 1 della legge n. 431 del 1985 (legge Galasso), sottopone a vincolo paesistico tutti i terreni
di uso civico vincolo ribadito dal decreto legislativo 490 del 1999 e, successivamente, dal decreto
legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (codice dell'ambiente), modificato con i decreti legge 24 maggio
2006 n. 156 e 157, il quale ultimo, all'articolo 142 lettera h) indica «di interesse paesaggistico» e
come tali sottoposti alla disciplina del vincolo «le aree assegnate alle Università Agrarie e le zone
gravate da usi civici»;
la pratica, largamente diffusa in regione Campania, di autorizzare la realizzazione di opere su
demanio civico a portato alla presentazione in regione Campania di una proposta di legge «Regime
urbanistico dei terreni di Uso Civico» (Reg. Genn. 513 – ad iniziativa dei Consiglieri Consoli,
Cobellis, Iacolare, e Mocerino depositata in data 24 marzo 2014) che potrebbe divenire l'ennesima
«sanatoria» agli scempi ambientali e dei conseguenti «disastri» su cui tardivamente recriminare
nella vana ricerca di individuarne i responsabili;
da ultimo la regione Campania, incalzata dai Comitati, è stata «costretta» con nota prot.
2014.0731325 del 3 novembre 2014 a firma del dirigente dell'UOD Foreste, a riconoscere che i
terreni in agro di Lacedonia «Foglio 53, particelle 7 e 19, tuttora sono gravate dal vincolo di Uso
civico» –:
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se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e cosa intenda fare per tutelare le aree gravate da
usi civici che risultano sottoposti a vincolo paesaggistico ex lege. (4-06850)
Risposta della Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione
n. 3-01637 di De Rosa sulle iniziative volte all'annullamento del procedimento di valutazione di
impatto ambientale e di avvio di valutazione ambientale strategica per la costruzione
dell'elettrodotto tra Airolo (Svizzera) e Baggio (Milano).
L'opera di cui si discute è promossa e finanziata da soggetti investitori privati, ai sensi dell'articolo
32 della legge n. 99 del 23 luglio 2009. La società Terna Spa – gestore della rete di trasmissione
nazionale (RTN), agisce in qualità di soggetto mandatario per le attività di programmazione,
progettazione, costruzione ed esercizio.
Infatti, il primo comma del citato articolo 32 prevede che: «Al fine di contribuire alla realizzazione
del mercato unico dell'energia elettrica, la società Terna Spa provvede, a fronte di specifico
finanziamento da parte di soggetti investitori terzi, a programmare, costruire ed esercire, a seguito
di specifici mandati dei medesimi soggetti, uno o più potenziamenti delle infrastrutture di
interconnessione con l'estero nella forma di “interconnector” ai sensi del regolamento (CE) n.
1228/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, nonché le necessarie
opere di decongestionamento interno della rete di trasmissione nazionale, in modo che sia posto in
essere un incremento globale fino a 2000 MW della complessiva capacità di trasporto disponibile
con i Paesi esteri, in particolare con quelli confinanti con il nord dell'Italia».
Terna in adempimento ai richiamati obblighi di legge e al mandato ricevuto dagli azionisti, ha
effettuato la progettazione della tratta italiana del collegamento elettrico in questione. A tal fine ha
presentato al MISE istanza di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio il 3 ottobre del 2012
(successivamente integrata l'11 febbraio 2013), comprensiva dello studio di impatto ambientale
dell'opera.
Il collegamento elettrico comprende nel suo complesso i seguenti interventi: un nuovo elettrodotto
aereo in singola terna a 380 kilovolt all'Acqua-Pallanzeno per una lunghezza complessiva di circa
55 chilometri in corrente alternata; lo smantellamento dell'esistente linea a 220 kilovolt in doppia
terna Pallanzeno-Verampio avente la lunghezza di 24,2 chilometri e ricostruzione della stessa in
singola tema sempre in corrente alternata, su un diverso tracciato avente lunghezza di circa 27
chilometri; dei raccordi in corrente alternata: un elettrodotto aereo in corrente continua tra la
stazione di conversione di Pallanzeno e quella di Baggio, di lunghezza complessiva di circa 99
chilometri; una stazione di conversione alternata/continua localizzata in un'area prossima alla
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stazione elettrica di Pallanzeno, parte ricadente nel comune di Pallanzeno e parte nel comune di
Villadossola; una stazione di conversione alternata/continua, ricadente nel comune di Settimo
Milanese.
In merito alla contestazione circa la mancata applicazione delle misure di trasparenza e
partecipazione del pubblico, previste per i procedimenti di autorizzazione dei progetti di interesse
comune di cui al regolamento UE n. 347/2013 del 17 aprile 2013, evidenzio che il citato
regolamento prevede espressamente, all'articolo 19, l'esclusione dell'applicazione delle norme del
Capo III, tra le quali sono incluse le misure di partecipazione del pubblico, a quei progetti il cui
promotore abbia presentato la domanda prima del 16 novembre 2013. Pertanto, poiché Terna ha
presentato l'istanza di autorizzazione in data 3 dicembre 2012, il citato regolamento non trova
applicazione.
Con riguardo alla contestazione circa la mancata applicazione al progetto in esame del
procedimento di valutazione ambientale strategica, previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2006 n.
152, rappresento che tale procedura si applica a «piani e programmi» e non a singole opere.
Pertanto, non può trovare applicazione in questa fattispecie, come confermato anche dal Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
In merito alla scelta tecnologica attuata per la realizzazione dell'interconnessione (elettrodotto in
corrente continua tra le stazioni elettriche di Pallanzeno e di Baggio), evidenzio che tale soluzione
permette di: utilizzare, previo potenziamento, lo stesso tracciato della linea esistente a 220 kilovolt
tra Pallanzeno e Baggio, per una lunghezza complessiva di 99 chilometri, tramite la sua
conversione in linea a corrente continua; escludere la realizzazione di ulteriori elettrodotti a 380
kilovolt.
Circa l'affermazione per cui il progetto non sarebbe coerente con un piano energetico nazionale
che valorizzi la produzione rinnovabile interna, informo che le interconnessioni costituiscono il
presupposto del processo d'integrazione europeo dei mercati dell'energia, con la finalità di offrire
ai consumatori le maggiori opportunità di approvvigionamento e consentire la riduzione dei prezzi.
La valorizzazione dell'energia rinnovabile nazionale non è compromessa dallo sviluppo delle
interconnessioni, poiché gode di particolari priorità nel passaggio sulla rete che ne consentono il
pieno utilizzo.
Faccio presente, infine, come l'obiettivo di realizzare nuove interconnessioni sia stato fatto proprio
anche dal Parlamento, dal momento che l'opera in parola costituisce uno dei progetti per dare
concreta attuazione alla legge n. 99 del 2009, che promuove 2.000 megawatt di nuova capacità di
interscambio
attraverso
la
partecipazione
al
finanziamento
di
operatori
privati.
Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare comunica al riguardo che, per tale
39
progetto, inserito, peraltro, nella lista dei progetti di interesse comunitario, è stata avviata, nel
2012, una procedura di valutazione di impatto ambientale e, come per tutte le procedure di VIA di
competenza statale, è stato possibile reperire, già da quella data, sul portale delle valutazioni
ambientali del Ministero – www.va.minambiente.it – tutte le informazioni relative a tale opera.
Ha evidenziato, inoltre, che nel citato portale, oltre all'istanza, allo studio di impatto ambientale, al
progetto e alla sintesi non tecnica, sono altresì pubblicate tutte le osservazioni pervenute al
medesimo Ministero nel corso dell'istruttoria, inviate sia dai privati cittadini e dalle associazioni
ambientaliste, sia dagli enti locali e dalle amministrazioni territorialmente interessate. Le citate
osservazioni saranno considerate e puntualmente controdedotte nel parere della commissione
tecnica per la verifica dell'impatto ambientale sia VIA sia VAS a esito dell'istruttoria tecnica
svolta.
Attesa la localizzazione del progetto in prossimità del confine svizzero, il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare ha informato di avere dato altresì avvio alle consultazioni
transfrontaliere con le autorità svizzere, così come previsto dalla «Convenzione Espoo», nonché
dall'articolo 32 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare afferma pertanto che, in conformità con la normativa in materia di VIA e con
quanto previsto dal Regolamento UE n. 347 del 2013, ha provveduto a garantire, in ogni fase del
procedimento, la massima trasparenza e partecipazione del pubblico.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
– Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare. – Per sapere – premesso che:
Terna spa è proprietaria della rete elettrica nazionale e titolare della concessione delle attività di
trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica;
Terna spa ha progettato la costruzione di un elettrodotto ad altissima tensione da 380 kVt, tra
Airolo (Svizzera) e Baggio (Milano), denominato «Interconnector Italia-Svizzera-All'AcquaPallanzeno-Baggio»;
il progetto, che prevede anche la razionalizzazione della rete di alta tensione nella Val Formazza, è
normato dall'articolo 32 della legge n. 99 del 2009 a recepimento della direttiva europea n. 1228
del 2003 in tema di infrastrutture energetiche all'interno dell'Unione europea. Considerata anche
l'estraneità del territorio elvetico al mercato interno dell'Unione europea, il procedimento risulta
essere successivamente regolato a livello comunitario dai recenti regolamenti della Commissione
europea nn. 347/2013 e 1391/2013 che includono la Svizzera nei Paesi titolati alla realizzazione
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comune di corridoi energetici e che, tra l'altro, prevedono i livelli più elevati possibili di trasparenza
e di partecipazione del pubblico per tutte le questioni importanti nel procedimento di rilascio delle
autorizzazioni;
il procedimento di valutazione di impatto ambientale avviato da Terna spa mediante pubblicazione
su quotidiani nazionali del relativo avviso, a giudizio degli interroganti, non assicura adeguatamente
i livelli di trasparenza e partecipazione del pubblico previsti dall'allegato VI della direttiva
347/2013;
il nuovo elettrodotto indurrebbe campi elettrici e magnetici, questi ultimi classificati dall'Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) nel gruppo 2B e che costituiscono, pertanto, possibile
agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo;
non è meglio comprensibile la scelta di conversione della corrente alternata in continua – e
viceversa – in un tracciato che si sviluppa per poco meno di 100 chilometri, elemento questo che
prevede la realizzazione di 2 centrali di trasformazione che andrebbero a sottrarre pregiate aree
verdi per complessivi 22 ettari e mezzo nei comuni di Pallanzeno (Verbano-Cusio-Ossola) e Baggio
(Milano), a pochi chilometri dall'Esposizione universale Expo 2015;
ad oggi, le principali associazioni ambientaliste nazionali, di categoria e la maggioranza dei comuni
interessati dall'opera hanno espresso la loro ferma contrarietà;
la costante riduzione dei consumi elettrici nazionali non rendono coerente il progetto con un piano
energetico nazionale che valorizzi la produzione interna di energia elettrica mediante fonti
rinnovabili –:
se il Governo sia al corrente dei fatti indicati in premessa;
se il Governo non ritenga necessario intervenire con urgenza affinché venga rispettato l'obbligo di
garantire massimi livelli di trasparenza, mediante annullamento del procedimento di valutazione di
impatto ambientale e di avvio di procedimento di valutazione ambientale strategica che, in linea con
quanto previsto dai regolamenti dell'Unione europea, possa assicurare la prevista partecipazione del
pubblico, al fine di garantire la tutela della salute dei cittadini e prevenire il consumo di suolo
agricolo di particolare pregio, buona parte localizzato nelle immediate vicinanze del sito Expo
2015, in area parco ed in assoluto contrasto con le finalità dell'Esposizione universale «Nutrire il
pianeta». (3-01637)
Risposta della Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico, Simona Vicari, all’interrogazione
n. 3-01625 di BALDELLI (FI) sulle iniziative di competenza per la tutela degli utenti delle
società fornitrici di energia.
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Presidente, rispondo all'atto in questione anche sulla base di elementi acquisiti dall'Autorità per
l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che ha, come noto, compiti di vigilanza in materia.
L'Autorità, ai sensi della legge istitutiva 14 novembre 1995, n. 481, infatti, è il soggetto
istituzionale investito, tra gli altri, del compito di promuovere la tutela degli interessi dei
consumatori e, a tal fine, studia l'evoluzione dei settori di competenza e dei singoli servizi, per
garantire la trasparenza, la concorrenza dell'offerta e la possibilità di migliori scelte da parte dei
clienti finali, nonché controlla lo svolgimento dei medesimi servizi. Più nello specifico, ai sensi
dell'articolo 43, del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, che recepisce il cosiddetto terzo
pacchetto energia, all'Autorità è stato riconosciuto il potere di effettuare indagini sul
funzionamento dei mercati dell'energia elettrica e del gas naturale, nonché di «adottare e imporre i
provvedimenti opportuni, necessari e proporzionati per promuovere una concorrenza effettiva e
garantire il buon funzionamento dei mercati», così come recita il comma 5 dell'articolo 43.
L'Autorità, con propria delibera del 28 novembre 2013, 542/2013/E/com, ha avviato un'indagine
conoscitiva, ad ampio spettro, sulle modalità e tempistiche di fatturazione adottate nell'ambito del
servizio di vendita di energia elettrica e di gas naturale per i clienti domestici e i clienti non
domestici serviti in bassa tensione e con consumi di gas inferiori a 200.000 standard metri cubi
anno, serviti in regime di tutela o a condizioni di libero mercato.
In particolare, l'indagine è finalizzata ad acquisire elementi informativi in merito: alle clausole
contenute nei contratti conclusi nel mercato libero relative alle modalità e tempistiche di
fatturazione; alla periodicità di fatturazione concordata ed alla coerenza rispetto alle clausole
contrattuali del mercato libero applicate ai clienti dai venditori, anche con riferimento ai
conseguenti corrispettivi applicati; alla modalità di fatturazione dei consumi e di riscossione degli
importi da parte dei venditori; ai criteri di quantificazione dei consumi applicati dai distributori, in
assenza dei dati effettivi, ivi comprese le modalità di calcolo per la determinazione delle stime; alle
tempistiche di rilevazione dei dati di consumo ed alle relative modalità di trasferimento dei dati di
misura dai distributori ai venditori, evidenziando la frequenza di eventuali rettifiche di misura
operate dai distributori; alle modalità ed alle tempistiche di trattamento delle informazioni sui dati
di misura inviate dai distributori ai venditori; alle tempistiche di utilizzo delle letture
di switching da parte dei venditori ed alle tempistiche di invio delle letture medesime da parte dei
distributori; alle tempistiche di emissione delle fatture di chiusura del rapporto contrattuale da
parte dei venditori uscenti rispetto all'effettiva disponibilità dei dati forniti dai distributori; alle
modalità di trattamento delle segnalazioni di consumo da parte del cliente finale; alle modalità e
criteri di allineamento delle banche dati venditori/distributori.
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Parallelamente, anche per approfondire le prassi adottate sia nei casi di buon funzionamento della
fatturazione e sia nei casi nei quali sono state invece rilevate criticità per i clienti finali, l'Autorità,
con la delibera 2 ottobre 2014, (470/2014/E/COM), ha approvato un programma di verifiche
ispettive nei confronti degli esercenti la vendita dell'energia elettrica e del gas naturale, conclusesi
lo scorso mese di marzo. Al riguardo, segnalo che sulle base delle risultanze dell'attività di
indagine conclusa, con una preliminare informativa già resa alle associazioni dei consumatori e
all'AGCM, è in via di completamento da parte dell'Autorità di un apposito rapporto, la cui
pubblicazione è prevista al più tardi per l'inizio di settembre.
Inoltre, nell'ambito del Protocollo di intesa integrativo in materia di tutela del consumatore
sottoscritto nell'ottobre 2014, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e i servizi idrici e l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato procedono ad un coordinamento degli interventi
istituzionali attraverso, in primis, la segnalazione reciproca, nell'ambito di procedimenti di diretta
competenza, di casi di pratiche commerciali scorrette oppure di violazioni delle normative e della
regolamentazione
nei
settori
dell'energia
elettrica,
del
gas
e
dei
servizi
idrici.
Il Governo, pertanto, per le parti di propria competenza, ha seguito e continua a seguire queste
iniziative adottate dalle autorità indipendenti a tutela dei consumatori. A tale proposito, si ritiene
che le attività attuate dalle due Autorità e i recenti interventi in materia introdotti con il decreto
legislativo n. 102 del 2014 costituiscano n quadro di riferimento adeguato anche ai fini della tutela
del consumatore.
In particolare, si ricorda che il citato decreto legislativo, approvato dal Governo, impartisce
disposizioni all'Autorità perché adotti specifici provvedimenti in materia di misurazione e
fatturazione dei consumi di energia elettrica e gas, affinché: le imprese di distribuzione ovvero le
società di vendita di energia elettrica e di gas naturale al dettaglio provvedano ad emettere fatture
precise e fondate sul consumo effettivo di energia, almeno con cadenza annuale; i clienti finali
possano ricevere la fattura anche in formato elettronico; nella fattura siano riportate indicazioni
chiare e comprensibili circa le informazioni ivi contenute; insieme alla fattura siano rese
disponibili, su richiesta dei clienti finali, informazioni aggiuntive quali il prezzo corrente
dell'energia, i dati di consumo dell'anno precedente, i riferimenti delle organizzazioni dei
consumatori, delle agenzie per l'energia o di organismi analoghi e vengano fornite soluzioni
flessibili per i pagamenti.
L'Autorità, con la delibera 7 agosto 2014, (412/2014/R/efr), ha avviato un procedimento per
l'adozione dei provvedimenti diretti all'attuazione delle suddette disposizioni. Sul punto si anticipa
che nel procedimento avviato dalla summenzionata delibera si inserisce anche un documento di
consultazione, che verrà adottato e pubblicato nelle prossime settimane, volto a definire gli
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orientamenti in tema di modalità di fatturazione dei consumi ai clienti finali del mercato retail. Il
Governo ritiene, pertanto, che le criticità segnalate dall'onorevole interrogante potranno essere
superate con la piena attuazione delle previsioni introdotte con il decreto legislativo n. 102
del 2014.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
Al Ministro dello sviluppo economico. – Per sapere – premesso che:
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato in data 13 luglio 2015 ha dato notizia di aver
avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Eni, Acea
energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico;
a fronte di numerosi reclami e segnalazioni ricevuti anche da parte diverse associazioni dei
consumatori, l'indagine è volta ad accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a
varie condotte degli operatori: la fatturazione basata su consumi presunti, la mancata considerazione
delle autoletture, la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli
pluriennali, la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei
clienti fino talvolta al distacco, nonché il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato
hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San
Donato Milanese, con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza;
di recente l'interrogante ha discusso un'interrogazione in Assemblea ricevendo una risposta non
esaustiva da parte del Governo su argomenti analoghi –:
quali iniziative, anche normative, il Governo intenda intraprendere al più presto per tutelare i
cittadini consumatori dalle condotte poste in essere da suddetti operatori, in attesa dell'esito delle
attività istruttorie e delle ispezioni svolte dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dal
nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza. (3-01625)
Mozione:
sulla determinazione della base imponibile di un fabbricato, macchinari e impianti ancorati al
suolo
BUSIN e altri (LN)
La Camera,
premesso che:
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in base all'attuale normativa, nella determinazione della base imponibile di un fabbricato sono
inclusi anche i macchinari e gli impianti ancorati al suolo, benché per loro natura possano essere
smontati e trasferiti in un altro sito oppure ceduti per essere sostituiti;
l'articolo 10 del regio decreto n. 653 del 1939 prevede che la redditività media ordinaria degli
immobili ad uso produttivo ai fini della rendita catastale, sia individuata mediante stima diretta per
ciascuna unità immobiliare oppure con metodo indiretto;
il metodo diretto, applicandosi attraverso la comparazione con beni similari di cui si conoscono le
caratteristiche tecniche ed economiche, trova però difficile applicazione, quindi, viene
comunemente utilizzato il metodo indiretto, che fa invece riferimento ad una valutazione in base al
valore di ricostruzione, cioè con l'individuazione delle componenti che concorrono a formare
l'investimento di natura immobiliare, operando la valutazione anche degli impianti fissi, incorporati
nelle opere murarie, fissati al suolo o installati in via transitoria;
riguardo alla rilevanza di macchinari ed impianti situati all'interno degli immobili ai fini della
determinazione della rendita si verificano però diverse difficoltà interpretative ed applicative: i
macchinari imbullonati, infatti, secondo l'attuale interpretazione del regio decreto, non dovrebbero
costituire veri e propri immobili suscettibili di rientrare nella determinazione della rendita catastale;
da tempo il mondo delle imprese chiede di mettere fine a quella che è definita la «patrimoniale» sui
beni per l'attività produttiva poiché la determinazione della rendita catastale dei cosiddetti
«macchinari imbullonati» non fa che aumentare il prelievo applicato dai Comuni con l'imposta sugli
immobili, a cui si aggiunge l'ulteriore penalizzazione della deduzione limitata al 20 per cento
dell'IMU delle sole imposte dirette e non dall'Irap;
in questo modo le imprese subiscono un consistente incremento delle rendite catastali e un
conseguente aumento della base imponibile su cui oggi è dovuta l'IMU e in futuro la
fantomatica local tax, a cui si aggiungono effetti di determinazione retroattivi e pesanti
ripercussioni
in
termini
sanzionatori
nei
casi
di
mancato
adeguamento;
inoltre, le norme di accatastamento dei fabbricati industriali spesso sono interpretate e applicate in
maniera disomogenea sul territorio, con un effetto distorsivo della concorrenza che crea l'ennesima
incertezza sulla norma;
con la legge di stabilità 2015 – legge 190 del 2014, articolo 1, comma 244, nelle more della tanto
attesa riforma del catasto, sono state dettate disposizioni già contenute in una circolare dell'Agenzia
del territorio per la determinazione della rendita catastale di taluni beni. La circolare in questione
fornisce linee guida per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a
destinazione
speciale
e
particolare
(immobili
ad
uso
industriale);
negli ultimi anni la linea tenuta dall'Agenzia del Territorio in tema di accertamenti catastali
45
riguardanti gli immobili industriali, ha prodotto una lievitazione delle rendite proprio perché nella
determinazione della rendita del fabbricato industriale vengono considerati anche «tutte le
componenti, che contribuiscono in via ordinaria ad assicurare, ad una unità immobiliare, una
specifica autonomia funzionale e reddituale stabile nel tempo», in quanto «sono da considerare
elementi idonei a descrivere l'unità stessa ed influenti rispetto alla quantificazione della relativa
rendita catastale»;
analizzando la circolare 6/2012 dell'Agenzia del territorio ripresa nell'articolo 1, comma 244, della
legge
di
stabilità
2015
emergono,
ad
avviso
dei
firmatari,
alcune
perplessità;
i macchinari sono un elemento del ciclo produttivo dell'azienda. Essi, insieme ad altri fattori, come
anche la capacità dell'imprenditore, premettono di conseguire un'utile o una perdita nell'esercizio.
Alla determinazione di tale risultato concorrono anche fattori esterni come il mercato, l'andamento
dell'economia, i tassi d'interesse e così via. L'insieme di tutti i fattori, anche molto complessi,
determinano il risultato d'esercizio, che diventa imponibile ai fini fiscali, cioè reddito d'impresa;
dalle attuali modalità di considerazione della rendita catastale degli impianti è evidente dunque che
essa fa si che un elemento del ciclo produttivo venga tassato di fatto due volte, spesso in capo allo
stesso soggetto, che è il proprietario del bene e l'utilizzatore dello stesso. In un certo senso la
tassazione ai fini IMU di tali beni, che sono investimenti per il ciclo produttivo, ricordano alla
lontana l'imposta sul patrimonio netto delle imprese (imposta straordinaria), che poi fu sostituita
dall'IRAP;
la commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia III sezione – sentenza 264 16 giugno 2015 –
ha affermato che se il fabbricato una volta svuotato degli impianti, senza alcuna trasformazione, può
essere utilizzato come supermercato, od altra attività commerciale, non possono essere inclusi nella
determinazione della rendita catastale dello stesso anche gli impianti o macchinari, pertanto su tali
beni non si paga l'IMU;
per rendersi conto dell'impatto che ha l'IMU sulle imprese industriali si pensi che dal 2011 l'IMU
per tali fabbricati era pari a 3,17 miliardi, nel 2014 si è avuto un aumento del 94 per cento pari a
6,15 miliardi, il tutto a scapito delle nostre imprese che oltre alla crisi scontano un fisco vessatorio.
Le stime del 2015 dicono che le rendite catastali di tali fabbricati potranno subire aumenti del 913
per cento;
già durante l'esame parlamentare della legge di stabilità il Governo, si era impegnato per la
esclusione dei cosiddetti imbullonati dalla determinazione della rendita catastale dei fabbricati
produttivi, accogliendo l'ordine del giorno 9/2679-bis-A/63 Busin senza tuttavia, ad oggi, aver dato
alcun seguito concreto a tale impegno,
impegna il Governo:
46
nell'ambito dell'annunciata riforma della local tax, che dovrebbe trovare attuazione nella legge di
stabilità per l'anno 2016, o, laddove tale riforma fosse ridimensionata o posticipata, anche con
iniziative normative urgenti a chiarire definitivamente quali siano le componenti che concorrono a
formare la base imponibile della tassazione immobiliare nel caso dei fabbricati ad uso produttivo,
prevedendo anche norme di interpretazione autentica con decorrenza dal 1o gennaio 2015, in linea
con l'impegno assunto con l'ordine del giorno Busin 9/2679-bis-A/63;
ad assumere iniziative definire gli impianti fissi, intesi quali macchinari ed impianti installati
all'interno dell'immobile industriale ad uso produttivo, incorporati nelle opere murarie, fissati al
suolo o installati in via transitoria, quali mezzi di produzione il cui valore è incorporato nel reddito
di impresa, in quanto tale sottoposto ad imposizione fiscale, e pertanto escluderli da qualunque
forma di imposizione fiscale mirata. (1-00963)
Interrogazione a risposta scritta:
sulla realizzazione di un pozzo petrolifero da parte dell'Eni nel comune lucano di Marsico
Nuovo
CIRIELLI (FdI)
Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo
economico. — Per sapere – premesso che:
continua la battaglia per scongiurare la realizzazione di un pozzo petrolifero da parte dell'Eni nel
comune lucano di Marsico Nuovo, al confine con il territorio del Vallo di Diano;
la citata compagnia petrolifera ha infatti già da tempo avviato la procedura autorizzativa per iniziare
le trivellazioni nel Vallo di Diano, nel cuore dell'Appennino lucano, un territorio ricco di acqua e di
risorse paesaggistiche;
in particolare, il progetto presentato prevede la realizzazione di un pozzo «Pergola 1», situato nel
comune di Marsico Nuovo (Potenza) e tre nuove condotte di collegamento di circa 8,3 chilometri di
lunghezza per il convogliamento degli idrocarburi estratti all'area di Innesto 3, anche questa di
nuova realizzazione, e di qui tramite condotte già esistenti al Centro d'Oli di Val d'Agri;
secondo quando si apprende dalle fonti di stampa, nei giorni scorsi l'Ente nazionale idrocarburi ha
presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare uno studio di impatto
ambientale e studio di incidenza relativamente alla messa in produzione del pozzo Pergola 1;
appena appresa la notizia dell'ulteriore passo avanti nell’iter burocratico da parte di Eni per arrivare
alla realizzazione del pozzo petrolifero, la comunità montana Vallo di Diano si è attivata per
contestare la valutazione di impatto ambientale presentata dalla società controllata dal Ministero
47
dell'economia e delle finanze e con una delibera approvata all'unanimità dall'assemblea dei sindaci
del comprensorio, ha ribadito la sua contrarietà a nuove estrazioni petrolifere in aree poco distanti
dal territorio del Vallo di Diano, confermando in tal modo la posizione già espressa dalle singole
amministrazioni
comunali;
oltre a manifestare la propria contrarietà, nella relazione firmata dal Professore Franco Ortolani
(ordinario di geologia e docente del Master in pianificazione comunale presso la Federico II di
Napoli), la comunità montana ha anche voluto evidenziare l'inadeguatezza rispetto ai requisiti di
legge della valutazione presentata, senza ovviamente tralasciare la totale incompatibilità
dell'intervento proposto con quella che è l'assetto naturale del territorio e la sua specifica vocazione
di sviluppo socio-economico, a sua volta basata su una attenta pianificazione e programmazione per
il governo del territorio in grado di rispettarne l'equilibrio sia naturalistico che antropologico;
anche a parere del presidente della comunità montana, Raffaele Accetta: «L'intervento è
incompatibile con l'assetto naturale del territorio e la sua specifica vocazione di sviluppo socioeconomico, a sua volta basata su una attenta pianificazione e programmazione per il governo del
territorio in grado di rispettarne l'equilibrio sia naturalistico che antropologico. L'analisi presentata
da Eni spa non tiene in alcun conto dei “costi-benefici” per la collettività derivanti dalla
realizzazione del progetto. Manca, infatti, una qualunque valutazione sugli effetti economici
derivanti per il settore agricolo o per quello turistico che, al momento, rappresentano i maggiori
“traini” di sviluppo economico delle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifere. Inoltre,
non si tiene debitamente conto di quelle che sono le specificità del territorio dal punto di vista
sismico e idrogeologico; l'area interessata dalle perforazioni è nota per la sua elevata sismicità e per
la presenza di sorgenti permanenti di grande importanza che potrebbero essere inquinate
dall'eventuale dispersione di idrocarburi, con conseguenze non solo sull'ambiente ma anche sugli
abitanti»;
le politiche comunitarie, nazionali e regionali in detto territorio sono state sempre orientate alla
valorizzazione del turismo e delle risorse naturali, culturali, agricole ed artigianali, a sostegno,
quindi, del cosiddetto sviluppo eco-compatibile;
ad allarmare i cittadini e le amministrazioni locali sarebbe, in particolar modo, il rischio che la
regione, in grave difficoltà economica, possa cedere alla richiesta della compagnia ed esprimersi
favorevolmente in relazione al permesso alle esplorazioni;
nonostante l'attuale Ministro dello sviluppo economico, in risposta all'atto di sindacato ispettivo n.
4-03567 a prima firma del sottoscritto, non abbia rilevato alcun ostacolo alla realizzazione del
progetto Eni, appare oltremodo evidente, invece, la necessità di scongiurare questo ennesimo
48
scempio che potrà segnare la definitiva distruzione del territorio interessato e, in particolare, del
Vallo di Diano –:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano assumere iniziative
per sospendere ogni procedura in essere convocando urgentemente un tavolo tecnico a cui siano
invitati tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, tenuto conto altresì della volontà chiaramente e
fortemente espressa dai rappresentanti istituzionali del Vallo di Diano contro qualsiasi ipotesi di
ricerca petrolifera, a salvaguardia dell'interesse primario e collettivo di tutela dell'ambiente e della
salute dei cittadini. (4-10044)
Interrogazione a risposta scritta:
sul rischio proveniente dall'esposizione all'amianto
PASTORELLI (Misto)
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il rischio proveniente dall'esposizione all'amianto è noto al legislatore italiano per esito del regio
decreto n. 442 del 1909, cui conseguirono il regolamento di cui al decreto legislativo 6 agosto
1916, n. 1136, e la tabella di cui al regio decreto n. 1720 del 1936;
il nostro Paese si è distinto per la sua prolungata inadempienza in materia di protezione dall'amianto
tanto da costringere le istituzioni europee ad intervenire con la procedura di infrazione n. 240/89,
definita con la decisione di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea del 13 dicembre
1990, che dichiarava che l'Italia era venuta meno agli obblighi derivanti dal Trattato istitutivo della
Comunità economica europea, non aver recepito la direttiva 83/477/CEE del 19 settembre 1983
«Sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con una esposizione ad amianto durante il
lavoro» entro la scadenza del 1o gennaio 1987;
la Repubblica italiana, pur ammettendo sostanzialmente di non aver ancora adottato i provvedimenti
necessari per l'attuazione della direttiva nel proprio ordinamento, finalmente, dopo qualche anno,
recepiva la direttiva con il decreto legislativo n. 277 del 1991, cui fece seguito la legge 27 marzo
1992, n. 257;
la legge 27 marzo 1992, n.257, in materia di «Norme relative alla cessazione dell'impiego
dell'amianto», ha stabilito il divieto di estrazione, commercializzazione e produzione di amianto, la
bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio, nonché misure per la tutela sanitaria e
previdenziale dei lavoratori esposti all'amianto;
particolarmente rilevante è la presenza di amianto a Civitavecchia che, comunque, non era e non è
inserita tra i siti di interesse nazionale, malgrado allo stato attuale il comprensorio della città
49
presenti delle criticità ambientali uniche in Italia: la centrale termoelettrica a carbone di
Torrevaldaliga Nord, la centrale termoelettrica a ciclo combinato di Torrevaldaliga Sud (tali
impianti rendono il territorio il polo energetico più grande del Paese), il primo porto crocieristico
del Mediterraneo, una rete di elettrodotti lunga più di 100 chilometri che percorrono in lungo e in
largo il territorio comunale, una rete di depositi costieri ultracinquantennali con notevoli
inquinamenti da idrocarburi nel sottosuolo che rischiano di interessare la falda acquifera, uno
stabilimento industriale (Italcementi) aperto nel 1896 e solo recentemente dismesso senza che si
siano completati gli interventi di bonifica, un centro chimico militare che altro non è che una
discarica di materiale spesso ad alto rischio;
con riferimento all'ex stabilimento di Italcementi la scoperta è stata fatta dalla Asl Roma F invitata
già nel luglio del 2012, dall'allora sindaco, ad effettuare un sopralluogo all'interno della struttura.
L'indagine ha rilevato che sono ben 22 le zone in cui insiste materiale contenente amianto per una
superficie di oltre 3 mila metri quadri, 2.500 dei quali costituiscono coperture di 4 capannoni e i
restanti
comprendono
pareti
pluviali,
serbatoio
e
coibentazioni
di
tubazioni;
si ricorda che lo stabilimento di Italcementi è in stato di dismissione dalla fine del 2009 e che, a
seguito di quell'indagine la proprietà si era fatta carico della celere bonifica. Ma, a diverse anni di
distanza sembra che non si sia ancora fatto nulla. Tutto ciò nel più totale abbandono e degrado che
sembra compromettere, a causa dell'esposizione di tale pericoloso materiale ai normali eventi
atmosferici, ancora di più la salute dei cittadini residenti nelle zone limitrofe –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e quali iniziative
urgenti, per quanto di competenza, abbia intenzione di assumere al fine di verificare lo stato di
inquinamento ambientale della zona dello stabilimento di Italcementi e delle zone circostanti e
preservare, in tal modo, la salute dei cittadini. (4-10050)
Interrogazione a risposta scritta:
sul decreto-legge Sblocca Italia e la promozione dell’attività estrattiva
RICCIATTI e altri (SEL)
— Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il turismo rappresenta per l'Italia una risorsa economica fondamentale, capace di contribuire nel
2103 per il 10,3 per cento al prodotto interno lordo nazionale e per lo 11,6 per cento
all'occupazione;
esiste ormai un consenso diffuso sull'importanza decisiva del fattore ambientale nel determinare la
capacità attrattiva di un Paese;
50
l'Italia avrebbe, quindi, un forte interesse nel tutelare il proprio territorio, investendo nel riequilibrio
di aree compromesse da decenni di sfruttamento e incuria e soprattutto evitando di gravarlo di nuovi
carichi inquinanti;
la strategia energetica nazionale e il decreto-legge cosiddetto «Sblocca Italia» sembrano purtroppo
andare in direzione opposta, puntando sulla moltiplicazione della capacità estrattiva nazionale di
petrolio e gas in terra e in mare, con tutto ciò che questo comporta in termini di impatto ambientale
negativo;
al 31 dicembre 2013, risultano vigenti sul territorio italiano 115 permessi di ricerca (di cui 94 in
terraferma, e 21 in mare) e 200 concessioni di coltivazione (di cui 134 in terraferma e 66 in mare).
Le regioni con il maggior numero di titoli minerari in terraferma, per la maggior parte inattivi e in
attesa di autorizzazioni, sarebbero l'Emilia Romagna (72), la Lombardia (31) e Basilicata (31);
informazioni più aggiornate sono pubblicate sul sito internet del Ministero dello sviluppo
economico, direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, dove si trovano l'elenco delle
concessioni di coltivazioni vigenti, la carta dei titoli minerari, la carta degli impianti con relativa
selezione in base alla regione, le istanze per il conferimento di concessioni di coltivazione e l'elenco
delle società titolari di concessioni di coltivazione;
ciononostante, non si conosce ad oggi l'attuale mappa delle concessioni di esplorazione,
prospezione e estrazione di idrocarburi, in essere e in richiesta, con particolare riferimento alle
società richiedenti o concessionarie, mentre si susseguono in particolare allarmi sulla stampa
relativi a nuove concessioni di esplorazione, prospezione e estrazione di idrocarburi, anche in aree
particolarmente sviluppate sul piano turistico –:
quale sia la posizione del Ministro interrogato in ordine ai fatti descritti in premessa e quali elementi
di dettaglio intenda fornire, per quanto di competenza, sulla attuale mappatura delle concessioni di
esplorazione, prospezione e estrazione di idrocarburi, in essere e in richiesta, con particolare
riferimento alle società richiedenti o concessionarie, considerate le ricadute negative che ne
potrebbero derivare sotto il profilo del rilancio del turismo e se non intenda dare contezza sul
sito internet del proprio dicastero delle aree del Paese a vocazione turistica dove sono presenti
istanze per il conferimento di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi. (5-06201)
Interrogazione a risposta in Commissione:
sul progetto di Terna denominato «Elettrodotto a 380 kv in doppia terna s.e. Udine ovest – s.e.
Redipuglia»
PELLEGRINO e GIANCARLO GIORDANO (SEL)
51
— Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico,
al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il progetto di Terna s.p.a in qualità di gestore della Rete elettrica di trasmissione nazionale,
denominato «Elettrodotto a 380 kv in doppia terna s.e. Udine ovest – s.e. Redipuglia», è un progetto
di un elettrodotto della lunghezza di circa 39 chilometri, con tralicci dell'altezza fino a 61 metri che
ha avviato il suo iter autorizzativo nel 2003, con l'inserimento nel piano di sviluppo della Rete di
trasmissione nazionale approvato dal Governo, e si era concluso il 12 marzo 2013, dopo il parere
favorevole della Commissione VIA nazionale, con il decreto autorizzativo del Ministero dello
sviluppo economico;
il Tar del Lazio aveva «bocciato» il ricorso di sette comuni del Basso e Medio Friuli, che
chiedevano la sospensione dei lavori, e di comitati e privati cittadini che avevano sostenuto quale
alternativa l'interramento dei cavidotti, per eliminare la deformazione del paesaggio e garantire
l'equilibrio ambientale;
l'impugnazione riguardava la pronuncia di compatibilità ambientale – a seguito di procedimento
promosso a domanda di Terna s.p.a. del 22 gennaio 2009, con conferenza di servizi – dell'opera
(decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il
Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, del 21 luglio 2011);
la sopraintendenza aveva a suo tempo richiesto l'interramento di parte dell'elettrodotto, per l'impatto
negativo, causato anche dall'esbosco di specie arboree significative per l'assetto naturalistico ed
ecologico, dei mastodontici tralicci e dei cavi sull'ambiente sottoposto a tutela, e cioè su corridoi
fluviali di elevato valore paesaggistico del torrente Comor, del fiume Torre, del fiume Isonzo
nonché della Roggia di Udine e della Roggia Mille acque e sulla matrice agricola del paesaggio.
Successivamente il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo diede invece parere
favorevole vista «l'impossibilità di realizzare l'elettrodotto in cavo, (sotterraneo) nelle zone
sottoposte
a
tutela
paesaggistica,
come
chiarito
dalla
società
Terna
s.p.a.»;
il 23 luglio 2015, il Consiglio di Stato accogliendo il ricorso dei comuni e dei cittadini contro la
sentenza favorevole a Terna, ha stabilito, con una fondamentale sentenza, che l'intero procedimento
che ha portato all'approvazione definitiva del progetto è viziato perché il Ministero dei beni e delle
attività culturali e del turismo ha effettuato illegittimamente un bilanciamento di interessi che non
gli compete e non ha esercitato la funzione di tutela del paesaggio di cui è per legge titolare e che
noti può venir meno in un procedimento semplificato seppur attinente un settore di particolare
rilevanza come quello dell'energia;
Terna s.p.a. ha comunque avviato i lavori di installazione dei piloni dell'elettrodotto ad aprile 2015
e l'operazione è ormai pressoché conclusa;
52
oggi, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, Terna s.p.a. minaccia lo «stop» lavorativo per
50 imprese e 150 lavoratori, preannunciando addirittura possibili black out elettrici e aumenti delle
tariffe, mentre si paventano insufficienti forniture elettriche per l'industria manifatturiera friulana, il
rischio dell'utilizzo di linee elettriche obsolete e le conseguenze negative complessive per
l'economia regionale;
come ritenuto dalla sezione VI del Consiglio di Stato del 09 giugno 2014, «la tutela dell'ambiente,
preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l'uomo vive, è imposta da precetti costituzionali
ed assurge a valore primario ed assoluto, con la conseguenza che il diritto all'ambiente, quale
espressione della personalità individuale e sociale, costituisce un limite ai principi d'iniziativa
privata previsti dagli articoli 41 e 42 della Costituzione»;
lo stesso piano energetico regionale (Per) del Friuli Venezia Giulia, che ha avviato la sua fase di
consultazione pubblica, si riferisce prioritariamente al principio europeo dello sviluppo sostenibile
ed alla tutela del patrimonio ambientale e storico culturale –:
se intenda attivarsi, per quanto di competenza e nel rispetto delle sopraindicate sentenze del
Consiglio di Stato, affinché nella valutazione degli elettrodotti sia privilegiata la modalità
dell'interramento dei cavidotti, tecnologia oggi disponibile con standard di altissimo livello e
altrettanto rilevanti risultati sulla riduzione degli impatti nei territori, dando piena attuazione alla
tutela di rango costituzionale dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico della
Nazione e della salute dei cittadini. (5-06185)
Risposta della Sottosegretaria per l’economia e le finanze, Paola De Micheli, all’interrogazione a
risposta immediata n. 5-06109 di Filippo Busin (LNA) sull’incremento degli importi delle
deduzioni per spese non documentate da parte delle imprese di autotrasporto.
Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito alla
rimodulazione degli importi massimi delle spese non documentate da portare in deduzione da parte
delle imprese di autotrasporto.
Al riguardo, sentiti il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dei competenti Uffici
dell'amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
La legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 150) autorizza, a decorrere dall'anno 2015, la spesa
di 250 milioni di euro annui per interventi in favore del settore dell'autotrasporto.
Il 29 aprile 2015 è stato adottato il previsto decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze che ha ripartito le suddette risorse fra le
diverse aree d'intervento per il triennio 2015-2017. In particolare, sono stati stanziati:
53
120 milioni di euro annui per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali;
10 milioni di euro annui per la contribuzione di progetti per la formazione professionale posti in
essere dalle imprese di autotrasporto;
40 milioni di euro annui per investimenti finalizzati allo sviluppo dell'intermodalità e della logistica
e
ad
iniziative
dirette
a
realizzare
processi
di
ristrutturazione
e
aggregazione;
20 milioni per recupero somme versate per il contributo al servizio sanitario nazionale sui premi di
assicurazione sulla responsabilità civile per la circolazione dei veicoli;
60 milioni per deduzione forfetaria di spese non documentate (spese di trasferta per trasporti
effettuati personalmente dall'imprenditore fuori Comune e fuori Regione).
Gli importi unitari relativi al periodo d'imposta 2014 e resi noti con il comunicato dell'Agenzia
delle entrate del 2 luglio 2015 (18 euro per i trasporti all'interno della Regione e delle Regioni
confinanti e 30 euro per quelli effettuati oltre tale ambito), sono stati determinati tenendo conto
della somma stanziata per tale finalità (60 milioni di euro), nonché del prevedibile volume delle
attività di trasporto cui è correlata la fruizione del beneficio.
La stima è stata effettuata con riferimento ai più aggiornati dati del Dipartimento delle Finanze e
della predetta Agenzia, vale a dire le risultanze desunte dalle dichiarazioni dei redditi presentate
per il periodo d'imposta 2013.
Nondimeno, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riferisce che sono stati attivati ulteriori
approfondimenti e verifiche al fine di garantire una misura delle deduzioni forfetarie di spese non
documentate, che tenga conto delle difficoltà in cui versa il settore e in particolare le imprese
artigiane.
Sentite anche le Associazioni di categoria dell'autotrasporto maggiormente rappresentative, al fine
di scongiurare ripercussioni negative sulle piccole imprese del settore già in una situazione di
profonda crisi, il Ministero dell'infrastrutture sottolinea che si sta procedendo all'individuazione di
possibili misure atte a risolvere la problematica, anche incrementando il fondo destinato alla
copertura delle deduzioni forfetarie.
In proposito si rappresenta che è in fase di predisposizione uno schema di decreto interministeriale
che incrementa da 60 a 95 milioni di euro la somma stanziata per la deduzione forfetaria delle
spese
non
documentate
sostenute
dalle
imprese
del
settore
autotrasporto.
Una volta che detto decreto verrà adottato potranno essere rimodulati gli importi massimi da
portare in deduzione.
Di seguito il testo dell’interrogazione.
54
— Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
pochi giorni fa, dopo insistenti e pressanti richieste di incontro da parte delle associazioni di
categoria e appena tre giorni prima della scadenza del pagamento delle tasse, un comunicato
dell'Agenzia delle entrate ha annunciato la riduzione di circa il 70 per cento, rispetto allo scorso
anno, degli importi per la deduzione di spese non documentate da parte delle imprese di
autotrasporto;
sembra infatti che la Ragioneria generale dello Stato abbia bloccato la fruibilità delle agevolazioni
relative alle cosiddette «deduzioni forfettarie», ritenendo i 60 milioni di euro destinati alla copertura
di tale agevolazione non sufficientemente capienti;
il Governo ha quindi disatteso gli impegni assunti nei mesi scorsi ed ha drasticamente ridotto gli
importi giornalieri delle deduzioni, facendoli passare da 56 a 18 euro, da 19,60 a 6,30 euro e da 92 a
30
euro
a
seconda
dell'ambito
territoriale
in
cui
il
servizio
viene
svolto;
quello che all'interrogante risulta essere veramente grave e inaccettabile è che il Governo abbia
disatteso alla sua funzione istituzionale, di fatto relegandola a mero registro delle decisioni della
ragioneria, che prescindendo da considerazioni politiche, dispongono sulla base delle poste in
bilancio: si procede così alla rovescia, cioè dall'ammontare della copertura disponibile invece che
dall'opportunità o dalla necessità di quelle deduzioni;
si tratta di deduzioni e crediti d'imposta essenzialmente legati al recupero forfettario delle spese
sostenute dagli autotrasportatori per le trasferte e che, in questa drammatica congiuntura economica,
sono la sola voce che consente a migliaia di piccole imprese monoveicolari di sostenere i propri
bilanci;
se questo provvedimento non verrà rivisto, ne andrà della sopravvivenza delle aziende artigiane del
nostro Paese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, perché una corretta gestione amministrativa
presuppone una redazione di un bilancio nel quale inserire costi e ricavi e quindi risorse
economiche su cui fare affidamento;
la morfologia del territorio e la carenza di infrastrutture di trasporto stradali e ferroviarie
contribuisce a fare dell'autotrasporto un'attività insostituibile per l'intera economia ed è quanto mai
necessario, soprattutto in questo periodo di crisi, scongiurare la chiusura delle imprese e
l'alterazione del regolare servizio di movimentazione delle merci, che rappresenta per il sistema
produttivo italiano, per la grande distribuzione e, quindi, per l'intera collettività una risorsa
primaria –:
se il Ministro ritenga doveroso valutare l'opportunità di aumentare la misura delle deduzioni, che
appare insufficiente e inadeguata alle reali esigenze del settore, permettendo ai contribuenti di
recuperare le eventuali maggiori imposte versate tramite compensazione dell'eccedenza sul modello
55
F24, al fine di salvaguardare le piccole imprese di trasporto monoveicolari, anche utilizzando
risorse destinate attualmente ad altri capitoli di spesa in questo momento non altrettanto prioritari.
(5-06109)
Interrogazione a risposta immediata in VIII Commissione:
sulla contaminazione della falda acquifera nell'area della pianura di Scarlino, area già di
proprietà dell’ENI
SEGONI (Misto) e altri
— Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita e, pertanto, la disponibilità e l'accesso
all'acqua potabile e all'acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono
un diritto inviolabile dell'uomo, un diritto universale, indivisibile, che si può annoverare fra quelli di
cui all'articolo 2 della Costituzione;
la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998 prevede che in caso di inosservanza dei
valori di parametro, lo Stato membro interessato provvede affinché vengano tempestivamente
adottati
i
provvedimenti
correttivi
necessari
per
ripristinare
la
qualità
delle
acque.
Indipendentemente dal rispetto o meno dei valori di parametro, gli Stati membri provvedono
affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano, che rappresentano un potenziale pericolo
per la salute umana, sia vietata o ne sia limitato l'uso e prendono qualsiasi altro provvedimento
necessario. I consumatori vengono informati di tali misure;
da metà anni ’80 nell'area della pianura di Scarlino sono presenti in un'area di proprietà prima ENI,
poi, a seguito della privatizzazione e permute, della Nuova Solmine, di Scarlino Energia e del
comune di Scarlino, materiali contaminati da ceneri di Pirite, oggetto di bonifica, prodotti dalla
trasformazione dei minerali metallici derivati dalle attività minerarie, come riportato nel /report/
ARPAT «Definizione dei Valori di Fondo per alcuni parametri nelle Acque Sotterranee dei Siti in
Bonifica
della
Pianura
di
Scarlino,
Grosseto
(2003-2012)»
del
gennaio
2014;
la relazione conclusiva dell'aprile 2011 di A. Donati e A. Biondi commissionata dal comune di
Scarlino e dalla provincia di Grosseto, evidenzia che le falde idriche (prima falda tra 2 e 18 metri e
seconda falda 20 e 50 metri) della pianura di Scarlino presentano un vasto inquinamento da arsenico
e di altri inquinanti come manganese, ferro e solfati;
tale responso risulta confermato successivamente anche dallo stesso documento ARPAT citato in
precedenza, specificando che le concentrazioni di arsenico raggiungono valori fino a 680 volte
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superiori al limite di legge, con l'aggiunta che anche a monte dell'area interessata dalla bonifica se
ne riscontrano valori fino a 156 volte superiori;
i lavori di bonifica dei suddetti siti, consistenti nella cinturazione e messa in sicurezza permanente
dei luoghi in cui sono state collocate le ceneri di pirite, effettuati da Nuova Solmine (GR72) e da
Scarlino Energia(GR9000-1) e Ex Bacini fanghi Solmine(Gr66) hanno avuto inizio nei primi anni
2000 e sono stati certificati come conclusi a fine anni 2000 (All. al Protocollo ARPAT N.33923 —
GR 72 relazione fine monitoraggio 2013), mentre oggi, a seguito dei monitoraggi post-operam, si
dimostrano inefficaci e non sono stati previsti o prescritti altri lavori di bonifica sui suddetti siti (si
veda ARPAT Protocollo N. CI. GR.01.23.26/21.6, allegato al verbale della conferenza dei servizi
del comune di Scarlino del 13 aprile 2015;
dopo 5 anni dal completamento della messa in sicurezza, l'ARPAT ha eseguito il controllo previsto
dalla legge e ha certificato l'esito negativo dei lavori eseguiti, indicando la necessità di ulteriori
interventi,
che
tuttavia
non
sono
stati
ancora
prescritti
o
ordinati;
nell'ottobre 2013 e nell'aprile 2015, nel proporre un piano di bonifica unitario delle falde, la ditta
AMBIENTE s.c. Ingegneria Ambientale, incaricata di presentare un progetto operativo di
bonifica, certifica il persistere di elevate anomalie di arsenico in falda e le riporta nella relazione al
comune di Scarlino, segnalando la presenza in superficie di altre fonti inquinanti (nota Arpat Prot.
CI. GR.01.23.26/21.6) non ancora rimosse e motivando la mancanza di un modello concettuale
affidabile per il fatto che è stata incaricata di analizzare le sole acque di falda e non anche i terreni
in superficie;
il verbale della ultima conferenza di servizi presso il comune di Scarlino del 13 aprile 2015
richiama due note presentate e illustrate in quella sede (comune di Scarlino prot. N.4711 e N. 4708),
in cui si denunciano gravi criticità nei precedenti iter di approvazione dei progetti di bonifica, che
hanno consentito la permanenza in superficie di diverse fonti primarie inquinanti mai rimosse,
nonostante fossero certificata la loro presenza, che oggi concorrono nel persistente inquinamento
delle
falde
anche
a
valle
idrogeologica
dei
siti
certificati
come
bonificati;
per la Nuova Solmine sono in corso verifiche da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare competente per il rinnovo delle autorizzazioni AIA, comprensive degli impianti
di trattamento delle acque inquinate proventi dalle bonifiche previste (si veda parere della provincia
allegato al suddetto verbale del 13 aprile 2015) –:
quali
iniziative di verifica, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela
dell'ambiente, intenda promuovere il Ministro interrogato al fine di realizzare un'efficace tutela
delle risorse idriche della piana di Scarlino e quindi se la task force istituita dal Ministero con il
decreto ministeriale n. 358 del 13 dicembre 2013 dovrà occuparsi anche dell'effettiva realizzazione
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degli investimenti necessari sia sul fronte della depurazione sia sul fronte delle infrastrutture per la
tutela della risorsa. (5-06195)
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