L`edificio noto come “Le Logge” è collocato sul pendio settentrionale

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L`edificio noto come “Le Logge” è collocato sul pendio settentrionale
L’EDIFICIO
DELLE
LOGGE
L’edificio noto come “Le Logge” è collocato sul pendio settentrionale
del poggio del Mulino (o del Telegrafo), in posizione scenografica rispetto al
poggio del Castello e all’area della sella fra le due alture, dove è stato portato
alla luce l’unico tempio fino ad ora individuato (Fig. 1; cfr. ROMUALDI 1994­
95, pp. 316-340).
Il monumento, ed in particolare la parete settentrionale ad arcate, è
un’emergenza archeologica che ha attirato l’attenzione dei visitatori che, nei
secoli, hanno raggiunto l’acropoli di Populonia (Tav. III; FEDELI 1983, pp. 15­
19, 336-338). Nonostante ciò e nonostante la sua monumentalità, il comples­
so non è mai stato oggetto di indagine o di studio (a parte l’analisi condotta per
una tesi di laurea in restauro architettonico, edita in MATTEINI, MIRRI 1999) ed
è stato sommariamente interpretato come anfiteatro, terma, villa marittima.
Le diverse proposte interpretative dipendono dalla labilità degli ele­
menti architettonici noti. Il prospetto monumentale ad arcate che forma par­
te del basamento del terrazzamento rientra in una tipologia architettonica
tardo-repubblicana utilizzata in edifici privati e pubblici come ville, terme,
fori (HORNBOSTEL HÜTTNER 1979; GULLINI 1983).
Un’ulteriore ipotesi, sulla quale il gruppo di ricerca sta attualmente la­
vorando, è che il complesso de “Le Logge” possa essere un’area sacra orga­
nizzata su uno o forse più terrazzamenti, paragonabile, anche se in scala ri­
dotta, ai santuari che tra la metà del II e la metà del I secolo a.C. vengono
costruiti in area italica.
Le strutture visibili appartengono ad un terrazzamento quadrangolare
(Fig. 2), sostruito sul lato settentrionale da un ambiente (a nord-est), in origi­
ne coperto probabilmente da una volta a botte e da una parete composta da
sei arcate cieche (a nord-ovest). La terrazza non conserva strutture in eleva­
to; l’area è stata utilizzata a lungo come vigneto e lo scasso operato per le
coltivazioni ha sicuramente contribuito al definitivo smantellamento dei pia­
ni pavimentali e delle murature superstiti.
L’importanza dell’edificio, nel tessuto urbanistico del periodo tardo elle­
nistico, è esaltata dalla strada basolata che dalla sella fra i due poggi conduce
direttamente al lato occidentale del terrazzamento (Figg. 1, 2; cfr. ZANINI et
alii, in questo volume), dove probabilmente si apriva l’accesso al monumento.
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L’indagine archeologica della struttura è iniziata nel 2000 con l’apertura di quattro aree di scavo e, contemporaneamente, è stato avviato lo studio
delle murature emergenti.
L’edificio nella sua forma definitiva è il risultato di due fasi edilizie
piuttosto consistenti (Fig. 3). La struttura originaria è composta dall’ambiente nord-est, il cui muro perimetrale orientale si sviluppava a sud per una
lunghezza di almeno 26,50 metri. Dell’ambiente settentrionale (14,58×3,66
metri = 49×12 piedi) sono visibili in elevato i muri perimetrali est, sud (per
un’altezza massima di 4,97 metri) e ovest. L’accesso, sia nell’allestimento ori­
ginario, sia nella fase di ampliamento, era situato sul lato nord con un’articolazione che deve essere messa in evidenza con il proseguimento dello scavo
(saggio III): non vi sono infatti aperture sulle altre pareti.
L’ambiente non presenta tracce di muri divisori interni, ma lo spazio è
idealmente diviso in due vani, pressoché identici, da un contrafforte o semi­
pilastro in blocchi di calcarenite (panchina), molto eroso, posto sulla parete
meridionale, e probabilmente da un’arcata, strutturalmente utile al sostegno
della copertura. Le murature sono realizzate con una cortina in pezzame di
pietra calcarea (alberese), di dimensioni medio-grandi, e malta, con apparec­
chiatura a corsi irregolari, suborizzontali.
Dall’ambiente, indagato per il momento in minima parte, provengono
insiemi consistenti di frammenti di intonaco e stucco riconducibili ad una de­
corazione parietale di “primo stile” (cfr. CAVARI, DONATI, in questo volume) che
porta a connotare l’ambiente stesso come uno spazio di rilievo all’interno del
complesso. È piuttosto immediato il richiamo ai vani di sostruzione dei terraz­
zamenti dei due santuari di Monte S. Angelo a Terracina (LUGLI 1926, cc. 163­
180; FASOLO, GULLINI 1953, pp. 328-331, 416-421; COARELLI 1983, pp. 232-236;
ID. 1987, pp. 113-119): nel “santuario maggiore” è stretto il confronto architet­
tonico con la sequenza di ambienti comunicanti che formano la facciata monu­
mentale; nel “tempio piccolo” la decorazione parietale di “primo stile” indica
una possibile analogia nella destinazione di questi spazi che evidentemente non
avevano solo funzione di sostegno strutturale (GULLINI 1983, p. 128).
Il “tempio piccolo” di Terracina viene datato fra la fine del III-inizi II
secolo a.C. (FASOLO, GULLINI, 1953, p. 331; GULLINI 1983, p. 127) e il terzo
quarto-fine del II secolo a.C. (COARELLI 1987, p. 115), mentre il “tempio
grande”, nella sua forma definitiva, si colloca in età sillana (FASOLO, GULLINI
1953, p. 331; COARELLI 1987, pp. 120-133).
Anche nel santuario di Praeneste (terzo quarto del II secolo a.C.: in
ultimo GULLINI 1984, p. 545; ultimi decenni del II secolo a.C.: DEGRASSI 1969,
pp. 125-127; LAUTER 1979, pp. 436-457; COARELLI 1987, p. 36) gli ambienti
voltati che si trovano sul primo terrazzamento, alla base delle rampe che
conducono alla terrazza degli emicicli, avevano una dislocazione planimetri­
ca e una funzione strutturale simile; i vani voltati (più articolati rispetto a
quelli de “Le Logge”) presentano una decorazione parietale di “primo stile”
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(FASOLO, GULLINI 1953, pp. 79-83; cfr. CAVARI, DONATI, in questo volume) e vi si
svolgevano probabilmente operazioni preliminari, comunque legate al culto.
L’articolazione e la funzione dell’edificio originario de “Le Logge” per il
momento ci sfuggono; è possibile che la struttura si sviluppasse ulteriormente
anche in direzione ovest, nell’area successivamente occupata dal muro ad arcate.
Nella seconda fase al muro occidentale del primo ambiente si addossa
una sostruzione ad arcate cieche (Fig. 3) di 22,77 metri di lunghezza (77
piedi), con un’altezza di 7,20 metri o 7,57 (equivalenti a 24 o 25,5 piedi; cfr.
MINUCCI in questo volume) dal piano di calpestio individuato nel saggio IV
alla chiave dell’intradosso dell’arco (h. max. conservata 7,65 metri). La pare­
te è composta da una sequenza di sei arcate a tutto sesto (larghezza pilastri:
0,70-0,74 metri = 2,5 piedi ca.; larghezza nicchie: 2,53-54 metri = 8,5 pie­
di, la più orientale 3,73 metri = 12 piedi ca.), aggettanti rispetto alla parete
di fondo di 0,62 metri (Fig. 1).
I pilastri e gli archi sono costruiti in blocchi di calcarenite (panchina),
mentre la parete di fondo, che raggiunge uno spessore non inferiore a 1,75
metri, ha un nucleo cementizio in pietrame e paramento in pezzame di pietra
calcarea (alberese) di dimensioni medio-grandi (0,30-0,55 metri) e malta,
con apparecchiatura irregolare e corsi di orizzontamento. Le pareti di fondo
delle nicchie sono articolate in altezza in quattro fasce irregolari e decrescen­
ti verso l’alto (I: 2,43 metri, II: 2,15 metri, III: 1,47 metri, IV: 1,15 metri)
mediante tre piccole riseghe profonde ca. 5 centimetri (stessa soluzione tec­
nica si riscontra nel primo terrazzamento del santuario di Ercole Curino a
Sulmona, nell’allestimento monumentale del I secolo a.C.: LUGLI 1957, p.
473, tavv. CXII.3, CXIII.2, CXXIV.1; VAN WONTERGHEIM1984, p. 241; LA
TORRE 1989, pp. 130-131, fig. 51).
Il terrazzamento nella sua forma definitiva raggiunge un’ampiezza (E-W)
di 37,35 metri (126 piedi) e una profondità (N-S) di 37,72 metri (127,5 piedi).
I dati relativi all’ingombro complessivo possono non essere definitivi,
poiché i limiti occidentale e meridionale devono essere ancora meglio inda­
gati. Il lato occidentale è visibile in elevato solo per un breve tratto (4,20
metri) molto danneggiato (l’angolata nord-occidentale sarà in un prossimo
futuro puntellata e quindi sottoposta a restauro da parte della SAT), ma è
possibile che il suo sviluppo in direzione sud non sia lineare, poiché, come
accennato, qui dovrebbe essere posto l’ingresso al terrazzamento con la
presenza di una rampa o di una scalinata adatta a superare il forte dislivello
(non meno di 7 metri ca.)
Anche il lato meridionale, in corso di indagine, non è ancora definito con
certezza: il muro che forma un angolo con il perimetrale orientale (saggio I) ha
uno spessore piuttosto limitato (0,43 metri), poco adatto a svilupparsi in elevato.
Inoltre, nello spazio a sud di questo sono stati rinvenuti degli ambienti (saggio II,
cfr. GIORGI in questo volume) che sembrano far parte di un ulteriore sistema di
sostruzione di un secondo terrazzamento che permetterebbe di raggiungere la
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quota della sommità dell’acropoli dove poteva essere, in ipotesi, posizionato un
edificio di maggiore rilievo (nell’area soprastante sono stati individuati elementi
architettonici che potrebbero segnalare la presenza di un edificio di culto, cfr.
APROSIO in questo volume) come a Praeneste (COARELLI 1987, pp. 56-61), ad Assisi
(tempio “della Minerva”, della prima età augustea; STRAZZULLA 1983, pp. 151­
164), a Campochiaro (LA REGINA 1976, pp. 242; ID. 1984a, pp. 202-207) e in via di
ipotesi a Nemi (COARELLI 1987, pp. 171-173; GHINI 2000, p. 61).
Architetture simili, ad arcate cieche o con ambienti di sostruzione, sono
ricorrenti nei terrazzamenti di aree sacre dell’età tardo-repubblicana, che rie­
cheggiano le architetture scenografiche delle città e dei grandi santuari elle­
nistici (Pergamo, Rodi, Lindos, Coo, Delo; COARELLI 1983 a, pp. 192-199; di
opinione diversa GULLINI 1983, pp. 124-125 che vede nell’uso delle sostru­
zioni uno sviluppo autonomo, italico).
In Etruria, la vicina Volterra riceve, nella seconda metà del II secolo a.C.,
una monumentalizzazione dei templi dell’Acropoli con la costruzione di un
nuovo edificio templare e di strutture legate al culto con decorazione parietale
di “primo stile” (BONAMICI 1997, pp. 315-332; cfr. CAVARI, DONATI, in questo
volume), architettonicamente dissimile da “Le Logge”, ma probabilmente
paragonabile come concezione ideologica legata alla romanizzazione dell’area
e alla presenza di forti oligarchie locali (CRISTOFANI 1976, pp. 111-113; TORELLI
1976, pp. 97-110; ID. 1983, pp. 244-246; BONAMICI 1997, pp. 330-332). Ad
Arezzo il complesso santuariale di Castelsecco (seconda metà del II secolo a.C.)
è realizzato su un’imponente sostruzione ad arcate cieche composta da nicchie
concave (le sei centrali) e quadrangolari a sostegno di un vasto terrazzamento
su cui si impostano un teatro e un tempio (DAREGGI 1981-82, pp. 93-114;
MAETZKE 1982-84, pp. 36-53). La monumentalizzazione dell’area sacra, già
frequentata precedentemente, con soluzioni architettoniche così scenogra­
fiche è evidentemente concepita sotto l’influenza romana ed è anche espres­
sione della vitalità e della ricchezza della città e del territorio aretino.
È forse da correggere, in questo senso, l’assunto che vede Populonia in
decadenza nel periodo successivo alla conquista romana, in favore di altre
città costiere (Cosa e Heba); la costruzione de “Le Logge” e la riorganizza­
zione urbanistica (cfr. ZANINI, in questo volume), che coinvolge quantomeno
il settore per ora indagato dell’acropoli, sembrano indicare, ancora sul finire
del II secolo a.C., una forte volontà di affermazione della città, attraverso il
recepimento dei modelli derivanti dall’architettura tardo-ellenistica, ovvero
dell’architettura tardo-repubblicana.
Al medesimo orizzonte cronologico ed architettonico appartengono le
strutture monumentali dei santuari sannitici di Pietrabbondante (complesso
teatro-tempio, la cui sistemazione finale è collocabile fra la fine del II e l’inizio del I secolo a.C.: STRAZZULLA 1973; LA REGINA 1976, pp. 223-229), di
Campochiaro (ampio terrazzamento organizzato su due livelli, con ambienti
di sostruzione alla terrazza del tempio: LA REGINA 1976, p. 242; ID. 1984, pp.
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202-207) e le altre aree sacre minori di S. Giovanni in Galdo (terrazzamento
porticato e tempio: LA REGINA 1976, pp. 237-241; ID. 1984a, pp. 295-298) e
Vastogirardi (MOREL 1976, pp. 255-266). Il complesso di Sulmona (santuario
extraurbano di Ercole Curino, composto da tre terrazzamenti; fronte della
terrazza mediana ad arcate corrispondenti ad ambienti di sostruzione:
CIANFARANI 1960, pp. 7-16; VAN WONTERGHEIM 1984, pp. 240-253, n. 140;
LA TORRE 1989, pp. 115-150) invece assume forme monumentali nel I secolo
a.C., in un momento posteriore la guerra sociale.
In area laziale le sostruzioni con fronte ad arcate cieche, o più diffusa­
mente con l’impiego del fornice sono ampiamente utilizzate nella costruzio­
ne di aree santuariali di forte impatto scenografico.
Nel santuario di Diana a Nemi (monumentalizzazione della fine II seco­
lo a.C.: COARELLI 1987, pp. 165-185; GHINI 2000, pp. 53-64) le arcate cie­
che, con nicchie triangolari e semicircolari, sono presenti nella sostruzione
del basamento e nelle pareti terminali settentrionale e orientale del terrazza­
mento superiore. Le nicchie che caratterizzano la fronte dell’edificio hanno
forte valenza scenografica (oltre che naturalmente strutturale), mentre la pa­
rete che limita il terrazzamento superiore sembra rivestire una funzione pret­
tamente statica, poiché risultava completamente coperta dal doppio portico
che delimitava il cortile centrale (GHINI 2000, p. 55).
Nel santuario di Giunone a Lanuvio (metà I secolo a.C.) il terrazzamen­
to occidentale è sostruito da una struttura a nicchie semicircolari, realizzata
in opera reticolata (BENDINELLI 1921, c.363; CHIARUCCI 1983, p. 167; COARELLI 1987, pp. 141-163).
A Praeneste il santuario della Fortuna Primigenia è organizzato su tre
terrazzamenti e gli ambienti di sostruzione sono destinati al culto e ad attivi­
tà commerciali, mentre le arcate che concludono a nord-est l’area del cosid­
detto complesso inferiore (GULLINI 1984, pp. 534-536, 545; QUILICI 1980,
pp. 209, 212-214) sono funzionali alla creazione dello spazio a monte della
Cattedrale e sono anche alla base della serie di terrazzamenti del complesso
superiore, secondo una riorganizzazione topografica e strutturale unitaria
(complessa è la discussione intorno alla cronologia del santuario prenestino:
FASOLO, GULLINI 1953, p. 585; GULLINI 1984, p. 545 data le sostruzioni del
complesso inferiore all’inizio del II secolo a.C.; QUILICI 1980, pp. 209, 212­
214 nella seconda metà del II secolo a.C.; LAUTER 1979, p. 390-415, 457-459
e COARELLI 1987, pp. 35-84 all’ultimo quarto del secolo).
Nel basamento del santuario maggiore di Terracina, le arcate cieche (LUGLI
1926, V zona, fig. 12; FASOLO, GULLINI 1953, pp. 416-421; LUGLI 1957, tav.
CXX.1; COARELLI 1987, pp. 113-140) sono utilizzate nel lato orientale della
sostruzione, la cui fronte meridionale e occidentale è invece organizzata in am­
bienti voltati. Il diverso uso del fornice o dell’arcata cieca sembra rispondere più
ad esigenze legate alla creazione e alla funzionalità degli spazi, piuttosto che a
criteri statici.
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A Tivoli, nel santuario extraurbano di Ercole (89-82 a.C.; GIULIANI 1970,
pp. 164-201, n. 103; COARELLI 1987, pp. 85-112), le grandiosi sostruzioni verso
l’Aniene sono realizzate su tre livelli, con una successione di muratura piena,
arcate cieche e arcate finestrate (corrispondenti al passaggio della via Tiburtina
all’interno del basamento: GIULIANI 1970, pp. 175-180, figg. 187, 191, 195).
La costruzione in forme monumentali del santuario di Ercole Vincitore si inse­
risce in un panorama di riorganizzazione urbanistica della città in cui i terraz­
zamenti vengono ampiamente utilizzati in ambito sacro (templi dell’Acropoli:
GIULIANI 1970, pp. 119-143, n. 75) e civile (“Criptoportici di Piazza Tani” e “mer­
cato coperto”: GIULIANI 1970, pp. 95-107, n. 59; pp. 218-222, n. 114).
La struttura ancora poco definita de “Le Logge” sembra inserirsi appie­
no architettonicamente e cronologicamente nell’ampio panorama dei san­
tuari tardo-repubblicani, con uno o più terrazzamenti su cui si impostano
strutture legate essenzialmente al culto – ampi porticati, edifici sacri, fontane
(destinate alle abluzioni) o ninfei (a carattere più definitamene sacrale), bo­
schi sacri – ma anche aree commerciali.
L’indagine sulla terrazza superiore, da poco avviata, non permette an­
cora una visione completa delle strutture e quindi ancora meno dell’organizzazione planimetrica e funzionale dell’area.
Nella porzione meridionale sono visibili gli imbocchi quadrangolari di
due grandi cisterne poste in posizione leggermente sfalsata. Queste, in buona
parte riempite da detriti, sono scavate nella roccia (galestro) e sono concluse
da volte a botte costruite con blocchi di calcarenite (panchina). Ogni cisterna
è provvista di due bocche quadrangolari, aperte in corrispondenza della som­
mità della volta, dalle quali si poteva prelevare l’acqua.
La dislocazione di cisterne in uno spazio interno ad un complesso che
sembra sempre più connotarsi come sacro è del tutto plausibile: l’acqua, che
infine poteva trovare anche un utilizzo a fini pratici, era destinata alle prati­
che di abluzione legate al culto (vasche, fontane, piscine) ma rivestiva anche
funzione ornamentale (si pensi al complesso sistema di cadute d’acqua che
raccordava una serie di fontane poste ai vari livelli dei terrazzamenti del
santuario di Fortuna a Praeneste: NEUERBURG 1965, pp. 82-83, 173-175;
GULLINI 1983, pp. 171-172) o alla coltivazione di boschi sacri (Gabii; da
ultimo COARELLI 1987, pp. 16-19).
Infine nell’angolo sud-orientale del terrazzamento vi sono due am­
bienti ipogei gemelli (4,06×1,86 metri), coperti da volte a botte e comuni­
canti tramite un passaggio ad arco (SHEPHERD, in questo volume, Tav. IV).
Vi si accede tramite una scala ad L posta immediatamente a nord. In ogni
ambiente vi è un’apertura quadrangolare, strombata, posta al centro del
settore occidentale delle volte. Con lo scavo, al di sopra degli ambienti,
sono state scoperte due nicchie semicircolari, con la parete curva posta ad
oriente e pavimento in cocciopesto. La forma e le dimensioni delle nicchie
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(2,71×2,24 metri=9×7,5 piedi) rispondono perfettamente a quelle di un
mosaico a sfondo marino e scena di naufragio rinvenuto fortuitamente sul
terrazzamento nel 1842, venduto sul mercato antiquario e recentemente
riacquistato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (SHEPHERD 1999;
EAD. in questo volume).
La scena di naufragio (soggetto assolutamente isolato nel panorama
iconografico), anche se occupa uno spazio laterale e non ampio rispetto al
più comune soggetto marino, porta a connotare il mosaico come possibile ex
voto dedicato da un personaggio, verosimilmente scampato ad un naufragio,
ad una divinità protettrice.
Singolare è anche l’insieme architettonico che ospitava molto probabil­
mente il mosaico: l’ipotesi al momento più verosimile è che le nicchie potesse­
ro essere delle fontane o ninfei (Lanuvium, fontana a nicchie sul terrazzamento
del santuario di Giunone Sospita: BENDINELLI 1921, c.360; CHIARUCCI 1983,
pp. 166; COARELLI 1987, p. 143; Palestrina, terrazza sotto il santuario: NEUERBURG
1965, p. 173, n. 99 e in generale pp. 53-59) in cui l’acqua proveniente da un
elemento di adduzione (che poteva essere forse posto al centro della parete
curvilinea, più o meno in alto: NEUERBURG 1965, p. 98), scorreva sul pavimento
(la parte centrale del mosaico presenta un riquadro che potrebbe essere la
traccia di una base di una statua o di un labrum, cfr. SHEPHERD 1999, p. 131 e
nota 39) e veniva quindi incanalata attraverso le “bocche di lupo” (il cui im­
bocco è posto proprio davanti alle due nicchie) negli ambienti sotterranei.
Il complesso di ambienti e nicchie si addossa ai muri perimetrali orientale
e meridionale e sembra appartenere ad un’ultima fase di sistemazione, non
possiamo ancora dire se contemporanea alla costruzione del fronte ad arcate.
Alla stessa operazione di riorganizzazione di questo settore del terraz­
zamento appartiene anche l’allestimento di un portico (sono stati individuate
per il momento soltanto le fondazioni di due pilastri, Tav. IV; cfr. RIZZITELLI,
in questo volume) che si sviluppava in direzione est-ovest.
Il portico è una costante nell’organizzazione architettonica e spaziale dei
santuari repubblicani. Può essere concepito su uno o più livelli (santuari di Erco­
le a Tivoli, di Giunone Sospita a Lanuvio: COARELLI 1976; CHIARUCCI 1983, pp.
176-187; COARELLI 1987, pp. 141-143) e normalmente si articola su tre lati del
terrazzamento con l’eventuale presenza di ambienti interni (a Gabii sono presen­
ti nei bracci laterali; a Lanuvio all’interno di un portico ad L; a Pietrabbondante
il portico e gli ambienti sono presenti soltanto sui lati del terrazzamento).
Piccoli ambienti semicircolari, con colonnina centrale, sono stati rinve­
nuti nel santuario di S. Venera a Paestum (PEDLEY 1990, pp. 144-152, figg.
101-102, 105; ID. 1993, pp. 80-82, fig. 24; ID. 1993a, pp. 94-95, fig. 25, pp.
108-109, 112-115). In questo caso sono strutture aggiunte posteriormente
(inizi I secolo d.C.) in un complesso databile agli inizi del V secolo a.C.,
ristrutturato ed ampliato nel III e alla metà del II secolo a.C. I vani semicirco­
lari presentano un allestimento simile a quelli rinvenuti a Populonia, ma non
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vi sono elementi dirimenti per determinarne la funzionalità, che comunque
doveva essere legata alle pratiche cultuali (ninfei, ambienti per pasti rituali o
per la conservazione di oggetti sacri).
Nel complesso de “Le Logge” l’esistenza di fontane o ninfei in forma di
grotte artificiali sembra testimoniata dal rinvenimento sulla superficie del
terrazzamento di molti frammenti, anche di proporzioni consistenti, di con­
crezioni calcaree provenienti probabilmente dalla zona delle sorgenti termali
di Venturina e di conchiglie (murex trunculus – sconciglio) intere o apposita­
mente tagliate in senso longitudinale, che dovevano rivestire le pareti di am­
bienti allestiti ad imitazione di sorgenti naturali (NEUERBURG 1965, pp. 92­
95; LAVAGNE 1988, pp. 405-427; per gli sconcigli tagliati è possibile un im­
piego nei pavimenti musivi: ACCARDO 2000, pp. 125-128, fig. 70).
In ambito italico e all’interno di un’area santuariale, due grotte artifi­
ciali, utilizzate come fontane lustrali, sono ricavate ai lati del podio del tem­
pio di Ercole a Tivoli (GIULIANI 1970, pp. 190-191). Inoltre, le nicchie della
grande fontana – ninfeo situata sul terrazzamento superiore del santuario di
Giunone Sospita a Lanuvio erano decorate con pietra pomice, conchiglie e
mosaici colorati (BENDINELLI 1921, c.360; CHIARUCCI 1983, p. 166).
Nel complesso di Praeneste, in un terrazzamento posto fra il santuario
superiore e l’area della basilica, vi era una serie di fontane poste in nicchie
semicircolari, le cui pareti in blocchi di tufo erano scolpite all’interno ad
imitazione della roccia naturale. Le fontane erano alimentate da un foro si­
tuato all’apice della volta e la zona antistante era probabilmente coperta da
un porticato (NEUERBURG 1965, pp. 173-174, fig. 25).
CYNTHIA MASCIONE
Bibliografia
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