N.2 - Marzo/Aprile 2007
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N.2 - Marzo/Aprile 2007
DCN 2 no pubblicità - 2007 26-04-2007 15:56 Pagina 1 Vo l u m e 5 • N u m e r o 2 • M a r z o - A p r i l e 2 0 0 7 Spediz. in abb. post. 45% - art. 2 comma 20.b - legge 662/96 - Filiale di Milano • Una copia: € 0,40 www.dermocosmonews.it BIMESTRALE DI NOTIZIE, NOVITÀ, AGGIORNAMENTI, TERAPIE IN DERMOCOSMETOLOGIA Direttore Scientifico: Ruggero Caputo Direttore Responsabile: Riccarda Serri Coordinatore Scientifico: Stefano Veraldi LA FOSFATIDILCOLINA Comitato Scientifico e di Redazione: Mauro Barbareschi (MI), Enzo Berardesca (RM), Leonardo Celleno (RM), Gabriella Fabbrocini (NA), Marcella Guarrera (GE), Matilde Iorizzo (BO), Franco Kokelj (TS), Giorgio Landi (CE), Giuseppe Micali (CT), Giuseppe Monfrecola (NA), Paolo Piazza (RM), Marcella Ribuffo (RM), Corinna Rigoni (MI), Fabio Rinaldi (MI), Luigi Rusciani (RM), Adele Sparavigna (Monza - MI), Aurora Tedeschi (CT), Antonella Tosti (BO), Antonello Tulli (CH) Maria Delia Colombo Segreteria di Redazione: Giuseppe Provveduto [email protected] Redazione e Pubblicità: Via B. Verro, 12 20141 Milano Tel. 02 895 40 427 Fax 02 895 18 954 [email protected] Editore: ARTCOM S.r.l. Via B. Verro, 12 20141 Milano Tel. 02 895 40 427 Fax 02 895 18 954 Stampa: Arti Grafiche Stefano Pinelli S.r.l. Via R. Farnetti, 8 20129 Milano Iscrizione al ROC n° 9838 Iscrizione Tribunale di Milano n° 87 del 15/02/2003 Dermatologa e Farmacologa - Milano ABSTRACT La fosfatidilcolina, costituente principale della membrana plasmatica, stà avendo un grosso successo in medicina estetica per il trattamento delle adiposità localizzate. I risultati sembrano promettenti e sembra anche che non esistano particolari problemi di safety. In letteratura ormai sono numerose le pubblicazioni su questo prodotto anche se l’indicazione per il trattamento delle adiposità localizzate è “out of label” in tutti i paesi dove viene utilizzata. Il meccanismo d’azione si basa su una azione detergente che causa una lisi non specifica delle membrane cellulari, indipendente dalle lipasi endogene che porta a necrosi il tessuto adiposo. STORIA DELLA FOSFATIDILCOLINA strato che la PC aumenta le proprietà recettoriali della membrana cellulare degli adipociti, aumentandone la sensibilità all’insulina e provocando quindi una accelerazione della lipolisi: Kardiologia 1989; 29: 57. A metà degli anni ’90 un gruppo di medici brasiliani dichiarano, in alcuni Congressi di Dermatologia e di Medicina Estetica, di ottenere buoni risultati sulle adiposità localizzate con iniezioni di fosfatidilcolina. Nel 2001, su Dermatology Surgery, L a fosfatidilcolina viene utilizzata per la prima volta per l’embolia grassosa nel 1959 in Russia. Da allora venne usata solo in Europa, SudAmerica e SudAfrica (ma non negli USA dove non è stata mai approvata) per iperlipidemia, aterosclerosi, angiopatie, angina e malattie epatiche. Nel 1989 BOBKOVA e al. hanno dimo- SOMMARIO Pag. 1 Arturo Martini e la sifilide 10 di Stefano Veraldi La fosfatidilcolina di Maria Delia Colombo ABBONAMENTI ANNUALI Peeling all’acido piruvico 40% nel melasma: vantaggi della nuova formulazione in gel € 100 (Italia) di Maria Pia De Padova, Matilde Iorizzo € 150 (Estero) Malattie cutanee e veneree 11 5 6 di Fabio Ayala, Paolo Lisi, Giuseppe Monfrecola Il naltrexone nel trattamento del prurito: risultati relativi ai primi 39 pazienti di Stefano Veraldi, Fabio Celotti, Ruggero Caputo Notizie dalla Letteratura Internazionale e dai Congressi 12 Rubrica aperta ai lettori 7 DCN 2 no pubblicità - 2007 26-04-2007 2 15:56 Pagina 2 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 la dermatologa brasiliana Patricia Rittes pubblica il primo articolo sugli effetti lipolitici della fosfatidilcolina iniettata direttamente nei depositi adiposi sottopalpebrali. Tale articolo era stato presentato già come comunicazione scientifica al 54° Congresso Brasiliano di Dermatologia nel 1999 (Fig. 1). Sempre la stessa autrice pubblica nel 2003 su Aesthetic Plastic Surgery e su Aesthetic Surgery Journal, articoli sull’azione lipolitica della fosfatidilcolina nei depositi adiposi degli arti ed altri distretti corporei. La Dr.ssa Rittes ha dichiarato di aver trattato dal 1995 al 2003 oltre PATRICIA RITTES: FOSFATIDILCOLINA PER LE BORSE SOTTOPALPEBRALI A B segnale di trasduzione dall’esterno all’interno della cellula. È uno ione dipolare con uguale carica negativa e positiva. Avendo una testa idrofilica e due code lipofiliche ha entrambe le proprietà idrofila e lipofila. Queste proprietà rendono la PC un emulsificante naturale. La PC è commercialmente prodotta soprattutto dai semi di soia, dove il 75% della PC è composta da acidi grassi insaturi (linoleico, linolenico e oleico). Non sono segnalati effetti tossicologici, mutagenici o teratogenici e la forma orale sembra essere ben tollerata fino a dosi di 18 g/die. La PC è commercialmente prodotta in associazione con un sale biliare (desossicolico DC) ed un antimicrobico (l’alcool benzilico). Questa formula assomiglia a quelle formulazioni del commercio Essentiale e Lipostabil, in cui sono aggiunte in maniera variabile la vitamina E e le vitamine del gruppo B. CLINICA A B Fig. 1 - (Sopra) A) Paziente di 71 anni con evidenti borse sottopalpebrali. B) Risultati dopo tre iniezioni di fosfatidilcolina. (Sotto) A) Paziente di 55 anni con evidenti borse sottopalpebrali. B) Risultati dopo quattro iniezioni di fosfatidilcolina. CARATTERISTICHE CHIMICHE DELLA FOSFATIDILCOLINA: COLINA GRUPPO IDROFILO POLARE FOSFATO GLICEROLO TRATTO IDROFOBICO 2 AC ID O ACIDO GRASSO 1 GR AS SO Fig. 2 8.500 pazienti su cui ha effettuato 24.000 trattamenti, di questi circa 2000 sulle borse palpebrali (Fig. 2). La fosfatidilcolina (PC) è il fosfolipide più frequente nel mondo animale e vegetale. È un importante componente della lecitina che ne contiene dal 10 al 20%. La PC è costituita da un gruppo fosfato, 2 acidi grassi e dalla colina, precursore dell’acetilcolina. L’acido linoleico è l’acido grasso prevalente. La PC è il maggiore componente strutturale della membrana cellulare. Circa dal 40% al 50% delle membrane cellulari sono composte da PC. Dato il suo ruolo nel mantenere l’integrità delle membrane cellulari ha un compito essenziale nella regolazione omeostatica della fluidità delle stesse. La PC interviene nei processi del 3 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 Le iniezioni di Fosfatidilcolina (PC) stanno diventando una delle più popolari tecniche per trattare le adiposità localizzate. Molti studi in aperto e qualche studio di confronto hanno riportato dei risultanti promettenti per il trattamento delle borse della palpebra inferiore; del doppio mento; delle guancie, dei fianchi; dei lipomi; della lipodistrofia nei pazienti HIV positivi in particolare per la “gobba di bufalo” e di altre aree. Per questo, dopo la sua introduzione come trattamento off-label per i xantelasmi nel 1988, molti medici in Europa, Sud America e Sud Africa hanno trattato le adiposità localizzate con i prodotti del commercio Essentiale e Lipostabil (Natterman - Aventis) contenenti PC. Sebbene questi prodotti siano indicati per il trattamento di patologia del fegato e malattie cardiovascolari, non sono stati approvati dall’FDA per uso estetico. Inoltre, L’FDA ha pubblicato una warning letter contro i venditori su Internet di Lipostabil per uso estetico. Nel gennaio 2003, ANVISA, l’Agenzia Nazionale Brasiliana per il Moni- toraggio Sanitario, ha dichiarato che Lipostabil non è registrato in Brasile per nessun uso né medico né cosmetico. MECCANISMO D’AZIONE Bobkova ha dimostrato che un aumento di PC nei tessuti favorisce una migliore interazione con l’insulina, causando un aumento della lipolisi. È stato ipotizzato che la PC e il DC causino la dissoluzione del grasso attraverso la rottura delle membrane cellulari con il conseguente rilascio dei depositi intracellulari di grasso. Questo viene quindi riassorbito nel sistema reticolo endoteliale e metabolizzato. Dopo il riassorbimento del grasso, le membrane cellulari vengono riparate con la ricostituzione della normale microanatomia, con la conseguente riduzione dello spessore e del volume del grasso sottocutaneo (Rose et Rittes). Rotunda ha studiato l’effetto in vitro di PC e DC, Rose l’effetto in vivo con istologia. Rotunda dimostra, dopo una serie di esperimenti in vitro utilizzando campioni di tessuti freschi e colture cellulari, che la PC e DC lavorano principalmente con una azione detergente causando una lisi non specifica delle membrane cellulari, indipendente dalle lipasi endogene. Rotunda dimostra inoltre che il DC, il componente biliare della formula, usato per emulsionare la PC, è il più importante attivo costituente della formulazione. Ciò è dovuto al fatto che i sali biliari sono potenti solubilizzanti delle membrane cellulari. La solubilizzazione delle membrane cellulari a causa di un detergente è dovuta alla: - distribuzione dello stesso negli strati lipidici; - destabilizzazione degli strati lamellari della membrana; - disintegrazione e alla conseguente formazione di micelle (composte dal detergente e dai lipidi della membrana). Dall’esame istologico la PC e il DC iniettati nei tessuti causano la rottura architettonica del grasso e dei muscoli, ma non hanno un effetto apparente sull’epidermide, il derma o gli annessi. Questi dati suggeriscono che se le iniezioni di PC e DC vengono effettuate, non intenzionalmente, in tessuti diversi dal grasso possono portare a necrosi. Ma questi effetti indesiderati non sono stati ancora segnalati in clinica anche perché non ci sono report di seri effetti collaterali a lungo termine. La limitazione del modello sperimentale di Rotunda è che non può segnalare le reali conseguenze cliniche dopo le iniezioni nei tessuti viventi. Dall’esperienza clinica, dopo le iniezioni di PC e DC si verifica una immediata risposta infiammatoria, evidente come eritema ed edema. La ripetizione di questi fenomeni infiammatori può portare a fibrosi, specialmente dopo molteplici iniezioni. Negli studi pubblicati non risultano segnalate delle fibrosi. Esistono delle segnalazioni aneddotiche di pazienti che hanno sviluppato noduli palpabili nei siti di iniezione che si possono risolvere dopo un periodo di settimane o di mesi (Rittes PG). Sono state necessarie delle biopsie per valutare adeguatamente la natura di queste reazioni. Rose, dopo delle punch biopsie nelle zone di iniezione, ha esaminato le alterazioni istologiche nel grasso sottocutaneo. Dopo una settimana, entro i setti e i lobuli del grasso sottocutaneo, era presente un infiltrato di plasmacellule, linfociti neutrofili e magrofagi. A due settimane, linfociti ed istiociti predominavano. Gli istiociti consistevano di: convenzionali forme epiteliodi, cellule schiumose ad infarcimento lipidico e cellule giganti multinucleate. In più, evidente necrosi del grasso che includeva microcisti di adipociti e atrofia sierosa. Quindi i campioni istologici dimostrano chiaramente che la PC/ DC, sia attraverso un effetto diretto emulsionante sulle membrane degli adipociti, sia per una reazione indiretta dovuta alla chemiotassi di cellule infiammatorie nell’area, porta ad una infiammazione acuta e cronica all’interno dei setti e dei lobuli del grasso sottocutaneo. Le cellule infiammatorie reclutate scardinano direttamente o distruggono indi- rettamente le membrane degli adipociti via citochine o per il rilascio di enzimi litici. Risultante nelle necrosi del grasso sottocutaneo. Ne consegue aumento dei fibroblasti ed una produzione di collagene reattivo. La fibroplasia e la riduzione del numero e del volume degli adipociti contribuisce all’assottigliamento e alla possibile retrazione della cute. Gli Autori ipotizzano che con il passare del tempo la risposta infiammatoria receda e che venga sostituita da una nuova attività dei fibroblasti. La sintesi di nuovo collagene porta ad un ispessimento ed ad una retrazione della cute. I risultati di questo studio in vivo dimostrano che PC/DC possono distruggere le cellule adipocitiche con dimostrazione istologica. ASPETTI LEGISLATIVI Sono pervenute all’ufficio Farmacovigilanza dell’AIFA segnalazioni relative all’uso improprio di Lipostabil per indicazioni mai autorizzate. Si tratta prevalentemente di usi cosmetici. Il farmaco risulta autorizzato e in commercio in Italia nella forma orale (cpr da 110 mg e da 200 mg). Il Produttore ha però recentemente comunicato la sospensione dalla vendita, il prodotto rimarrà in circolazione fino ad esaurimento scorte. L’indicazione in questione: Ipertrigliceridemie ed Ipercolesterolemie di tipo IV, IIb e IIa. La forma endovenosa (5 fiale 5ml 250 mg), utilizzata off-label in indicazioni estetiche, risulta ritirata dal commercio dal 20/5/2004 per decisione della Ditta Produttrice. L’indicazione autorizzata è: Profilassi e Terapia dell’Embolia Grassosa. Fino ad ieri non risultava depositato e autorizzato alcun materiale informativo, né risultavano autorizzati dall’AIFA convegni o corsi su farmaci contenenti il principio attivo fosfatidilcolina. Nonostante ciò, da sempre su Internet è possibile trovare materiale che sponsorizza un uso improprio del farmaco. Il problema non è solo italiano; per DCN 2 no pubblicità - 2007 4 26-04-2007 15:56 Pagina 4 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 esempio sul sito dell’Agenzia dei Farmaci Inglese, sono state pubblicate, in data 18/10/2005, delle domande e risposte sull’uso improprio di Lipostabil. Ma vediamo meglio cosa significhi l’uso dei farmaci “off-label”. Si indica comunemente con il termine off-label l’uso della specialità medicinale per una indicazione o per una via di somministrazione o modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata. (Art. 3.2.1. 94/1998) La libertà del medico di prescrivere farmaci per indicazioni non previste dalla scheda tecnica o non ancora autorizzate è consentita, ma è soggetta a precise condizioni e limitazioni di fonte legale (art.31 94/1998) e di fonte autodisciplinare (art. 12 Codice deontologico del medico). L’intervento legislativo avvenuto nel 1998, a seguito della vicenda Di Bella, ha definito e circoscritto l’uso dei farmaci off-label delineando dei confini all’operato del medico. Articolo 3 comma 1, 94/1998: “fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialità medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalità di somministrazione previste dall’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal Ministero della Sanità” Articolo 3 comma 2, 94/1998: “In singoli casi il medico può, sotto la sua diretta responsabilità e previa informazione del paziente ed acquisizione del consenso dello stesso, impiegare il medicinale prodotto industrialmente per una indicazione o una via di somministrazione o una modalità di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell’applicazione dell’art. 1, comma 4, del d.l. 21 Ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 Dicembre 1996, n.648, qualora il medico stesso ritenga, in base ai dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalità di somministrazione e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale”. Anche Rotunda su Dermatol Surgery 2006, si pone questo quesito distinguendo la mesoterapia dalle iniezioni intralesionali di fosfatidilcolina, perché ci sono differenze legislative. Esistono infatti sia per l’una che per l’altra delle zone grigie legislative. In Virginia per esempio la mesoterapia è considerata una procedura medica che richiede una licenza. Ma quale tipo di licenza non viene specificato. L’FDA non guarda favorevolmente ai composti prodotti in farmacia, ma non può intervenire adeguatamente perché queste sono regolate da Agenzie Statali. Gli effetti collaterali più o meno gravi rilevati con iniezioni sotto cutanee di molti tipi diversi di sostanze, sia come mesoterapia che iniezioni più profonde come per la fosfatidilcolina, sono re- 5 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 sponsabili dei dubbi dell’FDA. Sembra che la fosfatidilcolina non presenti particolari problemi di tollerabilità. Anche se bisogna segnalare che uno dei potenziali effetti tossici della fosfatidilcolina è la conversione della PC in alti livelli di un suo metabolita: la lisofosfatidilcolina (Il calore e la lunga conservazione ne sono prevalentemente responsabili). La lisofosfatidilcolina è nota causare colestasi epatica, aumento degli enzimi ed emolisi intravasale nell’animale, precisamente su sei maialini sani e trattati sia con placebo che con iniezioni di fosfatidilcolina. Uno di questi è morto di epatite colestatica. Bisogna considerare però che questi animali presentano un metabolismo diverso, rispetto agli uomini, della PC. Quindi l’effetto può essere specie-specifico: dati di Paschoal. Inoltre, ricordiamoci che gli unici farmaci permessi dall’FDA per iniezioni intradermiche e sottocutanee sono: gli anestetici locali; la calcitonina, la ialuronidasi ed il collagene. In ogni caso l’FDA per i prodotti usati off-label, consiglia: di informare bene il paziente sul prodotto; usare solo sostanze che abbiano un adeguato razionale scientifico e mantenere i dati del paziente per lungo periodo ma da oggi ci risulta registrato un prodotto ad uso cosmetico, a base di Fosfatidilcolina, con l’indicazione per le adiposità localizzate. Sembrerebbe, quindi, che potremmo usarla senza doverci porre il problema della legittimità dell’indicazione. VISITATE IL NOSTRO SITO: www.dermocosmonews.it CONCLUSIONI Dato il meccanismo d’azione della fosfatidilcolina sui tessuti, in particolare sul tessuto adiposo, e data la potenziale pericolosità se l’utilizzo non è adeguatamente circostanziato, si auspica che venga eseguito uno studio multicentrico longitudinale, con grande numero di pazienti per poter raggiungere una potenza statistica adeguata e dimostrare la reale efficacia e tollerabilità di uno - Bibliografia - Serra M. Third Intern Workshop on Adverse Reaction in HIV, Athens 2001. Leroy Young V. Aesthetic Surg J 2003; 23: 413-417. Rittes PG. Aesthetic Plastic Surgery 2003; 27: 315-318. Canty DJ et al. Nutr Rev. 1994; 52: 327339. - Rotunda A.M. Dermatol Surg 2004; 30: 1001-1008. Bobkova VI. et al. Kardiologiia 1989; 29: 57-60. Lieber CS. Curr Gastroenterol Rep 2004; 6: 60-5. Galli C. Lipids 1985; 20: 561-566. Duncan DI. Aesthetic Surg J 2005; 25: 530-543. Walsh N. Skin Allergy News 2004; 35: 26. Rose P.T. et al. J of Cosm and Laser The- schema di trattamento ben codificato nella riduzione delle adiposità localizzate. - rapy. 2005; 7: 17-19. Rittes PG. Personal Communication, March 2003. Rittes PG et al. Aesthetic Plast Surg 2006, Jul-Aug; 30(4): 474-8. Salles AG et al. Aesthetic Plast Surg 2006, Jul-Aug; 30(4): 479-84. Treacy PJ et al. J Cosmet Laser Ther 2006, Sep; 8(3): 129-32. Rotunda A.M. et al. Dermatol Surg 2006; 32: 465-480. PEELING ALL’ACIDO PIRUVICO 40% NEL MELASMA: VANTAGGI DELLA NUOVA FORMULAZIONE IN GEL Maria Pia De Padova, Matilde Iorizzo Clinica Dermatologica - Università di Bologna I l melasma è una forma di iperpigmentazione acquisita che colpisce le aree di cute fotoesposte. Clinicamente si manifesta come una pigmentazione bruno - grigiastra a margini irregolari e mal definiti. È più frequente nelle donne, ma può colpire anche gli uomini in un 10% dei casi. È un inestetismo di difficile gestione terapeutica e fra i trattamenti cosmetologici fino ad ora impiegati vi è anche l’utilizzo di peeling chimici, fra cui il peeling all’acido piruvico che pare avere buone prospettive di efficacia. L’obiettivo della terapia deve essere quello di: - diminuire la proliferazione dei melanociti; - inibire la formazione dei melanosomi e promuovere la loro eliminazione. La terapia deve considerare anche le diverse fasi della patologia ed il tipo istologico di melasma, ovvero epidermico, dermico o misto. Il melasma epidermico è caratterizzato da un aumento della melanina negli strati basale, soprabasale e corneo. Clinicamente assume un colore bruno chiaro. Il melasma dermico è dato da una melanina più concentrata nel derma, sia superficiale che profondo. Clinicamente assume un colore bruno - grigio. Il melasma misto vede la melanina aumentata sia nell’epidermide che nel derma. Clinicamente assume un colore bruno scuro. L’acido piruvico in soluzione alcolica è da tempo utilizzato nel trattamento di numerose patologie dermatologiche. Si rivela utile grazie al suo effetto cheratolitico che riduce lo spessore dell’epidermide e permette la rimozione di cheratinociti pigmentati. Agisce inoltre a livello del derma papillare, stimolando la produzio- ne di collagene e fibre elastiche e migliorando così l’elasticità e la luminosità cutanea. La sua attività è legata alla concentrazione usata, al tipo di solvente ed al numero delle applicazioni effettuate. Ultimamente per ovviare ad alcuni inconvenienti della soluzione alcolica, che rimane pur sempre valida, si è pensato di utilizzare una formulazione in gel. La soluzione alcolica non ha una perfetta omogeneità d’azione ed ha un odore pungente ed irritante per le mucose, poco accettato dai pazienti. Protocollo di trattamento: - preparazione domiciliare (retinoidi topici); - detersione con alcol; - applicazione con un cotton-fioc; - inattivazione (soluzione alcalina di bicarbonato di sodio); - idratazione; - trattamento post-peeling; DCN 2 no pubblicità - 2007 6 26-04-2007 15:56 Pagina 6 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 Nella nostra esperienza l’acido piruvico 40% in gel è molto efficace per il trattamento del melasma in quanto i pazienti da noi trattati raggiungono un miglioramento clinicamente evidente dell’ iperpigmentazione dopo 4 - 5 sedute (ad intervalli di 4 settimane). La compliance è inoltre molto buona. La formulazione in gel è particolar- Bibliografia 1. Grimes PE. Melasma. Arch Dermatol 1995; mente utile per i seguenti motivi: 1) maggiore facilità di applicazione, che permette di differenziare l’intensità del trattamento da zona a zona di cute trattata; 2) più lento rilascio del principio attivo (grazie proprio alla formulazione in gel); 3) presenza di un eritema più omogeneo; 4) assenza di quello odore sgrade- 131: 1453-1457. 2. Ghersetich I, Brazzini B, Lotti T. Chemical Peeling. In: European handbook of derma- vole tipico della soluzione alcolica. Il piruvico 40% in gel è pertanto un peeling ben tollerato, senza alcun effetto collaterale permanente ed è sicuramente adattabile alle necessità dei vari gradi di melasma. tological treatments. Springer, 2003. 3. Tosti A, Grimes PE, De Padova MP. Atlas of chemical peels. Springer, 2006. MALATTIE CUTANEE E VENEREE Fabio Ayala, Paolo Lisi, Giuseppe Monfrecola M alattie cutanee e veneree (Piccin, Padova, 2007) è un libro che si rivolge allo studente di medicina. È, quindi, un libro che punta a formare, dal punto di vista dermatologico, il futuro medico di medicina generale, che deve sapere di tutto un po’. Questo appare chiaro fin dalla Prefazione: nella prima riga, gli Autori si chiedono, dimostrando di aver letto Che cos’è la letteratura di Sartre, e in particolare il capitolo Per chi si scrive?, “A chi deve essere rivolto (questo libro)?”. Avendo bene in mente il target dell’opera, gli Autori hanno quindi impostato la stesura del libro in modo molto pragmatico. Facciamo due esempi (la ricerca è stata casuale). Il primo riguarda il capitolo sulla dermatite seborroica. Definizione: 4 righe. Clinica: 20 righe. Eziologia e patogenesi: 4 righe. Diagnosi: 9 righe. Terapia: 10 righe. Il secondo esempio riguarda la rosacea. Definizione: 4 righe. Clinica: 19 righe. Eziologia e patogenesi: 6 righe. Diagnosi: 5 righe. Terapia: 11 righe. È evidente che gli Autori hanno dato alla eziologia e alla patogenesi della dermatite seborroica e della rosacea (ma non solo di queste dermatiti) lo spazio 7 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 che si meritano, cioè poco, considerando che queste sono assai poco conosciute, e non vale quindi la pena di perdere tempo in una sterile “masturbatio grillorum”. Per la gioia degli studenti aggiungiamo che nel libro non c’è l’ombra di una fotografia istopatologica o di microscopia elettronica o di immunofluorescenza. Tutta clinica, quindi, supportata da molte belle immagini. Maureen Geralds IL NALTREXONE NEL TRATTAMENTO DEL PRURITO: RISULTATI RELATIVI AI PRIMI 39 PAZIENTI Stefano Veraldi*, Fabio Celotti**, Ruggero Caputo* * Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di Milano, Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena - Milano ** Istituto di Endocrinologia, Università di Milano INTRODUZIONE I l naltrexone (17-ciclopropilmetil-6-desossi-7,8-diidro-1,4idrossi-6-ossi-17-normorfina; formula bruta: C20 H23 N O4) è un derivato ciclopropilico dell’ossimorfone, una molecola simile al naloxone e alla nalorfina, due antagonisti dei recettori degli oppioidi. Anche il naltrexone agisce come antagonista competitivo dei recettori degli oppioidi, presentando una maggiore affinità per i recettori µ e . A un dosaggio compreso tra 20 e (Tab. 1) 200 mg per via orale, il naltrexone è in grado di antagonizzare in modo dose-dipendente gli effetti euforizzanti dell’eroina(2). Vari studi hanno dimostrato che il naltrexone è 17 volte più potente della nalorfina e almeno due volte più potente del naloxone nel precipitare una crisi da astinenza sia in scimmie sia in individui morfina-dipendenti(3-5). La somministrazione preventiva di 50 mg di naltrexone limita il numero e la gravità delle crisi da astinenza in soggetti dipendenti da morfina(6). Oltre ad antagonizzare i recettori per gli oppiacei, il naltrexone è in grado di incrementare il numero dei recettori µ, e centrali. Il naltrexone è comunemente utilizzato per la disassuefazione di pazienti dipendenti da oppiacei e per prevenire il ritorno al loro utilizzo. Poiché è privo di azioni agoniste, il naltrexone non causa dipendenza(1). Rispetto al naloxone, il naltrexone è almeno due volte più potente, presenta una maggiore durata d’azione (24-48 ore) e il vantaggio di poter essere somministrato per via orale(6). – CARATTERISTICHE DEI PAZIENTI N. Sesso Età Forma di prurito 1. F.L.B. 2. A.N. 3. R.S. 4. L.M. 5. F.C. 6. G.P. 7. F.B. 8. E. O. 9. V.L.V. 10. G.C. 11. A.Z. 12. L.C. 13. S.M. 14. E.B. 15. M.V. 16. W.C. 17. A.C. 18. C.C.C. 19. M.F. 20. M.T. 21. R.B. 22. M.M. 23. A.A. 24. S.D. 25. A.C. 26. G.L. 27. L.S. 28. F.C. 29. G.T. 30. D.D.C. 31. S.P. 32. L.F. 33. A.G. 34. V.D. 35. A.B. 36. M.N. 37. C.C. 38. C.D.T. 39. A.G. M F F M M F M M F F F F M F F F M F F M F F M F F F F M M M F F M F M M F F M 51 75 65 32 40 44 34 90 63 47 68 80 88 73 74 86 74 86 30 42 47 60 42 70 78 67 75 72 79 32 68 81 78 52 76 69 50 83 76 A causa sconosciuta A causa sconosciuta Prurigo A causa sconosciuta Prurito uremico Pemfigoide bolloso Prurito anale Prurigo Prurigo Prurigo A causa sconosciuta Lichen verrucoso A causa sconosciuta Prurigo A causa sconosciuta Prurigo Orticaria cronica idiopatica Prurito uremico Prurigo A causa sconosciuta Prurigo Prurigo Prurigo Prurigo Prurigo Prurigo Prurito anale Prurigo Prurigo Dermatite atopica Prurigo Prurigo A causa sconosciuta Prurito anale Prurigo A causa sconosciuta A causa sconosciuta Lichen sclero-atrofico Prurigo RAZIONALE ALL’UTILIZZO DEL NALTREXONE NEL TRATTAMENTO DEL PRURITO Il razionale all’utilizzo del naltrexone nel trattamento del prurito può essere così schematizzato: a) Gli oppiacei (soprattutto la morfina) utilizzati nella terapia del dolore provocano spesso un prurito resistente ai farmaci anti-pruriginosi tradizionali (anti-istaminici sistemici, corticosteroidi topici e sistemici)(7-9). Il prurito causato dalla morfina può essere prevenuto dalla somministrazione degli antagonisti dei recettori degli oppioidi, come il naloxone e, soprattutto, il naltrexone(9). b) L’attivazione dei recettori µ degli oppioidi induce prurito; sarebbero coinvolti soprattutto i recettori µ centrali: gli antagonisti recettoriali µ-specifici che non superano la barriera emato-encefalica non sono in grado di antagonizzare il prurito indotto da morfina. c) È stata dimostrata la presenza di recettori Ì?anche nei cheratinociti. DCN 2 no pubblicità - 2007 8 26-04-2007 15:56 Pagina 8 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 (Tab. 2) – MALATTIE ASSOCIATE N. 5. 8. Malattie associate F.C. E. O. 12. L.C. 14. E.B. 17. 18. 28. 33. 37. A.C. C.C.C. F.C. A.G. C.C. Insufficienza renale cronica Diabete insulino-dipendente, polineuropatia, glaucoma, epatite cronica post-epatite C, carcinoma prostata Cirrosi biliare primitiva Diabete non insulino-dipendente, alcolismo Sindrome ipereosinofila Insufficienza renale cronica Carcinoma prostata, policitemia Malattia di Parkinson Sindrome di Sjögren d) La morfina provoca degranulazione dei mastociti e dei basofili e conseguente liberazione di istamina. Il naltrexone blocca il rilascio di istamina dai basofili(10). e) Il naltrexone è stato fino a oggi utilizzato soprattutto nel trattamento del prurito da colestasi(11-15) e del prurito uremico(16). I dati della letteratura relativi all’utilizzo del naltrexone nel trattamento del prurito causato da malattie primitivamente cutanee sono scarsi e, fino a oggi, non sono stati pubblicati studi controllati(17-25). IL NALTREXONE NEL TRATTAMENTO DEL PRURITO: L’ESPERIENZA DELLA CLINICA DERMATOLOGICA DI MILANO Presso l’Istituto di Scienze Dermatologiche dell’Università di Milano sono stati fino a oggi trattati con naltrexone oltre 50 pazienti con prurito cronico, a eziopatogenesi variabile, resistente alle terapie tradizionali (anti-istaminici sistemici, corticosteroidi topici e sistemici, ansiolitici, fototerapia, ...). Presentiamo i risultati relativi a un primo gruppo di 39 pazienti. Pazienti e metodi Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad anamnesi, a esame obiettivo generale e dermatologico e a esami di laboratorio e strumentali. I pazienti hanno partecipato allo studio previa firma di un consenso informato. Prima dell’inizio del trattamento con naltrexone è stato considerato un periodo di wash out di almeno due settimane. Il naltrexone è stato utilizzato per via orale al dosaggio di 50 mg/die per due mesi. Non sono stati utilizzati altri farmaci topici e/o sistemici né la fototerapia. Il follow up minimo è stato di quattro mesi. L’obiettivo primario dello studio era la valutazione del prurito prima, durante e dopo trattamento con naltrexone. Per questo, è stata utilizzata una Visual Analogue Scale (VAS) con punteggio da 0 a 10(26). Per “guarigione” è stata considerata la scomparsa del prurito. Un miglioramento del prurito superiore o uguale al 50% rispetto al valore della VAS pre-trattamento è stato definito come “notevole”, tra il 25 e il 50% come “lieve”, uguale o inferiore al 25% come “invariato”. Risultati La casistica è costituita da 39 pazienti caucasici (16 maschi [41%] 9 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 (Tab. 3) N. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. – RISULTATI Risposta F.L.B. A.N. R.S. L.M. F.C. G.P. F.B. E. O. V.L.V. G.C. A.Z. L.C. S.M. E.B. M.V. W.C. A.C. C.C.C. M.F. M.T. R.B. M.M. A.A. S.D. A.C. G.L. L.S. F.C. G.T. D.D.C. S.P. L.F. A.G. V.D. A.B. M.N. C.C. C.D.T. A.G. Invariato Invariato Notevole miglioramento Invariato Lieve miglioramento Notevole miglioramento Notevole miglioramento Lieve miglioramento Guarigione Invariato Notevole miglioramento Guarigione Guarigione Invariato Lieve migloramento Invariato Lieve miglioramento Lieve miglioramento Lieve miglioramento Invariato Invariato Notevole miglioramento Notevole miglioramento Invariato Invariato Notevole miglioramento Invariato Guarigione Invariato Guarigione Lieve miglioramento Lieve miglioramento Invariato Invariato Notevole miglioramento Invariato Lieve miglioramento Invariato Invariato e 23 femmine [59%]), di età compresa tra 32 e 90 anni (età media: 64 anni). Diciassette pazienti erano affetti da prurigo e 10 presentavano un prurito a causa sconosciuta. Gli altri pazienti erano affetti rispettivamente da prurito anale (3), prurito da insufficienza renale cronica (2), dermatite atopica (1), lichen scleroatrofico vulvare (1), lichen verrucoso (1), orticaria cronica idiopatica (1) e pemfigoide bolloso (1) (Tab. 1). Otto pazienti presentavano malattie associate (Tab. 2). Cinque pazienti (12.8%) sono guariti. In 8 pazienti (20.5%) è stato registrato un notevole miglioramento e in 9 (23.1%) un lieve miglioramento. In 17 pazienti (43.6%) il prurito è stato giudicato invariato (Tab. 3). Reazioni avverse sono state riportate da 14 pazienti (35.9%). La reazione avversa più frequente è stata la nausea (8 pazienti), seguita da insonnia (5), sonnolenza (3), vomito (3), gastralgie (2) e incubi (2). Altre reazioni avverse segnalate sono state la disgeusia (1 paziente), l’anoressia (1), i dolori addominali (1), la diarrea (1), la stipsi (1), l’astenia (1), la cefalea (1), le parestesie (1) e le vertigini (1) (Tab. 4). In 8 pazienti su 14 (57.1%) le reazioni avverse sono state lievi, per cui non è stato necessario sospendere il trattamento o ridurre il dosaggio quotidiano del naltrexone, e transitorie, per cui non è stato necessario utilizzare altri farmaci. In 6 pazienti (15.4%) è stato necessario interrompere il trattamento (Tab. 5). In nessun paziente sono state riscontrate alterazioni degli esami emato-chimici e strumentali. Discussione e conclusioni Nonostante le caratteristiche metodologiche di questo studio (pilota, aperto) e la casistica considerata (numericamente limitata), (Tab. 4) – REAZIONI AVVERSE N. 2. Reazioni avverse A.N. 10. G.C. 12. L.C. 20. M.T. 21. 22. 24. 25. 27. 28. R.B. M.M. S.D. A.C. L.S. F.C. 29. G.T. 30. D.D.C. 33. A.G. 37. C.C. Nausea, dolori addominali, vomito Nausea Nausea, sonnolenza Alterazione del gusto, nausea, gastralgia, vertigini Sonnolenza Nausea, gastralgia, sonnolenza Insonnia Insonnia Vomito Anoressia, nausea, insonnia, incubi Nausea, diarrea Insonnia, parestesie Nausea, vomito, stipsi, insonnia, incubi Astenia, cefalea b) – INTERRUZIONE DELLA TERAPIA (Tab. 5) N. 2. Reazioni avverse A.N. 24. S.D. 27. L.S. 28. F.C. 33. A.G. 37. C.C. Nausea, dolori addominali, vomito Insonnia Vomito Anoressia, nausea, insonnia, incubi Nausea, vomito, stipsi, insonnia, incubi Astenia, cefalea c) d) e) riteniamo, sulla base dei risultati ottenuti, di poter affermare che: a) il naltrexone può essere preso in considerazione nel trattamento del prurito cronico, a eziopatogenesi variabile, resistente alle terapie tradizionali; come riferito precedentemente, una risposta (guarigione o notevole miglioramento) è stata osservata in oltre un terzo dei pazienti. Questo dato è sorprendente se si considera che la casistica considerata è selezionata, in quanto tutti i pazienti erano risultati resistenti alle terapie tradizionali; le reazioni avverse sono state frequenti (più di un terzo dei pazienti), di lieve entità, per cui non è stato necessario sospendere il trattamento o ridurre il dosaggio quotidiano del naltrexone, e transitorie, per cui non è stato necessario utilizzare altri farmaci. In sei pazienti è stato necessario sospendere il trattamento. Tuttavia, è da rilevare che, nel caso del paziente n. 28, affetto da carcinoma della prostata e policitemia e in terapia con antitumorali, la causa principale della sospensione della terapia (anoressia e nausea) non è stata attribuita al naltrexone; in nessun paziente sono state riscontrate alterazioni degli esami ematochimici; in nessun paziente sono state riscontrate alterazioni degli esami strumentali; nei pazienti con prurigo che erano guariti o che avevano riportato un notevole miglioramento del prurito, le lesioni nodulari si presentavano alla fine del trattamento solo lievissimamente meno infiltrate ed eritematose. Questo fa ipotizzare che il grattamento non rappresenti la causa principale dello sviluppo delle lesioni nodulari, come fino a oggi è stato ritenuto. In questi pazienti, le lesioni nodulari persisto- DCN 2 no pubblicità - 2007 10 26-04-2007 15:56 Pagina 10 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 no indefinitamente dopo la scomparsa del prurito. Riteniamo sia doveroso valutare Bibliografia 1. Gonzalez JP, Brogden RN. Naltrexone. A review of its pharmacodynamic and pharmacokinetic properties and therapeutic efficacy in the management of opioid dependence. Drugs 1988; 35: 192-213. 2. Resnick RB, Volavka J, Freedman AM, et al. Studies on EN-1639A (naltrexone): a new narcotic antagonist. Am J Psychiatry 1974; 131: 646-650. 3. Valentino RJ, Katz JL, Medzihradsky F, et al. Receptor binding, antagonist, and withdrawal precipitating properties of opiate antagonists. Life Sci 1983; 32: 2887-2896. 4. Charney DS, Redmond DE Jr, Galloway MP, et al. Naltrexone precipitated opiate withdrawal in methadone addicted human subjects: evidence for noradrenergic hyperactivity. Life Sci 1984; 35: 1263-1272. 5. Killam KF Jr, Brocco MJ, Robinson CA. Evaluation of narcotic and narcotic antagonist interactions in primates. Ann N Y Acad Sci 1976; 281: 331-335. 6. Martin WR, Jasinski DR, Mansky PA. 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Ma si pensi anche alle numerose commissioni che, durante il fascismo, Martini ottenne: citerò, tra le altre opere, la Minerva, nella ARTURO MARTINI E LA SIFILIDE Stefano Veraldi Istituto di Scienze Dermatologiche, Università di Milano, Fondazione I.R.C.C.S., Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena - Milano n illustre collega, ma anche appassionato d’arte, mi ha scritto qualche tempo fa chiedendomi se conoscevo le cause della morte dello scultore Arturo Martini. In particolare, il collega mi chiedeva se è vero che Martini è morto di sifilide. Il quesito mi ha fatto sudare sette camicie, ma, alla fine, ci sono arrivato. Mi hanno soccorso vari testi, tra cui, soprattutto, il libro di Nico Nal- dini (cugino di Pasolini) Alfabeto degli amici. In questo libro si legge, tra l’altro, che Martini, figlio di un fornaio e di una cameriera, da bambino rubava la creta dai carri prima che questi arri- piazza dell’Università La Sapienza a Roma, la Giustizia corporativa, al Palazzo di Giustizia di Milano, i Leoni all’Università Bocconi e gli altorilievi della facciata dell’Arengario, sempre a Milano. Finita la guerra, Martini fu cacciato dall’Accademia di Venezia, dove insegnava scultura, perché giudicato colpevole di collaborazionismo con il passato regime fascista. Martini morì, quasi dimenticato, nel 1947. Ma, siccome si dice che chi ha penato in vita pena anche dopo morto, ecco scoppiare nel 1967 lo scandalo delle sculture false (ben 66!), che sfociò in un processo che si concluse poco tempo dopo, cioè nel 1979 (!). Tutte le sculture erano false, nonostante il parere di Giulio Carlo Argan (quello, per intenderci, dei Modigliani autentici modellati con il Black & Decker). Travolto dalla scultura “narrativa” di Martini, quasi quasi ne dimenticavo la fine: Martini morì a causa di un’emorragia cerebrale. Orio Vergani, nel suo Diario scrive: “Martini non poteva parlare: rispondeva solo a cenni. Zibordi (un famoso clinico della Milano di quegli anni) gli domandò: «Hai avuto la sifilide?». Martini rispose di sì con un cenno. Questa risposta conteneva la sua condanna a morte”. Chi fosse incuriosito dall’opera di Arturo Martini, può visitare la bella mostra, a cura di Claudia Gian Ferrari ed Elena Pontiggia, presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma: c’è tempo fino al 13 maggio. Notizie dalla Letteratura Internazionale e dai Congressi I contributi editoriali dei Lettori vanno inviati a: [email protected] VALUTAZIONE DELLA PLASMA SKIN REGENERATION TECHNOLOGY NEL RINGIOVANIMENTO DEL VOLTO U 11 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 Gli autori si propongono di valutare i risultati della Plasma Skin Regeneration Technology (PSR) nel ringiovanimento del volto. Lo strumento utilizzato è un generatore di radiofrequenza (frequenza ultra elevata) che impartisce energia ad un gas di azoto inerte. Il gas attivato è detto plasma ed ha uno spettro di emissione compreso tra l’indaco e l’infrarosso. Il plasma viene emesso attraverso uno spot di 6 mm di diametro tenuto a distanza dalla superficie cutanea circa 5 mm. Il contatto con la cute da origine ad un aumento graduale della temperatura. La profondità dell’effetto termico viene regolata in base all’energia settata nello strumento (da 1 a 4 Joules per impulso). La frequenza degli impulsi può essere settata tra 1 e 4 Hertz. Otto pazienti volontari si sono sottoposti al trattamento di ringiovanimento dell’intero volto eseguendo una seduta di PSR ogni 3 settimane per un totale di 3 trattamenti (energia 1.2 – 1.8 J). Sei di questi pazienti hanno anche eseguito una biopsia cutanea per paragonare meglio i risultati del trattamento. Gli autori hanno dimostrato, dopo 3 mesi, una riduzione del 37% delle rughe ed un miglioramento dell’aspetto globale del volto pari al 68%. I reperti istologici hanno mostrato formazione di nuovo collagene alla giunzione dermoepidermica. Gli effetti collaterali sono un eritema che persiste per 6 giorni dopo ogni seduta ed una disepitalizzazione che si ripristina in 9 giorni dopo il primo trattamento e in 4 - 5 giorni dopo i successivi. - MA Bogle, KA Arndt, JS Dover. Arch Dermatol 2007; 143: 168174. Matilde Iorizzo - Bologna/Milano DCN 2 no pubblicità - 2007 26-04-2007 15:56 Pagina 12 Volume 5 • Numero 2 • Marzo-Aprile 2007 PEPTIDI A BASSO PESO MOLECOLARE NEL TRATTAMENTO DELLA CADUTA DEI CAPELLI I peptidi timici sono stati somministrati per via topica nella cura dei disturbi del follicolo pilifero con riscontri positivi dal punto di vista clinico. Le esperienze del passato con gli estratti timici, sono state condotte con peptidi di derivazione animale con inevitabili rischi oggi non più ammissibili. Attualmente, la loro sintesi, viene ottenuta mediante tecniche di laboratorio. In particolare piccole frazioni tetrapeptidiche a basso peso molecolare sono state prodotte con lo scopo di migliorarne l’assorbimento ed aumentarne l’efficacia biologica. I peptidi timici a livello del follicolo pilifero hanno dimostrato: a) di stimolare la crescita dei cheratinociti, b) di fornire gli aminoacidi necessari alla formazione della cheratina e c ) di regolare la risposta immunologica cutanea. TUTTO QUELLO CHE FA IL SOLE AI CAPELLI E AL CUOIO CAPELLUTO Phyto e International Hair Research Foundation (I.H.R.F) hanno organizzato un importante ed originale Workshop nell’ambito del “II° Congresso Internazionale di Medicina Preventiva Healthy Aging”, che ha avuto come argomento un tema molto “scottante”: Tutto quello che fa il sole ai capelli e al cuoio capelluto: dal defluvium ai carcinomi cutanei. Prevenzione e cura. Il workhop si è tenuto il 14 aprile 2007 presso il Centro Congressi Palazzo delle Stelline Corso Magenta 61, Milano. Si è trattato di un evento estremamente interessante e di importante rilevanza scientifica per i Farmacisti, considerando il grande interesse del pubblico a questo argomento, e la campagna di sensibilizzazione che la Fondazione farà a mezzo stampa dal mese di maggio: la conoscenza delle novità scientifiche e terapeutiche potrà soddisfare le domande e le esigenze di tutte le persone che si rivolgeranno al Farmacista per un consiglio specifico. Phyto ha sostenuto questo simposio data la grande importanza che ha la divulgazione e la sensibilizzazione in merito agli effetti negativi che ha il sole non solo sulla pelle, ma anche sui capelli e sul cuoio capelluto: un effetto cosmetico sulla fibra capillare da un lato, ma soprattutto un effetto molto più importante e “grave” a livello del cuoio capelluto, che può provocare danni che vanno dalla caduta fino ad arrivare a carcinomi cutanei. Phyto da sempre porta avanti l’idea della protezione dei capelli al sole (la nascita dell’olio solare Phytoplage, primo solare per i capelli, risale al 1975!) grazie alla linea Phytoplage, una linea completa di prodotti per la protezione e il trattamento dei capelli esposti al sole.