Complessità e paesaggi mediterranei: verso una nuova sintesi

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Complessità e paesaggi mediterranei: verso una nuova sintesi
Complessità e paesaggi mediterranei: verso una nuova
sintesi
Almo Farina
Istituto di Ecologia e Biologia Ambientale
Facoltà di Scienze Ambientali, Università di Urbino
Campus Scientifico “SOGESTA”
61029 Urbino
Tel. 0722-304.249, Fax 0722-304.265
e-mail: [email protected]
Premessa
I paesaggi mediterranei hanno subito nel corso della storia dell’ uomo continue
modificazioni legate allo sviluppo culturale, sociale ed economico delle popolazioni e vengono quindi considerati come sistemi adattatisi all’ azione dell’
uomo, azione che ha profondamente modificato struttura e funzioni degli ecosistemi naturali (Blondel & Aronson 1999, Naveh 1998).
Recentemente l’ area mediterranea è stata riconosciuta come hot spots per la
biodiversità (Myers et al. 2000) sebbene la complessità ecologica è da alcuni
decenni minacciata dall’ abbandono delle pratiche colturali. Non a caso l’ Italia
è considerata il “bel paese”, terra ricca di cultura, arte e natura. L’ eccellenza in
questi tre componenti del “real world”, tra di loro strettamente connessi da
retroazioni co-evolutive, porta a sistemi tra i più complessi dell’ intera area
mediterranea. Paesaggi unici, specie rare e specie endemiche vanno a costituire un insieme di elementi di valore. Per interpretare questa complessità e comprenderne le dinamiche dobbiamo fare ricorso a differenti paradigmi formulati
attorno al concetto di servizi ecosistemi, di paesaggi culturali, di teoria della
bio-complessità e di teoria del mosaico. Certamente sono tempi di grandi cambiamenti nella nostra società, il nostro contesto di riferimento ha subito una
biforcazione, abbiamo una visione sempre più globale dei processi sociali che
finiscono per condizionare le scelte locali. E’ proprio dalla sintesi di questi differenti paradigmi che possiamo intravedere possibilità di incidere positivamente sul percorso evolutivo dell’ uomo.
I servizi ecosistemici
Nel linguaggio post-industriale viene sempre più spesso utilizzato il termine
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“capitale naturale” (Costanza 1991) che vuole significare un valore durevole su
cui si può investire e che è prodotto dai processi spontanei della natura attraverso i meccanismi energetici alimentati dal sole.
Prendendo a prestito dall’ economia il vocabolo “interesse”, potremmo dire che
gli interessi che fruttano dal capitale naturale diventano i così detti “servizi ecosistemici”. I servizi ecosistemici sono molteplici ma almeno quattro appaiono
essenziali per sostenere e migliorare la nostra vita: qualità dell’ aria e dell’
acqua, ambienti naturali, biodiversità, memoria - storia -religione.
Come si può vedere i primi tre sono il risultato di processi ecosistemici non surrogabili dall’ azione dell’ uomo. L’ aria è un bene indispensabile e vediamo oggi
come per effetto dell’ inquinamento da traffico diventi un bene sempre più prezioso per garantire la nostra salute. Altrettanto si può dire dell’ acqua, contaminata da sostanze chimiche nei paesi industrializzati, e sempre più scarsa nei paesi
in via di sviluppo.
Per ambienti naturali si intendono parti dell’ ecosistema indipendenti nel loro
funzionamento e nelle loro dinamiche dalle intrusioni umane. Le dimensioni di
questi ambienti spaziano da scale di pochi millimetri delle micorrize alle centinaia di chilometri di ambienti senza la presenza dell’ uomo necessari per la
vita di animali di grosse dimensioni come l’ alce. Quando si parla di assenza
dell’ uomo significa soprattutto mancanza delle modificazioni antropiche e
assenza di una delle oltre 70.000 nuove molecole di sintesi introdotte nell’
ambiente.
La biodiversità è intesa come l’insieme di specie di animali, piante, batteri, virus
e funghi attraverso le cui funzioni vengono prodotte le biomasse (animali e
vegetali) indispensabili alla vita e dalle cui relazioni l’ energia libera entra in
cicli neg-entropici di lunga durata. La conservazione della biodiversità passa
attraverso la conoscenza della fitta trama di relazioni che legano le varie specie.
Infine tra i servizi ecosistemici appaiono memoria, storia e religione che sono
i punti di riferimento di ogni società umana dalla più primitiva a quella più evoluta. La conservazione di un monumento può essere inteso come una forma della
memoria del passato che ci permette di comprendere il nostro presente e di
proiettarci con maggiori certezze nel futuro. La storia, sia essa scritta che raccontata rappresenta l’ ossatura del nostro sviluppo sociale, che consente di comprendere meglio il nostro percorso di vita. Infine la religione colma la discontinuità esistenziale tra le necessità contingenti della nostra dimensione biologica ed il pensiero trascendente che emerge dai nostri meccanismi neurali infinitamente complessi. Una società per poter mantenere tali servizi deve poter
usufruire di una equità socio-economica, di opportunità di lavoro, e di non soffrire deficit di democrazia.
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I paesaggi culturali
I paesaggi culturali sono aree geografiche in cui le relazioni tra le attività umane
e l’ ambiente hanno creato patterns e feedback ecologici, socio-economici e culturali che governano presenza, distribuzione ed abbondanza di specie e loro
aggregazioni emergenti (van Droste et al. 1995, Farina 2000). I paesaggi culturali sono esempi tangibili di simbiosi tra attività umane ed altri processi naturali e rappresentano oggi la memoria storica dell’ uso passato del territorio da
parte delle popolazioni rurali.
I paesaggi culturali hanno fissato processi ecosistemici integrandoli nella
semiosfera, la loro conservazione significa la conservazione di servizi ecosistemici importanti per l’uomo, servizi che per varie ragioni sono oggi culturalmente obsoleti sebbene funzionalmente non surrogabili da altri servizi provenienti da processi entropici. I paesaggi culturali sono nati da anelli retroattivi
tra processi naturali e processi antropici dove l’uomo ha giocato un ruolo predominante in certi contesti ma subendo il condizionamento (attraverso i segni)
dei processi naturali che ne regolavano l’incisività dell’ azione.
La memoria del rapporto uomo-natura veniva così ad essere fissata attraverso la
costruzione di una semiosfera in cui i segnali derivanti dai processi naturali
venivano trasformati dalla cultura in segni persistenti esplicitati da comportamenti, credenze, tecnologie, adattamenti biofisici e semantici che alla fine scaturivano in forme complesse caratterizzanti le comunità.
Questo processo riveste una grande importanza perché l’ attuale allontanamen-
Paesaggio
culturale
memoria
cognizione
energia
segni
informazione
Fig. 1 - I principali fattori che contribuiscono alla costituzione di un paesaggio culturale.
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to dell’ uomo dalla sfera naturale, proiettato solamente nella sfera dematerializzata della civiltà post-industriale dell’ informazione, fa correre il rischio di una
perdita di diversità non solo biologica ma anche semiotica (Kull 1998a,b,
Hoffmeyer 1997).
La Bio-complessità
Recentemente la ricerca ecologica ha riconosciuto un livello funzionale superiore a quello comunemente considerato standard dell’ ecosistema, questo livello è stato chiamato Biocomplessità. Nell’ annuale congresso dell’ American
Institute of Biological Sciences (Washington 24-26 marzo 2001) la
Biocomplessità è stata vista come l’ulteriore step che partendo dalla
Biodiversità consentirà di comprendere meglio il nostro ambiente (Dybas
2001). Quando si parla di complessità non si deve avere l’impressione di essere davanti ad un sistema formato da inestricabili relazioni. Un sistema complesso nasce spesso da regole semplici e deterministiche che però sono in grado
di generare strutture complesse auto-organizzanti e stocastiche (May 1976,
Kauffman 1993, Brown 2003).
Una fitta trama di relazioni tra gli organismi viventi determina quello che
comunemente chiamiamo sistema complesso (Capra 1996). Possiamo definire
la Biocomplessità come la convergenza e la integrazione di relazioni tra sistemi
Elementi
Elementi della
dellabio-complessità
bio-complessità
Fattori sociali ed economici
Struttura dei paesaggi
Comunità vegetali
Dinamica delle popolazioni animali
Fig. 2 - Processi e patterns che concorrono alla formazione di un sistema complesso
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differenti attraverso processi non evolutivi (sensu strictu) e spesso non lineari
(Merry 1995, Cilliers 1998, Lewin 1999, Bradbury et al. 2000). E’ caratterizzata da proprietà che emergono dalle relazioni tra le interazioni comportamentali, biologiche, chimiche, fisiche e sociali che influenzano, sostengono o sono
modificate dagli organismi, uomo compreso.
La Biocomplessità utilizza proprietà emergenti di livelli (gerarchici) sistemici
differenti e quindi necessita di approcci altamente integrati tra le differenti discipline quali la meteorologia, la epidemiologia, la biogeografia e ovviamente l’
ecologia (Thompson et al. 2001).
La teoria del mosaico ambientale
L’ ecologia del paesaggio utilizza il mosaico ambientale come rappresentazione
spaziale dei processi ecosistemici. Il mosaico ambientale è riconosciuto quindi
come una entità di riferimento ed ai cui caratteri spazialmente espliciti (forma
delle patches, irregolarità dei bordi, eterogeneità e diversità delle patches componenti) vengono associati i processi ecosistemici (Forman & Godron 1986,
Forman 1995, Farina 1998, 2000a,b, 2001).
Secondo questo paradigma il Mediterraneo è un grande mosaico di patches
naturali alternate a patches modificate dall’ uomo. La semplificazione della
struttura verticale della vegetazione a seguito dell’ utilizzo delle biomasse da
parte dell’ uomo è stata in parte controbilanciata da una fine trama di patches
modificate a seconda delle loro caratteristiche intrinseche. Questo ha determinato la formazioni di ecotopi cioè di unità funzionali nate dalla convergenza tra
caratteri naturali ed utilizzo antropico. La diversità del mosaico è per se sufficiente ad assicurare la persistenza di molti processi legati al livello di comunità (ciascuna patch può essere considerata una comunità, ma anche una popolazione di patches). I mosaici contengono strutture quali gli ecotoni e producono
processi come il “buffering” e le dinamiche di metapopolazioni.
Verso un macroshift
Le società moderne stanno affrontando la sfida di drammatiche biforcazioni
passando dall’ era industriale (dominata dalla trasformazione della materia
morta e dai meccanismi cibernetici necessari alla sua manipolazione) all’ era
dell’ informazione (dominio della semiotica), della decodificazione di continui
messaggi messi in una rete globale (p.e. Internet).
Almeno due differenti processi sono in azione nell’ epoca attuale di “macroshift” (sensu Laszlo 2001): il cambiamento di percezione del mondo reale (attraverso processi culturali) e il cambiamento nella produzione di entropia (attra5
Cultura
Entropia
+
Fig. 3 - La cultura è legata all’ entropia da anelli retroattivi. L’ aumento di processi entropici
deprime la cultura, per contro un aumento di cultura riduce i processi entropici.
verso processi ecologici).
Le decisioni umane di come preservare la futura capacità portante della Terra
sono orientate in maniera differente a seconda che si adotti il paradigma dell’
“Empty world” o del “Full world” (Farina et al. 2002). Il concetto di “Empty
world” parte dal presupposto che l’uomo è una entità separata dalla natura e
quindi il modello previsto da questa concezione pone al di fuori della sfera di
competenza dell’ uomo tutto ciò che non interessa, o che si interessa conservare in una forma originale. Questa visione autorizza l’uomo a modificare il proprio intorno senza porre limiti e verifiche a questa azione modificatrice i sistemi naturali. Nella visione del “Full world” l’uomo è per contro parte della
natura e pertanto assume una responsabilità diretta dei comportamenti verso l’
ambiente. Appartiene a questa responsabilità la conoscenza dei meccanismi che
sono alla base del funzionamento dei sistemi. In una visione del “Full world”
l’uomo vive all’interno di un mondo complesso che deve imparare a conoscere
e rispettare. Da questa visione deriva appunto la ricerca di nuovi strumenti di
indagine e nuove strategie nell’ utilizzo delle risorse naturali non rinnovabili.
Assumendo che l’ aumento dei processi entropici è un segnale di degrado
ambientale per l’ eliminazione delle complesse interazioni tra le parti che utilizzano neg-entropia va da se che esiste una relazione diretta tra entropia e processi culturali. L’ aumento di cultura produce aumento di conoscenza e quindi
riduzione dei processi entropici, sapiente utilizzo compartecipato con altre
forme biologiche delle risorse naturali e consente la visione dei limiti all’ uso
delle risorse.
Conclusioni
Le sfide che vedono l’umanità ad un bivio tra auto-distruzione e sopravvivenza
impongono di cercare con urgenza nuovi modelli di sviluppo socio-economi6
co. In particolare l’ intera regione mediterranea è sottoposta oggi a tensioni che
derivano dallo stato di conflitto permanente del Medio-Oriente, dalla crescente
desertificazione del Nord-Africa, dalla migrazione da questo continente ma
anche dall’ Europa orientale di grandi masse. Si aggiunga una pressione turistica che ha visto negli ultimi decenni un aumento esponenziale del turismo lungo
tutte le aree costiere del Mediterraneo, pressione che ha portato alla urbanizzazione di aree a “vocazione” agricola, alla distruzione di ecosistemi fragili quali
gli ecotoni umidi, all’ aumento esponenziale di infrastrutture viarie e portuali.
Nelle aree non sottoposte a queste pressioni il ruolo della “stewardship” dell’
uomo è considerata spesso non più necessaria per la gestione ambientale e spesso un ruolo passivo sembra essere la panacea per superare i problemi ambientali. Questo non è certo il caso del Mediterraneo dove le popolazioni da millenni hanno adottato il modello del “Full world”.
La conservazione dei mosaici ecologici sembra una strategia realistica per assicurare la complessità a larghe porzioni delle aree mediterranee e questo modello potrebbe essere esportato con successo anche ad altre aree temperate.
Per ridurre la perdita di biodiversità ed arrestare l’ erosione della salute ambientale è urgente integrare le attività umane con i processi ecologici e per far questo sono necessarie nuove conoscenze ambientali che devono provenire da tutti
i settori delle attività umane combinati con i processi ecosistemici.
Il ruolo dell’ ecologia appare quindi sempre più centrale nella crisi ambientale
che avvolge questo nuovo millennio. Infatti la complessità degli ecosistemi non
può essere percepita se non vengono utilizzati strumenti culturali idonei. Questo
appare un punto cruciale e l’ equazione scienza povera= povera conoscenza è
in effetti non un luogo comune ma un aspetto che merita tutta la nostra attenzione.
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