Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“
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Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“
LABORATORIO DI STORIA DELL’ARTE GUSTARE CON GLI OCCHI Anche quest'anno proponiamo un percorso di educazione all'immagine curato da Tiziana Marino, esperta di storia dell'arte e di didattica museale, intitolato “Gustare con gli occhi". L’arte, magico specchio in cui la società si riflette, ci aiuta a cogliere il nesso vitale esistente tra l’uomo e il cibo. Non si tratta di assolvere solo un’esigenza fisiologica; l’uomo, attraverso la scelta di determinati cibi, nel modo come li consuma e con chi li condivide, esprime il suo “modus vivendi”. In “Fisiologia del gusto” (1825), Anthelme Brillat-Savarin scriveva: “Dimmi quel che mangi e ti dirò chi sei”. Nelle abitudini alimentari non è solo il singolo a riflettere uno stile di vita, ma la società intera. Il cibo diventa quindi veicolo comunicativo, ci trasmette informazioni, talora velate con simboli che, una volta interpretati, ci aiutano a comprendere e a meglio individuare una determinata categoria sociale o un determinato popolo. Ma il rapporto arte-cibo non si esaurisce solo in questo aspetto documentario. L’immagine artistica, attraverso la sensibilità dell’autore, ci insegna anche che il cibo è meraviglia da mangiare con gli occhi, prima ancora che nutrimento da gustare con il palato. Le imbandigioni alimentari nei dipinti di nature morte, con l’esaltazione di forme, colori, sapori e aromi, coinvolgono l’osservatore in un’esperienza multisensoriale, così che, attraverso lo sguardo, tutto il corpo ne gode. “Gustare con gli occhi” vi invita a tavola con uomini di epoche e gusti diversi: si tratta solo di qualche assaggio di quel vastissimo e variegato menu che ARTE e CIBO hanno nel tempo allestito per la gioia dei nostri occhi… Buon appetito! LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 1 A TAVOLA con... GRECI, ETRUSCHI e ROMANI Nel mondo antico, gli avvenimenti importanti della vita pubblica e privata erano sempre accompagnati dal consumo di pasti comuni in gruppi familiari o di persone unite da interessi simili. Del resto la parola italiana “convivio” deriva dal latino “cum vivere”, “vivere insieme”, espressione di come la condivisione del cibo sia un atto basilare del vivere in società. Durante i banchetti non viene nutrito solo il corpo, ma anche lo spirito. Sono infatti occasioni per ascoltare bella musica e bel canto, per dotte conversazioni e intrattenimenti letterari. In età imperiale, il convivio romano si propone di suscitare con il lusso degli arredi e la stranezza dei cibi, la meraviglia e l’ammirazione dei commensali. I banchetti diventano così anche un mezzo di espressione del potere sociale, sempre più fastosi e abbondanti, divennero una moda per la quale si andava in rovina. Scena di banchetto con offerta di frutta e dolci. Particolare del Cratere a campana, seconda metà del IV sec.a.C. Museo Archeologico Nazionale, Napoli. Come nell’ Antico Egitto, così per Greci, Etruschi e Romani, il cibo accompagna l’uomo anche nel suo viaggio verso l’aldilà. Questo spiega le provviste deposte intorno al defunto, o la raffigurazione sul coperchio dei sarcofagi del defunto banchettante o le scene di convivio dipinte nelle camere sepolcrali. In tal modo i defunti, nella loro esistenza ultraterrena, potranno essere confortati dalla rappresentazione di ciò che era per loro più caro e usuale. Roberto Bompiani, Festa romana (1875) Los Angeles, The John Paul Getty Museum. Un esempio di come il rapporto tra vivi e morti fosse sempre presente nel quotidiano, ce lo mostra questo mosaico con “pavimento non spazzato”. L’etichetta conviviale dell’epoca prevedeva che il cibo caduto a terra non fosse raccolto prima della fine del banchetto. Infatti, prima di destinare definitivamente una sala alla consumazione dei pasti, i romani usavano mangiare nell’atrium ove erano sepolti gli antenati. Per questo tutto ciò che toccava il pavimento diveniva sacro, intoccabile e doveva essere lasciato a terra per poi essere bruciato ai Lari, cioè agli spiriti degli antenati defunti protettori della casa. Copia romana da Sosos (?), Asarotos Oikos (Pavimento non spazzato), mosaico, II secolo d.C. (?), Roma, Musei Vaticani. 2 LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 2 A TAVOLA con… EBREI e CRISTIANI Gli Ebrei, usciti dall’Egitto, si trovarono affamati nel deserto e se la presero con Mosè che li aveva trascinati nell’impresa. Il Signore venne in loro aiuto e fece piovere dal cielo la manna che divenne l’unico cibo di cui il popolo ebraico si nutrì fino all’arrivo nella Terra Promessa. È un convito nuziale a fornire a Gesù l’occasione per la sua prima uscita pubblica. Nella versione di Hieronymus Bosch delle “Nozze di Cana”, la scena è allestita come si conviene in un banchetto rinascimentale e i personaggi vestono abiti contemporanei. Da notare i coltelli che, estratti dal fodero e posti sul tavolo ( da cui il termine posata), segnalano l’abbandono di uno stato difensivo in favore di una disposizione amichevole. Richiamo moraleggiante di Bosch sul comportamento che i fedeli dovevano tenere durante la celebrazione del banchetto eucaristico. Così come l’artista, attraverso le due simboliche pietanze del cigno (=purezza) e del cinghiale Bernardino Luini, Raccolta della manna (1520-1525) (=peccato), esprimeva il concetto che il vizio e la Milano, Pinacoteca di Brera. virtù vengono serviti a quel banchetto evangelico come a quello dell’esistenza umana, dove ogni uomo è chiamato a fare la sua scelta. Nell’Ultima Cena, è il pane, frutto della natura e del lavoro dell’uomo, il cibo che viene spezzato e distribuito tra tutti i discepoli. Spezzare insieme il pane crea un vincolo tra gli uomini, un legame che si riflette nella parola “compagno”, derivante dal latino “cum panis”, a indicare appunto la condivisione del pane. Miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, cattedra di Massimiano, avorio, (VI sec.), Ravenna, Museo Arcivescovile. Nel miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù mostra di prendersi cura di tutto l’uomo, non ignorando che coloro, che l’avevano seguito e ascoltato, erano affamati e privi di cibo. Una cena fra viandanti a Emmaus è il luogo scelto da Cristo per apparire risorto ai discepoli, a cui si rivela ripetendo i gesti dell’Ultima Cena. Nell’interpretazione di Pontormo, il pane è il punto focale della composizione, l’elemento che in sé racchiude tutto il significato di una scelta ridotta all’essenziale. Hieronymus Bosch, Le nozze di Cana (1475-1490) Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen. 3 Jacopo Pontormo, Cena in Emmaus (1525) Firenze, Uffizi. LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 3 A TAVOLA con… i MERCANTI OLANDESI Nella pittura olandese del Seicento, la vita quotidiana è la grande protagonista: in un contesto di diffuso benessere, la nuova classe dirigente, una borghesia operosa, desidera specchiarsi in ciò che la circonda. Le tavole imbandite narrano i costumi raffinati dell’Olanda mercantile, come anche i frutti di un’abilità commerciale ben condotta, per cui le sue tavole possono essere apparecchiate con limoni italiani e porcellane cinesi, oltre a sfoggiare piatti, coppe, bicchieri e recipienti, preziosi nel materiale e eleganti nella fattura. Sulle tavole regna una traboccante abbondanza: cibi crudi e cotti, dolci e salati vengono esposti nel loro aspetto più suggestivo e appetibile; l’abilità del pittore si misurava nella capacità di selezionare gli oggetti, comporli e descriverli con nitida accuratezza, in un’equilibrata disposizione, dove anche ciò che sembra apparentemente casuale, come un coltello appoggiato a un piatto, è frutto di uno studio meticoloso. L’abilità descrittiva dell’artista, il modo come i cibi vengono messi in scena e illuminati suscita nell’osservatore il piacere di gustare con lo sguardo, di apprezzare le cose per il loro valore estetico e, se vi è qualche significato simbolico, di non farne l’unica ragion d’essere dell’opera. Nella “Natura morta” di Floris van Dijck, la composizione, vista dall’alto, appare in piena luce, nitida in ogni dettaglio. La tovaglia merlettata mostra le pieghe di un’accurata stiratura, una buccia di mela si allunga sul bordo della tavola, le forme sovrapposte dei formaggi esibiscono i loro differenti gradi di stagionatura e le tracce lasciate dal coltello. Una serie di piccoli assaggi sono distribuiti intorno al formaggio che riveste un ruolo centrale ed è il vero protagonista visivo della tavola. Considerato nella religione protestante un piatto da digiuno, un cibo austero, il formaggio, per le sue qualità digestive, è considerato adatto a preparare corpo e mente alla meditazione e alla preghiera. La sua presenza richiama l’osservatore a godere del piacere gustativo, ma senza eccedere, di vivere nell’agiatezza circondandosi di oggetti belli e preziosi, ma consapevole di doversi controllare. Floris Van Dijk, Natura morta (1622), Amsterdam, Collezione privata. 4 LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 4 A TAVOLA con… i POTENTI Nel Medioevo, qualunque avvenimento di rilievo, la conquista di un territorio, come la firma di un’alleanza o di una vittoria, diventava pretesto per feste e conviti, dove la ricchezza delle apparenze giocava anche un ruolo politico. Arazzo di Bayeux, detto anche della regina Matilde (XI secolo), Museo di Bayeux (Francia), particolari del banchetto di Guglielmo il Conquistatore. L’arazzo di Bayeux, realizzato nell’XI sec., racconta la storia, iniziata nel 1064, della conquista dell’Inghilterra da parte dei Normanni, in particolare le imprese del duca Guglielmo il Conquistatore. Prima della battaglia decisiva contro l’esercito sassone, venne preparato un abbondante pranzo che doveva portare fortuna a Guglielmo e animare di entusiasmo le truppe. Considerando il clima nordico, doveva trattarsi di un pasto particolarmente calorico. Carni in abbondanza vennero arrostite su piastre e stufe a legna, mentre la selvaggina veniva cotta allo spiedo. In una grande pentola bolliva del vino speziato da servire caldo, adatto sia come bevanda che come medicina. A quei tempi, alimentarsi con la carne divenne per le classi dominanti il modo per manifestare la loro superiorità. La concezione “fisica” del potere vedeva nel capo soprattutto un valoroso guerriero e cacciatore, il quale non poteva essere altro che un gran Paolo Veronese, Nozze di Cana (1562-1563), Parigi, Louvre. mangiatore di carne. Il banchetto rinascimentale era una complessa macchina conviviale e teatrale, oltre che gastronomica.Dietro le quinte, si svolgeva il lavoro di preparazione e presentazione delle numerose portate, che implicava un vero e proprio piccolo esercito di addetti ai lavori. Nel dipinto di Paolo Veronese, le “Nozze di Cana”, sono raffigurati tutti i personaggi che concorrono alla realizzazione di un banchetto principesco come quello in cui l’artista ambienta l’episodio evangelico. Il compito più delicato tra tutti è sicuramente quello dello “scalco” o maestro di cucina. A lui infatti spetta di predisporre la lista delle vivande e la loro successione, scegliere gli arredi di tavola e credenze, assecondando i gusti della committenza e organizzando gli intrattenimenti per allietare i commensali e concedere loro qualche pausa salutare nel succedersi delle portate. 5 Paolo Veronese, Nozze di Cana (1562-1563) Parigi, Louvre (particolare). LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 5 A TAVOLA con… i SEMPLICI Si narra che Pieter Bruegel s’intrufolasse nelle allegre comitive contadine per partecipare a feste e a nozze rustiche, facendosi anche passare per parente dello sposo e della sposa. Così egli ci illustra il festoso pranzo di nozze di una coppia di giovani contadini. La scena si svolge in un ambiente semplice, forse un granaio. I commensali siedono su panche e rozzi sgabelli di legno intorno a un gran tavolo che attraversa diagonalmente l’intero dipinto. La sposa, individuata da un drappo verde steso alle sue spalle, su cui è stata appesa una simbolica corona di carta colorata, si compiace dell’andamento della festa. Mentre due zampognari Pieter Bruegel, Banchetto nuziale, 1568 allietano i convitati con una musica popolare, i cuochi portano Vienna, Kunsthistorisches Museum. in tavola un tipo di farinata a base di mais e grano saraceno, ancora oggi in uso presso molte popolazioni contadine del nord. Come vassoio viene utilizzata una vecchia porta da cui ciascuno si serve. La scena è organizzata in modo da incentrare l’attenzione sull’abbondanza del cibo che, appena cucinato e trasportato al tavolo, viene velocemente distribuito e consumato e sull’abbondanza del vino di mele che, a sinistra, dai grandi otri viene versato nelle caraffe. Tutto ciò sembra essere di buon augurio per la felicità degli sposi novelli. L’atmosfera è quella allegra e chiassosa di una festa fra gente semplice: tutti ne godono, anche il bimbo in primo piano che, con un cappello da adulto che gli copre gli occhi, sta leccando il piatto. Nella spoglia semplicità della scena, il pittore Annibale Carracci concentra l’attenzione sul personaggio del mangiafagioli, il cui isolamento è accentuato da uno sfondo cupo e piatto. L’uomo è colto nell’attimo in cui porta alla bocca una cucchiaiata di fagioli con Annibale Carracci, Il mangiatore di fagioli (1584) Roma, Galleria Colonna. tanta voracità da sgocciolarne parte della brodaglia. Il cappellaccio da contadino calcato in capo, gli occhi fissi e sospettosi, la bocca ingordamente spalancata, la mano sinistra che afferra una pagnotta sbocconcellata sono particolari che rimandano a una realtà di miseria. I colori, spenti e terrosi, contribuiscono a rendere un senso di semplice ed umile quotidianità. In una capanna cinque contadini stanno consumando il loro pasto frugale composto di patate fumanti e di bollente caffè, immersi in un’oscurità appena rischiarata dal lume di una lampada a petrolio. Le mani nodose che hanno vangato il terreno, seminato e raccolto le stesse patate che ora mangiano, i volti segnati dalla fatica e dalla rassegnazione, sono elementi essenziali del dipinto. I colori terrosi e pastosi si limitano all’ocra, al marrone e al verde cupo, cosi simili nelle gradazioni, da dare l’impressione di un dipinto monocromo. Secondo l’artista quest’opera riflette un criterio di bellezza aderente al soggetto trattato. Così infatti Van Gogh scriveva al fratello Theo: “Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito di società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale: Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano… se un campo sa di grano maturo, patate, guano e Vincent Van Gogh, I mangiatori di patate (1885) concime – va benone, soprattutto per gente di città.” Amsterdam, Van Gogh Museum. 6 LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 6 A TAVOLA con… i FILOSOFI Nel Settecento, un ruolo centrale per una sana alimentazione viene attribuito alla verdura. Già nel mondo antico, alcune scuole filosofiche e correnti religiose avevano sostenuto i benefici effetti di una dieta vegetariana, capace di saziare senza appesantire e di rendere più agile la mente. Nel Medioevo e nel Rinascimento, era stata invece la carne il cibo che dominava e caratterizzava le tavole imbandite di ricchi e potenti. Nell’epoca dell’Illuminismo, tutto ciò che poteva essere di ostacolo alla libera attività del pensiero viene messo al bando, sia che si tratti di pregiudizi, di superstizioni o di una cattiva alimentazione. Così la carne animale viene considerato cibo nocivo alle attività mentali. “Negli orti dell’estuario” di Pietro Longhi, acuto illustratore delle abitudini e delle mode della Venezia settecentesca, la protagonista è una zuppiera ricolma di insalata. È probabile che nell’opera le tre donne, semplicemente vestite, siano le proprietarie dell’orto, responsabili della coltivazione, della raccolta e della preparazione dell’insalata, cibo “erudito” che il gentiluomo imparruccato mostra di ben gradire. Pietro Longhi, Negli orti dell’estuario (1759 ca), Venezia, Ca’Rezzonico. 7 LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 7 A TAVOLA con... i BAMBINI Per un bambino, qualsiasi cibo può diventare occasione di gioco ed è più divertente condividerlo con gli amici in allegria. Bartolomé Murillo, artista sivigliano, s’interessò al mondo dell’infanzia, in particolare di quella priva di risorse. È un tono insieme tenero e spensierato quello che pervade la scena dei “Bambini che mangiano uva e melone”. Nonostante la povertà degli abiti sdruciti e i piedi nudi sporchi di terra, sul volto di questi fanciulli, con l’aria da monelli, traspare il piacere che provano per il festino improvvisato. Quando si è piccoli, imparare a mangiare a tavola, tra regole, stoviglie e posate, è un vero banco di prova per entrare a far parte del mondo dei grandi.L’artista svizzero Albert Anker è stato un osservatore attento del mondo infantile, da lui indagato in modo affettuoso. In “ Kinderkrippe”(Nido), l’artista si sofferma su come ognuno di questi piccoli, a seconda dell’età, si comporta nel momento della pappa. Quante emozioni si leggono sui loro volti…. C’è chi, più grandicello e autonomo, chiacchiera con il vicino; chi, un po’ goffamente, si arrangia bevendo direttamente dal piatto ed evitando l’impaccio Bartolomé Murillo, Bambini che mangiano uva e melone (1650-1655) della posata. I più Monaco, Alte Pinakothek. piccoli attendono impazienti di essere imboccati e c’è chi li guarda un po’ invidioso perché “non ha più l’età” per questo trattamento speciale. Insieme si mangia, insieme si cresce e, con pazienza, ogni difficoltà messa in comune, verrà superata. Meno spontaneità e più controllo caratterizza invece “Kinderfrühstück (La colazione dei bambini). Il pittore ha voluto rappresentare dei bambini che giocano a fare Albert Anker, Die Kinderkrippe I (il nido), 1890 colazione, imitando Winterthur (Svizzera), Museum Oskar Reinhart am Stadtgarten. il rituale degli adulti. Si pensa al gioco, perché il servizio riproduce in miniatura, ma con la stessa eleganza, quello usato dai grandi. La scena si svolge in un luminoso interno borghese. Una ragazzina in piedi gira con un cucchiaino lo zucchero in una tazzina; una bambina di circa otto anni, seduta in modo composto, versa il latte da un piccolo bricco, un’altra di spalle, sempre molto compita, regge una tazzina. Un bimbo più piccolo beve dal piattino, mentre di un altro, ancora più piccino, si intravede solo il volto. Diverse le età, diversi i modi di comportarsi. La ragazzina più grande, in piedi, vigila sui fratelli, esercitandosi al ruolo di madre che l’attende in futuro; le altre due fanciulle mostrano di essere ormai in grado di badare a se stesse; il bimbetto è lasciato libero di non seguire le regole, mentre il più piccolino, per ora, può solo limitarsi a guardare. E così, osservando e giocando, rispettando regole e ruoli, rispecchiando i rituali degli Albert Anker, La colazione dei bambini (1879) adulti, ci si allena a diventare grandi. Basilea, Kunstmuseum Basel. 8 LABORATORDIOELL’ARTE DI STORIA Il percorso artistico: “GUSTARE CON GLI OCCHI“ / 8 … Fuori tavola Alcuni artisti, sia nel passato come Arcimboldi, che contemporanei come Daniel Spoerri o il fotografo Carl Warner, hanno scelto di utilizzare il cibo con fantasia, privandolo del significato originario per rivestirlo di uno nuovo. Nascono così le celebri “teste composte” di Arcimboldi, mirabile esempio di come, partendo da semplici elementi naturali (fiori, frutti, ortaggi, animali..), si possa arrivare a composizioni così straordinarie e irreali. L’imperatore Rodolfo II d’Asburgo viene raffigurato come Vertumno, il dio del mutamento e delle stagioni. Il suo ritratto è composto dai frutti dell’intero anno, a significare il dominio universale del sovrano e la sua capacità di rinnovare, attraverso una buona azione di governo, la perduta Età dell’Oro. Con “Piano Emmenthal” Daniel Spoerri si diverte a creare un oggetto realizzato con un materiale incompatibile col suo utilizzo. Il suo pianoforte sembra infatti ricavato da una forma di formaggio emmenthal e l’osservatore rimane disorientato davanti a qualcosa che non esiste nella realtà, ma diventa reale grazie all’invenzione dell’artista. Daniel Spoerri, Piano Emmenthal (1990). G. Arcimboldi, Vertumno (1591) Stoccolma, Skoklosters Slott, Styrelsen. Broccoli che diventano alberi, fette di salmone che ricordano il mare al tramonto, grattacieli creati con gli asparagi, strade di prosciutto, nuvole di cavolfiore... Carl Warner è un ingegnoso fotografo inglese che, utilizzando degli alimenti come materia prima, li compone in paesaggi fantasiosi che vengono prima fotografati a strati, dal primo piano allo sfondo, e poi elaborati al computer. Si racconta che abbia iniziato questa sua arte per convincere i propri figli a mangiare più frutta e verdura. I suoi “paesaggi di cibo” (foodscapes) sono infatti un modo creativo per divertirsi con il cibo, considerato come materiale artistico che riesce a ingannare l’occhio dell’osservatore, ma anche a farlo sorridere. Carl Warner, Broccoli Forest (2008). 9 Contatti Per qualsiasi ulteriore informazione, visitate il nostro sito www.xmasproject.it o mettevi in contatto con la nostra responsabile dei progetti scolastici: Responsabile progetto Xmas Project per le Scuole: FEDERICA CAPUZZO [email protected] / [email protected] cell. 388.4819165 Grazie per la partecipazione e buon lavoro! Associazione Xmas Project ONLUS C.F. 97297830156 Fax +39 0270030857 – [email protected] www.xmasproject.it