Il peso di Morfeo nella sinistrosità stradale Sul rischio del sonno alla

Transcript

Il peso di Morfeo nella sinistrosità stradale Sul rischio del sonno alla
Inter vista
di Lorenzo Borselli
speciale
La stanchezza
alla guida
Il peso di Morfeo
nella sinistrosità
stradale
Sul rischio del sonno
alla guida parla l’esperto
il dr. Sergio Garbarino
il dr. Sergio Garbarino
A
Abbiamo incontrato Sergio Garbarino, uno degli
scienziati più accreditati a livello internazionale nel
settore neurofisiopatologia del sonno e incidentiinfortuni sul lavoro. Sergio Garbarino, medico, ha 48 anni,
ed è specialista in neurologia ed in neurofisiopatologia,
dottore di ricerca in neuroscienze ed in neurofisiologia
comportamentale, professore a contratto presso le Università
di Pavia e di Genova. Autore di numerosi studi pubblicati
su prestigiose riviste scientifiche internazionali. Lavora
in qualità di medico del Servizio Sanitario della Polizia
di Stato e svolge attività di ricerca presso il Centro di
Fisiopatologia del Sonno dellʼUniversità di Genova ed è
presidente della Commissione “Sonnolenza e Sicurezza
Stradale” istituita presso lʼAIMS, lʼAssociazione Italiana
Medicina del Sonno. In questi ultimi anni ha partecipato
ai lavori di una commissione internazionale di esperti a
Bruxelles (UE), tesa alla stesura di una Direttiva Europea che
prevede lʼaggiornamento dei requisiti psicofisici necessari al
conseguimento ed al mantenimento della patente di guida di
veicoli a motore.
Gli incidenti stradali dovuti ad eccessiva sonnolenza
diurna sono in genere più gravi rispetto a quelli dovuti
ad altre cause, con tassi di mortalità quasi doppia
(11,4% contro il 5,62%). Come dovrebbe comportarsi un
conducente professionale per evitare infortuni durante la
guida?
È vero. Gli incidenti dovuti a sonnolenza risultano sempre
più gravi in termini di mortalità e di malattia, in quanto,
come è logico pensare, il conducente non attua alcun tipo di
contromisura per evitare lʼimpatto. Detto questo è evidente
che ci si dovrebbe chiedere se il cosiddetto colpo di sonno sia
un fenomeno davvero così improvviso o inevitabile come molti
pensano. In realtà non è così. Prima di arrivare a questa talora
fatale condizione, chi guida sa benissimo di dover lottare
contro la sonnolenza che mano a mano diventa invincibile.
Pertanto a tutti coloro che guidano, ed in particolare ai
guidatori professionali, dobbiamo consigliare di fermarsi
sempre e cercare di dormire, e non solo “riposare”. Questa,
a tuttʼoggi, rimane lʼunica reale ed efficace contromisura
contro questo tipo di causa dʼincidente.
Esiste la possibilità di formare il personale che guida
per professione secondo un protocollo comportamentale
preciso?
Allo stato attuale abbiamo le conoscenze per attuare strategie
preventive mirate a questo tipo di problematica, che riguarda
anche la fatica oltre che la sonnolenza al volante. Questo
argomento è addirittura enfatizzato dallʼultima legge che
sostituisce la famosa 626/94, vale a dire il D. Lgs. N. 81/08,
allʼinterno del quale questo tipo di formazione/informazione
è obbligatoria. Purtroppo non esistono ancora protocolli
ufficiali largamente condivisi pur essendo convinzione di
tutti la necessità di attuarli nel più breve tempo possibile.
Il problema è acuto non solo in Italia ma a livello
internazionale ed in particolare per gli autotrasportatori
di merci pericolose, settore nel quale la sicurezza del
lavoratore è strettamente correlata alla sicurezza di tutti. È
ovvio infatti che una cisterna che trasporta idrocarburi che
venisse coinvolta in un sinistro stradale, comporta un rischio
per tutta la collettività. Lʼaspetto della sicurezza di terzi e
la sicurezza nel percorso lavorativo: sono cose nuove, che
non coinvolgono solo il lavoratore, ma tutto ciò che gravita
attorno a lui ed al suo lavoro.
Si dice che sia impossibile misurare la sonnolenza di
un conducente al momento del controllo di polizia o
successivamente ad un evento infortunistico. Cʼè qualche
strumento o modello matematico in grado di indicare un
range di stanchezza nel soggetto controllato, che superi
le ovvie reticenze del protagonista e possa essere assunto
come dato certo?
È vero: a tuttʼoggi non esiste uno strumento in grado di
misurare la sonnolenza sulla scena di un incidente, e questo
per ovvie ragioni. La prima è che subito dopo lʼincidente, se
non vi è alterazione dello stato di coscienza, il soggetto non
è certo sonnolento, vista la quantità di neurotrasmettitori
attivanti liberati subito dopo lʼevento traumatico. In secondo
luogo la sonnolenza viene misurata solo in condizioni di
laboratorio standardizzate e comporta difficoltà di vario
genere. Bisogna dire tuttavia che, in particolare il nostro
gruppo, in collaborazione con altri gruppi di ricercatori sta
lavorando alla ricerca di quello che sembra essere il “Santo
Graal” delle neuroscienze: uno strumento in grado di
misurare la sonnolenza che sia realmente affidabile, ad alta
sensibilità, portatile, economico con risultato immediato:
positivo/negativo. Chi ci riuscirà forse verrà tenuto in
considerazione per il Nobel (risata). Per quanto riguarda la
stanchezza, la possibilità di obiettivarla risulta altrettanto
difficile.
I dati ufficiali della sinistrosità, indicano che gli
incidenti correlati al sonno non superano il 3% del dato
complessivo. Invece, dati che derivano da un vostro studio
che ha indagato 5 anni di incidenti occorsi sullʼintera rete
autostradale italiana e pubblicato su un importante rivista
scientifica internazionale, indicano che la sonnolenza
sarebbe causa e/o concausa nel 21,9% degli eventi. Può
spiegare come siete arrivati a questa conclusione?
Le dico subito che non è stato facile. Si è trattato di un
8
pag1-24.indd 8
29-12-2008 10:38:14
lavoro durissimo per noi, perché allo stato attuale possiamo
quantificare la percentuale di incidenti stradali dovuti a
sonnolenza solo con metodi indiretti o inferenziali. Tuttavia
grazie alla collaborazione di vari Enti, in primis Istat-Aci,
la Polizia Stradale, la struttura Studio Analisi e Ricerche di
Autostrade ed il CNR, siamo riusciti a valutare con sofisticati
modelli statistici il ruolo contributivo della sonnolenza
negli incidenti attribuiti a tutte le altre cause, nei quali
apparentemente la sonnolenza non avrebbe dovuto avere
alcun coinvolgimento. Infine, mediante un coefficiente di
regressione, abbiamo potuto stimare che circa il 18,9% degli
incidenti stradali non attribuiti ufficialmente alla sonnolenza
sono in qualche modo influenzati dal sonno. Alla fine la
somma è facile: si aggiunge a questo dato il 3% accertato
dallʼ Istat. Come si può spiegare questo in termini concreti?
Prima del colpo di sonno, punta dellʼiceberg di un fenomeno
assai più vasto, si ha una condizione caratterizzata da una
graduale e progressiva riduzione del livello di vigilanza
che porta ad un assottigliamento delle performances
psicomotorie, diminuzione dei tempi di reazione, diminuita
consapevolezza del pericolo e ad una diminuita attenzione,
che possono avere un ruolo determinante nellʼoccorrenza di
un incidente, soprattutto in condizioni di guida monotone e
ripetitive, con protratta inattività motoria. Il caso, appunto
del viaggio in autostrada. Tutto ciò può favorire lʼinsorgere
di una sonnolenza latente che quando non siamo al volante
non avvertiamo, perché impegnati in attività interessanti o
motorie. In sostanza chiunque abbia un minimo di esperienza
di guida in autostrada, sa che lʼeccesso di velocità non
esclude che vi sia un contributo della sonnolenza.
Si è sonnolenti, lei dice, ed allora si accelera, per arrivare
prima, o semplicemente perché non si è consapevoli della
propria velocità. Ma allora, tutte le frenate e gli scarrocci
inspiegabili, molti degli urti devastanti, spesso attribuiti al
semplice eccesso di velocità, un perché ce lʼhanno eccome.
Continuiamo nella riflessione: è sempre importante
considerare lʼincidente stradale come il prodotto di una
somma di fattori non ad unʼunica causa.
Esattamente. Alla luce di queste considerazioni, che valore
possono avere le statistiche? Come si fa a considerare un
incidente stradale quale lʼeffetto di una unica causa? Il
nostro studio, citato in molte autorevoli riviste scientifiche
del settore, introduce, a nostro parere, un modo nuovo di
osservare le cose: lʼincidente va investigato scientificamente,
in maniera complessiva.
Esiste una correlazione tra mortalità stradale e stanchezza/
sonnolenza nelle cosiddette stragi del sabato sera?
Certamente che esiste. Dobbiamo però partire dal fatto
che la sonnolenza e la stanchezza sono lʼepifenomeno
conseguente allo stile di vita errato del giovane (e dei meno
giovani), che inizia con lunghe percorrenze alla guida per
raggiungere la discoteca trendy, che comporta un debito di
sonno elevato, al quale si sommano lʼuso di alcol, sostanze
stupefacenti o di farmaci, e poi il bombardamento sonoro…
Tutto ciò contribuisce a ridurre i livelli di vigilanza e di
attenzione e la sonnolenza è la conseguenza finale ed ovvia
di una tale somma di fattori. Tutte queste cose insieme
hanno un effetto moltiplicativo sul rischio di incidente,
soprattutto nelle ore notturne, dove interagiscono in maniera
imprevedibile e letale fra loro. Risultato: talvolta vengono
rilevati bassi valori di alcolemia, anche sotto soglia (minore
di 0,5g/l; valore non sanzionato dal codice della strada), in
molti incidenti stradali. Ciò non vuol dire che lʼalcol non
abbia avuto un ruolo protagonista. È la classica piuma sul
cammello stracarico. Bassi quantitativi di alcol assunti in
ore notturne hanno un drammatico effetto sulla vigilanza non
paragonabili ad altre ore del giorno. Attenzione: si tratta di
dati scientifici dimostrati in laboratorio e sul campo, non
frutto di opinioni personali. Va rivalutato dunque il ruolo di
super-killer dellʼalcol. È lo stile di vita del giovane che conta
più di qualsiasi cosa.
Tornando ai conducenti professionali, nei quali
dobbiamo inserire a pieno titolo anche gli appartenenti
alle Forze di Polizia, la Sindrome delle Apnee Ostruttive
nel Sonno (OSAS) è una patologia di cui soffrono fino
al 10% degli adulti maschi oltre i 40 anni, ma in certe
categorie professionali, come negli autotrasportatori,
supera il 26%. La maggior parte degli incidenti stradali,
professionali e non, dovuti a sonnolenza coinvolge
persone affette da questa sindrome con un rischio stimato
5-7 volte maggiore rispetto alla popolazione sana. Molti,
non sanno nemmeno di soffrirne. Cosa possiamo fare?
Bisogna iniziare dai medici di famiglia, che dovrebbero essere
a conoscenza della enorme diffusione quasi epidemica di
questa sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, che spesso
inizia con un semplice russamento e che, per percezione
comune, è poco considerata. Questa sindrome ha unʼalta
prevalenza, come lei già sa, e continua ad essere scarsamente
diagnosticata proprio dai medici di base. Ciò è dovuto anche
al fatto che il sintomo principale è proprio la sonnolenza alla
guida. Una sonnolenza grave, poichè instaurandosi nel giro
di 10-20 anni, il soggetto ne ha una scarsa consapevolezza. Vi
si abitua e non lo riferisce nemmeno al medico, attribuendo
ad altri sintomi (perdita di memoria, stanchezza ed altro) il
proprio malessere. Inoltre, deve aumentare, lʼattenzione per
lʼOSAS, anche in ambito lavorativo e da parte della Medicina
del Lavoro, soprattutto nei settori legati al trasporto terrestre,
rotaia e gomma. È intuitivo lʼalto rischio che può comportare
come causa di infortunio sul lavoro. Non dimentichiamo
che la maggior parte degli infortuni professionali mortali,
circa il 60% avvengono, alla guida di un veicolo. Pertanto
è un problema sociale di enorme importanza. È importante
che venga fatta una corretta formazione/informazione fra
gli autisti professionali in quanto una volta diagnosticata
la malattia è curabile e nella stragrande maggioranza dei
casi guaribile. Gli autisti devono sapere, che non verrà
intaccato il mantenimento del rapporto di lavoro. È questo
che fa rabbia: si guarisce e la guarigione evita dolore e lutti.
Comunque le cose stanno cambiando: da diverso tempo
faccio parte di una commissione di esperti internazionali in
ambito UE, che ha recentemente cominciato a Bruxelles la
stesura di una Direttiva Europea che porti allʼinserimento
di questa Patologia nellʼallegato III della Direttiva 91/439/
CEE, per lʼidoneità psicofisica alla guida.
LʼUE nel 2003 ha finanziato uno studio di metanalisi
sul rischio di incidenti alla guida correlato allʼetà e
alle condizioni patologiche (Progetto Immortal,TøI
report 690/2003). Da tale studio emerge che lʼOSAS e
la Narcolessia sono, fra le diverse patologie, quelle con
il più alto rischio relativo di incidenti alla guida, 3,71,
rispetto, ad esempio nellʼalcolismo, 1,54 per lʼuso di
benzodiazepine (ansiolitici) l'1,70 per lʼassunzione di
cannabis. Significa che stanchezza e sonnolenza uccidono
più di alcol e droga messi insieme?
Ho già illustrato che gli incidenti stradali, come dimostrato
dagli studi che abbiamo condotto, non possono essere
ricondotti ad una causa isolata. Vi è una somma di cause.
Lʼindice di rischio relativo, è un risultato scientifico, ma quello
che conta è saper discernere dalla statistica e comprendere
che lʼeducazione ad un corretto stile di vita è il luogo dove
giocare le nostre carte. Non credo che ricorrere a campagne
educative basate sul terrorismo psicologico possa dare molti
frutti. Dietro una morte sulla strada, cʼè la multifattorialità
delle circostanze che lʼhanno prodotta. Non demonizziamo
un solo fattore, non episodizziamo sempre tutto in uno spot
che abbia lʼeffetto roboante di un solo attimo.
Una fissazione degli educatori: puntare tutto su una
cosa sola. È vero. Lo si intuisce, è sbagliato. Proviamo a
cambiare.
9
pag1-24.indd 9
29-12-2008 10:38:15