Appunti di Economia Internazionale

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Appunti di Economia Internazionale
Appunti di Economia Internazionale
Lorenzo Prosperi
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1. Teoria pura del commercio internazionale
Le teorie sul commercio internazionale nascono nel 1700 in opposizione alla teoria
mercantilista, la quale si basava sull'importanza di mantenere un saldo della BC>0, e per
raggiungere questi obbiettivi era importante imporre dazi commerciali, in modo tale da limitare
l'import, e incentivare l'export tramite rimborsi a favore dei mercanti. La teoria mercantilista
incentrava la sua analisi sulle riserve auree di un paese, necessarie in quanto l'oro è la merce più
versatile e con questa si potevano pagare eserciti mercenari per affrontare situazioni di crisi;
mantenendo un BC>0 si assicurava che l'oro non uscisse dal paese anzi veniva accumulato.
Fu Smith che nel 1776 con “la Ricchezza delle nazioni” criticò la teoria mercantilista,
spiegando che il commercio anziché l'oro è capace di fornire di tutti i beni di cui si ha bisogno, non
solo, l'oro poteva essere benissimo sostituito con altre merci come mezzo di pagamento
dell'esercito. Smith introdusse la teoria dei vantaggi assoluti, successivamente Ricardo, poi Mill e
infine i marginalisti migliorarono questa teoria che si “stabilizzò” agli inizi del novecento.
2. Teoria dei vantaggi assoluti (Smith)
Vino
Stoffa
Portogallo
80
90
G.Bretagna
120
70
HP: Prendiamo in considerazione il commercio tra due paesi (Portogallo, Gran Bretagna), i
quali producono vino e stoffa. I prezzi delle merci sono espressi in termini di lavoro contenuto,
ovvero il costo di produzione è espresso in termini di unità lavorative (es. ore di lavoro). Viene poi
imposto che 1 unità di import = 1 unità di export (ragione di scambio). TH: A parità di “sforzo”
aumenta la quantità prodotta dei beni.
Il Portogallo ha un vantaggio assoluto nella produzione di vino, mentre la Gran Bretagna ha
un vantaggio assoluto nella produzione di stoffa.
Proof: Entrambi i paesi possono scegliere tra: a) Autarchia (ovvero produrre ciò di cui
neessita esclusivamente al suo interno) b) Commercio internazionale. Prendiamo il caso della G.B.
a) Per produrre 1 unità di vino (1v) necessità di 120 gg lavorativi, per produrre 1 di stoffa (1s)
necessita di 70 gg. Quindi 1v + 1s = 190 gg.
b) Se la G.B. Si specializza nella produzione di stoffa, e quindi azzera la produzione di vino, può
scambiare 1s con 1v prodotto dal Portogallo; in questo modo è come se la G.B. avesse impiegato
solo 70 gg per la produzione del vino, che invece, se lo avesse prodotto in casa, avrebbe speso 120
gg. 1v + 1s = 140 gg => 190gg- 150gg = risparmio di 40gg ottenibile tramite il commercio
internazionale
Prendiamo il caso del Portogallo: a) 1v + 1s = 170gg
b) Se il Portogallo si specializza nella produzione di vino e azzera quella si stoffa e scambia la qtà
desiderata con la Gran Bretagna, è come se avesse, anche per la produzione della stoffa, impiegato
80 gg lavorativi anziché 90. 1v + 1s = 160gg => 170-160 = 10gg risparmio in giorni lavorativi
ottenibile tramite il commercio internazionale.
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3. Teoria dei vantaggi comparati (Ricardo)
La teoria di Smith afferma che se un paese è più efficiente dell'altro nella produzione del
bene 1, e contemporaneamente l'altro paese è più efficiente del primo nella produzione del bene 2,
conviene ai 2 paesi specializzarsi nella propria produzione efficiente ed passare al commercio.
David Ricardo teorizzò ne “Sui principi dell'economia politica e della tassazione” del 1817, una
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generalizzazione della Teoria di Smith, che affermava che TH: anche se uno dei due paesi era più
efficiente nella produzione di entrambi i beni rispetto all'altro, poteva essere conveniente o stesso il
commercio internazionale
Vino
Stoffa
Prezzi relativi
Portogallo
80
90
1v = 0,9 s 1s = 1,1v
G.Bretagna
120
100
1v = 1,2 s 1s = 0,8v
Proof: Il Portogallo è più efficiente nella produzione sia di stoffa che di vino, ovvero ha un
vantaggio assoluto nella produzione di entrambi i beni, ma ciò nonostante li conviene lo stesso
commerciare con la Gran Bretagna. Inseriamo la colonna dei prezzi relativi. In Portogallo con 80 gg
produco 1 vino oppure 0,9 stoffa, con 90 gg produco 1 stoffa e 1,1 vino. In Gran bretagna vale lo
stesso discorso.
Posso determinare la struttura dei vantaggi comparati. Il prezzo relativo del vino è minore in
Portogallo che in GB, ma per la stoffa il discorso si inverte. Diremo che il Portogallo gode di un
vantaggio comparato nella produzione di vino, mentre la Gran Bretagna gode di un vantaggio
comparato nella produzione di stoffa. Se ciascun paese si specializza secondo vantaggi comparati e
non assoluti e usa l'eccesso per comprare le quantità del bene a cui ha rinunciato a produrre, allora
tutti e due hanno un aumento di produttività.
Portogallo: a) 1v + 1s = 170gg b) 1v + 1s = 80+80 = 160gg => risparmio 10gg
Gran Bretagna: a) 1v + 1s = 220gg b) 1v + 1s = 200gg => risparmio di 20gg
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N.B. Questa dimostrazione richiede che 1 unità exp = 1 unità import
4. La generalizzazione di Mill
John Stuart Mill, riprende il lavoro di Ricardo, senza postulare una ragione di scambio 1v =
1s. Questi dimostra che TH: se la ragione di scambio si trova all'interno di un certo range di valori,
esiste comunque un vantaggio comparato, se però la ragione di scambio non si trova all'interno di
questo range ( es rag. scambio 1v=1s, come aveva postulato Ricardo), non c'è convenienza a
partecipare al commercio internazionale.
Proof: Prendiamo in considerazione 2 paesi: Gran Breatgna e Germania, che producono
Stoffa e ferro. Esprimiamo i valori all'interno della tabella come le qtà ottenibile di quella merce
con una sola unità di lavoro.
Ferro
Stoffa
Prezzi relativi
G. Bretagna
10
15
1s = 1,5f 1f = 0,65s
Germania
10
20
1s = 2f 1f = 0,5s
Se noi adottiamo la ragione di scambio di Ricardo 1s = 1f, risulta chiaro che alla Gran Bretagna non
conviene commerciare con la Germania, ma le conviene produrre da se il quantitativo necessario
alla produzione in quanto il suo rapporto di scambio interno tra ferro e stoffa è 1s = 1,5f, e quindi
otterrebbe un quantitativo inferiore alla produzione interna commerciando con la ragione di
scambio postulata. E' chiaro quindi che la Gran Bretagna non accetterà mai una ragione di scambio
inferiore al suo prezzo interno. Lo stesso discorso si può applicare alla Germania, se venisse
postulata una ragione di scambio 1f = 0,33s, converrebbe a lei produrre al suo interno.
La ragione di scambio deve trovarsi all'interno di un range di valori, quello dei prezzi interni dei
due paesi.
Rappresentiamo nel grafico cartesiano, questo concetto. GB asse x= export (stoffa) asse y= import
 Imp/  exp= ferro /  stoffa=1,5/1=1,5
ferro. Possiamo tracciare una retta con pendenza
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che rappresenta il luogo dei punti (ragioni di scambio) in cui la GB è indifferente tra produrre e
commerciare con la Germania; tutti i punti al di sopra di questa retta rappresentano ragioni di
scambio che rendono favorevole il commercio. Notiamo inoltre che la ragione di scambio postulata
fig.A GB
fig. B Germania
Notiamo, nella fig. A che la ragione di scambio postulata da Ricardo, che si trova nel grafico
nel punto (1, 1) si trova nell'area viola, area che delimita tutti i punti che rendono conveniente alla
GB la produzione interna. Nella fig. B è rappresentato invece il luogo di punti (ragioni di scambio)
in cui la Germania è indifferente tra commerciare o produrre al suo interno, e la ragione di scambio
postulata da Ricardo si trova nell'area in cui risulta conveniente commerciare. La pendenza della
retta si ricava dal rapporto di scambio interno 1s = 2f. Integriamo i due grafici, invertendo gli assi
della Germania.
L'area nera rappresenta tutte le possibili ragioni di scambio accettabili per entrambi i paesi
per iniziare il commercio.
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C’è solo un eccezione alla legge del vantaggio assoluto, quando lo svantaggio assoluto di
un paese rispetto all’altro è lo stesso per entrambi i beni. Cambiando i valori della tabella in questo
modo: Gran Bretagna stoffa 12, ferro 4; Germania stoffa 6, ferro2, notiamo che il rapporto tra
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stoffGB/stoffGER=2, e il rapporto ferrGB/ferrGER=2, la Germania non gode di alcun vantaggio
comparato nella produzione dei beni e quindi lo scambio non è conveniente, in quanto la GB gode
di un vantaggio assoluto nella produzione di entrambi i beni.
5. Il vantaggio comparato con la moneta
Una spiegazione plausibile dell’inefficienza produttiva della Gb nei confronti del Portogallo
può derivare dalla scarsa produttività dei lavoratori inglesi nei confronti di quelli portoghesi. Ma
com’è possibile allora che questi scambi avvengano ugualmente? La risposta è che i salari nella GB
saranno inferiori ai salari portoghesi in misura tale da rendere il prezzo del tessuto inferiore nella
GB e il prezzo del vino inferiore nel Portogallo, una volta che i prezzi dei due beni siano espressi
nella valuta di uno qualsiasi dei due paesi. Facciamo un esempio.
USA
GB
USA
Prz. 1 q frumento
1$
2$
Frum q/ora-uomo 6
1
Prz. 1 q tessuto
1,5 $
1$
Tess q/ora-uomo
2
4
GB
Il salario orario negli usa è 6 $, un ora-uomo produce 6 frumento (F) negli Usa, ogni q di
frumento vale 1 $ come si vede nella tab a sx. . Un ora-uomo produce 4 tess (T) dunque il prezzo di
1T è 1,5$. Se il salario orario nella GB è 1£ , allora dato che un ora uomo in GB produce 1F, il
prezzo di 1Fsarà 1£, e per lo stesso motivo il prezzo di 1T sarà 2£. Ponendo un tasso di cambio
1£=12$ ricaviamo i valori della tabella a sx. Gli Usa godono di un vantaggio comparato nella prod
di frumento nei confronti della GB, quest'ultima gode di un vantaggio comparato nella prod di
tessuto. Se il tasso di cambio fosse 1$=1£ allora il prezzo del frumento della GB sarebbe
esattamente 1$, con tale tasso di cambio gli Usa non possono esportare frumento nella GB dato che
vi sono prezzi uguali. Notiamo però che il prezzo di 1T in GB è ora di 0,5$. Un prezzo più basso fa
aumentare il volume delle esportazioni della Gran Bretagna, facendo sbilanciare a favore della GB
la bilancia commerciale con gli USA (dato che il volume delle import si è fermato, con un
conseguente apprezzamento della sterlina nel tasso di cambio con il dollaro, 1$=1£I↑. Se fosse
invece il tasso di cambio 1£=3$ vi sarebbe uno sbilanciamento opposto a favore degli USA con un
conseguente adeguamento del tasso di cambio.
In generale il tasso di cambio tra dollaro e sterlina si stabilizzerà infine al livello che
comporta l'equilibrio degli scambi. L'argomentazione secondo cui gli USA dovrebbero proteggere
gli alti salari e gli standard di vita dei propri lavoratori dal basso costo del lavoro inglese è in
generale falsa.
6. Vantaggio comparato e costi opportunità
Il modello ricardiano si basa su certe ipotesi: 1) solo 2 paesi e 2 beni 2) libero scambio
3)perfetta mobilità del lavoro all'interno di ciascun paese e immobilità tra i due paesi 4) costi di
produzione costanti 5) assenza di costi di trasporto 6) assenza di mutamenti tecnologici 7) teoria del
valore lavoro.
L'ipotesi 7 è quella che viene discussa di più, si tratta dell'ipotesi fondamentale della scuola
classica. Il valore di una merce è, secondo questa teoria, misurata dalla q.tà di lavoro necessaria per
costituirla, ma questa assunzione comporta che vada considerato il lavoro in modo omogeneo,
ovvero che non vi siano differenze tra un lavoro e l'altro in termini di produttività e preparazione, e
che sia l'unico fattore produttivo o utilizzato nella stessa proporzione in tutte le merci (la c.d.
Marxiana composizione organica del capitale che dovrebbe risultare uniforme in ogni settore
produttivo una volta postulata l'uniformità dei saggi di profitto). Abbandonando però l'ipotesi del
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valore-lavoro, che come si vede porta a risultati poco plausibile, rimane in piedi la teoria del
vantaggio comparato utilizzando la teoria del costo opportunità.
Fu Haberler che nel 1936 riadattò il modello ricardiano attraverso la teoria del costo
opportunità, che diceva che il costo di un bene è dato dall'ammontare di un secondo bene cui
bisogna rinunciare per rendere disponibili le risorse esattamente sufficienti a produrre un unità
addizionale del primo bene. Conseguentemente il paese con minor costo opportunità in un certo
bene gode di un vantaggio comparato relativamente a quel bene ( e uno svantaggio comparato in
relazione al secondo). Qui il lavoro non è considerato l'unico f.p.. Esempio: Usa per produrre 1F
deve liberare 2/3 delle risorse per produrre 1T => 1F=2/3T. Se in GB abbiamo 1F=2T allora il costo
opportunità del frumento è minore negli Usa che gode di un vantaggio comparato nella prod. Di
frumento, e, conseguentemente la GB godrà di un vantaggio comparato nella produzione di tessuto.
Per rappresentare al meglio questo concetto utilizziamo la frontiera delle opportunità
produttive o curva di trasformazione. Partiamo da una serie di possibilità produttive di entrambi i
paesi, ovvero di possibili combinazioni di produzione tra q.tà diverse di tessuto e frumento.
Frumento USA
Tessuto USA
Frumento GB
Tessuto GB
A
180
0
60
0
B
150
20
50
20
C
120
40
40
40
D
90
60
30
60
E
60
80
20
80
F
30
100
10
100
G
0
120
0
120
Possiamo notare che in USA per ogni 30F cui essi rinunciano vengono liberate risorse per 20T =>
1F=2/3T, che è il costo opportunità di 1F in USA e questo rapporto rimane costante per tutte le
possibili combinazioni. In GB il costo opportunità, sempre costante, è 1F=2T. Possiamo così
rappresentare la curva di trasformazione tra tessuto e frumento per entrambi i paesi.
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I costi opportunità costanti compaiono quando:
1) risorse e fattori produttivi sono perfetti sostituti l'uno dell'altro, oppure vengono utilizzati n
proporzione fissa nella produzione di entrambi i beni
2) tutte le unità di un dato fattore sono omogenee o hanno la stessa qualità
I costi sono costanti nel senso che deve essere ceduta la stessa qtà di un certo bene per produrre
ciascuna unità addizionale dell'altro bene. I costi costanti tuttavia non sono realistici. In assenza di
commercio internazionale. Un paese può consumare soltanto i beni che produce. Di conseguenza la
frontiera delle possibilità produttive rappresenta anche la sua frontiera delle possibilità di consumo.
I vantaggi del commercio si possono vedere anche in questa interpretazione grafica. Se non
vi fosse commercio gli USA realizzerebbero una combinazione produttiva del tipo D (90F e 60T) e
gli UK una combinazione del tipo C (40F e 40T) a seconda dei gusti. Con gli scambi sia USA che
UK realizzerebbero la combinazione dove hanno vantaggio comparato (A per USA, G per UK). Se
gli USA scambiassero 70F con 70T con la Gran bretagna, essi consumano in definitiva la
combinazione produttiva E (110F 70T) mentre la Gran Bretagna la combinazione E' (70F e 50)T.
Gli USA dal commercio guadagnano 20F e 10T, la Gran Bretagna 30F e 10T. Il guadagno
complessivo della produzione 50F e 20T, viene ripartito in questo modo per via della particolare
ragione di scambio 1 a 1. Vedremo nei prossimi capitoli che il sistema tende ad una sola ragione di
scambio e quindi ad un unica ripartizione del surplus produttivo derivante dagli scambi.
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7. L'interpretazione marginalista
E' possibile svolgere un'analisi grafica del modello ricardiano del vantaggio comparato.
Innanzitutto ipotizziamo che la ragione di scambio sia data da un rapporto tra prezzi monetari.
Finora abbiamo visto la ragione di scambio come un rapporto tra quantità di 2 beni, ma vediamo
che trattare la ragione di scambio nell'uno o nell'altro modo è equivalente. Prendiamo in
considerazione un sistema con 2 paesi (I e II), 2 beni (A e B) e le relative funzioni di domanda e
offerta: D AI , D AII , S AI , S AII , D BI , D BII , S BI , S BII . Nel modello del consumatore
Nel punto P abbiamo che il saggio marginale di sostituzione del bene A e del bene B è
uguale al rapporto tra i loro prezzi P B / P A=−dA/ dB . Infatti, il vincolo di bilancio è
R= p A A p B B
ne faccio la derivata totale
dR=0= p A dA p B dB
e cambiando i segni ricaviamo il rapporto visto
sopra. Quindi abbiamo dimostrato che è indifferente trattare la questione con prezzi relativi o
rapporti tra quantità.
Ora occupiamoci separatamente del mercato del bene A, dove sono coinvolti il paese I e II.
Rappresentiamo il grafico cartesiano disponendo sull'asse y i valori P B / P A positivi (trascureremo la
parte di grafico che va da 0 a – infinito) sull'asse x disporremo i quantitativi del bene A offerto dal
paese I a dx, offerto dal paese II a sx. Inseriamo sul grafico di destra le curve di domanda e offerta
del bene A del paese I. Notiamo che in tale costruzione teniamo conto solo del bene A e quindi P B
è considerato costante in questa costruzione. La pendenza della curva di domanda sarà quindi
positiva, infatti se P B / P A cresce, vi sono due motivi, o P B cresce ma ciò non è possibile perchè lo
abbiamo supposto costante, o P A decresce. Ma se P A decresce la qtà domandata aumenta, quindi
vi è una correlazione positiva tra P B / P A e qtà domandata del bene A. Discorso analogo si può fare
per l'offerta del bene A che avrà una pendenza negativa. Per il paese II il discorso è analogo vanno
però invertite le curve perchè il secondo quadramte è una rotazione del primo. Raggiungiamo
quindi questa rappresentazione cartesiana.
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Denotiamo con:
−
−
P B / P AR , Ragione di scambio di equilibrio di autarchia nel paese I
P B / P AP , Ragione di scambio di equilibrio di autarchia nel paese II
Nel paese I per tutti i valori di P B / P A minori della ragione di scambio di autarchia, ovvero
quel costo opportunità di un unità di bene A in termini di risorse per produrre B all'interno del
paese. Ad una ragione di scambio inferiore di quella di equilibrio vi sarà un eccesso di offerta,
(perchè P A cresce allora l'offerta aumenta e la domanda diminuisce). In eccesso d'offerta il paese si
rende potenziale esportatore, in quanto ha più risorse di quante realmente ne necessita. Se la
Ragione di scambio si trova sopra quella di autarchia saremo in una situazione di eccesso di
domanda, e quindi il paese si rende potenziale importatore in quanto necessita di più beni di
quanto è offerto all'interno del paese. Lo stesso discorso si può applicare al paese II.
Proviamo a prendere in considerazione ragioni di scambio internazionali:
P B / P A < P, sia il paese I che il paese II sono potenziali esportatori, ma se non c'è nessuno che
−
importa il commercio internazionale non è possibile
P B / P A >R, sia il paese I che II sono potenziali importatori, ma se non c'è nessuno che esporta il
−
commercio è impossibile
P / P A <R, ci troviamo nel range di valori preso in considerazione da Mill, quindi il
− P< B
commercio internazionale è possibile, infatti in questo intervallo il paese I è potenziale
esportatore e il paese II è potenziale importatore.
MA NON SOLO. All'interno di questo range vi è un solo valore (ragione di scambio internazionale)
che è un equilibrio stabile. Mill avevo detto che la ragione di scambio deve trovarsi tra i due
equilbri di autarchia, affinchè vi sia convenienza nel commercio, ora si dimostra che esiste in questo
range un solo valore che “sparecchia il mercato”. Inoltre questo metodo non è legato alla teoria del
valore-lavoro.
Poniamo che la ragione di scambio sia uguale al punto P, rag scambio di autarchia del paese II, a
questo livello II non richiede qtà aggiuntive del bene A ma il paese II è disposto a offrire bene A, si
crea un eccesso di offerta nel mercato int. Che porta ad un abbassamento di P A e quindi un
innalzamento di P B / P A verso l'interno dell'intervallo di Mill, la tendenza a crescere di P B / P A ,
Finirà quando l'eccesso di offerta internazionale sarà 0. Discorso analogo per il punto R, dove ci
troviamo in eccesso di domanda del bene A, quindi P A tende crescere, quindi P B / P A a scendere
fino a che l'eccesso di domanda è =0.
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8.La legge di Walras
Abbiamo preso in considerazione solo il mercato del bene A. Per affermare che esiste un
equilibrio anche nel mercato del bene B dovremmo rifare lo studio del paragrafo 7, postulando
come dato P A trovato precedentemente. Ciononostante questo non è necessario, se conosciamo la
legge di Leon Walras, economista francese, fondatore della Scuola di Losanna, il suo laoro appare
nel 1874.
HP: Supponiamo di avere n beni e i relativi prezzi, e funzioni di domanda e offerta per ogni
bene. TH: Se analizzando il mercato ho trovato il prezzo che mi “svuota il mercato” di n-1 beni
=> avrò automaticamente trovato il prezzo di equilibrio per l n-esimo bene.
Proof: Vale in generale che
P 1  D 1−S 1 P 2  D 2−S 2 .... Pn−1  D n−1−S n−1P n  D n−S n =0 per ogni pi i=1,2 , ... , n
Cioè che la somma di tutti gli eccessi di domanda e offerta è uguale a 0 qualunque sia il vettore di
prezzi preso in considerazione, quindi anche in prezzi non di equilibri. Tuttavia se abbiamo trovato



per n-1 mercati i relativi prezzi di equilibrio P 1 , P 2 ,... , Pn−1 , abbiamo trovato quei prezzi che,
essendo di equilibrio, pareggiano domanda e offerta nel mercato di quel bene =>


P
1  D 1−S 1 P  D 2−S 2....P  n−1 D  n−1−S  n−1=0 , dato che D i −S i=0 per ogni
i=1,2,...,n-1. Dunque risulta che, e dato che P n ≠0, perchè si tratta di un bene economico,
necessariamente Dn −S n=0 , quindi P n è il prezzo di equilibrio del n-esimo bene.
#
Tornando all'esempio visto in precedenza noi abbiamo analizzato un mercato, quello del
bene A, su due, trovandone il prezzo di equilibrio, quindi, secondo la legge di Walras
necessariamente P B è prezzo di equilibrio. Infatti
per il paese I: P A D AI P B DBI =P A S AI P B S BI e per II: P A D AII P B D BII = P A S AII  P B S BII
Sommando membro a membro P A  D AI DaII P B  D BI D BII =P A S AI S AII P B S BI S BII 
P A [ D AI D aII − S AI S AII ]P B [ D BI D BII −S BI S BII ]=0
La parte moltiplicata per il prezzo di A è necessariamente = 0 trattandosi di un prezzo di equilibrio,
allora l'eccesso di domanda e di offerta del bene B sommano a 0.
9. Le curve di domanda reciproca
Utilizziamo ora uno strumento più raffinato che ci permetterà di rappresentare due mercati
del bene A e del bene B, con una stessa rappresentazione grafica, e trovare così la ragione di
scambio internazionale. Questo strumento è stato probabilmente inventato da Alfred Marshall, ed è
la curva di domanda reciproca.
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Ipotizziamo di avere un punto, Z con le sue coordinate:
− zA mi dice qtà minima del bene A che il paese è disposto a cedere per avere una qtà zB di B
− zB è la qtà max del bene B che il paese è dsposto a cedere per avere un qtà xA di A
Tracciamo ora una semiretta che unisce l'origine con il punto Z: la pendenza di questa
semiretta è OZ A /OZ B =dA/ dB , è la ragione di scambio in quel punto. Se noi tracciamo una
seconda semiretta che congiunge l'origine con punto Y otteniamo una nuova ragione di scambio
data da YA / YB . Andando avanti con la costruzione di punti possiamo definire una curva, che sarà
appunto la curva di domanda reciproca. Questa curva ha come dati i gusti, la tecnologia e fattori
produttivi, quindi è fissa nel breve periodo, infatti sintetizza in se la funzione di utilità e la funzione
di produzione. La concavità di questa curva è data da due fondamentali presupposti marginalisti
utilità marginale decrescente
produttività marginale decrescente
Il primo concetto vuol dire che che ogni qtà addizionale di un certo bene porta un incremento di
utilità sempre minore, fino a quando addirittura per acquisire una qtà successiva di un certo bene
pretendo addirittura di essere remunerato. La produttività decrescente implica che qtà
addizionali di un certo bene costano sempre di più.
Nel grafico per ogni dose unitaria addizionale del bene A sono disposto a dare in cambio sempre
meno qtà di ben B.
Ora riprendendo il sistema a 2 paesi, faremo notare l'analogia del secondo grafico del
paragrafo 7 con quello di domanda reciproca.
Il punto P rappresenta il punto di equilibrio di autarchia del paese I. Poniamo ora che la ragione di
scambio del paese sia OH, è cresciuta. Nel mercato del bene B ciò può essere successo per via di
un aumento di PB, generando un eccesso di offerta pari alla qtà HB. Nel mercato del bene A
l'aumento della ragione di scambio è dovuto da una diminuizione del prezzo PA, generando un
eccesso di domanda del bene A. Il paese si rende così potenziale esportatore del bene B e potenziale
esportatore del bene A. A ragioni di scambio più elevate, tipo OL il paese genera eccessi di
domanda e offerta più alti (LA, LB). Se la ragione di scambio diminuisce al livello OU nel mercato
del bene B esso genera l'eccesso di domanda UB, nel mercato del bene A l'eccesso di offerta UA.
Riportiamo questi valori in un secondo grafico. Riportando gli eccessi di domanda/offerta dei due
paesi, che sono le conseguenti qtà che sono disposti a importare/esportare, abbiamo costruito la
funzione di domanda reciproca del paese I. Questa funzione ci fornisce molte informazioni. La
pendenza della semiretta OL o OH rappresenta la ragione di scambio OL e OH vista nel grafico
precedente, e a quelle ragioni di scambio ci dice le relative qtà del bene che il paese è disposto a
commerciare.
La retta tangente alla curva di domanda reciproca nell'origine ha come pendenza la ragione di
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scambio di autarchia.
Facciamo la stessa cosa per il paese II . Riportiamo i valori trovati nel grafico di sopra, ma relativo
alle curve di domanda e offerta del paese II, in un altro grafico dove mettiamo sull'asse x , ExpAII
sull'asse delle y ImpBII.
Abbiamo costruito la curva di domanda reciproca del paese II. Notiamo una cosa
importante, in questo caso la pendenza della retta tangente all'origine, o la pendenza di qualsiasi
retta intersecante la curva, non è più una ragione di scambio. Infatti abbiamo definito la ragione di
scambio P B / P A=−dA/ dB , ma la pendenza della retta del secondo grafico è dB/dA. Tuttavia il
problema è facilmente risolvibile invertendo i valori dell'asse delle x e y, e quindi invertendo anche
la concavità della curva. E' possibile ora unire ii due grafici in uno solo per trovare la ragione di
scambio internazionale che conviene ai due paesi
Il punto E è il punto che rappresenta
l'equilibrio internazionale negli scambi.
Infatti la pendenza della retta OE è
uguale alla ragione di scambio
internazionale.
Le rette tangenti alle curve di domanda
reciproca hanno pendenza uguale alla
ragione di scambio di autarchia. Inoltre
vediamo che abbiamo costruito un
sistema per individuare un unico punto
di equilibrio internazionale che soddisfa
anche le condizioni di John Stuart Mill.
Infatti la retta OE è tra le due rette “di
autarchia” . Ciò implica che
rag scambio autarchia paese I< ragione scambio internaz.<ragione scambio autarchia paese II
Facciamo vedere ora che l'equilibrio E è anche stabile.
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Poniamo che la ragione di scambio si sposti ad
un livello più basso di quello di equilibrio,
relativo alla semiretta rossa. Vengono
individuati così due punti, il punto F sulla
curva di domanda reciproca del paese I, e il
punto L sulla curva di domanda reciproca del
paese II. A questa ragione di scambio sono
cambiate le quantità che i due paesi sono
disposti a scambiare
Paese I
Paese II
Quantità
Eccesso dom/off
Tendenza prezzo
Exp OFB
Imp OLB
OLB>OFB
Eccesso dom di B
PB ↑
Imp OFA
Exp OLA
OLA>OFA
Eccesso off di A
PA↓
Nel grafico abbiamo il paese I importa il bene A ed esporta il bene B, bene per cui ha il vantaggio
comparato, viceversa il paese II. Tuttavia la nuova ragione di scambio porta a spostare qtà diverse
(vedi tabella). Per il bene B, il paese I esposta la quantità OFB, offerta del bene B, mentre il paese II
importa la qtà OLB domanda del bene B, ma l'offerta del bene B è minore della domanda del bene
B, conseguentemente il prezzo di B salirà. L'opposto avviene per il bene A. E' così che per via della
tendenza del numeratore a crescere e del denominatore a decrescere che la ragione di scambio
P B / P A ↑, e quindi anche la pendenza della retta rossa. Questa dinamica si arresterà esattamente nel
punto E di eq. Internazionale, dove domanda e offerta dei due beni si eguagliano. Analogamente si
può vedere se la ragione di scambio è più alta di quella di equilibrio, questa tenderà ad aggiustarsi a
quella di equilibrio. Quindi E è stabile.
In generale vale che, se le curve di domanda reciproca dei due paesi sono monotoniche
crescenti o decrescenti, l'equilibrio è stabile . Esistono anche equilibri instabili come il caso degli
equilibri multipli (pg 138 libro di testo).
10. Il vantaggio dei paesi piccoli
Vediamo brevemente, che le dimensioni dell'economia di un paese influiscono nel
raggiungimento dell'equilibrio, e che conseguentemente se un paese è piccolo riesce ad avere
condizioni vantaggiose. Riferiamoci all'analisi dell'eq. Parziale relativo al bene generico X, dove c'è
un paese di grosse dimensioni che esporta tale bene, e un paese di piccole dimensioni che lo importa
. L'intercetta della curva d'offerta con l'asse y rappresenta la ragione di scambio di autarchia del
paese grande. Inseriamo anche la curva di domanda di un paese grande. Un paese più grande
chiederà quantità maggiori di un dato bene rispetto al paese piccolo, conseguentemente la sua curva
di domanda sarà più in alto.
13
Notiamo che il paese di minori dimensioni, a
cui corrisponde la curva di domanda più in
basso, importerebbe dal paese grande il bene X
ad una ragione di scambio molto vicina a
quella di autarchia del paese grande, mentre il
paese importatore più grande scambia a
condizioni più svantaggiose. Il paese piccolo,
per vie delle sue scarse dimensioni riesce ad
accaparrarsi la quasi totalità dei vantaggi del
commercio internazionale.
11. Il teorema di Hecksher-Hohlin
E' un'evoluzione del modello ricardiano, che lega strettamente la struttura dei vantaggi
comparati e la dotazione iniziale di fattori produttivi. Si basa su delle ipotesi semplificatrici, ma è
illuminante su problematiche molto attuali, tipo la diminuzione dei salari e l'aumento delle
diseguaglianze. Il teorema, o più precisamente un suo corollario spiega la tendenza dei salari a
decrescere in una situazione di libero scambio, anche se non entrano nuovi lavoratori nel paese.
Questo spiega le moderne corse protezionistiche (vedi primarie democratiche USA), che
porterebbero all'arrestarsi della discesa dei salari. Vediamo le ipotesi di questo teorema.
HP: 2 paesi, 2 beni
1) libero commercio
2) fattori produttivi immobili da un paese all'altro
3) stessi gusti
4) stessa tecnologia
5) Paese I ha un'abbondanza relativa di f.p. Lavoro (es.Cina), paese II ha abbondanza relativa
del f.p. Capitale (es. Europa)  L/ K  I  L / K II =>  K / L I  K / LII
6) Bene X ad alta intensità del lavoro (es. industria alberghiera), bene Y ad alta intensità di
capitale (es. industria automobilistica) X=fI(Ḻ, K)=fII(Ḻ, K)
Y=gI(L, Ḵ)=gII(L, Ḵ)
7) Rendimenti di scala costanti
8) Non inversione dell'intensità fattoriale, il prodotto x sarà sempre un fattore ad altra intensità
di lavoro, e il prodotto y un fattore ad alta intensità di capitale
TH: Un paese che si specializza nella produzione del prodotto ad alta intensità del fattore
produttivo relativamente abbondante e lo esporta, e importa i prodotti ad alta intensità del fattore
produttivo relativamente scarso, aumenta il proprio benessere.
Prima di dimostrare il teorema è necessario richiamare alcuni concetti microeconomici sul
lato della produzione e sul lato del consumo. Le decisioni produttive, sono scelte di diverse
combinazioni produttive, come si è visto nel capitolo 6 produrre più frumento comporta che si
produrrà meno tessuto, perchè si spostano le risorse dalla produzione di tessuto a quella del
frumento. Il luogo di punti dei vari mix produttivi è nota come la frontiera delle opportunità
produttive
14
Data la retta con pendenza uguale al
rapporto dei prezzi dei due beni Px/Py
ricaviamo il punto A, punto di tangenza tra
la retta e la frontiera. In questo punto
abbiamo che
Px/Py=|dy/dx|= Saggio marginale di
trasformazione dal bene X a Y=CMx/CMy=
rapporto tra i costi marginali dei due beni
Il punto D è un punto di inefficienza in
quanto da lì ho altre risorse da impiegare.
Poniamo che il rapporto tra i prezzi vari, ad
esempio, cresce Px. Sul grafico abbiamo una
retta con pendenza diversa (rossa). Ora però
il punto A non è efficiente, in quanto in A
Px/Py>TMTXY. Allora conviene modificare
la propria combinazione produttiva fino a che Px /Py =TMTXY, e ciò avviene nel punto F, punto di
tangenza tra la nuova retta e la frontiera.
Per quanto riguarda, la funzione del consumo, nel punto 3) abbiamo ipotizzato che i gusti nei due
paesi siano gli stessi. Questa nei giorni della moderna globalizzazione, non è un ipotesi del tutto
forzata; vengono venduti in tutte le parti del modo le stesse tipologie di prodotti, e
conseguentemente anche i gusti si stanno uniformando. Da un punto di vista teorico però, secondo i
principi paretiani, non sarebbe possibile confrontare le utilità di due individui diversi, in quanto le
utilità non sono misurabili. D'altronde se non sono confrontabili le utilità di due individui diversi
non sarebbe possibile nemmeno rappresentare l'utilità dei due individui con un unica funzione. Noi
abbiamo comunque bisogno di tale rappresentazione, e quindi utilizzeremo le curve di benessere
sociale di Bergson-Samuelson.
Ipotizziamo di aver diverse curve di Bergson-Samuelson W1, W2, ... e una retta di bilancio
con pendenza uguale al rapporto Px/Py. Il punto di consumo efficiente sarà il punto C, dove c'è la
tangenza tra la curva W3 e la retta di bilancio. In quel punto vale che
Px/Py= Saggio marginale sociale di sostituzione=Utilità marginale sociale x/utilità marginale sociale
y. Nel punto E invece vale che Px/Py>TMSS, è un punto inefficiente, dunque mi muovo lungo la
15
retta di bilancio salendo lungo le curve di indifferenza sociale fino al punto C.
Proof: Avendo introdotto questi nuovi concetti possiamo dare una dimostrazione grafica del
teorema del Hecksher-Ohlin. Per i due paesi avremo un unica funzione di benessere sociale,
secondo l'ipotesi 3), e due diverse curve di trasformazione. Il paese I avendo abbondanza relativa
del fattore produttivo lavoro, riuscirà a produrre un quantitativo superiore del bene X=fI(Ḻ, K)
ad alta intensità di lavoro, che del bene y che è ad alta intensità di capitale. Viceversa la curva di
trasformazione del paese II ha quella forma perchè ha abbondanza relativa di capitale e quindi
produrrà di più del bene y che del bene x.
Notiamo che le due ragioni di scambio di autarchia, ovvero le pendenze delle rette che
passano per i punti A e B tangenti alla curva di benessere sociale, sono diverse tra loro, vale infatti
che  P x / P y  A'  P x / P y A 
Il punto A nel grafico, relativo al paese I, rappresenta una situazione di autarchia. In questo punto
vale che  P x / P y AI =TMT xy=TMSS xy , ovvero nel punto A vi è tangenza tra curva di
trasformazione e curva di benessere sociale, è quindi un punto di efficienza nella produzione e nel
consumo, e questo avviene alla ragione di scambio = pendenza della retta tangente alle due curve.
Prendiamo ora in considerazione il paese I.
II
I
16
Il paese I in autarchia si trova nel punto A.
Cosa succede se ci si apre al libero
commercio con il paese II? Nel paese I il
prezzo relativo del bene x è più basso che nel
paese II, necessariamente si formeranno dei
flussi di arbitraggio dal paese II al paese I per
comprare il bene x, ma così aumenta la
domanda del bene x e necessariamente Px↑.
Ma allora anche Px/Py↑, e la retta nel grafico
si inclina verso il basso. Ora però il punto A
non è più un punto efficiente, infatti:
 P x / P y AI TMT xy=TMSS xy . Conseguentemente ci si sposterà lungo la frontiera produttiva fino a
che non troveremo la tangenza fra retta del prezzo e curva di trasformazione, nel punto B. Notiamo
che per passare dal punto A al punto B è stato necessario dismettere risorse dalla produzione del
bene y per renderla disponibile per la produzione di x.
Per il paese II avviene una cosa analoga, il paese I sarà interessato ad acquistare il bene y nel paese
II dove il prezzo è relativamente più basso, conseguentemente aumenterà la domanda di y e quindi
Py↑, ma conseguentemente Px/Py↓, allora ci si sposterà nel punto B' nuovo punto di tangenza con la
curva di trasformazione. Notiamo che con l'apertura al libero commercio, entrambi i paesi si sono
specializzati nella produzione del bene ad alta intensità del fattore produttivo relativamente
abbondante. Il processo di aggiustamento del rapporto Px/Py si fermerà esattamente quando le due
ragioni di scambio di autarchia, dove quindi non ci sarà più possibilità di fare arbitraggi perchè i
prezzi relativi sono uguali ( nel grafico la ragione di scambio internazionale si identifica nella retta
tangente ad entrambe le curve di trasformazione). I due paesi ora hanno a disposizione tutte le
combinazioni produttive della retta combinando produzione e scambio. Quindi hanno la possibilità
di salire lungo le curve di indifferenza sociale spostandosi lungo la retta. I due paesi si fermeranno
nel punto C dove la retta è tangente alla curva di benessere sociale più alta di quella di partenza.
Abbiamo dimostrato che tramite il libero commercio se i paesi si specializzano nel bene ad alta
intensità del f.p. relativamente abbondante, sotto le ipotesi sopra dette, aumenta il loro benessere. #
12. Il pareggiamento dei prezzi dei fattori produttivi
Un'importante corollario del teorema di Heckscher-Hohlin, è il pareggiamento dei prezzi dei
fattori produttivi. Esso parte dalle ipotesi del teorema sopra studiato: rendimenti di scala costanti,
libero commercio, stessa tecnologia ecc..e asserisce l'unicità del rapporto tra prezzi relativi delle
merci e prezzi relativi dei fattori produttivi.
Se  L/ K  I  L / K II => w /r I w / r II dove w= salario, r= saggio retribuzione del capitale.
Allo stesso tempo vale che  K / L I  K / LII => r /wII r / w I . Questo appare logico, se nel
primo paese abbiamo abbondanza relativo del fp lavoro rispetto al secondo paese, il salario del
primo paese sarà relativamente più basso di quello del secondo paese, dato che l'offerta è minore.
Discorso analogo si fa per il paese II dove il fp capitale è abbondante.
Hp: ipotesi del teorema di Hecksher-Hohlin
Th: Il libero commercio anche senza trasferimento di f.p., riduce le diseguaglianze nella
remunerazione dei fattori produttivi.
17
Proof:
Riprendiamo ora l'ultimo grafico del paragrafo 11 che descrive la situazione del paese I.
Nel grafico di sinistra abbiamo inserito i
punti di equilibrio di autarchia dei due paesi.
In corrispondenza del punto A del paese I
abbiamo una retta tangente alla curva di
trasformazione, la cui pendenza è uguale alla
ragione di scambio di autarchia. Notiamo che
questa pendenza è inferiore di quella della
retta passante per il punto A' tangente alla
curva di trasformazione del paese II. Il paese
I è anche il paese con abbondanza relativa di
lavoro e quindi dalle ipotesi il suo w/r è più
basso di quello del paese II.
autarchia il paese I si trova nel punto, quando
inizia il libero commercio, i flussi di
arbitraggio commerciale fanno si che il
prezzo del bene x aumenti in seguito all'accresciuta domanda, fino a che non ci si sposta al punto B
Prima il paese I produceva OAx ora il paese I produce OBx
e consumava OAy
consuma OBy
Ma OBx>OAx, quindi aumenta molto la domanda di lavoro, perchè x è un bene ad alta intensità di
lavoro, e aumenta di poco la domanda di capitale. Inoltre OAy>OBy quindi vengono liberate grosse
riserve di capitale e poco lavoro, perchè il bene y è ad alta intensità del fp capitale. In sintesi ora il
paese I necessita di molto lavoro perchè la quantità liberatasi dalla dismissione di risorse dalla
produzione del bene y, non è sufficiente, inoltre ha abbondanza di capitale. Allora nel punto B
abbiamo ECCESSO DI DOMANDA DI LAVORO, ECCESSO DI OFFERTA CAPITALE,
conseguentemente la remunerazione dei fattori produttivi si adeguerà, ovvero nel paese I il salario
tenderà ad aumentare, e il saggio di remunerazione a diminuire.
Lo stesso discorso si può fare per il paese II. L'apertura del commercio porta ad uno spostamento
nella produzione dal punto A' al punto B', ma nel paese II ora succede che
OA'y<OB'y e OA'x>OB'x . E' necessario quindi di molto capitale e poco lavoro, tuttavia dalla
dismissione di risorse dalla produzione del bene x otteniamo molto lavoro e poco capitale=>
ECCESSO DI DOMANDA DI CAPITALE E ECCESSO DI OFFERTA DI LAVORO, con
conseguente adeguamento delle remunerazioni, ovvero il salario diminuisce e la remunerazione del
capitale aumenta. Come si vede dal grafico di questo paragrafo vi è una doppia tendenza
(Px/Py)AI e (w/r)AI ↑, (Px/Py)A'II e (w/r)A'II ↓. Tale dinamica si arresta quando siamo in equilibrio
internazionale con un unico rapporto (Px/Py), e conseguentemente un unico rapporto w/r.
#
Questo corollario è molto importante perchè spiega il tendenziale abbassamento dei salari
nel mondo occidentale. L'Europa che ha abbondanza di capitale, iniziando il commercio
internazionale con la Cina, con alta abbondanza di lavoro, ha anche innescato il meccanismo del
pareggiamento dei fattori produttivi. I salari tendono ad abbassarsi non solo per l'arrivo di nuova
manodopera dall'estero ma anche per normali meccanismi del commercio internazionale. Questa
dinamica si attiva solo in presenza di libero commerci e di specializzazione nella produzione di beni
ad alta intensità dl fp relativamente abbondante. Per questo motivo in assenza di libero commercio
questa dinamica non ci sarebbe. E' per questo che Barack Obama, e Hillary Clinton, intendono
inserire nel loro programma di governo, l'abolizione del NAFTA, accordo sul libero commercio tra
Messico e Canada. L'intenzione è contrastare il fenomeno dell'outsourcing e quindi evitare che i
posti di lavoro “scappino” dagli stati uniti. Il problema della crescente diseguaglianza che si verifica
non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi più sviluppati è stato affrontato nel 2007 in
un rapporto della Banca Mondiale. Il problema è nella definizione di forza lavoro qualificata. Il
18
punto chiave è che da noi il lavoro non qualificato viene considerato nei paesi in via di sviluppo
lavoro qualificato. Con il fenomeno dell'outsourcing, le imprese vanno a cercare il lavoro non
qualificato nei paesi in via di sviluppo, meno costoso, così nei paesi industrializzati la forza lavoro
on qualificata non viene occupata, cresce la disoccupazione e quindi la disuguaglianza. Nei paesi in
via di sviluppo aumenta il divario tra chi è forza lavoro qualificata e chi non lo è, in quanto i primi
vengono assunti.
Il punto chiave è che da noi il lavoro non qualificato viene considerato nei paesi in via di sviluppo
lavoro qualificato.
13. Gli effetti distorsivi di un dazio: il paese piccolo
Studieremo ora in un analisi di equilibrio parziale gli effetti dell'introduzione di un dazio. Il
dazio è una tassa applicata alla frontiera doganale. La frontiera doganale è diversa dalla frontiera
politica (es. area Euro). Nel momento in cui vengono portate le merci alla frontiera, viene richiesto
all'importatore di pagare alla dogana una percentuale del prezzo della merce. In questo modo la
merce sarà venduta all'interno del paese al prezzo internazionale, più la una percentuale di tale
prezzo. Se p1 è il prezzo interno, e pi è il prezzo internazionale, e d è il dazio (se è del 5% del prezzo
internazionale, il valore numerico di di sarà 0.05), => p 1= pid pi = p 1d  .
In un analisi di equilibrio parziale l'introduzione del dazio ha un effetto prezzo sulla
domanda e l'offerta.
Poniamo che il paese in questione si trovi inizialmente nel libero scambio, nel punto G. Viene
prodotta la quantità Oq1 del bene in questione e ne viene consumata la quantità Oq2, con Oq2>Oq1,
vi è quindi un eccesso di domanda del bene, che viene colmato con l'importazione. Il prezzo pi, è un
prezzo di equilibrio; non conviene ai produttori offrire di più altrimenti avrebbero Costo
marginale>ricavo marginale e quindi produrrebbero in perdita.
Viene poi introdotto un dazio pari a d sul prezzo della merce. Il paese in questione lo
consideriamo piccolo, quindi l'introduzione di questa restrizione al commercio, non ha effetto sul
prezzo internazionale. Conseguentemente il prezzo del bene all'interno del paese sarà pi (1+d). Dal
lato della domanda avremo quindi una contrazione della quantità domandata per via della relazione
inversa che essa ha con il prezzo. Dal lato dell'offerta abbiamo 2 prezzi, quello iniziale, che non
colpisce i produttori interni, e il prezzo degli importatori più alto. Al produttore nazionale però
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conviene aumentare la produzione fino al punto G1 , allineando così il prezzo iniziale con quello di
importazione. Conseguentemente, il prezzo interno sale fino al prezzo degli importatori. Vi è
chiaramente anche una contrazione della quantità importata, infatti prima si produceva Oq1 ora si
produce Oq4, con Oq4>Oq1, vi è anche una contrazione del consumo, Oq3<Oq2, ma questo
decremento della quantità importata non danneggia più di tanto gli importatori dato che il paese in
questione è piccolo. Notiamo che l'effetto di un dazio è quello di un aumento artificiale del prezzo,
che va completamente a vantaggio dei produttori, il cui costo viene sostenuto dai consumatori.
L'introduzione di un dazio ha lo stesso effetto di un imposta sul consumo. Dal grafico possiamo
misurare quanto è costato al consumatore l'introduzione del dazio. Il prelievo sarà pari alla
differenza tra prezzo finale e prezzo iniziale, pi (1+d)-pi ×quantità domandata al prezzo pi (1+d), che
nel grafico si identifica con l'area tratteggiata. Notiamo quindi che aiutando il settore interno ( che è
il settore con svantaggio comparato), abbiamo un effetto redistributivo, vengono infatti prelevate
delle risorse ai consumatori a vantaggio dei produttori.
Possiamo analizzare l'introduzione del dazio utilizzando concetti di economia del benessere,
introdotti da Pigou (allievo di Marshall).
E' necessario definire cos'è il benessere; il benessere non è facilmente misurabile ma chiaramente
una buona valutazione di questo si può avere in termini monetari. Introduciamo 2 concetti.
Questo grafico rappresenta la curva di
domanda del consumatore, esso ci
fornisce informazioni relative alle sue
intenzioni di acquisto. Il consumatore è
disposto a pagare la quantità Oq4 al prezzo
p4
, la quantità Oq3 al prezzo p3 e cosi via...
Questa è nota come la Scheda delle
preferenze rivelate . Quindi per avere la
quantità del bene Oq4 il consumatore è
disposto a pagare p4, tuttavia per le
quantità del bene inferiori a quella Oq4 il
consumatore è disposto a pagare di più,
basandosi sul concetto di utilità marginale
decrescente. L'altezza della curva
corrisponde infatti al prezzo massimo che
i
consumatori sarebbero
disposti a pagare per ogni unità di bene
piuttosto che rinunciare ad essa. La
differenza tra quanto i consumatori
sarebbero disposti a pagare per ogni unità di bene (somma indicata dall'altezza della D in quel
punto) e quanto effettivamente essi pagano per quella unità è chiamata Rendita (o Surplus) del
consumatore. Graficamente si identifica nella area sottostante la curva al di sopra del prezzo
vigente (cioè il triangolo rosso). Se il prezzo del bene aumenta al livello p3 la rendita del
consumatore evidentemente diminuisce della grandezza pari all'area del trapezio blu.
Analogamente possiamo dare una definizione monetaria di benessere anche per il
produttore. Chiaramente il profitto deriva dalla differenza ricavi meno costi, che dipendono dalla
qtà e dal prezzo. Prendiamo una curva di offerta, non tenendo conto di eventuali costi fissi, che non
cambierebbero comunque il risultato.
20
Al prezzo P il produttore vende la qtà q1
del bene, realizzando un ricavo
complessivo pari all'area del rettangolo
OPHq1 , mentre i costi totali che sostiene
sono pari all'area del trapezio OVHq1, il
profitto sarà quindi uguale alla differenza
delle due aree, ovvero il triangolo VPH,
che definiamo Rendita (o surplus) del
produttore . Se il prezzo del bene in
questione aumenta fino al prezzo p1
aumenterà conseguentemente sia i ricavi
totali che i costi totali aumentano, ma
aumenta anche la rendita del consumatore
che graficamente si identifica con l'area
del triangolo VP1H1. In seguito all'aumento
del prezzo del prodotto la rendita del
produttore aumenta di una quantità pari al
trapezio PHH1P1.
Integriamo il nostro grafico con questi due nuovi concetti.
A seguito dell'introduzione del dazio, il prezzo interno del bene sale al livello pi(1+d), dove
d è il dazio, come percentuale del valore sulla merce. Conseguentemente abbiamo una riduzione del
la rendita dei consumatori pari all'area del trapezio Pi -Pi(1+d)-H-H1 (rossa) ciononostante bisogna
tenere conto dell'aumento della rendita del produttore conseguente all'introduzione del dazio che si
può misurare graficamente guardando la curva d'offerta, l'aumento di benessere dei produttori è
quindi pari all'area del trapezio Pi -Pi(1+d)-G-G1 (blu). Prima di dire che il benessere della società è
diminuito in seguito all'introduzione del dazio bisogna tenere conto delle entrate doganali
aggiuntive che risultano dall'introduzione del dazio. Presupponendo che lo stato utilizzi questi soldi
in maniera efficiente a beneficio della società, tramite investimento in infrastrutture, o altro,
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possiamo concepire le entrate doganali come un aumento del benessere della società. Le entrate
doganali si misurano come il dazio unitario (d) per la quantità importata (q4q3), sono quindi pari
all'area del rettangolo G1-G'1-H'1-H1 (nero). Sommando queste quantità in senso algebrico risulta
che la società ha una perdita netta di benessere pari all'area dei due triangoli G-G1-G'1 e H-H1-H'1.
Questa risulta essere il costo sociale del dazio, quindi nel caso del paese piccolo non è conveniente
introdurre un dazio. Il motivo per cui di fatto vengono, anche nei paesi piccoli imposti, sembra
ricondursi alla pressione di certe lobby di produttori sulla politica del paese.
Il costo sociale del dazio è composto di due parti: la componente produttiva, pari all'area del
triangolo G-G1-G'1, sorge perchè nel paese in questione, in presenza del dazio, alcune risorse
nazionali vengono trasferite dalla produzione più efficiente del bene che viene esportato ( perchè
per il vantaggio comparato si esporta i beni la cui produzione è più efficiente) alla meno efficiente
produzione del bene in questione, che dovrebbe essere importato, tale costo risulta dalla violazione
della legge del vantaggio comparato; la componente del consumo, pari all'area del triangolo H-H1H'1 sorge perchè il dazio incrementa artificialmente il prezzo del bene in questione relativamente al
prezzo del bene esportato distorcendo la struttura del consumo nel paese.
14. Segue. Il paese grande
Come abbiamo visto dall'analisi sopra effettuata non risulta conveniente per il paese piccolo,
in termini di benessere sociale, introdurre dei dazi sul commercio. Come vedremo ora, invece,
l'introduzione di un dazio di un paese grande, ha effetti positivi sul benessere della società, risulta
quindi conveniente introdurlo. L'evidenza empirica mostra infatti USA, Europa, Cina e India,
applicano dazi su molti mercati, i paesi piccoli non applicano mai dazi da soli possono fare però
delle unioni doganali.
Se infatti un paese, la cui economia è importante a livello internazionale (es. Usa Europa
Cina) applica un dazio su un prodotto, influenza la domanda internazionale di quel bene, in
particolare diminuisce, a tal punto da far diminuire il prezzo internazionale in maniera
considerevole.
Introducendo il dazio la ragione di scambio internazionale diminuisce, in quanto la domanda
internazionale del paese grande di quel
dato bene diminuisce (si è visto sopra che
introducendo il dazio le importazione
diminuiscono). A seguito di questa
considerevole diminuzione della domanda
il prezzo internazionale di quel bene
scende al livello p'<p.
Qual'è il prezzo interno di quel bene?
Sarà uguale al nuovo prezzo
internazionale più il dazio applicato al
nuovo prezzo, p'(1+d). Mettiamo conto
che p'(1+d)>p. Abbiamo avuto quindi un
rialzo del prezzo interno, che ha degli
effetti sul benessere della società.
L'area del trapezio P-P'(1+d)-H1-H (rossa)
rappresenta la perdita di rendita del
consumatore, è quindi una diminuzione
del benessere della società. L'area del
trapezio P-P'(1+d)-G1-G (blu) rappresenta
l'incremento di rendita del produttore.
Vediamo ora le entrate doganali. Esse
sono pari al dazio unitario per le importazioni totali, sono quindi pari all'area del rettangolo G1-H1
-G'1-H'1, (nera). Vediamo che l'entità di quest'area è maggiore rispetto a quella che risultava fuori
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dall'analisi dell'introduzione del dazio nel paese grande. Osservando il rettangolo G1-H1-G''1-H''1,
non tenendo conto della riduzione del prezzo internazionale, potremo dire analogamente al caso
precedente che l'introduzione del dazio causa una riduzione del benessere della società. Ma in
questo caso bisogna tenere conto anche del rettangolo G''1-H''1-G'1-H'1, uguale al dazio relativo alla
riduzione del prezzo unitario per importazioni. Questa componente positiva se sufficientemente
grande ( più è importante la domanda di quel bene del paese grande nel mercato internazionale, più
il prezzo cala a seguito dell'introduzione del dazio, e quindi più grande diventa l'area del rettangolo)
compensa la perdita di benessere netta uguale all'area dei triangoli. N.B. Anche l'introduzione di un
dazio da parte di un paese piccolo, fa calare la domanda internazionale del bene e quindi fa scendere
il prezzo internazionale del bene, ma in misura molto minore, e quindi l'area del rettangolo in
questione non sarebbe sufficiente a compensare la perdita netta di benessere.
In conclusione il paese grande trae vantaggi dall'introduzione del dazio. Ciò che però può
succedere a seguito dell'introduzione di un dazio, è che, gli altri paesi danneggiati da ciò, inizino
una guerra commerciale, imponendo a loro volta dazi su altri beni provocando un tracollo generale
del commercio tra paesi. E' quello che è successo nel 1930 a seguito dell'introduzione delle tariffe
Smooth Hawley da parte del governo statunitense, che ha avuto l'effetto di prolungare gli effetti
della crisi del 29 iniziando così gli anni della depressione. A questo proposito, al fine di evitare le
guerre commerciali, con Bretton-Woods venne istituito il GATT, che divenne successivamente il
WTO.
15. Effetti di equilibrio parziale di politiche di contingentamento
L'imposizione di dazi sul commercio è comunque concesso tramite richiesta al WTO, nel
caso che un paese utilizzino delle politiche di commercio non concorrenziali. Ciò che invece è
assolutamente vietato è applicare politiche di contingentamento, si tratta di politiche che vietano
completamente le importazioni, a parte per chi possiede dei permessi (licenze) a commerciare.
Queste licenze vengono solitamente vendute tramite delle aste.
Poniamo di trovarci all'inizio in una
situazione di libero commercio, dove
al prezzo p viene scambiata la qtà q1 q2
del bene in questione. Viene inserita
poi una politica di contingentamento,
ovvero la quantità massima del bene
che può essere importata è GY. Dato
che GY<GH vi eccesso di domanda di
quel bene, conseguentemente il prezzo
sale al livello p', ovvero fino a che la
domanda del bene non è uguale
esattamente alla quantità importabile,
ovvero GY=G1H1. Se ora le licenze ad
importare venissero concesse
gratuitamente, o comunque in maniera
arbitraria in base a favori politici,
sarebbe chiara la perdita netta di
benessere della società,pari all'area del
trapezio G-G1-H1-H. Mettiamo però conto che le licenze vengano vendute in maniera efficiente. Il
prezzo della licenza che verrebbe fuori alla fine di un asta, sarebbe al margine pari alla differenza
dei prezzi con l'introduzione del dazio, sostanzialmente il prezzo d'asta risulterebbe quasi uguale ai
ricavi che si avrebbe dal commercio. Le entrate dello stato sarebbero più o meno pari all'area del
rettangolo G1-H1-G'1-H'1. Il risultato è quindi analogo a quello dell'introduzione del dazio nel paese
piccolo.
23
16. Politiche di contingentamento in caso di domanda anelastica
Come si è visto ne paragrafo precedente, non esistono differenze tra una politica di
contingentamento e l'introduzione di un dazio in un paese piccolo. Tuttavia, sopraggiunge una
differenza importante nel caso in cui la domanda sia anelastica, in questo caso infatti una politica di
contingentamento è molto più restrittiva e distorsiva dell'introduzione di un dazio, per questo il
WTO non ne permette l'introduzione in nessun caso.
I casi di domanda anelastica corrispondono a situazioni in cui il consumatore per effetto del
marketing, si “affeziona” ad un determinato prodotto, quindi anche se il prezzo di questo bene sale
il consumatore è disposto a spendere lo stesso quel prezzo anziché ridurre il consumo di quel bene.
Da un punto di vista grafico succede che la curva di domanda si sposta verso l'alto, ad un livello tale
che l'innalzamento del prezzo non ha influito sulla quantità domandata. Vediamo cosa succede nel
caso del dazio. E' chiaro che questi beni, non sono beni di consumo generici come il pane, ma sono
beni che sono legati ad un brand. Nel
caso del libero commercio vediamo che
la produzione interna è assestata al livello
Oq1, mentre il consumo è pari alla
quantità Oq2. A seguito dell'introduzione
del dazio il prezzo interno aumenta, ma i
consumatori fedeli al marchio, anziché
ridurre il consumo di quel bene lo
mantengono stabile. La curva di domanda
quindi si sposta al livello D' più elevato,
dove i consumatori hanno mantenuto il
loro consumo pari a Oq2.. Ciò che è
successo è quindi che si è avuta una
riduzione delle importazioni minore del
caso della domanda elastica, e la
produzione interna è aumentata- Vediamo
che nel caso della politica di
contingentamento il risultato è ben
diverso.
Poniamo che venga deciso un limite
massimo alla quantità di esportazioni
pari a GY. Dato che la quantità
domandata di quel bene nel paese è pari
a GH>GY vi è un eccesso di domanda
nel paese che fa innalzare il prezzo al
prezzo p' se la domanda fosse elastica.
In caso di domanda anelastica però i
consumatori, non riducono la quantità
domandata; per via di un
affezionamento al brand sono disposti a
pagare anche il prezzo p' pur di non
ridurre il loro consumo. Quindi p' non è
un prezzo di equilibrio, in quanto c'è
ancora eccesso di domanda pari a H1L.
Il prezzo salirà ancora fino al prezzo p'''
in cui i consumatori “cedono” e
riducono il loro consumo, fino a che la
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quantità domandata (QL1) non è pari alla produzione interna (QG2) più la quantità di licenze
concesse (GY). Vediamo quindi che nel caso della politica di contingentamento l'effetto sul mercato
è molto più distorsivo del dazio se siamo in presenza di domanda anelastica, infatti il prezzo interno
del bene si alza a livelli ben più alti rispetto a quelli del dazio, e i produttori interni sono molto più
avvantaggiati rispetto al caso del dazio, infatti possono produrre la quantità QG2 anziché NG1 ad un
prezzo superiore. I produttori infatti preferiscono sempre una politica di contingentamento
all'introduzione del dazio, chi invece è chiaramente danneggiato sono i consumatori.
17. Volontary export restraints
Le politiche di contingentamento, dette di quote alle importazioni, sono assolutamente
vietate dal WTO, non sono però vietati quegli accordi tra stati che prevedono per l'esportatore una
restrizione volontaria delle quantità esportate. Una cosa del genere si è verificata tra Giappone e
Stati Uniti nel mercato delle automobili all'inizio degli anni '80. Quegli anni vedevano un dollaro
molto forte a livello internazionale, che rendevano assolutamente fuori mercato le automobili
statunitensi; le case automobilistiche avevano già accusato una perdita di 4 miliardi di $ e 300000
lavoratori erano stati licenziati. Per evitare un peggioramento della situazione, gli Stati uniti
negoziarono un accordo con il Giappone, affinchè questi limitassero le proprie esportazioni di
automobili, meno costose e tecnologicamente avanzate. Il risultato fu molto vantaggioso per le case
produttrici americane e per quelle giapponesi che videro aumentare i loro profitti; chi perse molto
furono chiaramente i consumatori americani che persero circa 15,7 miliardi di $.
Vediamo di analizzare gli effetti di una riduzione spontanea delle esportazioni in un analisi
di equilibrio parziale. Il paese esportatore
decide in base ad un accordo di limitare le
esportazioni alla qtà GY. L'effetto sul prezzo
è analogo a quello di una politica di
contingentamento: il prezzo sale fnchè la
quantità domandata non raggiunge la
produzione interna più la quantità di
esportazioni GY. Gli effetti in termini di
benessere sono però più duri rispetto una
politica di contingentamento in quanto il
rettangolo G1-H1-H'1-G'1, che nel caso de
contingentamento rappresentava le entrate
dello stato in seguito alla vendita delle
licenze, in questo caso rappresenta
l'incremento del profitto derivante
dall'accordo del paese esportatore. Abbiamo
quindi che la perdita netta in termini di
benessere è ben più ampia, pari al trapezio GG1-H1-H. E' quindi una politica molto dannosa per il paese importatore, come abbiamo visto nel
caso degli USA, è quindi una politica di breve termine.
18. Sussidio alle esportazioni
I sussidi alle esportazioni sono i più difficili da eliminare nonché da individuare, per via
delle variegate forme che questi assumono: possono infatti essere dei premi che lo stato garantisce
al produttore per ogni quantità di bene esportato, oppure un credito agevolato ai paesi esteri con il
vincolo di commerciare con questi, questo è infatti il caso del debito contratto dai paesi in via di
sviluppo, su cui negli anni del Giubileo c'è stata una importante campagna per l'abolizione di tale
debito. Secondo gli accordi internazionali i sussidi alle esportazioni sono vietati, ma il problema è
individuarli. Nel 1999 l'Organizzazione Mondiale del Commercio ha stabilito ad esempio che la
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defiscalizzazione è un sussidio alle esportazioni e quindi ha intimato gli USA di abolirli, altrimenti
sarebbero stati costretti a pagare sanzioni per 4 miliardi di $. Prima di iniziare a studiare l'effetto di
questa restrizione al libero commercio, è utile sottolineare che sussidiando il settore che esporta i
propri beni, aiutiamo un settore con vantaggio comparato.
Nella nostra analisi di equilibrio parziale assumiamo che il sussidio prenda la forma di un
premio pagato dall'autorità governativa per ogni quantità di prodotto esportata (premio che può
assumere la forma della defiscalizzazione).
L'impresa a seguito dell'intervento governativo,
riceve alla vendita il prezzo internazionale più il
sussidio. All'impresa conviene aumentare la
propria produzione anche se aumentandola i costi
marginali superano i ricavi marginali, ma questo
costo è compensato dal sussidio, quindi G1G'1 è
una perdita compensata dal sussidio.
Consideriamo ora il punto H'. L'impresa sul
mercato interno percepisce OM, cioè il prezzo
internazionale, perchè sulle vendite all'interno
non è sussidiata, quindi per quantità Oq1 riceve p.
Tuttavia nel mercato internazionale riceve il
prezzo p1>p, quindi all'impresa conviene, per una
banale operazione di arbitraggio, spostare la
propria offerta interna al mercato internazionale
dove ricevono di più. In questo modo riducono
l'offerta interna di H H'1, questo porta ad un
situazione di eccesso di domanda nel mercato
interno che provoca un aumento del prezzo interno. Lo spostamento dell'offerta si interrompe
quando il prezzo interno sarà uguale al prezzo internazionale più il sussidio, e per l'impresa sarà
indifferente produrre per l'interno o per il mercato internazionale. L'effetto di un sussidio alle
esportazione è quello di creare artificialmente un eccesso di domanda interno. Vediamo gli effetti in
termini di benessere. L'area del trapezio M-N-G-G1 rappresenta l'incremento di rendita del
produttore, l'area del trapezio M-N-H-H1 rappresenta la perdita di rendita del consumatore. Bisogna
però tenere conto del fatto che lo Stato paga un sussidio, e questo rappresenta una riduzione di
benessere per la società. La perdita di benessere sarà pari al sussidio unitario per la quantità
esportata, quindi sarà pari all'area del rettangolo H1-G1-G'1-H'1. Dalla somma algebrica di queste
quantità risulta che la perdita netta della società in termini di benessere è pari all'area dei triangoli
H1-H-H'1 e G-G1.G'1. E' da notare che gli
effetti di un sussidio non provocano delle
distorsioni dal lato della domanda come nel
caso della politica di contingentamento
ciononostante il costo in termini sociali
esiste.
Il caso osservato è un sussidio che è
riferito esclusivamente alla produzione
destinata all'esportazione; lo stato paga un
premio per ogni quantità di prodotto
esportata. Vediamo ora il caso in cui il
sussidio sia generalizzato a tutta la
produzione, ovvero lo stato paga un premio
per ogni quantità di prodotto, a prescindere
che questo sia venduto all'estero o
all'interno.
Graficamente un sussidio generalizzato alla
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produzione porta un abbassamento della curva di offerta, è infatti possibile allo stesso prezzo
produrre una quantità maggiore del bene in questione. Non abbiamo quindi effetti prezzi dal lato
della domanda ma un aumento della produzione di q2q3, ciò chiaramente riduce le importazioni.
L'effetto in termini di benessere è un incremento della rendita del produttore pari all'area del
trapezio M-N-G-G1, ciononostante bisogna tenere conto della spesa dello stato nel sussidio che è
pari al sussidio unitario per la qtà prodotta, ovvero pari all'area del parallelogramma M-N-G'1-G1 . Il
costo netto in termini sociali è quindi pari all'area del triangolo G-G'1-G1.
Il motivo di ciò è che stiamo sussidiando un settore in svantaggio comparato.
Spesso succede che un paese, sapendo che l'altro paese sussidia le proprie esportazioni, applichi un
dazio compensativo. Questo è pratica comune negli USA che hanno 57 dazi compensativi in vigore,
ma anche in Europa (18).
19. Politica agricola comune europea
L'Europa storicamente è sempre stato un paese importatore di prodotti agricoli, attuando
questa politica è diventata esportatrice. Questo ha portato degli enormi sprechi, che sono pesati sulle
tasche dei consumatori, ma ultimamente tale politica ci ha portato dei grossi vantaggi, ne
riparleremo a fine paragrafo. Il motivo di tale politica può essere fatta risalire da una forte pressione
delle lobby agricolo che in Europa sono molto forti. Tale politica parte dall'intenzione di voler
assicurare alla categoria degli agricoltori un reddito pari a quello delle altre categorie sociali, questo
è reso possibile manipolando l'effettiva offerta del mercato in questo modo:
Poniamo che il prezzo internazionale dia
ali livello p, a tale prezzo l'Europa sarebbe
un importatore netto di prodotti agricoli.
Poniamo che invece in Europa il prezzo di
tali prodotti in seguito alla politica
agricola comune sia p', a tale prezzo
l'Europa diventa esportatore di prodotti
agricoli. Ma a tale prezzo vi sarebbe
eccesso d'offerta e quindi calerebbe il
prezzo riportandoli al valore
internazionale, allora l'unione europea per
evitare la caduta del prezzo acquista dagli
agricoltori stessi l'eccesso di offerta al
prezzo p', mantenendo stabile il prezzo. Il
prezzo p' è garantito perchè l'eccesso
d'offerta viene ritirato dal mercato dai
governi. Tale eccesso d'offerta viene poi
rivenduto nel mercato internazionale al
prezzo p. Possiamo analizzare questo
meccanismo in termini di costi sociali.
Vediamo che l'area del trapezio M-N-G1G rappresenta l'incremento di rendita del produttore, mentre il trapezio M-N-H1-H rappresenta la
perdita di benessere del consumatore. Questa politica ha poi un costo, in quanto l'Europa acquista al
prezzo artificiale l'eccesso d'offerta e lo rivende al prezzo internazionale. La spesa di tale
operazione è pari alla differenza dei prezzi per l'eccesso d'offerta, ovvero l'area del rettangolo H1G1-G'1-H'1. Si vede chiaramente che la perdita netta di benessere per la società è enorme.
Tale politica non si è attuata da un momento all'altro ma si è instaurata nel corso degli anni,
ciononostante, essendo l'europa un paese di grande dimensioni, questa politica ha portato ad una
caduta dei prezzi internazionali, che ha aggravato il costo di tale politica.
Ultimamente questa politica è stata messa in discussione dai paesi membri (es Agenda 2000 Gran
bretagna). Infatti tale politica viene solitamente finanziata dall'IVA che i consumatori pagano, e i
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sussidi vanno in maggior parte ai paesi che hanno una grossa produzione di prodotti agricoli (quali
la Francia che riceve un quarto dei sussidi) e la Gran bretagna, che non ha una grossa produzione
agricola, si oppone a finanziare la produzione francese. I costi di tale politica sono enormi, inoltre
investire così tanto in un settore a basso valore aggiunto trascurando eventuali investimenti in
settori tecnologici ad alto valore aggiunto è criticabile; per questo motivo l'Europa è indietro
tecnologicamente rispetto al Giappone e agli USA.
Ciononostante tale politica ha portato anche dei vantaggi non indifferenti. Il primo è senza
dubbio quello di aver evitato lo svuotamento delle campagne come invece sta succedendo in altri
paesi quali la Cina. Il secondo è relativo alla crescita dei prezzi dei prodotti agricoli nell'ultimo
periodo derivante dalla crescita dei paesi quali Cina e India e l'utilizzo di tali prodotti per la
produzione di etanolo come combustibile. Tale politica ci ha reso autonomi a crisi di questo tipo, e
quindi stiamo soffrendo di meno la crisi per questo motivo. Inoltre come si può vedere chiaramente
dal grafico, se il prezzo internazionale aumenta, diminuisce la perdita dei consumatori e diminuisce
la spesa europea nell'attuare tale politica in quanto lo spread tra i prezzi diminuisce. E' probabile che
questa tendenza continui, dati i ritmi di crescita dei paesi orientali, e forse l'utilità di questa politica
potrà essere rimessa in discussione.
20. Effetti dell'introduzione di un dazio in un analisi di equilibrio generale
Tramite lo strumento della domanda reciproca proviamo a vedere quali sono gli effetti
dell'introduzione di un dazio da parte di un paese grande.
GII rappresenta la curva di domanda
offerta per il paese II in assenza di dazi.
Ogni punto della curva ci dice quanto è
disposto un paese a scambiare un tot di
quel bene in cambio di un unità dell'altro.
Mettiamo ora che il paese II introduca un
dazio percentuale sulle importazioni del
bene B, in questa rappresentazione
immaginiamo che alla dogana il paese
debba lasciare un certo quantitativo del
bene A. Poniamo ad esempio di trovarci
nel punto E, in assenza di dazi si
scambierebbe OEB contro OEA, tuttavia in
presenza del dazio la quantità EE' del bene
A il paese I deve lasciarlo alla dogana,
quindi il produttore del bene A del paese I
sarà disposto a scambiare solo la quantità
OE'A del bene A in cambio di OEB.
Possiamo replicare il ragionamento anche per il punto F, dove viene obbligato il produttore del bene
A paese I, a lasciare la quantità FF' del bene A alla dogana e quindi sarà disposto a scambiare solo
la quantità OF'A contro la quantità OFB. Possiamo ripetere questo ragionamento per tutti i punti della
curva ottenendo una nuova curva di domanda offerta, la G'II in presenza dei dazi.
N.B. Se il dazio fosse stato una quota fissa e non una percentuale della quantità importata,
avremmo avuto che a curva di domanda offerta sarebbe traslata semplicemente più in basso.
Vediamo quali sono gli effetti sulla ragione di scambio internazionale. Abbiamo visto che a
seguito dell'introduzione del dazio la la curva di domanda offerta del paese II si è abbassata.
Vediamo sopra che la ragione di scambio uguale alla retta di pendenza OE non è più di equilibrio.
Infatti ora l'intercetta tra la nuova curva di domanda reciproca del paese II e la ragione di scambio è
il punto F, tale punto ci indica le intenzione di commercio del paese II, in particolare intende ora
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esportare la quantità OFA<OEA in cambio della quantità OFB<OEB. Abbiamo innanzitutto una
riduzione dell'offerta del bene A, quindi si crea un eccesso di domanda che fa alzare PA. Per il bene
B abbiamo visto, nell'analisi di equilibrio parziale, che la quantità domandata all'interno del paese si
riduce perchè il prezzo interno di B è aumentato, conseguentemente a livello internazionale avremo
un eccesso d'offerta che porta alla riduzione di PB, possiamo quindi dire che la ragione di scambio
internazionale di riduce fino al livello pari alla pendenza della retta OL, dove gli eccessi di
domanda e offerta sono esauriti => P B / P A ↓. L è il nuovo equilibrio internazionale, infatti abbiamo
Imp AI=OLA=Exp AII e Imp BII=OLB=Exp BI.
Sono avvenute due cose
1) Si è ridotta la ragione di scambio internazionale
infatti OEA/OEB>OFA>OFB. Notiamo inoltre che le
condizioni del paese I sono peggiorate in quanto per
la stessa quantità OEB ricevono la qtà OFA<OEA
come si può vedere nel grafico accanto
2) Il volume del commercio internazionale si è ridotto
a seguito della riduzione della domanda del bene B
e della riduzione d'offerta del bene A
E' importante notare anche la ragione di scambio interna del paese II pari alla pendenza della retta
OL' (arancione). Notiamo che OL'A/OL'B>OEA/OEB>OLA/OLB ovvero che la vecchia ragione di
scambio internazionale si trova tra la nuova ragione di scambio int. e la ragione di scambio interna;
si può chiaramente vedere che la nuova ragione di scambio ha favorito il paese II. Il dazio
corrisponde a LL', ma come si è visto nell'analisi di equilibrio parziale il dazio non viene pagato
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interamente dai consumatori del paese II ma anche dai produttori del paese I per via della riduzione
del prezzo di B, in particolare la quota L'Z viene pagata dai consumatori del paese II sotto forma di
prezzo maggiorato, e ZL viene pagato dai produttori di I. Vediamo chiaramente che più è ripida o
meno elastica, la curva di domanda del paese I tanto più le ragioni di scambio peggiorano a
svantaggio del paese I arricchendo il paese I, infatti in tal caso aumenterebbe la quota ZL del dazio
che viene pagata dai produttori di I.
Dato che l'imposizione di un dazio da parte di un paese grande ha un effetto depressivo sui
commerci con gli altri paesi non è escluso che i paesi danneggiati operino in maniera ritorsiva
applicando a loro volta altri dazi.
All'inizio siamo nella situazione di libero
commercio con ragione dio scambio pari a
OE. L'imposizione del dazio del paese II fa
spostare la ragione di scambio a sfavore del
paese I ed è pari alla pendenza della retta
OF. In maniera ritorsiva il paese II risponde
con dazio sulle esportazioni del bene A,
arrivando alla ragione di scambio pari alla
pendenza della retta OH, e così via fino ad
arrivare alla ragione di scambio OQ, ma
niente ci impedisce di andare avanti. Ciò che
si può notare facilmente è che mentre la
ragione di scambio è variata di poco, i
volumi di scambio sono più che dimezzati; è
collassato il commercio internazionale con
una fortissima perdita di benessere.
Storicamente ciò è avvenuto in seguito
all'introduzione delle tariffe Smooth Hawley
sopra citate. In quegli anni gli scambi erano
abbastanza rari che venivano fatti in clearing infatti mancando un mercato internazionale, si doveva
ad ogni scambio contrattare i prezzi, le quantità e le modalità. Per evitare tali guerre commerciali
nel '48 venne istituito il GATT.
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21. Analisi di equilibrio generale dell'introduzione di un dazio da parte di un
paese piccolo
Un paese piccolo è un paese, il cui potere d'acquisto non è influente nell'economia mondiale,
e che per questo motivo non riuscirebbe a modificare significativamente la ragione di scambio.
Nell'analisi di seguito sull'introduzione del dazio prenderemo in considerazione anziché solo il
mercato del bene protetto anche il mercato del bene non protetto, per questo parliamo di analisi di
equilibrio generale.
Riprendendo i concetti di frontiera produttiva e di funzione di benessere sociale BergsonSamuelson, individuiamo due punti del grafico che ci rappresentano le quantità consumate e
prodotte dei relativi beni in una situazione di libero scambio.
Individuiamo la retta rossa come la ragione di scambio internazionale(PB/PA), in cui il paese
produce la qtà OHA e OHB mentre consuma la quantità OCA e OCB, il paese deve quindi esportare il
bene B per il quale è in eccesso di domanda e esportare il bene A per il quale è in eccesso di offerta.
H è quindi un punto di efficienza nella produzione (s.m.trasf.AB=PB/PA) e C un punto di efficienza
del consumo (s.m.sost.soc.=PB/PA).
Poniamo che ora il paese imponga un dazio ad valorem sulle importazioni del bene A.
P'A=PA(1+d). La ragione di scambio interna quindi si distacca dalla ragione di scambio
internazionale in particolare PB/PA > PB/P'A . Ma a questa particolare ragione di scambio ai
produttori interni non conviene rimanere nel punto H, perchè in H avremo che
S.m.Trasf.AB=C.marg.B/C.marg.A> PB/P'A. Alle imprese risulta conveniente aumentare la
produzione di A, (quindi il costo marginale di A aumenta) e ridurre la produzione di B (quindi il
costo marginale di B diminuisce). Ci fermeremo nel punto G dove c'è esatta tangenza tra la curva di
trasformazione e la ragione di scambio interna PB/P'A.. Il dazio ha reso artificialmente conveniente
alle imprese riallocare le proprie risorse a favore del settore con svantaggio comparato.
Dal lato del consumo cosa succede? Il paese consumerà le quantità di A e B che si è prodotto da
solo nei limiti di quanto ne possiede, ma per il resto si affida al mercato internazionale dove vige la
ragione di scambio PB/PA. Quindi trovandosi in G si muoverà lungo la ragione di scambio
internazionale che passa da quel punto (la parallela alla retta rossa, possiamo immaginarlo come un
vincolo di bilancio). Tuttavia la condizione di efficienza nel consumo dice che si consuma nel punto
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in cui il S.M. Sost. Sociale= PB/P'A alla ragione di scambo interna. Quindi il paese “percorrerà” la
parallela della ragione si scambio internazionale fino a che non incontrerà una curva di Bergson
Samuelson che in quel punto ha tangenza pari alla ragione di scambio interna PB/P'A. Tale punto nel
grafico è individuato in E. Notiamo che nel punto E la parallela alla ragione di scambio non è
tangente alla Bergson-Samuelson ma secante. Riepiloghiamo brevemente
Prima del dazio
Dopo il dazio
Produzione
HA
<
GA
HB
>
GB
Consumo
CA
>
EA
CB
<
EB
Conseguentemente le importazioni di A sono calate, prima erano CAHA ora sono EAGA, questo
perchè si produce all'interno di più e se ne domanda di meno. Dall'altro lato le esportazioni di B
sono calate anch'esse, prima si esportava CBHB ora EBGB.
Il volume del commercio internazionale si è in sostanza ridotto. Il benessere si è anch'esso ridotto,
infatti il punto E si trova in una curva di Bergson-Samuelson più bassa rispetto a quella del punto C.
Inoltre anche il reddito si riduce, per verificare ciò basta notare che se si decidesse si impiegare tutti
gli f.p. per avere A, alla vecchia ragione di scambio avremmo ottenuto di più. Questo è il risultato di
aver violato la legge dei vantaggi comparati.
22. Storia della politica commerciale
22.1 Trade Agreements Act del 1934
Nel corso dei primi anni 30 gli export degli USA e il commercio in genere subì un drastico calo per
due motivi i) Grande depressione 1929 ii) approvazione dello Smooth-Hawley Act (1930), che
provoco un innalzamento del dazio medio sulle importazioni negli Usa al 59%.
Tale atto venne introdotto inizialmente per aiutare il settore agricolo americano, ma vennero imposti
anche tariffe sui manufatti d'importazione, l'obbiettivo era la riduzione delle importazioni e lo
stimolo dell'occupazione nazionale (politica beggar-thy-neighbor), ma prima dell'approvazione
molti paesi protestavano affermando che l'introduzione li avrebbe seriamente danneggiati e in caso
di approvazione avrebbero applicato misure ritorsive. Nonostante la disapprovazione nazionale ed
una petizione contraria di oltre 1000 economisti il presidente Hoover promulgò la legge.
Il risultato fu catastrofico, 60 paesi misero in atto provvedimenti ritorsivi, e vi fu un calo drastico
del commercio mondiale che aggravò e diffuse la depressione a livello mondiale.
La nuova amministrazione Roosevelt approvò nel 1934 il Trade Agreements Act, le principali
caratteristiche erano:
1. trasferimento della formulazione della politica commerciale al presidente, potere tolto al
congresso. Il presidente poteva negoziare con gli altri paesi reciproche riduzioni tariffarie di
circa il 50% delle aliquote fissate nello Smooth-Hawley Act.
2. Si basava sul principio della nazione più favorita, che estendeva a tutti i partner commerciali
qualsiasi reciproca riduzione tariffaria negoziata dagli Usa con uno di essi. Era un principio
di non discriminazione.
3. Era fondato sul commercio bilaterale
Il Trade Agreement Act venne rinnovato 11 volte fino a che nel 1962 non venne sostituito con il
Trade Expansion Act.
22.2 L'accordo generale sui dazi e sul commercio (GATT)
Il General Agreements on Tariffs and Trade (1947) era un organizzazione internazionale creata
nel 1947 con sede a Ginevra diretta a promulgare il libero scambio tramite negoziati commerciali
multinazionali. Il GATT si fonda su tre principi:
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1. Non dicriminazione. Questa norma si riferisce all'accettazione incondizionata del principio
della nazione più favorita (le uniche eccezioni erano le unioni doganali)
2. Eliminazione delle barrire commerciali non tariffarie.(esempio quote). Le uniche eccezioni
erano i prodotti agricoli e i paesi con problemi di bilancia dei pagamenti.
3. Consultazione tra paesi per risolvere controversie commerciali all'interno del GATT.
Vi aderirono entro il 1993 123 paesi coprendo circa il 90% del commercio mondiale. Tra il 1947 e
il 1962 i dazi furono ridotti del 35% in cinque diversi negoziati. Fino al 1962 i negoziati venivano
fatti separatamente per ogni singolo prodotto dato che gli Usa ad ogni periodico rinnovo del trade
agreements act inseriva emendamenti protezionistici. Tali emendamenti erano:
1) Clausole del punto di pericolo che impedivano al Presidente degli Usa di negoziare qualsiasi
riduzione tariffaria che avrebbe potuto compromettere seriamente un industria nazionale.
2) Clausola di recesso permetteva ad ogni industria che lamentava danni provenienti dalle
importazioni di rivolgersi alla Commissione per il commercio internazionale, la quale
esortava il Presidente a revocare ogni riduzione tariffaria precedentemente negoziata
3) Clausola di sicurezza nazionale impediva riduzioni tariffarie se compromettevano industrie
importanti per la difesa nazionale
22.3 Trade expansion Act del 1962 e il Kennedy round
Il Trade Expansion Act (1962) fu varato in sostituzione del Trade Agreements Act per rispondere
alla costituzione del mercato comune europeo. Le caratteristiche peculiari erano
1. Possibilità per il Presidente di negoziare riduzioni tariffarie generalizzate fino al 50% del
livello raggiunto nel 1962 (si negoziava non più per singolo prodotto)
2. Principio di assistenza alla ristrutturazione, per i lavoratori e le imprese danneggiati dalla
riduzione dei dazi.
Seguendo i dettami del Trade Expansion Act, gli USA avviarono sotto il patrocinio del GATT
negoziati commerciali multilaterali ad ampio raggio, noti come il Kennedy Round (1967), il
risultato fu un accordo nel ridurre le aliquote tariffarie medie sui prodotti industriali del 35%
rispetto al livello del 1962; nel 1972 e i dazi sui prodotti industriali nei paesi industrializzati erano
inferiori al 10%.
22.4 Il Trade Reform Act e il Tokyo Round
Il Trade Expansion act fu sostituito dal Trade Reform Act (1974) che autorizzava il
Presidente a:
1) negoziare riduzioni tariffarie fino al 60% e rimuovere dazi esistenti se minori del 5%
2) negoziare riduzioni di barriere commerciali non tariffarie
3) vi fu una riduzione dei criteri di assegnazione dell'assistenza alla ristrutturazione.
Gli USA parteciparono ai negoziati multilaterali in tema di dazi noti come Tokyo Round che si
conclusero nel 1979. Il risultato fu una riduzione dei dazi del 31% negli USA, 27% Unione
Europea, 28% Giappone. Venne istituito un codice di condotta a cui i paesi membri si dovevano
attenere nell'applicazione di barriere commerciali non tariffarie, tale codice includeva: un accordo
per le commesse pubbliche, uniformità nell'applicazione dei dazi nei casi di compensazione e di
antidumping, un sistema generalizzato di preferenze per le esportazioni di manufatti, semilavorati e
altri prodotti specifichi provenienti dai paesi in via di sviluppo.
Venne misurato il risultato approssimativamente in 1,7 miliardi di dollari annui e 8 miliardi di
dollari in termini dinamici.
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22.5 Trade Acts del 1984 e del 1988
Seguì il Trade and Tariff Act (1984) che conteneva tre disposizioni
1. Autorizzava il Presidente a negoziare accordi internazionali per la protezione dei diritti sulla
proprietà intellettuale e ridurre barriere commerciali sui servizi ad alta tecnologia
2. Estendeva il sistema generalizzato di preferenze che garantiva l'accesso privilegiato alle
esportazione dei paesi in via di sviluppo verso gli USA
3. Concedeva l'autorizzazione ad effettuare negoziati che successivamente portarono ad un
accordo di libero scambio con Israele
L'Omnibus Trade and Competitivness Act (1988) includeva la clausola super 301 che
1) incaricava il Rappresentante speciale per il commercio degli USA di individuare i principali
paesi che continuavano a mantenere consistenti barriere commerciali
2) stabiliva un rigoroso programma di negoziati diretti all'eliminazione di tali barriere
3) prevedeva un comportamento di tipo ritorsivo per frenare le importazioni di questi paesi
qualora i negoziati non avessero avuto esito positivo
I paesi individuati furono Giappone Brasile e India, in base a tale clausola si sarebbero applicati
dazi del 100% su alcune loro importazioni verso gli USA se i negoziati non fossero andati a buon
fine.
22.5 L'Uruguay Round
Nel 1986 iniziò il più ambizioso round di contrattazioni l'Uruguay Round (1993) che si concluse
nel 1983. Vi parteciparono 123 stati. La conclusione di tali round venne ritardata di tre anni per via
dei disaccordi tra USA e UE sulla riduzione dei sussidi all'agricoltura. Entrò in vigore il 1 luglio
1995. I contenuti erano i seguenti:
1) Dazi I dazi sui prodotti industriali devono essere ridotti da una media del 4,7% al 3% e la
quota dei beni esenti da dazio sarebbero doveva aumentare dal 22% al 45%.
2) Quote I paesi devono sostituire le quote sulle importazioni di prodotti agricoli, tessili e
abbigliamento con dazi meno restrittivi entrao la fine del 1999 per i prodotti agricoli ed
entro la fine del 2004 per i prodotti tessili e l'abbigliamento
3) Antidumping più rigide e rapide misure di risoluzione delle dispute risultanti dalle leggi
antidumping, ma non vieta l'adozione delle stesse
4) Sussidi Il volume delle esportazioni di prodotti agricoli sussidiati deve essere ridotto del
21% entro un periodo di 6 anni
5) Salvaguardia Ai paesi è concesso di aumentare temporaneamente i dazi, o di introdurre altre
restrizioni, sui flussi di importazioni che possono compromettere severamente un industria
nazionale, l'accordo proibisce ai paesi di imporre specifici standard sanitari o di sicurezza,
fatta eccezione di quelli basati su evidenza scientifica (tale provvedimento era rivolto a
risolvere la controversia tra UE e USA riguardo le proibizioni della prima ad esportare
bovini con ormoni per la crescita)
6) Proprietà intellettuale L'accordo prevede 20 anni di protezione sui brevetti, marchi
commerciali e diritti d'autore
7) Servizi Gli USA hanno fallito nell'assicurare alle loro banche e società finanziarie l'accesso
ai mercati giapponese, coreano, e di altri paesi in via di sviluppo, e non sono riusciti a
convincere l'UE ad allentare le restrizioni sulle trasmissioni di film e programmi TV
americani in Europa.
8) Provvedimenti per l'industria USA e UE hanno concordato nel continuare le trattative dirette
a limitare i sussidi del governo alla produzione di aerei civili (Boeing vs Airbus),allo
sviluppo della telefonia a lunga distanza, alla limitazione dei sussidi europei all'industria
dell'acciaio
34
9) Misure relative all'investimento commerciale L'accordo prevede l'eliminazione dell'obbligo
per gli investitori esteri di acquisire le forniture sul mercato interno o di esportare in misura
pari a quanto essi importano
10) World Trade Organization (WTO) Viene sostituito il segretariato del GATT con la World
Trade Organization a Ginevra con autorità non solo in tema di commercio di prodotti
industriali, ma anche in materia di prodotti agricoli e servizi. Le dispute in materia di
commercio vengono risolti con il voto di 2/3 o ¾ dei paesi anziché all'unanimità come
prevedeva il GATT (che rendeva in possibile promuovere azioni ritorsive contro un paese
membro).
Si calcola che l'incremento in termini di benessere mondiale portato dai provvedimenti
dell'Uruguay Round è di 73 miliardi di dollari entro il 2005 (di cui 58,3 destinati ai paesi sviluppati
e 19,2 ai paesi in via di sviluppo).
Nello stesso periodo vennero negoziati altri accordi. Nel 1999 l'UE ha raggiunto un accordo
di libero scambio con il Messico che prevede la rimozione di tutti i dazi del commercio bilaterale
entro il 2007. Nel dicembre 2001 la Cina fu ammessa nel WTO come 144° membro, e a partire dal
2006 il numero degli aderenti al WTO ha raggiunto quota 150. Nell'agosto del 2002 il congresso
degli USA ha riconosciuto al Presidente l'autorità di promozione del commercio che gli consentirà
di negoziare vasti accordi commerciali e obbligava il Presidente a tenere in considerazione nei suoi
negoziati la protezione dell'ambiente, i diritti del lavoro, ecc.
22.6 Il Doha Round e i problemi rimasti irrisolti in tema di commercio
Molte questioni sono rimaste irrisolte dall'Uruguay Round. Elenchiamone alcune:
1) Le gravi dispute commerciali tra USA e UE, ad esempio i tagli fiscali concessi alle società
statunitensi sui redditi provenienti dalle esportazioni, i sussidi che gli europei forniscono ad
Airbus, il bando dell'UE diretto all'importazione di bovini americani cresciuti con gli
ormoni. Nel 2005 inoltre USA e UE impongono restrizioni alle esportazioni di tessile cinese
2) I sussidi e i dazi sui prodotti agricoli restano molto alti
3) Vi è una tendenza alla divisione del mondo in tre blocchi commerciali: il NAFTA (North
American Free Trade Association), l'Unione Europea e il blocco asiatico (molto meno
definito).
4) La richiesta di definire standard lavorativi e ambientali avanzata da alcuni paesi sviluppati.
Lo scopo è quello di assicurare una convergenza nelle condizioni lavorative tra paesi
sviluppati e paesi in via di sviluppo, evitando una forma di dumping sociale da parte di
questi ultimi (i paesi in via di sviluppo spesso negano ai propri lavoratori i diritti
fondamentali e condizioni salariali e lavorative accettabili)
Nella conferenza a Seattle del WTO nel 1999 fu fatto un tentativo di lanciare un Millennium
Rounddi negoziazioni. Il tentativo fallì perchè:
1. i paesi in via di sviluppo si opponevano con decisione all'inserimento del problema degli
standard lavorativi e ambientali nell'agenda del nuovo round
2. UE e Giappone si opponevano al desiderio americano di mettere in discussione i sussidi
all'agricoltura
3. Gli USA erano contrari a mettere in discussione le politiche di investimento e di
concorrenza che interessavano l'Unione Europea
Tutto ciò avveniva nel corso di dimostrazioni organizzate dal movimento antiglobalizzazione.
Venne lanciato così il Doha Round (novembre 2001), l'agenda dei negoziati includeva
1) L'ulteriore liberalizzazione della produzione e del commercio nell'agricoltura nei prodotti
industriali e nei servizi
2) L'ulteriore restringimento dei regolamenti sulle misure antidumping e di protezione, e sulle
politiche di concorrenza e di investimento
I paesi in via di sviluppo furono riluttanti a fare concessioni poiché ritenevano che l'Uruguay Round
35
non fosse riuscito a mantenere gran parte delle promesse che aveva loro rivolto, e per questa
ragione insistevano affinchè il Doha Round fosse un development round. Nel 2006 vi fu un ulteriore
incontro che fallì a causa delle divergenze tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati riguardo i
sussidi sull'agricoltura. Oggi sembra del tutto improbabile che il Doha Round si concluda con
successo.
36
ECONOMIA INTERNAZIONALE MONETARIA
1. Mercato dei cambi, tassi di cambio a pronti
Il mercato dei cambi è l'esempio perfetto di mercato efficiente, che risponde a tutte le
condizioni dell'equilibrio generale. Tale caratteristica la assume in quanto è il mercato più grande al
mondo; ogni giorno vengono infatti fatte 1500 milioni di dollari di transazioni. E' un mercato
informale dove tutto si basa sulle telefonate, chiunque può operare in questo mercato. Inoltre è un
mercato di baratto, vengono infatti scambiate valute, ma ciononostante è superato il problema della
doppia coincidenza dei desideri, che si riscontra nei mercati di baratto, questo vuol dire che se io
sono un venditore di scarpe e intendo avere vestiti, se lo faccio con il baratto, devo andare a trovare
l'insieme dei venditori di vestiti, e in questo insieme il sottoinsieme dei venditori di vestiti che è
interessato a comprare scarpe, con la moneta mi basta cercare l'insieme dei venditori di vestiti. Tale
problema nel mercato dei ca,bi è superato perchè è talmente grande che trovi sempre la controparte
ai tuoi scambi. E' un mercato a info perfetta in quanto ogni prezzo incorpora le informazioni su di
esso.
I tassi di cambio diretti sono il prezzo del mercato dei cambi, ma vi sono due convenzioni
diverse per indicarli
−
−
Incerto per certo ej,i t
numero di unità della valuta nazionale i da versare per comprare
una unità della valuta estera j al tempo t. Questo tasso di cambio è spot, ovvero a pronti, cioè la
consegna deve avvenire entro e non oltre 2 giorni lavorativi. Quando questo prezzo aumenta la
valuta nazionale si svaluta.
Certo per incerto ei,j t
numero di unità della valuta estera j che devo versare per
comprare una unità della valuta nazionale i al tempo t. Anche questo è un prezzo a pronti. Se
questo prezzo aumenta, la valuta nazionale si apprezza.
Dalla seconda guerra mondiale in poi, il dollaro era divenuta la valuta di riferimento a
livello mondiale, in quanto erano gli USA che usciti dalla guerra quasi senza danni, che avevano più
risorse da prestare ai paesi martoriati dalla guerra. Dato che la valuta di riferimento era il dollaro, le
quotazioni avvenivano tutte secondo la notazione incerto per certo a livello mondiale, cioè quante
unità della valuta nazionale si dovevano versare per avere 1$. In tutto il mondo si utilizzava la
quotazione incerto per certo nei confronti del dollaro, tranne a New yorkche si utilizzava il certo per
incerto. Questo perchè il dollaro aveva preso la funzione dell'oro. Fu a Bretton Woods che si decise
il Gold exchange standard basato su rapporti di scambio fissi tutti agganciati al dollaro, il quale a
sua volta era agganciato all'oro.
Nel 1999 venne poi deciso al momento della creazione dell'euro che anch'esso dovesse
essere quotato certo per incerto per dare un messaggio di prestigio della nascente valuta. Ora
contina ad essere quotato quasi tutto in dollari, ma il decrescente peso dell'economia americana a
livello mondiale e le recenti svalutazioni del $, stanno portando molti paesi a cambiare la
composizione dei propri panieri valutari.
Ora però si sta creando un po' di confusione, perchè la convenzione degli ultimi 50 anni sta
svanendo e molti erano oramai abituati ad utilizzare questo sistema, i modelli teorici sul mercato dei
cambi sono ancora tutti quotati incerto per certo.
Ciononostante si possono utilizzare indifferentemente entrambe le notazioni perchè se ne
conosco una posso ricavare quell'altra per via del principio del
Arbitraggio a due piazze
In generale vale che ej,i t = 1/ei,j t Se conosco un tasso certo per incerto posso conoscere l'incerto per
certo facendo l'inverso del primo (e viceversa).
37
Vediamo perchè facendo l'esempio di Londra e Francoforte, piazze in cui vengono quotati in
diversa notazione il tasso di cambio € £.
LONDRA e€,£ =0.4
FRANCOFORTE e£,€=3
Attualmente vale che e€,£>1/e£,€. Si crea un margine di arbitraggio, ovvero posso fare un operazione
a zero rischi che mi porta un guadagno. Posso cambiare 1000000 £ a Francoforte in €, ottenendo
3000000 €, poi li ricambio a Londra in sterline e ottengo 3000000*0.4=1200000£, guadagnando il
20% senza aver rischiato nulla. Scoperto il margine di arbitraggio, molti operatori fanno la stessa
cosa, si crea così un eccesso di domanda di domanda di € a Londra e quindi il tasso di cambio e€,£
=0.4 cala. Contemporaneamente a Francoforte si crea un eccesso di domanda di sterline che fa
alzare e£,€=3. Questi aggiustamenti si fermeranno quando e€,£=1/e£,€
Questi sono tassi di cambio diretti, ma esistono anche dei tassi di cambio indiretti
ej,m t*em,i t=ej,i t tasso di cambio tra valuta estera e valuta nazionale ovvero unità di valuta nazionale
per avere una unità di valuta estera passando da un'altra valuta intermedia
L'uguaglianza di sopra deve sempre verificarsi altrimenti sarebbe possibile fare profitti di
arbitraggio secondo il principio del
Arbitraggio a tre piazze
Ipotizziamo che nell'uguaglianza di sopra valga il >, ciò vuol dire che il prezzo indiretto della valuta
j è maggiore del prezzo diretto. Quindi sarebbe facile fare un operazione senza rischi che mi porta
ad acquistare la valuta j al prezzo diretto e venderlo al prezzo indiretto ottenendo un profitto risk
free dall'operazione che però attirerebbe altri operatori. Ciò farebbe alzare il tasso di cambio diretto
della valuta j per via del formarsi dell'eccesso di domanda, e farebbe scendere il tasso indiretto per
via di un eccesso di offerta. Tale processo si arresterebbe quando i tassi di cambio diretto e indiretto
non si sono allineati. Tutto questo avviene minimizzando i costi di transazione, che nel mercato dei
cabi sono bassissimi
Si possono fare arbitraggi a più di tre piazze, ma in ogni caso deve valere questo principio:
ej,i t= ej,m t*em,k t*ek,n t*en,i t
Il fatto che valgano questi principi riduce drasticamente il numero dei tassi di cambio che vanno
presi in considerazione, infatti se avessimo n paesi, con ognuno una valuta, dovremmo tenere in
considerazione n*(n-1) tassi di cambio.

1
e 21
e31
e 41
e51
..
e j1
e n1
e 12
1
e 32
e 42
e 52
..
e j2
e n2
e 13 ..
..
..
..
e 23 ..
..
..
..
1 ..
..
..
..
e 43 1
..
..
..
e 53 e54 1
..
..
..
..
..
..
..
e j3 e j4 e j5 e j6 1
e n3 en4 e n5 e n6 e n7

e 1n
e 2n
e 3n
e 4n
e 5n
..
e jn
1
1
e 21
e31
e 41
e51
..
e j1
e n1
0
1
e 32
e 42
e 52
..
e j2
e n2
0 0
0
0
0
0 ..
..
..
..
1 0
..
..
..
e 43 1
0
..
..
e 53 e54 1
0
..
.. ..
..
..
..
e j3 e j4 e j5 e j6 1
e n3 en4 e n5 e n6 e n7
0
0
0
0
0
..
0
1

1
e21
e31
e 41
...
e j1
e m1
e n1
In questa matrice n*n sono rappresentati tutti i tassi di cambio nel mercato. Chiaramente i
termini sulla diagonale sono i tassi di cambio della valuta i in termini della valuta i che è
logicamente 1, per questo motivo i tassi di cambio nel mercato sono n*(n-1), perchè non si tiene
conto degli n 1 sulla diagonale.
Per via dell'arbitraggio a due piazze possiamo escludere metà di questi tassi di cambio, in
quanto se conosco ej,i t conosco ei,j t dato che ej,i t = 1/eij t . Quindi necessito conoscere solo n*(n-1)/2
tassi di cambio, ovvero la matrice triangolare a destra, detta anche cross rates.
In teoria se vale l'arbitraggio a tre piazze mi basta conoscere solo 1 colonna. Una colonna
della matrice ci dice quante unità della valuta nazionale ci vogliono per avere una unità della valuta
j. Dato che vale ej,1 = ej,m*em,1 conoscendo ej,1, em,1 posso ricavare ej,m.
38
2. Tassi di cambio a termine
Il tasso di cambio a termine è uno strumento finanziario per coprirsi dal rischio delle
fluttuazioni del tasso di cambio. Un esempio può essere illuminante: un importatore europeo di
petrolio, desidera acquistare un carico di petrolio, per cui prima di ricevere la merce dovrà versare
un anticipo in dollari, mentre la restante parte dovrà pagarla al momento dell'arrivo del carico di
petrolio sempre in dollari. Il petrolio dato che viene trasportato via mare arriva 2 mesi dopo il
versamento dell'anticipo, periodo in cui il tasso di cambio può oscillare, e quindi il valore del carico
può diminuire. Per coprirsi dal rischio di cambio, l'importatore al momento della stipulazione del
contratto, si rivolge nel comparto a termine dei cambi comprando a termine la restante parte del
pagamento. L'importatore si impegna oggi a comprare fra 60 giorni una determinata qtà di dollari
ad un determinato tasso di cambio, senza alcun impegno finanziario preliminare.
−
Incerto per certo eFj,i t prezzo di una unità di valuta estera in termine di valuta nazionale
decisa all'istante t che si effettuerà tra F giorni. Di solito F sono 30, 90 o 120 giorni.
Questo tasso di cambio riflette le aspettative del mercato alla scadenza del contratto. La differenza
tra il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a termine prende il nome di:
SCONTO A TERMINE (d) se eFj,i t- ej,i t>0 in tal caso il mercato prevede una svalutazione
della valuta nazionale entro F giorni, a termine dovremmo versare più unità di i per avere 1 di j.
PREMIO A TERMINE (p) se eFj,i t- ej,i t <0 il mercato prevede un apprezzamento della
valuta nazionale da qui a F giorni, a termine dovremo versare meno unità di i per avere 1 di j.
- Certo per incerto eFi,j t prezzo di una unità di valuta nazionale in termine di valuta estera
decisa all'istante t che si effettuerà tra F giorni.
In certo per incerto si ha sconto a termine quando vale eFj,i t- ej,i t<0, si ha premio a termine quando
vale invece eFj,i t- ej,i t>0 .
3. Principio della parità coperta d'interesse (Covered Interest Parity Condition)
Vediamo ora che il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a termine sono legati da
operazioni di arbitarggio. Prima bisogna introdurre nell'analisi altri due elementi
- iit tasso d'interesse risk free nazionale - ijt tasso d'interesse risk free estero
Solitamente questi tassi d'interesse sono espressi in base annua, quindi se vogliamo utilizzarli in
operazioni di arbitraggio con tassi di cambio a termine che al massimo si concludono dopo 120
giorni, dovremmo portarli in base mensile semplicemente in questo modo
it = (1+ rt)1/12 -1 dove it è il tasso di interesse su base mensile, mentre rt è il tasso di interesse in base
annua. Ma potremo semplificare i calcoli utilizzando questa equivalenza it ≈ rt/12 che per i
sufficiente piccolo approssima bene l'equivalenza in serie geometrica
Facciamo ora un esempio. Un importatore di petrolio necessita fra 90 giorni di un ammontare di X
milioni di dollari per pagare un carico di petrolio che gli arriverà a quella scadenza. Utilizzando il
comparto a termine spende tra 90 giorni in valuta nazionale
X*e90j,i t valuta nazionale tra 90 giorni
Potrei però attraverso vai strumenti finanziari costruire una replica di questo contratto derivato, il
tasso di cambio a termine, passando per il mercato monetario. Potrei infatti acquistare oggi a pronti
una quantità di dollari pari a X/(1+ ijt), in modo tale da investirli in un titolo risk free estero in modo
tale da avere alla scadenza (X/(1+ ijt)) (1+ijt) = X. Quindi per effettuare l'operazione necessito di
39
(X/(1+ ijt))*ej,i t valuta nazionale oggi, e lo ottengo passando per il mercato dei cambi a pronti.
Cionostante i due contratti non sono equivalenti perchè nel primo contratto l'importatore versa fra
90 giorni X*e90j,i t di valuta nazionale, mentre nel secondo contratto necessita di (X/(1+ ijt))*ej,i t
subito, nel primo caso avrei potuto usufruire della valuta nazionale per tutti i 90 giorni prima della
scadenza nel secondo caso mi privo subito di questa cifra e quindi rinuncio ad altri impieghi
alternativi di questa valuta nazionale. Devo quindi tenere conto per vedere il costo del contratto
artificiale anche del costo opportunità che deriva ad esempio da rinunciare a investire quella
quantità di valuta nazionale in un titolo italiano remunerato al tasso iit risk free.
Il costo del contratto replicato è quindi
[(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit)
L'importatore deciderà se passare dal comparto artificiale anziché dal comparto a termine se il
costo del contratto artificiale è più basso del costo del contratto a termine ovvero se
[(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit) < X*e90j,i t
Viceversa se vale il > , l'importatore passerà dal comparto a termine. Ciononostante se si verifica
che è più conveniente passare dal mercato artificiale si creerebbe uno squilibrio nel mercato dei
cambi per via dell'accresciuta domanda di valuta estera per effettuare l'investimento in titoli esteri e
questo provocherebbe un deprezzamento della valuta nazionale e quindi un innalzamento del tasso
di cambio a pronti ej,i t ↑ che farebbe ristabilire l'uguaglianza tra i costi dei due contratti.
L'incontrario avverrebbe se risultasse più conveniente passare dal comparto a termine, si creerebbe
un eccesso di domanda di valuta estera a termine che porterebbe all'innalzamento di e90j,i t.
Se vale l'uguaglianza possiamo fare delle semplificazioni.
[(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit) = X*e90j,i t
[ej,i t/(1+ ijt)]*(1+ iit) = eFj,i t
→
PARITA' COPERTA DI'INTERESSE
i
)
t
j
(1+ i /(1+it ) = e
F
/
j,i t
↓
ej,i t
Questa relazione è molto importante perchè lega tra loro il mercato dei cambi e il mercato
monetario. E' necessario scrivere questa relazione in base logaritmica.
-sj,i t = log(ej,i t)
- fj,i t = log(eFj,i t)
- log(1+iit) ≈ iit
log(eFj,i t/ ej,i t) = log [(1+ ii t) / (1+ij t)]
- log(1+ijt) ≈ ijt
log(eFj,i t) - log(ej,i t) =log(1+ii t) – log(1+ijt)
PARITA' COPERTA D'INTERESSE
fj,i t – sj,i t ≈ iit - ijt
in termini logaritmici
Tale espressione la possiamo scrivere anche in termini certo per incerto e risulterebbe
1+ itj/1+iti = eFi,j t / ei,j t
fi,j t – si,j t ≈ itj – iti
4. Operazioni di swap
E' un operazione incrociata che si effettua tramite la contemporanea stipulazione di un tasso
di cambio a pronti “in un senso” e di un tasso di cambio a termine “nell'altro senso”. Tali
operazioni generano margini di arbitraggio, e sono infatti concluse da operatori professionali detti
arbitraggisti. Diamo ora una esemplificazione di un operazione swap utilizzando la convenzione del
tasso di cambio incerto per certo
L'operatore ha a disposizione una somma di valuta nazionale i pari ad Y. Si possono
prospettare due impieghi alternativi per questa disponibilità,
40
1) investire Y nel mercato monetario nazionale al tasso d'interesse trimestrale iti, ottenendo un
montante pari a Y * (1+ iti)
2) investire nel mercato estero, una liquidità pari a Y/ej,i t al tasso di interesse trimestrale itj,
coprendosi tuttavia dal rischio di cambio attraverso una contemporanea stipulazione di un
contratto a termine che prevede di cambiare Y/ej,i t fra 30 giorni in valuta nazionale al tasso
di cambio stabilito al momento della stipulazione del contratto. Il montante dell'operazione è
[ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t
Ipotizziamo ora che il montante della seconda operazione sia maggiore del montante della prima, e
quindi risulta più conveniente ricorrere al comparto a termine. Tale operazione risulterebbe più
conveniente anche se l'arbitraggista non avesse a disposizione Y di valuta nazionale, e dovesse
prenderli in prestito al tasso d'interesse iti, sostenendo un costo totale per il finanziamento pari a
Y*(1+ iti), otterrebbe un margine di arbitraggio pari a
[ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t- Y * (1+ iti) > 0 Margine d'arbitraggio dall'operazione
In presenza di questo margine, per via del meccanismo competitivo, ci saranno degli aggiustamenti
nei vari mercati coinvolti: nel mercato monetario ci sarà un eccesso di domanda di moneta
nazionale che farà alzare il tasso d'interesse iti ed un eccesso di offerta di moneta estera che farà
abbassare il tasso d'interesse itj, nel mercato dei cambi vi sarà un eccesso di domanda di valuta
estera a pronti ed un eccesso di domanda di valuta nazionale a termine, che farà abbassare eFj,i t e
farà alzare ej,i t . Per effetto di tali movimenti il margine di arbitraggio si azzera.
Possiamo semplificare la forma della disequazione vista sopra
[ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t = Y * (1+ iti)
→
(1+itj) * eFj,i t = ej,i t * (1+ iti)
↓
eFj,i t= [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t
Se vale il maggiore (>) si formeranno flussi di domanda di valuta estera a pronti e
contemporanei flussi di offerta di valuta estera a termine, altrimenti, se vale il minore (<) si
formeranno flussi di offerta di valuta estera a pronti e contemporanei flussi di domanda di valuta
estera a termine. Tali flussi che coinvolgono mercato dei cambi e mercato monetario faranno si che
valga l'uguaglianza nell'equazione di sopra.
Un operazione di swap può essere fatta anche utilizzando moneta estera. Se l'operatore ha a
disposizione una somma X di valuta estera, questi lo può alternativamente investire nel mercato
monetario estero ottenendo X(1+itj), oppure cambiarla in valuta nazionale, investirlo nel mercato
monetario interno e stipulare contemporaneamente un contratto a termine di vendita della aluta
nazionale, ottenendo così [(Xej,i t)(1+iti)]1/eFj,i t . Allo stesso modo visto sopra si raggiunge
l'equazione inquadrettata. Se tale condizione non è soddisfatta si formeranno margini d'arbitraggio
che però provocheranno aggiustamenti negli altri mercati.
5. Principio della parità scoperta d'interesse (Uncovered Interest Parity condition)
Gli speculatori sono operatori professionali che fanno transazioni basandosi sulle proprie
aspettative. Uno speculatore quindi interviene quando pensa che i prezzi quotati non sono
rappresentativi della reale situazione del mercato e quindi è disposto a rischiare. Vediamo come
intervengono gli speculatori nel mercato dei cambi.
Innanzitutto definiamo
E(ej,i t+30 | Qt)
Valore atteso del tasso di cambio a pronti fra 30 giorni
41
Ipotizziamo inoltre che gli operatori abbiano memoria. Vediamo ora un operazione di swap
svolta da uno speculatore, questi ha a disposizione una quantità di valuta nazionale pari a Y che può
essere investita alternativamente nel mercato monetario interno oppure può essere cambiata in
valuta estera a pronti e investito nel mercato monetario estero. Nel secondo caso però lo speculatore
differentemente dall'arbitraggista non stipula un contratto di cambio a termine in valuta estera, in
quanto pensa che il tesso di cambio a termine non rappresenti il tasso di cambio che si concretizzerà
fra 30 giorni, così lo speculatore decide di non coprirsi dal rischio di cambio perchè pensa che a
termine lo cambierà al tasso di cambio da lui atteso ovvero E(ej,i t+30 | Qt). Il montante della prima
operazione sarà quindi Y(1+iti), mentre il montante (atteso) della seconda operazione è
[(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt)
Se lo speculatore pensa che il tasso di cambio a pronti fra 30 giorni sarà più alto del tasso di
cambio a termine di ora cambierà fra 30 giorni. Se la quantità necessaria Y per svolgere
l'operazione non ce l'ha, allora può decidere di prenderla a prestito al tasso d'interesse iti. Il
guadagno da tale operazione è pari a
[(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt) – Y(1+iti) >0
Tuttavia se vale l'uguaglianza lo speculatore è indifferente tra fare l'una o l'altra operazione. Quando
nel mercato si verifica tale condizione, si verifica il principio della parità scoperta d'interesse.
[(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt) – Y(1+iti) = 0 ↓
E(ej,i t+30 | Qt) / ej,i t = (1+iti) / (1+itj) Principio della parità scoperta d'interesse
Tale condizione non è osservabile, si possono però fare studi econometrici per capire qual'è i
valore atteso del tasso di cambio a pronti fra 30 giorni. E' necessario esprimere tale condizioni in
termini logaritmici, ricordando che
-sj,i t = log(ej,i t) - sj,i t +30= log(ej,i t+30) - log(1+iit) ≈ iit
- log(1+ijt) ≈ ijt
Possiamo scrivere questa condizione anche in modo certo per incerto
E(sj,i t+30 | Qt) – sj,i t = iti - itj
E(ei,j t+30 | Qt) / ei,j t = (1+itj) / (1+iti)
6. Simultanea verifica di entrambi i principi
Vediamo cosa succede se si valgono contemporaneamente il principio della parità coperta
d'interesse e il principio della parità scoperta d'interesse.
E(ej,i t+30 | Qt) / ej,i t = (1+iti) / (1+itj)
↓
(1+ iti)/(1+itj) = eFj,i t/ ej,i t
E(ej,i t+30 | Qt) = eFj,i t
certo per incerto
E(ei,j t+30 | Qt) = eFi,j t
In questo caso il tasso di cambio a termine è uno stimatore efficiente e non distorto del tasso
di cambio a pronti alla scadenza del contratto a termine (es. 30 giorni)
Tale condizione è spesso verificata nei mercati. Affinchè il tasso di cambio a termine sia uno
stimatore non distorto del tasso di cambio a pronti alla scadenza devono verificarsi certe ipotesi.
42
Se
ej,i t+30= E(ej,i t+30 | Qt) + ut+30
allora seve succedere che
1. E(ut+30 | Qt) = 0 , ovvero la media condizionata degli errori, date le informazioni del soggetto
deve essere 0
2. E(ut+30, ut+30-j | Qt)=0 con j<30, ovvero la correlazione tra gli errori deve essere 0
In generale, quindi, non mi aspetto che il tasso di cambio a termine predica sempre correttamente il
tasso di cambio a pronti alla scadenza, ma che in media ciò avvenga. Possiamo scrivere tale
condizione in termini logaritmici:
E(sj,i t+30 | Qt) = fj,i t
Questo principio è violato in presenza di un premio per il rischio, questo vuol dire che gli
speculatori non sono neutrali verso il rischio. Non è in tal caso indifferente per uno speculatore
investire all'estero o all'interno, e quindi desidera qualcosa di più per il rischio che sostiene
nell'investimento all'estero, ρt.
[(Y/ej,i t )(1+itj) ] [E(ej,i t+30 | Qt) + ρt] – Y(1+iti) = 0
→
[E(ej,i t+30 | Qt) + ρt] / ej,i t = (1+iti) / (1+itj)
e se vale anche il principio della parità coperta d'interesse E(ej,i t+30 | Qt) + ρt = eFj,i t
In presenza di un premio per il rischio il tasso di cambio a termine è uno stimatore distorto del tasso
di cambio a pronti tra 30 giorni. Per verificare se il tasso di cambio a termine è uno stimatore non
distorto vi sono 2 tecniche econometriche.
La prima è stimare una regressione di questo tipo
st+1 = α + β ft + ut+1
con -sj,i t+1 = log(ej,i t+1) - fj,i t = log(eFj,i t)
Testando l'ipotesi nulla che α(stimato)=0, β(stimato)=1, sotto le assunzioni sulla distorsione dello
stimatore del tasso di cambio a pronti alla scadenza, si verifica che E(ej,i t+30 | Qt) = eFj,i t. Se α è
diverso da zero questo può essere interpretato come un premio per il rischio.
Un modo alternativo per verificare la stessa cosa è stimare un'altra regressione
st+1 – st = α + β (ft – st) + ut+1
Questa regressione può essere stimata con il metodo dei minimi quadrati ordinari, a differenza di
quella sopra, e anche in questo caso è necessario testare che α(stimato)=0, β(stimato)=1.
I due metodi non conducono ad una risposta univoca: il primo non rifiuta l'ipotesi nulla, il
secondo si. Per questo vi è ampio dibattito sull'efficienza del mercato dei cambi, in quanto se la
condizione qui discussa non è verificata, allora non è verificata una condizione necessaria per
l'efficienza di tale mercato.
7. Il grafico di Scitovsky
Il tasso di cambio a termine, si è visto, dipende dall'operare di due tipi di operatori
professionali che sono presenti sul mercato: gli speculatori e gli arbitraggisti. Vediamo come
congiuntamente, le aspettative degli speculatori e la presenza d margini di arbitraggio influiscono
sull'andamento del tasso di cambio a termine.
SPECULATORI
43
Lo speculatore raffronta le proprie aspettative
con il tasso di cambio a termine, e se divergono
eFj,i t
compie determinate operazioni. Quando è
verificata la parità scoperta d'interesse allora lo
speculatore è indifferente tra comprare a termine
valuta estera o speculare, nel grafico possiamo
individuare tale punto in A. Poniamo ad esempio
che E(ej,i t+30 | Qt) > eFj,i t, che corrisponde nel
grafico al punto C; in tale situazione lo
speculatore pensa che il tasso di cambio a
termine è sopravvalutato, cioè prevede una
svalutazione della valuta nazionale non
incorporata nel tasso di cambio a termine. Lo
speculatore può decidere quindi di comprare
oggi valuta estera a termine (domanda valuta
estera a termine), per rivenderla a pronti alla
scadenza del contratto, in tal modo compra valuta estera ad un prezzo più basso di quanto la
pagherebbe fra 30 giorni, secondo le sue aspettative. Se alla scadenza le aspettative dello
speculatore sono confermate (E(ej,i t+30 | Qt) = ej,i t+30, questi ha un profitto pari a eFj,i t/ ej,i t+30.
All'aumentare dello spread fra aspettativa e tasso di cambio a termine lo speculatore domanderà più
valuta estera a termine (punto D del grafico). Se invece avviene che E(ej,i t+30 | Qt) < eFj,i t, lo
speculatore pensa che il tasso di cambio a termine non incorpori un futuro apprezzamento della
valuta nazionale e quindi in questo momento la valuta estera è sopravvalutata. Allo speculatore
converrà quindi vendere a termine ora la valuta estera (offre valuta estera a termine), che costa di
più e ricomprarla alla scadenza del contratto quando costerà di meno. Identifichiamo in questo
modo la curva di domanda offerta degli speculatori (SS). Questa non è necessariamente una retta,
anzi è probabilmente una curva monotona crescente come quella del grafico, per via della presenza
di avversione al rischio crescente.
ARBITRAGGISTI
Gli arbitraggisti intervengono nel mercato
quando nasce un margine di arbitraggio,
questo non si verifica se è soddisfatto il
principio della parità coperta d'interesse
(punto P), cioè se eFj,i t= [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t.
Qualora si verificasse il > (punto Q), come
abbiamo visto nel capitolo 3 avverrebbe che
aumenterebbe l'offerta di valuta estera a
termine, viceversa accadrebbe se valesse il <,
in tal caso gli arbitraggisti domanderebbero
più valuta estera a termine.
Tali scostamenti dal punto P tuttavia sì è visto
che sono temporanei perchè la presenza di
margini di arbitraggio attirerebbe altri
operatori e quindi per il meccanismo
concorrenziale il margine di profitto si
ridurrebbe a zero.
eFj,i t
eFj,i t
Vediamo ora come l'operare di arbitraggisti e speculatori assieme nello stesso mercato possano fare
allontanare per un periodo di tempo consistente il valore di eFj,i t da [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t.
44
eFj,i t
Come si può vedere dal grafico il valore atteso del tasso di cambio a pronti non è per forza pari a
[(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t che è la condizione di parità coperta d'interesse. Poniamo ora di trovarci dove
vale il principio della parità coperta d'interesse dove l'arbitraggista in assenza di margini di
arbitraggio non compie nessuna operazione. Tuttavia lo speculatore pensa che il tasso dii cambio a
pronti alla scadenza sarà più alto del tasso di cambio a termine di oggi, pensa quindi che la valuta
nazionale sia sopravvalutata. Conseguentemente la valuta estera è sottovalutata; lo speculatore trova
quindi convenienza a domandare valuta estera a termine per rivenderla a pronti alla scadenza del
contratto quando costerà di più. Sul comparto a termine si riverserà quindi la domanda di valuta
estera a termine (OS') che farà alzare eFj,i t (punto II). Al nuovo livello del tasso di cambio relativo
al punto II, parte della domanda di valuta estera degli speculatori (ora OS'') viene compensata
dall'offerta di valuta estera da parte degli arbitraggisti (OA''), causata dal fatto che è violato il
principio della parità coperta dei tassi d'interesse. Dato che OS''>OA'' vi è eccesso di domanda e
quindi eFj,i t continua a salire, fino a che la domanda di valuta estera da parte degli speculatori è
compensata dall'offerta di valuta estera da parte degli arbitraggisti OS'''=OA''' (punto III).
Il punto III è un punto di equilibrio dove in maniera persistente è violato il principio della
parità coperta d'interesse
eFj,i t > [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t
Quando c'è la convinzione generale nel mercato che la valuta nazionale a termine sia
sopravvalutata, siamo in una situazione di attacco speculativo, in tale situazione gli operatori sul
mercato scommettono in una futura caduta del tasso di cambio a pronti non incorporata nel tasso di
cambio a termine. Una situazione simile si è verificata all'Italia nel 1992.
Nel luglio 1992 la Bundesbank portò il tasso di sconto dall’8% all’8,75%, provocando
attacchi speculativi sulla sterlina, sulla lira e sul franco. La speculazione internazionale di fatto
scommetteva sulla scarsa volontà dei paesi sotto attacco di adeguarsi al livello dei tassi deciso dalla
Bundesbank: il conseguente differenziale nei tassi avrebbe provocato una rivalutazione del marco (e
delle monete dei paesi che avessero seguito la politica delle autorità monetarie tedesche) rispetto a
quelle dei paesi dove i tassi fossero rimasti bassi, e di conseguenza una rottura delle parità fissate
nel 1987. La sterlina e la lira furono svalutate e uscirono dallo SME nel settembre 1992.
Se nell'equazione di sopra valesse il <, vi sarebbe la convinzione generale che la valuta nazionale è
sottovalutata, in termini grafici, la curva SS si troverebbe sotto la curva AA.
45
8. Principio della parità del potere d'acquisto (PPA)
Tale principio venne elaborato dall'economista svedese Gustav Cassel, allo scopo di
stimare i tassi di cambio di equilibrio ai quali i vari paesi sarebbero potuti tornare al Gold standard.
Tale teoria afferma che il tasso di cambio di equilibri tra due valute è uguale al rapporto tra i livelli
dei prezzi dei due paesi (esprimiamo tale condizione anche in termine logaritmici)
ej,i t = Pit / Pjt
Principio della parità del potere
d'acquisto
Pit è il livello dei prezzi nazionali e Pjt quello estero
sj,i t = ρit – ρjt
sj,i t =log(ej,i t) e ρit – ρjt=log(Pit/Pjt)
Tale condizione è verificata quando vale la legge del prezzo unico cioè un dato prodotto
dovrebbe avere lo stesso prezzo in entrambi i paesi (cosi che il potere d'acquisto delle due valute sia
pari) una volta che i due prezzi sono stati espressi nella stessa valuta. Chiaramente tale ipotesi non è
verificata qualora siano presenti dazi o tariffe, ma vi un altro ostacolo alla verifica di tale legge, non
tutti i prodotti sono oggetto di commercio internazionale, prodotti di questo tipo sono i servizi o le
attività pubbliche. E' il cosiddetto problema di Balassa-Samuelson, che porta distorsioni alla legge
del prezzo unico. L'indice del livello dei prezzi nazionali è
Pit = α PitVE + (1-α) PitNVE
Pjt = β PjtVE + (1-β) PjtNVE
dove α<1 è la percentuale di prodotti nazionali non oggetto di commercio internazionale e β<1 è la
percentuale di prodotti esteri oggetto di commercio internazionale PjtVE, PitVE sono rispettivamente i
prezzi dei prodotti esteri e nazionali oggetto di commercio internazionale, PjtNVE, PitNVE sono i prezzi
dei prodotti esteri e nazionali non oggetto di commercio internazionale. La legge del prezzo unico
funziona per i beni oggetto di commercio internazionale, PjtVE ej,i t = PitVE, ma non funziona per i
prodotti non oggetto del commercio internazionale dove la convergenza all'equilibrio dovrebbe
passare attraverso il mercato del lavoro riadeguando i salari, in modo tale che la legge del prezzo
unico sia soddisfatta anche per queste categorie dei prodotti (i salari del settore pubblico sono
influenzati dai salari del settore privato), ma l'aggiustamento tramite il mercato del lavoro è molto
lento e questo fa si che nel breve termine non può essere soddisfatta il principio della parità del
potere d'acquisto. Nel lungo termine questo però si verifica, e grazie alle liberalizzazioni che si sono
verificate negli ultimi periodi α e β stanno tendendo a 1.
Inoltre se vale la legge del prezzo unico il saldo della bilancia dei pagamenti è uguale a zero.
9. Il tasso di cambio reale
Possiamo costruire un indicatore di competitività molto importante per la politica economica, il
tasso di cambio reale, che esprimiamo anche in termini logaritmici
Rj,i t = ej,i t Pjt/Pit
Tasso di cambio reale
dj,i t = sj,i t - (ρit – ρjt)
Tasso di cambio reale in termini logaritmici
dove dj,i t=log(Rj,i t). Tale risultato si raggiunge da log[ej,i t/(Pit/Pjt)]
Vediamo come mai il tasso di cambio reale è un indice di competitività del paese. All'aumentare
della competitività del paese Rj,i t aumenta. Infatti per aumentare la competività:
− ej,i t deve salire, ma se il tasso di cambio sale allora Rj,i t sale (svalutazione)
46
Pit deve scendere, se diminuiscono i prezzi interni Rj,i t sale (i prezzi nazionale sono meno cari)
− Pjt deve salire, ma allora Rj,i t sale (i prezzi dei prodotti esteri sono più cari)
E' chiaro che nel caso in cui ej,i t scenda o Pit salga o Pjt scenda, il paese perde competititvità, infatti,
in tali casi, Rj,i t scende.
Vediamo cosa succede se vale il principio della parità del potere d'acquisto ovvero
Se ej,it =Pit/Pjt allora Rj,i t= ej,i t * (Pjt/Pit)= ej,i t* (1/ej,i t) = 1.
−
Quindi se vale il principio della parità del potere d'acquisto il tasso di cambio reale è pari a 1.
Possiamo fare vedere quanto vale il tasso di cambio reale in termini logaritmici se vale PPA
Se vale PPA allora sj,i t = ρit – ρjt, ma allora djt = 0.
Il principio della parità del potere d'acquisto può essere anche espresso in termini relativi.
Δsj,i t = Δρit – Δρjt
Δdj,i t = Δsj,i t - (Δρit – Δρjt)
La prima equazione ci dice che il tasso di variazione del tasso di cambio deve essere uguale
al differenziale tra tasso d'inflazione nazionale ed estero, mentre la seconda equazione ci dice che la
competitività (il tasso di cambio reale) aumenta tra un periodo e l'altro se il tasso di variazione del
tasso di cambio nominale è maggiore del differenziale fra i due tassi di inflazione, viceversa se
diminuisce la competitività.
Tali condizioni possono essere scritte in termini certo per incerto.
ei,j t = Pjt / Pit
certo per incerto
si,j t = ρjt – ρit
Ri,j t = ei,j t Pit/Pjt
di,j t = si,j t - (ρjt – ρit)
Principio della parità del potere d'acquisto
Tasso di cambio reale certo per incerto
Il tasso di cambio reale è utile per capire che per aumentare la competitività di un paese si
può intervenire sui prezzi, o svalutare la propria valuta. La strada per abbassare i prezzi dei prodotti
risulta però essere non facile, in quanto è necessario fare o ingenti investimenti per aumentare la
produttività, o abbassare i salari, entrando così in conflitto con i sindacati. E' chiaro che in molti
casi è stata presa la strada più semplice, ovvero svalutare la propria valuta, che non porta nessun
impegno ingente. L'Italia dalla caduta del sistema di Bretton Woods si è comportata così,
svalutando la lira, così il differenziale negativo di prezzi interni che l'Italia aveva nei confronti della
Germania era più che compensato da una svalutazione tra lira e marco. Ad esempio, poniamo che
l'inflazione italiana in quegli anni fosse del 12%, e quella tedesca del 3%, ma che
contemporaneamente l'Italia svalutasse la lira del 10%., il tasso di cambio reale
Δdj,i t = Δsj,i t - (Δρit – Δρjt)
→
1% = 10% - (12% - 3%)
Quando però l'Italia è entrata nell'euro, quindi in un sistema di cambi fissi, non ha più potuto
usufruire della svalutazione nei confronti del marco per aumentare la propria competitività in
quanto la valuta è comune (Δsj,i t =0). La crisi che l'Italia sta subendo è uno shock da rivalutazione
iniziato dal momento dell'entrata nell'euro.
10. Il tasso d'interesse reale
E' possibile esprimere l'interrelazione tra differenziali dei tassi d'interesse e tassi di cambio in
termini reali. Prima però dobbiamo introdurre il tasso d'interesse reale ideato da Irving Fisher
(“Theory of interest” 1982).
Δρi t+1 = ρi t+1 - ρi t Tasso di inflazione nazionale
Δρj t+1 = ρj t+1 - ρj t Tasso di inflazione estera
E(Δρi t+1 | Qt) Tasso d'inflazione atteso al tempo t nazionale
47
E(Δρj t+1 | Qt) Tasso d'inflazione atteso al tempo t estero
rit = iit – E(Δρi t+1 | Qt)
Tasso d'interesse reale nazionale
rjt = ijt – E(Δρj t+1 | Qt)
Tasso d'interesse reale estero
Il tasso d'interesse reale non è osservabile, in quanto le aspettative d'inflazione non sono osservabili.
Le aspettative d'inflazione devono essere controllate perchè dal tasso d'interesse reale dipendono gli
investimenti.
Possiamo ora esprimere il Principio della parità scoperta in termini reali. Prima riprendiamo il
principio della parità scoperta d'interesse in termini logaritmici
E(sj,i t+1 | Qt) – sj,i t ≈ iti – itj
E(Δsj,i t+1 | Qt) ≈ iti – itj,
può essere scritto in questo modo
dato che E(Δsj,i t+1 | Qt) = E((sj,i t+1- sj,i t) | Qt) = E(sj,i t+1 | Qt) - E(sj,i t | Qt). Ma il valore atteso del tasso
di inflazione di oggi, è il tasso d'inflazione di oggi cioè E(sj,i t | Qt) = sj,i t.
Al principio della parità scoperta d'interesse sottraggo ad entrambi i membri il differenziale di
inflazione attesa nazionale ed estero, [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)]
E(Δsj,i t+1 | Qt) - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] ≈ iti – itj - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)]
Analizziamo il primo membro dell'equazione. Noi sappiamo che
al tempo t
dj,i t = sj,i t - (ρit – ρjt)
al tempo t+1 dj,i t+1 = sj,i t+1 - (ρit+1 – ρjt+1)
sottraggo le due equazioni e ottengo
Δdj,i t+1 = dj,i t+1 - dj,i t = sj,i t+1 - (ρit+1 – ρjt+1) - [ sj,i t - (ρit – ρjt) ] = sj,i t+1 - sj,i t - ρit+1 - ρit - ρjt+1 - ρjt
Δdj,i t+1 = Δsj,i t+1 - ( Δρi t+1 - Δρj t+1)
applico l'operatore valore atteso
E(Δdj,i t+1 | Qt) = E(Δsj,i t+1 | Qt) - E( Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)
L'equazione sopra ci dice quanto vale il tasso di variazione atteso del tasso di cambio reale.
Analizziamo il secondo membro
iti – itj - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] = iti – itj - E(Δρi t+1 | Qt) + E(Δρj t+1 | Qt) =
= [iti - E(Δρi t+1 | Qt)] – [itj - E(Δρj t+1 | Qt)] = rit – rjt
Il secondo membro è quindi pari al differenziale tra il tasso di cambio reale nazionale ed estero.
Riunendo i due membri otteniamo
E(dj,i t+1 | Qt) = rit – rjt Principio della parità scoperta in termini reali
Il valore atteso del tasso di cambio reale è uguale allo spread tra tasso d'interesse reale nazionale e
estero. Se rit > rjt allora E(Δdj,i t+1 | Qt) >0, ciò vuol dire che il paese è in crescita da un punto di vista
competitivo. Questa relazione mi serve per capire se il paese attira o meno capitali dall'estero.
48
12. La bilancia dei pagamenti
La bilancia dei pagamenti è lo strumento per vedere l'andamento dei conti del paese nei
confronti dell'estero a disposizione delle autorità monetarie. E' un prospetto sintetico in cui vengono
registrate in linea di principio, tutte le transazioni effettuate fra i residenti di un paese e i residenti di
tutti gli altri paesi in un dato arco temporale.
L'equilibrio nel lungo termine è garantito dal pareggio della bilancia delle partite correnti, per
questo è oggetto di attenzione del governo.
Il Saldo delle partite correnti (BPC) è composto da altri tre saldi:
- Saldo commerciale è uguale alla differenza tra il valore delle esportazioni di merci e il valore
delle importazioni di merci
- Saldo commerciale servizi differenza tra il valore delle esportazioni di servizi e il valore
delle importazioni di servizi.
- Trasferimenti unilaterali, sono trasferimenti effettuati dal governo o dal privato che non
prevedono una contropartita. Un esempio di trasferimento unilaterale da parte dei privati sono le
rimesse degli immigrati, un esempio invece di trasferimenti unilaterali da parte del governo
sono i versamenti nei confronti dei paesi in via di sviluppo.
L'equilibrio di questo saldo garantisce la competitività del paese nel resto del mondo, se
BPC>0, il paese è competitivo.
La bilancia dei pagamenti è però composto da un altro saldo importantissimo, il Saldo dei
movimenti di capitale (BK). Questo saldo registra la variazione nelle attività estere del paese e
delle attività nazionali detenute da soggetti stranieri. Da quando è sono stati liberalizzati i
movimenti di capitale internazionali, BK è diventato il saldo più importante della bilancia dei
pagamenti.
Il Saldo della bilancia dei pagamenti di base di base (BPb) è quindi uguale a
BPb = BPC + BK
Tuttavia certe transazioni non vengono registrate, o vengono registrate con errori, quindi per fare
quadrare i conti si aggiunge un ulteriore saldo Errori ed omissioni (E&O). Quindi abbiamo ora il
SALDO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI GLOBALE (BP)
BP = BPC + BK + E&O
Affinché il tasso di cambio sia in equilibrio è necessario che che la bilancia dei pagamenti sia in
equilibrio, cioè che il suo saldo sia uguale a zero. Questo è chiaramente possibile se il saldo delle
partite correnti è negativo ed a compensare vi è un saldo dei movimenti di capitale positivo. Questa
è la situazione attuale degli Stati Uniti nei confronti della Cina con cui hanno un saldo commerciale
negativo che viene compensato da un aumento delle attività americane in mano cinese, ovvero il
disavanzo commerciale nei confronti della cina si tramuta in un aumento del credito di quest'ultima
nei confronti degli stati uniti. Per questo motivo non è desiderabile avere un saldo delle partite
correnti costantemente negativo in quanto aumenta l'instabilità finanziaria.
Le transazioni che movimentavano BK erano classificati, prima del 1 gennaio 1999, secondo 3
criteri:
1) natura dell'operazione
1.a) Saldo investimenti diretti (es. passivo acquisto ditta all'estero)
1.b) Investimenti finanziari (azioni, obbligazioni)
1.c) Credito commerciale (prestito all'estero affinchè compri i prodotti nazionali)
2) natura dell'operatore
2.a) movimenti di capitale (tutti gli operatori tranne le banche o il settore pubblico)
2.b) Banca d'Italia e Ufficio Italiano Cambi, ovvero variazione delle riserve ufficiali
2.c) Aziende di credito (banche)
49
3) durata dell'operazione (vengono registrate solo operazioni con durata minore di un anno)
L'oro veniva registrato tra le Riserve ufficiali, se la compravendita era effettuata dallo stato,
altrimenti nel saldo merci se coinvolgeva privati.
Dal 1 gennaio del 1999 con l'introduzione del V manuale del Fondo Monetario Internazionale
la suddivisione della Bilancia dei Pagamenti è cambiata per venire incontro all'apertura dei mercati
finanziari. Nell'area euro vengono fatte due bilance dei pagamenti: una relativa ai paesi dell'area
euro, e una relativa ai rapporti con i paesi non dell'area euro. La suddivisione è la seguente:
1) SALDO CORRENTE
- Saldo merci e servizi
- Trasferimenti unilaterali
2) SALDO CONTO CAPITALE
- Saldo merci e servizi per attività produttive (macchinari, attività commerciali copyrights)
- trasferimenti unilaterali per attività produttive
3) SALDO FINANZIARIO movimenti internazionale di breve, medio, lungo termine
3.1 Investimenti diretti (partecipazioni che danno diritti di proprietà, investimenti reali)
3.2 Investimenti finanziari (obbligazioni pubbliche o private, depositi bancari, azioni senza
diritti di proprietà)
3.3 Derivati (copertura, speculazione)
3.4 Altri investimenti (prestiti pubblici e privati, credito commerciale, investimenti bancari a
breve termine registrati)
3.5 Riserve ufficiali
Vi è poi il conto errori ed omissioni, che serve a far quadrare i conti qualora vi siano errori di
registrazione. Dato che il saldo della bilancia dei pagamenti dovrebbe essere sempre uguale a zero,
allora le autorità monetarie intervengono con variazioni delle riserve ufficiali. Se BP=0 possiamo
anche indicare con Δ Riserve ufficiali = BP (escluso le riserve) l'intervento dell'autorità monetaria.
A seguito vi è una descrizione più dettagliata della composizione della bilancia dei
pagamenti dal manuale del fondo monetario internazionale.
Balance of Payments: Standard Components
Credit Debit
1. Current Account
A. Goods and services
a. Goods
1. General merchandise
2. Goods for processing
3. Repairs on goods
4. Goods procured in ports by carriers
5. Nonmonetary gold
5.1 Held as a store of value
5.2 Other
1. A. b. Services
1. Transportation
1.1 Sea transport
1.1.1 Passenger
1.1.2 Freight
1.1.3 Other
1.2 Air transport
1.2.1 Passenger
1.2.2 Freight
1.2.3 Other
1.3 Other transport
1.3.1 Passenger
1.3.2 Freight
1.3.3 Other
1. A. b. 2. Travel
2.1 Business
2.2 Personal*
1. A. b. 3. Communications services
1. A. b. 4. Construction services
1. A. b. 5. Insurance services**
1. A. b. 6. Financial services
1. A. b. 7. Computer and information services
1. A. b. 8. Royalties and license fees
1. A. b. 9. Other business services
9.1 Merchanting and other trade-related services
9.2 Operational leasing services
9.3 Miscellaneous business, professional, and
technical services*
1. A. b. 10. Personal, cultural, and recreational
services
10.1 Audiovisual and related services
10.2 Other personal, cultural, and recreational
services
1. A. b. 11. Government services n.i.e.
1. B. Income
1. A. b. 1. Compensation of employees
1. A. b. 2. Investment income
2.1 Direct investment
2.1.1 Income on equity
2.1.1.1 Dividends and distributed
branch profits***
1. A. b. 2. 2.1 2.1.1 2.1.1.2 Reinvested earnings
and undistributed
branch profits***
1. A. b. 2. 2.1 2.1.2 Income on debt (interest)
1. A. b. 2. 2.2 Portfolio investment
2.2.1 Income on equity (dividends)
2.2.2 Income on debt (interest)
2.2.2.1 Bonds and notes
2.2.2.2 Money market instruments and
financial derivatives
1. A. b. 2. 2.3 Other investment
1. C. Current transfers
1. A. b. 1. General government
1. A. b. 2. Other sectors
2.1 Workers’ remittances
2.2 Other transfers
2. Capital and Financial Account
1. A. Capital account
1. A. b. 1. Capital transfers
1.1 General government
1.1.1 Debt forgiveness
1.1.2 Other
1. A. b. 2. 1.2 Other sectors
1.2.1 Migrants’ transfers
1.2.2 Debt forgiveness
1.2.3 Other
1. A. b. 2. Acquisition/disposal of nonproduced,
50
nonfinancial assets
1. B. Financial account
1. A. b. 1. Direct investment
1.1 Abroad
1.1.1 Equity capital
1.1.1.1 Claims on affiliated enterprises
1.1.1.2 Liabilities to affiliated enterprises
1. A. b. 2. 2.3 1.1.2 Reinvested earnings
1.1.3 Other capital
3.1.2.1.2 Short-term
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.2 General government
3.1.2.2.1 Long-term
3.1.2.2.2 Short-term
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.3 Banks
3.1.2.3.1 Long-term
3.1.2.3.2 Short -term
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.4 Other sectors
3.1.2.4.1 Long-term
3.1.2.4.2 Short-term
***If distributed branch profits are not identified, 1. A. b. 2. 1.2 3.1.3 Currency and deposits
all branch profits are considered to be distributed. 3.1.3.1 Monetary authorities
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 1.1.3.1 Claims on affiliated 3.1.3.2 General government
enterprises
3.1.3.3 Banks
1.1.3.2 Liabilities to affiliated enterprises
3.1.3.4 Other sectors
1. A. b. 2. 1.2 In reporting economy
1. A. b. 2. 1.2 3.1.4 Other assets
1.2.1 Equity capital
3.1.4.1 Monetary authorities
1.2.1.1 Claims on direct investors
3.1.4.1.1 Long-term
1.2.1.2 Liabilities to direct investors
3.1.4.1.2 Short-term
1. A. b. 2. 1.2 1.2.2 Reinvested earnings
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.2 General government
1.2.3 Other capital
3.1.4.2.1 Long-term
1.2.3.1 Claims on direct investors
3.1.4.2.2 Short-term
1.2.3.2 Liabilities to direct investors
1. A. b. 2. Portfolio investment
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.3 Banks
2.1 Assets
3.1.4.3.1 Long-term
2.1.1 Equity securities
3.1.4.3.2 Short-term
2.1.1.1 Monetary authorities
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.4 Other sectors
2.1.1.2 General government
3.1.4.4.1 Long-term
2.1.1.3 Banks
3.1.4.4.2 Short-term
2.1.1.4 Other sectors
1. A. b. 2. 3.2 Liabilities
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 Debt securities
3.2.1 Trade credits
2.1.2.1 Bonds and notes
3.2.1.1 General government
2.1.2.1.1 Monetary authorities
3.2.1.1.1 Long-term
2.1.2.1.2 General government
3.2.1.1.2 Short-term
2.1.2.1.3 Banks
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.1.2 Other sectors
2.1.2.1.4 Other sectors
3.2.1.2.1 Long-term
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.1.2.2 Money market
3.2.1.2.2 Short-term
instruments
1. A. b. 2. 3.2 3.2.2 Loans
2.1.2.2.1 Monetary authorities
3.2.2.1 Monetary authorities
2.1.2.2.2 General government
3.2.2.1.1 Use of Fund credit
2.1.2.2.3 Banks
and loans from the Fund
2.1.2.2.4 Other sectors
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.1.2 3.2.2.1.2 Other long1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.1.2.3 Financial derivatives term
2.1.2.3.1 Monetary authorities
3.2.2.1.3 Short-term
2.1.2.3.2 General government
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.2 General government
2.1.2.3.3 Banks
3.2.2.2.1 Long-term
2.1.2.3.4 Other sectors
3.2.2.2.2 Short-term
1. A. b. 2. 2.2 Liabilities
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.3 Banks
2.2.1 Equity securities
3.2.2.3.1 Long-term
2.2.1.1 Banks
3.2.2.3.2 Short-term
2.2.1.2 Other sectors
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.4 Other sectors
1. A. b. 2. 1.2 2.2.2 Debt securities
3.2.2.4.1 Long-term
2.2.2.1 Bonds and notes
3.2.2.4.2 Short-term
2.2.2.1.1 Monetary authorities
1. A. b. 2. 3.2 3.2.3 Currency and deposits
2.2.2.1.2 General government
3.2.3.1 Monetary authorities
2.2.2.1.3 Banks
3.2.3.2 Banks
2.2.2.1.4 Other sectors
1. A. b. 2. 3.2 3.2.4 Other liabilities
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.2.2.2 Money market
3.2.4.1 Monetary authorities
instruments
3.2.4.1.1 Long-term
2.2.2.2.1 Monetary authorities
3.2.4.1.2 Short-term
2.2.2.2.2 General government
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.2 General government
2.2.2.2.3 Banks
3.2.4.2.1 Long-term
2.2.2.2.4 Other sectors
3.2.4.2.2 Short-term
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.2.2.3 Financial derivatives 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.3 Banks
2.2.2.3.1 Banks
3.2.4.3.1 Long-term
2.2.2.3.2 Other sectors
3.2.4.3.2 Short-term
1. A. b. 3. Other investment
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.4 Other sectors
3.1 Assets
3.2.4.4.1 Long-term
3.1.1 Trade credits
3.2.4.4.2 Short-term
3.1.1.1 General government
3.1.1.1.1 Long-term
1. A. b. 4. Reserve assets
3.1.1.1.2 Short-term
4.1 Monetary gold
1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.1.2 Other sectors
4.2 Special drawing rights
3.1.1.2.1 Long-term
4.3 Reserve position in the Fund
3.1.1.2.2 Short-term
4.4 Foreign exchange
1. A. b. 2. 1.2 3.1.2 Loans
4.4.1 Currency and deposits
3.1.2.1 Monetary authorities
4.4.1.1 With monetary authorities
3.1.2.1.1 Long-term
4.4.1.2 With banks
1. A. b. 4. 4.5 4.4.2 Securities
4.4.2.1 Equities
4.4.2.2 Bonds and notes
4.4.2.3 Money market instruments and financial
derivatives
1. A. b. 4. 4.5 Other claims
Selected Supplementary Information
1. Liabilities constituting foreign authorities’
reserves
1.1 Bonds and other securities
1.1.1 Monetary authorities
1.1.2 General government
1.1.3 Banks
1.1.4 Other sectors
1. 1.2 Deposits
1.2.1 Monetary authorities
1.2.2 Banks
1. 1.3 Other liabilities
1.3.1 Monetary authorities
1.3.2 General government
1.3.3 Banks
1.3.4 Other sectors
2. Exceptional financing transactions
2.1 Transfers
2.1.1 Debt forgiveness
2.1.2 Other intergovernmental grants
2.1.3 Grants received from Fund subsidy
accounts
1. 2.2 Direct investment
2.2.1 Investment associated with debt reduction
2.2.2 Other
1. 2.3 Portfolio investment: borrowing by
authorities or
by other sectors on behalf of authorities—
liabilities*
1. 2.4 Other investment—liabilities*
2.4.1 Drawings on new loans by authorities or
by other sectors on behalf of authorities
1. 2.2 2.4.2 Rescheduling of existing debt
2.4.3 Accumulation of arrears
2.4.3.1 Principal on short-term debt
2.4.3.2 Principal on long-term debt
2.4.3.3 Original interest
2.4.3.4 Penalty interest
1. 2.2 2.4.4 Repayments of arrears
2.4.4.1 Principal
2.4.4.2 Interest
1. 2.2 2.4.5 Rescheduling of arrears
2.4.5.1 Principal
2.4.5.2 Interest
1. 2.2 2.4.6 Cancellation of arrears
2.4.6.1 Principal
2.4.6.2 Interest
49
*Specify sector involved and standard
component in which the item is included.
3. Other transactions
3.1 Portfolio investment income
3.1.1 Monetary authorities
3.1.2 General government
3.1.3 Banks
3.1.4 Other sectors
3. 3.2 Other (than direct investment) income
3.2.1 Monetary authorities
3.2.2 General government
3.2.3 Banks
3.2.4 Other sectors
3. 3.3 Other investment (liabilities)
3.3.1 Drawings on long-term trade credits
3.3.2 Repayments of long-term trade credits
3.3.3 Drawings on long-term loans
3.3.4 Repayments of long-term loans
4. Services sub-items
4.1 Travel (personal)
4.1.1 Health-related
4.1.2 Education-related
4.1.3 Other
3. 4.2 Miscellaneous business, professional, and
51
technical services
4.2.1 Legal, accounting, management consulting,
and public relations
4.2.2 Advertising, market research, and public
opinion polling
4.2.3 Research and development
4.2.4 Architectural, engineering, and other
technical services
4.2.5 Agricultural, mining, and on-site processing
4.
Other
13. Le elasticità critiche
Le elasticità critiche sono elasticità importanti per determinare la stabilità del mercato dei
cambi. Tali condizioni sono dette condizioni di Marshall-Lerner. Ipotizziamo di trovarci in cambi
fissi e prezzi internazionali fermi.
Bt = Saldo bilancia delle partite correnti in valuta nazionale al tempo t
Xt = Quantità esportate
Mt = Quantità importate
P = livello dei prezzi nazionale
PM = Prezzo in valuta estera delle importazioni
VEt = Valore delle esportazioni in v. n.
VINt = Valore delle importazioni in valuta nazionale
E
VI t = Valore delle importazioni in v.e.
Il valore del saldo delle partite correnti ad una certa data è pari al valore delle esportazioni
meno il valore delle importazioni
Bt = VEt - VINt = VEt - ej,i tVIEt = PXt – ej,i t PMMt
Definiamo poi l'elasticità della domanda di esportazioni e di importazioni
dX = (δXt/Xt) / (δej,i t/ej,i t) = (ej,it/Xt)(δXt/δej,i t)
dM = -(δMt/Mt) / (δej,i t/ej,i t) = -(ej,it/Mt)(δMt/δej,i t)
Le elasticità critiche sono il valore minimo che le elasticità devono assumere affinchè il sistema si
riequilibri da solo, cioè affinchè δBt / δej,i t >0.
Ciò che voglio quindi è: quando il tasso di cambio si apprezza deve peggiorare il saldo della
bilancia dei pagamenti, e quando il tasso di cambio si svaluta deve migliorare il saldo della bilancia
dei pagamenti.
Proviamo ora a vedere cosa succede a deprezzare il cambio al saldo delle partite correnti
Bt =PXt – ej,i t PMMt deprezzo il cambio (δej,i t >0)
δBt / δej,i t = δVEt /δej,i t - δ VINt/δej,i t
+
All'aumentare del tasso di cambio, risulta più conveniente all'estero importare prodotti nazionali,
quindi Xt sale, quindi Vet sale. Per quanto riguarda come cambia VINt = ej,i t PMMt, il discorso è
complesso, in quanto ej,it sale, PM abbiamo supposto che rimanesse costante, Mt tuttavia scende in
quanto risulta meno conveniente importare dall'estero.
L'effetto di un deprezzamento del cambio sulla bilancia delle partite correnti non è sicuro
finchè non scopriamo qual'è l'effetto preponderante di tale deprezzamento su VINt.
Possiamo trovare però le condizioni (di Marshall Lerner appunto) che ci dicono quando
δVEt /δej,i t >δ VINt/δej,i t cioè δVEt >δ VINt.
Condizioni di Marshall Lerner
TH: δBt / δej,i t >0
se
Proof: Vediamo intanto che
dX = (δXt/Xt) / (δej,i t/ej,i t)
→
(Vet/VItN)dX + dM >1
δXt/Xt = dX(δej,i t/ej,i t)
Possiamo esprimere VEt =PXt in termini di tasso di variazione ovvero δVEt =δPXt=PδXt e quindi
δVEt/VEt =PδXt/PXt= δXt/Xt. Dato che δXt/Xt = dX(δej,i t/ej,i t) allora
52
δVEt = VEt dX(δej,i t/ej,i t)
Vadiamo la variazione di VItN
δ VINt= δej,i t PMMt = ej,i tδPMMt = PM [(ej,i t+δej,i t )(Mt+δMt) -ej,i tMt] =
= PM [ej,i t Mt+δej,i t Mt +ej,i t δMt+δMt δej,i t -ej,i tMt] = PM ( ej,i t δMt + δej,i t Mt) dato che δMt δej,i t ≈ 0
Ora moltiplico e divido per ej,i t
δ VINt = PM ej,i t [( ej,i t δMt + δej,i t Mt) / ej,i t] =
= PM ej,i t ( δMt + δej,i t Mt / ej,i t) moltiplico e divido per Mt
δ VINt = PM ej,i t Mt [(δMt/Mt) + (δej,i t / ej,i t)] moltiplico e divido per δej,i t/ej,i t
δ VINt = PM ej,i t Mt [[(δMt/Mt) + (δej,i t / ej,i t)] / δej,i t/ej,i t] δej,i t/ej,i t
Dato che dM = -(δMt/Mt) / (δej,i t/ej,i t) e che PM ej,i t Mt = VINt
δ VINt = VINt (1 - dM) δej,i t/ej,i t
Allora per avere δVEt > δVINt è necessario che
VEt dX(δej,i t/ej,i t) > VINt (1 - dM) δej,i t/ej,i t
VEt dX + dMVINt > VINt
→
→
VEt dX > VINt (1 - dM) = VINt - dMVINt
VEt / VINt dX + dMVINt /VINt > VINt / VINt ↓
(VEt/VItN)dX + dM >1
#
Se valgono le condizioni di marshall lerner relative alle elasticità allora ad un aumento del
tasso di cambio nominale (apprezzamento) la bilancia delle partite correnti peggiora e viceversa.
14. Il modello Mundell-Fleming in cambi fissi
Il modello di Mundell Fleming è un modello di equilibrio economico che prende in
considerazione tre mercati: il mercato dei beni (rappresentato dalla curva IS), il mercato della
moneta (rappresentato dalla curva LM), e il mercato estero (ovvero la bilancia dei pagamenti)
IS: Y = C(Y) + I(i) + G
(Y=reddito; C=consumi, I=investimenti, G=spesa pubblica)
LM: Ms = Md = L(Y,i)
(Ms=offerta di moneta, Md=domanda di moneta,)
BP: B(Y,i) + K(i) = 0
(B=bilancia delle partite correnti, K= movimenti di capitale)
IS
Sono interessato a conoscere le pendenze di tali curve. Ne faccio il differenziale totale.
dY = dYCY + diIi
→
dY - dYCY = diIi
→
dY (1-CY) = diIi
↓
(di/dY)IS = (1-CY) / Ii <0
Un aumento del tasso d'interesse ha un effetto negativo sul reddito del
sistema, ciò è dovuto dal fatto che all'aumentare del tasso d'interesse gli investimenti diminuiscono,
perchè aumenta il costo per le imprese a finanziarsi, inoltre la propensione marginale al consumo è
positiva ma minore di uno, quindi dY/di<0.
53
LM
faccio il differenziale totale LydY + Lidi = 0
→
(di/dY)LM = - LY/Li>0
La pendenza in questo caso è positiva in quanto la domanda di moneta aumenta all'aumentare del
reddito, perchè è necessaria maggiore liquidità per le transazioni, mentre la domanda di moneta
diminuisce all'aumentare del tasso d'interesse perchè risulta essere più costoso rimanere liquidi.
BP
faccio il differenziale totale
BydY + Bidi + kidi = 0 →
(Bi + ki)di = -BydY
↓
(di/dY)BP = -BY / (Bi + ki) > 0
Il saldo delle partite correnti peggiora all'aumentare del reddito perchè aumentano le importazioni
allora BY<0, inoltre Bi e ki>0.
Il modello di Mundell-Fleming è stato uno strumento di politica economica molto utilizzato
negli anni '70. La rappresentazione data finora è chiaramente semplificata, ma concettualmente il
ragionamento di statica comparata è lo stesso. Poniamo infatti che il governo voglia raggiungere un
determinato livello di Pil, Y°, tramite manovre di politica economica. Tale obbiettivo può essere
raggiunto tramite una politica fiscale espansiva.
Inizialmente il sistema si trova nel punto
A, punto di equilibrio di tutti e tre i
mercati. Un aumento della spesa
pubblica, o una riduzione delle tasse ha
l'effetto di aumentare la domanda di beni
nel sistema, e quindi la curva IS si sposta
verso destra (IS'). Ora A non è più il
punto di equilibrio di tutti e tre mercati,
il nuovo punto di incontro tra IS' e LM è
il punto B, dove vi è in simultanea
equilibrio sul mercato monetario e dei
beni, tuttavia tale punto non è un punto i
equilibrio della bilancia dei pagamenti.
E' necessario quindi una manovra di
politica monetaria restrittiva, che riduca
la liquidità in circolo nel sistema
portando ad uno spostamento della curva
LM verso destra (LM'), raggiungendo così il punto C, punto di equilibrio di tutti e tre i mercati,
raggiungendo così il reddito desiderato Y°.
Il modello di Mundell Fleming suggerisce un “mix di politica economica”, che si basa su
una forte politica fiscale espansiva, e una forte politica monetaria restrittiva. E' necessario che la
politica fiscale espansiva conduca inizialmente ad un surriscaldamento dell'economia (punto B), in
cui il reddito raggiunto è superiore a quello desiderato.
Tale mix era molto apprezzato dai governi, e quindi molto utilizzato, in quanto la politica fiscale
espansiva era fatta dal governo, manovra che avendo portato più occupazione, più ricchezza,
avrebbe favorito il governo in sede elettorale; i tecnocrati della Banca d'Italia, applicando la politica
monetaria restrittiva, si assumevano la “parte del cattivo”.
Il problema di questo modello è che trascura gli stocks di debito pubblico, per attuare tale
manovra è stato necessario fare ampio uso della spesa pubblica con l'effetto di portare il debito
pubblico a livelli eccessivi. In Italia il debito pubblico italiano era a quota 37% agli inizi degli anni
80, negli anni 90 era già a quota 90%, per raggiungere la sua quota massima del 120% nel 1994.
15. Triade dell'impossibilità di Mundell
54
Fu Mundell che negli anni '60 ideò questa tesi riguardante l'impossibilità per un paese che si
verifichino queste tre condizioni in simultanea.
1. Liberi movimenti di capitali
2. Politica monetaria autonoma
3. Tassi di cambio fissi
E' possibile che si verifichino in contemporanea solo due di queste condizioni. Nel sistema di
Bretton Woods erano verificate la prima e la terza condizione, non c'erano liberi movimenti di
capitale.
Dimostriamo che se vi sono liberi movimenti di capitali, e tassi di cambio fissi non è possibile
avere politica monetaria autonoma. Vediamo cosa vuol dire in termini di pendenze avere liberi
movimenti di capitale
(di/dY)BP = -BY / (Bi + ki)
Qualora vi siano liberi movimenti di capitale, ki è molto elevato, cioè se un paese alza i suoi tassi
d'interesse, se i movimenti di capitali sono liberi vi saranno spostamenti di capitali verso i fondi
nazionali ora più redditizi. Quindi se ki→∞ allora (di/dY)BP →0, quindi la retta della BP è 0.
Poniamo che l'autorità monetaria decida di
fare una manovra di politica monetaria
espansiva, ciò ha come effetto, quello di
spostare verso destra la LM (LM')
raggiungendo un punto di equilibrio con il
mercato dei beni nel punto B. Nel punto B
tuttavia il tasso di interesse è più basso che
nel punto A, quindi molti capitali si spostano
all'estero in ricerca di investimenti più
redditizi, riducendo così la liquidità nel
sistema fino a che non si raggiunge il punto
A.
La politica monetaria espansiva è risultata
del tutto inefficace, in quanto il sistema ha
reagito con uno spostamento di capitale
all'estero.
Quando nel 1971 crollò il sistema di Bretton Woods in Europa molti paesi come il Benelux
e la Francia agganciarono la propria valuta al marco. L'idea della creazione della Banca Centrale
Europea che nacque nel 1999, è il risultato della constatazione che la politica economica gestita a
livello europeo ha dei vantaggi. I vantaggi di un sistema a cambi fissi sono di tipo redistributivo per
quanto riguarda le entrate doganali. Scegliendo un sistema a cambi fissi la politica monetaria deve
essere decisa a livello centralizzato e ciò viene fatto dalla Bce, che ha il permesso di intervenire in
politica monetaria per salvaguardare il potere d'acquisto.
16. Il modello di Mundell-Fleming in cambi flessibili
Riprendiamo il principio della parità scoperta d'interesse
[E(ej,i t | Qt) – ej,i t] / ej,i t ≈ iti – itj
L'obbiettivo è scoprire la relazione tre tasso d'interesse nazionale e tasso di cambio incerto per
certo. E' ovvio che se iti↑ allora necessariamente affinchè sia soddisfatto il principio della parità
scoperta d'interesse, ad aspettative ferme, il tasso di cambio nominale deve scendere, ovvero ci deve
essere un apprezzamento. Viceversa se il tasso di interesse scende affinchè non sia violato il
principio della parità scoperta d'interesse il tasso di cambio nominale sale.
55
VI E' RELAZIONE INVERSA TRA TASSO D'INTERESSE NAZIONALE E TASSO DI
CAMBIO INCERTO PER CERTO.
Necessariamente se la pendenza della IS è negativa nel grafico (Y,i) allora sarà positiva nel grafico
(Y, ej,i t).
Infatti poniamo che ci sia un aumento del reddito da YA a
YC. In tal caso ci troviamo in eccesso di offerta nel
mercato dei beni, affinchè vi sia di nuovo equilibrio nel
mercato dei beni sarà necessaria una svalutazione del
tasso di cambio a pronti, ovvero
ej,i t↑. La svalutazione, se valgono le condizioni di
Marshall Lerner, porta ad un aumento della bilancia delle
partite correnti, che ha come effetto di compensare
l'eccesso di offerta provocato dall'aumento del reddito.
Stesso discorso si può applicare alla LM.
La LM avrà pendenza negativa nel grafico (Y,ej,i t)
ej,i t
ej,i t
YA
YC
Poniamo vi sia una svalutazione e che si raggiunga
così il punto F. Se vi è una svalutazione i prezzi dei
prodotti esteri crescono (pass-through),
conseguentemente il livello dei prezzi si alza,
causando una riduzione della moneta reale all'interno
del sistema, ovvero abbiamo che M/P↓. Nel punto F vi
è eccesso di domanda di moneta che per ridurre è
necessario ridurre il reddito (dato che la domanda di
moneta di pende direttamente dal reddito). Ad una
svalutazione segue quindi una riduzione del reddito,
per rimanere in equilibrio nel mercato monetario.
Vediamo ora le varie manovre di politica economica
in un regime di tassi di cambio flessibili
Politica fiscale espansiva
ej,i t
Il governo applica una misura di politica fiscale
espansiva, aumentando la spesa pubblica tramite
emissione di titoli. Qual'è l'effetto sul cambio?
Il tasso di cambio si apprezza. Questo è la risultante
di due spinte diverse: una dal lato del reddito, che
essendo aumentato, aumentano le importazioni, e
quindi il saldo della partite correnti diminuisce,
diminuendo così la domanda di valuta nazionale;
dall'altro lato l'emissione di titoli pubblici ha avuto
l'effetto di alzare il tasso d'interesse nazionale,
attirando così capitali dall'estero, e ciò ha fatto
aumentare la domanda di valuta nazionale.
Qual'è la forza predominante? In un paese
sviluppato e con liberi movimenti di capitale, l'afflusso di capitale dall'estero più che compensa
l'effetto negativo sulle importazioni. E' logico pensare che
ΔBP = ΔBPC + ΔBK > 0
Se accompagno ad una politica fiscale espansiva, una politica monetaria espansiva
56
(graficamente la LM si sposta verso destra), non vi è coinvolgimento del mercato dei titoli, in
quanto l'aumento di spesa pubblica è finanziato dall'emissione di moneta. Tuttavia è una manovra
molto pericolosa perchè c'è forte rischio di inflazione.
Se accompagno ad una politica fiscale espansiva una politica monetaria restrittiva, l'effetto
sul cambio è amplificato, dato che una riduzione della liquidità (LM si sposta verso sinistra) nel
sistema comporta un ulteriore aumento del tasso di interesse nazionale che attira sempre più
investitori dall'estero. Questo può succedere quando la Banca Centrale risponde a delle politiche
fiscali che possono portare inflazione.
Politica monetaria espansiva
ej,i t
L'effetto di un aumento della liquidità all'interno
del sistema è chiaramente quello della
svalutazione del tasso di cambio. Questa è la
risultante di due forse congiunte di egual segno,
derivante dall'abbassamento del tasso d'interesse
causato dall'eccesso di moneta: da un lato tassi
d'interesse più bassi inducono gli investitori
esteri a cercare investimenti più redditizie
altrove, e ciò si traduce in un deflusso di
capitali dall'estero, che riduce la domanda di
valuta, dall'altro lato l'abbassamento del tasso
d'interesse, fa abbassare il costo di
finanziamento di progetti di investimento, se gli
investimenti salgono allora il pil sale, ciò a sua
volta ha un effetto negativo sulle importazioni.
L'effetto sul saldo della bilancia dei pagamenti
di una politica monetaria espansiva è quindi negativo.
ΔBP = ΔBPC + ΔBK < 0
17. L'effetto assorbimento
Nei modelli finora presentati, si è sempre supposto che vi fosse capacità produttiva
inutilizzata, cioè che non ci trovassimo in piena occupazione e che quindi, nel momento in cui si
accrescevano componenti della domanda aggregata, questi si traducevano in un aumento nel
reddito, o della produzione del sistema, in quanto per soddisfare l'accresciuta domanda si
sfruttavano le risorse utilizzate. Alexander (1952), affrontò il caso in cui, il sistema si trova già gia
in piena occupazione, e quindi non è possibile aumentare la produzione per rispondere ad una
crescita della domanda aggregata. Poniamo che Y* sia il reddito di piena occupazione.
Vediamo prima il caso con risorse inutilizzate, visto finora.
Y<Y*
Y=D
D = C+I (+G) + (X-M)
valgono le condizioni di ML
(VEt/VItN)dX + dM >1
Se il paese in questione per migliorare il disavanzo delle partite correnti, decide di svalutare,
Δej,i t>0, se valgono le condizioni di Marshall Lerner, il saldo delle partite correnti migliora,
Δ(X-M)>0, questo aumento della domanda aggregata ha l'effetto di aumentare il reddito del
sistema se vi sono risorse produttive inutilizzate.
C+I (+G) + Δ(X-M) = ΔY>0
Se però ci troviamo già in piena occupazione, Y=Y* svalutando abbiamo una crescita della
componente estera della domanda aggregata, che però non si può tradurre in un aumento della
produzione, e quindi vi saranno forti pressioni inflazionistiche ΔP>0.
Quindi l'aumento della competitività provocato dalla svalutazione, viene compensato da un
57
aumento dei prezzi interni, e così il tasso di cambio reale risulta invariato.
Rj,i t = ej,i t Ptj / Pti
se Δej,i t>0 e ΔPti >0
allora ΔRj,i t = 0
Alexander partì dall'identità
C+I + (X-M) = Y
Y= A+B
→
indicando con A = (C+I) l'assorbimento interno, e B=(X-M) il saldo
commerciale,
Y-B = A
Ottiene che la produzione interna o il reddito del sistema meno l'assorbimento è pari al saldo
commerciale. Affinchè il saldo commerciale (B) migliori a seguito di un deprezzamento o di una
svalutazione, è necessario che Y aumenti e/o A diminuisca. Se però la posizione iniziale del paese è
di pieno impiego, Y=Y*, la produzione Y non potrà aumentare, e quindi sarà necessario che
l'assorbimento interno diminuisca.
Sono previsti dei meccanismi automatici di aggiustamento del sistema che fanno si che
l'assorbimento interno si riduca da se (vedi pag.212 del volume II), ma dato che non è certa l'entità e
la velocità di tali aggiustamenti, è meglio accompagnare alla svalutazione del tasso di cambio una
manovra di politica fiscale restrittiva o politica monetaria restrittiva, in modo da ridurre
l'assorbimento interno.
Se Y=Y* e Δej,i t>0, affinchè Δ(X-M)>0, allora Δ(C+I)<0
Tale pratica viene utilizzata spesso dai paesi emergenti per migliorare il saldo delle partite correnti.
18. Effetto j (iota)
Abbiamo visto che
Bt
Bt =PXt – ej,i t PMMt
Sotto le condizioni di Marshall Lerner, una
svalutazione del cambio nominale porta un
miglioramento del saldo delle partite correnti.
Bisogna tuttavia tenere conto delle velocità di
aggiustamento dei singoli mercati. Il mercato reale
è infatti lento nell'aggiustamento, è quindi logico
pensare che l'effetto elasticità delle esportazioni e
delle importazioni rispetto a ej,i t interverrà dopo un
certo lasso di tempo. Al momento della
svalutazione l'unico effetto riscontrabile sul saldo
delle partite correnti è quello diretto del tasso di cambio nominale che moltiplica le importazioni, e
siccome Δej,i t>0 allora necessariamente
Δ(ej,i t PMMt) >0 e così abbiamo che inizialmente, prima che intervenga l'effetto elasticità, il saldo
delle partite correnti diminuisce svalutando il cambio nominale. Chiaramente avviene l'incontrario
se il cambio si apprezza.
19. Classificazione efficace dei mercati
Mundell, riprendendo l'approccio strumenti obbiettivi, propone una classificazione degli
strumenti di politica economica più adatti a ottenere certi obbiettivi. In questo esemplificazione,
adottiamo due obbiettivi: l'equilibrio interno (IB, ovvero piena occupazione e stabilità dei prezzi), e
l'equilibrio esterno (EB, equilibrio della bilancia dei pagamenti); e due strumenti: la politica
monetaria e la politica fiscale.
58
Nell'impostazione fornita da Mundell l'operatore di politica economica deve utilizzare lo
strumento per l'obbiettivo efficace trascurando l'effetto sul secondo obbiettivo, solo così si mette in
moto un sistema di convergenza all'equilibrio interno ed estero. Vediamolo graficamente.
Si ipotizzano cambi fissi e mercato dei
capitali libero. Costruiamo il luogo delle varie
combinazioni delle politiche fiscali e monetarie
che conducono all'equilibrio interno (IB),
ovvero piena occupazione e stabilità dei prezzi.
Tale luogo ha inclinazione positiva in quanto
una politica fiscale espansiva deve essere
accompagnata da una politica monetaria
restrittiva per garantire l'equilibrio interno.
Poniamo di trovarci nel punto A, e che venga
fatta una politica fiscale espansiva (aumento
spesa pubblica o riduzione delle tasse), si
verifica un aumento del disavanzo della
pubblica amministrazione, ma viene stimolata
la domanda aggregata, tuttavia trovandoci già
in piena occupazione questo genera inflazione
da domanda. Ciò può essere eliminato da una politica monetaria restrittiva, che alzando i tassi
d'interesse produce una contrazione degli investimenti, che riduce la domanda aggregata, fino a
tornare lungo la IB, in equilibrio del mercato interno. Una politica monetaria restrittiva eccessiva,
può avere come effetto quello di contrarre gli investimenti oltre il limite desiderato e provocare così
disoccupazione
.La retta EB descrive le varie combinazioni di
politica monetaria e fiscale che conducono
all'equilibrio esterno (equilibrio bilancia dei
pagamenti). Partendo da B, una politica fiscale
espansiva stimola il reddito e determina un
peggioramento della bilancia commerciale
perchè stimola le importazioni. Affinchè si
rimanga in equilibrio tale politica deve essere
accompagnata da una politica monetaria
restrittiva, che faccia crescere il tasso
d'interesse, in questo modo vengono attirati
capitali dall'estero, compensando la
diminuzione del saldo della bilancia dei
pagamenti dovuto dal peggioramento del saldo
commerciale, raggiungendo così l'equilibrio
esterno.
Il punto di equilibrio interno ed esterno è chiaramente il punto d'incontro della retta EB e la
retta IB. Anche la retta EB è inclinata positivamente, ma perchè la curva EB risulta più piatta della
curva IB? Ciò si verifica sempre quando vi sono movimenti internazionali di capitali sensibili ai
differenziali dei tassi d'interesse tra i paesi. La politica fiscale espansiva accresce il reddito e fa
aumentare la domanda di moneta per transazioni, se le autorità monetarie aumentano l'offerta di
moneta in misura sufficiente a soddisfare questa domanda aggiuntiva, il tasso d'interesse rimarrà
invariato. La politica monetaria invece opera facendo variare la quantità di moneta e il tasso
d'interesse. La variazione del tasso d'interesse influenza non solamente il livello degli investimenti e
del reddito bensì anche i movimenti internazionali di capitali. Quindi risulta chiaro che la politica
monetaria risulta uno strumento più efficace per il raggiungimento dell'equilibrio estero perchè
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coinvolge sia il livello degli investimenti, sia i movimenti di capitali.
In base alla classificazione efficace dei mercati
LA POLITICA MONETARIA DOVREBBE ESSERE FINALIZZATA AL RAGGIUNGIMENTO
DELL'EQUILIBRIO ESTERNO E LA POLITICA FISCALE AL RAGGIUNGIMENTO
DELL'EQUILIBRIO INTERNO.
Se il paese facesse l'opposto si allontanerebbe via via dall'equilibrio. Vediamolo
Poniamo di partire dal punto C, se si utilizzasse la politica fiscale per raggiungere l'equilibrio estero
si raggiungerebbe il punto B. A quel punto però si farebbe una politica monetaria restrittiva che ci
garantisce l'equilibrio interno, raggiungendo il punto A e così via. Facendo l'opposto delle
prescrizioni di Mundell ci si allontana sempre di più dal punto Z, di equilibrio interno ed estero
simultaneo. Graficamente si può osservare invece che applicando la politica monetaria per l'estero e
la politica fiscale per l'interno si raggiunge il punto Z.
Quanto più i movimenti di capitali sono sensibili ai differenziali dei tassi d'interesse, più la
EB risulta piatta, altrimenti la retta EB avrebbe la medesima inclinazione della IB e quindi utilizzare
separatamente politica fiscale e monetaria non sarebbe di alcuna utilità. In tal caso l'economia non
potrebbe raggiungere simultaneamente l'equilibrio interno ed esterno senza modificare il cambio
nominale.
20. Approccio monetario alla bilancia dei pagamenti: cambi fissi
Tale approccio venne ideato dalla Scuola di Chicago negli anni '60 da due economisti:
Robert Mundell e Harry Johnson. In tale approccio, viene seguita la teoria monetarista, e spiega il
fenomeno della bilancia dei pagamenti come un fenomeno essenzialmente monetario. Vediamo
questo approccio in un sistema di cambi fissi. Definiamo offerta e domanda di moneta.
Offerta di moneta
MS = m (F+K)
F= base monetaria di natura interna
K= base monetaria di natura estera
m= moltiplicatore monetario
F è il credito interno creato dalle autorità monetarie del paese o le altre attività interne che
sostengono l'offerta di moneta del paese. K sono le riserve internazionali del paese che aumentano o
diminuiscono attraverso rispettivamente avanzi o deficit della bilancia dei pagamenti. In un sistema
bancario con coefficiente di riserva inferiore a 1, ogni nuovo dollaro appartenente a F o k depositato
in una banca ordinaria produce un incremento nell'offerta di moneta del paese multiplo del dollaro
iniziale, tale fattore di moltiplicazione è m. Tale fattore di moltiplicazione è 1/riserva obbligatoria.
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Per esempio un nuovo deposito di 1 $ in una banca commerciale consente alla banca di prestare con
rapporto di riserva obbligatorio uguale al 20%, 0,80 $, che verranno utilizzati dal debitore per
effettuare un pagamento che verrà depositato in un altra banca del sistema. Questa banca presterà
l'80% di questa somma (0,64 $), e così via. Il deposito iniziale di 1$ diventa 5 $ in forma di
deposito a vista ( 5 $ si ottengono moltiplicando 1$ per m=1/20%).
Vediamo com'è determinata la domanda di moneta.
k = rapporto desiderato tra saldi nominali di
moneta e reddito nominale del paese
Domanda di moneta
Md= kPY
P= livello interno dei prezzi
Y= reddito reale (di piena occupazione)
Tale definizione di domanda di moneta e ripresa dalla teoria quantitativa della moneta.
Innanzitutto si assume che il livello di reddito è allineato a quello di piena occupazione. K è il
rapporto desiderato tra saldi nominali di moneta e reddito nominale del paese, è anche uguale a 1/V,
dove V è la velocità di circolazione della moneta (numero di passaggi compiuti da un dollaro nel
corso di un anno). K varia nel lungo periodo, con la generale finanziarizzazione del sistema, la
velocità di circolazione della moneta è aumentata e quindi k è diminuito, ma noi lo supponiamo
costante.
Md è quindi una funzione stabile e positiva del livello interno dei prezzi e del reddito reale
del paese. Infatti se noi
Md = kPY
→
Md / P =kY
ma π=1/P
Md
M
1/P1
M1
M2
→
Md π = kY
Il tasso d'inflazione, π è il potere di scambio della
moneta, ovvero quanto di un certo bene posso
acquistare con un unità di valuta. Se aumenta P,
la valuta perde potere d'acquisto. L'equazione
vista sopra porta ad una relazione funzionale tra
Md e 1/P che è l'iperbole equilatera.
Ogni punto appartente a questa relazione
funzionale gode della proprietà che il prodotto
delle sue coordinate è uguale per tutti i punti
dell'iperbole equilatera. Tale forma funzionale in
termini economici ci dice che, dato k e Y di piena
occupazione, la moneta reale è costante. Questa è
una relazione di lungo periodo che ci dice che gli
operatori economici desiderano avere sempre
la stessa quantità di moneta reale. Nel grafico
vediamo che l'area rossa e l'area blu sono le
quantità di moneta reale desiderata, queste
aree sono uguali
La domanda di moneta dipende inversamente
anche dal tasso d'interesse, ora però
ignoriamone l'influenza.
Proviamo ora a fare una politica
monetaria espansiva in una economia chiusa
(quindi nell'offerta di moneta non
consideriamo K).
Un aumento dell'offerta di moneta, fa si che
nel sistema vi sia una riserva di cassa effettiva
maggiore di quella desiderata (nel punto 2
l'area rossa è la riserva di cassa effettiva,
61
l'area blu è la riserva di cassa desiderata). Con più moneta in circolazione, si inizia a spendere di
più, tuttavia siccome i fattori produttivi sono già pienamente utilizzati devo essere disposto a
spendere di più.
Infatti se nel sistema c'è più moneta, si spende di più ma succede anche che ognuno incassa di più,
quindi ognuno si trova con una eccesso di liquidità rispetto a quella desiderata. Per risolvere il
circolo vizioso è necessario un innalzamento dei prezzi fino a tornare al punto 3. Nel punto 3
abbiamo la stessa quantità di moneta reale desiderata del punto 1.
E' necessario stare attenti all'offerta reale di moneta altrimenti si generano meccanismi inflattivi.
Poniamo il caso che l'offerta di moneta si riduca, in tal caso la riserva di cassa desiderata è
maggiore di quella effettiva, affinchè ognuno riesca ad avere la quantità di moneta reale desiderata è
necessario che il prezzo si abbassi.
Finora abbiamo considerato il caso di un economia chiusa, allarghiamo il modello al caso di
un economia aperta partendo dalla situazione di equilibrio tra domanda e offerta di moneta e
contemporaneo equilibrio della bilancia dei pagamenti. Poniamo che vi sia ora una politica
monetaria espansiva, (ovvero F aumenta), si genera così una dinamica inflattiva nel paese, questa fa
abbassare il tasso di cambio reale
Rj,i t = ej,i t Ptj / Pti
cioè vi è una perdita di competitività. Se valgono le condizioni di Marshall-Lerner questo provoca
un disavanzo della bilancia dei pagamenti ciò provoca un deflusso delle riserve (F scende). Si
riduce nuovamente l'offerta di moneta ma questo non è provocato da un processo inflattivo, bensì
per una riduzione dell'offerta di moneta provocato dal disavanzo della bilancia dei pagamenti.
E' facile far vedere che se c'è una politica monetaria restrittiva, questo provoca una riduzione del
livello dei prezzi nazionali che fa aumentare la competitività del paese. Ciò causa un aumento delle
partite correnti e quindi un afflusso di riserve che ci riporta all'equilibrio.
In questo approccio quindi
UN AVANZO DI BILANCIA DE PAGAMENTI E' LA CONSEGUENZA DI UN ECCESSO DI
DOMANDA DI MONETA NON SODDISFATTO DA UN INCREMENTO DELLA
COMPONENTE INTERNA DELLA BASE MONETARIA DEL PAESE, MENTRE UN
DISAVANZO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI E' IL RISULTATO DI UN ECCESSO DI
OFFERTA DI MONETA NON ELIMINATO DALLE AUTORITA' MONETARIE, MA
CORRETTO DA UN DEFLUSSO DI RISERVE,
In un sistema di cambi fissi nel lungo periodo il paese non controlla la propria offerta di moneta.
Finora non abbiamo tenuto conto del saldo dei movimenti dei capitali, che durante il sistema
di Bretton Woods non era molto importante perchè non vi erano liberi movimenti di capitali, quindi
mandare in equilibrio la bilancia dei pagamenti voleva dire essenzialmente mandare a zero il saldo
delle partite correnti. Oggigiorno il saldo dei movimenti di capitale è la componente principale della
bilancia dei pagamenti.
Se nell'analisi appena conclusa includiamo il saldo dei movimenti di capitale, abbiamo che in caso
di politica monetaria espansiva (F↑), aumentando l'offerta di moneta si riduce il tasso d'interesse
nazionale provocando uno spostamento di capitali verso l'estero riducendo la quantità di moneta
nel sistema (K↓). La liquidità immessa nel sistema si è quindi trasferita interamente all'estero.
21. L'approccio monetario alla bilancia dei pagamenti: cambi flessibili
In un sistema a cambi flessibili, i disequilibri di bilancia dei pagamenti sono corretti da
variazioni automatiche dei tassi di cambio senza alcun flusso internazionale di moneta o di riserva,
in tale sistema il paese controlla la propria offerta di moneta.
Per esempio, un disavanzo della bilancia dei pagamenti derivante da un eccesso di domanda di
moneta porta automaticamente all'apprezzamento della valuta nazionale, e ciò fa si che i prezzi
interni e quindi la domanda di moneta crescano in misura sufficiente ad assorbire l'offerta di moneta
in eccesso e ad eliminare automaticamente il disavanzo di bilancia dei pagamenti.
Invece un avanzo della bilancia dei pagamenti derivante da un eccesso di domanda di moneta porta
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automaticamente all'apprezzamento della valuta nazionale, e ciò fa si che i prezzi interni
diminuiscano eliminando così la domanda in eccesso e l'avanzo della bilancia dei pagamenti.
Mentre in cambi fissi in disequilibrio della bilancia dei pagamenti deriva da un flusso
internazionale di moneta o di riserva, in un sistema di cambi flessibili un disequilibrio della bilancia
dei pagamenti viene automaticamente corretto da una variazione automatica del tasso di cambio,
senza alcun flusso internazionale di moneta e riserve, quindi il paese conserva il controllo
sull'offerta di moneta.
Vediamo che il rapporto di cambio effettivo di una valuta in termini di altre valute è
determinato dal tasso di crescita dell'offerta di moneta e del reddito reale del paese confrontato con
il tasso di crescita dell'offerta di moneta e del reddito reale degli altri paesi.
Supponiamo innanzitutto che i mercati siano concorrenziali e non vi siano dazi, costi di trasporto o
altri impedimenti al libero scambio, allora in tali condizioni vale la legge del prezzo unico.
ej,i t = P / P*
Riprendiamo la funzione di domanda nominale di moneta del paese e dell'estero
Md = kPY
Md* = k*P*Y*
suppongo che vi sia equilibrio tra domanda e offerta di moneta in entrambi i paesiMd* = Ms*
divido le due equazioni tra di loro
Md = Ms
Ms / Ms* = kPY / k*P*Y*
divido entrambi i membri dell'equazione per P*/P e Ms* / Ms
ej,i t = P / P* = Msk*Y*/Ms*kY
Se quindi a parità delle altre condizioni (crescita reale dell'economia del resto del mondo uguale a
zero, e anche crescita di domanda e offerta di moneta nel resto del mondo pari a zero) un aumento
della crescita dell'offerta di moneta interno in eccesso rispetto alla crescita del reddito e della
domanda di moneta del paese determina la crescita dei prezzi e del tasso di cambio della valuta.
Secondo l'approccio monetario, quindi, un deprezzamento della valuta dipende da una crescita
eccessiva dell'offerta di moneta mentre un apprezzamento della valuta deriva da una inadeguata
crescita monetaria interna. Il paese che si troverò a fronteggiare una forte pressione inflazionistica
rispetto agli altri paesi vedrà il proprio cambio crescere. Con il cambio flessibile il resto del mondo
è protetto in qualche misura dagli eccessi monetari degli altri paesi.
Bisogna tuttavia notare che tale approccio è legato ai seguenti aspetti. In primo luogo esso dipende
dalla legge del prezzo unico, in secondo luogo l'equazione finale non include i tassi d'interesse, in
terzo luogo il tasso di cambio si aggiusta senza modificare i flussi delle riserve.
22. I vantaggi dei cambi flessibili
Non vi è un'opinione comune su quale sia il sistema di cambi migliore, gli economisti
tendono a confrontare le gravi ed evidenti insufficienze del sistema dei cambi al momento
prevalente con le caratteristiche idealizzate del sistema ad esso alternativo. Ogni sistema ha dei
vantaggi, vediamo quelli dei cambi flessibili.
1- In un regime di cambi flessibili innanzitutto per correggere una posizione di disequilibrio
della bilancia dei pagamenti del paese è sufficiente una semplice svalutazione del tasso di cambio. Il
pareggio della bilancia dei pagamenti può essere raggiunto anche in cambi fissi, ma devono
adeguarsi i prezzi interni, e questo è possibile se tutti i prezzi sono flessibili. Correggere un solo
prezzo anziché tutti è più semplice e inoltre i prezzi interni non sono perfettamente flessibili
soprattutto verso il basso, e quindi si verificherebbe per lungo tempo il disequilibrio interno.
2- Un sistema di cambi flessibili produce un aggiustamento graduale e continuo degli
squilibri della bilancia dei pagamenti, e ciò ha l'effetto di stabilizzare la speculazione.
3- I tassi di cambio flessibili riflettono perfettamente la struttura dei vantaggi comparati,
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mentre i valori fissati in cambi fissi spesso non corrispondono ai veri valori di equilibrio. Un tasso
di cambio fissato troppo in alto può portare il paese ad esportare un bene per cui è in svantaggio
comparato. Ciò interferisce con l'efficiente allocazione delle risorse mondiali e riduce i vantaggi
nella produzione e nello scambio derivanti dal commercio internazionale.
4- Un regime di tassi di cambio flessibili comporta che un paese non debba preoccuparsi del
proprio equilibrio esterno e possa liberamente utilizzare tutti gli strumenti di politica economica a
propria disposizione per raggiungere l'equilibrio interno. Vi è più autonomia nelle manovre di
politica economica per il raggiungimento dell'equilibrio interno. Si è visto nella classificazione
efficiente dei mercato che in cambi fissi, la politica fiscale dee essere utilizzata per l'equilibrio
interno e la politica monetaria per quello estero, se ci fossero cambi flessibili, potremmo combinare
alla politica fiscale una manovra di politica monetaria in modo da raggiungere gli obbiettivi interni
in maniera più efficiente.
5- Con cambi flessibili è che potenziano l'efficacia della politica monetaria per attuare una
politica antinflazionistica, ad esempio una politica antinflazionistica che migliori il saldo della
bilancia commerciale avrà l'effetto di apprezzare il tasso di cambio, e questo mitiga la pressione
inflazionistica.
6- Data la relazione inversa tra disoccupazione e inflazione, con cambi flessibili è possibile
raggiungere il proprio trade-off ottimale tra inflazione e disoccupazione. Con cambi fissi e diversi
livelli di prezzo in ogni paese si hanno pressioni sulla bilancia dei pagamenti che rendono
difficoltoso per ogni paese raggiungere il proprio trade-off ottimale.
7- In regime di cambi flessibili si risparmia il costo degli interventi pubblici nell'economia.
23. I vantaggi dei cambi fissi
I sostenitori dei cambi fissi affermano che un regime di cambi fissi consente di evitare le
ampie fluttuazioni giornaliere dei tassi di cambio che verosimilmente si verificano in un sistema di
cambi flessibili. Questa instabilità ostacola la specializzazione della produzione e frena il flusso del
commercio e degli investimenti internazionali.
Dato poi che le curve di domanda e offerta di valuta estera sono anelastiche (quindi quasi verticali)
tali fluttuazioni sarebbero anche molto ampie, queste forti oscillazioni finirebbero per interferire
con il processo di specializzazione della produzione. Secondo i sostenitori dei cambi flessibili
tuttavia, gli ampi e improvvisi riallineamenti delle parità valutarie necessarie in cambi fissi, portano
ad effetti più dannosi e distruttive per il regolare flusso del commercio.
I sostenitori dei cambi fissi sostengono che il sistema di cambi flessibili soffra di
speculazione destabilizzante, gli operatori in questi casi acquistano valuta estera quando la valuta
nazionale si deprezza e viceversa, portando così ad amplificare l'andamento del ciclo economico.
Gli economisti dei cambi flessibili sostengono tuttavia che la speculazione destabilizzante è meno
probabile che si verifichi quando i tassi di cambio si aggiustano in continuo piuttosto che nel caso in
cui questo riallineamento viene impedito fino a che un riallineamento più ampio e improvviso non
può essere evitato. Questo era possibile nel sistema di Bretton Woods, che consentiva variazioni dei
tassi di cambio in caso di uno “squilibrio fondamentale”. Nel caso del gold standard tuttavia, i
cambi rimanevano fissi in ogni caso, e il riallineamento delle partite correnti doveva essere
raggiunto in altri modi anche se più drastici.
L'evidenza empirica sembra suggerirci tuttavia che la speculazione stabilizzante a colpito
indifferentemente sia periodi con cambi fissi (Bretton Woods) che periodi con cambi flessibili (tra
la I e la II guerra mondiale).
24. La disciplina di prezzo
I tassi di cambio fissi impongono una disciplina di prezzo sull'economia che non si avrebbe
invece in tassi flessibili. In cambi fissi, un paese con un più elevato tasso di inflazione rispetto al
resto del mondo tende ad avere disavanzi persistenti della bilancia dei pagamenti e una conseguente
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perdita di riserve. Dato che i disavanzi e la perdita di riserve sono fenomeni che non possono andare
avanti all'infinito, il paese dovrà necessariamente portare sotto controllo il proprio tasso
d'inflazione. Con cambi flessibili questa disciplina non è necessaria poiché gli squilibri della
bilancia dei pagamenti vengono corretti con variazioni del tasso di cambio (vedi cap 9). I tassi di
cambio flessibili tendono ad essere più inflazionistici di quelli fissi. I cambi flessibili sono più
capaci ad isolare l'economia dagli shock esterni, invece i cambi fissi sono più adatti per affrontare
shock interni.
In generale si può affermare che i tassi flessibili sono più efficienti e offrono all'economia
maggiore flessibilità nel perseguimento delle proprie politiche di stabilizzazione, in oltre
consentono di gestire al meglio la politica monetaria, sono però più inflazionistici e tendenti ad alte
variazioni del tasso di cambio.
25. Aree valutarie ottime
La teoria delle aree valutarie ottime è stata introdotta da Mundell e McKinnon nelgi anni 70.
Un area valutaria ottima consiste in un gruppo di paesi le cui valute sono legate l'una all'altra
tramite un sistema d tassi di cambio permanentemente fissi e che rispondono ad una serie di
condizioni che fanno del paese un area valutaria ottima.
I vantaggi sono la creazione di un mercato interno, per via della riduzione dell'incertezza dei cambi
flessibili, e vi sarà una maggiore stabilità di prezzi. Lo svantaggio più grande è l'impossibilità di
perseguire ciascuno la propria politica di stabilizzazione e di stimolo della crescita consona alle
preferenze del paese stesso.
La costituzione di un area valutaria ottima risulta più vantaggiosa se ricorrono queste
condizioni:
1) ampia mobilità delle risorse all'interno dei paesi membri
2) grande omogeneità strutturale tra questi
3) ampia disponibilità a uno stretto coordinamento delle politiche fiscali, monetarie e delle
altre politiche.
25.1 Il Sistema Monetario Europeo (1979-1998)
Nel marzo del 1979 l'UE annunciò la costituzione del Sistema Monetario Europeo quale
passo verso una maggiore integrazione monetaria tra i paesi membri. Gli aspetti principali erano:
1. Creazione dell' Unità Monetaria Europea (ECU) era la media ponderata delle valute dei
paesi membri
2. Le fluttuazioni massime delle valute dei paesi membri dovevano rimanere all'interno di una
banda di oscillazione di +/-2,25%. Dal 1993 la banda venne allargata a +/-15% a seguito
dell'uscita di Italia e Gran Bretagna dallo SME per gli attacchi speculativi
3. Si costituì il Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria (FECOM), forniva ai paesi membri
assistenza dei breve e medio termine nelle gestione della bilancia dei pagamenti.
Se la valuta del paese raggiungeva il 75% dell'ampiezza consentita (soglia di divergenza), il paese
doveva iniziare ad attuare misure correttive, superata la soglia l'onere di intervenire spettava al
paese con la valuta più debole e il paese con la valuta più forte.
Da marzo 1979 vi sono stati 11 riallineamenti nello SME. In generale paesi ad alta
inflazione come Francia ed Italia avevano periodicamente bisogno che le proprie valute venissero
svalutate rispetto all'ECU allo scopo di mantenere la propria competitività nei confronti di un paese
a bassa inflazione come la Germania. La debolezza dello Sme era questa: mantenere un sistema di
cambi fissi senza integrare politiche fiscali e monetarie. Grazie alla Germania Francia e Italia tra il
1979 e il 1984 hanno goduto di un contenimento dell'inflazione a spese tuttavia di una maggiore
disoccupazione.
25.2 La transizione all'unione monetaria
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Nel giugno del 1989 un comitato presieduto dal Presidente della Commissione Europea
raccomandò una transizione verso l'unione monetaria in tre fasi:
1. luglio 1990 convergenza risultati economici e convergenza politica economica
2. dicembre 1991 Maastricht si richiedeva la creazione dell'Istituto Monetario Europeo
precursore della BCE
3. entro il 1999 adozione moneta unica e istituzione della banca centrale europea
Il trattato di Maastricht (1991) stabiliva numerose condizioni necessarie perchè un apese
potesse accedere all'unione monetaria:
1) il tasso medio d'inflazione non doveva eccedere più di 1,5 punti percentuali il tasso medio
dei tra paesi della Comunità col tasso d'inflazione più basso
2) il disavanzo di bilancio non poteva superare il 3% del PIL
3) Il debito pubblico complessivo non doveva essere più elevato del 60% del PIL
4) i tassi d'interesse a lungo termine non dovevano eccedere di più di due punti percentuali il
tasso medio dei tre paesi con il minor tasso d'inflazione
5) il tasso di cambio non doveva svalutarsi più del 2,25 % della media SME.
Tali parametri vennero rispettati entro il 1991 solo da Francia e Lussemburgo.
Nel 1997 venne negoziato il Patto di stabilità e crescita per restringere ulteriormente il vincolo
fiscale nel rispetto del quale avrebbero dovuto operare i paesi partecipanti all'unione monetaria: il
disavanzo doveva essere inferiore del 3% , per permettere ai paesi di operare politiche fiscali
espansive in caso di crisi.
25.3 La creazione dell'euro e la Banca Centrale Europea
All'inizio del 1999 il sistema monetario europeo è diventato l'Unione Monetaria Europea
con l'introduzione dell'euro e l'adozione di una politica monetaria comune tramite la BCE. I paesi
aderenti erano 11 (Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo,
Spagna, Portogallo e Olanda). Gran Bretagna, Svezia e Danimarca hanno scelto di non partecipare,
tuttavia per evitare l'eccessiva volatilità e i possibili scostamenti delle valute di tali paesi nei
confronti dell'euro, è stato istituito il Meccanismo di cambio II (ERMII) simile a quello dello SME
con una fascia di fluttuazione del 15% rispetto alla parità.
Il valore dell'euro è stato stabilito una volta per tutte nell'ottobre del 1998. La moneta unica
ha iniziato la sua quotazione dal 1 gennaio del 1999, ma l'emissione di banconote e moneta
metallica è iniziata nel 2002.
Nel 1998 venne istituita la Banca Centrale Europea quale braccio operativo della politica
monetaria del Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC), una struttura federale delle banche
centrali nazionali. Le decisioni della BCE vengono prese da un Consiglio Direttivo, formato da un
comitato esecutivo di 6 membri incluso il Presidente più i governatori delle banche centrali
nazionali.
Il Trattato di Maastricht ha assegnato alla BCE il compito di perseguire la stabilità dei prezzi
e l'ha resa del tutto indipendente dalle influenze politiche. Il Parlamento Europeo non ha possibilità
di influire sulle sue decisioni; l'unico modo sarebbe emendare il trattato di Maastricht
(differentemente da quanto avviene negli Usa che il Congresso può approvare leggi che riducono
l'indipendenza della FED).
25.4 Costi e benefici dell'euro
I benefici dei paesi partecipanti sono molteplici:
1) eliminazione della conversione delle valute tra paesi (risparmio di 30 miliardi di $ all'anno)
2) eliminazione della volatilità dei tassi di cambio
3) integrazione economica e finanziaria più rapida
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4)
5)
6)
7)
8)
possibilità per la BCE di praticare una politica monetaria maggiormente espansiva
maggiore disciplina economica per i paesi (Italia e Grecia hanno dimostrato di non averla)
signoraggio derivante dall'uso dell'euro come moneta internazionale
minori costi di indebitamento sui mercati finanziari internazionali
accresciuta importanza politica ed economica per l'Unione Europea sullo scenario
internazionale
Il problema più serio è il caso di uno o più paesi vengano a trovarsi in recessione, o siano
colpiti da qualche altro shock. I singoli paesi non possono utilizzare il tasso di cambio o la poltitca
monetaria per superare il problema e anche il ricorso alla politica fiscale è limitato. In tale
situazione il problema si risolve con il tempo; come negli USA, se una regione attraversa una
recessione, parte della forza lavoro si sposta verso altre regioni e così la regione interessata godrà di
redistribuzioni fiscali. In Europa tuttavia la mobilità del lavoro è molto inferiore rispetto a quella
statunitense e altrettanto può dirsi della redistribuzione fiscale. L'integrazione può risolvere questo
problema.
26. Sistemi di ancoraggio della valuta e la dollarizzazione
I sistemi di ancoraggio della valuta (CBA) costituiscono la forma più estrema di fissazione
del tasso di cambio. Un paese che attua tale sistema fissa rigidamente ilo tasso di cambio della
propria divisa a una valuta estera, ai Diritti speciali di prelievo o a un paniere composito di valute.
Richiedono (similmente al gold standard) una copertura totale 100% in riserve internazionali della
valuta nazionale in questione. Il paese interessato rinuncia al controllo sull'offerta della propria
moneta e della politica monetaria. L'offerta di valuta nazionale aumenta o diminuisce solo in
corrispondenza rispettivamente di: surplus bilancia dei pagamenti e di immissione riserve
internazionali o un deficit della bilancia dei pagamenti e un deflusso di riserve internazionali.
Gli effetti sono un tendenziale allineamento di tasso d'interesse e disoccupazione a quello
del paese estero. Tale sistema viene attuato da un paese in forte crisi finanziaria, affinchè funzioni
tale sistema è necessario: un positivo funzionamento del sistema bancario, e una politica fiscale
prudente. Il paese, tramite la CBA acquista credibilità, ma la banca centrale del paese 1)non
conduce più la politica monetaria, 2) non può agire come prestatore di ultima istanza, 3) perde il
signoraggio dovuto all'emissione di valuta propria.
La dollarizzazione è invece l'adozione della divisa monetaria di un altro paese. I costi e i
benefici della dollarizzazione sono simili a quelli della CBA ma più accentuati. I principali vantaggi
sono 1) eliminazione costi di cambio 2) tasso di inflazione simile a quello degli Stati unii come
conseguenza dell'arbitraggio sui beni e il suo tasso d'interesse tende a scendere a quello del livello
americano 3) vengono evitate le crisi legate la cambio.
Chi utilizza i dollari come valuta nazionale sono piccole economie aperte che hanno come
principale partner commerciale gli Stati Uniti, quali i paesi dell'America Latina.
27. Bande di oscillazione, parità aggiustabili, parità striscianti
La maggior parte dei sistemi di cambio fissi permettono in genere che il tasso di cambio
fluttui all'interno di limiti ristretti, chiaramente definiti, stabilendo una banda di oscillazione. Ad
esempio nel sistema di Bretton Woods il cambio poteva oscillare al di sopra e al di sotto della parità
fissata. Il tasso di cambio effettivo è quindi determinato dalle forze di domanda e offerta ma
all'interno delle bande di oscillazione; le fluttuazioni al di sopra di questa, in un sistema di cambi
fissi non ancorato all'oro e al suo costo di trasporto come nel gold standard, vengono contrastate da
interventi pubblici nei mercati valutari. Stabilendo una banda di oscillazione le autorità governative
non sono obbligate ad intervenire continuamente.
Un regime di cambio a parità aggiustabili richiede che venga definita una parità e una
banda di oscillazione, con la condizione aggiuntiva che la parità potrà essere modificata per
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correggere un disavanzo o un avanzo della bilancia dei pagamenti. Il sistema di Bretton Woods
nasce all'inizio come un sistema a parità aggiustabili, era infatti previsto che la parità potesse essere
modificata di fronte a un disequilibrio fondamentale. Tuttavia tale sistema se regolato in maniera
troppo precisa sarebbe oggetto di speculazione destabilizzante.
Il regime di cambio a parità striscianti è stato ideato per evitare lo svantaggio di relativamente
grossi aggiustamenti nelle parità e della possibile speculazione stabilizzante. In questo sistema, le
variazioni delle parità sono di entità ridotta e precedentemente stabilita, ovvero a intervalli frequenti
e chiaramente definiti finchè non viene raggiunto il tasso di cambio di equilibrio. Il paese può
evitare la speculazione destabilizzante tramite un adeguamento dei tassi d'interesse annullando ogni
tipo di profitto (interferendo però nella politica monetaria. E' un sistema adatto ai paesi in via di
sviluppo che subiscono shock reali e differenti tassi d'inflazione.
28. Fluttuazioni controllate
I cambi anche senza speculazione destabilizzante fluttuerebbero lo stesso per le fluttuazioni
dei fattori reali, le speculazioni amplificano ciò. Abbiamo già detto che ampie fluttuazioni portano
insicurezza nel mercato e questo danneggerebbe il commercio. In un regime a fluttuazioni
controllate le autorità monetarie intervengono sul mercato dei cambi per smorzare queste
fluttuazioni di breve periodo senza tuttavia tentare di alterare il livello di equilibrio di lungo periodo
del tasso di cambio. L'economia così beneficia dei vantaggi dei cambi fissi pur mantenendo cambi
flessibili. Le manovre da compiere consistono nel vendere riserve valutarie per sopperire a parte
dell'eccesso di domanda di valuta estera e di assorbire parte di ogni eccesso di offerta a breve
termine di valuta estera prevalente sul mercato. Quanto maggiori sono le riserve internazionali,
tanto più ampia è la stabilizzazione del cambio che esse riescono a ottenere. Può succedere che
certe volte i paesi siano tentati a svalutare il tasso di cambio per stimolare il tasso di cambio (come
ha fatto la Cina nel 2005 con gli USA), si parla in questi casi di fluttuazione sporca
Oggigiorno, i sistemi intermedi di cambi visti sopra sono considerati meno attrattivi dei cambi fissi
e flessibili puri, in quanto più suscettibili a causare speculazioni destabilizzanti e quindi risultare
insostenibili.
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29. Il sistema monetario internazionale
Un sistema monetario internazionale consiste nell'insieme di regole, abitudini, strumenti,
strutture e organismi che intervengono nell'esecuzione dei pagamenti internazionale. Possono essere
classificati a seconda di quale sistema di cambi viene utilizzato e il tipo di attività utilizzata come
riserva internazionale.
Un sistema monetario internazionale viene giudicato in base a 3 criteri:
1) il criterio dell'aggiustamento. Si riferisce al processo in virtù della qual vengono corretti gli
squilibri della bilancia dei pagamenti
2) il criterio della liquidità. Consiste nell'ammontare delle attività internazionali di riserva
disponibili per compensare temporanei squilibri della bilancia dei pagamenti
3) il criterio della fiducia. Fa riferimento al grado di convinzione che il meccanismo di
aggiustamento funzioni in modo adeguato.
Vediamo ora l'evoluzione del sistema monetario internazionale.
29.1 Il gold standard (1880-1914)
Durante il gold standard ciascun paese definiva il contenuto aureo della propria valuta e
rimaneva passivamente disponibile a vendere o comprare qualunque ammontare di oro per quel
prezzo. Poiché il contenuto aureo di una unità di ciascuna valuta era fisso, anche i tassi di cambio
erano fissi. Il livello fisso di cambio era definito parità aurea. Il tasso di cambio poteva variare al di
sopra o al di sotto della parità aurea nei limiti del costo d trasporto di una unità di oro equivalente ad
una unità della valuta estera delle due piazze valutarie.
Se la valuta tendeva a deprezzarsi oltre il punto dell'oro, questa tendenza veniva arrestata con una
fuoriuscita dell'oro dal paese che determinava un apprezzamento del tasso di cambio. Se la valuta
estera era più costosa dell'oro e del suo costo di trasporto sarebbe stato più conveniente pagare in
oro. Viceversa se il cambio si deprezzava. Questi deflussi di oro rappresentavano i disavanzi della
bilancia dei pagamenti; vi era un sistema di aggiustamento automatico chiamato da Hume
price-specie-flow. Lo stock di moneta di ogni paese consisteva nella quantità di risorse auree e nella
moneta cartacea convertibile in oro. Quindi un paese con un disavanzo nella bilancia dei pagamenti
ha una riduzione dell'offerta di moneta e viceversa nei paesi in avanzo. Per tale ragione i prezzi
interni diminuiscono nei paesi in disavanzo mentre aumentano i paesi in avanzo (teoria quantitativa
della moneta). Di conseguenza il saldo della bilancia dei pagamenti del paese in disavanzo migliora
e viceversa per il paese in avanzo.
Questo era il meccanismo di aggiustamento, che se non avveniva tramite movimenti di oro,
avveniva con i movimenti di capitale: esempio, se il Regno Unito aveva un disavanzo, l'offerta di
moneta si riduceva e ciò provocava un aumento dei tassi d'interesse interni e questo attraeva un
afflusso di capitali a breve che copriva il disavanzo.
Il sistema di aggiustamento funzionava e la fiducia non poteva mancare, dato che la sterlina era la
valuta internazionale importante e Londra il centro finanziario internazionale.
29.2 Il periodo tra le due guerre
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, il gold standard ebbe termine. Tra il 1919 e il
1924 i cambi fluttuarono ampiamente fino a che nel 1925 il Regno Unito ripristinò la convertibilità
della sterlina in oro al prezzo prebellico. Il sistema era di gold exchange standard, nel senso sia l'oro
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che le valute convertibili in oro (sterlina ma anche dollaro e franco francese) erano impiegate come
riserve internazionali. Il Regno Unito, tuttavia, aveva perso parte della sua competitività e
l'adozione della parità prebellica si tradusse in una grande sopravvalutazione della sterlina (vd legge
prezzo unico), ciò portò a un disavanzo della bilancia dei pagamenti, che però il regno unito tento di
frenare, il che portò ad una deflazione ( per via della riduzione della liquidità).
Contemporaneamente la Francia approvò nel 1928 una legge che imponeva che il
pareggiamento dei propri avanzi di bilancia dei pagamenti dovesse avvenire anzichè in sterline o in
altre valute. Questo provocò un forte drenaggio di risorse auree verso Parigi.
Quando nel 1931 la Francia tentò di convertire in oro le le riserve di sterline accumulate, il
Regno Unito fu costretto a sospendere la convertibilità della sterlina in oro e a svalutare la sterlina e
il gold exchange standard finì.
Le cause del crollo sono inoltre:
1) mancanza di un adeguato meccanismo di aggiustamento, sterilizzazione degli effetti del
disavanzo
2) presenza destabilizzante di enorme flussi di capitale tra Londra e Parigi e New York
3) L'inizio della Grande Depressione
E' probabile che qualsiasi sistema di cambi sarebbe crollato in tale periodo, dovute anche a
interventi di politica economica sbagliati come le Smooth Hawley Tariff.
29.3 Il sistema di Bretton Woods
Nel 1944 i rappresentanti di USA, Regno Unito e altri 42 paesi, si incontrarono in una
conferenza a Bretton Woods nel New Hampshire, per decidere l'assetto del sistema monetario
internazionale dopo la guerra.
Venne istituito il Fondo Monetario Internazionale allo scopo di
1. vigilare sull'osservanza da parte dei paesi membri un insieme di regola di condotta in tema
di commercio e finanza internazionale
2. fornire facilitazioni creditizie ai paesi in temporanea difficoltà con la bilancia dei pagamenti
Dopo l'adesione al fondo a ciascun paese veniva assegnata una quota a seconda della sua
importanza economica e del volume del proprio flusso di commercio internazionale. Sulla base di
questa quota veniva determinato il suo potere di voto e la sua capacità di prendere a prestito.
Con l'adesione al FMI, un paese era tenuto a pagare il 25% della propria quota al fondo in
oro e il resto in valuta nazionale. Prendendo a prestito il paese riceveva valute convertibili
approvate dal fondo e in cambio era tenuto a versare un deposito di un ammontare equivalente in
valuta nazionale. Il limite massimo di prestito era il 25% della quota all'anno o il 125% in 5 anni.
Il paese poteva prendere a prestito il 25% della propria quota in modo automatico, era chiamata
gold tranche (quota aurea) , per ulteriori prestiti, le cosiddette credit tranches (quote di credito) il
paese pagava tassi d'interesse crescenti.
I rimborsi dovevano avvenire entro 3 o 5 anni, e consistevano nel riacquisto della propria
valuta dal fondo in cambio di valute approvate dal fondo. La quota aurea di un paese meno
l'eventuale ammontare prestiti ricevuti è chiamata Posizione netta presso l'FMI.
Il sistema di Bretton Woods era un gold exchange standard. Gli Stati Uniti erano tenuti a
mantenere il prezzo in dollari di un oncia di oro al valore fisso di 35 $ e dovevano rendersi
disponibili a cambiare per quel prezzo dollari in oro senza restrizioni o limitazioni. Gli altri paesi
dovevano fissare il valore delle valute in termini di dollari e intervenire nel mercato dei cambi
affichè il tasso di cambio non si allontanasse dalla parità più dell'1%.
In particolare per impedire il deprezzamento della propria valuta in misura superiore all'1%
rispetto alla parità il paese doveva attingere alle proprie riserve in dollari e utilizzarle per acquistare
la propria valuta. Per impedire invece un apprezzamento superiore all'1% rispetto alla parità il paese
doveva acquistare dollari.
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Solo nel caso di squilibri fondamentali un paese era autorizzato, dopo l'approvazione del fondo a
variare il valore della parità del cambio. Era fatto divieto ai paesi di imporre ulteriori restrizioni
commerciali (altrimenti la convertibilità valutaria non avrebbe avuto grande significato) e quelli
esistenti dovevano essere rimossi con il GATT. Restrizioni alla mobilità internazionale dei capitali
erano consentite onde permettere ai paesi di difendere le proprie valute da ingenti e destabilizzanti
flussi di moneta speculativa .
29.4 Il funzionamento del sistema
I paesi erano riluttanti a modificare la propria parità anche in caso di squilibri fondamentali,
la svalutazione era considerato segno di debolezza, mentre i paesi in disavanzo si opponevano alla
rivalutazione preferendo così accrescere le proprie riserve di capitali. Questo atteggiamento fu
critico per la fine del sistema. L'effetto di tale atteggiamento era chiaramente una riduzione della
flessibilità del sistema e dell'aggiustamento, ciò rendeva il sistema vulnerabile alla speculazione
destabilizzante. Per far fronte a questo si potevano imporre restrizioni ai movimenti di capitali.
Nel corso di quegli anni fino alla caduta di Bretton Woods vi fu una serie di interventi volti
a migliorare il funzionamento del sistema. A partire dagli anni 60, i paesi membri del FMI, presero
a negoziare gli accordi di standby che consentono nell'autorizzazione anticipata da parte del FMI
per prestiti futuri a un paese membro. Le banche centrali nazionali iniziarono a negoziare gli
accordi di riporto o swap, coi quali i paesi si scambiano reciprocamente le proprie valute per
intervenire sul mercato dei cambi e combattere i flussi di capitali destabilizzanti.
L''innovazione più significativa fu del periodo di Bretton Woods fu la creazione dei Diritti
speciali di prelievo (DSP) per accrescere le riserve internazionali di oro , valute estere e posizioni
di riserva presso FMI. Non hanno nessuna copertura in oro ne in altra valuta, ma rappresentano pure
e semplici riserve internazionali create dal FMI (paper gold). Veniva utilizzato esclusivamente dalle
banche centrali per sanare i disequilibri della bilancia dei pagamenti. Sull'ammontare in eccesso o in
difetto di DSP detenuti da un paese oltre la quota veniva applicato un tasso d'interesse, questo
creava pressione sia sui paesi in avanzo che in disavanzo a correggere gli squilibri.
Venne creato nel 1961 ilo cosiddetto pool dell'oro per evitare che il prezzo dell'oro salisse
sopra i 35$ per oncia, interventi volti ad evitare che le riserve in oro degli USA non si riducessero.
29.5 Il crollo del sistema di Bretton Woods
Tra il 1945 e il 1949 gli USA registrarono immensi avanzi della bilancia dei pagamenti
dovuti all'attuazione del Piano Marshall. Con la ripresa dell'Europa negli anni 50 si tramutò in
disavanzo, erano tuttavia fino al 1957 molto contenuti, anche se permettevano a Giappone e Europa
di arricchirsi di riserve di dollari. Gli USA saldavano i disavanzi principalmente in dollari. I paesi
erano disposti ad accettarli per 3 motivi: 1) gli USA erano pronti a convertirli in oro 2) i dollari
erano una moneta internazionale 3) i depositi in dollari fruttavano un interesse, i depositi in oro no.
A partire dal 1958 i disavanzi della bilancia americana aumentavano sensibilmente per via
dell'aumento dei capitali in uscita (ΔBK<0, per via degli investimenti in Europa) e un aumento
dell'inflazione per via della creazione di moneta necessaria per i finanziamenti alla guerra in
Vietnam (ΔBC<0 dovuto ad una riduzione della competitività), si è visto a pg 57 che se si aumenta
la liquidità nel sistema questa si trasferisce all'estero, gli Usa finaziavano i loro disavanzi
essenzialmente in dollari e quindi arricchiva le riserve internazionali di dollari estere. Inoltre le
riserve auree statunitense diminuirono da 25 miliardi di $ nel 1949 a 11 miliardi di $ nel 1970.
Gli USA ritenevano di non poter correggere il disavanzo tramite una svalutazione. Si tentò il
twist dei tassi di tenere alti i tassi a breve termine per incoraggiare i movimenti di capitali, e bassi
quelli allungo termine per incoraggiare la crescita ma non funzionò. Per scoraggiare la diminuzione
delle riserve auree, e quindi la conversione in ora vennero creati i Roosa Bonds, buoni del tesoro a
medio termine denominati in $ con un tasso di cambio garantito, ma le riserva auree continuavano a
ridursi fino a che le riserve statunitensi all'estero nel 1970 superarono di 4 volte le riserve
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statunitensi in oro.
Era necessario un riallineamento della parità, e vi erano aspettative prevalenti sui mercati
che gli USA avrebbero prima o poi svalutato il dollaro, che portarono a fortissimi e destabilizzanti
flussi di capitali in uscita dal dollaro.
Il 15 agosto del 1971 il presidente Nixon fu obbligato a sospendere la convertibilità in oro
del dollaro. Il sistema di Bretton Woods era finito. E' difficile stabilire se i benefici del signoraggio,
cioè i benefici ricevuti da un paese dall'emissione di moneta quando la sua moneta viene utilizzata
come moneta internazionale, abbiano compensato lo svantaggio di non poter mai svalutare il
dollaro.
Nel dicembre del 1971, i rappresentanti del Gruppo di Dieci (i 10 paesi industrializzati più
importanti) si incontrarono a Washington presso la Smithsonian Institution dove ebbero luogo gli
Smithsonian Agreement. Venne deciso di aumentare il prezzo dell'oro da 35$ a 38$ per oncia che
portò ad una svalutazione del dollaro del 9%, venne allargata la banda di fluttuazione dal 1% al
2,25%. poiché il dollaro non era più convertibile il sistema era diventato un dollar standard.
Tuttavia un immenso disavanzo americano nel 1972 portò ad una ulteriore svalutazione del
dollaro del 10% nel febbraio del 1973 anticipata dall'ondata speculativa contro il dollaro.
Nel marzo del 1972 i sei paesi membri del Mercato comune europeo decisero di lasciar
fluttuare le proprie valute nei confronti del dollaro con una banda di oscillazione del 2,25% (il
cosiddetto serpente europeo).
Quando nel marzo del 1973 la speculazione contro il dollaro si riaccese, le autorità
monetarie dei principali paesi industrializzati decisero di lasciare che le proprie valute fluttuassero
in modo autonomo oppure in modo congiunto (come in Europa).
Le cause di fondo della caduta del sistema vanno ricercati in problemi di liquidità, cioè
dell'ammontare delle riserve internazionali disponibili in relazione al proprio bisogno, e nella caduta
della fiducia nel dollaro dovuti ai continui disavanzi della bilancia commerciale, la fiducia, la
liquidità e l'aggiustamento sono infatti i criteri che ci consentono di giudicare un sistema monetario
internazionale.
29.6 Il sistema attuale
A partire dal marzo 1973 il mondo ha avuto un sistema di tassi di cambio a fluttuazione
controllata, con l'obbiettivo di smussare le fluttuazioni di breve periodo dei tassi di cambio senza
porsi l'obbiettivo di alterare le tendenze di lungo periodo. Tale sistema non è frutto di una scelta
deliberata, ma conseguenza del crollo di Bretton Woods.
Nel 1976 gli accordi della Giamaica riconobbero formalmente il sistema delle fluttuazioni
controllate e riconobbero ai paesi la libertà di scegliere il regime di cambio, nella misura in cui ciò
non risultasse destabilizzante per i partner commerciali o per l'ordine mondiale. A fine del 2005
metà dei 186 del FMI avevano optato per un qualche tipo di flessibilità del tasso di cambio. Gli Usa
adottarono un regime di fluttuazione libera del cambio, mentre contemporaneamente nel 1979
nasceva l'ECU, e quindi le valute europee erano vincolate in una fascia di oscillazione di +/- 2,25%.
In un regime di fluttuazione controllata sono necessarie delle riserve, tuttavia con gli anni si
iniziò ad abbandonare l'oro: nel gennaio del 1975 gli USA vendettero parte delle proprie riserve
auree nel libero mercato, come anche fece il FMI, che iniziò ad adottare il DSP come unità di
misura delle riserva. Dal 1974 il valore di un DSP venne eguagliato alla media ponderata di un
paniere costituito dalle 16 valute principali. Oggi è uguale alla media ponderata di queste 4 valute
con i loro relativi pesi:
Dollaro (45%)
Euro (29%)
Yen giapponese (15%)
sterlina britannica (11%)
29.7 Il funzionamento attuale del FMI
Le quote del FMI sono incrementate di modo che alla fine del 2005 le risorse totali
ammontavano a 305,2 miliardi di dollari. La vecchi quota aurea è chiamata quota di primo credito.
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Il Fondo ha ampliato di recente i suoi compiti fino ad includere quello di aiutare anche i
paesi membri a superare i propri problemi strutturali:
1. Extended Fund Facility (EFF) istituito nel 1974 per sostenere le riforme strutturali nei paesi
membri e ad affrontare le difficoltà nella bilancia dei pagamenti.
2. Supplemented Reserve Facility (SRF) istituita nel dicembre 1997 per provvedere
all'assistenza di breve periodo per le difficoltà nella bilancia dei pagamenti dovuti a crisi di
fiducia nei mercati
3. Compensatory Financing Facility (CFF) istituita nel 1963 per assistenza in caso di cadute
dei proventi delle esportazione o eccessi nell'importazione dei cereali
4. Emergency Assistance diretta a fornire aiuti in caso di disequilibri della bilancia dei
pagamenti dovuti a disastri naturali o disordini politici
5. Poverty Reduction and Growth Facility istituita nel 1999 per fornire assistenza di lungo
periodo in caso di difficoltà profonde e strutturali nella bilancia dei pagamenti.
L'accesso al credito è stato aumentato al 300% della quota conferita. Attualmente chi gode
di più di questi fondi sono i paesi in via di sviluppo. Ai paesi richiedenti prestiti è solitamente
richiesto dal FMI una riduzione della spesa pubblica e un maggior controllo dell'offerta di moneta,
ma mettere in atto tali provvedimenti può portare alla caduta dei governi locali (come è successo in
certi casi), e quindi in molti casi il FMI ha allentato la presa.
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