1 RASSEGNA STAMPA Lunedì 2 Luglio 2012

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1 RASSEGNA STAMPA Lunedì 2 Luglio 2012
Federazione ittaalliiaannaa bancari e assicuurativi
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 Con la spending review Camere al tour de force .................................................. 3
 Dietro lo scudo i governativi aumentano l’appeal ................................................ 4
 Eurostoxx 50 debole ma con due eccezioni ........................................................... 5
 Anche negli studi è l'ora della «spending review» ................................................ 6
 «Subito una banca dati anti-sprechi e basta trucchi con i redditi» .................... 7
 Patto di Bruxelles, la prova dello spread ............................................................... 9
 Cimbri: Unipol va avanti su Fonsai
Il custode delle azioni? Non è imparziale ........................................................... 10
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Rassegna Stampa del giorno 2 Luglio 2012
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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 L’intesa Ue alla prova dei mercati Draghi è pronto a tagliare i tassi ................. 12
 “Euro in salvo anche senza Atene e ora Obama vincerà le elezioni” .................. 13
 “Siete sempre il malato d’Europa” Usa scettici sulla rinascita italiana ............. 14
 Spending review, il governo accelera pronto un pacchetto da 9 miliardi .......... 16
UN AFORISMA AL GIORNO
a cura di “eater communications”
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in cui vengono scritte:
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Agenda del Parlamento. In quaranta giorni vanno approvati tredici decreti
Con la spending review
Camere al tour de force
Tempi serrati anche per Dl crescita e dismissioni
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Tredici decreti legge da portare all'incasso in quaranta giorni e una raffica di voti di fiducia in arrivo. In un vero
e proprio labirinto politico segnato dalle riforme istituzionali azzoppate al Senato dal blitz Pdl-Lega, dalla legge
anticorruzione che sempre al Senato rischia tempi lunghissimi, dalla sostanziale scomparsa delle nuove regole
taglia-fondi ai partiti. È iniziata l'estate rovente anche per Camera e Senato, che per i parlamentari potrebbe
significare per una volta fare gli straordinari anche dopo la prima settimana di agosto. A meno che, come
sempre accade, non prevalga la voglia di vacanze e si anticipi il "rompete le righe".
Dopo il vertice europeo di fine settimana il Governo si gioca le carte decisive in Parlamento. Con il nuovo
pacchetto di misure che, tra spending review e tagli lineari alla spesa, stanno per arrivare alle Camere con il
tredicesimo decreto legge in aggiunta a quelli già in vigore. Proprio i decreti rappresentano infatti l'attività
pressoché esclusiva per il Parlamento di qui alla pausa estiva. Con calendari blindati e dedicati esclusivamente
alla legislazione d'urgenza, tanto che per smaltire il più rapidamente i decreti sarà necessario per il Governo
ricorrere ripetutamente alla richiesta del voto di fiducia, già da questi giorni.
Si comincia da domani, con il primo decreto sulla spending review che scade in settimana (il 7 luglio): voto
della Camera e immediata restituzione del provvedimento in terza lettura al Senato per la conversione in tempo
utile, pena la decadenza. E proprio alla Camera prende intanto avvio da mercoledì l'esame (commissione
Finanze e Attività produttive) del Dl 83 sulla crescita: si prevedono tempi strettissimi, perché il decreto dovrà
arrivare in aula a Montecitorio dal 16 luglio per la trasmissione del testo al Senato la stessa settimana.
Tutto questo, mentre si dovranno stringere i lavori per tutti gli altri decreti legge in calendario: quelli su editoria
e terremoto in Emilia Romagna sbarcheranno in aula alla Camera da lunedì prossimo, così come il Dl 59 sulla
protezione civile al Senato in questi giorni per la votazione finale, salvo sorprese. Ma non basta: sempre in
questi giorni scatta infatti al Senato l'esame (commissioni Bilancio e Finanze) del decreto sulle dismissioni,
mentre dovrà prendere avvio anche l'iter di quello sulle proroghe in sanità, destinato a essere arricchito di
contenuti con la riforma, concordati da Governo e forze politiche, della libera professione intramoenia dei
medici pubblici.
Con un'attività parlamentare praticamente prenotata dall'esame dei decreti legge, poco spazio resta nei calendari
alla normale attività legislativa. Tanto meno nei programmi di lavoro delle due assemblee. Da dove, per
esempio, sono scomparse le due leggi Comunitarie 2011 e 2012. Mentre nelle commissioni frenano la legge
anticorruzione e il taglio dei fondi ai partiti, che a questo punto rischiano un clamoroso flop.
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Obbligazioni. Lo scenario economico resta fragile
Dietro lo scudo i governativi
aumentano l’appeal
Il consiglio: maggiore diversificazione
L’ASINCRONIA DEI GIUDIZI
I mercati ragionano overnight, scontando ogni possibile scenario sulla brevissima distanza in
positivo o in negativo
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Prima le buone notizie. Negli ultimi giorni sono arrivati alcuni dei chiarimenti attesi dagli investitori. Dalla
riunione dell'Eurogruppo, avviatasi con aspettative minori degli incontri precedenti, sono usciti risultati ben
oltre le previsioni sui meccanismi di stabilizzazione dell'Eurozona (scudo anti-spread). Resta però da sciogliere
il nodo delle risorse. Altre conferme sulla tenuta europea erano arrivate in precedenza con l'esito delle elezioni
greche e l'avvio del salvataggio delle banche spagnole. Fine delle buone notizie.
Per il resto il quadro resta infatti problematico, per dirla con diplomazia. O, per dirla senza diplomazia come
sono abituati a fare gli operatori, deteriorato. «L'estate appena iniziata - spiega Francesco Tarabini Castellani,
country manager Italy e managing director di Vontobel Bank nella sua nota mensile di commento ai mercati sarà calda, mentre le sfide aperte richiedono, anzitutto ai politici, spalle più larghe di quanto un essere umano
possa avere. Dunque l'incertezza continuerà a regnare sovrana. I politici europei, i governi, le decisioni dei
sistemi demografici vengono valutati dai mercati finanziari globali, che ragionano overnight, scontando ogni
possibile scenario sulla brevissima distanza in positivo o in negativo».
L'asincronìa tra mercato e politica è una delle chiavi di lettura più efficaci per spiegare fasi di forte volatilità
che si verificano anche in coincidenza con l'arrivo di "buone" notizie. Naturalmente, perché ciò avvenga deve
sussistere una fragilità di fondo, che si spiega con l'azione congiunta di diversi fattori di lungo corso. In una
recente tavola rotonda di R&Ca, social network riservato ai promotori finanziari, i partecipanti hanno
individuato due minacce e due possibili "catalizzatori positivi". Le prime sono rappresentate dal possibile
ritorno in recessione degli Usa e da un eventuale hard landing della Cina. Tra gli aspetti favorevoli figurano
invece un'eventuale "sorpresa al rialzo" per l'economia a stelle e strisce e/o una caduta dei prezzi delle materie
prime, con effetti benefici in termini di riduzione dell'inflazione e crescita del reddito reale.
Rischio sovrano e andamento degli spread restano i termometri fedeli di questa condizione sospesa, seguiti con
attenzione dai risparmiatori italiani per i quali i bond dell'area euro sono magna pars del portafoglio. Per questo
- ha spiegato nella tavola rotonda di R&Ca Paolo Federici, country head Italia per Fidelity International diventa basilare proteggere il portafoglio assicurandosi un'adeguata diversificazione valutaria attraverso
obbligazioni governative a breve termine, quindi estremamente liquide, con altissimo merito creditizio».
«Nel migliore dei casi – concorda Didier Saint-Georges, componente del Comitato investimenti di Carmignac
Gestion - la realizzazione di profondi aggiustamenti fiscali necessari per rimettere in piedi un'economia europea
da 12.600 miliardi di euro richiederà parecchio tempo. La nostra strategia di investimento resta quindi ancorata
alle stesse convinzioni che ci guidano dall'inizio di questa crisi: utilizzare un ampio ventaglio di strumenti per il
controllo dei rischi e mantenere una struttura di portafoglio incentrata su zone e temi che offrono la migliore
visibilità a medio termine». Altra mossa qualificante di Carmignac è l'aumento della ponderazione dei bond
societari dei Paesi emergenti, che hanno dato prova di buona stabilità.
Si tratta di una scelta condivisa dai gestori di Edmond de Rothschild asset management (Edram): «Avevamo già
raccomandato i corporate bond all'inizio del 2012 - spiegano infatti gli analisti parigini - e ci sono molte ragioni
per cui questo segmento di mercato resta interessante. Ci concentriamo sulle aziende con vasta diversificazione
territoriale di mercato e di business e preferiamo un buon titolo high yield a un cattivo investment grade».
Ma in attesa che le "tachipirine" somministrate ai mercati producano l'effetto sperato, Edram conferma le scelte
prudenziali di portafoglio: come, titoli obbligazionari a parte, le posizioni sull'oro e sui titoli di miniere aurifere.
Non si sa mai...
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Analisi tecnica. Tra marzo e giugno le perdite hanno superato il 21%
Eurostoxx 50 debole
ma con due eccezioni
In evidenza i nuovi ingressi: la francese Essilor e l'olandese Asml
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Recentemente il paniere dei titoli che compongono l'indice Eurostoxx 50 è andato incontro ad alcune
modifiche. Sono usciti due titoli, Deutsche Boerse e Telecom Italia, sostituiti dall'olandese Asml Holding e
dalla francese Essilor International. Questo indice permette di avere una visione di insieme dell'andamento delle
principali Borse dell'area. Non stupisce quindi che in presenza del recente inasprirsi della crisi della zona euro,
a partire dal mese di marzo e fino a inizio giugno, l'indice abbia lasciato sul terreno il 21,5% circa.
Le quotazioni dell'Eurostoxx 50 sono al di sotto delle medie mobili a 100 e 200 giorni ormai da inizio aprile
(attualmente resistenza rispettivamente a 2.355 e 2.315 punti) anche se per il momento si mantengono sopra la
linea di tendenza disegnata dai minimi del marzo 2009, attualmente supporto a 2.000 punti circa. Sarebbe
proprio la violazione di questi livelli a fare temere la ripresa del trend ribassista in atto dai massimi di inizio
2011 con obiettivi in area 1.600, sulla base del canale ribassista che è possibile delineare per il trend di lungo
termine. Per sconfessare i timori derivanti dalla lettura dei dati macroeconomici di recente uscita e prospettare
l'avvio di un rimbalzo che non sia solo di natura tecnica ma caratterizzato da una struttura solida servirebbe il
superamento almeno delle citate resistenze di area 2.315/55 e successivamente dei 2.500 punti, linea che scende
dal top di dicembre 2007. Non tutte le componenti del paniere Eurostoxx 50 evidenziano tuttavia una tendenza
così gracile. Proprio i due nuovi ingressi sono caratterizzati infatti da un grafico decisamente orientato al rialzo.
L'olandese Asml ha messo a segno una notevole crescita dai minimi di fine 2008 ai recenti massimi di giugno,
di circa il 320 per cento. I prezzi stanno premendo contro la resistenza di area 42 euro, ultimo dei ritracciamenti
di Fibonacci relativi al ribasso dal top del 2000: il superamento deciso di questo ostacolo aprirebbe la via a
nuovi rialzi, diretti verso i 52 euro almeno. Una fase di moderato storno dopo la recente accelerazione rialzista è
possibile, gli indicatori tecnici più veloci sono infatti saliti in ipercomprato, tuttavia l'ipotesi di lavoro più
credibile è quella che anche in caso di flessioni i prezzi difficilmente scenderanno sotto area 37/38 euro. Da
considerare quindi, se raggiunta, un'occasione per avviare strategie rialziste sul titolo (da proteggere con
l'attivazione di uno stop loss in caso di discese sotto i 35,50 euro).
Anche Essilor ha messo a segno dai minimi del 2009 ai recenti picchi di giugno un rialzo decisamente superiore
a quello dell'indice del quale è entrato a fare parte, nell'ordine del 190 per cento. I prezzi sono tuttavia in questo
caso al di sopra di qualsiasi riferimento storico precedente, avendo superato già a inizio 2010 i precedenti
massimi storici del 2007 a 47,50. Con il metodo delle proiezione di prezzo, mutuato dalla teoria delle onde di
Elliott, è tuttavia possibile avanzare ipotesi sugli spazi che il titolo ha a disposizione prima di incontrare nuove
resistenze. Il primo target di breve si colloca in area 79 euro, in ottica temporale più estesa sono invece credibili
obiettivi anche in area 95 euro. Solo movimenti sotto area 68,20, dove transita la linea di tendenza disegnata dai
minimi di dicembre 2011, farebbero temere l'avvio di un processo correttivo non solo temporaneo, suggerendo
di alleggerire almeno temporaneamente l'esposizione sul titolo. In caso contrario le chance rimarrebbero in
favore del proseguimento della fase crescente sia in termini assoluti sia in termini relativi rispetto al paniere
europeo.
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Professionisti. La maggioranza degli autonomi è colpita dal calo dei ricavi
Anche negli studi
è l’ora della «spending review»
La crisi impone di ridurre i costi e le inefficienze
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La spending review arriva negli studi professionali messi in difficoltà dagli effetti della crisi. La maggioranza dei
professionisti è infatti colpita dalla flessione dei ricavi. A fotografare la situazione sono i dati diffusi nei giorni scorsi
dall'Adepp, l'Associazione degli enti previdenziali privati, secondo cui i redditi dei professioni, dal 2008 al 2011, sono
calati del 20% (si veda la scheda a fianco). Le ragioni? Non c'è solo il calo dei mandati, ma anche la maggiore difficoltà
nell'acquisire nuovi clienti e gestire i rapporti con quelli esistenti; inoltre, incidono il deprezzamento del lavoro e
l'aumento della sofferenza per il credito inevaso. L'impennata dei costi fiscali e di gestione ha eroso i margini, che già si
erano contratti negli ultimi anni, in particolare per i professionisti meno consolidati sul mercato.
Lo scenario lascia intuire che il risveglio dalla crisi non sarà un ritorno al passato, ma l'approdo a un mondo
completamente cambiato. È dunque necessario intervenire e occorre farlo rapidamente: la tempestività nelle scelte è la
chiave per renderle vincenti.
Il budget previsionale che gli studi dovrebbero redigere ogni anno è lo strumento più efficace per segnalare scostamenti
tra realtà e previsioni e consente di azionare segnali di allarme per i futuri cali di liquidità e di redditività. La strategia non
potrà essere la stessa per grandi e piccoli studi, ma cruciale per tutti sono la revisione delle spese e l'individuazione delle
inefficienze.
Gli interventi
La revisione consentirà di ridurre i consumi, ottimizzare viaggi e trasferimenti, rinegoziare i contratti di fornitura,
condividere i servizi con i colleghi, fino a tagliare i servizi e le collaborazioni non essenziali. Nei casi più estremi si potrà
arrivare a eliminare il costo dell'affitto dell'ufficio, o a scegliere di mettere a reddito i locali di proprietà cercando
soluzioni come il subaffitto e il co-working.
Se l'attività e il tipo di clientela lo consentono, sarà possibile trasformarsi in tele-lavoratori, utilizzare semplici recapiti e
noleggiare sale riunioni presso altri studi in caso di incontri strettamente necessari.
Anche le collaborazioni potranno essere gestite a distanza, in modo da concentrarsi sulle attività necessarie ed eliminare i
tempi morti e i costi fissi.
L'uso massiccio di informatica e smaterializzazione documentale aiuta la gestione del lavoro a distanza. Esistono servizi
di segreteria virtuale, fax via internet e con la posta elettronica certificata è possibile eliminare numerose notifiche e
raccomandate. Un buon gestionale aiuta nella contabilità e, se opportunamente agganciato al proprio sito, può costituire
una valida piattaforma di comunicazione e scambio di documenti con il cliente, i colleghi e i domiciliatari.
Più tempo a disposizione
Il tempo svuotato dagli impegni per il minor lavoro, e quindi non più impiegato in attività fatturabili, deve essere
utilizzato al meglio. I professionisti potranno dedicarsi a rivedere il contenuto del proprio sito per aggiornarlo (o
realizzarne uno), chiamare clienti dormienti e contatti diventati freddi per rinverdire relazioni che potrebbero dare frutti,
predisporre materiale di comunicazione per potenziali nuovi clienti e mercati selezionando argomenti nuovi da segnalare
a gruppi di interesse (come le associazioni), o da condividere, anche attraverso i social network, con entità accomunate da
bisogni di servizi (per esempio, i consumatori, gli ammalati, gli automobilisti, le donne maltrattate, i padri separati).
La scelta dei temi e dei destinatari di queste azioni mirate sarà tanto più efficace quanto riuscirà a mettere in luce le
competenze in ambiti non troppo sfruttati e a settori, come il recupero del credito, non particolarmente interessanti, ma
senz'altro di grande appeal in questo momento. La comunicazione (vale a dire: faccio sapere a molti chi sono e cosa so
fare) resta l'unico volano di un potenziale "passaparola" foriero di nuova clientela.
I crediti da recuperare
Un problema serio resta la gestione dei crediti insoluti: per decidere come muoversi, occorre valutare le ragioni della
morosità del cliente. Se questi non paga e non potrà mai pagare, meglio sospendere l'attività, quantomeno per recuperare
tempo da impiegare in altro modo. Se invece il cliente non è al momento in condizioni di pagare, ma in futuro lo farà, si
possono proporre rateazioni e dilazioni. Infine, se può pagare ma non lo fa, occorre individuare la migliore strategia per il
recupero, evitando i percorsi lunghi e dispendiosi e concentrandosi sul migliore obiettivo immediato, anche grazie a
transazioni che previlegino la soluzione dell'ormai inutile rapporto.
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«Subito una banca dati anti-sprechi
e basta trucchi con i redditi»
«Bene la riduzione delle province ma serve intervenire anche sulle Asl e sugli uffici
territoriali di governo»
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ROMA — Sul tavolo del governo, che questa settimana dovrebbe approvare il decreto sulla revisione della
spesa pubblica, c'è anche un rapporto del Cnel, che lo stesso esecutivo, attraverso il ministro Piero Giarda, ha
chiesto al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Un documento di 14 cartelle messo a punto
dall'economista Maria Teresa Salvemini, ex direttore generale della Cassa depositi e prestiti, che in 21 punti
contiene «Osservazioni e proposte» sulla spending review. Dal taglio dei dirigenti pubblici alla richiesta di
legare una parte della loro retribuzione alla capacità di ridurre la spesa. Dalla costituzione di un sistema unico
informatico di tutta la pubblica amministrazione, sul modello americano e inglese, alla centralizzazione degli
acquisti. Dalla riduzione del numero delle Asl alla revisione dell'Isee.
Pubblico impiego
Su alcune proposte il governo sta già lavorando. Per esempio, il documento del Cnel sostiene che il numero dei
dipendenti pubblici, circa 3 milioni e mezzo, non sia elevato, ma che si possono tagliare i dirigenti. I dati 2011
dell'Ocse, l'organizzazione dei 34 Paesi più industrializzati, dicono che rispetto a una media di statali del 15%
della forza lavoro, l'Italia è al 14,3%. Ma c'è una cattiva distribuzione del personale: «Lo spostamento di
funzioni dallo Stato centrale alle Regioni e agli enti locali avrebbe dovuto essere accompagnato da significative
redistribuzioni degli addetti». E si suggerisce quindi la «riduzione delle province, delle Asl e degli uffici
territoriali di governo». Inoltre si propone di intervenire sui costi della dirigenza, riallineando funzioni e livelli
retributivi: «L'intera operazione va graduata nel tempo, utilizzando la mobilità». Il risparmio possibile «dipende
dall'entità delle riduzioni, ovvero dal numero dei posti soppressi o riclassificati verso il basso». È noto che il
governo sta ragionando attorno a un taglio del 20% dei dirigenti, utilizzando anche la messa in mobilità all'80%
dello stipendio per due anni.
Pa e acquisti on line
Sempre in tema di pubblica amministrazione, il Cnel propone di guardare agli Stati Uniti e al Regno Unito che
«hanno sviluppato progetti che prevedono l'accessibilità on line dei servizi di tutte le amministrazioni centrali e
locali attraverso un unico ingresso». Si avrebbero notevoli risparmi su una serie di voci: logistica, hardware e
software, costi di gestione. Inoltre «la metodologia del cloud computing (e quindi la completa esternalizzazione
di hardware, software, servizi applicativi e banche dati a grandi centri specializzati) potrebbe consentire
cospicui risparmi». Molto importante anche il capito sugli acquisti di beni e servizi. Centrale, secondo il Cnel, è
il ruolo dell'e-procurement (piattaforme telematiche per gare e appalti di fornitura), una soluzione già adottata
nel Regno Unito, «che, tra l'altro, si avvale di tecnologie italiane» e che consente «la maggiore partecipazione
di potenziali fornitori e quindi maggiori possibilità di scelta da parte delle amministrazioni», contratti più
veloci, elevata trasparenza e controllo, meno contenzioso.
Sanità
Anche qui si propone l'uso dell'informatica, per costruire una banca dati antisprechi che consenta di comparare
il costo delle forniture, i giorni di degenza per una stessa patologia, le richieste di rimborso delle cliniche
private. Utile, secondo il Cnel, anche la riduzione del numero delle Asl e il conseguente taglio dei dirigenti.
Una «card sanitaria» personale potrebbe inoltre «evitare la replicazione di esami e test diagnostici» mentre la
ricetta on line sia per i farmaci che per la diagnostica consentirebbe ulteriori risparmi ed eviterebbe «abusi e
comportamenti anomali».
Isee
In materia di assistenza si propone invece la riforma dell'Isee, peraltro già prevista dal decreto salva Italia e che
il governo adotterà a prescindere dal prossimo decreto sulla spending review. L'Isee è l'Indicatore della
situazione economica equivalente, il cosiddetto riccometro che, ricostruendo la situazione reddituale e
patrimoniale, serve per fruire di una serie di prestazioni (asili nido, case popolari, assegni di maternità e
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familiari, riduzioni sui trasporti, tariffe agevolate per luce e gas, mense scolastiche, tasse universitarie). Il
documento del Cnel, dopo aver osservato che finora «l'assenza di controlli efficaci ha favorito la mancata
dichiarazione della componente patrimoniale», suggerisce che «con l'introduzione dell'anagrafe dei conti
correnti prevista dal decreto salva Italia sarebbe oggi possibile (previa soluzione di complessi problemi di tipo
informatico) mettere a punto un Isee funzionante» ed «estenderne il campo di applicazione, in collegamento a
un più generale riesame dei trasferimenti alle famiglie».
E proprio in attuazione dell'articolo 5 del salva Italia i ministeri del Lavoro e dell'Economia stanno preparando
un decreto ministeriale per «migliorare la capacità selettiva dell'indicatore, valorizzando in misura maggiore la
componente patrimoniale». Il nuovo Isee indicherà anche le agevolazioni e le prestazioni che non potranno più
essere riconosciute a chi supera le nuove soglie che verranno stabilite. Obiettivo impedire che l'assistenza vada
ai falsi poveri, fermando l'esplosione delle dichiarazioni Isee presentate, passate da poco più di 2 milioni nel
2002 ai 7,6 milioni del 2011. Per questo verranno potenziati i controlli attraverso l'incrocio delle banche dati.
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Patto di Bruxelles,
la prova dello spread
La riapertura dei mercati dopo l'accordo sui controlli e sul fondo salva Stati
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BRUXELLES – C'è grande attesa per la reazione oggi dei mercati finanziari alle decisioni anticrisi uscite dal
summit dei capi di Stato e di governo dell'Unione Europea. Avevano provocato rimbalzi positivi già a caldo,
dopo la conclusione di venerdì, nell'ultima seduta della settimana scorsa. Ma, secondo vari analisti, potrebbero
scaturire ancora comportamenti contrastati e attendisti degli investitori.
Pesano i termini generici degli accordi politici dei leader e i non pochi problemi prevedibili nella trasposizione
delle decisioni prese a Bruxelles in un testo concreto e dettagliato. Questo compito è stato affidato
all'Eurogruppo/Ecofin dei ministri finanziari, che si riunisce il 9 e 10 luglio prossimi nella capitale belga. Fino
ad allora non si avrà maggiore chiarezza nemmeno sull'estensione dell'uso del fondo salva Stati per
ricapitalizzare direttamente le banche spagnole e per acquistare titoli di Stato italiani in modo da tenere sotto
controllo il differenziale (spread) con i tassi bassissimi del Bund tedesco decennale. Il ministro delle Finanze
spagnolo, Luis de Guindos, ha esortato a procedere «rapidamente» nell'attuazione degli accordi del vertice se si
vuole stabilizzare l'euro al più presto. «Queste decisioni — ha dichiarato de Guindos — sono fondamentali, nel
breve termine, per abbassare gli spread» e lo sono anche «per mostrare che la politica di bilancio è più
coordinata e più compatibile con quella monetaria». L'incertezza potrebbe così continuare a caratterizzare
l'andamento dei mercati almeno fino all'inizio della settimana prossima. Soprattutto l'euro, che venerdì scorso
era risalito da 1,24 sul dollaro a oltre 1,26, potrebbe restare in altalena. Ma anche lo spread sui Btp, che aveva
chiuso a 421, sembra avviato a replicare i suoi saliscendi. Le decisioni del summit potrebbero favorire
principalmente una ripresa dei titoli bancari nelle Borse europee perché l'orientamento dei leader nel sostenere
questo settore è apparso abbastanza chiaro.
Le «misure urgenti» ottenute da Italia e Spagna, che consentono l'estensione dell'uso del fondo salva Stati nella
ricapitalizzazione diretta delle banche e negli acquisti di titoli di Stato sotto attacco della speculazione, sono
piaciute ai mercati e a Washington. I premier spagnolo e italiano, Mariano Rajoy e Mario Monti, le hanno
interpretate come segno del maggior impegno anticrisi dell'Europa. Ma la cancelliera tedesca Angela Merkel,
forte delle frasi generiche delle conclusioni del summit, ha ridimensionato l'effetto rassicurante per chi si
aspettava una Germania finalmente convinta a spendere per aiutare i Paesi più deboli. L'accordo di Bruxelles
«scongiura un disastro che la gente ha assolutamente sottovalutato. Monti è stato veramente un grande, ha fatto
un capolavoro che a livello internazionale non credo abbiamo mai avuto nessun altro capace di farlo», ha detto
ieri l'amministratore delegato della Fiat/Chrysler, Sergio Marchionne. A questo punto un passaggio
fondamentale appare l'incontro bilaterale Monti-Merkel del 4 luglio prossimo.
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Cimbri: Unipol va avanti su Fonsai
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«Non è un pm e sbaglia i conti, vedo un'inquietante serie di fatti»
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Dottor Cimbri, come nel 2005 quando cercaste di scalare la Bnl, la Procura di Milano vi taglia la strada a
un metro dal traguardo. Alzate bandiera bianca su Fonsai?
«Nemmeno per sogno. E poi, piano con i paragoni storici. Con la sentenza del 30 maggio i giudici di secondo
grado hanno restituito l'onore a Unipol e alla Banca d'Italia sulla questione Bnl. La situazione attuale è molto
diversa. In Fonsai interveniamo su invito di Mediobanca e Unicredit. Abbiamo l'accordo di tutti: Premafin,
Fonsai, Milano e banche creditrici. Non manca l'ok delle authority. Oggi non è la Procura a muoversi, ma il
custode giudiziale di un pacchetto del 20% i cui reali titolari si erano nascosti anni fa nei paradisi fiscali e
preferiscono perderlo piuttosto che rivelarsi».
L'avvocato Alessandro Della Chà non agisce senza l'autorizzazione dei magistrati.
«A firmare la richiesta di revoca dell'aumento di capitale di Premafin, primo passo per il salvataggio del
secondo gruppo assicurativo italiano, è il custode, non un pm né un giudice. Le responsabilità sono personali».
Responsabilità, parola grossa.
«C’è una sequenza che inquieta. Il 21 giugno viene nominato Della Chà. Le azioni delle due offshore erano
sotto sequestro già da 3 mesi nel quadro di un'inchiesta per aggiotaggio contro Salvatore Ligresti e altri. Il 25
giugno, Sator e Palladio ricevono dalla Vitale & Associati una fairness opinion che paragona la nostra
offerta a quella dei suoi committenti concludendo ovviamente che è migliore quella dei committenti. Il risultato
sarebbe la Premafin ligrestiana al 20% di Fonsai. Il 26 giugno, il custode chiede a Premafin di fermare tutto
perché ha letto sui giornali di una seconda offerta. Rinvia a dopo una relazione di merito. Il 28 giugno Sator e
Palladio presentano un'offerta a Fonsai uguale alla precedente e Paolo Ligresti, titolare del 10% di Premafin,
chiede con singolare tempismo la revoca del consiglio. Il 29 giugno l'avvocato Della Chà manda la relazione
di merito nella quale sposa l'opinione della Vitale &Associati, che allega, senza l'ombra di un dubbio e senza
mai aver interpellato né l'Unipol né i suoi consulenti».
Il custode di un pacchetto azionario, che si sospetta essere dei Ligresti, ancorché questi smentiscano,
opera in modo gradito ai Ligresti. Che morale ne trae?
«Non traggo morali. Se verrà meno l'esecuzione del contratto, Unipol procederà contro tutti i responsabili,
senza eccezioni».
Ma che cosa contestate al custode?
«La parzialità. Della Chà custodisce azioni Premafin, non Fonsai....»
Qualsiasi proposta che incida su Fonsai coinvolge anche Premafin, la cui unica attività è il 35% di questa
compagnia assicurativa.
«Certo. Ma i conti non tornano. Unipol e Premafin hanno modificato il contratto originario togliendo la
manleva e il recesso ai Ligresti, come vuole la Consob. Il recesso resta possibile per gli altri soci. Vitale
& Associati dice che sarà di 103 milioni per il 100%? Bene: 20 milioni andranno ai curatori fallimentari
di Sinergia e Imm.co, 20 al custode e 30 al mercato, zero ai Ligresti. Oggi Premafin e la sua controllata
Finadim hanno 400 milioni di debiti. Per seguire la linea di Sator e Palladio, Premafin avrebbe bisogno di altri
100 milioni. Il suo debito salirebbe così a 500 milioni. Per riequilibrare debito e recesso, Fonsai dovrebbe
capitalizzare 3 miliardi. Oggi vale 400 milioni, con l'aumento di capitale di 800 milioni, proposto da Sator e
Palladio, senza peraltro garanzie verificabili, arriverebbe a 1,2 miliardi. Tiri lei le conclusioni».
Le banche creditrici escuteranno il pegno costituito sulle azioni Fonsai se Premafin non si ricapitalizza
entro il 20 luglio. Ma secondo l'agenzia Reuters, la magistratura non avallerebbe la cosa se portasse poi
all'esecuzione del progetto Unipol senza esaminare le proposte Sator e Palladio.
«I procuratori e i giudici non affidano i loro pensieri alle agenzie di stampa senza assumersene la titolarità.
Reuters cita fonti anonime. Chi crede nello stato di diritto non può prenderla in considerazione».
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Le banche non dovrebbero essere neutrali tra Unipol e Sator-Palladio?
«Non è questione di neutralità. Le banche hanno il diritto-dovere di prestare il denaro dei depositanti ai
debitori più affidabili e trasparenti».
Ernst Young ha contestato i vostri conti, scrive online Linkiesta.
«È l'opinione di un consulente di Fonsai nel quadro di un negoziato. Unipol aveva l'opinione di Kpmg su
Fonsai. Noi abbiamo rispettato l'impegno alla riservatezza, altri no. Non credo che Ernst Young sia pronta a
sostenere quell'analisi in un giudizio quando Isvap e Consob hanno già controllato e autorizzato».
Oggi si riunisce il consiglio di Premafin per decidere sulla richiesta del custode. Che cosa si aspetta?
«Che dia corso all'operazione. Come dice Guido Rossi, l'assemblea era validamente costituita e la delibera ha
già prodotto effetti presso i terzi, a cominciare da Unipol».
Il custode può chiedere al Tribunale la convocazione giudiziale della nuova assemblea.
«Deciderà il giudice secondo, ascoltando tutte le parti. Senza ricapitalizzazione, verrebbe meno la continuità
aziendale di Premafin, le banche probabilmente si prenderebbero le sue azioni Fonsai e Unipol avrebbe diritto
a un adeguato risarcimento...».
Se si passa il 20 luglio, verrà meno l'esclusiva. E allora, oltre a Sator e Palladio, potrebbe apparire un
altro, più consistente soggetto.
«Da sempre tutti sono liberi di lanciare un'Opa su Fonsai e Milano e poi ricapitalizzarle; noi non reputiamo
economico un investimento di tal fatta, ma non siamo i depositari della verità. Osservo però che, tra nuova
assemblea e autorizzazioni, passerebbero altri sei mesi. Possono l'Isvap e l'Antitrust consentire un'ulteriore,
così prolungata prosecuzione di una turbativa della concorrenza qual è quella provocata da una Fonsai che
opera senza avere i requisiti di capitale?».
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L’intesa Ue alla prova dei mercati
Draghi è pronto a tagliare i tassi
La stampa tedesca gela la Merkel: “Sei ostaggio del Sud”
Esponenti della Cdu si alleano alla sinistra radicale: “Fermare i patti comunitari”
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MILANO - Si alza il sipario sui mercati del Vecchio continente, e dopo l´euforia dell´ultima seduta gli investitori
vanno a caccia di nuove certezze su cui costruire le basi per una ripresa. A Piazza Affari tanta vivacità non si
vedeva da mesi, ma ora che il listino ha festeggiato per lo scampato pericolo, la volatilità resta sovrana in
attesa di conferme dall´arena politica e segnali tangibili dall´economia reale. Molti titoli, a cominciare da quelli
finanziari, hanno sofferto più del dovuto per i timori legati al debito sovrano e all´effettiva tenuta dell´euro, ma
prima di consolidare i guadagni il mercato aspetterà di capire come Bruxelles darà seguito alle misure per
arginare il rischio del debito dei Paesi del Sud Europa. Qualche indicazione a riguardo potrebbe arrivare
anche dall´incontro bilaterale Merkel-Monti, che si terrà a Roma dopodomani. Gli analisti sembrano comunque
propensi a non illudersi sulla forza dell´euro, in attesa di un probabile taglio del tasso di interesse che la Banca
centrale europea dovrebbe comunicare giovedì. Le attese sono di un taglio di 25 punti base, che porterebbe i
tassi allo 0,75%. Resta un fatto che - se anche il presidente della Bce Mario Draghi tagliasse i tassi ai minimi negli Usa il costo ufficiale del denaro è dello 0,25% e in Inghilterra dello 0,50%.
La salvezza dell´euro potrebbe penalizzare la Merkel, che i giornali tedeschi raffigurano ammaccata e pesta di
ritorno da Bruxelles. I titoli dei quotidiani sono impietosi. Ieri si leggeva: "L´Europa si prende i nostri soldi",
oppure: "Germania impegnata per 190 miliardi". Per la Bild: "Alla fine di una settimana dura, la Merkel si è
ammorbidita", lo Spiegel tagliava corto sulla cancelliera "Ostaggio del Sud". Ma più ancora della stampa a
dare la percezione che il tramonto dell´era Merkel potrebbe essere vicino sono le critiche dalla stessa Unione
cristiano-democratica. Nomi di peso della Cdu si sono schierati accanto alla sinistra radicale della Linke nel
chiedere alla Corte costituzionale di Karlsruhe di fermare la legge che include nella legislazione tedesca il
Meccanismo di stabilità europeo frutto degli accordi di Bruxelles.
Peter Gauweiler della Cdu si è affiancato a socialdemocratici come l´ex ministro della Giustizia Herta DäublerGmelin o Peter Danckert per invocare lo stop alla manovra. Lo stesso hanno fatto gruppi come la "Lega dei
contribuenti" e i "Liberi elettori". A Berlino poi una fetta della Cdu, il Circolo dei deputati cristiano-democratici
federali e locali guidato dagli ultraconservatori Christean Wagner e Thomas Bareiss, progetta una vera
ribellione, con tanto di Carta fondamentale della corrente anti-Merkel. Resta qualche tiepido apprezzamento
sulle scelte economiche dal leader Spd, Sigmar Gabriel. Ma è solo una lode a metà: «Abbiamo bisogno di più
Schäuble e meno Merkel», ha detto Gabriel alla Welt am Sonntag, sottolineando che il difetto di nascita
dell´Unione monetaria è proprio la mancanza di un controllo centralizzato. Ormai Joachim Gauck, dopo
appena cento giorni alla presidenza della Repubblica federale, riscuote più fiducia di Frau Angela, stando
almeno al sondaggio pubblicato ieri dallo Spiegel.
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Il Premio Nobel Peter Diamond: il vertice di Bruxelles eviterà l’aggravarsi della recessione
“Euro in salvo anche senza Atene
e ora Obama vincerà le elezioni”
Bisogna creare una nuova categoria di titoli, soggetti alla tassa, ma dotati di alcuni privilegi
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ROMA - «Il vertice europeo non avrà raggiunto risultati esaltanti, ma ha conseguito quel minimo di obiettivi che
probabilmente eviterà l´aggravarsi e l´estendersi della recessione. E questo basta a Obama per sentirsi
confortato». Peter Diamond, collega e amico di Franco Modigliani all´Mit, Nobel nel 2010 al pari del professore
italiano che l´aveva vinto nel 1985, al suo fianco maestro di Mario Draghi e Ben Bernanke, è in Italia per la
summer school dell´Istituto Iseo. Dalla cittadina nel bresciano sede del prestigioso think-tank economico, ha
seguito il vertice di Bruxelles.
La stampa Usa è piena di elogi per Monti ma di scetticismo sull’efficacia delle misure. Quale voce
bisogna ascoltare?
«Qualche perplessità è comprensibile, ma lo scenario peggiore è stato evitato. Giustamente si è puntato sul
consolidamento del sistema bancario perché le banche sono la base dell´economia. Non ci sarà l´armageddon
europeo: solo in questo caso l´America sarebbe tornata in recessione e Obama avrebbe perso le elezioni. Ora
queste evenienze, entrambe sciagurate, saranno evitate».
Gli Stati Uniti non hanno anche problemi interni come il fiscal cliff di fine anno che potrebbe generare
uno scenario di tipo europeo?
«La prima preoccupazione è il debito pubblico, ma il fatto di disporre del dollaro come valuta di riferimento
globale, quello che non è riuscito all´euro, rende sopportabile la necessità di finanziamenti aggiuntivi senza
dover alzare i tassi né importare inflazione. Guardate all´accoglienza-zero che ebbe il downgrading di S&P.
Per quanto riguarda le tasse, è vero, a fine 2012 scadono le esenzioni fiscali per i ricchi che risalgono ai tempi
di Bush, aumenta una serie di altre aliquote, vengono ridotti i sussidi di disoccupazione. Tutto questo insieme
causerebbe un calo dei consumi e forse la recessione. Ma sono sicuro che si troverà il modo di alleggerire il
carico».
Malgrado ci si avvicini al famoso periodo del lame duck, il presidente impossibilitato ad agire perché
in scadenza?
«Macché: il momento in cui passano con più facilità le riforme, certo non grandiose ma settoriali, sono i mesi a
cavallo delle elezioni. Buona parte del Congresso scade e gli uffici di Washington sono pieni di deputati e
funzionari impegnati solo a trovarsi un nuovo lavoro. Non si preoccupano gran che di cosa votano e firmano:
così le lobby hanno gioco facile per ridurre le tasse».
A proposito di tasse, da varare congiuntamente fra i due lati dell´Atlantico è la Tobin Tax: perché tante
incertezze?
«Sarebbe sacrosanta. Si teme la fuga dei capitali, ma basta specificare che le nuove obbligazioni saranno
monetizzabili solo nei Paesi in cui si applica la tassa. Si può creare una nuova classe di titoli soggetti alla
tassa, ma in possesso di una serie di caratteristiche preferenziali. Progressivamente questo mercato di serie A
si rafforzerà e s´imporrà, sono sicuro che a quel punto l´Inghilterra si assocerà. Restano i paradisi fiscali,
messi ai margini perché esclusi da una serie di possibilità operative. Non ne sentiremo la mancanza: due
problemi risolti con un colpo».
Infine la Grecia: in America si guarda ormai a un euro a 16?
«L’eurozona dopo questo vertice può farcela benissimo senza Atene. L´euro è forte e saldo, l´effetto contagio
non ci sarà. Del resto la Grecia è virtualmente fallita e fuori dall’Unione, i pochi contratti devono essere pagati
in anticipo e redatti secondo il diritto di qualche altro Paese. Resta un dubbio, una provocazione ma noi
economisti la studiamo: il ritorno della dracma sarebbe una tragedia nazionale e l´ulteriore impoverimento
devastante, ma se dopo qualche anno la Grecia conoscesse una fase di sviluppo, che esempio sarebbe?
Meglio evitare che Atene esca».
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MPPIINNII
“Siete sempre il malato d’Europa”
Usa scettici sulla rinascita italiana
Washington Post: “Produttività, evasione e corruzione i mali storici”
“È un problema culturale: le parti peggiori dominano sulle aziende innovative”
Dalla nascita della moneta unica i tedeschi ci hanno sottratto quote nell´export globale
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new york - È l´Italia la grande malata dell´euro. Non basta un vertice europeo per curare il suo problema
numero uno: un prolungato crollo di competitività verso la Germania. L´allarme viene dal Washington Post, e
accentua lo scetticismo americano sugli esiti del summit di Bruxelles. Scudo anti-spread, aiuti alle banche
spagnole non possono sanare gli squilibri strutturali. Il più grave è il "male italiano". A questo tema il quotidiano
della capitale Usa dedica l´intera sezione economica con un titolo-shock: "It´s the culture, stupido". Rievoca il
celebre slogan della campagna elettorale di Bill Clinton contro George Bush padre, la frase "It´s the economy,
stupid" che invitava a concentrarsi sull´unico tema davvero decisivo.
In questo caso, il «modello culturale» italiano per il Washington Post è segnato dall´evasione fiscale record, la
mancanza di spirito civico, il nepotismo che esclude la meritocrazia. Un insieme di "disvalori" che a loro volto
sono alimentati dall´inefficienza dello Stato, la corruzione, il collasso della giustizia. Con quali conseguenze
sulla produttività complessiva del paese? «L´Italia soffre per una crisi di produttività endemica - scrive il
Washington Post - , il problema dura da così tanto tempo e ha effetti così profondi sull´economia, che mette in
pericolo l´intero tessuto della vita nazionale». Le inefficienze di sistema sono esemplificate da un paradosso:
gli italiani che hanno un posto, in media lavorano più di tutti i loro concorrenti: 1.744 ore all´anno contro le
1.705 degli americani, 1.480 in Francia, 1.411 in Germania. Ma la produttività reale di questo lavoro è
rovesciata. Campioni mondiali di produttività sono gli Stati Uniti con 60,9 dollari all´ora, seguono Germania e
Francia sopra quota 55, poi la Svezia a 52 e l´Inghilterra a 47,8. L´Italia è in fondo alla classifica, con 45 dollari
di Pil per ogni ora lavorata. «E da anni l´Italia continua a perdere terreno. Le zone improduttive della sua
economia si espandono, prevalgono sulle parti migliori». Questo spiega il dato più allarmante:
dall´introduzione della moneta unica ad oggi, abbiamo perso il 30% di produttività nei confronti della
Germania.
Visto dagli Stati Uniti, questo è il vero punto debole di tutta la costruzione europea. L´attenzione di recente si è
concentrata su altri aspetti: sfiducia dei mercati, aumento degli spread. Le soluzioni adottate venerdì a
Bruxelles hanno dato una risposta ad alcuni di quei problemi, con la promessa di interventi del fondo salvaStati per acquistare bond spagnoli o italiani e mettere un tetto allo spread; nonché con l´impegno a
ricapitalizzare direttamente le banche spagnole senza gravare sul debito pubblico di Madrid. Gli stessi
osservatori americani sono rimasti positivamente sorpresi dal "decisionismo" del summit e ne hanno attribuito
il merito in gran parte a Mario Monti. Ora però dagli Stati Uniti l´attenzione torna a concentrarsi sui
"fondamentali". I saldi finanziari sono solo la spia e la risultante finale di problemi strutturali più profondi come
l´inefficienza dello Stato. Se non si risolvono le cause, curare gli effetti e cioè i soli saldi finanziari non basta.
Per gli americani «la madre di tutti gli squilibri» è proprio il divario di competitività illustrato dal Washington
Post. Come possono convivere usando la stessa moneta, due nazioni tra le quali si scava un fosso così
profondo di produttività? Se l´Italia ha perso la possibilità di svalutare, la Germania continuerà a sottrarci quote
di mercati esteri, quindi la nostra industria e la nostra occupazione sono destinate a rattrappirsi ulteriormente.
Con un ulteriore effetto perverso: crescerà ancora il peso dei settori improduttivi, la palla al piede
dell´economia italiana. Gli Stati Uniti, avendo mercato unico e moneta unica da oltre due secoli, nonché un
solo mercato del lavoro e un sistema politico anch´esso unificato, conoscono le dure regole dell´integrazione.
Se la Louisiana non regge la crescita della produttività della California, non può svalutare un "dollaro della
Louisiana". Perciò l´aggiustamento avviene in due forme: o la manodopera emigra in massa verso la
California, oppure i salari crollano in Louisiana e la produttività sale, fino ad attirare investimenti che fanno
risalire la competitività e il Pil locale. Più spesso accade un mix di queste due cose. Naturalmente c´è l´unione
bancaria (una banca locale non teme un assalto agli sportelli: è assicurata da Washington) e c´è la solidarietà
fiscale che trasferisce un minimo di aiuti dal centro alle periferie povere. Nulla funzionerebbe però senza una
flessibilità interna che consente alla Louisiana di non essere eternamente una palla al piede della California.
Sono questi meccanismi che appaiono inesistenti in Europa, e rendono meno assurda la resistenza di Angela
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Merkel, quando gli americani si calano nei suoi panni. L´assenza di questi ingredienti di base, resta agli occhi
degli americani una debolezza che inficia la costruzione della moneta unica. Di qui lo scetticismo che si
mescola al giudizio positivo sul summit di venerdì. Lo scudo anti-spread può dare un sollievo al Tesoro
italiano, riducendo il costo del suo rifinanziamento. Ma se l´economia italiana non innesca un boom di
produttività, come può essere sostenibile la sua permanenza nell´euro? Il Washington Post avverte che
«l´Italia resta il numero due nella produzione industriale europea, grazie a migliaia di imprese efficienti e
innovative; alcune delle sue regioni non temono confronti con Germania e Francia», e tuttavia le aree di
eccellenza «sono troppo poche, su di esse gravano una cultura imprenditoriale arretrata e i costi delle
inefficienze di sistema». Per cui sta diventando insopportabile «il fardello di quelle regioni e settori che sono al
livello di Grecia e Portogallo».
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Spending review, il governo accelera
pronto un pacchetto da 9 miliardi
La protesta dei sindacati. Oggi Bondi incontra i ministri
L´obiettivo è evitare l´aumento dell´Iva a ottobre e nel 2013 dimezzarlo con un solo punto in più
Cicchitto (Pdl): "Siamo in attesa di saperne di più, i partiti dovranno essere informati"
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ROMA - Raggiunge l´ultima curva la spending review. Oggi Mr. Forbici, Enrico Bondi, l´uomo sul quale pesa il
compito di recuperare il maggior numero di risparmi nell´ambito della pubblica amministrazione, incontrerà i
ministri di spesa, da Balduzzi (Sanità), alla Cancellieri (Interni), a Patroni Griffi (Pubblico Impiego), a Giarda
(Programma e Rapporti con il Parlamento). Domani sarà la volta dei sindacati, della Confindustria e delle
Regioni. Il decreto potrebbe essere varato giovedì o venerdì, ma non è escluso che slitti alla prossima
settimana. I sindacati, con la Cisl, hanno già avanzato un aut aut sugli statali, i ministri di spesa resistono, sul
vertice con gli enti locali pesa l´ipoteca della sanità, nell´imminenza del rinnovo del Patto sulla salute. Ieri
intanto il segretario del Pd Bersani ha inviato un messaggio all´insegna della cautela: «Pronti a dare il nostro
contributo per evitare un ulteriore aumento dell´Iva cui ci hanno inchiodati Tremonti e Berlusconi, ma c´è modo
e modo per arrivare all´obiettivo e vogliamo discuterne». Anche sul fronte opposto, il capogruppo del Pdl,
Fabrizio Cicchitto, invita alla prudenza: «Siamo in attesa di saperne di più, è evidente che i partiti dovranno
essere informati prima della presentazione dei decreti».
L´obiettivo - come anticipato da Repubblica - è quello di recuperare risorse per evitare l´aumento dell´Iva negli
ultimi tre mesi dell´anno (circa 4,2 miliardi, come previsto fin dal varo dell´intera operazione della revisione
della spesa); per il 2013, invece, l´aumento resterà, ma dimezzato (un punto invece di due). Sul tavolo del
resto si affastellano anche altre urgenze: la questione degli esodati, le spese per il terremoto dell´Emilia, gli
interventi urgenti come il rifinanziamento delle missioni internazionali. Senza contare l´aggravamento della
recessione: un elemento che, stando allo stesso premier Monti, non dovrebbe dar luogo ad una manovra
aggiuntiva in quanto il rapporto deficit-Pil al netto della congiuntura ci consentirà comunque di raggiungere il
pareggio di bilancio nel 2013. A dare fiato alla fiducia il buon esito del vertice di Bruxelles e gli obiettivi centrati
del gettito Imu che ha dato circa 9 miliardi.
Sul fronte dei tagli il sentiero sembra tracciato, ma è proprio sui questo versante che potrebbero aprirsi dei
problemi. Mr. Forbici Bondi avrebbe fatto il suo lavoro e sarebbe in grado di portare sul tavolo un menù di tagli
per 9 miliardi: a quel punto la decisione sarebbe politica e spetterebbe alla collegialità dei ministri. Lo scambio
Iva-statali e Iva-sanità starebbe creando dei problemi anche perché le cifre e le misure sembrano lievitare di
giorno in giorno. Tant´è che si parla di spacchettare l´intervento in due tempi.
Sul versante della Sanità sarebbe il ministro Balduzzi a puntare i piedi: il suo pacchetto sarebbe attestato ad
un miliardo, ma la spending prevederebbe solo dai farmaci 1,5 miliardi e per beni e servizi 4,4 miliardi. Inoltre
alla Sanità sono disponibili a concedere alla centrale acquisti l´operatività su spese alberghiere e prodotti
generici, ma vorrebbero una supervisione tecnica sul Tac, medicinali e spese ad alto contenuto specialistico.
Anche sul fronte del pubblico impiego sale la tensione: il prezzo sarebbe 10 mila esuberi, prepensionamenti
(seppure con sospensione della Fornero), stretta sul turn over, taglio dei buoni pasto, dei distacchi. Regioni,
Province e Comuni per ora mandano segnali deboli, ma già parlano di «insoddisfazione», anche in relazione
al taglio del fondo sanitario di 1,8 miliardi che viene utilizzato come boccata d´ossigeno di ultima istanza per le
Regioni in deficit.
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una serena giornata
A
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domani 3 Luglio
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