Il concetto L` idea del nostro talkshow nasce da alcune letture sul

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Il concetto L` idea del nostro talkshow nasce da alcune letture sul
26,27,28
Il concetto
L’ idea del nostro talkshow nasce da alcune letture
sul tema delle prigioni e dei detenuti, nonche´sui
diversi metodi di detenzione. In particolare, è stata
fonte di fortissima ispirazione il numero 50 della
rivista COLORS, intitolato appunto PRISONS.
dopo un attenta lettura ci siamo accorti che in
realtà, a differenza di ciò che noi immaginiamo, le
condizioni di detenzione e i problemi legati alla
vita nelle prigioni, sono vari e diversi a seconda
della regione in cui ci si trova.
Bryan, 47, alchool
and drug rehabilitation unit Rolleston
Prison
NEW ZELAND
Ramon,leader
of the FARC, the
largest left-wing
rebel group, in the
north wing of la
Modelo
COLOMBIA
Milton,
ragazza
ugandese
nell´ala
femminile
del carcere
di Arua
UGANDA
Victor,32,
and Claro,
26.
The national Penitentiary of
Valledupar
is considered the
most secure
prison in
Colombia
COLOMBIA
Annet ,23,
in prison
for child
neglet
UGANDA
Jose, leader
of the AUC,
a right-wing
paramilitary
group in the
south wing of
La Modelo
COLOMBIA
Maria is an
inmate at
Parana and
as been in
and out of
jail since she
was 13, now
she is 39
BRAZIL
Michael,
sentenced
on drugs
charges,La
Modelo Bogota´
Mario, 38,
membro della
mala del
Brenta.
ITALIA
Cyhintia,12,
whit Roco,
is visiting
her father.
MEXICO
COLOMBIA
Kamel,42
from Algeria
serving a
sentence for
three years
ITALIA
Popeye, 40, was
head of security
for the late drug
baron, Pablo
Escobar.
Ciò significa per esempio che mentre in California vengono comminate pene più severe
per reati “ minori” e pene più leggere per
reati “gravi” ( e’una legge per cui chi commette tre reati di seguito nel corso di tre anni
e’ soggetto ad una sanzione piu’ grave rispetto a chi per esempio commette un omicidio
isolato, non reiterato ), in Spagna i detenuti
vivono in celle senza sbarre in quasi completa
libertà nel pieno rispetto delle guardie le
quali, adirittura, non portano armi. Allo stesso
tempo nel carcere La Modelo di Bogotà i
nuovi detenuti possono trovare posto solo nei
condotti d´aria. Inoltre devono pagare una
somma di denaro ai detenuti più vecchi per
potersi garantire di non essere sgozzati nella
notte. E via dicendo.
Per concludere:
ci siamo accorti che lo stereotipo di prigioniero
con la tuta a strisce azzurre, non coincide con la
realtà dei fatti.
Lo scenario reale che si prospetta è quindi quello
di una realtà capovolta, una verità nascosta e
sofisticata dai troppi film americani e sostenuta
da una fortissima iconografia. A mio parere questo mondo deve essere analizzato per quello che
è visto che rappresenta e simboleggia, in questo
sistema, l´altra parte, il posto in cui si finisce se
non si rispettano le regole, la ragion d’ essere del
sistema stesso che esiste soltanto nella misura in
cui esiste un efficace apparato “giudiziario- punitivo”.
Lo scopo del mio talkshow è quindi quello di
intervistare un detenuto o un ex- detenuto,
mostrando al pubblico la realtà nuda, svestita
e de-sofisticata. Porre davanti all´ascoltatore
solamente la storia per come è non edulcorata o
filtrata ne tantomeno falsificata.
Un reality-talkshow
Intendo creare un “reality-talkshow”. Normalmente in un reality lo scenario in cui si svolge
il programma dà la connotazione di realta’ (
questo succede a scapito del contenuto ), nel
mio caso è il contenuto che è reale mentre lo
scenario non influenza minimamente il telespettatore se non nella misura in cui serve ad
amplificare il concetto che sottende il programma stesso. Con questo intendo dire che
non ho pensato ad uno scenario che funge da
“ambiente” alla storia del detenuto, un classico setting, ma ad uno scenario che sostiene
e visualizza il concetto del programma che in
poche parole puo’ essere cosi riassunto:
mostrare e raccontare la realtà delle diverse
prigioni e la vita all´interno di esse solo ed
esclusivamente attraverso la voce narrante dei
detenuti i quali, spogliati di ogni contorno retorico e simbolico, rimangono soli con la loro
storia davanti ai telespettatori.
La prima realizzazione
La mia prima realizzazione del talkshow fino ad ora
descritto aveva come setting un fondale nero con due
sedie bianche nel mezzo della scena.
L’idea era che i due abitanti dello schermo restassero
isolati ideologicamente ma anche fisicamente, per
quanto possibile, dall’ ambiente in cui stavano.
Secondo me il nero dava la giusta sensazione,
era il giusto fattore cromatico che mi permetteva la lobotomia tra il classico talkshow e
quello che volevo realizzare, anche se ora non
ne sono tanto sicuro. Per esempio ritengo
che il nero aggiunga comunque una carica di
drammaticità che in prima analisi non volevo.
Il nero come sfondo potrebbe adirittura
stravolgere l’ idea base del mio programma,
collocare i due personaggi invece che dislocarli. Dare loro un habitat, e magari creare un
ulteriore stereotipo.
E´chiaramente un cane che si morde la coda. Il
fatto stesso di discutere su dove e come collocare i due personaggi denota la mia difficoltà
nel trattare veramente in maniera neutrale e
senza retorica questo argomento.
Sono comunque convinto che rendermi conto
di questa mia difficoltà, che comunque ritengo
fisiologica, sia un punto a mio favore. Un ottimo esercizio per la mia crescita artistica.
Un‘ ipotetica scaletta
Avevo anche pensato ad una ipotetica scaletta che
ora vi descriverò.
Inanzitutto il tema. Ogni puntata, della durata di
circa 20 minuti, ha come tema una prigione diversa. Cio´significa che nell arco di tutte le puntate
si passa dai carceri californiani come San Quentin
o Folsom a quelli colombiani, come la Modelo di
Bogotà.
Lo scopo è di dare una vasta visione della vita nelle
carceri a distanza di migliaia di chilometri l’ una
dall’ altra.
All’ inizio il moderatore entra e intoduce il tema
della puntata facendo vedere un breve documentario. Dopodichè entra il detenuto , o ex detenuto ,
proveniente da quel carcere, si presenta e comincia a raccontare la sua storia.
Le domande da parte del moderatore non sono
mirate bensì ad ampio respiro.
Il motivo è semplice, ritengo che il moderatore e
gli autori, come tutti noi, non abbiano la capacità
di scrivere domande prive di retorica o di retaggi
culturali; le sofisticherebbero troppo falsando il
risultato che voglio raggiungere.
Alla fine, negli ultimi 5 minuti, telefonate dal pubblico.
La realizzazione finale
Il secondo passo e´stato fatto in due. Io e Beatrice abbiamo proseguito nella
realizzazione del programma cercando di chiarire alcuni dettagli. Abbiamo
cercato di capire come e dove poteva essere realizzato.
La scelta è caduta su due tipi di scenari, entrambi racchiudevano in essi alcune caratteristiche del concetto e le amplificavano; entrambi ci offrivano le
caratteristiche essenziali per la riuscita del programma.
Un’ analisi microscopica
Vi descrivo in ordine cronologico le due location e le loro
caratteristiche.
La prima location è situata nei sotterranei dell’ edificio
universitario. La sensazione che abbiamo avuto fin dall’
inizio è stata quella di un posto ricco di connotazioni, i tubi
e le strutture di alluminio che percorrono quello spazio
in lungo e in largo, mettono a nudo la grande operosità
dei piani superiori. Con la loro funzione di rifornimento di
materie importanti come l´acqua, o l´elettricità, le tubature
sembrano organi appartenenti ad un apparato linfatico. Si
distinguevano organuli piu´grossi, atti al coordinamento ed
alla gestione dei flussi , e strutture vascolari che trasportavano il nutrimento.
Inoltre il piano sotterraneo è un ambiente asettico. La
presenza di sensori e di telecamere per la sicurezza lo rendono un vero e proprio organismo biologico, in funzione dei
diversi apparati che lo costituiscono.
Resici conto di questa caratteristica quasi biologica, abbiamo
pensato che per poter analizzare in maniera puntuale gli
eventi che si sarebbero succeduti all´interno , sarebbe stato
necessario un metodo scientifico. Quindi, avremo avuto bisogno di strumenti specifici, attrezzature che normalmente
si possono trovare in un laboratorio di Microbiologia o di
Chimica. Come il microscopio.
Difatti, attraverso la metafora del microscopio abbiamo costruito la nostra location.
Scaletta
In questa prima visone dall’ alto ho voluto far vedere i movimenti sulla scena del moderatore e del detenuto nel corso dei 20 min. Durante questo tempo, strutturato esattamente
come la prima scaletta che proposi per la prima versione del mio programma, il moderatore
ed il detenuto inanzitutto entrano insieme dagli ascensori ( 1 ) dopodichè si siedono su due
sgabelli bianchi a forma di cubo. Come già detto , la scaletta rimane invariata, per cui, dopo
l´introduzione si passa al racconto del detenuto ed infine alle telefonate. Alla fine si alzano
e durante la sigla, camminando, raggiungono gli altri due ascensori ( 2 ) ed escono di scena.
In questa pianta vi mostro invece un abbozzo della dispozione delle camere e delle luci.
Ciò che più conta in questa visione, l’ elemento chiave, è il movimento della camera 1. All’
inizio, dopo che i due personaggi sono entrati in scena questa fa uno zoom molto profondo
su di loro, dalla poszione in cui è, andando a simulare il comportamento del microscopio che
partendo dal macro arriva al micro.
Il modello
Ritorno alle origini
La seconda location è una parte del corridoio della nostra università. Ciò che ci colpiva in questo caso era la possibilità di realizzare la nostra prima idea. Il posto era spazioso e ci permettava di
costruire il setting.
L’ idea era quella di sfruttare il buio, il nero dello sfondo come
divisorio. Un gap metafisico che trasportava i due abitanti dell
scena in un non-luogo dove il racconto del detenuto rimaneva per
quello che era, senza aggiunte, probabilmente.
La scaletta rimane invariata rispetto alla bozza iniziale.
Il setting rimane invariato. L’ unico appunto riguarda il sistema
tramite cui costruiamo la parete nera dietro i due cubi-sedia. Sono
6 o 7 assi da 3 metri, completamente nere sostenuta da un’ impalcatura.
Il modello