Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti

Transcript

Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori*
di Giuseppe Trapani
Notaio in Zagarolo
I fenomeni in gioco
L’art. 17 della legge n. 765 del 1967 che ha inserito l’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 19421
introduce per la prima volta il concetto di standards edilizi, diretti all’individuazione degli indici
inderogabili di densità edilizia, quale espressione del rapporto tra la superficie interessata dall’intervento edificatorio e il volume del fabbricato realizzando.
Siffatti limiti sono determinati, di volta in volta, con riguardo a ben precisi criteri, quali in via esemplificativa la superficie edificabile in proprietà, le distanze tra i costruendi edifici, le aree destinate
alle opere di urbanizzazione, alle attività collettive, pubbliche o private, a parcheggi, ed a verde
pubblico.
L’interesse tutelato da una siffatta previsione normativa è di rango costituzionale: si tratta del più
razionale sfruttamento degli spazi fabbricabili, nel rispetto delle regole di programmazione territoriale, devolute alla mano pubblica, a salvaguardia della salute della collettività (art. 32 Cost.) per
la promozione delle attività economiche (artt. 41 e 44 Cost.), in funzione di assicurare la più
adeguata funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.).
Nella prassi negoziale sono diffuse da ormai molto tempo accanto a forme sempre più evolute di
accordi rivolti alla urbanizzazione delle aree di espansione o riqualificazione urbana, alcune forme
* La relazione tiene in conto le modifiche apportate
dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106,
rubricata: “Semestre europeo - Prime disposizioni
urgenti per l’economia” pubblicata sulla Gazzetta
ufficiale n. 160 del 12 luglio 2011 ed è l’aggiornata
rielaborazione del mio contributo «Dalla cessione di
cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura:
evoluzione o mutazione del diritto» in Studi e Materiali,
2011, n. 2 p. 339-438.
1
Tale disposizione recita nel testo come ulteriormente modificato a seguito del testo unico dell’edilizia «1.Nei comuni dotati di piano regolatore
generale o di programma di fabbricazione, nelle zone
in cui siano consentite costruzioni per volumi
superiori a tre metri cubi per metro quadrato di area
edificabile ovvero siano consentite altezze superiori a
metri 25 non possono essere realizzati edifici con
volumi ed altezze superiori a detti limiti se non previa
approvazione di apposito piano particolareggiato o
lottizzazione convenzionata estesi all’intera zona e
contenenti disposizione planovolumetrica degli
edifici previsti nella zona stessa. 2. In tutti i comuni, ai
fini della formazione di strumenti urbanistici o della
revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati
limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di
distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra
spazi destinati agli insediamenti residenziali e
produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, a verde pubblico o a parcheggi. 3. I limiti e i
rapporti previsti dal precedente comma sono definiti
per zone territoriali omogenee, con decreto del
Ministro per i lavori pubblici di concerto con quello
per l’interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori
pubblici. In sede di prima applicazione della presente
legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi
dall’entrata in vigore della medesima».
G. Trapani
75
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
di «micropianificazione ad iniziativa privata»2 consistenti in accordi tra privati, qualificati talora
cessioni di volumetria o di cubatura3, con i quali il proprietario di un’area cede la potenzialità edificatoria della stessa o parte di essa ad un soggetto cessionario che incrementando la capacità di
espansione fabbricabile del proprio terreno, possa ottenere dal comune un permesso di costruire
(definito “maggiorato”) idoneo alla edificazione di un manufatto avente un volume maggiore di
quello che in origine avrebbe potuto esser realizzato4.
2 L’espressione di A. GAMBARO, La proprietà edilizia, in
Tratt. dir. civ. diretto da P. Rescigno, VII, Torino 1982, p.
527, è poi ripetuta dall’Autore in Il diritto di proprietà, in
Tratt. dir. civ. e comm. a cura di A. Cicu e F. Messineo
Milano 1995, p. 309.
76
3 Sulla cessione di cubatura tra i tanti si ricordano i
contributi di A. CANDIAN, Trasferimento di cubatura, in
Dig. disc. priv., sez. priv. (aggiornamento), Torino, 2000,
p. 735; A. CECCHERINI, «Funzione ed efficacia della
cessione di cubatura», in Giust. civ., 1990, II, p. 103; ID.,
«Asservimento di area edificabile e cessione di
cubatura», in Nuova giur. civ. comm., 2009, p. 557; S.
CERVELLI, I diritti reali, Milano, 2001, p. 65-67; N.A.
CIMMINO, «La cessione di cubatura nel diritto civile»,
in Riv. not., 2003, p. 1113; R. CONTI, La proprietà e i diritti
reali minori, Milano, 2009, p. 413; C. FRANCO, «Appunti
sulla c.d. cessione di cubatura», in Vita not., 1997 p.
CXC; A. GAMBARO, La proprietà edilizia, cit., p. 527, ID., Il
diritto di proprietà, cit. p. 309; F. GAZZONI, La trascrizione
immobiliare, tomo I, artt. 2643-2644, in Il codice civile
comm. diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991, p. 655 e
ss.; F. GERBO I diritti immobiliari di godimento su cosa
altrui, Milano, 2001, p. 246; ID., «La cessione di volumetria», in Il Notaro, 1998, p. 105; N. GRASSANO, «La
cessione di cubatura nel processo conformativo della
proprietà edilizia privata», in Riv. not., 1992, p. 1070 (ed
in Giur. it., 1990, I, c. 383); A. IANNELLI, «La cessione di
cubatura e i così detti atti di asservimento», in Giur.
mer., 1977, IV p. 740; M. LANGELLA, «Brevi cenni in
tema di cessione di cubatura», in Vita not., 2007, p. 428;
M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», in Studi e
materiali, VI, t. 2, 1998-2000, p. 669; ID., voce
Trasferimento di volumetria, del Dizionario enciclopedico
del Notariato, Roma, 2002, vol. V, p. 710; M. LIBERTINI,
«Sui trasferimenti di cubatura», in Contr. e impr., 1991,
p. 73; ID., Sui trasferimenti di cubatura, in I contratti del
commercio, dell’industria e del mercato finanziario diretto
da F. Galgano, tomo 3, Torino, 1995, p. 2253; M. MARÈ,
«Natura e funzione dell’atto d’obbligo nell’ambito del
procedimento di imposizione di vincoli di destinazione urbanistica», in Riv. not., 1990, p. 1347; M.A.
MAZZOLA, Le servitù, in Proprietà e diritti reali a cura di
G. Cassano, Padova, 2007, tomo II, p. 1815; F. PATTI - F.
RUSSO, «La cessione di cubatura tra diritto privato e
diritto pubblico», in Vita not., 2001, p. 1675; S. SCAR-
LATELLI, «La c.d. cessione di cubatura, problemi e
prospettive», in Giust. civ., 1995, II, p. 287; R. TRIOLA,
«La “cessione di cubatura”: Natura giuridica e regime
fiscale», in Riv. not., 1974, p. 115; P.L. TROJANI, «Tipicità
e numerus clausus dei diritti reali e cessione di
cubatura. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale», in
Vita not., 1990, p. 285; G. VIOTTI, «Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti
degli enti pubblici», in Vita not., 2001, p. 148, nota a
Corte App. Ancona 19 giugno 1999. Per le monografie
si rinvia a G. CECCHERINI, Il c.d. trasferimento di
cubatura, Milano, 1985; A. CANDIAN, Il contratto di
trasferimento di volumetria, Milano, 1994; S.G.
SELVAROLO, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli,
1989; C.T. SILLANI, I limiti verticali della proprietà
fondiaria, Milano, 1994, p. 575. Per comodità di lettura
si segnala che in tutti i richiami alle opere precedenti
all’entrata in vigore del testo unico dell’edilizia i
richiami al permesso di costruire si intendono fatti
dal rispettivo Autore alla licenza edilizia o alla
concessione edilizia (salvo espresso riferimento in
contrario). Deve poi essere richiamato l’originale ed
interessante contributo di A. FUSARO, La determinazione convenzionale circa l’uso dei beni immobili nel
diritto inglese e nel diritto italiano, Genova, 2002, ricevuto
per la consueta cortesia dell’Autore.
Sia consentito un riferimento ai miei contributi,
«Dalla cessione di cubatura…», cit. p. 339-438, alla
relazione «Dalla cessione di cubatura al credito di
cubatura: evoluzione o mutazione del diritto», in
Attualità e problematiche in materia di contratti e diritti
reali - Atti del Convegno di Savelletri di Fasano
(Brindisi 18-19 giugno 2010), ed. Viverein, 2011, p.
143-150, ed al breve studio «Cessione di cubatura e
legge regionale dell’Emilia Romagna. Fattispecie
particolare», in Studi e materiali, 2011, 2, p. 602.
4 F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, cit., p. 655
ricorda che “talvolta” la cessione di cubatura trae
origine dalla espressa previsione nei piani regolatori
(per tutti quello della città di Torino, approvato con
D.P.R. 6 ottobre 1959, art. 6); M. LEO, «Il trasferimento
di cubatura», cit., p. 669 e ss. ritiene invece che «il
trasferimento di cubatura è un’operazione giuridica
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
In tal modo, la volumetria fruibile complessivamente in base agli indici di densità edilizia viene
concentrata su una o più aree.
Non viene mutato, insomma, l’indice di densità complessivo della zona o del comparto, non
essendovi alcun intervento premiale della condotta del privato istante da parte
dell’Amministrazione comunale5: qualora quest’ultima accolga la regolazione privata approntata
dalle parti dello sviluppo edificatorio delle aree di loro spettanza, all’inedificabilità totale o parziale
del fondo del cedente, corrisponderà un eguale incremento della volumetria utilizzabile nel fondo
di cui è proprietario il cessionario6. L’indice edilizio è, infatti, stabilito per zone e non per singole
aree: l’interesse pubblico è soddisfatto perfettamente anche se le costruzioni vengono realizzate su
una sola area, restando le residue aree inedificate ed inedificabili.
Non deve mutare, insomma, nella realizzazione dei manufatti urbanisticamente rilevanti, la distribuzione totale del carico urbanistico sul territorio (c.d. “cubatura media”), indipendentemente
dalla ripartizione e distribuzione reciproca da parte dei privati: «l’eccedenza di volumetria che si
realizza in virtù del negozio in questione, trova compensazione nella correlativa minore edificazione dell’area asservita; cosicchè, l’alterazione del rapporto di densità edilizia è da reputarsi,
avuto riguardo alla considerazione complessiva della zona interessata, inesistente»7.
In concreto, all’obiettivo di ancorare al parametro della superficie edificabile a disposizione dei
singoli proprietari la capacità edificatoria corrisponde il concetto di «superficie minima edificabile»8.
Le regole che presiedono il governo del territorio hanno subito nell’ultima decade del 1900 radicali
innovazioni.
77
ed economica in grado di esprimere una indubbia
utilità sociale e non solo nell’ipotesi in cui il Prg lo
preveda espressamente». Secondo F. PATTI - F. RUSSO,
op. cit., p. 1689 e ss. sono possibili quattro diverse
ipotesi in ordine all’atteggiamento del comune in
relazione alla cessione di volumetria; in particolare il
comune potrà: a) prevedere, ammettere e regolare
espressamente la fattispecie della cessione di volumetria; b) negare espressamente l’ammissibilità del
trasferimento di volumetria; c) prevedere la cessione
di cubatura in particolari casi soltanto e previa
espressa autorizzazione; d) non prevedere nulla in
relazione alla fattispecie de qua. In tale ultima ipotesi,
che ad avviso degli Autori, è la più ricorrente, è del
tutto legittimo lo strumento della cessione di
cubatura allo scopo di trasferire la volumetria da
«un’area contigua a quella direttamente interessata
dalla costruzione (Cons. Stato, sez. V, 8 settembre
1983, n. 366, citato dagli Autori stessi senza altri riferimenti)». Il permesso di costruire sarà allora
rapportato alla volumetria disponibile pari a quella
sviluppata dall’immobile sul quale sorgerà il
manufatto e quella acquisita a seguito di cessioni di
cubatura. Nello stesso senso, A. GAMBARO, Il diritto di
proprietà, cit., p. 312, il quale ricorda che le cessioni di
volumetria prescindono da una previsione di piano
espressa, atteso che essi svolgono una funzione utile
maggiormente proprio nelle zone non disciplinate da
alcuno strumento urbanistico. Si segnala di recente
AA.VV., Della trascrizione, in Comm. cod. civ. a cura di P.
Cendon, Milano, 2009 che dedica un intero capitolo
alla questione della cessione di cubatura.
5 A differenza di quanto accade nella disciplina dei
crediti di cubatura, nei quali, invece, è proprio la
condotta collaborativa a generare un premio consistente esattamente nell’incremento dell’indice di
cubatura dell’area appartenente al soggetto stesso.
6
N.A. CIMMINO, op. cit., p. 1113, il quale afferma che
per inedificabilità, totale o parziale, a seguito della
cessione di volumetria, «si intende non solo l’impossibilità a costruire sull’area, ma anche l’impossibilità
che l’area stessa venga nuovamente presa in considerazione ai fini del calcolo della volumetria per il
rilascio di una nuova concessione edilizia».
7 L’espressione è di N. GRASSANO, op. cit., p. 1070.
8 M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», cit., p. 669 e ss.
il quale afferma che «l’attività sulle aree è consentita
solo se a disposizione del costruttore vi sia un’area con
la superficie minima idonea a contenere una determinata volumetria».
G. Trapani
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
La disciplina urbanistica che affonda le proprie radici nelle norme del 19429, improntata ad un
rigido zoning, eredità dell’urbanistica razionalista, al pari del sistema degli standards, retto piuttosto
da una logica rigidamente parametrica (metro cubo su metro quadrato) e dei vincoli preespropriativi diretti alla separazione delle aree sulle quali realizzare le opere pubbliche, è offuscata oggi
dalla ricerca di soluzioni tecniche rivolte a favorire la compresenza di funzioni10 (mixité)11 che
meglio permettano la realizzazione dei bisogni e degli interessi pubblici e della collettività che lì
vive ed opera.
È stato segnalato che proprio la progressiva consapevolezza che “il parametro suolo” è una risorsa
limitata e “non rinnovabile”, ha imposto «il passaggio da pianificazioni incrementali, fondate sulla
diffusione urbana (sprawl), a piani connotati da una impostazione fortemente contenitiva, nella
quale ogni ulteriore consumo di suolo agro-naturale deve trovare una rigorosa giustificazione»12.
9 Il riferimento è naturalmente alla legge urbanistica
del 17 agosto 1942, n. 1150. In particolare sull’evoluzione dello zoning, M. MIGLIORANZA «Le funzioni
delle zone e degli edifici: individuazione e conseguenze», in Riv. giur. ed., 2005, p. 245.
10
78
Sulla questione, E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», relazione pubblicata in Atti del
Convegno organizzato dalla società Paradigma tenuto
nel mese di marzo 2009 in Milano e nel mese di aprile
2009 in Roma. Inoltre, A. BARTOLINI, «I diritti edificatori in funzione premiale (le c.d. premialità
edilizie)» (pubblicato anche in Giust. amm. 2008, n. 4,
p. 163); E. MICELLI, «La perequazione urbanistica in
alcune esperienze di piani e progetti» (slide); A.
QUAGLIA, «Gli strumenti di concertazione pubblicoprivato nelle politiche di rinnovamento urbano»; G.
RIZZI, «I crediti edilizi: l’esperienza della legge
Regione Veneto n. 11 del 2004»; P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi
regionali», relazioni pubblicate tutte negli atti del
Convegno organizzato dalla società Paradigma nel
mese di febbraio 2009 in Milano. I riferimenti ai
contributi appena citati si intendono fatti alle pagine
del rispettivo dattiloscritto pubblicato, ad eccezione
del saggio di A. Bartolini, per il quale varranno i
richiami al testo pubblicato in Giustizia
Amministrativa. Sulla questione dei crediti di volumetria diffusamente altresì, A. BARTOLINI, «Profili
giuridici del c.d. credito di volumetria», in Riv. giur. urb.,
2007, p. 302; P. MARZARO GAMBA, «Credito edilizio
compensazione e potere di pianificazione. Il caso
della legge urbanistica veneta», in Riv. giur. urb., 2005, p.
644; P. URBANI, «Conformazione della proprietà
diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei
suoli», in Urb. e app., 2006, p. 905. Sul tema della perequazione, E. BOSCOLO, «Una conferma urbanistica (e
qualche novità legislativa) in tema di perequazione
urbanistica», in Riv. giur. ed., 2003, 3, p. 823; S. DE
PAOLIS, «Pianificazione di dettaglio e perequazione»,
in Riv. giur. ed., 2008, p. 527; P. STELLA RICHTER, «La
perequazione urbanistica», in Riv. giur. ed., 2005, p. 169;
P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma
nazionale e leggi regionali», in www.pausania.it/files
/perequazione.
Si rinvia per un inquadramento generale delle fattispecie in esame a N. ASSINI, Pianificazione urbanistica e
governo del territorio, Padova, 2000, p. 148 e ss.; N.
CENTOFANTI, Diritto urbanistico, Padova, 2008; E.
MICELLI, Perequazione urbanistica, Marsilio, 2004; P.
URBANI, Urbanistica consensuale, Bollati Boringhieri,
2000; AA.VV., Urbanistica e perequazione a cura di S.
Carbonara e C.M. Torre, Franco Angeli 2008.
In tema di lettura della fattispecie dal punto di vista
fiscale A. PISCHETOLA, «Utilizzo di volumetria perequativa e ipotesi di applicabilità delle agevolazioni ex
legge n. 10 del 1977», in Studi e materiali, 2006, 1, p. 556.
11 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 1.
12 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 6, il quale sottolinea anche un problema di
formazione del consenso intorno ai modelli della
perequazione e della compensazione, dal momento
che oggi spesso le uniche possibilità di intervento
sono rappresentate dalla «ricucitura di circoscritte
aree interstiziali» e che anche in un piano che preveda
il mantenimento delle capacità insediative anteriori
(i c.d. residui di piano), i proprietari delle aree
attualmente edificabili chiamati a condividere le
possibilità edificatorie vivono tale situazione quale
«un’autentica privazione»; rispetto, infatti, ad un
piano tradizionale in cui il saldo volumetrico non
subisce variazioni mutano «gli esiti individuali». Deve
essere segnalato che la tecnica dello zoning segnava
inevitabilmente anche le sorti dei proprietari sulla
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Si assiste, insomma, ad una frammentazione nella quale ciascuna amministrazione individua ex ante
«i valori ai quali conformare l’azione pianificatoria, gli obiettivi da assumere nella fase di impostazione (framing) del piano e da ultimo gli strumenti e le tecniche più efficienti al raggiungimento
dei risultati prefissi»13.
In tale ottica, il ricorso alle metodiche della perequazione, della compensazione e della incentivazione rappresenta senz’altro espressione delle nuove tendenze.
L’analisi di siffatti orientamenti urbanistici risulta in realtà difficile e complessa atteso il fatto che le
sperimentazioni tecniche sono temporalmente anteriori ed addirittura anche indipendenti dalla
regolamentazione delle medesime fattispecie da parte delle norme di fonte regionale, in assenza
anche di un organico quadro dispositivo nazionale14.
Storicamente, la soluzione perequativa, adottata in un primo tempo solo da alcune
Amministrazioni comunali, trova un primo riscontro favorevole nel vaglio della giurisprudenza
amministrativa15, che si è espressa, in particolare, in tal senso in occasione dei ricorsi proposti
contro il piano regolatore di Reggio Emilia; in siffatta pronuncia, che affronta specificamente la
questione della legittimità delle previsioni urbanistiche, è affermata, a chiare lettere, l’indipendenza dello strumento perequativo rispetto alla necessità (presunta) di una modificazione della
vigente legislazione sia essa di rango nazionale o regionale.
La perequazione consentirebbe, inoltre, secondo una tale impostazione, di far beneficiare del
vantaggio dell’edificabilità la proprietà garantendo, nel contempo, l’elevazione della qualità
urbana: la chiave di lettura della perequazione è, insomma, concentrata proprio «in questa inscindibilità tra vantaggi della trasformazione ed oneri infrastrutturativi»16 o in altre parole tra l’utilità
pubblica e l’utilità immediata dei cittadini uti singuli.
Il progressivo abbandono della zonizzazione importa, poi, che quest’ultima divenga espressione
esclusiva di una mera componente progettuale: le tavole di zoning non coincidono più con il piano
e sono organizzate più spesso per tessuti organici e sempre meno per zone omogenee17. Si realizza,
in tal modo, il singolare risultato di un doppio livello di pianificazione, che ha l’effetto di svincolare
e, per così dire, liberare la cubatura sviluppata dai singoli lotti: il primo livello, diretto a disciplinare
le previsioni insediative ed infrastrutturali; il secondo livello, funzionale alla allocazione delle
dotazioni volumetriche ed al riparto dei costi infrastrutturali su un’ampia base di titolari del diritto
di proprietà.
base delle linee disegnate dal pennarello del pianificatore (p. 9). La perequazione costituisce insomma il
rimedio alle «esternalità negative dello zoning» (p. 10).
Questione questa delicatissima, ma già segnalata in
un risalente ma attuale saggio da P. STELLA RICHTER,
«Il potere di pianificazione nella legislazione urbanistica», in Riv. giur. ed., 1968, II, p. 123, il quale già
all’epoca affermava il carattere intrinsecamente
discriminatorio degli schemi tradizionali.
13 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 2.
14 Il richiamo esemplificativo può esser fatto al piano
regolatore di Torino che prescinde dall’assenza di una
regolamentazione regionale della materia.
15 Tar Emilia Romagna, sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22
con nota di E. BOSCOLO, «Dalla zonizzazione alla perequazione», in Riv. giur. urb., 2000, p. 5 ed in Urb. app.,
2000, p. 780 con nota di A. MANDARANO, «Nuove
tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale».
16 L’espressione è di E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 10. Sottolinea l’Autore che
intorno agli anni novanta il valore etico dell’equità
che già era stato utilizzato in materia sociale o
tributaria, trova spazio anche in materia urbanistica.
17 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 11.
G. Trapani
79
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
L’obiettivo di una siffatta scelta urbanistica è quello, evidente, di evitare l’insorgere di sperequazioni
tra i proprietari delle aree interessate dall’attività di programmazione, indipendentemente dalla
distinzione delle funzioni destinatorie delle aree medesime.
Il meccanismo richiede, tuttavia, in concreto, una modulazione dei diritti edificatori e della titolarità delle aree che ha assunto, nella realtà, diverse forme tecnico-giuridiche, senza purtuttavia
pervenire ancor oggi, in assenza di un generale ed univoco dato normativo che coaguli le diverse
locali esperienze urbanistiche a risultati che possano avere il pregio della soddisfazione.
Il modello perequativo tende, insomma, a generare il massimo dell’equità applicando all’intero
territorio un unico indice di edificazione, con l’esclusione delle sole zone agricole e del centro
storico. In tale luce, in prima approssimazione, la permuta o la cessione delle aree o lo scambio (a
titolo oneroso) dei diritti edificatori ripartiti prima di tutto sui fondi c.d. sorgente (sending areas)
permetteranno al tempo della successiva concentrazione dei volumi (c.d. fase di atterraggio) sui soli
fondi c.d. accipienti o riceventi (receiving areas) di garantire anche ai proprietari dei fondi c.d. sorgente di
ottenere una frazione in senso economico o nel senso dello sfruttamento edificatorio dell’attività di
trasformazione del territorio urbano interessato dall’intervento18.
Il rischio di un tale meccanismo, che richiede necessariamente di essere affinato è, però, palese: la
totale parificazione delle aree, dal punto di vista urbanistico reca con sé, infatti, il risultato paradossale di non tenere in alcuna considerazione le differenze discendenti dalla allocazione delle
medesime, generando in tal modo una disuguaglianza per così dire di ritorno.
80
Per evitare un tale risultato inefficiente e soprattutto iniquo e certo discordante con le premesse di
partenza, è necessario procedere, allora, «alla decodificazione dei caratteri e delle invarianti territoriali» (la c.d. classificazione dei suoli): i lotti compresi in una certa classe riceveranno una eguale
potenzialità di cubatura, indipendentemente dalla destinazione finale; le dinamiche perequative
consentono, infatti, con la revisione profonda delle regole di pianificazione, una maggiore flessibilità19.
Dovranno essere, di conseguenza, fissate le regole di trasformazione all’interno di unità minime di
intervento (comparti, piani attuativi, ambiti o distretti) o le regole di circolazione dei titoli volumetrici esattamente corrispondenti con la cubatura sviluppata da ciascun fondo interessato20.
È necessario, a questo punto, definire i contorni degli istituti della perequazione e della compensazione, che concernono in concreto - nonostante di frequente vengano utilizzati in modo confuso
e le linee direttrici dei piani e delle norme regionali disegnino ipotesi pratiche che sono talora
espressione di una sorta di melting pot urbanistico - fattispecie del tutto diverse tra loro.
18 In questo senso, E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 11; P. URBANI,
«Conformazione della proprietà diritti edificatori e
moduli di destinazione d’uso dei suoli», in Urb. app.,
2006, 8, p. 905 e ss., ricorda che «una certa dose di diseguaglianza è connaturale alla pianificazione urbanistica», dal momento al contrario verrebbe meno la
possibilità stessa di differenziare «attraverso tale
tecnica, le forme di utilizzazione, di trasformazione e
di tutela del territorio». Ed aggiunge che questa
impossibilità egalitaria riemerge nella disciplina
delle tutele parallele (paesaggio, difesa del suolo delle
acque, beni ambientali e naturali).
19
Diffusamente, sul punto, E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni», cit., p. 12.
20 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 13 segnala che occorre l’identificazione di un set
di indicatori conoscibili e rendere aperta ad un’autentica partecipazione l’attività di applicazione di tali
indicatori ai suoli e che spesso manca nei piani regolatori e addirittura nelle leggi regionali in argomento
proprio la qualificazione giuridica delle classi differenziate dei suoli.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
La perequazione21, intesa quale equa ripartizione tra più proprietari dei vantaggi ed oneri derivanti
dalla trasformazione in senso edificatorio delle aree, attuata mediante tecniche che «consentono il
raggiungimento dell’indifferenza delle situazioni proprietarie rispetto agli effetti conformativi
delle scelte discrezionali di allocazione delle diverse funzioni territoriali»22 trova la propria fonte in
numerose leggi regionali23, ma ancor di più nei piani regolatori approvati con sempre maggiore
frequenza negli anni più recenti, strumenti questi ultimi che danno maggiormente il segno dei
modelli scelti ed in concreto praticati dalle amministrazioni locali.
Le disposizioni vigenti di rango regionale, insomma, sono diffuse in modo non organico ed unitario
sul territorio nazionale, in assenza di disposizioni nazionali che abbiano un siffatto crisma, e
subiscono deroghe anche rilevanti per effetto delle regole contenute nei piani di volta in volta
approvati.
Un dato deve, tuttavia, essere sottolineato.
I sistemi perequativi non sono obbligatori e costituiscono semplicemente uno strumento opzionale
nella pianificazione territoriale.
Si assiste, comunque, pur in assenza di una disposizione - quadro nazionale che incentivi la creazione
e la fruizione di tali fattispecie, ad una progressivo irrobustimento della prospettiva perequativa,
soprattutto per effetto di interventi della giurisprudenza amministrativa24 secondo la quale in ipotesi
di vaste acquisizioni di aree, il modello della perequazione giunge a divenire obbligatorio, proprio in
considerazione dei rilevanti vantaggi che esso in concreto presenta; in particolare, in ipotesi di reiterazione dell’imposizione di vincoli urbanistici scaduti, nella motivazione del provvedimento amministrativo deve darsi certamente conto della «mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione fra i proprietari espropriabili»25, atteso che le alternative su base volontaria all’esito espropriativo devono sempre e comunque essere privilegiate dall’amministrazione pubblica.
21
P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma
nazionale e leggi regionali», cit., p. 3 distingue tra la
perequazione di valori e la perequazione di volumi. La
prima consiste nella monetizzazione dei diritti edificatori unita ai trasferimenti compensativi delle
disparità derivanti dalla pianificazione; si tratta di un
modello che richiede l’applicazione all’intero
territorio comunale ed è quindi di difficile applicazione concreta. La seconda, piuttosto diffusa negli
strumenti di pianificazione già adottati, si realizza
allorquando a certe aree (o ambiti) esattamente individuate, è attribuito un unico indice territoriale.
Compete ai privati il trasferimento e la conseguente
distribuzione delle quote di edificabilità; alla
pubblica amministrazione posta in posizione di
terzietà spetta il controllo sul rispetto delle previsioni
di piano.
22 L’espressione è di P. URBANI, «La perequazione tra
ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali», cit., p. 2.
23
Si indicano di seguito tra parentesi le fonti che
regolano la fattispecie in ciascuna regione; Toscana
(legge 3 gennaio 2005, n. 1, che ha sostituito l’ori-
ginaria legge 16 gennaio 1995, n. 5); Emilia Romagna
(24 marzo 2000, n. 20); Basilicata (11 agosto 1999, n.
23); Lazio (22 dicembre 1999, n. 38); Puglia (27 luglio
2001, n. 20); Calabria (16 aprile 2002, n. 19);
Campania (22 dicembre 2004, n. 16); Veneto (23
aprile 2004, n. 1); Lombardia (11 marzo 2005, n. 12);
Umbria (22 febbraio 2005, n. 11); Provincia di Trento
(11 novembre 2005, n. 16 sostituita dalla legge 4
marzo 2008, n. 1) Friuli Venezia Giulia (23 febbraio
2007, n. 20); Provincia di Bolzano (2 luglio 2007, n. 3 a
modifica della legge 11 agosto 1997, n. 13, art. 55-bis).
24Cons.
Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6171; Cons.
Stato, sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3535, entrambe in Ced
Cassazione.
25 Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6171, cit., in
Ced Cassazione. E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 4 sottolinea l’importanza nel
diritto amministrativo del principio di proporzionalità - idoneità, in specie dello strumento rispetto
agli obiettivi che ciascun comune si prefigge di
raggiungere.
G. Trapani
81
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
In tale luce, la riproposizione di un tessuto vincolistico sulle aree da destinare alla realizzazione di
opere pubbliche può trovare spazio solo laddove motivi squisitamente urbanistici inibiscano il
ricorso alle metodiche perequative e compensative.
Nei modelli urbanistici tradizionali viene, infatti, trascurata, sempre ed integralmente, la
dimensione distributiva; nel modello perequativo, ispirato ad un parametro di eguaglianza
sostanziale, oggetto dell’analisi sono invece il numero, l’entità e l’allocazione delle aree, secondo il
criterio del maximin (maximum minimorum)26: «la strategia egualitaria si concentra, in realtà, sull’innalzamento del risultato ottenibile dei proprietari altrimenti svantaggiati»27.
Per effetto del modello perequativo, invece, ai fondi che secondo il modello tradizionale verrebbero
gravati da vincoli, viene riconosciuta una frazione della cubatura complessiva, addirittura modulabile e fruibile in altre aree contigue o meno.
È opportuno ricorrere ad un esempio tratto dalla recente dottrina28 per chiarire gli elementi sin qui
esposti: nei piani tradizionali, un solo fondo è beneficiato della capacità volumetrica derivante dalla
sua utilizzazione edificatoria in misura 1mc/1mq e contestualmente altri 4 fondi sono assoggettati
a vincoli per la realizzazione delle opere infrastrutturali o quale verde privato. Nei piani ispirati ai
modelli perequativi, invece, lo sviluppo volumetrico è ripartito equamente tra i cinque lotti a
ciascuno dei quali verrà assegnato un indice perequativo 0,2mc/1mq, con contestuale identificazione di un solo fondo sul quale avverrà la concentrazione edificatoria e delle aree da destinare a
verde o ad infrastrutture.
L’obiettivo di una maggiore eguaglianza tra i cittadini nello sfruttamento delle risorse del territorio
è, in definitiva, di tutta evidenza.
82
Diverso dalla perequazione in senso tecnico è, invece, lo strumento della compensazione, che sino ad
oggi ha avuto una maggiore diffusione rispetto alla prima29.
Siffatto ultimo meccanismo si è risolto, talora, nell’inserimento in piani di stampo tradizionale di
accordi di scambio tra aree destinate alla realizzazione di infrastrutture e diritti edificatori o ancora
nel rapporto matematico con l’esecuzione delle opere a scomputo, in un’ottica che offrisse nel
contempo una soluzione alla storica inefficienza della pubblica amministrazione, senza per questo
abbandonare gli schemi consolidati classici di pianificazione urbanistica, nell’erroneo convincimento per altro verso che «la moneta volumetrica»30 fosse per i comuni a costo nullo o quasi nullo,
26 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 7.
27 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 7. L’Autore ricorda ancora che alla soddisfazione
di alcun proprietari corrisponderà l’insoddisfazione
di altri, soprattutto per effetto del confronto inevitabile tra lo strumento urbanistico originario e quello
perequativo. È però vero che in una oggettiva carenza
di spazi edificabili è proprio l’adozione di un criterio
perequativo a garantire maggiormente la pace
sociale, proprio perché appare particolarmente
stringente l’esigenza di estendere ad un sempre
maggiore numero di proprietari, evitando oggettive
discriminazioni l’allocazione della cubatura dispo-
nibile (in particolare nota 7 di p. 7).
28
L’esempio è di E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 7, nota 31.
29 Ricorda P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di
riforma nazionale e leggi regionali», cit., p. 5 che è stata
la sentenza della Corte costituzionale n. 179 del 1999
a legittimare l’istituto della compensazione e che la
rimozione nell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241
dei limiti apposti agli accordi sostitutivi di provvedimento ai soli casi previsti dalla legge.
30 L’espressione è di E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 8. Aggiunge un Autore (P.
URBANI, «Conformazione della proprietà diritti edifi-
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
ponendo al contrario nuove questioni, mai postesi prima, in ordine al «consumo di territorio a fini
edificatori»31.
Le tecniche utilizzate dalle amministrazioni e dalle leggi regionali sono molto diverse tra loro ed in
assenza di precise e chiare disposizioni-quadro nazionali profondamente eterogenee.
Non esiste, infatti, un unico modello perequativo o compensativo32.
Appare difficile, in tal senso, individuare addirittura uno schema categoriale unitario al quale fare
riferimento allo scopo di definire le regole urbanistiche e la disciplina civilistica applicabile,
soprattutto in considerazione della poca precisione tecnica con la quale tali termini vengono
impiegati (indifferentemente) nella redazione delle disposizioni regionali e delle norme degli
strumenti urbanistici33, spesso frutto di commistioni di fattispecie eteronome.
È stato innanzi tutto posto in dubbio, come già ricordato, al proposito se fosse necessaria o meno
una «copertura legislativa»34 nazionale o quanto meno regionale per l’adozione da parte dei singoli
comuni dei sistemi perequativi35.
In realtà, un’opera di conformazione delle tecniche perequative e compensative ai principi desumibili dalla legislazione vigente in tema di esercizio della pianificazione territoriale è stata
effettuata dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha consentito di volta in volta di verificare
che lo strumento tecnico in questione non deroga ma attua le scelte del legislatore nazionale,
«declinando il modulo base del comparto di cui all’art. 23 della legge urbanistica del 1942»36: in tale
luce, non è neppure necessaria (ma semmai fortemente opportuna) l’adozione di una disciplina da
parte delle regioni, ferme restando appunto le linee direttrici fissate dal legislatore nazionale37.
Secondo un’impostazione recente38, che fa proprie tali considerazioni, dovrebbe, innanzi tutto più
correttamente esser fatto riferimento più che alla perequazione ed alla compensazione, alle perequazioni ed alle compensazioni.
È possibile, allora, tracciare alcune linee guida distintive delle diverse ipotesi:
catori e moduli di destinazione d’uso dei suoli», cit., p.
906) che il vero problema è rappresentato dalla crisi
sistemica che conduce gli enti a «utilizzare la risorsa
territorio come merce di scambio per coprire il
fabbisogno di opere di urbanizzazione e di servizi per
la collettività».
31 L’espressione è di P. URBANI, «Conformazione della
proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione
d’uso dei suoli», cit., p. 906.
32
Anche la terminologia in ordine ai meccanismi
compensativi è diversa da una regione all’altra: si fa
rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi,
in Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria
agli incrementi premiali o alle compensazioni, nella
provincia di Trento alla compensazione urbanistica.
33 P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma
nazionale e leggi regionali», cit., p. 4 ricorda che i legislatori regionali hanno pasticciato «creando commistioni tra perequazione di valori e di volumi»).
34 L’espressione è di P. URBANI, «La perequazione tra
ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali», op. cit.,
p. 4.
35 In giurisprudenza, per tutte, Tar Emilia Romagna
sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22 con nota di E. BOSCOLO,
«Dalla zonizzazione alla perequazione», cit., p. 5 ed in
A. MANDARANO, op. cit., p. 780, sulla non necessità di
una regolazione a monte della materia.
36 In questo senso, P. URBANI, «La perequazione tra
ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali», cit., p. 5.
37 Sul punto, si rinvia alla storica pronuncia, già
ricordata, del Tar Emilia Romagna sez. I, 14 gennaio
1999, n. 22, cit. con nota di E. BOSCOLO, «Dalla zonizzazione alla perequazione», op. cit., p. 5 ed in A.
MANDARANO, op. cit., p. 780.
38 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 16-18.
G. Trapani
83
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
La perequazione urbanistica pura: è previsto, in tal caso, dal piano un’equa ed ampia distribuzione dei
vantaggi dell’edificazione mediante un’attribuzione omogenea delle cubature alle aree nelle quali
saranno effettuate le trasformazioni urbanistiche e le aree (c.d. interstiziali) che devono restare immodificate per ragioni urbanistiche;
La perequazione infrastrutturale (o infrastrutturativa) o con oneri di cessione: si tratta di un modello che
segue logiche di equità e conformazione condivisa; il piano deve prevedere oltre un’equa ed ampia
distribuzione dei vantaggi dell’edificazione l’acquisizione di aree senza esborsi di sorta a carico del
comune; in tale ipotesi trovano spazio possibilità edificatorie ben più ampie del caso della c.d. perequazione urbanistica pura, con contestuale cessione delle aree al comune per la realizzazione delle
infrastrutture pubbliche e concentrazione della cubatura nelle aree esattamente individuate;
La perequazione con volumetria pubblica aggiuntiva: oltre allo schema proprio dei modelli sopra
descritti ai numeri 1 e 2, il piano attribuisce al comune una frazione della volumetria concentrabile
su lotti specifici39; in tali ipotesi, il comune potrà o cedere tale volumetria a titolo oneroso a terzi
(anche privati) o realizzare mediante l’utilizzazione diretta di essa dei programmi di social housing40;
La perequazione sui residui: si tratta del piano che si occupa di tutte le previsioni edificatorie espresse
dai piani precedenti, rimaste inattuate e giudicate non confermabili; in tale caso, si prevede una
trasformazione delle potenzialità edificatorie in veri e propri diritti edificatori che possono formare
autonomo oggetto di scambio; l’obiettivo del piano in questione è di orientare altrove l’atterraggio
dei diritti edificatori, perseguendo una sorta di equità intertemporale tra piani;
84
La compensazione infrastrutturativa: l’amministrazione comunale individua delle aree nelle quali - in
considerazione dell’importanza delle opere da realizzare - essa non può rinunciare all’imposizione
di vincoli preespropriativi quinquennali ed alla conseguente potestà di espropriazione delle stesse;
il ristoro del proprietario potrà avere luogo solo attraverso l’attribuzione di un credito compensativo41 in luogo del consueto indennizzo42; l’obiettivo non è di esercitare un principio di autorità,
quanto piuttosto incentivare l’adesione del privato a meccanismi convenzionali, che presentano un
minor grado di diseconomicità;
La compensazione paesaggistico-ambientale: si tratta di un piano in cui in considerazione di rischi
ambientali o paesaggistici (per la presenza di manufatti in via esemplificativa degradati o abusivi) è
39 Si può trattare di lotti facenti parte di piani attuativi
o di recupero di edifici dismessi; in tal senso, E.
BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni», cit.,
p. 17.
40
Solleva qualche perplessità al riguardo, E.
BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni», cit.,
p. 17 il quale sottolinea la necessità che il diritto edificatorio dovrebbe comunque essere legato ad un
fondo, affinchè il proprietario possa farne un uso efficiente; desta dubbi la possibilità che l’amministrazione possa godere di diritti edificatori disancorati dal suolo stesso. Un siffatto modello è previsto
dalla legge urbanistica calabrese.
41 Un siffatto ristoro può assumere la veste di quote di
edificabilità o di recupero di cubature in altra area o la
possibilità di permuta con altre aree o addirittura la
possibilità di mantenere la proprietà dell’area sulla
quale realizzare direttamente gli interventi pubblici
per servizi gestendoli mediante convenzione; sulla
questione P. URBANI, «Conformazione della proprietà
diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei
suoli», cit., p. 906.
42 Secondo E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 18 la definizione di perequazione infrastrutturativa discende proprio dal fatto
che è una tale esigenza a dominare la condotta della
pubblica amministrazione. L’Autore ricorda, al
proposito, che l’incentivazione del ricorso alla
cessione bonaria è espressione di un ruolo fondamentale di «approcci neocomportamentali» e di
«modelli di formazione delle preferenze individuali»
(p. 37).
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
possibile invitare i privati a procedere ad operazioni di riqualificazione urbana i cui oneri vengono
remunerati mediante l’attribuzione di “crediti compensativi”.
Emergono, in definitiva, dalla classificazione proposta i tratti distintivi delle fattispecie delle perequazioni dalle ipotesi di compensazioni, che purtroppo la prassi urbanistica non presenta distinte
in modo altrettanto netto.
In maggiore sintesi, la perequazione costituisce una efficiente alternativa all’imposizione del vincolo,
allargando la platea dei soggetti proprietari sui quali si distribuiscono i vantaggi e gli oneri del
piano, “spalmando” sui proprietari i vantaggi del piano ed è fondata su un’adesione volontaria del
proprietario al quale, in ogni caso, competono dei vantaggi. La redistribuzione permette, poi, di
diffondere i vantaggi derivanti dall’edificazione, senza tenere in considerazione le differenze delle
aree stesse; il diritto edificatorio, insomma, «viene ad accedere al fondo, anche se tale potenzialità,
prodotta dal fondo, non sarà dispiegabile sul fondo»43 stesso.
È stato, poi, sottolineato44 che l’applicazione delle tecniche di perequazione può avvenire
all’interno di ambiti o piani attuativi (c.d. perequazione endoambito) oppure su tutta la porzione territoriale interessata, mediante la circolazione dei diritti edificatori (c.d. perequazione estesa) 45.
A] Il primo caso, definito quale perequazione endoambito, è il modello più diffuso nelle normative
regionali e trova applicazione in perimetri (anche discontinui)46 denominati in modo non
univoco47. Il meccanismo è attuato mediante l’assegnazione di una potenzialità volumetrica
all’intero ambito da parte del piano regolatore, dedotta la volumetria degli edifici esistenti; è, poi, il
piano attuativo a ripartire tra tutti i proprietari le capacità edificatorie e gli oneri derivanti dalle
trasformazioni territoriali. I proprietari attraverso la redazione di un piano di ricomposizione
fondiaria avente ad oggetto un complesso sistema di permute e cessioni reciproche consentono la
realizzazione dell’intervento pubblico. Invero, è proprio il vincolo di attuazione necessariamente
43 L’espressione è di E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 43. P. URBANI,
«Conformazione della proprietà diritti edificatori e
moduli di destinazione d’uso dei suoli», cit., p. 907
segnala che la scarsa applicazione dell’istituto del
comparto è dovuta alla sua rigidità, dimostrando
all’epoca più duttile applicazione il meccanismo della
lottizzazione convenzionata; aggiunge che una tale
duttilità agevola la diffusione dello strumento perequativo atteso che oggi l’esigenza più sentita
concerne la riqualificazione degli edifici già realizzati
e relativa dotazione di opere e servizi.
44 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 22.
45
Ricorda siffatta distinzione dogmatica lo schema,
già ricordato, proposto da P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi
regionali», cit., p. 3 tra perequazione di valori (consistente nella monetizzazione dei diritti edificatori
unita ai trasferimenti compensativi delle disparità
derivanti dalla pianificazione, modello da applicarsi
all’intero territorio comunale, di difficile appli-
cazione concreta, che ricorda la c.d. perequazione
estesa) e perequazione di volumi (che si realizza allorquando a certe aree o ambiti esattamente individuati,
è attribuito un unico indice territoriale che ricorda la
c.d. perequazione endoambito).
46 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 23 richiama al riguardo alla nota 87 l’art. 16
delle Norme Tecniche di attuazione del comune di
Piacenza. Aggiunge poi che le difficoltà ricostruttive
incontrano poi l’ulteriore ostacolo della tassazione
incerta (p. 35); il carattere della contiguità dei fondi
non è, comunque, elemento essenziale della fattispecie; è possibile ipotizzare, infatti, comparti
discontinui, nei quali le receiving areas non sono attigue
alle sending areas produttive di diritti edificatori (p.
36). Sulla questione, E. MICELLI, «La perequazione
urbanistica in alcune esperienze di piani e progetti»,
cit., par. 2; P. URBANI, «Conformazione della proprietà
diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei
suoli», cit., p. 907.
47 Si tratta di piani attuativi, ambiti, distretti della
trasformazione.
G. Trapani
85
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
unitario delle previsioni di piano a imporre (o consigliare) ai proprietari di cooperare fattivamente,
fatta salva la loro rinuncia generale ai vantaggi edificatori; e la cooperazione presuppone
certamente che la redistribuzione delle aree (e della loro volumetria) sia percepita equa dagli stessi
attori della vicenda urbanistica. In tale ipotesi, la perequazione è attuata attraverso delle ricomposizioni fondiarie, che assumono generalmente la forma delle cessioni di volumetria.
B] La seconda ipotesi, qualificata perequazione estesa48, consiste nella dematerializzazione della
dotazione volumetrica del fondo sorgente sub specie di diritto edificatorio cedibile a titolo oneroso a
terzi. Tale diritto edificatorio (generato da un lotto insuscettibile di una variazione in senso edificatorio) può atterrare sui soli fondi c.d. accipienti o riceventi (receiving areas), previsti quali aree di
concentrazione necessaria realizzando l’obiettivo di garantire anche ai proprietari dei fondi c.d.
sorgente di ottenere una frazione in senso economico o di sfruttamento edificatorio dell’attività di
trasformazione del territorio urbano interessato dall’intervento. Il piano regolatore, in tale secondo
caso, lascia libere le parti di modulare le diverse ipotesi di atterraggio dei diritti edificatori, con
l’unico limite di un coefficiente di ponderazione avente la forma di un indice fondiario differenziato49 che consente, nel caso in cui il meccanismo riguardi aree poste in parti del territorio
aventi accentuate differenze morfologiche, di modulare il diritto edificatorio in funzione delle aree
di atterraggio dello stesso, nel rispetto del principio di eguaglianza. Il vantaggio di tale ultima
prospettiva è rappresentato dalla grande libertà della quale godono i proprietari nella realizzazione
di fattispecie piuttosto complesse, giungendo addirittura ad ipotizzare una sorta di mercato dei
titoli volumetrici nel quale sia agevole identificare un elevato numero di interlocutori: tale
meccanismo escluderebbe così proprio le patologie tipiche del mercato, che impedirebbero al
modello di funzionare50.
86
La compensazione rappresenta, invece, uno strumento che svolge una piena funzione di ristoro per
eliminare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’imposizione dei vincoli stessi o per
soddisfare gli oneri sostenuti per il facere sopportato, mirando a ridurre gli effetti sfavorevoli e
negativi del piano stesso; svolge insomma una funzione indennitaria (nel caso della compensazione
48 Ne è espressione l’art. 11, comma 2 della legge della
regione Lombardia del giorno 11 marzo 2005, n. 12. Si
tratta di una fattispecie di minore diffusione territoriale. Sul punto, P. URBANI, «Conformazione della
proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione
d’uso dei suoli», cit., p. 908, il quale rileva che i diritti
edificatori costituiscono in tal modo autonomi beni
giuridici che circolano indipendentemente dagli
immobili di riferimento.
49 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 25.
50 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 26, ricorda che un tale modello permette di
escludere forme monopolistiche, di dipendenza e di
atteggiamento predatorio che diventerebbero «fattori
esiziali
di
inceppamento
del
modello».
L’amministrazione comunale, nei modelli perequativi, svolge una funzione diretta ad ottenere il
risultato urbanistico programmato, con la massima
efficienza, «intesa come allocazione dei titoli volumetrici e delle possibilità edificatorie nelle mani dei
soggetti interessati allo sfruttamento». Inoltre, se la
pianificazione deve essere impostata su un
meccanismo di stampo essenzialmente consensualistico è bene che il piano sia corredato da schede
contenenti simulazioni di scenari secondo ipotesi
come nella teoria dei giochi (p. 32). A tale proposito,
devono essere poi accentuati i sistemi che
permettono la realizzazione dei risultati urbanistici
prefissati, al fine di escludere che il principio consensualistico divenga paradossalmente un ostacolo insormontabile; espressione di un tale assunto è l’art. 27,
comma 5, della legge 1° agosto 2002, n. 166 nel quale
è statuito che i proprietari delle aree equivalenti alla
maggioranza assoluta di un piano esecutivo possono
richiedere che si proceda all’esproprio delle aree dei
proprietari non rimanenti di cui sono titolari i
proprietari non cooperanti, che non vogliono partecipare al consorzio attuativo del piano stesso (p. 33).
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
c.d. infrastrutturativa) o economica (nel caso della compensazione paesaggistica o ambientale) per
rendere neutra in tal modo l’imposizione di interventi posti a carico dei privati51.
Al proprietario del terreno gravato da un vincolo viene attribuita un’utilità consistente in una
cubatura fruibile in altra area edificabile o in un credito compensativo trasferibile anche a terzi52,
ispirata da ragioni di evidente efficienza amministrativa. Il privato, insomma, è dinanzi ad un’alternativa: accettare, senz’altro, la somma liquidata a titolo di indennizzo economico oppure accettare
il credito compensativo.
Colui che adempie una precisa obbligazione di tipo urbanistico, ottiene un pieno ristoro mediante
l’assegnazione di un titolo che permette una soddisfazione differita mediante lo sviluppo delle
esigenze circolatorie. Si può configurare, in concreto, in tal ultimo caso, una sorta di datio in solutum
atipica53 ad effetti non reali consistenti esattamente nell’attribuzione di siffatto credito compensativo
che potrà essere utilizzato direttamente su fondo accipiente dal titolare o da costui ceduto a terzi.
Deve essere evidenziato, tuttavia, un possibile rischio di penalizzazione dei crediti compensativi
rispetto ai diritti edificatori assegnati al momento stesso di entrata in vigore del piano e scambiabili
sin da allora54; invero, i primi hanno origine, invece, soltanto in seguito alla cessione volontaria al
comune o all’esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico - ambientale e,
quindi, sorgono in un tempo necessariamente successivo ai secondi, con l’effetto paradossale di
permettere al titolare una minore scelta tra le aree di atterraggio disponibili e conseguentemente
generare un minore valore economico. Per evitare, insomma, una disarmonica ed iniqua fruizione
delle volumetrie è necessario immaginare la previsione di una sorta di quota riservata a favore dei
titoli che siano espressione dei crediti compensativi.
Essi potranno, infatti, essere oggetto di scambio solo dopo la cessione volontaria al comune o
51
Accanto ai vincoli urbanistici espropriativi,
sussistono dei vincoli che limitano l’attività d’impresa
svolta su una certa area; il decreto legislativo n. 227
del 2001 prevede la possibilità di compensare il
sacrificio imposto alle attività incompatibili con la
normativa forestale mediante indennizzi; analoghe
disposizioni sono previste dalla disciplina di tutela
delle acque (decreto legislativo n. 152 del 1999); sulla
questione, P. URBANI, «Conformazione della
proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione
d’uso dei suoli», cit., p. 906.
52 La previsione di soluzioni alternative all’espropriazione trova la sua fonte nella sentenza della Corte
Costituzionale n. 179 del 1999, già ricordata, e di essa
ne è espressione la legge 15 dicembre 2004, n. 308,
esaminata nel paragrafo seguente per i profili
concernenti l’oggetto del presente studio..
53 L’espressione è di E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 37; sulla questione diffusamente A. QUAGLIA, op. cit., p. 8 e ss.; si tratta, invero,
di accordi complessi, che consentono di sgravare la
pubblica amministrazione del costo di esproprio e/o
dell’esecuzione di opere pubbliche, nelle quali il rico-
noscimento della edificabilità compensa le spese
affrontate dal privato.
54 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 43 definisce i diritti edificatori un «prodotto
interno del piano». Sulla questione P. URBANI,
«Conformazione della proprietà diritti edificatori e
moduli di destinazione d’uso dei suoli», cit., p. 908
segnala che la carenza di un’adeguata disciplina pone
il rischio che la possibilità di utilizzare altrove le volumetrie dissolve l’elemento organizzativo contrattuale
che lega i comproprietari dei fondi allocati nel
comparto, depotenziando la potestà decisionale
dell’apparato pubblico. E se addirittura taluni
soggetti facessero incetta di tali diritti, aggiunge
l’Autore, concentrandole in aree il cui valore
crescerebbe in modo esponenziale, l’amministrazione si troverebbe costretta a concordare con i
privati l’allocazione dei maggiori diritti edificatori in
altre aree in grado di sostenere l’impatto di essi dal
punto di vista sociale, ambientale ed estetico,
ottenendo in concreto proprio una lesione del
principio di eguaglianza che i canoni perequativi
mirano a realizzare.
G. Trapani
87
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
l’impegno irrevocabile ad effettuarla o ancora dopo l’esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico-ambientale ora ricordati55, fatta eccezione per le fattispecie nelle quali vi è
una espressa previsione normativa regionale che dispone in senso diverso.
È il caso, ad esempio, delle regioni che hanno adottato a chiare lettere il Registro dei crediti di
cubatura nei quali, ancor prima della cessione al comune dell’area vincolata, essi potrebbero essere
iscritti (magari in una speciale sezione) sin dall’apposizione iniziale del vincolo 56.
Le scarne regole
Il fenomeno della circolazione dei diritti edificatori affonda le proprie origini qualche decennio fa
nella prassi, generata proprio negli studi notarili, in specie negli accordi di micropianificazione.
In particolare, la cessione di cubatura nasce e si sviluppa nella pratica e trova riscontro ed
espressione nell’elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, di massima amministrativa, in
assenza per lungo tempo, di alcuna specifica disciplina normativa, in considerazione non solo dell’esigenza di disciplinare l’accordo intervenuto tra le parti nei limiti consentiti all’autonomia privata,
ma anche di garantire ai terzi la piena conoscibilità dello stato giuridico dei terreni57.
88
Le difficoltà che il trasferimento, l’accorpamento e la riserva della cubatura pongono, divengono
ancora maggiori nelle ipotesi della perequazione c.d. estesa e della compensazione, nelle quali è
permessa la circolazione di titoli volumetrici anche a favore di più aventi causa in tempi successivi
tra loro, in modo da permettere al loro titolare originario, che non sia anche proprietario del fondo
accipiente, di cederli a fronte di un prezzo ad altro soggetto, anch’egli estraneo alla titolarità del
lotto recipiente; le vicende traslative dei titoli volumetrici divengono così talmente astratte da
prescindere dal collegamento reale immobiliare che le ha originate.
Se dal punto di vista meramente descrittivo, la fattispecie può essere disegnata con brevi tratti,
l’ostacolo concreto è, invero, un altro; difetta, infatti, del tutto una qualsiasi regolamentazione
organica della fattispecie nella legislazione nazionale, essendo la disciplina fissata spesso solo in
disposizioni di legge regionale ed ancor più frequentemente da norme contenute negli strumenti di
55 Va segnalato che i diritti edificatori possono essere
oggetto di revisione da parte dell’amministrazione
comunale, salva un’eventuale autolimitazione da
parte del comune stesso, sia pure limitata nel tempo;
diversa la regola per i crediti compensativi che hanno
origine in una prestazione già effettuata (quale la
cessione dell’area o la sua riqualificazione paesaggistico - ambientale).
56 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 38 segnala, infatti, che il credito, ancor prima
della cessione al comune, potrebbe essere iscritto in
una speciale sezione del registro sin dall’apposizione
del vincolo; in tal modo, la circolazione anticipata del
credito stesso «fungerebbe da volano dell’intero
sistema». È evidente che l’intero meccanismo indennitario subisce un radicale mutamento dall’impianto
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, più volte rimaneggiata sino al testo unico di cui al D.P.R. 8 giugno
2001, n. 327. La compensazione permette un ristoro
economicamente più accettabile al privato il cui
terreno sia stato assoggettato a vincolo.
57 M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», cit., p. 669 e
ss., segnala ricostruendo storicamente la nota
questione dello ius aedificandi, sintetizzando l’ampio
dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla
questione, che il dato di novità della legge 28 gennaio
1977, n. 10 è il passaggio dal sistema della licenza
edilizia a quello della concessione, che - come
evidenziato dalla lettura della Corte costituzionale n.
5 del 30 gennaio 1980 (pubblicata in Riv. giur. ed.. 1980,
I, p. 17 ed in Giur. cost. 1980, p. 21) - ha carattere
puramente nominalistico, restando il diritto di edificazione parte integrante del contenuto del diritto di
proprietà del suolo. In ordine alle intese che
precedono il rilascio del permesso di costruire Cass.
13 luglio 2001, n. 9524, in Riv. not., 2002, p. 488.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
programmazione urbanistica; manca, inoltre, la disciplina civilistica applicabile alle fattispecie,
certamente non delegabile alla competenza normativa delle singole regioni: la materia del diritto
privato, a mente dell’art. 117, comma 2, lettera l, della Costituzione (“ordinamento civile”) è esclusivamente riservata alla competenza normativa del Parlamento della Repubblica, restando devoluta,
invece, alla legislazione concorrente la regolamentazione del “governo del territorio” (art. 117,
comma 3 Cost.)58.
In assenza di tali, auspicate, disposizioni quadro di legge nazionale, che fissino i punti fermi della
disciplina perequativa, delineando esattamente il confine tra la competenza statuale e la
competenza delle regioni59, soccorrono, allora, alcune norme regionali che attribuiscono al
comune interessato lo svolgimento di un ruolo attivo di equilibrio e di garanzia nell’incontro tra
domanda ed offerta di tali titoli volumetrici60.
Le soluzioni accolte in concreto sull’intero territorio nazionale non hanno certo il pregio della loro
reciproca uniformità e coerenza.
È evidente, insomma, che le regioni hanno regolato la fattispecie in questione in modo del tutto
diverso tra loro, come emerge sin dall’impiego di termini non omogenei in ordine alla definizione
dei meccanismi compensativi: si fa rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi, in
Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria agli incrementi premiali o alle compensazioni, ed
ancora nella provincia di Trento alla compensazione urbanistica.
L’obiettivo delle norme regionali è però chiaro: riempire (nei limiti concessi dall’ordinamento
giuridico nazionale e dal dato costituzionale) un vuoto e, nel contempo, garantire la certezza dei
negozi giuridici perequativi in presenza di un sistema pubblicitario nazionale informatizzato
presso l’Agenzia del territorio impostato su canoni tecnici rigidi, poco flessibili e fondato sulla
tipicità delle situazioni giuridiche61, dall’accesso al quale sistema, appunto, allo stato sembravano
essere escluse l’accesso le fattispecie urbanistiche in argomento.
È possibile rinvenire, ciò nonostante, alcuni elementi comuni nella complessiva normazione
regionale.
Un dato unificante delle diverse discipline diffuse sul territorio può, innanzi tutto, essere rinvenuto
nello scopo riconosciuto dell’istituto premiale, giustificato proprio generalmente dall’esecuzione
58 Sulla questione della legislazione concorrente in
materia di urbanistica e pianificazione del territorio
G. RIZZI, op. cit., p. 1.
59
Sul punto, P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi
di riforma nazionale e leggi regionali», cit., p. 6, in
specie in ordine alla necessità di chiarire e definire la
qualificazione dei diritti edificatori. Sul punto, G.
RIZZI op. cit., p. 3, precisa che la disciplina urbanistica
regionale non può in alcun modo derogare i principi
posti dal diritto civile.
60 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 27, il quale ipotizza indici perequativi temporalmente limitati oppure indici progressivamente
destinati a diminuire con il decorso del tempo (p. 28).
Si può verificare, inoltre, la programmazione di un
sistema di “aste amministrate” nel quale il comune
assume la garanzia della regolarità delle trattative tra
titolari e terzi interessati all’acquisto dei diritti edificatori (ad esempio in Basilicata e Veneto); oppure un
intervento di mediazione a mezzo di una società
pubblica (ad esempio la società Veneto scambi SpA).
61 Secondo E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le
compensazioni», cit., p. 28, la trascrivibilità dei negozi
aventi ad oggetto titoli volumetrici nei Registri immobiliari presso l’Agenzia del territorio potrebbe avere
luogo solo laddove questi vengano considerati diritti
atipici di natura reale pur se una tale configurazione
urterebbe contro il principio del numero chiuso dei
diritti reali. Invero, non tutte le situazioni giuridiche
che hanno emersione pubblicitaria sono caratterizzate dalla realità: basti pensare alla locazione ultranovennale o all’anticresi.
G. Trapani
89
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
di interventi di riqualificazione urbanistica ed ambientale; alcune regioni aggiungono, tuttavia, ad
un tale elemento di coesione, anche altri obiettivi quali, ad esempio, la realizzazione di interventi di
edilizia residenziale pubblica (Lombardia, Trento e Puglia), la tutela e la valorizzazione di beni
storico- artistici in generale (Lombardia e Veneto) e dei centri storici in particolare (Umbria), il
risparmio energetico (Lombardia) ed infine la prevenzione sismica (Umbria)62.
Un altro elemento normativo comune alle disposizioni regionali è dato dalla necessaria perimetrazione delle aree di intervento, la cui individuazione è devoluta in gran parte dei casi allo
strumento urbanistico (Trento, Umbria e Veneto), talaltra semplicemente alla sola pianificazione
attuativa (Lombardia).
Purtroppo, gli elementi unificanti, almeno sino all’approvazione, molto attesa, di una legge quadro
nazionale, sono destinati a rimanere esili e rari.
È diverso, infatti, il criterio per determinare i luoghi di c.d. atterraggio del credito: secondo un’impostazione della normativa regionale (Veneto), quest’ultimo può essere utilizzato in ambiti anche
diversi da quelli di origine; in altra (Provincia di Trento), invece la fruizione potrà avere luogo solo
negli ambiti di perequazione, eccezion fatta qualora vi sia un’espressa previsione del piano regolatore; altrove (Umbria), i crediti possono atterrare, invece, solo nell’area nella quale si svolge l’intervento di riqualificazione che lo origina, ad eccezione dei casi in cui esso sia diretto a realizzare
attrezzature e servizi, in aggiunta agli standards, o a migliorare la qualità ambientale, nei quali esso
può essere esercitato al di fuori dell’ambito di origine63; in Lombardia, ancora, lo sfruttamento
potrà trovare spazio solo nell’ambito di origine, senza eccezioni di sorta.
90
Altrettanto eterogeneo è il criterio di quantificazione della misura del credito stesso: talora, è
delineata una disciplina che consente un incremento non superiore al quindici per cento rispetto
alla volumetria ammessa (Lombardia), talaltra, invece, un incremento corrispondente ai costi,
sostenuti dal comune o ai benefici che quest’ultimo ne ha tratto (Umbria); o ancora, è consentito un
incremento nella misura da definirsi in sede di approvazione dello strumento urbanistico
(Provincia di Trento) o, infine, addirittura, in senso diametralmente opposto, non è dato rinvenire
alcuna limitazione normativa né alcuna definizione, per così dire, a monte dei criteri generatori
(Veneto)64.
Altrettanto non uniforme nel tessuto normativo regionale, è la definizione del regime della
commerciabilità, che in alcuni casi è libero (Veneto), in altri è limitato ad alcune fattispecie soltanto
(in Umbria agli interventi nei centri storici, nella Provincia di Trento agli ambiti perequativi), ed in
altri ancora è del tutto escluso (Lombardia).
Anche la previsione di meccanismi pubblicitari di siffatte operazioni su base squisitamente localistica è il frutto di interventi normativi disorganici e spazialmente diffusi a macchia di leopardo e
non basta a risolvere in modo conforme tutte le questioni poste sul tappeto al proposito. Alcune
leggi regionali (Provincia di Trento, Veneto e Lombardia) soltanto hanno, ad esempio, introdotto un
registro di diritti (e crediti) edificatori gestito, dal comune nel quale sono annotati (rectius
62 Sul punto, A. BARTOLINI «I diritti edificatori in
funzione premiale…», cit., p. 165.
63 A. BARTOLINI «I diritti edificatori in funzione
premiale…», cit., p. 165, segnala che in ipotesi di
intervento nei centri storici il diritto edificatorio può
essere esercitato al di fuori di essi in aree particolari
individuate dallo stesso programma o dagli strumenti
urbanistici in modo espresso.
64 Sul punto, A. BARTOLINI «I diritti edificatori in
funzione premiale…», cit., p.165
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
trascritti)65, dopo l’assegnazione, i diritti edificatori ed i crediti compensativi e (annotate) le loro
vicende circolatorie, laddove altre nulla hanno previsto al riguardo.
La carenza, in realtà, sino a ieri, di un sistema pubblicitario organico e generalmente diffuso sul
territorio nazionale è, tuttavia, essa stessa espressione del limite e della valenza parziale di siffatte
previsioni; difetta, inoltre, in tali registri introdotti solo da alcune regioni, la funzione primaria di
regolazione dei conflitti che è, invece, propria dei Registri immobiliari.
In definitiva, le registrazioni operate dall’amministrazione comunale permettono solo ed esclusivamente di far conoscere la disponibilità di titoli volumetrici ai proprietari dei fondi c.d. accipienti o
riceventi (receiving areas).
L’assenza di qualsivoglia disposizione in materia non però è oggi certo un dato di attualità: alla
essenzialità delle norme presenti nella legislazione nazionale (pur in mancanza di ormai necessarie
disposizioni quadro) fa da contraltare un’ipertrofia evidente della legislazione regionale66, che
trascura, tuttavia, per l’espresso limite di cui all’art. 117 della Costituzione che devolve al legislative
nazionale la regolamentazione delle fattispecie di diritto privato.
La questione assume maggiore difficoltà proprio a proposito della perequazione c.d. estesa e della
compensazione nelle quali si realizza un distacco vero e proprio del diritto edificatorio dal suolo che
lo ha generato a vantaggio di soggetti che non sono titolari di diritti reali sul fondo stesso; secondo
recente dottrina67 è possibile, al riguardo, ipotizzare una sorta di dematerializzazione dello ius aedificandi o ancor meglio qualificare la rispettiva fattispecie «alla stregua di un (nuovo ed autonomo)
bene di natura non reale (superando, in tal modo, il problema del numero chiuso dei diritti reali)».
Alcuni sporadici interventi del legislatore nazionale confermano un tale assunto68.
La legge 15 dicembre 2004, n. 30869, all’art. 1, comma 21 dispone che «qualora per effetto di vincoli
sopravvenuti diversi da quelli di natura urbanistica non sia più esercitabile il diritto di edificare che
65 Il termine annotazione, utilizzato probabilmente
per rappresentare l’attività di registrazione su
supporto cartaceo o elettronico, evoca in realtà l’esecuzione delle formalità nei registri tenuti dall’Agenzia
del territorio o nei Registri dello stato civile; si tratta
tuttavia di una suggestione priva di concretezza; i
Registri dei diritti e crediti edificatori, previsti semplicemente da norme regionali, hanno una valenza
molto limitata: non è chiaro infatti il metodo né l’accessibilità della consultazione.
66
Un tale dato riguarda tuttavia solo alcune regioni
particolarmente sensibili sulla questione.
67 E. BOSCOLO, «Le perequazioni e le compensazioni»,
cit., p. 29.
68
Un antecedente storico può essere rinvenuto
nell’art.30 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 che
dispone «In luogo della indennità di esproprio, i
proprietari di lotti di terreno, vincolati a destinazioni
pubbliche a seguito delle varianti di cui all’art. 29
possono chiedere che vengano loro assegnate equi-
valenti lotti disponibili nei piani di zona di cui alla
legge 18 aprile 1962, n. 167 per costruirvi singolarmente o riuniti in cooperativa la propria prima
abitazione. I proprietari di terreni coltivatori diretti o
imprenditori agricoli a titolo principale possono
chiedere al comune in luogo dell’indennità di
esproprio, l’assegnazione in proprietà di equivalenti
terreni facenti parte del patrimonio disponibile delle
singole amministrazioni comunali, per continuare
l’esercizio dell’attività agricola. I proprietari degli
edifici per i quali è prevista la demolizione possono
chiedere l’assegnazione di un lotto nell’ambito dei
piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 per
costruirvi la propria prima abitazione». Su tale disposizione, P. URBANI, «Conformazione della proprietà
diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei
suoli», cit., p. 906.
69 Pubblicata con la rubrica “Delega al Governo per il
riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione” nella Gazzetta ufficiale del 27 dicembre
2004, n. 302 supplemento ordinario, n. 187.
G. Trapani
91
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
sia già stato assentito a norma delle vigenti disposizioni è in facoltà del titolare del diritto di
chiedere di esercitare lo stesso su un’altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito la
disponibilità a fini edificatori».
Ed al comma 22 aggiunge che «in caso di accoglimento dell’istanza presentata ai sensi del comma
21, la traslazione del diritto di edificare su area diversa comporta la contestuale cessione al comune
a titolo gratuito dell’area interessata dal vincolo sopravvenuto»70.
L’art. 1 commi 258 e 259 della legge n. 244 del 24 dicembre 200771 dispone, poi, che all’interno dei
meccanismi perequativi e delle previsioni degli strumenti urbanistici, in aggiunta delle aree
necessarie per garantire gli standards, siano definiti ambiti (e non più zone) la cui trasformazione è
subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o riuniti in forma consortile, di
aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale in rapporto al fabbisogno locale e in
relazione all’entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti, è possibile prevedere, inoltre,
l’eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale72. Si può, poi, prevedere in
occasione della localizzazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale
sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità
ambientale degli insediamenti, una premialità di cubatura che deve restare nei limiti di incremento
massimo della capacità edificatoria prevista per gli ambiti stessi, come definiti dalla medesima
legge73.
92
70
I commi 23 e 24 così recitano: «Il comune può
approvare le varianti al vigente strumento urbanistico che si rendano necessarie ai fini della
traslazione del diritto di edificare di cui al comma 21»
e «L’accoglimento dell’istanza di cui ai commi 21 e 22
non costituisce titolo per le richieste di indennizzo,
quando, secondo le norme vigenti, il vincolo sopravvenuto non sia indennizzabile. Nei casi in cui, ai sensi
della normativa vigente, il titolare del diritto di
edificare può richiedere l’indennizzo a causa del
vincolo sopravvenuto, la traslazione del diritto di
edificare su area diversa, ai sensi dei citati commi 21 e
22 è computata ai fini della determinazione dell’indennizzo eventualmente dovuto».
71 Recita il ricordato comma 258 «Fino alla definizione della riforma organica del governo del
territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le
superfici minime di spazi pubblici o riservati alle
attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di
cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile
1968, n. 1444 e alle relative leggi regionali negli
strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui
trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da
parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di
aree o immobili da destinare a edilizia residenziale
sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione
all’entità e al valore della trasformazione. In tali
ambiti è possibile prevedere, inoltre, l’eventuale
fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e
sociale». Ed il comma 259 aggiunge: «Ai fini dell’attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di
edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed
edilizio, di riqualificazione e miglioramento della
qualità ambientale degli insediamenti, il comune
può, nell’ambito delle previsioni degli strumenti
urbanistici, consentire un aumento di volumetria
premiale nei limiti di incremento massimi della
capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al
comma 258».
72 P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma
nazionale e leggi regionali», cit., p. 9 critica una siffatta
disposizione, pur definendola “lodevole”, nel senso
che per l’edilizia sociale non è stata stabilita una
misura minima degli standards, lasciando alla
contrattazione tra le parti pubblica e privata la sua
definizione quantitativa. In senso diverso sulla
questione la legge n. 12 del 2008 della Regione Puglia.
73 P. URBANI, «La perequazione tra ipotesi di riforma
nazionale e leggi regionali», cit., p. 10 rileva, inoltre,
l’enfatizzazione dell’urbanistica per accordi delle
nuove norme soprattutto in considerazione delle
esigenze della residenzialità sociale. Sul punto, anche
A. BARTOLINI «I diritti edificatori in funzione
premiale…», cit., p. 166.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
I comuni potranno, insomma, mediante i propri strumenti urbanistici, definire gli ambiti nei quali
è permessa l’attribuzione di diritti premiali purché:
- il diritto edificatorio premiale sia assegnato per il perseguimento di finalità relative all’attuazione
dell’edilizia residenziale sociale, al rinnovo urbanistico ed edilizio, e alla riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti;
- l’incremento volumetrico non superi l’incremento massimo della capacità edificatoria prevista
per gli ambiti nei quali sono collocate le aree destinate all’edilizia residenziale sociale.
L’art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 13374, sotto la rubrica “Piano Casa”, contiene le linee guida per
l’emanazione di un decreto legislativo che abbia quale fine il garantire su tutto il territorio
nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona
umana75. È evidente il segnale di un nuovo interesse del legislatore per l’edilizia residenziale sociale,
74 La legge reca la rubrica “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.
112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” pubblicata nella Gazzetta ufficiale
n. 195 del 21 agosto 2008 - Suppl. ordinario n. 196.
75
I commi 2, 3 e 4 dell’art. 11 così dispongono: 2. «Il
piano è rivolto all’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l’offerta di
abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel
rispetto dei criteri di efficienza energetica e di
riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinate prioritariamente a prima casa per: a) nuclei familiari a basso
reddito, anche monoparentali o monoreddito; b)
giovani coppie a basso reddito; c) anziani in
condizioni sociali o economiche svantaggiate; d)
studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure
esecutive di rilascio; f) altri soggetti in possesso dei
requisiti di cui all’articolo 1 della legge 8 febbraio
2007, n. 9; g) immigrati regolari a basso reddito,
residenti da almeno dieci anni nel territorio
nazionale ovvero da almeno cinque anni nella
medesima regione
3. Il Piano nazionale di edilizia abitativa ha ad oggetto
la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di
misure di recupero del patrimonio abitativo esistente
ed è articolato, sulla base di criteri oggettivi che
tengano conto dell’effettivo bisogno abitativo
presente nelle diverse realtà territoriali, attraverso i
seguenti interventi:
a) costituzione di fondi immobiliari destinati alla
valorizzazione e all’incremento dell’offerta abitativa,
ovvero alla promozione di strumenti finanziari
immobiliari innovativi e con la partecipazione di altri
soggetti pubblici o privati, articolati anche in un
sistema integrato nazionale e locale, per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia
residenziale; b) incremento del patrimonio abitativo
di edilizia con le risorse anche derivanti dall’alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli
occupanti muniti di titolo legittimo, con le modalità
previste dall’articolo 13; c) promozione da parte di
privati di interventi anche ai sensi della parte II, titolo
III, capo III del codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163; d) agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra
i soggetti destinatari degli interventi, potendosi
anche prevedere termini di durata predeterminati per
la partecipazione di ciascun socio, in considerazione
del carattere solo transitorio dell’esigenza abitativa; e)
realizzazione di programmi integrati di promozione
di edilizia residenziale anche sociale.
4. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
promuove la stipulazione di appositi accordi di
programma, approvati con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, previa delibera del Cipe,
d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e
successive modificazioni, al fine di concentrare gli
interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli
contesti, rapportati alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento, attraverso la
realizzazione di programmi integrati di promozione
di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana,
caratterizzati da elevati livelli di qualità in termini di
vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità
ambientale ed energetica, anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilità, promuovendo e
valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e
privati. Decorsi novanta giorni senza che sia stata
raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma
possono essere comunque approvati».
G. Trapani
93
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
la cui incentivazione è fondata sul ruolo degli imprenditori privati ai quali è devoluto il compito
della promozione dell’iniziativa76.
Tale disposizione contiene al comma 577 tre precise indicazioni normative che per la prima volta nella legislazione nazionale - attribuiscono alla cubatura in sé (rectius ai diritti edificatori), vera e
propria dignità di bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all’art. 810 c.c.: la volumetria cessa
insomma di essere un mero rapporto matematico per assurgere essa stessa ad oggetto del diritto.
In particolare, gli interventi del Piano Casa potranno essere realizzati anche:
- mediante il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di
incremento del patrimonio abitativo (lettera a);
- mediante incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e
di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime
di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto
del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (lettera b);
- ed ancora mediante la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone
agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate
(lettera e).
94
Dopo il primo timido tentativo della ricordata legge 15 dicembre 2004, n. 308, ma ancor più dopo le
disposizioni appena menzionate del 2007 e del 2008, il legislatore nazionale inizia a mostrare un
interesse nuovo nei confronti dell’urbanistica perequativa, compensativa e premiale, sia con
riguardo alla sua genesi, sia alla circolazione vera e propria dei diritti edificatori, legittimando e,
forse, anche incentivando, la creazione di prassi negoziali78: la carenza assoluta di una disposizione
- quadro di legge nazionale avrebbe, infatti, rafforzare il tentativo di dissuadere il pratico e l’interprete dalla ricerca di soluzioni negoziali che fossero sempre più appaganti, proprio per l’assunto
della riserva costituzionale alla mano del legislatore nazionale e della preclusione al legislatore
regionale di qualsiasi intervento su tale materia.
76
In questo senso, A. BARTOLINI «I diritti edificatori
in funzione premiale…», cit., p. 166.
77 I commi 5 e 6 dell’art. 11 così recitano: «5. Gli
interventi di cui al comma 4 sono attuati anche
attraverso le disposizioni di cui alla parte II, titolo III,
capo III, del citato codice di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, mediante: a) il trasferimento di
diritti edificatori in favore dei promotori degli
interventi di incremento del patrimonio abitativo; b)
incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati
alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree
necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o
riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a
parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori
pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c) provvedimenti
mirati alla riduzione del prelievo fiscale di pertinenza
comunale o degli oneri di costruzione; d) la costi-
tuzione di fondi immobiliari di cui al comma 3,
lettera a, con la possibilità di prevedere altresì il conferimento al fondo dei canoni di locazione, al netto
delle spese di gestione degli immobili; e) la cessione,
in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative
di proprietà pubblica da destinare alla locazione a
canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione
in favore delle categorie sociali svantaggiate di cui al
comma 2.
6. I programmi di cui al comma 4 sono finalizzati a
migliorare e a diversificare, anche tramite interventi
di sostituzione edilizia, l’abitabilità, in particolare,
nelle zone caratterizzate da un diffuso degrado delle
costruzioni e dell’ambiente urbano».
78
In questo senso, A. BARTOLINI «I diritti edificatori
in funzione premiale…», cit., p. 166.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Va, invece, in senso nettamente contrario, segnalato, come acutamente già evidenziato79, che le
appena ricordate disposizioni sembrano piuttosto presupporre il fenomeno e non assumere il ruolo
di elementi fondanti dello stesso: la generazione ed il trasferimento dei diritti edificatori sono
semplicemente enunciati, lasciando che «ambiti, contenuti e condizioni» siano regolati da
normative regionali e prassi applicative alle quali è devoluta la disciplina delle ipotesi, delle forme
e delle modalità di trasferimento80.
La ricordata produzione normativa nazionale, magari non organica e carente nelle sue linee definitorie e contenutistiche, magari anche colorata dal sapore dell’occasionalità, ha, però, certo il
pregio di avere per la prima volta dato un chiaro e inequivoco fondamento tecnico giuridico alle
attività negoziali che hanno ad oggetto siffatti diritti, sulla scorta della variegata disciplina
regionale.
È, per altro verso, vero, infatti, che la regolazione convenzionale delle fattispecie premiali affonda, in
realtà, le proprie radici addirittura nella legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150, laddove attribuisce direttamente ai comuni il potere di conformazione della proprietà immobiliare.
La riconduzione ultima della urbanistica premiale nell’alveo della disciplina urbanistica del 1942
reca in sé la soggezione di essa ad alcuni evidenti limiti: in particolare, il richiamo essenziale alla
zonizzazione (art. 7) ed all’obbligo di determinare per ciascuna zona «limiti inderogabili di densità
edilizia, di altezza di distanza tra i fabbricati (art. 41-quinquies), con l’effetto tecnico pratico che l’atterraggio dei diritti edificatori potrà avvenire solo ed esclusivamente nelle zone a tal uopo esattamente destinate dallo strumento urbanistico vigente»81.
Ecco, perché il legislatore nazionale, nella scrittura delle scarne disposizioni appena citate, si è
limitato quasi a dichiarare semplicemente come presupposto un fenomeno che appare creato dal
diritto vivente.
La vera novità è tuttavia rappresentata dall’art. 5 del D.l. 13 maggio 2011, n. 70 pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale n. 110 del 13 maggio 2011 ed entrato in vigore in data 14 maggio 2011.
I profili di interesse per la materia sono due: innanzi tutto la previsione al comma 1, lettera c, della
«tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, denominato “cessione di
cubatura” e la previsione al comma 3 della stessa disposizione dell’accesso ai Registri immobiliari di
siffatte operazioni»82.
In occasione della conversione del citato decreto legge sono state apportate alcune modifiche al
testo originario. Sulla Gazzetta ufficiale n. 160 del 12 luglio 2011 è stato infatti pubblicata la legge di
conversione 12 luglio 2011, n. 106, rubricata: “Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per
79 A. BARTOLINI «I diritti edificatori in funzione
premiale…», cit., p. 167.
individuazione non può essere lasciata al privato
cessionario.
80
82
Le espressioni sono di A. BARTOLINI «I diritti edificatori in funzione premiale…», cit., p. 167.
81
A. BARTOLINI, «Profili giuridici del c.d. credito di
volumetria», cit., p. 309, afferma che per derogare a tale
disciplina e trasferire fuori zona la cubatura è
necessaria una specifica previsione normativa
nazionale e/o regionale, nel rispetto comunque della
predeterminazione delle aree di atterraggio la cui
Il testo originario della disposizione era «per
garantire certezza alla circolazione dei diritti edificatori, all’art. 2643, comma 1 c.c. dopo il numero 2, è
inserito il comma seguente: “2-bis. I contratti che
trasferiscono diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti
strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle
convenzioni urbanistiche ad essi relative”».
G. Trapani
95
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
l’economia” che reca modifiche all’art. 5 comma 3 del decreto legge ora ricordato secondo il testo
seguente:
Per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, all’articolo 2643 del codice civile,
dopo il n. 2, è inserito il seguente: «2-bis, i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i
diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da
strumenti di pianificazione territoriale».
Ed ancora il comma 9 dello stesso suddetto art. 5 (non modificato in occasione della conversione in
legge del decreto) statuisce che al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio
esistente nonché di promuovere agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con
presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare tenuto conto anche
della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili le regioni
approvano entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto specifiche leggi per
incentivare tali azioni anche con interventi di demolizione e ricostruzione che prevedano:
a) il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura
premiale;
b) la delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse;
c) l’ammissibilità delle modifiche di destinazione d’uso purchè si tratti di destinazioni tra loro
compatibili o complementari;
96
d) le modifiche della sagoma necessarie per l’armonizzazione architettonica con gli organismi
edilizi esistenti83.
Si tratta di un premio di volumetria la cui regolamentazione è in prima battuta devoluta alle regioni
(a statuto ordinario), salva la disciplina dettata per la carenza di previsioni.
83
L’art. 5 della legge 106 del 2011 dispone ai commi
successivi: «10. Gli interventi di cui al comma 9 non
possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri
storici o in aree ad inedificabilità assoluta, con
esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il
titolo abilitativo edilizio in sanatoria. 11. Decorso il
termine di cui al comma 9, e sino all’entrata in vigore
della normativa regionale, agli interventi di cui al
citato comma si applica l’articolo 14 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
anche per il mutamento delle destinazioni d’uso.
Resta fermo il rispetto degli standard urbanistici,
delle altre normative di settore aventi incidenza sulla
disciplina dell’attività edilizia e in particolare delle
norme antisismiche, di sicurezza, antincendio,
igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell’ambiente e
dell’ecosistema, nonchè delle disposizioni contenute
nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 12. Le disposizioni dei commi 9, 10 e 11 si applicano anche nelle
Regioni a statuto speciale e nelle province autonome
di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative
norme di attuazione. 13. Nelle Regioni a statuto
ordinario, oltre a quanto previsto nei commi
precedenti, decorso il termine di sessanta giorni
(dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto) e sino all’entrata in
vigore della normativa regionale, si applicano, altresì,
le seguenti disposizioni: a) è ammesso il rilascio del
permesso in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi
dell’articolo 14 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il
mutamento delle destinazioni d’uso, purchè si tratti
di destinazioni tra loro compatibili o complementari;
(b) i piani attuativi, come denominati dalla legislazione regionale, conformi allo strumento urbanistico generale vigente, sono approvati dalla giunta
comunale) 14. Decorso il termine di 120 giorni (dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto) le disposizioni contenute nel
comma 9, fatto salvo quanto previsto al comma 10, e
al secondo periodo del comma 11, sono immedia-
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Il nuovo panorama
Il quadro di riferimento appare oggi, insomma, modificato in un senso certamente deciso: alla tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, denominato “cessione di cubatura” si
accompagna la previsione dell’accesso ai Registri immobiliari di siffatte operazioni traslative, indipendentemente dalla espressione della qualità giuridica specifica dei diritti edificatori.
Al legislatore deve essere certamente riconosciuto il merito di avere fotografato una realtà che con
forza stava trovando emersione nella pratica, attraverso il ricorso a metodiche poco trasparenti.
Il limite della disposizione è in un certo senso rappresentato proprio dall’aver regolato la pubblicità
della fattispecie, senza disciplinare il fenomeno giuridico in sé; il richiamo della memoria è al
meccanismo di cui all’art. 2645-ter c.c., con un dato differenziale però chiaro: nell’ipotesi dei diritti
edificatori l’esecuzione della formalità della trascrizione era già effettuata nella prassi sia pure con
il ricorso ricostruttivo dell’ipotesi in termini di servitù (altius non tollendi o inaedificandi); nel caso,
invece, dell’atto di destinazione che diviene trascrivibile, la nuova disposizione ha imposto limitazioni soggettive (in ordine alla individuazione dei beneficiari) e di validità e/o di efficacia (in
ordine all’espressione di un giudizio di meritevolezza ai sensi dell’art. 1322 c.c.) che hanno impedito
all’istituto di avere nuova vitalità e concreta applicazione nella quotidiana pratica giurdica.
L’esigenza di una regolazione della materia, che era già emersa durante l’attesa dell’auspicata
conversione in legge del decreto, dall’analisi degli emendamenti presentati al testo, conferma la
sostanziale condivisione da parte di tutti gli schieramenti politici dei profili definitori e pubblicitari
dettati dal legislatore d’urgenza.
Dalla lettura della disposizione emergono alcuni dati di rilievo che è necessario sottolineare:
97
La natura giuridica dei diritti edificatori
Il legislatore ha reputato che per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, essendo
insufficienti gli strumenti offerti dalle amministrazioni comunali (sia pure innovativi quali, in via
meramente esemplificativa, i titoli di credito di cubatura da esse stesse emessi) all’articolo 2643 del
codice civile, dopo il n. 2, dovesse essere inserito il seguente numero 2-bis secondo il quale «i
contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati,
previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale» devono
essere trascritti.
Per lungo tempo è stato sollevato il dubbio che la cubatura potesse essere considerata quale bene
giuridico autonomo, valutabile dal punto di vista patrimoniale84.
La questione è prepotentemente riemersa oggi all’indomani della approvazione delle nuove norme.
Dalle prime letture, emergono due schemi interpretativi.
tamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario
che non hanno provveduto all’approvazione delle
specifiche leggi regionali. Fino alla approvazione di
tali leggi, la volumetria aggiuntiva da riconoscere
quale misura premiale, ai sensi del comma 9, lettera a,
è realizzata in misura non superiore complessivamente al venti per cento del volume dell’edificio se
destinato ad uso residenziale, o al dieci per cento della
superficie coperta per gli edifici adibiti ad uso diverso.
Le volumetrie e le superfici di riferimento sono
calcolate, rispettivamente, sulle distinte tipologie
edificabili e pertinenziali esistenti ed asseverate dal
tecnico abilitato in sede di presentazione della documentazione relativa al titolo abilitativo previsto».
84 Sia consentito un richiamo al mio «Dalla cessione di
cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura…», cit.,
p. 339-438, in ordine alla ricostruzione delle ipotesi
dogmatiche formulate al proposito.
G. Trapani
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
!. La teoria dello ius in re aliena
È stato di recente sostenuto85 che - escluso il carattere obbligatorio della fattispecie, quale specie di
diritto di credito - il diritto edificatorio possa, invece, essere ricondotto agevolmente allo schema del
diritto assoluto ed in particolare del diritto reale. È stato infatti al riguardo segnalato poi che una
tale lettura abbia maggiore forza proprio a seguito della recente modifica normativa ed inoltre che,
per altro verso, la ricostruzione dogmatica dei diritti edificatori quale bene risenta di una difettosa
prospettiva storica, ormai superata appunto in base al recente dato positivo.
Secondo tale impostazione, infatti, presupposto un interesse pacificamente meritevole di tutela
(quale la circolazione dei crediti edificatori, mediante l’accesso ad un sistema pubblicitario tecnicamente affidabile), era proprio l’assenza di una specifica norma ad imporre la ricerca una ricostruzione dogmatica della volumetria quale “bene giuridico” in sé, idonea ad impedire la violazione
del principio del numerus clausus dei diritti reali.
Un tale sforzo di ricerca e di interpretazione sarebbe oggi sulla base delle considerazioni appresso
indicate oggi del tutto inutile.
Secondo tale opinione, il nuovo n. 2-bis dell’art. 2643 c.c., andrebbe letto in consecuzione con il numero
3 che segue immediatamente della stessa disposizione che fa riferimento alla trascrizione nei Registri
immobiliari dei contratti, che sui «diritti menzionati nei numeri precedenti» costituiscono una
comunione, fenomeno normativamente riferibile proprio alla proprietà e agli altri diritti reali.
98
Un tale riferimento letterale consentirebbe di qualificare i diritti edificatori in termini di realità. Si
tratterebbe, infatti, secondo una tale impostazione, di un diritto reale e tipico proprio per effetto di
due controprove; in primo luogo, se la volumetria fosse realmente un bene, non sarebbe stata affatto
necessaria l’autonoma previsione del n. 2-bis, ma sarebbe semplicemente stato sufficiente
ricondurre il c.d. bene ad una situazione giuridica tipica, quale il diritto di proprietà86.
In secondo luogo, la conferma in positivo di una tale impostazione, discenderebbe dall’evoluzione
testuale della norma in sede di conversione, mediante la previsione normativa del contratto costitutivo del diritto edificatorio.
Ebbene, la costituzione non sarebbe neppure concepibile, se fosse vero che la volumetria è bene in sé;
se la potenzialità edificatoria al pari del suo incremento, a seguito di previsione urbanistica, si
costruisce come facoltà insita nel diritto dominicale, deriverebbe che tale facoltà assurga ad
autonoma situazione giuridica soggettiva riconducibile allo schema della costitutività.
Secondo tale indirizzo, resterebbe ancora da spiegare la possibilità che un diritto qualificato come
reale, possa essere acquistato da un soggetto nella cui sfera giuridica può anche mancare un bene
85 G. AMADIO espressa autorevolmente sinora solo
verbalmente in numerosi interventi dall’Autore e
pubblicata in questo volume con il titolo «I diritti
edificatori: la prospettiva del civilista». Nello stesso
senso, B. CRETELLA, «Trascrizione degli atti relativi a
“diritti edificatori” (c.d. cessione di cubatura o di volumetria)», in Gazz. not., 2011, p. 481. Una soluzione per
così dire eterodossa è proposta da G.A. DI VITA,
«Riflessioni sul tema cessione di cubatura: una lettura
provocatoria della novella», in Il Notaro, 2011, p. 89 e
ss.
86 Una tale considerazione sembra, invero, in contraddizione con la prospettiva di partenza secondo la
quale appunto era proprio l’assenza di una specifica
norma ad imporre la ricerca una ricostruzione
dogmatica della volumetria quale “bene giuridico” in
sé, idonea ad impedire la violazione del principio del
numerus clausus dei diritti reali. Inoltre, è la legge a
dettare lo statuto del bene; senza la norma sarebbe
difficile immaginare la trascrizione degli atti circolatori aventi ad oggetto la cubatura in volo.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
idoneo alla sua realizzazione; invero, sempre secondo tale opinione alle medesime difficoltà
andrebbe incontro anche la teoria che identifica nella cubatura un bene autonomo, poiché la
“proprietà della volumetria” non potrà cioè mai diventare proprietà di un edificio, se non in quanto
quell’acquirente disponga di un suolo su cui costruire. Il vero limite, insomma, di ogni ricostruzione
sarebbe rappresentato dal c.d. diritto in volo.
In realtà, può osservarsi al contrario che la volumetria è bene in sé proprio perché è giuridicamente e
di fatto del tutto indipendente dalla realizzazione di un fabbricato futuro, edificato in forza di essa
cubatura: si pensi, ad esempio, non solo all’ipotesi in cui il titolare non voglia per le ragioni più
disparate (personali o economiche) realizzarlo, ma anche al caso in cui per effetto di modifiche
normative (nazionali, regionali semplicemente di piano), successive alla origine dei diritti edificatori o al loro trasferimento all’attuale titolare, la capacità edificatoria venga ridotta o addirittura
del tutto annullata, ponendo seri problemi evizionali.
Invero, il bene cubatura (volumetria o diritti edificatori che dir si voglia), non subisce alcuna mutazione
genetica o fisiologica se è incorporato ad un’area o a un fabbricato87 o se è in volo: questo semmai è
proprio il limite della impostazione che qualifica la fattispecie quale diritto reale, trovandosi inevitabilmente a dover rintracciare un bene che forma oggetto del diritto stesso88. Tale ultima osservazione, inoltre, appare non propria in quanto sovrappone la lettura e la ricerca delle regole di circolazione con l’analisi del contenuto del bene stesso, come destinato alla circolazione.
Secondo l’impostazione riferita che qualifica la fattispecie in esame in termini di realità, non si tratterebbe, però, di un diritto reale su cosa altrui, atteso che in tal caso sarebbe necessario che il bene,
su cui il nuovo diritto dovesse esercitarsi, fosse oggetto di una concorrente proprietà (nuda) altrui,
cosa che in questa materia è radicalmente esclusa. Semmai il richiamo alla superficie potrebbe
essere utile magari per ricostruire il contenuto della situazione giuridica, con il conseguente distacco
di una facoltà inerente il dominio e la sua elevazione a diritto a sè stante.
In conclusione, secondo tale tesi, il nuovo n. 2-bis del 2643 costituirebbe tipizzazione di un contratto
e riconoscimento di un nuovo diritto reale. Il trasferimento dei diritti edificatori potrebbe essere
qualificato contratto consensuale avente a oggetto il trasferimento di un diritto reale, che ha come
contenuto lo sfruttamento edificatorio (in misura quantitativamente predeterminata) del suolo.
Le difficoltà di una tale impostazione sorgono, come è evidente, laddove è logicamente obbligata ad
affermare che la vicenda costitutivo-realizzativa del diritto previsto dalla nuova disposizione si
svolge in relazione a due beni distinti, con evidente «deviazione dal paradigma tradizionale, in cui il
diritto (anche su cosa altrui) nasce e si esercita con riferimento allo stesso bene», nonché laddove
afferma che l’inerenza al bene su cui il diritto deve esercitarsi potrà mancare nell’ipotesi di diritto
edificatori creati originari, ossia svincolati da un legame con un fondo sorgente, diritti ai quali
proprio il nuovo termine “costituiscono (posto appunto dopo il termine “trasferiscono”, impiegato
dal legislatore nella stesura del testo adottato in occasione del decreto legge, prima della
conversione) sembra, invece, appunto alludere.
87
Si pensi all’ipotesi della demolizione e successiva
ricostruzione con diversa sagoma di un edificio preesistente.
88
In tutti gli atti notarili, ad esempio, la struttura
lessicale «vendo la mia casa di abitazione sita in …»
sottintende evidentemente proprio il trasferimento
del diritto di proprietà che ha ad oggetto la casa di
abitazione stessa. Ebbene, in questo caso, il trasferimento della cubatura sottintende il trasferimento
del diritto di proprietà del bene “cubatura”, “diritti
edificatori” o “volumetria”, che dire piaccia.
G. Trapani
99
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
Non si pone in realtà un problema di irrealizzabilità tecnica di una trascrizione non riferita direttamente a un immobile, ma al contrario proprio di una definizione tecnica della stessa, come
emerge dall’attesa dell’intervento di un decreto attuativo del numero 2-bis. È la norma a prevedere,
infatti, la trascrizione nei Registri immobiliari degli atti di trasferimento aventi ad oggetto la
cubatura in volo.
È evidente che la fattispecie “diritti edificatori” non possa assumere colorazioni diverse dal punto di
vista tecnico se è in volo, se sorge, se atterra o se non è originata, ma è sempre eguale a sé stesso in
ogni diversa ipotesi: anzi, è proprio questa la novità vera della nuova disposizione che omologa dal
punto di vista della pubblicità i diritti edificatori comunque denominati, siano essi previsti da
normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.
I primi interventi dell’Agenzia del territorio, ancor oggi all’attenzione di alcuni tribunali e non
pubblicati, sembrano proprio confermare la diversa impostazione che conduce alla cosificazione
della cubatura, trascrivendo con riserva gli atti che difettano di determinazione contenutistica della
volumetria medesima, in relazione alle disposizioni che lo regolano.
2. La teoria della cubatura quale bene
È stato sostenuto, per altro verso, sviluppando i contributi offerti dalla dottrina e dalla giurisprudenza anteriori alla riforma del 2011, che la volumetria costituisca appunto una res.
100
Sarebbe, tuttavia, troppo semplice per sostenere l’opinione della reificazione della cubatura che si
preferisce, richiamare o enfatizzare letture testuali della disposizione89, ricordandone la genesi:
l’uso al plurale e non al singolare del termine diritti (e non diritto) edificatori, (in contrasto con l’accezione singolare del termine diritto nell’art. 2643 c.c.)90, la distinzione tra i contratti di cubatura e
l’oggetto di essi quali diritti edificatori (con il retaggio di difficoltà che una tale ipotesi recherebbe
in sé) e l’altrettanto ovvia (ma non scontata) affermazione in senso opposto che il termine “diritti
edificatori” non sarebbe altro che un sinonimo, magari più elegante, dei termini forse abusati
“cubatura” e “volumetria”.
Sarebbe troppo semplice in tale luce enfatizare l’endiade “comunque denominati” che segue le
parole “diritti edificatori”, per significare che l’accezione alla quale il legislatore si riferisce
prescinde dal dato nominalistico, anche se evidente che è proprio il dato testuale già in prima
lettura a condurre ad un’interpretazione diversa da quella che riconduce la fattispecie ad un nuovo
diritto reale, tipico in quanto previsto proprio dalla nuova disposizione (art. 2643 n. 2-bis c.c.).
Va subito ricostruita la fattispecie alla luce dell’inciso del comma 3 dell’art. 5 della legge n. 106 del
2011: l’introduzione del meccanismo della pubblicità nei Registri immobiliari per il nuovo tipo di
contratto tipizzato allo scopo di «garantire certezza nella circolazione dei diritti»; a tal fine,
andranno trascritti tutti i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori
comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.
Deve, invece, essere ribadito - contrariamente all’opinione di coloro che in tale assunto vedono un
limite della lettura che si preferisce - che è proprio lo studio della prospettiva storica a condurre alla
89 Il riferimento è proprio all’aver vissuto quasi in
diretta con alcuni amici la nascita della disposizione.
concedente e dell’enfiteuta in cui il plurale riguar-
90
dell’utilista.
Con la sola eccezione del riferimento ai diritti del
derebbe proprio la diversità del diritto del direttario e
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
qualificazione della volumetria quale bene: la trascrizione è, infatti, funzionale ad un meccanismo
di circolazione che abbia il canone della certezza, principio che l’assenza di un intervento normativo
rendeva e renderebbe, invece, estremamente difficoltoso; non si trattava, infatti, soltanto di
ammettere semplicemente un tale ingresso per le operazioni di micropianificazione urbanistica,
ricondotte ormai pacificamente, secondo lo schema maggioritario, alla servitù (altius non tollendi o
inaedificandi), ma di trovare piuttosto delle soluzioni tecnico giuridiche che realizzassero tale
obiettivo, indipendentemente dall’ambito generativo della cubatura; l’esigenza di regole sicure di
circolazione è avvertita, insomma, non solo in relazione ad un’ipotesi di tipo tradizionale quale
appunto è la micropianificazione urbanistica, ma anche in ipotesi in cui vi sia il ricorso a
meccanismi perequativi, compensativi, incentivanti o, per rendere l’ipotesi ancor più complessa, di
tipo misto. Inoltre, l’introduzione dell’obbligatorietà della trascrizione per la realizzazione degli
effetti di cui all’art. 2644 c.c. in tutte le ipotesi di cessione di cubatura, quale sia la fonte o il
contenuto di un tale bene, comunque siano essi denominati, consente di superare tutte le opinioni
in ordine qualificazione delle operazioni di cubatura anteriori alla riforma, tale da consentire
l’emersione pubblicitaria di tali atti.
Il ricorso a mere scritture private non autenticate, la semplice sottoscrizione di elaborato
progettuali, o in altri casi l’adesione a convenzioni e la creazione di carthulae che inglobano siffatti
diritti, nella prospettiva di una prossima cartolarizzazione, il tutto regolato non tanto o non solo da
leggi regionali tra loro dissonanti e scarne norme nazionali, ma soprattutto da disposizioni di piani
regolatori diversi da comune a comune o addirittura da da strumenti di pianificazione territoriale,
non ben precisati e talora non chiare nella loro portata ed efficacia, rendeva la materia particolarmente delicata e permetteva l’espressione di una seria preoccupazione non solo da parte dei
tecnici del settore e dei pratici del diritto, ma anche e soprattutto da parte della pubblica amministrazione che avrebbe perso contezza della identificazione soggettiva del soggetto titolare della
fattispecie.
La capacità edificatoria di un lotto, espressa in termini di volumetria, rappresenta sempre di più,
anche nel comune sentire e nelle previsioni normative delle regioni, un valore economico che costituisce esso stesso oggetto direttamente di attività negoziale tra privati.
La difficoltà maggiore nell’ammettere che la cubatura possa formare oggetto di diritti è, però, legata
alla impossibilità di immaginare che lo spazio aereo connesso alla proprietà del suolo possa essere
oggetto di diritti separatamente dalla proprietà del suolo91. Quest’ultima è però ormai una
prospettiva non solo sbagliata, ma anche superata dalle recenti evoluzioni del dato positivo.
Oggetto di diritti e, quindi, oggetto di trasferimento può essere solo la porzione di materia, la res
corporalis, e lo spazio non è una cosa, bensì il mezzo in cui si trova l’oggetto del diritto92.
Essenziale è, tuttavia, sulla questione l’interpretazione dell’art. 810 c.c. che recita «sono beni le cose
che possono formare oggetto di diritti»93; tale disposizione offrirebbe un criterio di qualificazione
solo per quei beni definibili cose.
91 Sul punto, M. LEO, «Il trasferimento di cubatura»,
cit., p. 671, P. URBANI, «Conformazione della proprietà
diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei
suoli», cit., p. 908.
92
In questo senso, M. LEO, «Il trasferimento di
cubatura», cit., p. 671.
93 Tale
disposizione manca nel codice civile del 1865
nel quale l’art. 406 così recitava: «… tutte le cose che
possono formare oggetto di proprietà pubblica o
privata sono beni immobili o mobili».
G. Trapani
101
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
Vi sono cose che non sono beni e non possono formare oggetto di diritti e beni che, d’altro canto,
non sono cose94. In realtà, il concetto di bene è più ampio del concetto di cosa, comprendendo non
solo le cose materiali o corporali (tra le quali sono le energie), ma anche quelle entità immateriali o
ideali che pur non essendo cose sono idonee a formare oggetto di diritti, per la soddisfazione degli
interessi tutelati dal nostro ordinamento giuridico95.
La scelta normativa del legislatore del 1942 permette di attribuire al termine cosa il significato di
porzione materiale o ideale, ma determinata del mondo esteriore che diviene bene in senso
giuridico proprio nel momento in cui è idonea ad adempiere una certa funzione economica96.
Le cose per potere costituire oggetto di rapporti giuridici debbono essere beni: «ciò vuol dire che
debbono essere utili, atte a soddisfare un bisogno umano, senza di che mancherebbe persino l’interesse giuridicamente tutelabile»97; ed il bene costituisce, insomma, l’oggetto del diritto
soggettivo98.
Resterebbe, comunque, da chiarire se, qualificata la cubatura come bene astrattamente idoneo a
formare oggetto di diritto e quindi di per sé trasferibile, la situazione giuridica della quale formi
oggetto possa essere ricondotta tra quelle reali o tra quelle personali99, rispetto al bene immobile100
al quale inerisce.
102
È stato affermato101, anticipando con sensibilità una tendenza dai connotati all’epoca di redazione
dello studio solo appena precisati, che pur non risultando difficoltoso verificare se riguardo alla
fattispecie in esame sussistano astrattamente i presupposti per adattare «la disciplina civilistica dei
beni o estendere ad essa la tutela delle situazioni proprietarie», in concreto l’utilizzabilità delle
potenzialità edificatorie del fondo, se non è un bene in senso tecnico giuridico, è certamente almeno
un’utilità oggettiva del lotto, in grado di avere un valore economico, magari anche notevole,
espresso tecnicamente dal rapporto matematico ed ingegneristico tra i metri quadrati di superficie
94 F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto
civile, Napoli, 1989, p. 55.
95 M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», cit., p. 672; S.
CERVELLI, op. cit., p. 1.
96 In questo senso, S. CERVELLI, op. cit., p. 1. Ricorda
C.M. BIANCA, Diritto civile, tomo 6, La proprietà, 1999,
Milano p. 54 che alle nozioni di bene e cosa corrispondono i termini bona e res delle fonti romane; la
prima rileva per il suo valore intrinseco economico, al
netto delle passività.
97 L’espressione è di F. SANTORO PASSARELLI, op. cit., p.
55 il quale aggiunge che i beni devono poi essere
suscettibili di appropriazione atteso che un bisogno
umano quale l’aria e l’acqua fluente proprio perché
comune a tutti non può formare oggetto di rapporto
giuridico.
98 C.M. BIANCA, op. cit., p. 50.
99
Secondo F. SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 56 la
proprietà e gli altri diritti reali che dalla res si
chiamano reali hanno ad oggetto una porzione della
materia e si distinguono dagli altri diritti soggettivi
appunto per il fatto che «pur indicendo, come ogni
altro diritto, una relazione fra soggetti, investono
direttamente la res» tanto che la generalità degli altri
soggiace ad un obbligo secondario di astensione.
L’oggetto degli altri diritti è invece non una cosa ma
un comportamento del soggetto passivo (come nel
diritto di credito) o del soggetto attivo (come nel
diritto potestativo), anche se serve per procurare una
cosa.
100 L’art. 812 c.c. definisce beni immobili il suolo, le
sorgenti e i corsi d’acqua gli alberi gli edifici e le altre
costruzioni anche se unite al suolo a scopo transitorio,
e in genere tutto ciò che è incorporato al suolo. Al
secondo comma statuisce che sono altresì reputati
immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o
all’alveo e sono destinati ad esserlo in modo
permanente per la loro utilizzazione.
101 M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», cit., p. 699 e
ss.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, in rappresentazione figurativa delle
dimensioni che la futura costruzione dovrà avere.
Il rapporto matematico, insomma, è l’unità di misura della cubatura che in quanto tale è in sé stessa
bene in senso giuridico e non esso stesso un sinonimo della volumetria102 ed il bene-cubatura, in
quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto103.
Il segno dell’evoluzione del pensiero giuridico sul punto è però evidente, nell’ammettere che la
cubatura, quale bene giuridico autonomo non urta, poi, con il principio del numero chiuso dei
diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto104, bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua
102
Al pari delle altre unità di misura (litri, grammi,
chilometri, metri e così via) il rapporto matematico
tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri
cubi di costruzione edificabili sul medesimo, è la
misura della cubatura e non la cubatura essa stessa.
Solo superando un tale equivoco, è possibile
affermare che la cubatura è essa stessa bene in senso
giuridico.
103 C.M. BIANCA, op. cit., p. 54 afferma che beni sono
tutte le entità fisiche o ideali idonee a costituire
oggetto di diritto; le cose sono invece i beni corporali.
104
Tale opinione è stata sostenuta da G. RIZZI, op. cit.,
p. 12; l’Autore, partendo da un’indagine approfondita
delle norme che disciplinano la materia delle
operazioni su volumetria nella Regione Veneto nella
quale Egli vive ed opera, trae le conclusioni della sua
analisi tentando di delineare alcune linee in ordine
alla definizione della natura giuridica della fattispecie; innanzi tutto afferma che il credito edilizio
non può esser certo ricondotto ad alcuna fattispecie
di diritti reali tipici atteso che nel caso di specie anche
il ricorso alla servitù (o ad altro diritto reale tipico)
apparirebbe vano, in considerazione del fatto che la
cubatura edificabile che il credito edilizio stesso
rappresenta «perde ogni collegamento con il bene
immobile oggetto dell’intervento o della cessione che
ha determinato il credito medesimo, potendo lo
stesso circolare ed essere negoziato in maniera
autonoma» (p. 12); aggiunge poi che la fattispecie non
può assumere una colorazione esclusivamente obbligatoria e che in realtà la «prestazione cui ha diritto il
titolare del credito (consistente nella possibilità di
utilizzare un determinata quantità volumetrica ai fini
edilizi) sia suscettibile di valutazione economica»; è
evidente infatti che non mancano i profili di realità: 1)
«titolare di detto credito non può che essere il
proprietario di un immobile oggetto di uno degli
interventi di riqualificazione urbanistico/ambientale;
2) il credito per la sua realizzazione presuppone la
titolarità in capo al creditore di un immobile» «nel
quale riversare la quantità volumetrica riconosciuta
dal credito». Attese tali premesse, l’Autore afferma
quindi che il credito edilizio è un diritto atipico di
natura reale, posta la non unanime adesione al
principio del numero chiuso dei diritti reali, che
tuttavia la Suprema Corte ha dimostrato di preferire
con la pronuncia citata n. 6807/88 pubblicata in Nuova
giur. comm., 1989, I, p. 372 con nota M. COSTANZA con
nota (anepigrafa), già cit., affermando che nella
cessione di cubatura si è in presenza di un trasferimento diritto reale immobiliare. Invero, dalla
lettura dello studio di Giovanni Rizzi emerge chiaramente il tentativo di superare il muro che separa la
concezione (pur gravida di incognite) della cubatura
quale diritto reale atipico dalla cubatura quale bene
in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità
economica, che può, a sua volta, costituire oggetto di
diritti reali ovvero, secondo la prospettazione delle
parti, di un rapporto obbligatorio, impostazione che a
tacer d’altro incontra a suo favore non solo il dato
normativo, ma anche il sentire comune. L’Autore
avverte infatti la forte esigenza che la cubatura sia
destinata a circolare in modo autonomo; inoltre, la
qualificazione del credito edilizio «in termini di diritto
reale atipico» (p. 18) consegue ad un’attività interpretativa di una situazione giuridica che concerne la
materia urbanistica che ben rientra nella competenza
concorrente del legislatore regionale al quale spetta la
regolazione del governo del territorio (art. 117,
comma 3 Cost.). Ad una tale ricostruzione, che rievoca
nella materia della compensazione e della perequazione il ricorso allo schema del diritto reale
atipico, pur nella meritevolezza delle istanze che la
motivano, non è di impedimento l’eventuale deroga
al principio del numero chiuso, quanto la regola che
nega alle facoltà l’autonomia del diritto cui
attengono. È inaccettabile, infatti, ammettere che le
singole facoltà possano essere rese autonome e
trasferite quali specifici diritti reali, dotati di vita
propria e proprie regole di circolazione. Il diritto di
proprietà non è, in realtà, un fascio di facoltà
autonome separabili, ma un diritto pieno ed unitario
che può essere compresso per effetto della costituzione di diritti reali parziali per poi riespandersi a
seguito della loro estinzione.
G. Trapani
103
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed in particolare oggetto
di diritti reali105.
Secondo un’autorevole opinione106, «mentre il suolo è immobile per sé, la fabbrica è immobile in
quanto costituisca accessorio del suolo»; i beni immobili sono, in altre parole, tali per effetto dell’accessione, in virtù di un legame che opera finché non venga sciolto. La qualità immobiliare discende
dalla incorporazione naturale o artificiale rispetto al suolo e si verifica allorquando la cosa mobile
«faccia corpo al suolo» e «si immedesimi con esso, formando un tutto inseparabile senza danno»107.
Il termine immobile, insomma, secondo tale impostazione, usato in senso proprio serve per
distinguere una classe di beni, in senso improprio «vale solo ad indicare il rapporto di accessione tra
una cosa e l’altra»: in senso improprio, insomma, alcune cose mobili sono immobili in relazione al
loro rapporto con altre, proprio perché non si possono considerare disgiunte da queste108. Il regime
immobiliare trova applicazione solo in quanto queste cose siano in connessione con gli immobili
veri e propri.
Un esempio può agevolare la comprensione.
Con riguardo agli alberi, essi sono dichiarati immobili per natura: l’esecuzione immobiliare sul
fondo si estende agli alberi, mentre un’esecuzione separata su di essi non è possibile, perché danneggerebbe l’agricoltura109. Quanto ai frutti, invece, pur essendo anch’essi immobili per natura è
possibile l’esecuzione separata nella forma mobiliare. Essi stessi, ad esempio, possono formare
oggetto di furto, reato che concerne evidentemente i beni mobili.
104
105 F. PATTI - F. RUSSO, op. cit., p. 1686, i quali
distinguono il caso della concentrazione di cubatura,
dal caso della cessione in senso tecnico nel quale
oggetto del trasferimento è la cubatura in sé, quale
autonomo oggetto del rapporto tra le parti, al quale si
accompagna una servitù di non edificazione corrispondente alla misura di volumetria rinunciata dal
cedente. Gli Autori sottolineano poi che la cessione di
cubatura costituisce un’indubbia operazione
socialmente utile, in grado di soddisfare variegati
interessi pubblici e privati. Nello stesso senso di
recente R. CONTI, op. cit., p. 422, il quale sostiene che
non vi è alcun conflitto tra cubatura e principio del
numero chiuso dei diritti reali; la cubatura infatti non
è un diritto ma l’oggetto di esso: «è il bene giuridico
economicamente apprezzabile che può formare
oggetto di un diritto reale ovvero di un rapporto
obbligatorio». Secondo P. URBANI, «Conformazione
della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d’uso dei suoli», op. cit., p. 908, l’impossibilità
di qualificare il diritto edificatorio come diritto reale,
sganciato dalla proprietà dell’area, come diritto reale,
per la tipicità di essi, ha condotto a valutare la fattispecie «in termini di bene immateriale e si è coniata la
formula del credito edilizio o volumetrico ricorrendo
in luogo del contratto di trasferimento della volumetria al contratto con effetti obbligatori»; creditore
sarebbe il privato titolare del diritto edificatorio
debitrice l’amministrazione comunale tenuta ad
adempiere l’obbligazione; può, invero, obiettarsi a
tale ultima impostazione che la reificazione dei diritti
edificatori importa la loro soggezione ad un diritto
soggettivo (reale o di credito), restando piuttosto
sempre qualificabile come interesse legittimo la
posizione nei confronti della pubblica amministrazione. In tal modo non si urta alcuno dei principi
portanti del nostro ordinamento giuridico. La configurazione che si accoglie permette di escludere che i
contenziosi tra privato possano coinvolgere la
pubblica amministrazione, che è e resta arbitro della
moneta urbanistica. Sulla questione del numero
chiuso, diffusamente anche C.M. BIANCA, op. cit., p.
133 e ss.
106 S. PUGLIATTI, Beni e cose in senso giuridico,
pubblicato nel volume Scritti giuridici, vol. IV, 19581964, Milano, 2011, p. 620.
107 L’espressione è di S. PUGLIATTI, op. cit., p. 622.
108 Sul punto S. PUGLIATTI, Beni immobili e beni mobili,
pubblicato nel volume Scritti giuridici, vol. V, 19651996, Milano, 2011, p. 692, al quale appartiene
l’espressione virgolettata.
109 In questo senso, S. PUGLIATTI, Beni immobili e beni
mobili, cit., p.692.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
In realtà, la dottrina prevalente reputa che quando la legge detta in un caso per i mobili le disposizioni relative agli immobili in altro distingue nettamente o ancora quando in generale le disposizioni relative agli immobili vengono estese a certi mobili, questi agli effetti della legge sono beni
mobili, atteso che «i beni sono mobili o immobili non tanto perché astrattamente considerati tali,
ma quanto perché concretamente regolati in un modo o nell’altro»110. I frutti in definitiva sono
mobili per certi effetti e per altri effetti immobili, in funzione della previsione normativa.
Tali considerazioni possono agevolmente estese alla fattispecie in esame.
Si tratterebbe in specie nell’ipotesi della cubatura di un bene immateriale di origine immobiliare111, certamente lecito e possibile e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di
cui all’art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile112.
Nessun ostacolo si frapporrebbe, in tal caso, ad ammettere che la volumetria possa essere intesa
quale bene autonomo in senso economico e di conseguenza costituire oggetto di diritto reali,
qualsiasi forma e struttura abbia assunto il negozio; in una tale ottica, andrebbe, poi, distinta la
circolazione del bene cubatura dalla sua fruizione: la prima, devoluta esclusivamente alla regolamentazione pattizia, la seconda, subordinata all’esito favorevole dell’attività provvedimentale della
pubblica amministrazione113.
Ulteriore conferma di una siffatta soluzione è possibile rinvenire nella ricostruzione tecnico giuridica di alcune fattispecie del tutto speculari seppur afferenti materie del tutto diverse, alle
operazioni aventi ad oggetto i diritti edificatori.
Il primo esempio è offerto dalle c.d. quote latte: nel contesto della disciplina emanata in applicazione delle normativa comunitaria avente ad oggetto la regolazione le quote della produzione del
latte bovino assegnate a ciascun produttore, la titolarità di essa compete al produttore nella sua
qualità di conduttore dell’azienda agricola, salve diverse pattuizioni tra le parti (art. 10, comma 1
della legge 26 novembre 1992, n. 468); il secondo comma della stessa disposizione prevede poi che
il conduttore possa cedere o affittare totalmente o parzialmente, anche per singole annate, la quota
latte senza alienare l’azienda agricola, a condizione che l’azienda del produttore cessionario sia
ubicata nella medesima regione e si trovi in un territorio della medesima categoria.
La quota latte è perciò un bene immateriale, incorporale, collegato all’azienda dell’allevatore quale
elemento di essa, e non più al terreno. Si tratta, insomma, di un bene oggetto di una specifica tutela
giuridica il diritto sul quale, esercitato dal rispettivo titolare, è ricostruito dalla giurisprudenza
europea114 e costituzionale115 quale diritto di proprietà, che può essere dismesso in cambio di
110
In questo senso, S. PUGLIATTI, Beni immobili e beni
mobili, cit., p. 694.
111 È ipotizzabile in questo senso che la cubatura in
quanto bene immateriale di origine immobiliare
possa costituire oggetto di usufrutto ed anche di
possesso. La qualcosa non deve destare perplessità
ben potendo anche le energie costituire oggetto di
possesso.
112
Nessun dubbio anche in ordine alla divisibilità
della cubatura tra la pluralità di aventi causa.
113 F. PATTI - F. RUSSO, op. cit., p. 1689 affermano che se
la circolazione del bene cubatura potrà essere attuata
con il ricorso a schemi negoziali aventi una struttura e
caratteri squisitamente privatistici, il suo godimento
è piuttosto «strettamente legato all’intervento della
P.A. e si realizza al momento in cui emana il provvedimento abilitativo della costruzione».
114 Si tratta della pronuncia n. 44/89 del 22 ottobre
1991 della Corte di giustizia.
115 Il riferimento è al giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale di cui alla sentenza 10-11
dicembre 1998, n. 398. in Gazz. uff., Rep. it., serie
speciale 1^, 16 dicembre 1998, n. 50, p. 11. La quota
latte è definita dal Giudice delle leggi quale un bene
G. Trapani
105
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
un’indennità o ceduto in tutto o in parte, definitivamente o temporaneamente a favore di un terzo
in cambio di un certo prezzo.
Altra ipotesi è il c.d. diritto al reimpianto del vitigno116 che può esser trasferito a favore di altri viticoltori, con modalità autonome rispetto all’azienda di appartenenza originaria che siano determinate tra le parti convenzionalmente. Una tale fattispecie acquisisce in tal modo il rilievo
oggettivo di un vero e proprio bene - nel significato di cui all’art. 810 c.c. - del tutto indipendente
anch’esso rispetto al terreno di riferimento.
Ipotesi del tutto analoga è quella dei diritti/titoli all’aiuto, la cui disciplina frammentata117 prevede
che l’agricoltore al quale tali quote sono assegnate in alternativa alla richiesta di pagamento possa
trasferirle unicamente ad altro agricoltore stabilito nello stesso Stato membro118, «a titolo oneroso o
mediante qualsiasi altro trasferimento definitivo, con o senza terra». Si tratta anche in questo caso di
beni immateriali, sia pure collegati ad un bene immobile, secondo l’interpretazione preferibile119.
La dottrina, pur ricostruendo nei termini di volta in volta sopra ricordati, la fattispecie della
cessione di volumetria, senza giungere, se non occasionalmente, a qualificare quale bene in sé la
cubatura stessa ha, tuttavia, sempre dimostrato, nel tempo, un atteggiamento prudente, forse in più
o meno consapevole attesa di un intervento normativo che fosse indice di un segnale di mutamento
da parte del legislatore nazionale.
Il difetto di un elemento normativo nel panorama legislativo di qualsiasi rango ha indotto, poi,
anche la dottrina più lungimirante al termine di un’approfondita analisi a discernere la circolazione
del bene-cubatura, dalla sua concreta fruizione e dal suo godimento sottoposto in ogni caso alla
valutazione amministrativa.
106
Secondo una recente impostazione120, inoltre, la circolazione del bene-cubatura, pur oggettificato
dal punto di vista giuridico, deve essere distinta rispetto al godimento ed allo sfruttamento di essa
sul lotto beneficiato dall’attribuzione, che in ogni caso è subordinata all’esito positivo dell’iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire.
immateriale suscettibile di costituire l’oggetto di
negozi di trasferimento separatamente dal complesso
aziendale al quale inerisce. Nello stesso senso,
sentenza del 26 marzo 6 aprile 1998, n. 100, in Gazz.
uff., Rep. it., serie speciale 1^, del 15 aprile 1998, che in
particolare afferma che la disciplina delle quote latte
non tocca e non altera in alcun modo i rapporti
giuridici tra proprietario ed affittuario, a vantaggio
dell’uno o dell’altro, ma concerne esclusivamente la
regolamentazione dei quantitativi di produzione e la
legittimazione al compimento degli atti relativi.
pianto può essere esercitato su una superficie equivalente a quella oggetto di estirpazione dello stesso
fondo o del fondo altrui purché destinato alla
produzione di vini di qualità prodotti in regioni
determinate (v.q.p.r.d.).
116 Si tratta di una fattispecie regolata dal regolamento del 18 febbraio 1980 n.456/80 diretto ad
incentivare l’abbandono definitivo o temporaneo
delle superfici vinicole, che aveva previsto a favore di
coloro che sceglievano la formula dell’abbandono
temporaneo, il diritto a procedere al reimpianto delle
viti dopo otto campagne vitivinicole; il regolamento
del 16 marzo 1987, n. 822/87, nel vietare ogni nuovo
impianto di viti stabiliva poi che il diritto al reim-
119 Sul punto M.L. MATTIA, «Appunti sul regime di
trasferimento dei diritti all’aiuto previsti dal regolamento Ce n. 1782/2003 nell’ambito della riforma
della politica agraria comune», studio n. 2/2007, della
Commissione Studi comunitari del Consiglio
nazionale del Notariato approvato il 2 febbraio 2007 e
pubblicato sul Notiziario il 21 maggio 2007.
117
Artt. 46 e ss. regolamento Ce n. b1782 del 2003,
regolamento Ce n. 795 del 2004 e art. 10 D.m. 5 agosto
2004.
118 È fatta eccezione per la successione o l’anticipo di
successione.
120 R. CONTI, op. cit., p. 427.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Ebbene, siffatti diritti edificatori, pur costituendo la dimensione quantitativa dello ius aedificandi,
assurgono oggi proprio a seguito dei ricordati interventi del legislatore ordinario, alla dignità di
bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all’art. 810 c.c. e possono costituire essi stessi oggetto
di rapporti giuridici e del diritto soggettivo121.
La cubatura reificata consiste, insomma, in una chance ossia «una potenzialità di trasformazione in
termini volumetrici del territorio»122, ed è bene in sé distinto dal bene finale (la costruzione), la cui
prerogativa è la concreta possibilità di impiego della volumetria corrispondente, proprio in considerazione dell’elevato grado di rigore che anima la disciplina urbanistica ed edilizia. Né una tale
segmentazione può condurre a escludere la cosificazione della cubatura.
Se nessun dubbio vi è infatti in ordine alla possibilità che un contratto possa avere ad oggetto un
bene (rectius la proprietà di un bene) pur non essendo idoneo a produrre effetti reali immediati
(come nelle ipotesi di trasferimenti sospensivamente condizionati o nelle diverse fattispecie di
compravendite ad effetti reali differiti), invero nell’ipotesi della cessione di diritti edificatori il bene
in questione è trasferito dal cedente e dal cessionario, indipendentemente, anzi a prescindere dal
suo concreto, eventuale e futurante sfruttamento edificatorio, che potrà mancare non solo per
decisione del soggetto titolare ma anche per un sopravvenuto intervento normativo.
La peculiarità della fattispecie è, dunque, evidente: le operazioni sulla volumetria si pongono
sull’esatto confine tra diritto amministrativo e diritto civile, atteggiandosi la cubatura quale bene
che può formare oggetto di diritti nei rapporti interprivatistici e contemporaneamente interesse
legittimo nei confronti della pubblica amministrazione strettamente collegato al potere di pianificazione di quest’ultima.
Riemerge, allora, in modo prepotente la questione mai sopita del rilievo che per il giurista hanno le
categorie ordinanti123.
La chance edificatoria - la cui lesione sul piano extracontrattuale è, peraltro, ormai perfettamente
risarcibile - si può conformare, insomma, in modo diverso (quale rispettivamente diritto soggettivo
ed interesse legittimo), in relazione al piano sul quale si opera124: essa è, nei rapporti tra le parti
121 A. BARTOLINI «I diritti edificatori in funzione
premiale…», cit., p. 167, da un lato, afferma che i diritti
edificatori costituiscono «una situazione soggettiva
attinente alla dimensione quantitativa di una facoltà
insita nel diritto di proprietà», dall’altro, si limita ad
aggiungere che il diritto edificatorio «riguarda un
bene della vita oggetto della disciplina del potere di
piano», che in mancanza di un espresso divieto, «può
essere liberamente commerciabile, trattandosi di
diritti personali e non reali naturalmente».
Il proficuo risultato sino ad ora raggiunto parrebbe a
questo punto privo di utili effetti concreti e
sembrerebbe essere stato ricondotto in un alveo
gravido di dubbi se si afferma che per un verso la
cubatura è un bene della vita e, per altro, che essa può
essere liberamente commerciabile, trattandosi di un
diritto personale e non reale; in realtà, seguendo una
tale impostazione dogmatica, si sovrappone il benecubatura al diritto che si esercita su di essa, che invero
a sua volta può essere reale o personale.
122
L’espressione è di A. BARTOLINI, «I diritti edificatori in funzione premiale…», cit., p. 167.
123
Sulla questione delle categorie ordinanti, A.
GAMBARO, I diritti reali come categoria ordinante, in Tratt.
dei diritti reali a cura di A. Gambaro e U. Morello, vol. 1,
Proprietà e possesso, cit., p. 3 e ss.; A. GUARNIERI, Diritti
reali e diritti di credito, in Tratt. dei diritti reali, cit., p. 29;
ID., «Le categorie ordinanti nel diritto civile (a
proposito di Rodolfo Sacco, Il fatto, l’atto, il negozio)»,
in Riv. dir. civ., 2007, p. 547; R. SACCO, Il fatto, l’atto, il
negozio, in Tratt. di diritto civile diretto da R. Sacco,
Torino, 2005.
124 A. GUARNIERI, op. cit., p.42 ricorda la concezione
classica dei diritti reali caratterizzata dal rapporto
giuridico intercorrente tra titolare ed omnes, obbligati
ad astenersi da ogni ingerenza sul bene, sino a
giungere nel distinguere il diritto reale dal diritto di
G. Trapani
107
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
private immediatamente efficace125 sia allorquando il trasferimento opera in volo, senza necessità di
decollo o atterraggio oppure, come avviene, ad esempio, in materia di micropianificazione urbanistica o di perequazione, nelle quali i meccanismi di decollo e atterraggio sono ben definiti;
assume, invece, almeno sino al tempo dell’avvenuto rilascio del titolo edilizio che ne costituisce lo
scopo ultimo126, la veste di interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione127.
Appare evidente, in una tale configurazione della fattispecie, il rilievo del profilo contrattuale e con
esso il ruolo che il notaio deve svolgere, attesi i rischi che la circolazione di siffatta chance, reca
proprio per i suoi chiari profili di indeterminatezza; l’atterraggio potrebbe essere, infatti, impedito,
in concreto, dalla mancanza o dalla scarsità delle aree o ancora da sopravvenienze di tipo normative
o addirittura di fatto.
108
credito in virtù della bipartizione immediatezza/
mediatezza e assolutezza/relatività e sottolinea,
ricordando la rivisitazione offerta da M. GIORGIANNI,
(nella celebre voce Diritti reali, dir. civ., in Nuov. Dig. it.,
Torino, 1968, vol. V, p. 748), che «un punto di
debolezza dell’antitesi è stato costituito in passato
dall’elenco sempre variabile dei diritti reali»;
aggiunge, poi, lo stesso Autore che vanno ricordati
anche i tentativi, soprattutto provenienti dalle
dottrine tedesca e francese dirette a costruire una
categoria intermedia tra diritti reali e diritti di
credito, motivata dall’esigenza di allocare in modo
coerente al sistema alcune ipotesi del tutto peculiari
(quali ad esempio il diritto del conduttore). In realtà,
Egli continua, è la tipicità stessa degli iura in re aliena a
dimostrare la presenza di una crisi della ricordata
bipartizione tra diritti reali e di credito proprio
perché i diritti su cosa altrui paiono semplicemente
destinati ad essere riassorbiti nell’alveo di una
proprietà che nel disegno codicistico appare essere
libera da pesi, vincoli ed oneri di sorta. Si determina in
tale modo un avvicinamento tra il diritto in alienis e il
diritto obbligatorio che trova timido spazio nel
nostro ordinamento (si pensi all’obbligo di miglioramento del fondo da parte dell’enfiteuta, il cui adempimento deve essere letto alla luce del criterio di cui
all’art. 1176 c.c.), seppur già riconosciuto con
maggiore ampiezza in altri ordinamenti, come nel
BGB che secondo gli interpreti permette l’applicazione ai diritti reali su cosa altrui del diritto delle
obbligazioni [par. 269] del tempo dell’adempimento
[par. 271], della mora del creditore [par. 293] e della
responsabilità del debitore per il fatto commesso da
chi lo sostituisce nell’adempimento o ancora nell’art.
7 del codice svizzero che dispone che le regole del
diritto delle obbligazioni relative alla conclusione,
agli effetti ed all’estinzione dei contratti possono
essere applicabili anche alle altre materie del diritto
civile o infine l’art. 308 del codice cubano che estende
le regole in tema di obbligazioni ai rapporti tra nudo
proprietario e titolare di un diritto su cosa altrui.
125 Anche i beni immateriali possono formare oggetto
di diritti assoluti, anche se per la particolare natura
del loro oggetto ne differiscono in modo rilevante
nell’esercizio; in tal senso, secondo una autorevole
impostazione (F. SANTORO PASSARELLI, op. cit., p. 55)
non può correttamente parlarsi di proprietà letteraria
o industriale. È, tuttavia, vero che là i diritti edificatori
costituiscono un bene diverso da questi ultimi.
126 A. BARTOLINI, «I diritti edificatori in funzione
premiale…», cit., p. 168, riconduce i crediti di volumetria nell’alveo dei rapporti aventi natura obbligatoria.
Critica, poi, una visione bifronte della situazione
giuridica in esame, A. BARTOLINI, «Profili giuridici del
c.d. credito di volumetria», cit., p. 304, il quale osserva
che una siffatta soluzione appare artificiosa,
doppiando una situazione soggettiva unitaria, in un
diritto edificatorio che riguarda l’astratta titolarità e
nell’interesse legittimo che riguarderebbe la legittimazione ad esercitare il diritto; ed aggiunge che un
tale sdoppiamento, «utile dal punto di vista logico»,
non appare «perseguibile sotto un profilo giuridico,
atteso che di diritto edificatorio si potrà parlare solo
laddove sia stato rilasciato il titolo ampliativo, il quale
consentirà di esercitare concretamente l’astratto
diritto che in realtà è un interesse legittimo
pretensivo». La posizione dell’Autore in tale ultimo
suo contributo risente della carenza del dato positivo,
al tempo della sua redazione dato che è stato
integrato, come ricordato a far tempo solo dal 2007.
127 C.M. BIANCA, op. cit., p. 24, qualifica l’interesse
legittimo, interesse alla legittimità degli atti amministrativi; nei diritti soggettivi l’interesse del soggetto è
tutelato direttamente in via autonoma, laddove negli
interessi legittimi la tutela è in via indiretta solo
mediante il potere di impugnativa degli atti illegittimi, dinanzi al giudice amministrativo.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
Inoltre, qualora si aderisse alla impostazione128 secondo la quale l’oggetto immediato del rapporto
contrattuale è costituito dall’interesse legittimo di tipo pretensivo sopra descritto, ne discenderebbe una effettiva imprescrittibilità che ha indotto un interprete a sollecitare uno specifico
intervento normativo sul punto129.
È preferibile, invece, ritenere che il regime della prescrizione operi in funzione della natura
giuridica del diritto in gioco, in linea con la conformazione del rapporto giuridico effettuata dalle
parti.
Il pregio della distinzione nella qualificazione della fattispecie tra diritto soggettivo (nei rapporti
tra le parti, atteggiato a sua volta nei termini richiesti da ciascuna fattispecie) avente ad oggetto il
bene cubatura ed interesse legittimo (nei riguardi della pubblica amministrazione), permette,
allora, di realizzare anche lo scopo di porre accanto al chiaro richiamo allo strumentario del contrattualista nella predisposizione dell’atto negoziale, che curerà l’emersione dei profili di realità130, il
riferimento evidente ai meccanismi di salvaguardia specifici della situazione giuridica lesa nei
confronti dell’ente pubblico131.
Né è vero che la prospettiva storica non aiuta.
È stato ricordato prima che la dottrina prevalente reputa che quando la legge detta in un caso per i
mobili le disposizioni relative agli immobili in altro distingue nettamente o ancora quando in
generale le disposizioni relative agli immobili vengono estese a certi mobili, questi agli effetti della
legge sono beni mobili, atteso che «i beni sono mobili o immobili non tanto perché astrattamente
considerati tali, ma quanto perché concretamente regolati in un modo o nell’altro»132.
Ebbene, anche nell’ipotesi di diritti edificatori in volo è proprio il legislatore ad aver affermato che
le regole di circolazione seguono le norme dettate in tema di pubblicità immobiliare, ancorchè la
cubatura svincolata dall’area o dal fondo che la ha prodotta, abbia appunto una natura mobiliare.
128 A. BARTOLINI, «Profili giuridici del c.d. credito di
volumetria», cit., p. 310.
129 A. BARTOLINI, «Profili giuridici del c.d. credito di
volumetria», cit., p. 311 propone l’introduzione di un
limite quinquennale.
130 L’inquadramento della fattispecie di volta in volta
all’esame dell’interprete in termini di realità o obbligatorietà non è scevra di effetti; sulla questione diffusamente A. GUARNIERI, op. cit., p. 54 e ss.; in particolare, senza pretese di esaustività, nelle due ipotesi
mutano le regole di circolazione, le tecniche di
rinuncia al diritto, le ipotesi di estinzione (confusione
per i diritti di credito e consolidazione per i diritti
reali) le regole di protezione sul piano della tutela
aquiliana e sul piano possessorio, ed infine le regole
processuali. È, poi, discusso se l’atto emulativo,
l’abuso del diritto, la funzione sociale e le regole di
correttezza siano indistintamente applicabili ad
ambedue le categorie.
131
G. AMADIO in La teorica degli effetti preliminari tra
fattispecie e situazioni giuridiche soggettive in corso di
pubblicazione ricorda a p. 17 del testo dattiloscritto
del contributo, ricco di innumerevoli, proficui spunti,
ricevuto per la cortesia dell’Autore «il passaggio da
una sistematica incentrata sul paradigma del diritto
soggettivo a una considerazione comprensiva di
pluralità di schemi mediante i quali la norma
formalizza le diverse posizioni di interesse soggettivo
che giudica meritevoli di protezione, attribuendo ad
esse giuridica rilevanza» e che «il risultato più
importante di tale processo evolutivo è aver riconquistato completa autonomia alla situazione
pendente, liberandola dal vincolo di strumentalità
esclusiva, e dunque di dipendenza da quella finale,
rappresentata dal diritto soggettivo pieno» «la consistenza effettiva della cubatura, gli indici di
adeguamento della stessa in funzione dei fondi
riceventi, nonché il suo eventuale contenuto
temporale (previsione di scadenze per la fruizione
della cubatura o una modulazione della stessa in
funzione inversamente proporzionale al decorso del
tempo) ed, infine, gli oneri ai quali è subordinata la
fruizione del diritto edificatorio».
132 In questo senso, S. PUGLIATTI, Beni immobili e beni
mobili, cit., p. 694.
G. Trapani
109
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
È, infatti, la legge a dettare le regole; ed è questa semplicemente la ragione per la quale era
necessario chiarire legislativamente quale fosse la disciplina applicabile in concreto, restando in
assenza di essa altrimenti un ampio margine di dubbio. Senza la norma, in conclusione, sarebbe
difficile immaginare la trascrizione nei Registri immobiliari degli atti di trasferimento aventi ad
oggetto la cubatura in volo.
La reificazione dei diritti edificatori (o della cubatura, volumetria o capacità edificatoria, che dir
piaccia) costituisce insomma la soluzione più appagante dal punto di vista teorico, ma anche
pratico133 ed economico134.
Restano in conclusione ancora alcune considerazioni di rilievo in ordine alle ulteriori difficoltà che
la teoria della cubatura quale diritto reale non riesce ad offrire soluzioni condivisibili.
La cubatura in volo non può assumere una nuova fisionomia rispetto alla cubatura che circola
immediatamente dal fondo sorgente al fondo di atterraggio; ed è inoltre difficilmente ipotizzabile
un diritto reale a contenuto talmente lato da dover ogni volta essere necessariamente identificato e
qualificato analiticamente. È vero che il diritto di servitù coniuga la tipicità della genere con un
ampio numero di specie, ma nell’ipotesi dei diritti edificatori la assunta salvaguardia del principio
del numero chiuso dei diritti reali finirebbe per essere scardinata proprio in relazione alle innumerevoli tipologie di diritti edificatori ipotizzabili.
110
Inoltre, la qualificazione dei diritti edificatori quale ius in re aliena mal si concilia con le ipotesi di
concentrazione o accorpamento di cubatura, nelle quali operazioni di micropianificazione la
unisoggettività dei titolari è incompatibile con la necessaria alterità dei soggetti titolari. Eppure
l’esigenza di una emersione pubblicitaria di tali fattispecie è stata di recente rilevata con forza dal
Consiglio di Stato135. L’ipotesi opposta richiamerebbe alla mente la distinzione operata dai glossatori tra usufrutto formale ed usufrutto causale: il primo corrisponde al diritto reale su cosa altrui
e concorre con la proprietà (nuda) del bene stesso spettante ad altro soggetto; il secondo individua
«le facoltà - corrispondenti al diritto di usufrutto - del proprietario sul proprio bene e troverebbe la
sua causa nella proprietà del bene stesso»136. Ebbene, una tale distinzione, funzionale all’assetto del
diritto comune, non trova spazio negli ordinamenti moderni, come non trovava nel diritto romano
nel quale l’usufrutto non può avere riguardo al godimento di cose proprie e si estingue se l’usufruttuario acquista la proprietà del bene che ne forma oggetto137.
Ciò nonostante è stato oggetto di discussione se il debitore pieno proprietario potesse ipotecare la
sola facoltà di godimento che gli spetta quale proprietario a solo scopo di garanzia, riservandosi la
proprietà per il tempo successivo ad un’eventuale attività di espropriazione che avesse dovuto
subire, scindendo in tal modo l’usufrutto dalla proprietà (nuda). Solo a seguito dell’esecuzione
forzata l’aggiudicatario godrà di un diritto di usufrutto formale e non causale. Anche una tale
questione viene risolta negativamente poiché l’azione esecutiva garantita che si verrebbe a creare
non solo non è legislativamente prevista, ma non può neppure essere devoluta all’iniziativa
133 In considerazione della maggiore capacità di
autonomia dell’interprete e del pratico in ordine alla
determinazione del contenuto del bene.
134 In relazione alla migliore ed agevolata tassazione.
135 Il riferimento è alla pronuncia del Consiglio di
Stato, sez. IV, del 6 luglio 2010, n. 4333, in Ced
Cassazione.
136 L’espressione è di G. MUSOLINO, L’usufrutto, Torino,
p. 19 il quale ricorda il brocardo “competit ex causa
proprietatis et conjunctus est cum causa”. Nello stesso
senso, G. MUSOLINO, «Usufrutto e proprietà», in Riv.
not., 2011, p. 1321.
137 G. MUSOLINO, L’usufrutto, cit., p. 19; ID., «Usufrutto
e proprietà», cit., p. 1329.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
negoziale delle parti: il creditore, insomma, ben potrebbe espropriare un usufrutto formale, ma non
un usufrutto causale138.
La questione si ripropone per le operazioni aventi ad oggetto la cubatura.
L’iscrizione di ipoteca su un fondo, ove i diritti edificatori siano qualificati come ius in re aliena,
comporta l’impossibilità di esclusione dell’estensione di essa a questi ultimi; anzi non solo è inevitabile l’estensione dell’ipoteca ai diritti edificatori (non potendo in tale luce neppure essere ipotizzabili diritti edificatori per così dire causali), ma non sarebbe neppure ipotizzabile la cancellazione
dell’ipoteca dai diritti edificatori, manente l’unicità del soggetto titolare del diritto di proprietà del
fondo e dei diritti edificatori stessi.
La questione potrà essere affrontata diversamente ove si acceda alla diversa ricostruzione che qui si
accoglie.
L’art. 2811 recita che l’ipoteca si estende ai miglioramenti, alle costruzioni e alle altre accessioni
dell’immobile ipotecato, salve le eccezioni stabilite dalla legge. L’interpretazione estensiva della
disposizione permette di applicarla anche all’ipotesi in cui il disponente voglia applicarla ai diritti
edificatori.
Tutta tale disciplina è derogabile pacificamente139 con atti di autonomia privata. È infatti pacificamente lecito il patto che limiti o escluda l’estensione dell’ipoteca a tutti gli accessori o ad una
categoria di essi o a un singolo bene; un tale patto può essere coevo alla costituzione dell’ipoteca o
anche successivo ed è configurato come una rinuncia parziale all’ipoteca quanto a capacità forma ed
opponibilità.
Nessun dubbio insomma che una siffatta pattuizione possa riguardare anche i diritti edificatori. Va
però prestata attenzione nell’ipotesi in cui l’ipoteca sull’area di partenza sia iscritta prima della
trascrizione della cessione dei diritti edificatori, con conseguente evidente prevalenza della prima
sulla seconda.
Se è corretta una tale ricostruzione potrà anche ipotizzarsi una restrizione di ipoteca, che liberi i
diritti edificatori dalla garanzia reale che ad essi si è estesa; un tale orientamento pare ammesso
nelle prime applicazioni pratiche dell’Agenzia del territorio, del tutto ingiustificabile laddove si
qualifichi appunto la fattispecie quale ius in re aliena.
Resta di tutta evidenza la difficoltà del compito devoluto all’operatore contrattuale, chiamato a
dipanare una matassa tecnico giuridica che diviene vieppiù complessa ove si pone mente alla
sempre più mobile frontiera dei diritti reali140.
Una tale ricostruzione opererebbe, però, chiaramente in funzione limitativa del contenzioso, atteso
che ciascuno dei profili della fattispecie sarebbe soggetto alla propria disciplina ed, in particolare,
ai meccanismi di tutela propri di essa, ordinaria o amministrativa. E la salvaguardia sarebbe vieppiù
138 In questo senso, G. MUSOLINO, L’usufrutto, cit., p.
20; ID., «Usufrutto e proprietà», cit., p. 1329-1330.
139 D. RUBINO, L’ipoteca, Milano, 1956, p. 159.
140 L’espressione «mobili frontiere dei diritti reali» è di
A. GUARNIERI, op. cit., p. 61. Sulla questione dello
smembramento del diritto reale U. MATTEI, Regole
sicure, Milano, 2006, in particolare p. 234 e ss. Di una
tale difficoltà è espressione il richiamo all’atto ricognitivo di cui all’art. 1988 c.c. la cui applicazione,
secondo un’impostazione ristretta ai soli diritti di
credito, andrebbe alla luce di una diversa lettura, ora
estesa anche ai diritti reali. In tale ultimo senso, sia
pure non in modo completo, di recente Cass. civ., 13
ottobre 2004, n. 20198, in I contratti, 2005, p. 437 con
nota di A. VALENTINI, «Efficacia della dichiarazione
ricognitiva di diritti reali su beni immobili».
G. Trapani
111
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
maggiore quanto più ampio è l’ambito di atterraggio di siffatti diritti, come nell’ipotesi della c.d.
perequazione estesa141.
La omogeneità degli stessi dal punto di vista del genus e la tipizzazione di diverse species
Le tipologie di diritti edificatori non possono essere accomunate in unica specie.
L’attuale testo del n. 2-bis dell’art. 2643 c.c. concerne infatti i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o
regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale142. Gli atti aventi ad oggetto la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei diritti edificatori, quale sia il loro nomer iuris devono
essere trascritti.
Si tratta di ipotesi aventi una diversa fonte (non solo legislativa statale o regionale, ma spesso,
semplicemente derivante da norme comunali di piano), alla quale è necessario fare un immediato
riferimento per potere regolare al meglio contrattualmente i rapporti tra le parti e conseguentemente tra costoro e la pubblica amministrazione, limitando i rischi di un contenzioso che
potrebbero discendere dalla difettosa qualificazione della fattispecie.
Vengono quoad effectum in definitiva accomunate ipotesi diverse in ordine alla fonte dalla quale
promanano; vanno trascritti infatti i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale; in sede
di conversione del decreto legge è stato soppresso l’inciso «nonché nelle convenzioni urbanistiche
ad essi relative».
112
Mancava nel testo originario del decreto il riferimento alle normative statali nella indicazione della
disposizione oggi vigente, introdotto in sede di conversione; è evidente però che ben la norma
avrebbe potuto essere completa anche se il tenore di essa fosse stato semplicemente «vanno
trascritti infatti i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati».
In senso inverso, del tutto ultroneo appariva il riferimento alle convenzioni urbanistiche, che difficilmente costituiscono la fonte prima dalla quale i diritti edificatori promanano. Più corretto
sarebbe stato il riferimento agli strumenti urbanistici comunali nonché dai conseguenti strumenti
di pianificazione territoriale. Del tutto condivisibile appare allora la soluzione adottata.
La disposizione ha riguardo alla trascrizione dei contratti traslativi dei diritti edificatori, ma tralasciava qualsiasi riferimento alle fattispecie modificative e costitutive degli stessi.
A prima lettura potrebbe sembrare una svista del legislatore. Può invece esprimersi una considerazione di segno opposto.
Ebbene, certamente con riguardo alle prime può agevolmente sostenersi che la modificazione
operata dalla pubblica amministrazione del contenuto del diritto edificatorio come conformato in
141 P. URBANI, «Conformazione della proprietà diritti
edificatori e moduli di destinazione d’uso dei suoli»,
op. cit., p. 908 paventa un proliferare dei contenziosi
contro la pubblica amministrazione ed un depotenziamento del suo ruolo, soprattutto in ipotesi di c.d.
perequazione estesa. Può obiettarsi che adottando,
invece, la diversa impostazione che qui si accoglie,
con l’enfatizzazione del ruolo antiprocessuale del
notaio, un tale rischio è senz’altro limitato.
142
Si riporta per comodità di lettura il testo
contenuto nel D.l. prima della conversione «2-bis) i
contratti che trasferiscono diritti edificatori
comunque denominati nelle normative regionali e
nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi
relative».
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
origine dalla fonte dalla quale promana è frutto dell’azione esclusiva dell’attività urbanistica
comunale, non potendo in alcun modo su di esso incidere la condotta delle parti.
Di tale evenienza se ne dovrà tenere conto nella modulazione delle garanzie contrattuali allo scopo
di predeterminare il reale impatto di tali alterazioni sul rapporto sinallagmatico. È stato osservato
prima che la distinzione nella qualificazione della fattispecie tra diritto soggettivo (nei rapporti tra
le parti, atteggiato a sua volta nei termini richiesti da ciascuna fattispecie) ed interesse legittimo
(nei riguardi della pubblica amministrazione), permette, allora, di realizzare anche lo scopo di
porre accanto al chiaro richiamo allo strumentario del contrattualista nella predisposizione
dell’atto negoziale, che curerà l’emersione dei profili di realità143, il riferimento evidente ai
meccanismi di salvaguardia specifici della situazione giuridica lesa nei confronti dell’ente pubblico.
In tale luce, qualsiasi variazione contenutistica dei diritti edificatori, qualunque ne sia la loro
origine, non può trovare emersione dai Registri immobiliari, avendo una colorazione squisitamente
urbanistica.
Ciò che rileva dal punto di vista della pubblicità immobiliare sono evidentemente le vicende
concernenti il trasferimento di siffatti beni e non i provvedimenti amministrativi che li
conformano.
Le vicende che riguardano i permessi di costruire, dal rilascio all’eventuale ritiro in autotutela all’annullamento non possono avere emersione pubblicitaria presso i registri dell’Agenzia del territorio,
ma solo evidentemente le vicende dei diritti reali sugli immobili realizzati in forza di essi.
Allo stesso modo, nessun rilievo pubblicitario possono avere le vicende inerenti il contenuto del
diritto edificatorio. In questo senso, allora la vicenda estrema dell’estinzione del diritto edificatorio
per effetto di successivi provvedimenti amministrativi non ha nessun rilievo pubblicitario, pur
avendo grande rilevanza urbanistica e contrattuale in relazione alla caducazione del contratto
stesso.
Del pari, per le stesse ragioni nessun rilievo pubblicitario è necessario che abbia l’evento costitutivo
del diritto edificatorio.
Resta impregiudicata la possibilità di costituire diritti reali parziali su tali beni. Se il bene dal quale
promana il diritto edificatorio che viene ceduto è gravato di usufrutto (di qualsivogli durata
temporale), nell’atto di cessione dovranno intervenire nel loro rispettivo titolo usufruttuario e
nudo proprietario; ed allora perché proprio in considerazione della natura di bene dei diritti edificatori non immaginare anche un acquisto da parte di aventi causa che abbia la medesima connotazione tecnica.
Alcune di tali questioni trovano espressione nell’emendamento n. 5.47144 (primo firmatario
Morassut) che propone un nuovo testo dell’art. 2643 n. 2-bis c.c. del seguente letterale tenore: «vanno
143 L’inquadramento della fattispecie di volta in volta
all’esame dell’interprete in termini di realità o obbligatorietà non è scevra di effetti; sulla questione diffusamente A. GUARNIERI, op. cit., p. 54 e ss.; in particolare, senza pretese di esaustività, nelle due ipotesi
mutano le regole di circolazione, le tecniche di
rinuncia al diritto, le ipotesi di estinzione (confusione
per i diritti di credito e consolidazione per i diritti
reali) le regole di protezione sul piano della tutela
aquiliana e sul piano possessorio, ed infine le regole
processuali. È, poi, discusso se l’atto emulativo,
l’abuso del diritto, la funzione sociale e le regole di
correttezza siano indistintamente applicabili ad
ambedue le categorie.
144 Il riferimento è al testo delle commissioni riunite
V (Bilancio, tesoro e programmazione) e VI (Finanze)
alla data del 7 giugno 2011.
G. Trapani
113
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
trascritti infatti i contratti che trasferiscono costituiscono o modificano i diritti edificatori
comunque denominati, previsti da normative statali o regionali o da strumenti di pianificazione
territoriale» ed un art. 2645-quater c.c. in virtù del quale si imponga la trascrizione degli atti anche
unilaterali aventi ad oggetto beni immobili (siano essi convenzioni o contratti) con i quali vengono
costituiti a favore dello Stato delle regioni o degli altri enti pubblici territoriali ovvero degli enti
svolgenti un servizio di interesse pubblico vincoli di uso pubblico e comunque ogni altro vincolo a
qualsiasi altro fine richiesto dalle normative statali e regionali, dagli strumenti urbanistici
comunali nonché dai conseguenti strumenti di pianificazione territoriale e dalle convenzioni urbanistiche ad essi relative.
Tale ultima disposizione proposta chiarisce i limiti dell’impiego dell’atto di destinazione in materia
urbanistica, che numerose critiche ha trovato, soprattutto in considerazione della presenza di un
termine novantennale di efficacia del vincolo.
La emersione pubblicitaria dai Registri immobiliari quale condizione di opponibilità e di regola dei conflitti
L’inserimento dei contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati tra gli atti che
si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione reca in sé anche l’applicazione della
disciplina di cui all’art. 2644 c.c. che statuisce il c.d. effetto di prevalenza; gli atti di cui all’art. 2643
c.c. non hanno effetti riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli
immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione dei medesimi. È
pertanto conseguente che seguita la trascrizione non può avere effetto contro colui che ha trascritto
alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l’acquisto risalga
a data anteriore.
114
La disposizione si riferisce poi non solo ai conflitti tra più atti aventi ad oggetto il trasferimento di
diritti edificatori (come nell’ipotesi della c.d. doppia alienazione, con conseguente configurazione
della responsabilità contrattuale del secondo acquirente primo trascrivente), ma anche al caso in cui
il conflitto sorga con diritti reali minori; si pensi all’ipotesi di concessione dell’ipoteca a garanzia di
un mutuo iscritta anteriormente alla trascrizione di un contratto di cessione di volumetria ai sensi
del citato n. 2-bis dell’art. 2643 c.c. o alla concessione di diritti reali minori che possono incidere - sia
pure astrattamente - sulla legittimazione alla cessione della cubatura medesima.
Non parrebbe che possano trovare emersione pubblicitaria, invece, i contratti preliminari di trasferimento della volumetria, ad una prima lettura. Il contratto preliminare, pur preordinato ad un
mutamento della titolarità di un immobile, importa invero semplicemente la costituzione di un’obbligazione di trasferire ed ha pertanto natura squisitamente obbligatoria.
L’art. 2645-bis c.c. dispone che possono essere trascritti solo i contratti preliminari aventi ad oggetto
la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1, 2, 3, e 4, dell’art. 2643 c.c. anche se sottoposti
a condizione o relativi ad edifici da costruire o in corso di costruzione; la preclusione della tassativa
enunciazione numerica nell’incipit della disposizione non può essere neppur superata mediante il
richiamo alla disciplina degli immobili da costruire, attesa l’assoluta inconferenza del richiamo con
la materia dei diritti edificatori.
Si tratta piuttosto di un banale difettoso coordinamento dispositivo, che in concreto non inibisce
ovviamente la stipulazione dei contratti preliminari di trasferimento della cubatura; sembrerebbe
tuttavia contraddittoria una siffatta interpretazione ed in contrasto con una previsione normativa
che tipizza il contratto di cessione di cubatura, ma che nel contempo inibisce esclusivamente la loro
emersione pubblicitaria.
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
È preferibile allora un’interpretazione favorevole all’estensione al preliminare avente ad oggetto un
obbligo di cedere la cubatura la possibilità di accesso ai Registri immobiliari.
L’art. 2650 c.c. dispone poi che nelle ipotesi in cui un atto di acquisto è soggetto a trascrizione come
nell’ipotesi dei contratti avento ad oggetto il trasferimento della cubatura, le successive trascrizioni
od iscrizioni a carico dell’acquirente non producono effetto se non è stato trascritto l’atto anteriore
di acquisto e che quando siffatto atto è trascritto le successive iscrizioni e trascrizioni producono
effetto secondo il loro ordine rispettivo. L’inefficacia delle trascrizioni ed iscrizioni in difetto di
continuità è solo temporanea atteso che esse riprendono vigore ed efficacia secondo il loro ordine
rispettivo quando eseguita la trascrizione del passaggio omesso sia stata ripristinata la continuità.
Il principio di continuità delle trascrizioni deve insomma essere letto in relazione al principio di
prevenzione di cui all’art. 2644 c.c., in modo da assicurare la completezza delle risultanze dei
Registri immobiliari, consentendo di determinare la consecuzione temporale dei diversi titolari
sino all’originario dal quale la circolazione dei diritti edificatori promana.
È però evidente che nell’ipotesi dei diritti edificatori la continuità è assicurata a far data dalla
trascrizione del primo atto di trasferimento della cubatura non essendo per nulla necessaria
l’emersione dai Registri immobiliari di qualsivoglia atto della pubblica amministrazione dal quale
sia promanata la nuova volumetria o più in generale la volumetria ceduta.
Un tale meccanismo salvaguarda insomma la corretta circolazione delle volumetrie nei rapporti tra
le parti.
Appare invero poi paradossale il mancato richiamo dell’art. 2651 c.c. (sotto la rubrica “Trascrizione
di sentenze”) alla impossibilità di trascrivere le sentenze civili che concernano il trasferimento dei
diritti edificatori. Si tratta anche in questa ipotesi di un mero difettoso coordinamento delle nuove
disposizioni.
Non pare che invece sussistano dei limiti in ordine alla trascrizione delle domande giudiziali;
devono infatti essere trascritte le domande giudiziali esattamente indicate all’art. 2652 c.c. e nell’art.
2653 c.c. qualora abbiano ad oggetto le fattispecie di cui all’art. 2643 c.c. e tra esse i diritti edificatori.
La chiara ammissibilità di atti dispositivi di tali beni
La disciplina del rapporto convenzionale avente ad oggetto diritti sulla volumetria risente inevitabilmente della soluzione e più in particolare della configurazione specifica a monte alla quale si
accede.
L’art. 5 del D.l. 13 maggio 2011, n. 70, come convertito nella legge 12 luglio 2011, n. 106 come
prevede al comma primo lettera c, la tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella
prassi, denominato “cessione di cubatura” che deve essere reso pubblico con il mezzo della
trascrizione a norma dell’art. 2643 c.c.
Atteso tale presupposto, indipendentemente dall’anlisi in ordine alla natura giuridica della fattispecie, non si può prescindere dalla forma scritta ad substantiam: solo l’atto pubblico o la scrittura
privata autenticata permettono, secondo le regole codicistiche, l’accesso ai Registri immobiliari ed
assicurano in tal modo l’adempimento delle condizioni idonee per la pubblicità del negozio
stipulato.
L’interprete deve poi indicare altri elementi ricostruttivi che la norma molto scarna non offre. Negli
atti deve certamente essere definito l’oggetto, che deve avere i requisiti di cui all’art. 1346 c.c.: oltre alla
possibilità e liceità esso deve essere determinato o determinabile, in modo da escludere incertezze che
possano derivare dalla sua definizione, anche attraverso meccanismi di tipo relazionale.
G. Trapani
115
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
La volumetria generata è poi un bene presente, spendibile concretamente in seguito mediante la
realizzazione dell’opera a cubatura maggiorata, ma non certo un bene futuro di cui all’art. 1348 c.c.
Tali negozi possono, allora, avere carattere gratuito o liberale (richiedendo il rispetto dei requisiti
legali in ipotesi in cui si configuri una donazione vera e propria)145 o oneroso.
In particolare sul punto, se la cubatura costituisce un bene, del tutto attuale, economicamente
apprezzabile immediatamente dal suo titolare, indipendentemente dall’atterraggio futuro sul
fondo di destinazione, non vi è ostacolo alcuno alla possibilità che la volumetria possa formare
oggetto di negozi gratuiti o liberali non trovando evidentemente alcuna applicazione il divieto di
cui all’art. 771 c.c. in materia di donazione di beni futuri.
È stata ipotizzata146, poi, la possibilità di configurare accanto alla usuale vendita, una permuta
(anche di bene presente con bene futuro)147, o una datio in solutum , ma anche una cessione a terzi
dell’area sorgente con riserva al cedente dei diritti edificatori.
Può ipotizzarsi invero il ricorso alla vendita con riserva di proprietà di cui all’art. 1523 c.c.; tale
norma dispone che nella vendita a rate il venditore può riservarsi la proprietà del bene sino all’integrale pagamento del prezzo, benché il bene venga immediatamente consegnato al venditore148. Si
tratta, insomma, sotto il profilo squisitamente economico di un istituto che assolve ad una funzione
di finanziamento e di incentivazione degli affari, a fronte della quale la riserva di proprietà salvaguarda il venditore dai rischi di inadempimenti ed abusi dell’acquirente149.
Sebbene la norma non faccia espresso riferimento ai beni immobili, non sorge alcun dubbio in
ordine alla possibilità che tali diritti possano formarne oggetto sia in considerazione del rinvio
generico al termine cessione nel ricordato art. 5, sia in virtù dell’impiego nella ricordata disposizione del termine “cosa”, sia ancora in forza del generale principio dell’autonomia contrattuale.
116
È del pari ipotizzabile la cessione di diritti edificatori totalmente o parzialmente altrui.
La reificazione dei diritti edificatori permette agevolmente di ammettere anche un conferimento in
società sia in fase costitutiva150, sia in fase di aumento di capitale151 non solo di una società a
responsabilità limitata, trattandosi indubbiamente a norma dell’art. 2464 c.c. di elementi dell’attivo
suscettibili di valutazione economica, ma anche di una società per azioni appunto in quanto bene.
145 R. CONTI, op. cit., p. 427.
146
N. A. CIMMINO, op. cit., p. 1143; M. LEO, «Il trasferimento di cubatura», cit., p. 671.
147 F. PATTI - F. RUSSO, op. cit.,
p. 1688; R. CONTI, op. cit.,
p. 427. Si tratterebbe dello scambio tra cubatura ed
unità immobiliari da realizzare in forza della volumetria ampliata.
148 Sulla questione della compravendita con riserva di
proprietà M. LEO e A. RUOTOLO, «Vendita con riserva
di proprietà e comunione legale dei beni», in Studi e
materiali, VI.1, Milano, 2001, p. 197.
149 A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, Milano, 1995,
p. 102; A. RIZZIERI, La vendita obbligatoria, Milano,
2000, p. 85.
150
La questione del conferimento della cubatura in
società di capitali, soprattutto in sede di costituzione
appare meno problematica per le società a responsabilità limitata laddove nell’art. 2464 c.c. è espressamente statuito al secondo comma che possano
essere conferiti appunto tutti gli elementi dell’attivo
suscettibili di valutazione economica. E la cubatura
intesa quale bene è certamente un elemento
dell’attivo suscettibile di valutazione economica.
151 F. PATTI - F. RUSSO, op. cit., p. 1688 ricordano che nei
negozi aventi ad oggetto la cubatura, intesa quale bene
in sé «potrà essere introdotto l’elemento accidentale
della condizione che appare quasi necessario nella
fattispecie permutativa», ed inoltre che la condizione è
elemento accidentale essenziale solo nell’ipotesi del
contratto di permuta mancare in tutti gli altri casi in
cui la cubatura formi oggetto di attività negoziale (in
via esemplificativa, la cessione onerosa o gratuita, la
datio in solutum , il conferimento sociale e così via).
Normative speciali e circolazione giuridica
dei diritti edificatori
In tutte le ipotesi comunque convenzionalmente configurate ed ipotizzate, sarà poi fortemente
opportuno il ricorso a meccanismi di regolazione dell’evizione o anche di tipo condizionale, ad
eccezione della permuta in occasione della quale l’elemento accidentale della condizione diviene
addirittura necessario ed imprescindibile152.
Ed ancora i diritti edificatori possono essere oggetto di apposita disposizione testamentaria, anche
di tipo divisionale. È immaginabile che possano formare oggetto di accordi diretti alla reintegra dei
diritti del legittimario leso o pretermesso.
Non può essere costituita sui diritti edificatori un’ipoteca per la difettosa previsione dell’art. 2810
c.c.
Mediante l’atto di divisione più soggetti partecipanti ad una comunione pongono fine ad essa,
ottenendo in via esclusiva la titolarità di alcuni beni già comuni in misura corrispondente al valore
della quota a ciascuno di essi spettante. È ipotizzabile, in via esemplificativa, non solo una divisione
tra i contitolari della volumetria sviluppata da un lotto in occasione della cessione volontaria di esso
al comune, destinata ad atterrare in lotti già in proprietà divisa dei condividenti, ma anche divisioni
nelle quali l’apporzionamento delle quote venga effettuato mediante assegnazioni di volumetria ad
alcuni condividenti e di beni (mobili o immobili) ad altri ed ancora assegnazioni di cubatura ad uno
dei condividenti con conguagli in danaro agli altri.
Conclusioni
Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori
naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Secondo il comma 5 dell’art. 131 del codice dei beni
culturali «la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura»153.
Ebbene, anche il territorio è un valore che gli enti preposti devono spendere con parsimonia nell’interesse collettivo.
La valorizzazione di entrambi deve essere attuata nel rispetto rigoroso delle esigenze della loro
tutela e salvaguardia.
L’introduzione di regole certe che governano i diritti edificatori e la circolazione di essi è allora
ormai un’esigenza non ulteriormente differibile.
Per troppo tempo le società restano inchinate a quello che John Maynard Keines chiamava l’incubo
del contabile e cioè il pregiudizio secondo cui nulla si può fare, se non comporta frutti economici
immediati154.
152 R. CONTI, op. cit., p. 427.
153 Ed aggiunge John Maynard Keines (in National Self
Sufficiency, in The Yale Review, XXII, (1933), n. 4, p. 755
tratto dalla traduzione italiana del volume Come uscire
dalla crisi a cura di P. Sabatini, Roma-Bari, 2009, p. 101 e
ss.) che «tale fine le amministrazioni pubbliche
promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva
competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del
paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di
nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati».
154
Ricorda che «invece di utilizzare l’immenso
incremento delle risorse materiali e tecniche per
costruire la città delle meraviglie, abbiano creato
ghetti e bassifondi; e si ritiene che sia giusto così
perché fruttano mentre - in the imbecile idiom of the
financial fashion - la città delle meraviglie potrebbe
ipotecare il futuro. Questa regola autodistruttiva di
calcolo finanziario governa ogni aspetto della vita.
Distruggiamo le campagne perché le bellezze naturali
non hanno valore economico. Saremmo capaci di
fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun
dividendo».
G. Trapani
117
Urbanistica ed attività
notarile. Nuovi strumenti
di pianificazione
del territorio e sicurezza
delle contrattazioni
La definitiva regolamentazione delle operazioni aventi ad oggetto il trasferimento di cubatura nella
linea indicata dall’art. 5 del Decreto Sviluppo non costituisce in definitiva un costo economico che
aggrava la circolazione di tali beni e conseguentemente un costo sociale, ma un vantaggio collettivo
proprio per la maggiore certezza che ad esse attribuisce sia in termini di garanzia in ordine alla loro
titolarità sia in ordine alla conformazione alle esigenze ed agli interessi dei soggetti in gioco, in virtù
dell’autonomia privata; ed il ruolo giocato dal notaio sarà in questa luce essenziale.
118