TC INFORMA imp DIC 08

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Ambito Territoriale Caccia - RC 1
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Rinnovati gli Organi di Gestione
Le aspettative del mondo venatorio devono coesistere ed integrarsi con quello agricolo
soprattutto per la gestione del territorio agro-silvo pastorale e aree protette comprese.
AMBITO TERRITORIALE DI CACCIA – RC1
Il geom. Domenico Iero è il nuovo Presidente. Fanno parte dell’esecutivo
Antonino Lupini, Tino Caminiti, Francesco Spoleti e Siciliano Carmelo.
I
componenti del nuovo Comitato
tutti esperti di settore, si propongano di impostare in positivo un
valido e più attuale progetto di caccia gestita. Tra gli obiettivi più
immediati rientrano: I censimenti
dei selvatici e predatori; i ripopolamenti mirati e i miglioramenti ambientali.
Con la nomina dei nuovi componenti dell’Ambito Territoriale di
Caccia RC1 diventa nuovamente
operativo questo importante strumento di decentramento tecnico
amministrativo attuato dall’ Amministrazione Provinciale di Reggio C.
per la gestione della caccia e del territorio.
Tra i designati figurano esponenti
di provata esperienza nel settore di
loro competenza. Come è noto fanno
parte del Comitato di gestione i rappresentati della Provincia, i cacciatori, gli agricoltori, gli am-bientalisti
ed i rappresentanti dell’ANCI.
“Nella mia qualità di Presidente del
nuovo Comitato intendo evidenziare
comunque che la Provincia di Reggio vanta antiche radici nell’attività
venatoria con una grossa presenza
di cacciatori su tutto il territorio. L’
intendimento comunque del Comitato che ho l’onore di presiedere è
quello di progettare una nuova programmazione faunistica nell’ambito
territoriale di caccia RC1.” Tra gli
obbiettivi più importanti che si pone
l’ATC-1 resta quello di uscire definitivamente dalla provvisorietà delle
immissioni di selvaggina che, a
ragione, non possono che essere
definite “pronta caccia” attuando
esatte modalità di ripopolamento.
Lo scopo quindi dell’ Comitato di
gestione resta sempre quello di un
maggiore coinvolgimento dell’asso-
ciazionismo nell’ottica di una caccia
più moderna e responsabile, non
solo del mondo venatorio ma anche
di quello ambientalista e agricolo.
Per far ciò i cacciatori devono
sentirsi custodi e responsabili della
gestione faunistica di ogni singolo
territorio. Fermo restando, che l’obbiettivo condiviso da tutti i componenti dell’organismo sarà quello
della ricostruzione ambientale in
grado di assicurare una presenza
faunistica ottimale sul territorio. Ciò
può avvenire a mio avviso soltanto
tenendo conto del grado di vocazionalità e della capacità di carico dell’Ambiente.
Rientra quindi nei programmi del
nuovo Comitato l’idea di proseguire con interventi mirati sui miglioramenti ambientali quali elementi
utili per contribuire alla nascita di
nuclei di popolazione stabili. Sui
miglioramenti per tanto mi sento di
impegnarmi unitamente a tutto il
comitato a percorrere una strada
ben precisa che possa dare vantaggi
agli agricoltori ed ai cacciatori.
Rientra tra l’altro nei programmi del
nuovo Comitato l’intenzione di
investire le risorse disponibili in una
vasta campagna di miglioramenti
tecnico-ambientalistici da effettuarsi attraverso un impegnativo accordo
con gli agricoltori. Il futuro dell’attività venatoria passa per tanto da una
oculata programmazione fatta su
base scientifica. Ed è questo che
voglio sottoporre al nuovo Comitato.
Il progetto lepre, il progetto fagiano i bandi per i miglioramenti
ambientali dovranno proseguire il
loro iter attraverso studi non solo
cartografici ma soprattutto con rilevamenti e verifiche effettuate “sul
campo”. Restiamo quindi tutti impegnati seriamente ad individuare la
strada che possa dare vantaggi ai
cacciatori e agli agricoltori. L’impresa agricola in queste occasioni
non solo si qualifica e trae vantaggi
ma contribuisce anche alla tutela
dell’Ambiente. Bisogna per tanto
dare corpo e concretezza a queste
iniziative convinti come siamo che
la modernizzazione della caccia
passa anche attraverso il miglioramento dei terreni preposti allo sviluppo della selvaggina.
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Il documento programmatico, redatto e condiviso da tutte le componenti dell’ATC-RC1, mira a
sviluppare nel corso del quadriennnio tutte quelle azioni capaci di valorizzare quelle esperienze
che possano migliorare una più corretta e regolata gestione del territorio attraverso il coinvolgimento delle categorie interessate.
Programma di Lavoro
In sintesi il comitato di gestione ATC-RC1 dovrà mirare alla realizzazione dei
seguenti programmi condivisi da tutte le componenti che ne fanno parte:
cacciatori, agricoltori, ambientalisti ed enti locali.
1. Gestione faunistico-venatoria
realizzata prioritariamente e principalmente attraverso miglioramenti
ambientali, prevenzione dei danni alle
colture con il diretto coinvolgimento
delle imprese agricole;
2. Individuazione e realizzazione
di zone di ripopolamento e cattura
per soddisfare le necessità di ripopolamento per le specie di interesse
venatorio finalizzato al raggiungimento della presenza di popolazioni
ottimali delle medesime specie selvatiche;
3. Attivazione di un tavolo permanente con l’Ente Nazionale Parco
Nazionale dell’Aspromonte al fine di
ottimizzare la gestione faunistica
complessiva ed avviare sinergie e
progetti condivisi;
4. Coordinare, formare, valorizzare e supportare le esperienze di
volontariato per migliorare ed implementare la partecipazione di agricoltori , ambientalisti, cacciatori e cittadini interessati alla gestione del patrimonio faunistico.
Linee di intervento prioritario
- Consulenza tecnico scientifica altamente qualificata con ampio curriculum di esperienze di gestione che
risponda sulle scelte gestionali con
relativa formazione di una figura
professionale che in un paio d’anni
possa svolgere la medesima funzione;
- Censimento e suddivisione dei cacciatori per categorie di interesse
venatorio (piccola stanziale, ungulati e migratoria);
- Raccolta e valutazione di tutti gli
studi e le informazioni disponibili
sulle specie di interesse venatorio
presenti stabilmente nell’ambito
della provincia di Reggio Calabria
(INFS, MINISTERI, REGIONE, PROVINCIA, ENTE PARCO DELL’ASPROMONTE)
- Lettura, informatizzazione ed elaborazione dei dati di prelievo riportati
sui tesserini venatori messi a disposizione dalla Provincia;
- Valutazione di tutti i dati biometrici
relativi ai cinghiali abbattuti redatti
dalle censite squadre di cinghialai.
- Individuazione delle zone vocate al
prelievo al cinghiale e coinvolgimento dei cacciatori nella gestione
delle aree oggetto di prelievo per
progetti obiettivo di miglioramenti
ambientali, prevenzione incendi
ecc.
- Completamento degli studi sulle
presenze e potenzialità delle categorie animali di maggiore interesse
faunistico-venatorio (piccola stanziale, ungulati, migratoria) chiaramente finalizzati a soddisfare le esigenze di gestione, con particolare
riguardo alle seguenti specie:
- Lepre, coturnice e fagiano;
- Cinghiale e capriolo;
- Beccaccia, quaglia, allodola, turdidi
e colombaccio;
- Progetto di reintroduzione della
specie starna;
- Ripristino degli habitat per tutte le
specie migratorie;
- Completamento analisi e valutazione delle possibili tipologie di
miglioramenti ambientali in relazione alle caratteristiche ecologiche
del territorio e della specie animali
di interesse gestionale;
- Analisi e valutazione delle possibili
tecniche di prevenzione del danno
causato dalla fauna alle colture
agricole;
- Analisi e valutazione delle possibili
zone di ripopolamento e cattura per
le specie stanziali comprese le aree
sottoposte a tutela che possano
svolgere la medesima funzione;
- Analisi e valutazione dei possibili
interventi di ripristino delle zone
umide utili alla specie animali di
interesse venatorio e sociale;
- Valorizzare, formare e sostenere
ogni forma di partecipazione agli
interventi di gestione da parte del
volontariato (cacciatori, cinofili,
guardie volontarie ed escursionisti).
- Attivazione di un tavolo permanente di lavoro con le istituzione interessate alla gestione faunistica
ricadenti sui territori interessati.
- Formalizzare un protocollo di intesa con l’Ente Provincia, organo di
controllo degli ATC, relativo a tutte
le attività gestionali;
- Istituzione di una Commisione di
valutazione e studio dello statuto e
del regolamento degli ATC alfine di
proporre le giuste e necessarie proposte di modifica;
- Protocollo di intesa con le Associazioni venatorie relativo alla concessione delle guardie volontarie per
tutti i servizi inerenti sui territori
(censimenti, antibracconaggio,
ripopolamenti, controllo selvaggina
immessa ecc.) sotto il controllo del
Comando della Polizia Provinciale.
IL PRESIDENTE
Domenico Iero
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Con la stesura di questo programma intendiamo partire proprio da quanto prevede la
Legge Nazionale e quindi dai compiti e dalle competenze che vengono assegnati ai
Comitati di Gestione dalla Legge Regionale 9/96.
Indirizzi programmatici ATC RC1 2009/2012
Partendo da queste fondamentali linee guida dettate dalla Regione ci proponiamo di raccogliere
in tre settori base le proposte di amministrazione, gestione ed intervento che poi, naturalmente,
andranno integrate e sviluppate nel corso del quadriennio con la fattiva collaborazione tra il
Comitato di Gestione e l’Amministrazione Provinciale: A) Rapporti con l’utenza ed Enti; B) Gestione dell’ambiente e del territorio; C) Pianificazione faunistica.
A. Rapporti con l’utenza e con gli Enti
Desideriamo dare molto risalto alla comunicazione che, crediamo, possa far superare molti malintesi ed incomprensioni e
possa dare all’ATC una immagine positiva di contatto, collaborazione e concertazione non solo con gli utenti, i cacciatori
iscritti ed ammessi all’ATC, ma soprattutto con le Associazioni,
Enti e Comuni con i quali è indispensabile avere un rapporto ed
un dialogo corretto e leale, nell’esclusivo interesse della gestione
ed amministrazione del territorio.
Pertanto desideriamo proporre, con l’aiuto della telematica e
delle attrezzature informatiche a disposizione, l’implementazione dei rapporti e delle comunicazioni, a partire dalle scadenze
amministrative di Legge del nostro settore, l’invio della domanda di ammissione già precompilata ai cacciatori di fuori provincia, l’invio, in tempo utile, del bollettino di pagamento della
quota di iscrizione per i cacciatori residenti nell'ambito territoriale di caccia, le comunicazioni dei programmi dell’ATC in
materia di gestione faunistica ed ambientale del territorio da trasmettere alle Associazioni e ai Sindaci dei Comuni interessati
territorialmente, per far conoscere anche al di fuori del mondo
venatorio le attività dell’ATC RC1.
Sempre con riferimento alla comunicazione proponiamo di
incrementare le uscite del notiziario ATC INFORMA ampliandolo ed inviandolo non solo agli iscritti dell’ATC ma a tutte le
Associazioni, Enti e Comuni interessati territorialmente.
Naturalmente per una informazione certa e capillare è
opportuno utilizzare il servizio postale ma è altresì utile incrementare la comunicazione a mezzo del sito internet dell’ATC.
B. Gestione dell’Ambiente e del territorio
L’ATC-RC1 si propone di impiegare molte energie e risorse
sul miglioramento degli habitat, verificando, con opportuni e
continui sopralluoghi e monitoraggi e con la collaborazione di
validi e preparati tecnici faunistici, i siti d'intervento, predisponendo ed attivando tutte le sinergie per operare con profitto nel
ripristino, ove possibile delle aree umide, dei fossi, incrementando colture a perdere per l’alimentazione della fauna stanziale
e,soprattutto, per la piccola avifauna, di interesse venatorio e
non, che sempre più diserta i nostri territori, senz’altro per l’andamento climatico delle ultime stagioni, ma anche per mancanza del nutrimento e dell’habitat necessari a trattenerli.
Dopo opportuni e validi censimenti desideriamo proporre
un valido programma di controllo dei predatori e carnivori,
soprattutto volpe, gazze e corvidi, con i mezzi e nei tempi previsti dalla Legge e indicati in dettaglio dall’INFSI per il controllo
dei predatori con i mezzi più opportuni al territorio interessato
all’intervento, partendo dagli abbattimenti, cattura con trappole, censimento e controllo dei nidi delle gazze e corvidi, ecc.
A nessuno sarà sfuggito che la piccola avifauna è quasi scomparsa dal nostro territorio ed uno dei motivi principali, come
chiarito anche dall’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, è la
predazione da parte delle gazze e dei corvidi in generale.
Le gazze predano sia l’avifauna minore d’interesse venatorio
quali allodola, merlo, cesena, tordo, passero, peppola, ma hanno
caratterizzato la quasi totale scomparsa dello scricciolo, del pendolino, usignolo, capinera, pettirosso, verzellino, cardellino, verdone, fringuello, cuculo, cinciallegra.
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Discorso a parte va fatto per i predatori carnivori tra i quali
la volpe che, senza predatori naturali e un valido controllo da
parte dell’uomo, è destinata a colonizzare tutto il territorio, dall’alta montagna alla periferia dei paesi e delle città.
C. Pianificazione faunistica
La pianificazione faunistica è uno degli obiettivi della
Legge157/92 che, investendo tutto il territorio verde, insegue
mete ambiziose, e il nuovo Comitato di Gestione deve fare suo
questo obiettivo partendo da principi semplici ma determinanti:
– Evitare la casualità del prelievo venatorio;
– Superare il concetto dell’ “usa e getta” in campo faunistico;
– Ridistribuire i cacciatori dopo la ricognizione scientifica delle
risorse;
– Programmare gli interventi per sfruttare in modo più razionale
la fauna selvatica.
Ma, nella nostra opinione, l’obiettivo fallirebbe se a questo
sforzo pianificatorio e programmatorio non contribuisse direttamente il mondo agricolo.
Il suo coinvolgimento non è marginale; l’agricoltore è, infatti, l’operatore del territorio interessato, come e più di altri, ad
una tutela intelligente dell’ambiente.
Da un lato le coltivazioni sono esposte agli effetti dannosi di
una linea di protezione ambientale a nostro parere troppo rigorosa che favorisce nelle aree protette la moltiplicazione della
fauna senza controllo; parimenti l’agricoltore subisce a volte i
danni dall’esercizio venatorio sui suoi terreni.
A nostro parere bisogna tentare una conciliazione tra queste
due posizioni, offrendo all’agricoltore una protezione sia dagli
animali che dai cacciatori: le sue coltivazioni non debbono essere sacrificate alla fauna selvatica che si riproduce spontaneamente, né danneggiate dalla pratica venatoria senza risarcimento.
È quindi evidente che le associazioni agricole e quindi gli
agricoltori debbono essere tra i nostri migliori alleati nel raggiungimento degli obiettivi ed i cacciatori debbono meritarsi
con i fatti la fiducia accordatagli dalla Legge.
Queste proposte saranno il punto di partenza sul quale sviluppare un valido progetto di amministrazione dell’ATC RC1
per il prossimo quadriennio.
Gestione faunistica del territorio dell’ATC RC1
La moderna gestione faunistica, in conformità ai principi di
programmazione delle attività venatorie e di gestione delle tematiche ambientali, deve promuovere la ricerca avvalendosi della
collaborazione della Provincia, delle Associazioni Agricole,
Venatorie e Ambientaliste, nonché sostenendo la formazione del
personale e l'acquisizione di nuove professionalità competenti in
materia di Ambiente, Agricoltura Foreste e Fauna.
È necessario promuovere corsi di formazione organizzati in
collaborazione con la Provincia e le Associazioni Venatorie e prevedere la conoscenza delle risorse faunistiche e ambientali presenti sul territorio attraverso la realizzazione di programmi di
attività e progetti specifici, a partire dall'organizzazione informatica dei dati e della cartografia.
Le principali attività sono:
– La promozione della cultura ambientale/faunistica;
– Il censimento delle popolazioni presenti, con particolare
riguardo per la fauna selvatica facente parte di alcuni ecosistemi di riconosciuto interesse per le specie soggette a gestione per
scopi venatori;
– Il monitoraggio e controllo della fauna selvatica autoctona e alloctona avente rilevanza nei riguardi delle attività agricole e forestali nei casi in cui questa arrechi danni e rappresenti un potenziale pericolo per l'equilibrio di ecosistemi di elevato interesse;
– L' acquisizione delle conoscenze relative all'uso del suolo e delle
principali attività agricole aventi influenza determinante nei
confronti della fauna selvatica e della conservazione della biodiversità in zone finalizzate alla produzione e al ripopolamento.
Per gestire la fauna quindi dobbiamo porci degli obiettivi,
operando prima attraverso una attenta analisi della situazione
esistente, poi dei risultati raggiunti, valutando contestualmente i metodi operativi adottati al fine di migliorarli sempre di
più.
La gestione faunistica è così un processo logico-temporale
con quattro fasi distinte ma interdipendenti:
a) analisi storica ed attuale;
b) individuazione degli obiettivi;
c) applicazione delle operazioni gestionali;
d) valutazione dei risultati.
Questo vale per tutta la fauna, cacciabile e non.
Uno degli obiettivi principali e predominanti per l’ATC è la
conservazione e l’incremento di tutte le specie autoctone di
mammiferi ed uccelli, stanziali e migratori, ovviamente in modo
compatibile con il massimo rispetto possibile per le produzioni
agricole.
Per le specie cacciabili, per le quali si parla di gestione faunistico venatoria, obiettivo secondario è quello di garantire un prelievo venatorio sostenibile ma sempre più soddisfacente e commisurato alle popolazioni presenti.
Anche le specie non cacciabili e quelle particolarmente protette necessitano però di attenzione e di gestione faunistica e
questa può essere già intrapresa con l’ordinaria attività
dell’A.T.C., ad esempio nei miglioramenti ambientali che riversano anche su queste specie una grossa utilità.
Base essenziale per la conoscenza delle popolazioni selvatiche
sono i censimenti; per molte specie già da anni questi vengono
effettuati nelle varie modalità previste anche con l’ausilio dei
cacciatori.
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È stato ampiamente notato che alcuni metodi sono da affinare e migliorare, così come le stime di consistenza e densità che
ne derivano. Questo sarà un punto fondamentale del nostro
programma di gestione dell’ATC: miglioramento delle tecniche
di censimento e valutazione dei parametri di popolazione.
Per le specie cacciabili ad esempio, a completamento dei
censimenti, sarà importantissimo iniziare seriamente a valutare i
carnieri, sia in termini quantitativi sia qualitativi(sesso,classi di
età, periodo di abbattimento, biometria, ecc.). I dati sui carnieri sono infatti sia un utilissimo strumento di valutazione dei
risultati di prelievo conseguiti,ma possono anche costituire un
buon indice di conoscenza di una popolazione.
È ovvio che per alcune specie il monitoraggio dei capi
abbattuti dovrà essere esteso anche agli interventi di controllo,
come ad esempio per lo Storno, le Gazze, i Corvidi, il Cinghiale o la Volpe.
È nostra intenzione proporre un serio programma di controllo dei predatori opportunisti, in particolare corvo, gazza e
volpe, da attuarsi su tutto il territorio dell’ATC e nel corso di
tutto l’anno, con i mezzi e metodi consentiti dalla Legge.
Naturalmente il programma, propedeutico alle future attività di ripopolamento, deve essere preceduto da validi censimenti, effettuati scientificamente sul territorio dell’ATC e che ci
consentiranno di avere un’idea chiara sulle attività da svolgere e
i mezzi da impiegare.
Il passo successivo, quello che veramente darà completezza
ad una moderna ed avanzata gestione faunistica, dovrà essere la
correlazione dei dati faunistici (censimenti,carnieri,abbattimenti,ecc.)con le caratteristiche ambientali, per capire approfonditamente dove e come intervenire con i miglioramenti ambientali.
Infine, riteniamo che l’unico futuro possibile per un’attività
venatoria sostenibile, corretta, programmata e socialmente
“spendibile” è il passaggio, per tutte le specie oggetto di caccia,
ai piani di prelievo commisurati alle popolazioni.
Per fare questo dovranno essere ideate forme di gestione più
aderenti alle necessità e soprattutto, per alcune specie, unità di
gestione commisurate alla biologia della specie, mantenendo
l’A.T.C. come unità di coordinamento gestionale e come centro
di attività amministrativa per le funzioni ad esso delegate.
Criteri per la fauna migratoria
Gestire popolazioni di uccelli migratori è attualmente molto
più difficile rispetto alla fauna stanziale, poiché ogni specie è
composta da diverse metapopolazioni che occupano areali di
nidificazione, aree di svernamento, rotte migratrici diverse e con
diverso comportamento migratorio (stanziali o erratiche, migratrici parziali, migratrici totali; etc.).
Per molte specie sono scarse o nulle le conoscenze e gli studi
scientifici sulla biologia, lo status, le popolazioni, in molti casi è
assai difficile censire o conteggiare i selvatici, sia per le loro caratteristiche comportamentali sia per i periodi di tempo limitati
durante i quali sono contattabili, inoltre sono assai scarse le informazioni sul prelievo venatorio e sul disturbo da esso causato.
In questo quadro poco esaltante è però doveroso sottolineare alcuni aspetti positivi che possono aiutare i nostri progetti di
gestione:
– spesso anche pochi dati, raccolti con poco sforzo, risultano
estremamente significativi;
– in molti casi alcuni dati campione sono estremamente rappresentativi di fenomeni più ampi;
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– il coinvolgimento dei cacciatori specialisti è una preziosa
fonte di informazioni capillarmente diffusa sul territorio;
– azioni di monitoraggio (radiotracking, termocamera, inanellamento,etc.) consentono di approfondire le tematiche di
maggior interesse gestionale.
Nella gestione dell’avifauna migratrice il maggior numero di
informazioni raccolte consente un miglior approccio alla specie
interessata.
Sulla base dei dati che verranno acquisiti sarà poi possibile
passare alla gestione vera e propria che si baserà sui seguenti
aspetti:
– identificazione delle zone di nidificazione, sosta e svernamento con valutazione delle preferenze ambientali;
– azioni di miglioramento per le varie tipologie ambientali e
secondo le presenze specifiche;
– misure di gestione dell’attività venatoria a fini conservativi,
con differenziazione secondo le tipologie di caccia e le modalità di prelievo.
Pertanto proponiamo di riprendere i programmi di miglioramento dell’habitat su tutto il territorio dell’ATC e non solo
nelle aree chiuse alla caccia.
L’obiettivo è quello di coinvolgere gli agricoltori della provincia con programmi tesi a preservare la fauna stanziale(tutela
dei nidi, barre di sfalci) ma anche mirati ad attirare e possibilmente trattenere la selvaggina migratoria con programmi di
semine a perdere, raccolto parziale.
Inoltre per quanto concerne il ripristino ambientale si propone di individuare eventuali fonti, sorgenti rurali, aree umide,
dove attuare programmi tesi al ripristino delle aree con l’obiettivo primario di renderle fruibili per la fauna selvatica, ma senza
trascurare il possibile utilizzo da parte della popolazione per una
sempre maggiore integrazione del cacciatore nel tessuto sociale.
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Partendo dalle esperienze passate appare molto utile e importante mettere assieme
sensibilità diverse al fine di un migliore raccordo con gli Enti pubblici interessati
nonchè di un più incisivo impegno verso la tutela e la salvaguardia del territorio e
delle specie protette.
Per una gestione condivisa
I
l rinnovato impegno che mi
vede protagonista nel governo
del territorio, quale rappresentante del settore agricolo e componente del Comitato di Gestione
dell’Ambito Territoriale di Caccia
del versante tirreno reggino (ATCRC1), mi carica di una più intensa
responsabilità non solo nei confronti delle imprese agricole, di cui sono
espressione, ma anche verso le altri
componenti sociali ed economiche
che compongono l’importante organismo, quali il mondo dell’ambiente
e quello venatorio.
È evidente il ruolo che il legislatore ha voluto assegnare alla componente agricola nella delicata fase
della programmazione e gestione
del territorio, che trova la sua massima espressione nel mettere assieme
differenti esigenze economiche e
sociali, nel rispetto della conservazione del patrimonio faunistico ed
ambientale, del ruolo dell’agricoltura e di una attività venatoria veramente sostenibile.
Come è stato illustrato nel tavolo
di lavoro permanente costituito a
livello nazionale tra le associazioni
ambientaliste, le associazioni venatorie e le Organizzazioni Professionali Agricole, per chiedere la sospensione dell’iter parlamentare dei
disegni e dei progetti di legge di
modifica della legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo
venatorio”, vi è la necessità di rilanciare e favorire il confronto ed il dialogo tra le sensibilità dei diversi
attori sociali (agricoltori, ambientalisti, cacciatori), avendo sempre a
riferimento gli interessi collettivi
orientati alla conservazione dell’ambiente e della fauna, alla valorizzazione del delicato sistema rurale, a
partire dal lavoro svolto dalle impre-
se agricole, orientato verso produzioni di qualità ed esaltando il ruolo
multifunzionale che esse svolgono
nella gestione e manutenzione del
territorio.
Ruolo ben delineato dal Decreto
Legislativo del 18 maggio 2001 n.
228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge n. 57/2001”.
È proprio sul ruolo multifunzionale che l’impresa agricola svolge
per la tutela e lo sviluppo del territorio ritengo di dovere porre la massima attenzione nel riprendere il lavoro che il precedente Comitato di
Gestione ha svolto, pur nelle difficoltà dovute nel mettere assieme
sensibilità diverse e nel governare i
rapporti con gli enti pubblici, quali
Regione e Provincia.
Partendo proprio dall’esperienza
passata, appare di fondamentale
importanza un più stretto raccordo
con l’Amministrazione Provinciale
e con l’Ente Regione al fine di realizzare l’applicazione rigorosa di
quanto previsto dalla legislazione
vigente in materia di caccia e salvaguardia dell’ambiente.
Come rappresentante di Confagricoltura sono convinto che i cacciatori, quelli veri, rappresentino un
importante e fondamentale presidio
sul territorio al quale sarebbe stupido rinunciare, come sarebbe sciocco
non tenere conto del ruolo e del
lavoro delle associazioni ambientaliste.
Appare evidente che tutti i protagonisti che operano sul territorio, in
particolare noi agricoltori, vogliono
il bene dell’ambiente, e questo
significa che ogni componente,
rispettando l’altra, dovrà impegnarsi
a lavorare per il bene collettivo mettendo a disposizione le proprie competenze ed il patrimonio di esperienza acquisito per raggiungere un
risultato condiviso e che abbia quale
obiettivo ultimo, non certo la superiorità assoluta di una delle parti in
causa, ma il bene dell’ambiente nel
suo complesso e di conseguenza
della comunità.
L’attività venatoria rappresenta
sicuramente un ottimo volano di sviluppo, principalmente per le aree
marginali della nostra provincia, e
può divenire, se correttamente gestita, una ulteriore prospettiva economica per accrescere la multifunzionalità dell’azienda agricola, in particolare per quanto concerne le aziende faunistiche venatorie ed agroturistico venatorie.
Il lavoro che attende il nuovo
Comitato di Gestione è tanto ed
impegnativo, ma sono pienamente
convinto che la passione, la professionalità e la volontà che anima tutti
i componenti dell’organismo saranno alla base per l’avvio di un processo virtuoso finalizzato ad una
corretta e proficua programmazione
e gestione del territorio rurale.
Il Vice Presidente
Antonino Lupini
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Dopo l’esperienza consolidata degli anni precedenti, ora si può procedere ad una programmazione più responsabile ed oculata soprattutto in materia di ripopolamenti. I
recinti di preambientamento, per lepri, quelli naturali per starne e fagiani sono l’obbiettivo che il nuovo Comitato intende perseguire.
Ruolo e funzione dell’ATC-RC1
ella mia qualità di segretario
auguro al presidente e a tutto
il comitato di gestione un
sereno e proficuo lavoro.
Un pensiero e un ringraziamento va
a tutti i componenti del vecchio comitato di gestione, per tutto quello che
sono riusciti a fare tra mille ostacoli.
In fondo cosa si chiede a un ATC,
si chiede una programmazione seria e
oculata della caccia è di spendere bene
quei soldi che sono il frutto e il sudore di tutti i cacciatori Calabresi e Reggini in particolare.
Passi avanti ne abbiamo fatto, l’esperienza dei ripopolamenti è stata
quella che in fondo ci ha fatto capire
che per certi tipi di animali non è sufficiente visitare un allevamento e
comprare lepri fagiani o coturnici,
liberarli su libero terreno sperando in
un miracolo che il più delle volte non
avviene.
Ormai credo è consolidato il fatto
che i ripopolamenti sono il frutto di
un lavoro paziente, di osservazione e
di un rapporto di fiducia e collaborazione tra allevatori e ATC, non fa
comodo a nessuno dei due soggetti
che un ripopolamento vada male
anche perche uno ci perde i soldi e
l’altro la faccia, d’altra parte è facile e
N
sciocco scaricare la colpa dei fallimenti sempre su altri senza andare a
capire dove e come si può migliorare.
Per nostra fortuna credo che la via
adesso sia meno complicata di prima
vista l’esperienza ormai consolidata,
quando abbiamo fatto un oculato
ripopolamento di lepri, magari migliorando e ampliando i recinti di ambientamento già esistenti, quando abbiamo consolidato i rapporti con chi già
possiede recinti naturali per fagiani o
starne, o abbiamo convinto qualcuno
a costruirli in luoghi idonei, quando
abbiamo rinsanguato quelle comunità
di cinghiali esistenti e abbiamo dato
ascolto ai saggi consigli che gli amici
cacciatori ci danno, credo proprio che
abbiamo fatto non dico il nostro dovere ma siamo a un buon punto.
Di certo l’esperienza dei recinti di
preambientamento è stata, secondo
molti cacciatori, molto positiva.
Dobbiamo migliorare e ampliare
certamente, ma indietro non si può
tornare, pensare di comprare lepri
adulte e metterle su terreno libero è
tornare a un passato che non credo ha
contentato nessuno, ricordate i sacchi
pieni di lepri fatte trovare davanti alla
sede dell’ATC.
Le voliere a cielo aperto per i fagiani sono la nuova via che dobbiamo sperimentare e con perseveranza adottare,
certo in prima avremo difficoltà, ma
sono convinto che col tempo e con l’esperienza anche questo sistema darà i
suoi frutti positivi, e poi non ci scordiamo che l’art. 46 della legge Regionale 17 maggio 1996 è stato modificato con la Finanziaria dello scorso anno
e ci impone di comprare in prevalenza
selvaggina Regionale e Italiana.
Se pensiamo ancora di trovare animali allo stato naturale o se qualcuno
ha ancora quel falso sogno giovanile
delle valchirie che scendono dal nord è
bene che se lo scordi, ormai siamo cresciuti, le cose le dobbiamo costruire.
Torniamo ai vecchi detti dei nostri
avi, donne e buoi dai paesi tuoi, certo
non avranno gli occhi azzurri e i capelli biondi ma almeno sapremmo come
gestirle e come migliorarle, di certo
non ci lasceranno gli occhi pieni (al
momento della liberazione) e le mani
vuote (a settembre quando si riapre la
caccia).
Il Segretario
Francesco Spoleti
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INTERVISTA CON GIORGIO PANUCCIO
Caccia e questione morale
di A L B E R T O C A L A B R Ò
L
'appuntamento era stato
fissato ormai da giorni,
suono al campanello della
sua casa e viene a ricevermi sulla
porta con il suo proverbiale sorriso sulle labbra, i modi come sempre sono gentili e cortesi.
La serata è mite, per cui accetto volentieri la sua proposta di
sederci in giardino per fare la
nostra chiacchierata, ad osservarci, accucciato ai piedi del tavolo il
suo simpatico cane da caccia bianco/arancio Fulmine, a naso dovrebbe essere un incrocio tra un
breton ed un setter inglese.
Allora parliamo di caccia?
Naturalmente, siamo qui per questo...
Prima vorrei conoscere il suo
pensiero sulla questione morale in
genere.
Guardi di questione morale se ne
parla ormai da almeno dieci anni,
ma non mi pare che qualcosa sia
cambiato nel nostro paese, anzi direi
che le cose sono peggiorate. Vede, la
questione morale è come un filo
rosso che attraversa trasversalmente
tutti i settori della vita pubblica,
dalla politica alla gestione della
pubblica amministrazione, dal lavoro alla cultura, dalla scienza all'ambiente, e potrei continuare.......
E con l'ambiente come siamo
messi?
Male, molto male. A parte le
emergenze globali tipo effetto serra,
buco dell'ozono, piogge acide, deforestazioni selvagge, mi preme sottolineare l'emergenza ambientale
riguardo le navi piene di bidoni
radioattivi affondate in Calabria. Se
malauguratamente sarà accertata la
fondatezza delle rilevazioni fatte da
un pentito, il disastro ambientale è
di considerevole proporzione, non
può essere e non deve essere considerato un comune fatto delinquenziale, ma bensì un crimine contro
l'umanità. Come si fa ha non capire
che l'uomo uccide se stesso nel
momento in cui uccide la natura.
Esiste una questione morale
nella caccia?
Assolutamente si, il discorso è
molto ampio e non si può liquidare
in due battute, ma anche la caccia e
i cacciatori non nè sono immuni.
Proviamo a dire qualcosa...
D'istinto mi viene da pensare a
chi ancora oggi spara alle specie
particolarmente protette, pochi bracconieri che sporcano l'immagine
della nobile arte della caccia e dei
veri cacciatori, che preciso, e lo scriva, sono la stragrande maggioranza.
È sotto gli occhi di tutti il tam tam
mediatico che si scatena contro il
mondo venatorio ogni volta succedono episodi del genere, il danno
d'immagine è elevato, ed aggiungo
non è risarcito, tutta la parte sana del
mondo venatorio viene ingiustamente criminalizzata per qualcuno
che ritiene normale abbattere falchi,
trampolieri, etc., un deplorevole tiro
al bersaglio, mi dice che c'entra la
caccia con tutto ciò?
Praticare la caccia è tutta un'altra
storia, sull'attività venatoria porto
ancora con me gli insegnamenti
avuti da mio padre.
Ma ci sono anche i controlli?
No, solo i controlli non bastano,
il problema è culturale, in quest'ambito si deve fare ancora molta strada,
e tutte le componenti devono fare la
propria parte, dagli Enti alle associazioni venatorie, dalle associazioni di agricoltori ai Comitati di
Gestione degli ATC.
Lei che propone?
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Una proposta che prossimamente
porterò presso il Comitato ATC
RC1, e che mi auguro se accolta
favorevolmente possa diffondersi
anche presso gli altri ATC, sarà
quella che in flagranza di reato per
l'abbattimento di specie particolarmente protette, il comitato di gestione territorialmente competente si
costituisca parte civile nel procedimento, è venuto il momento di prendere decisioni drastiche per contrastare questo fenomeno.
Molto drastiche mi pare...
Guardi una decisione del genere
va a favore di tutta la parte sana del
mondo dei cacciatori, che, e mi ripeto, sono la stragrande maggioranza
e sono le vere vittime di questi gesti
inconsulti. Se affrontiamo un tema
come la questione morale, non possiamo girarci dall'altra parte come
se questo fenomeno per quanto limitato non esistesse.
E di caccia sostenibile cosa mi
dice?
Di questo termine si abusa spesso
sui giornali specializzati e nei convegni, ma in realtà spesso mi chiedo
quanto sia comprensibile questa
definizione e cosa stiamo facendo
per avere appunto come dice Lei
una caccia sostenibile. In sintesi la
caccia sostenibile dovrebbe soddisfare i bisogni del presente senza
compromettere la capacità alle
generazioni future di cacciatori di
soddisfare le proprie. Siamo proprio
certi che si stia procedendo per la
strada giusta? Siamo certi che stiamo lasciando ai nostri figli ciò che
hanno lasciato a noi i nostri padri?
Io penso proprio di no.
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Certo il quadro è desolante...
Se non modifichiamo il nostro
modo di pensare, che tutto ci è concesso e che in natura tutto è prelevabile, allora l'attività venatoria è
destinata a morire, ma la beffa sarà
che non muore perchè altri lo hanno
deciso, ma purtroppo perchè noi con
i nostri scriteriati comportamenti la
stiamo conducendo alla morte.
L'appello che lei lancia, in
fondo, è vero.
Più che un appello il mio è un
grido di dolore, questa è un'attività
che svolta con passione ed in ossequio alle leggi è appagante, lo vedo
negli occhi di mio figlio ventenne
che da pochi anni ha acquisito la
licenza di caccia, quanta passione,
amore e trasporto ci mette in quest'attività indipendentemente dal
carniere finale.
Domani andrà a caccia?
Penso di no, ma starò ugualmente in contatto con la natura facendomi una salutare passeggiata nei
boschi alla ricerca di funghi, dicono
che questa sarà una buona annata,
speriamo bene.
Superfluo dirvi che Fulmine ai
piedi del tavolo non l'ha presa bene.
Nuovo ATC-RC1: un commento di Mimmo Aloi
Il dirigente dell’ENAL Caccia pone il problema degli ATC se gli stessi rientrano in un ruolo pubblico o privatistico.
Dopo una lunga PROROGATIO, finalmente, l’Ambito Territoriale di Caccia
ATC RC1 è decollato.
Il 25 settembre, dopo la ratifica dell’Ente Provincia, i componenti designati
hanno eletto per la durata della seconda
legislatura il Presidente Domenico Iero
in rappresentanza delle associazioni
venatorie che sarà affiancato, per il
quadriennio, dai Vice Presidenti Antonino Lupini della Confagricoltura e da Fortunato Caminiti dell’ANCI mentre, per
l’Arcicaccia è stato eletto Francesco
Spoleti a Segretario.
È auspicabile, sull’esperienza passata, che la nuova ATC RC1 (metropolitana) inizi un assetto più efficiente alla
conduzione del più grande ambito della
Calabria; con la consapevolezza di un
rinnovato impegno delle componenti
agricole, ambientali e venatorie che cer-
tamente saranno di efficace rappresentanza.
L’Unione Nazionale Enalcaccia, consapevole del ruolo che ricopre, s’impegna a svolgere nel Comitato di Gestione
la propria azione propositiva e di stimo-
lo, mentre invita il popolo di cacciatori
unitamente agli ambientalisti ed agricoltori reciproca collaborazione, finalizzata ad una corretta crescita sul territorio.
È auspicabile, inoltre, un rapporto
continuo con l’Amministrazione Provinciale, soprattutto per definire il ruolo
dell’ATC in forza al nuovo Piano Faunistico Provinciale – certamente varato
con notevole impegno – che dovrà stabilire se l’ATC rientra giuridicamente nel
ruolo pubblico o privato ma, certamente,
senza sudditanza alcuna e nello spirito
di reciproca collaborazione.
Al popolo dei cacciatori, degli
ambientalisti, degli agricoltori e dei rappresentanti dei comuni, uniti per migliorare la crescita della società, un cordiale “IN BOCCA AL LUPO”.
Domenico Aloi
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Spariscono i colori d’Autunno
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Le foglie ci raccontano come il clima sta cambiando.
Le ricerche confermano: il cambiamento climatico
modifica i pigmenti.
I
colori d’autunno non sono più
quelli di una volta. Colpa del
caldo più intenso e prolungato.
Lo si vede soprattutto nelle pianure
italiane e sugli alberi d’alto fusto
come per esempio il leccio, la quercia, il faggio,il tiglio ecc. In montagna comunque le piante sono abituate a enormi sbalzi temperatura e i
colori delle foglie si stanno adeguando. Il cambio di pigmentazione delle
foglie è causato normalmente dall’alternarsi di una notte fredda e di un
giorno caldo.
Questo improvviso choc termico
da il via alla fase autunnale di caduta
delle foglie. Ora però negli ultimi
anni, proprio a causa del grande
caldo, tale sbalzo di temperatura non
si è verificato con la conseguenza che
l’autunno viene rinviato e l’effetto
colore vanificato. In Canada, il rosso
delle foglie dell’acero, questo albero
come è noto è disegnato anche nella
bandiera nazionale, è diventato più
sfumato, e meno vivo, quasi fosse
malato. Le prime ricerche evidenziano che la colpa è della temperatura
sempre più alta che fiacca la pianta e
modifica quei pigmenti che nessuna
TV riuscirà ad imitare. Si è altresì
accertato che le foglie poco dopo
aver preso il colore cadano subito
dall’albero.
Non è tutto: il caldo sempre più
intenso non fa che prolungare l’estate, con il risultato che spesso le foglie
cadono in questa stagione. Non è raro
vedere alberi spoglie anche in agosto.
Se così stanno le cose, si rischia dal
punto di vista meteorologico, di perdere la stagione autunnale , di passare dall’estate all’inverno senza soluzioni di continuità.
Molti studiosi ed esperti si stanno
interrogando su come affrontare il problema. Bisogna dicono capire perchè i
colori dei boschi oggi siano meno
vivi. Il bosco è un organismo vivo e
cerca comunque di adeguarsi al clima
e solo studiando questi fenomeni si
possano capire i mutamenti in atto.
Questi cambiamenti provocano
anche piccoli drammi: Le cinciallegre continuano a depositare le uova
nella prima settimana di aprile, perchè i loro piccoli possano trovare
tanti bruchi: ma quando i piccoli cercano cibo i bruchi sono già scomparsi. Biologi e botanici hanno scoperto
che le piante producono pollini in
anticipo rispetto al passato, e allora
chi soffre di allergie deve mettersi in
allarme anche in mesi nei quali prima
poteva respirare.
La preoccupazione maggiore comunque degli esperti studiosi del
clima è questo termometro che continua a salire. La natura se n’è accorta e reagisce. Gli uomini ancora no.
I selvatici che
vengono dal freddo
Beccacce e tordi due selvatici che
amano il freddo, ma per la loro sosta
autunnale preferiscono maggiormente
le vaste aree di folte boscaglie formate
da alberi di querce faggi e conifere non
disdegnando i castagneti e gli spineti che
al sud sono abbondanti.
Le regioni del sud costituiscono una
direttrice certa attraverso il bacino del
mediterraneo irradiandosi principalmente nel Gargano, in Calabria ed in Basilicata. Si spostano in modesti quantitativi
nelle zone libere dalla neve e scelgono a
loro dimora soprattutto i corsi dei fiumi.
La caccia alla beccaccia nelle altre regioni meridionali è esercitata dalla grande
maggioranza dei cacciatori residenti e da
quelli delle regioni limitrofe che iniziano
la ricerca già nella seconda decade di
Ottobre. Si tratta come è noto di un
genere di caccia di tipo vagante e di solito si utilizzano uno o più cani da ferma
dressati dotati da ferma solida e di consenso. È importante l’affiatamento tra i
cacciatori soprattutto con i cani.
Come dicevamo la caccia alla beccaccia nel sud è una delle maggiori forme
dell’attività venatoria. Grande importanza
riveste l’ausilio dei cani, che devono
essere dotati come dicevamo di un ottimo naso e di un buon riporto.Relativamente al tiro della beccaccia, va ritenuto importante la prontezza dei riflessi e la
mira del cacciatore, che più delle volte
deve abbattere il selvatico al primo colpo
stante la velocità della baccaccia di spiccare il volo in mezzo ai boschi.
Parlando comunque della caccia alla
baccaccia nelle regioni del Sud è importante rilevare come aspetto negativo la
trasformazione continua e scellerata di
una improduttiva politica agraria ed
industriale che in pochissimi anni ha
visto distruggere le migliori zone di caccia alle beccacce.
L’altra gravissima piaga della caccia
alla beccaccia riguarda la caccia di
aspetto che continua ad essere esercitata da bracconieri senza scrupoli e riguardi nei confronti di cacciatori onesti e irreprensibili.
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Piante Officinali
in Calabria
Ogni prato, campo o collina può essere considerata una farmacia.
Oggi però alcune specie di queste piante tendono a diminuire a
causa dell’abuso indiscriminato di prodotti chimici compresi pesticidi, erbicidi e inquinamento delle acque. Anche nella provincia di
Reggio si consolida il mercato delle piante officinali.
S
ono migliaia le specie di piante officinali individuate nella tradizione
culturale di un popolo, o nella ricerca scientifica, utilizzate in campo
terapeutico, salutistico, cosmetico e tecnico. Queste piante comunque
introdotte o messe a contatto con un organismo umano, svolgono un'azione
farmacologica. Fin dagli albori dell'umanità l'uomo ha sempre cercato nella
natura, soprattutto vegetale, il rimedio ad ogni suo male: dapprima in modo
empirico, attraverso il riscontro casuale delle proprietà benefiche di un'erba,
e poi in modo sempre più razionale e scientifico. Sono molte infatti le civiltà che nel passato fecero uso di diverse forme di medicamenti sia di natura
vegetale che animale, come ad esempio gli Egizi, i Greci, i Romani anche se
i veri precursori conoscitivi dei segreti delle proprietà farmacologiche delle
piante furono gli Arabi, mediante l'alchimia e studi mirati a capire attraverso
l'applicazione della chimica le proprietà benefiche di esse.
Bisogna aspettare però il medioevo perchè sorgano le prime istituzioni scolastiche, tra cui ricordiamo la Scuola Medica Salernitana, e solo fra la fine del
’400 e l'inizio del '500 si affermò la botanica come vera e propria scienza, grazie alla creazione di erbari secchi e di orti botanici che permise di indagare, in
maniera più certa, sulle virtù terapeutiche delle piante medicinali.
Lo sviluppo dell’Agricoltura biologica e la ricerca scientifica saranno
comunque per il futuro fattori determinanti capaci incrementare un settore
come quello della coltivazione delle piante officinali sulle quale molti operatori commerciali stanno puntando. La produzione, l’impresa, il mercato, la
commercializzazione costituiscono anche nella Provincia di Reggio un buon
potenziale patrimonio del settore agricolo tanto da registrare un vero e proprio rilancio nel commercio dei prodotti ricavati da queste piante.
Quindi solo per citarne alcune, si scopre come l’alloro, la salvia, la
menta piperina, il basilico, il prezzemolo, l’erba cipollina, l’origano, il
rosmarino, la salvia, il finocchio selvatico, la liquirizia, la camomilla, il
timo, l’ortica, il cappero, la gramigna, lo zafferano, lo giuggiolo fanno
muovere un mercato fiorente: La coltivazione di tali piante contribuisce certamente ad integrare il reddito delle Aziende con possibilità d’impiego di
giovani imprenditori. Infatti , in questo ultimo periodo la Calabria risulta tra
le regioni d’Italia per superficie investite alla coltivazione delle piante officinali con conseguente crescita anche dell’indotto. Sono aumentati sensibilmente gli esercizi commerciali per i prodotti estratti dalle piante officinali.
Uno sviluppo quindi quello relativo a questo tipo di piante che cresce e si
consolida portando nuove iniziative imprenditoriali e la possibilità di accrescimento del mercato.
Considerato per tanto l’attuale trend è facile ipotizzare il moltiplicarsi di
tali specifiche attività soprattutto in Calabria con conseguente sviluppo del
mercato.Si commercializzano soprattutto liquori, profumi, oli vegetali, sci-
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che la pianta contiene più principi
attivi, ciascuna con una sua attività
specifica; pertanto con lo stresso
rimedio è possibile affrontare più
problemi che, altrimenti, richiederebbero l'assunzione di più farmaci
nella stessa giornata.
Le mille virtù
di alcune piante officinali
roppi, creme ,cosmetici, bevande e
alimenti diversi. Oggi purtroppo
l'uso di questi prodotti tende ad
avere qualche diminuzione in parte
a causa dei progressi effettuati nel
campo della chimica, in parte per
l'inquinamento e l'uso indiscriminato dei pesticidi.
Usi ed effetti
Sono ormai da tempo conosciuti
gli effetti benefici delle piante officinali. Le metodologie di preparazione più comuni sono: infuso,
decotto e tisana.
L'infuso viene generalmente usato per foglie e fiori che presentano
principi attivi facilmente alterabili al
calore. Consiste nel lasciare in infusione per pochi minuti le parti da
utilizzare in acqua bollente.
Decotto va attuato con radici,
legni, semi e cortecce. Queste parti
vengono fatte bollire a fuoco lento
in acqua distillata.
La Tisana è costituita dall'associazione di più piante medicinali
che devono essere perfettamente
dosate. Può essere in decotto o in
infusione.
I vantaggi della loro utilizzazione sono:
– riduzione dei possibili effetti collaterali, particolarmente importanti per anziani e bambini;
– migliore disponibilità dei principi
attivi per la presenza di sostanze
che favoriscono l'assorbimento;
– efficacia in molteplici casi.
La molteplicità di azioni consente di curare con un unico rimedio
più patologie; ciò è dovuto al fatto
Ginepro comune: albero o arbusto sempreverde le cui bacche e
foglie vengono utilizzate per favorire la digestione, curare reumatismi,
catarro bronchiale e d ottimi anche
come diuretici.
Malva comune: specie erbacea
perenne con portamento cespuglioso; l'infuso di foglie e fiori servono
a curare disturbi bronchiale o come
sedativo antinfiammatorio; mentre il
decotto può essere usato anche
come lassativo.
Ortica comune: pianta erbacea
perenne caratterizzata da peli urticanti; le foglie e i germogli giovani
sono ottimi per preparare tisane
toniche, utili anche contro il cattivo
funzionamento del fegato, il decotto
delle radici invece previene forfora e
caduta di capelli.
Valeriana: pianta erbacea perenne; usata come tranquillante leggero, cura le nevralgie, gli stati d'ansia,
l'epilessia, l'ipertensione.
Finocchio selvatico: pianta erbacea annuale o perenne i cui semi
vengono usati per infusione contro
la stitichezza ed insieme all'estratto
delle radici sono un ottimo diuretico; cura anche i disturbi della digestione.
Borragine: pianta erbacea annuale; l'infuso di foglie e fiori sono
utili come tonico contro lo stress e la
depressione, riduce febbre e tosse;
mentre il decotto dei fiori è utile
contro le lievi intossicazione del
fegato e della milza.
Tarassaco: pianta erbacea perenne; l'infuso delle foglie serve a curare il colesterolo, mentre il decotto di
radici viene utilizzato come disintossicante per accrescere la secrezione biliare e favorire la depurazione del fegato.
Calendula: pianta erbacea annuale; il decotto dei fiori è un ottimo rimedio per ottenere lozioni
lenitive e decongestionanti. L'infuso
della pianta è ottimo per curare i
dolori di stomaco.
Primula: pianta erbacea perenne;
l'infuso ottenuto con foglie e fiori è
ottimo come antistress, analgesico,
mentre il decotto di radici essiccate
al sole, può essere utilizzato contro
le influenze.
Nepetella: pianta erbacea perenne; l'infuso dell'intera pianta è utile
per normalizzare le funzioni gastriche e rinforzare lo stomaco.
Pervinca: elegante pianta erbacea perenne; il decotto delle radici è
utile come diuretico e per abbassare
la pressione, l'infuso di foglie come
tonico o digestivo.
Melissa: pianta erbacea perenne;
l'infuso di foglie può essere utilizzato come calmante per curare i disturbi dell'apparato digerente.
Ricino: L’olio ricavato è lassativo
ed è molto utilizzato in cosmetica.
Asparago: Azione diuretica
Cappero: Azione diuretica digestiva antispasmodica .
Queste ed altre piante stanno suscitando un grande interesse in relazione soprattutto ad una nuova cultura acquisita dai cittadini sull’uso
di queste particolari erbe.
Anche la Regione Calabria ha cercato in questi ultimi tempi a rivolgere una particolare attenzione alla possibilità di incentivare la coltivazione
di piante officinali capaci di favorire
la produzione e lo sviluppo mediante
nuovi indirizzi produttivi.
Alberto Calabrò
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Progetti di ripopolamenti faunistici e ambientali, incentivi a favore degli agricoltori per
effettuare colture a perdere e ripristinare le zone umide. Su questi ed altri problemi si è
trovata una linea comune per migliorare la gestione complessiva degli Ambiti territoriali.
L’Assessore Provinciale Scali
incontra i responsabili degli ATC
Un incontro utile che lascia ben sperare. Esaminati tutti i problemi per
il rilancio tecnico operativo degli ATC.
Presidenti degli Ambiti territoriali di caccia ATC nominati di recente alla guida di
questi importanti organismi di
gestione si sono incontrati
presso l’Amministrazione Provinciale con l’assessore al
ramo, dott. Antonio Scali, per
discutere sugli attuali e futuri
programmi di intervento sul
territorio di competenza.
All’incontro oltre a Domenico Iero – Presidente dell’ATCRC1, accompagnato dal Segretario Francesco Spoleti e Giuseppe Angiò – Presidente dell’ATC-RC2 era-no presenti inoltre il Presidente dei Revisori
Natale Tortora e il funzionario
ad-detto al settore Caccia Carmelo Stelitano.
In un clima di grande distensione e collaborazione
sono stati posti in discussione
tutte le problematiche inerenti
la gestione della caccia sul territorio provinciale ed i progetti condivisi di gestione, tanto
attesi e voluti dal mondo
venatorio.
In particolare, gli interventi
da effettuare sul territorio,
saranno
incentrati
sulle
seguenti tematiche:
- progetti di ripopolamenti
faunistici sulle zone altamente
vocate già individuate dai due
ATC;
- progetti di miglioramenti
ambientali sul territorio, attra-
I
verso bandi pubblici, con
incentivi a favore degli agricoltori che aderiranno ad effettuare culture a perdere, ripristino di zone umide ecc.;
- istituzione di un tavolo
tecnico presso il Parco Nazionale dell’Aspromonte per cercare di individuare una vasta
zona di intervento dove istituire quella zona di ripopolamento e cattura che, sicuramente, sarà la base di partenza della gestione, in quanto
dovrà fornire quella selvaggina autoctona per i futuri ripopolamenti;
- incarico, attraverso ban-do
pubblico, ad un tecnico-faunistico di provata esperienza
che completi l’analisi dei territori ai fini dell’individuazione
del grado di vocazione delle
specie cacciabili con particolare riguardo alla specie cinghiale necessaria per potere procedere all’assegnazione dei
territori a tutte le squadre di
cinghialai accreditate presso
gli ATC.
- Censimenti mirati su tutti i
territori per l’inviduazione
delle presenze faunistiche al
termine della stagione venatoria in corso.
L’Assessore Scali e l’Ufficio
addetto si sono dichiarati
apertamente disponibili ad
elargire, agli Ambiti territoriali
di caccia, le risorse necessarie
per effettuare gli interventi
sopra elencati, già pervenuti
nel bilancio dell’Ente da parte
della Regione Calabria.
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Ambientalisti, Agricoltori e Cacciatori allo stesso tavolo per modificare una legge
vecchia di sedici anni e rivedere i punti che non hanno funzionato non dimenticando che oggi anche le Regioni saranno chiamate a legiferare in merito.
Cambiare si può
I cacciatori italiani sono d’accordo, non bisogna stravolgere la 157 ma adeguarla alla
normativa Europea. Il mese di novembre sarà decisivo i provvedimenti da adottare.
I
cacciatori italiani sono d’accordo, non bisogna stravolgere la 157 ma adeguarla
alla normativa Europea.
Per i primi di novembre è
riconvocato il tavolo delle trattative per la ripresa dei negoziati
sulla modifica della
suddetta legge.
Cambiare è un
obbligo dicono i
cacciatori perchè è
una legge vecchia
di sedici anani e
quindi bisogna rivedere tutti
punti
ormai superati dai
tempi. La legge però
va riformata e non
stravolta. E su questa linea si riconoscono anche gli
ambientalisti e gli
agricoltori.
Sul
problema
della riforma della
157 il senatore Valerio Carrara del PDL
esprime alcuni concetti che non sempre
collimano con l’associazionismo. Per
esempio la depenalizzazione dei reati
sul bracconaggio,
previsti dal decreto è
inutile e dannosa.
Inoltre prevedere
l’abbattimento
di
alcune specie che in tutti gli altri
Paesi europei sono protette
aprirebbe dicono le associazioni venatorie e ambientaliste un
contenzioso con la Comunità
Europea stessa con gravi ripercussioni sul futuro dell’esercizio
venatorio. Sono state inserite
per esempio nel nuovo testo
specie cacciabili che erano
state tolte a suo tempo dall’elenco da parte dell’Unione
Europea. Quindi bisogna riflettere e ragionare prima di
approvare le modifiche in atto in discussione per non trovarci successivamente in grave difficoltà con l’Unione
Europea stessa. Nel
Decreto presentato
dal Senatore Carrara diventano cacciabili il colino della
Virginia, il corvo,il
cormorano e uccelli
del peso fino a trenta grammi come
peppola e fringuello. Nello
stesso
Decreto Legge l’apertura della caccia
verrebbe anticipata
alla prima decade
di Settembre con
possibile preapetura alla terza decade
di Agosto. La chiusura è prevista invece alla terza decade
di Febbraio prorogabile fino al 30
Giugno solo per
corvi e le cornacchie. Ma sul prolun-
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gamento al 30 giugno le associazioni obbiettano che siamo
ancora nel periodo della riproduzione per tanto e da scartare
simile modifica. È necessario
quindi che ogni variazione
venga trattata preventivamente
con tutti i soggetti interessati.
Infatti l’Italia è sotto procedura
d’infrazione per colpa di alcune
Regioni che non hanno recepito la direttiva Europea
Come è noto i disegni di
legge sulle modifiche della 157
presentati dai vari partiti sono
numerosi, e diversi è opportuno a questo punto dicono gli
interessati giungere ad un solo
testo unico per velocizzare i
tempi di attuazione.
Altre modifiche presentati
che potrebbero essere visti con
il favore dei cacciatori riguardano la possibilità di uscire dal
proprio ATC per esercitare la
caccia alla migratoria in altro
territorio.
Cacciatori, ambientalisti e
agricoltori allo stesso tavolo
insieme ai parlamentari per
discutere le modifiche previste.
Sui contenuti il confronto è
abbastanza duro. L’esperienza
evidenziano le Associazioni
venatorie ci dice che bisogna
trovare un accordo per far si
che questa legge funzioni
meglio e nella legalità per non
trovarci dopo tra ricorsi e
sospensive dei TAR. Quindi non
stravolgimenti ma una legge
adeguata rivedendo tutti punti
che non hanno funzionato e
quelli richiesti da tempo da
parte dei cacciatori.
Bisogna mettere insieme differenti esigenze sociali ed economici, nel rispetto della conservazione del patrimonio faunistico, del ruolo degli agricoltori e di una caccia sostenibile.
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Nella nostra penisola possono essere osservate ben
nove specie, di cui una svernante (smeriglio) una
accidentale (sacro) e tutte le altre nidificanti.
Falchi d’Italia
L
o Smeriglio è molto raro da
osservare, anche a causa
delle sue abitudini di caccia: vola quasi rasente al terreno a velocità straordinaria inseguendo rondini, allodole e altri
piccoli uccelli. Per queste sue
capacità di volo è molto
apprezzato nella falconeria.
Il falco Sacro, uno dei più grandi falchi esistenti è tipico delle
aree deserte. In Italia è raro e di passo irregolare. Per le sue dimensioni viene molto apprezzato nella falconeria, anche perchè è in
grado di catturare prede sia in volo, sia a terra; gli arabi infatti lo
utilizzano per la caccia alle gazzelle.
Il Lanario è anch’esso un falco adattato a climi aridi e desertici. In Italia abbiamo una grossa fetta di tutta la popolazione europea di Lanario. È il falco più piccolo rispetto al Sacro e al Pellegrino, e in falconeria è piuttosto apprezzato per la sua agilità di volo
anche nella cattura di prede a terra.
Il falco Pellegrino è uno dei più famosi e conosciuti per via
delle sue eccezionali doti di volo a velocità. In picchiata esso infatti è in grado di superare i 300 chilometri l’ora, ed è specializzato
nella cattura esclusiva di uccelli (dalle anatre agli storni). Per le sue
capacità di volo è apprezzato dai falconieri. In Italia ormai le
popolazioni di Pellegrino sono in forte ripresa, arrivando ad occupare tutte le nicchie riproduttive disponibili ed anche in città dove
cacciano soprattutto storni e piccioni.
Il falco della Regina nidifica solo in Sardegna, è molto simile
nella sua forma normale al Pellegrino. È un agilissimo cacciatore
di piccoli uccelli durante la migrazione.
Il Lodolaio è invece un piccolo falco, ma anch’esso somiglia
molto al Pellegrino da cui si distingue, oltre che per le dimensioni, anche per la coda lunga, come dice il suo nome è specializzato nella caccia di piccoli uccelli come le allodole.
Il Grillaio ha le stesse dimensioni del Lodolaio ma somiglia di
più al Gheppio. Anche in questo caso il suo nome ne tradisce le
abitudini alimentari: esso si nutre di insetti, coleotteri, e grilli.
Il Gheppio è forse il falco più comune in assoluto. È possibile
vederlo quasi ovunque nelle campagne, ai bordi delle strade,
appollaiato sui fili o sui pali del telefono, oppure mentre fa il caratteristico volo “a spirito santo”, grazie al quale riesce a stare immobile nell’aria come un elicottero per scovare meglio le sue prede,
costituite da invertebrati e piccoli mammiferi, ma anche da lucertole e piccoli uccelli.
Il falco Cuculo è di passo in Italia, arriva nella tarda primavera
per riprodursi in piccole colonie. I membri di una colonia cacciano spesso tutti insieme e si possono osservare nei campi alla ricerca di invertebrati, cavallette, lombrichi e coleotteri.
ATC INFORMA imp OTT 09 (6):ATC INFORMA imp OTT 09
31-10-2009
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È tempo di
Agriturismo
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Ambito Territoriale Caccia - RC 1
Ci piace ricordare quando anni fa ci recavamo in campagna a godere dell’ospitalità
spontanea dei contadini non lo sapevamo
ma “facevamo” già agriturismo.
S
i mangiava e si dormiva nelle case
dei contadini, spesso ci riservavano
la “stanza più bella”, con il letto
matrimoniale, poi ci accompagnavano a
caccia, a pesca, per funghi o a vendemmiare.
Qualche volta ci fermavamo anche ad
aiutarli per la vendemmia. Si viveva la
stessa vita ed erano ferie d’autunno che
duravano fino all’arrivo delle beccacce:
alla sera ci si raccoglieva vicino al camino
a mangiare caldarroste col vino novello e
si raccontavano storie fino alle ore piccole. Loro ci reinsegnavano le verità dimenticate del monte e del bosco. Noi li stupivamo raccontando la città.
Erano due culture diverse, eppure
ancora vicine che si reincontravano e si
reintegravano: nei loro occhi stupiti, a
volte increduli, il sogno di un paradiso
che sembrava irragiungibile.
Nei nostri occhi, nelle nostre menti, il
rimpianto di una pace forse irrimediabilmente perduta.
Qualcosa che ci sfuggiva e che avremmo inseguito per tutta la vita. Qualcosa
che ci era stato tolto e che non avremmo
più riavuto. Tornavamo in città portando
con noi lepri, pernici e beccacce, ma
anche formaggi, vino, funghi e farina di
castagne.
A loro lasciavamo pochi soldi, davvero
pochi specie se rapportati a quello che ci
veniva dato in cambio in quei giorni di
pace. E aspettavamo di anno in anno, la
stagione dell’autunno come da bambini si
aspettano le feste di Natale.
Poi tutto cambiò: i paesini sperduti sui
monti ebbero i loro alberghi ed i loro
ristoranti. Sparirono le mandrie al pascolo ed i vegniti rubati al bosco. In compenso anche le mulattiere ebbero il loro
nastro d’asfalto e le osterie con le panche
di legno si trasformarono in “Hotel Paradiso”.
La città non sembrò così più lontana ai
figli dei nostri montanari: molti ci raggiunsero e dopo pochi anni non li riconoscevi più perchè avevano le nostre stesse
facce.
La civiltà del benessere ci stava omogeneizzando ed inventava sempre nuovi traguardi e nuove necessità.
La parola d’ordine in agricoltura era
produrre quantitativamente e la monocoltura intensiva partoriva anche una
monocoltura globale che si inventava un
lessico nuovo ed affascinante... “terre
marginali e musei contadini”. Una gran
fretta di emarginare e sotterrare un
mondo che era fuori dal meccanismo di
mercato.
Comunque, l’ospitalità offerta da parte
di molti Agriturismi è prettamente a carattere familiare. Accanto all’offerta più
tradizionale che prevede il ristoro, la vendita diretta, il pernottamento e l’agricampeggio, si fanno strada nuove opportunità, frutto di una più marcata sensibilità
soprattutto verso i cacciatori.