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APPROFONDIMENTO L`imposta sul valore delle
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APPROFONDIMENTO
L’imposta sul valore delle attività
finanziarie detenute all’estero:
disciplina e applicazione
di Enzo Mignarri
Con il varo del decreto legge cosiddetto “Salva Italia”, sono state introdotte nuove forme
di prelievo sulle attività finanziarie e patrimoniali. In questo contributo si propone un’articolata disamina della nuova imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero, che è introdotta nel nostro ordinamento
anche per rispondere ad esigenze di coerenza
del sistema ossia tassare tali attività secondo
modalità analoghe a quelle detenute in Italia,
tenendo conto sia del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 5 giugno 2012 che della circolare n. 28/E del 2 luglio 2012 della stessa Agenzia.
1. Premessa
Con il varo del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto “salva Italia”) convertito, con modifiche, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 2141 sono
state regolamentate alcune forme di prelievo volte a colpire le attività finanziarie e immobiliari:
x l’imposta di bollo ordinaria sugli estratti di
conto corrente e i libretti di risparmio e le
comunicazioni relative a prodotti finanziari;
x l’imposta di bollo speciale sulle attività oggetto di emersione ancora segretate;
x l’imposta straordinaria sulle attività oggetto di
emersione prelevate o dismesse;
x l’imposta sul valore degli immobili situati
all’estero;
x l’imposta sul valore delle attività finanziarie
detenute all’estero.
L’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti in
Italia è stata istituita con i commi da 18 a 22
dell’art. 19 del citato decreto legge successivamente modificati dall’art. 8, commi 16 e 17, del
D.L. 2 marzo 2012, n. 16 e ulteriori modifiche
sono state apportate in sede di conversione dalla
L. 26 aprile 2012, n. 44. Ai sensi del comma 23
dell’art. 19 è stato poi emanato il Provvedimento
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 5
giugno 2012, che reca, tra l’altro, le modalità di
determinazione e applicazione dell’imposta.
In questo contributo viene effettuata una disamina della disciplina riguardante l’imposta sul
valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe) alla luce dei chiarimenti forniti
dall’Agenzia delle Entrate con la circ. n. 28/E del
2 luglio 20122. L’Ivafe costituisce, come vedremo, una forma di prelievo per certi aspetti simile e complementare all’imposta di bollo ordinaria sugli estratti di conto corrente e i libretti di
risparmio e le comunicazioni relative a prodotti
finanziari come riformulata sempre dall’art. 19
2
1
Pubblicata sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 27 dicembre 2011 e in vigore dal giorno
successivo.
In “il fisco” n. 29/2012, fascicolo n. 1, pag. 4656. Per un
primo commento si veda S. Ungaro, Ivafe: arrivano le linee guida delle Entrate, in “il fisco” n. 29/2012, fascicolo
n. 2, pag. 4679.
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del decreto n. 201/2011 nell’ambito dell’art. 13,
commi 2-bis e 2-ter, della Tariffa, Allegato A,
Parte Prima, del D.P.R. n. 642/1972 che mira a
colpire i patrimoni mobiliari detenuti direttamente all’estero rispondendo – come ricorda la circolare citata – anche ad esigenze di coerenza del sistema, ossia tassare tali attività secondo modalità analoghe a quelle detenute in Italia. L’Ivafe è stata introdotta nel nostro ordinamento a decorrere dal periodo d’imposta
2011.
2. Ambito soggettivo
L’ambito soggettivo dell’imposta è circoscritto
alle persone fisiche residenti che vengono assoggettate all’imposta nel caso in cui detengano
all’estero attività finanziarie a titolo di proprietà
o di altro diritto reale e indipendentemente dalle
modalità della loro acquisizione e, dunque, anche se tali attività provengono da eredità o donazioni. Secondo l’Agenzia delle Entrate, rientrano nell’ambito soggettivo di applicazione dell’Ivafe anche i contribuenti che prestano la propria attività lavorativa all’estero in via continuativa per i quali la residenza fiscale in Italia è determinata ex lege, in forza di presunzione legale
che prescinde dalla ricorrenza o meno dei requisiti richiesti dall’art. 2 del Tuir e per i quali è
previsto, ai sensi dell’art. 38 del D.L. 31 maggio
2010, n. 78, l’esonero dalla compilazione del modulo RW della dichiarazione annuale dei redditi,
non solo in relazione al conto corrente costituito
all’estero per l’accredito degli stipendi o altri
emolumenti derivanti dalle attività lavorative ivi
svolte, ma anche relativamente a tutte le attività
finanziarie e patrimoniali detenute all’estero.
Rientrano, pertanto, tra i soggetti in questione le
persone fisiche che prestano lavoro all’estero
per lo Stato italiano, per una sua suddivisione
politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero
presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia, nonché i lavoratori che prestano la
propria attività lavorativa in zone di frontiera e
in paesi limitrofi.
A differenza dell’imposta di bollo ordinaria dalla
quale sono esclusi solo i soggetti che svolgono
attività di intermediazione finanziaria, l’ambito
soggettivo dell’Ivafe è come detto limitato alle persone fisiche considerate residenti ai fini fiscali. Pertanto, ai fini dell’applicazione di tale
imposta, assume particolare rilevanza l’individuazione di eventuali casi di interposizione o
di intestazione formale a società e altre entità
giuridiche effettuati allo scopo di eludere il pagamento dell’imposta in esame. Con riferimento
a tali ipotesi, la circ. n. 28/E ricorda quanto già
chiarito al riguardo con riferimento all’imposta
sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie)
ossia che l’Ivafe trova applicazione anche nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati
ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni o trust) che agiscono quali persone interposte, mentre l’effettiva disponibilità dei beni è
da attribuire a persone fisiche residenti. Inoltre,
l’Agenzia delle Entrate riafferma nella citata circolare quanto già precisato nella circ. n. 99/E del
4 dicembre 20013, relativamente alla nozione di
“interposta persona”, ossia che la questione non
può essere risolta in modo generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e
alle modalità organizzative del soggetto interposto. Analogamente, per i beni detenuti tramite
un trust (sia esso residente che non residente)
occorre secondo l’Agenzia considerare se lo
stesso sia in realtà un semplice schermo formale e se la disponibilità dei beni che costituiscono il patrimonio del trust sia da attribuire ad
altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust.
In tali casi, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto e il patrimonio, nonché i redditi da questo prodotti, devono essere ricondotti ai soggetti che ne hanno
l’effettiva disponibilità4.
Le norme e la prassi ad oggi emanate non trattano il caso di usufrutto di partecipazioni detenute all’estero per il quale potrebbero essere tenuti al pagamento dell’imposta sia il nudo proprietario che l’usufruttuario “ciascuno in proporzione
al valore riconducibile al proprio diritto in base a
contratti o, in assenza, calcolato in base alla legislazione locale”5 oppure, in alternativa, solo l’usufruttuario. Si rammenta, al riguardo, che per
l’Ivie nella circolare in commento l’Agenzia delle
Entrate ha stabilito che è tenuto al pagamento di
tale imposta solo l’usufruttuario. La questione,
data l’assenza di specifiche indicazioni operative,
meriterebbe un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
3
In banca dati “fisconline”.
4
Al fine di individuare alcune di tali fattispecie, l’Agenzia
delle Entrate rinvia a quanto chiarito nelle circolari n.
43/E del 10 ottobre 2009, par. 1, e n. 61/E del 27 dicembre
2010, entrambe in banca dati “fisconline”.
5
Cfr. L. Miele, Sciolti i dubbi interpretativi per il versamento di Ivie e Ivafe, in “Corriere tributario” n. 31/2012, pag.
2383.
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3. Ambito oggettivo
L’Ivafe si applica a decorrere dal periodo d’imposta 2011 sul valore delle attività finanziarie
detenute all’estero da persone fisiche residenti in
Italia. Sono soggette all’imposta anche le attività
finanziarie che sono state oggetto di operazioni
di emersione mediante la procedura della regolarizzazione. Non si considerano, invece, detenute all’estero le attività finanziarie rimpatriate (sia fisicamente che giuridicamente). Sono,
inoltre, escluse dall’ambito di applicazione di tale disposizione le attività finanziarie detenute all’estero, ma che sono amministrate da intermediari finanziari italiani e le attività estere fisicamente detenute dal contribuente in Italia. In altri termini secondo l’Agenzia delle Entrate l’imposta è dovuta, a prescindere dalla circostanza che il soggetto emittente o la controparte
siano residenti o meno, nei casi in cui le attività
finanziarie si considerano detenute all’estero. Al
riguardo si considerano come attività detenute
all’estero anche le attività finanziarie detenute,
ad esempio, in cassette di sicurezza all’estero o
tramite intermediari non residenti. Il comma 19
dell’art. 19 del D.L. n. 201/2011 precisa che l’imposta è dovuta in proporzione alla quota di
possesso e al periodo di detenzione.
Con riguardo all’ambito oggettivo di applicazione, la circ. n. 28/E individua nel dettaglio le seguenti attività finanziarie ovviamente se detenute all’estero:
x partecipazioni al capitale o al patrimonio di
soggetti residenti o non residenti, obbligazioni
italiane o estere e i titoli similari, titoli pubblici italiani e i titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, titoli non rappresentativi di
merce e certificati di massa (comprese le quote di Oicr), valute estere, depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero indipendentemente dalle modalità di alimentazione (ad
esempio, accrediti di stipendi, di pensione o
di compensi);
x contratti di natura finanziaria stipulati con
controparti non residenti, tra cui, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito
titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere;
x contratti derivati e altri rapporti finanziari
stipulati al di fuori del territorio dello Stato;
x metalli preziosi allo stato grezzo o monetato;
x diritti all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni estere o strumenti finanziari assimilati;
x ogni altra attività da cui possono derivare
redditi di capitale o redditi diversi di natura
finanziaria di fonte estera.
I titoli o i diritti offerti ai lavoratori dipendenti e
assimilati che danno la possibilità di acquistare,
ad un determinato prezzo, azioni della società
estera con la quale il contribuente intrattiene il
rapporto di lavoro o delle società controllate o
controllanti (cosiddette stock option) sono soggetti all’imposta solo nel caso in cui siano cedibili. Non sono soggette all’Ivafe le forme di previdenza complementare organizzate o gestite
da società ed enti di diritto estero.
Relativamente alle attività finanziarie oggetto di
un contratto di amministrazione con una società
fiduciaria residente o di custodia, amministrazione o gestione con soggetti intermediari residenti, l’Ivafe non è dovuta in quanto su tali attività viene applicata l’imposta di bollo ordinaria6,
dal momento che le stesse non sono considerate
come detenute all’estero. Tra le attività finanziarie ricomprese nell’ambito di applicazione del
tributo vi sono come accennato i contratti di
natura finanziaria stipulati con controparti non
residenti, tra cui sono inclusi anche i finanziamenti, e le partecipazioni in società, residenti e
non residenti, detenute all’estero. Circa l’ambito
oggettivo di applicazione dell’imposta di bollo
ordinaria si rammenta che esso ricomprende oltre ai conti correnti e ai libretti di risparmio
bancari e postali, tutti i prodotti finanziari elencati nell’art. 1 del D.Lgs. n. 58/1998, ivi compresi
i depositi bancari e postali, anche se non rappresentati da certificati7. Per tale imposta non è
chiaro se nell’ambito di applicazione siano incluse le quote di s.r.l., i finanziamenti dei soci,
nonché le partecipazioni in società di persone,
data l’assenza di un intermediario8.
3.1. Le polizze di assicurazione
Secondo il disposto dell’art. 3, comma 7, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze
del 24 maggio 2012, sono soggette all’imposta di
bollo ordinaria, le polizze di assicurazione stipulate da soggetti residenti in Italia e emesse da
6
Secondo il disposto dell’art. 13, commi 2-bis e 2-ter, della
Tariffa, Allegato A, Parte Prima, del D.P.R. n. 642/1972 così come modificato dall’art. 19 del D.L. n. 201/2011 e successive modifiche e integrazioni.
7
Cfr. il D.M. 24 maggio 2012.
8
Cfr. L. Miele-V. Russo, Applicazione Ivie e Ivafe tra chiarimenti e criticità, in “Corriere tributario” n. 27/2012, pag.
2061.
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imprese di assicurazione estere operanti in Italia
in regime di libertà di prestazione di servizi che
abbiano esercitato la facoltà prevista dall’art. 26ter del D.P.R. n. 600/1973 e quella per l’applicazione dell’imposta di bollo in modo virtuale.
Le disposizioni dell’art. 26-ter, comma 3, del
D.P.R. n. 600/1973 introdotte dall’art. 41-bis
del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 hanno inteso equiparare il regime impositivo dei rendimenti finanziari di cui all’art. 44, comma 1, lettere gquater) e g-quinquies), del Tuir, dovuti dalle imprese di assicurazione estere nel caso in cui le
stesse optino per applicare direttamente l’imposta sostitutiva sui predetti redditi con quello
previsto per i proventi della medesima natura
corrisposti da imprese di assicurazione italiane9.
Con l’applicazione delle citate disposizioni del
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012, le polizze assicurative estere in possesso delle suddette caratteristiche
sono soggette, nella sostanza, ad un trattamento
tributario complessivamente equiparato alle
analoghe polizze assicurative italiane. Pertanto, le stesse possono essere considerate come
detenute in Italia e, quindi, non sono soggette all’Ivafe.
Analogamente, se le imprese di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libertà di
prestazione di servizi non esercitano le opzioni
richieste, ma le polizze sono affidate in amministrazione a una fiduciaria residente o a un altro
intermediario residente, sulle stesse trova applicazione l’imposta di bollo ordinaria di cui
all’art. 13, comma 3-ter, del D.P.R. n. 642/1972 e
non è pertanto dovuta l’Ivafe. In tal caso, infatti,
le polizze non si considerano detenute all’estero
nel presupposto che per effetto del predetto mandato ad amministrare, la società fiduciaria o l’intermediario si impegna ad applicare e versare le
ritenute alla fonte o le imposte sostitutive previste
dall’ordinamento tributario italiano sui redditi
derivanti dalle attività oggetto del rapporto e, se
le ritenute sono applicate a titolo d’acconto ovvero non sono previste, ad effettuare le richieste
comunicazioni nominative all’Amministrazione
finanziaria.
Per le polizze di assicurazione stipulate da soggetti residenti in Italia e emesse da imprese di
assicurazione estere operanti in Italia in regime
di libertà di prestazione di servizi l’imposta di
bollo ordinaria è applicata alla scadenza del
9
Cfr. la circ. dell’Agenzia delle Entrate n. 62/E del 31 dicembre 2003, in banca dati “fisconline”.
contratto o al riscatto della polizza. Nel caso in
cui il contratto di amministrazione con la fiduciaria residente o con l’intermediario residente
venga interrotto, i predetti soggetti devono versare l’imposta di bollo determinata per ciascun anno ed accantonata fino a tale data. Dal
momento in cui viene interrotto il rapporto di
intermediazione, la polizza si considera detenuta all’estero e deve essere corrisposta l’Ivafe. Pertanto, il contribuente dovrà compilare, per gli
eventuali proventi, il quadro RM del modello
Unico PF ed è tenuto a indicare tali attività nel
modulo RW del predetto modello ai fini del monitoraggio fiscale.
Nel caso in cui le compagnie estere operanti in
Italia in regime di libertà di prestazione di servizi non abbiano esercitato le menzionate opzioni
e le polizze non siano oggetto di contratti di amministrazione con una fiduciaria residente o con
altri intermediari residenti, sulle stesse è dovuta
l’Ivafe, in quanto tali polizze si considerano detenute all’estero.
Relativamente al periodo di imposta 2011, l’imposta è dovuta nel caso in cui le predette compagnie di assicurazione non abbiano optato, nel
2012, per l’applicazione dell’imposta di bollo in
modo virtuale e non abbiano optato nel 2011, o
in anni precedenti, per il pagamento dell’imposta sostitutiva prevista dall’art. 26-ter del D.P.R.
n. 600/1973.
Con il varo del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e la
sua conversione nella L. 7 agosto 2012, n. 13410
si è stabilito che, nel caso in cui l’imposta sostitutiva sui redditi di capitale dei contratti di assicurazione esteri non sia applicata direttamente
dalle imprese di assicurazioni estere operanti nel
territorio dello Stato in regime di libertà di prestazione di servizi ovvero da un loro rappresentante fiscale, l’imposta sostitutiva è applicata
anche dai soggetti di cui all’art. 23 del D.P.R. n.
600/1973 (ad esempio, le società fiduciarie) attraverso i quali sono riscossi i redditi di capitale
derivanti da tali contratti.
Tale norma ha, inoltre, esteso a questi ultimi
soggetti l’applicazione dei commi 2 e 2-ter dell’art. 1 del D.L. n. 209/2002 secondo cui le imprese di assicurazioni sono tenute al versamento
di un’imposta pari allo 0,35% delle riserve matematiche dei rami vita iscritte nel bilancio di
esercizio con esclusione di quelle relative a contratti aventi per oggetto il rischio morte o di invalidità permanente da qualsiasi causa derivante
10
Cfr. l’art. 68, comma 2.
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ovvero di non autosufficienza nel compimento
degli atti della vita quotidiana, nonché di quelle
relative ai fondi pensione e ai piani individuali
pensionistici. Tale importo costituisce un credito di imposta da utilizzare per il versamento delle ritenute e dell’imposta sostitutiva dovute sui
redditi di capitale dei contratti di assicurazione
(oppure, in caso di incapienza, in compensazione di altre imposte e contributi). L’imposta pari
come detto allo 0,35% va commisurata, in
questo caso, al solo ammontare del valore
dei contratti di assicurazione soggetti11. A
tal fine i contraenti sono tenuti a fornire provvista. I sostituti di imposta segnalano i contraenti
nei confronti dei quali non è stata applicata l’imposta. Nei loro confronti l’imposta è riscossa
mediante iscrizione a ruolo. Le suddette disposizioni si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2011. Per tale periodo di imposta il versamento dell’imposta deve
essere effettuato entro il 16 novembre 2012 sulla
base del valore dei contratti in essere al 31 dicembre 2011.
Se il contribuente non si avvale di una compagnia estera operante nel territorio dello Stato in
regime di libertà di prestazione di servizi, di un
suo rappresentante fiscale ovvero di intermediari residenti attraverso i quali sono riscossi i redditi di capitale derivanti da tali contratti non è
soggetto al versamento dell’imposta pari allo
0,35% delle riserve matematiche (o del valore
dei contratti di assicurazione soggetti), ma al pagamento dell’Ivafe che, diversamente dalla precedente forma di prelievo, non è deducibile al
momento del riscatto della polizza e del versamento dell’imposta sostitutiva dovuta.
4. La base imponibile e il calcolo
dell’imposta
Il valore delle attività finanziarie sui cui si applica l’Ivafe è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute, anche utilizzando
la documentazione dell’intermediario estero di
riferimento per le singole attività ovvero dell’impresa di assicurazione estera. Qualora le attività
non siano più possedute alla data del 31 dicembre, occorre far riferimento al valore di mercato
delle attività rilevato al termine del periodo di
11
L’originaria versione della norma prevedeva che l’imposta
fosse da commisurarsi “al solo ammontare delle riserve
matematiche”.
detenzione. Per le attività finanziarie quotate nei
mercati regolamentati deve essere utilizzata la
relativa quotazione. Pertanto, per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari negoziati in mercati regolamentati, ai fini della valorizzazione, rileva il valore puntuale di quotazione alla data del 31 dicembre di ciascun anno
o al termine del periodo di detenzione. Qualora
alla predetta data non ci sia stata negoziazione
si deve assumere il valore di quotazione rilevato
nel giorno antecedente più prossimo. Per le azioni, obbligazioni e altri titoli o strumenti finanziari non negoziati in mercati regolamentati
e, comunque, nei casi in cui le attività finanziarie quotate siano state escluse dalla negoziazione, la valorizzazione deve avvenire attraverso il
valore nominale o, in mancanza, tramite il valore di rimborso, anche se rideterminato ufficialmente. Qualora il titolo abbia sia il valore nominale che quello di rimborso, la base imponibile è
costituita dal valore nominale. Infine, nell’ipotesi in cui manchi sia il valore nominale sia il valore di rimborso la base imponibile è costituita
dal valore di acquisto dei titoli.
A differenza di quanto stabilito per la determinazione della base imponibile dell’imposta di
bollo speciale sulle attività oggetto di emersione
ancora segretate, cui si è fatto riferimento in
premessa, per la quale, a norma dell’art. 19,
comma 8, del D.L. n. 201/2011, si deve far riferimento al valore di mercato o, in mancanza, al
valore nominale o di rimborso delle attività finanziarie interessate. In questo caso, i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate appaiono più
dettagliati e non lasciano spazi ad eventuali dubbi applicativi non solo con riguardo a cosa debba intendersi per valore di mercato ossia la
quotazione che si determina nei mercati regolamentati ma anche per l’individuazione, tra le
varie rilevazioni esistenti su tali mercati, di quelle che devono essere utilizzate allo scopo, in
questo caso il valore puntuale di quotazione
alla data del 31 dicembre di ciascun anno o al
termine del periodo di detenzione. Eventuali
problematiche potrebbero sorgere per l’identificazione del valore delle attività finanziarie non
quotate per le quali in assenza di un valore nominale o, in subordine, di un valore di rimborso,
si è come detto stabilito che si può utilizzare
il valore di acquisto dei titoli, il quale tuttavia
potrebbe anche mancare in talune situazioni
particolari quali, ad esempio, quelle dei derivati
non quotati.
L’imposta è dovuta nella misura dell’1 per mille
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per il 2011 e il 2012 e dell’1,5 per mille per gli
anni successivi. Per il versamento dell’imposta in
esame, a differenza di quanto stabilito per l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero,
non è prevista alcuna soglia di esenzione. L’imposta è dovuta in proporzione ai giorni di detenzione e alla quota di possesso in caso di attività finanziarie cointestate.
Dall’imposta si detrae, fino a concorrenza del
suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale
versata nell’anno di riferimento nello Stato estero in cui sono detenute le attività finanziarie. Il
credito d’imposta non può, in ogni caso, superare l’imposta dovuta in Italia. Qualora con il paese nel quale sono detenute le attività finanziarie
sia in vigore una convenzione per evitare le
doppie imposizioni riguardante anche le imposte di natura patrimoniale che preveda, per tale
attività, l’imposizione esclusiva nel paese di residenza del possessore, non spetta alcun credito d’imposta per le imposte patrimoniali eventualmente pagate all’estero. In tali casi, per queste ultime, può comunque essere chiesto il rimborso all’Amministrazione fiscale del paese in
cui le suddette imposte sono state applicate nonostante le disposizioni convenzionali.
4.1. I conti correnti e i libretti di risparmio
Un trattamento analogo a quello in vigore in Italia ai fini dell’imposta di bollo ordinaria è stato previsto per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in paesi dell’Ue o in paesi aderenti al See che garantiscono un adeguato
scambio di informazioni essendosi stabilito
che, limitatamente a tali rapporti l’imposta è
stabilita in misura fissa pari a quella prevista
dall’art. 13, comma 2-bis, lettera a), della tariffa
allegata al D.P.R. n. 642/1972, ossia nell’attualità 34,20 euro.
La definizione di un simile trattamento deriva
dalla volontà del legislatore di evitare censure da
parte dell’Ue basate sulla violazione dei trattati
comunitari che individuano, tra i cardini dell’Ue,
il principio della libera circolazione dei capitali.
Tale misura si applica con riferimento a ciascun
conto corrente o libretto di risparmio detenuti
all’estero dal contribuente. In caso di estinzione
o di apertura di tali rapporti in corso d’anno,
l’imposta è rapportata al periodo di detenzione espresso in giorni e per i conti cointestati, l’imposta fissa è ripartita in base alla percentuale di possesso. L’imposta in misura fissa non
è dovuta qualora il valore medio di giacenza an-
nuo risultante dagli estratti conto e dai libretti
sia non superiore a euro 5.000, analogamente a
quanto stabilito ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo ordinaria dalla nota 3-bis dell’art.
13 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642/1972. Ai
fini del computo del valore medio di giacenza
annuo si è stabilito, con una scelta mirata alla
semplificazione degli adempimenti del contribuente cui spetta il calcolo e il pagamento dell’imposta in sede di dichiarazione dei redditi, che si
deve tener conto di tutti i conti o libretti detenuti all’estero dal contribuente presso il medesimo
intermediario (e non presso intermediari diversi) e che non rileva il periodo di detenzione
del rapporto durante il periodo d’imposta.
Nel caso in cui il contribuente possieda rapporti cointestati, per la determinazione del predetto limite si tiene conto degli ammontari riferibili pro quota al medesimo contribuente.
Infine, se il conto corrente ha una giacenza
media annuale di valore negativo, tale conto
non concorre a formare il valore medio di giacenza per l’esenzione. Analogamente all’applicazione per l’imposta in questione della misura fissa, anche la norma relativa alla soglia di esenzione di euro 5.000 si riferisce esclusivamente ai
conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti
in paesi dell’Ue o in paesi aderenti al See e non
ad altre tipologie di attività finanziarie. Nel caso
in cui operi l’esenzione collegata alla soglia di
euro 5.000, i dati relativi ai conti correnti e ai libretti di risparmio detenuti nei predetti paesi
non devono essere indicati nella dichiarazione
dei redditi, fermo l’eventuale obbligo di compilazione del modulo RW.
Si rammenta che l’imposta di bollo ordinaria su
conti correnti e libretti di risparmio detenuti in
Italia è riferita all’invio dell’estratto conto o
del rendiconto che si considerano, in ogni caso,
inviati almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di
redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell’anno ovvero in caso
di estinzione o di apertura dei rapporti in corso
d’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al
periodo rendicontato e, a tal fine, si considera
l’anno civile. L’addebito del tributo per i libretti
al portatore grava sul soggetto che ha chiesto
l’emissione del libretto. In caso di più rapporti di
conto corrente, ovvero di libretti di risparmio
identicamente intestati accesi presso lo stesso
intermediario, l’imposta è dovuta con riferimento a ciascun rapporto o libretto. Se il cliente
è persona fisica, l’imposta non è dovuta quando
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Fiscalità internazionale – APPROFONDIMENTO
il valore medio di giacenza risultante dagli estratti e dai libretti è complessivamente non superiore a 5.000 euro. A tale scopo, devono essere
unitariamente considerati tutti i rapporti di conto corrente e i libretti di risparmio identicamente intestati, intrattenuti con la medesima banca,
con Poste italiane Spa o emessi da Cassa Depositi e Prestiti. L’imposta di bollo non è dovuta
con riferimento ai conti intestati a persone fisiche qualora il valore della giacenza media
risulti negativo. Tali conti correnti non concorrono a formare il valore medio di giacenza ai
fini dell’esenzione di euro 5.000. La maggiorazione di imposta prevista per i clienti, diversi
dalle persone fisiche, non si applica agli estratti
conto inviati dalle società fiduciarie nel caso in
cui il fiduciante sia una persona fisica. Essa viene, infatti, determinata in funzione della soggettività dei fiducianti.
L’imposta è applicata:
x al 31 dicembre di ogni anno, in caso di periodicità annuale o in assenza dell’invio dell’estratto conto o del rendiconto;
x alla fine del periodo rendicontato se contrattualmente sono previsti degli invii infrannuali;
x alla data di cessazione del rapporto in caso di
estinzione infrannuale.
5. Modalità di dichiarazione e
versamento
Il decreto prevede che per il versamento, la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso relativi
all’Ivafe si applicano le disposizioni previste
per l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Al fine di dichiarare il valore delle attività finanziarie detenute all’estero deve essere compilata l’apposita Sezione del quadro RM del Modello
UNICO PF nella quale va indicato il controvalore
in euro degli importi in valuta calcolato in base
all’apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Il versamento dell’imposta è
effettuato entro il termine del versamento a saldo delle imposte sui redditi derivanti dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riferimento. Non sono dovuti acconti ed
è consentito rateizzare l’imposta dovuta ai sensi
dell’art. 20 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.
Il versamento dell’Ivafe non è dovuto, analogamente alle altre imposte domestiche, qualora il
debito non sia superiore a 12,00 euro. Il versamento dell’Ivafe deve essere effettuato utilizzando il codice “4043” e denominato “Imposta sul
valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio
dello Stato”12.
Tutti gli adempimenti dal calcolo della base imponibile e dell’imposta dovuta alla successiva dichiarazione e versamento dell’imposta sono a
carico del contribuente a differenza di quanto
avviene per l’imposta di bollo ordinaria per la
quale gli adempimenti sono demandati all’ente
gestore ossia, secondo il disposto del decreto
ministeriale del 24 maggio 2012, al soggetto che,
a qualsiasi titolo, esercita l’attività bancaria, finanziaria e assicurativa e che si relaziona direttamente o indirettamente con il cliente.
12
Cfr. la ris. dell’Agenzia delle Entrate n. 54/E del 7 giugno
2012, in banca dati “fisconline”.
38/2012
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6084
APPROFONDIMENTO – Fiscalità internazionale
Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (Ivafe)
Disposizioni di attuazione dei commi da 18 a 22 dell’art. 19 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 - Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 2012/72442 del 5 giugno 2012 (che sostituisce quello emanato in data 14 febbraio 2012)
Comma
18-22
Ambito di applicazione
oggettivo
Attività finanziarie detenute all’estero da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato:
partecipazioni al capitale o al
patrimonio di residenti o non
residenti, titoli pubblici italiani
e titoli equiparati emessi in Italia o all’estero, titoli non rappresentativi di merce e certificati di massa (comprese le quote
di Oicr), valute estere, depositi e
conti correnti all’estero; contratti di natura finanziaria con non
residenti, tra cui finanziamenti,
riporti, pronti contro termine e
prestito titoli, polizze vita e di
capitalizzazione con compagnie
di assicurazioni estere; contratti
derivati e altri rapporti finanziari stipulati all’estero; metalli
preziosi allo stato grezzo o monetato; diritti all’acquisto o alla
sottoscrizione di azioni o strumenti finanziari assimilati; ogni
altra attività da cui possono derivare redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria
di fonte estera. Sono soggette
all’imposta le attività regolarizzate; non sono soggette, invece,
all’imposta in quanto non si
considerano detenute all’estero
le attività rimpatriate (sia fisicamente che giuridicamente).
Misura del prelievo
Particolarità
– 1 per mille annuo per il 2011 L’imposta è dovuta proporzionalmene il 2012
te alla quota e al periodo di detenzione. Per il versamento, la liquidazione,
l’accertamento, la riscossione, le san– 1,5 per mille dal 2013
zioni e i rimborsi nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni
Si applica sul valore di mercato previste per l’Irpef. Non è dovuta l’imdelle attività finanziarie, rileva- posta su polizze assicurative emesse
to al termine di ciascun anno da compagnie estere operanti in Italia
solare (o al termine del periodo in regime di libera prestazione di serdi detenzione se anteriore al vizi e sottoscritte da residenti a con31.12 dell’anno di riferimento) dizione che dette compagnie applinel luogo in cui le attività sono chino l’imposta di bollo ordinaria, nel
detenute anche utilizzando la rispetto delle condizioni richieste daldocumentazione
l’art. 3, comma 7, D.M. (Mef) 24 magdell’intermediario estero di rife- gio 2012. Le stock option offerte ai
rimento per le singole attività e, lavoratori dipendenti e assimilati soin mancanza, secondo il valore no soggette all’imposta solo se sono
nominale o di rimborso. Per i ti- cedibili. Non sono soggette all’impotoli negoziati in mercati rego- sta le forme di previdenza complelamentati italiani o esteri si fa mentare gestite da società di diritto
riferimento al valore di quota- estero.
zione al 31.12 o al termine del Le attività finanziarie oggetto di un
periodo di detenzione; per i tito- contratto di amministrazione con
li non negoziati in mercati rego- una società fiduciaria residente (o di
lamentati e nei casi in cui le at- gestione con un intermediario resitività finanziarie siano state e- dente) sono soggette all’imposta di
scluse dalla negoziazione si fa bollo ordinaria e sulle stesse non è
riferimento al valore nominale, dovuta l’imposta sul valore delle ato, in mancanza, al valore di tività finanziarie detenute all’estero.
rimborso. Se i titoli non presentano né un valore nominale né
un valore di rimborso, si fa riferimento al valore di acquisto.
1) 2) 3)
1)
A differenza di quanto previsto per l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, per l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero non spetta la franchigia di € 200.
2)
Dall’imposta si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito di imposta pari all’ammontare dell’eventuale
imposta patrimoniale versata nello Stato estero in cui sono detenute le attività finanziarie.
3)
Per i conti correnti e i libretti di risparmio, detenuti nei paesi dell’Ue e in quelli dello SEE che garantiscono un adeguato
scambio di informazioni, l’imposta in questione si applica in misura fissa pari a quella prevista dall’art. 13, comma 2-bis,
lett. a) della citata Tariffa ossia 34,20 euro su base annua rapportata ai giorni di detenzione e ripartita in base alla percentuale di possesso in caso di conti correnti o libretti cointestati. Non è dovuta quando il valore medio di giacenza annuo non
è superiore a € 5.000.
38/2012
fascicolo 1
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