Prospettive della normativa sulla protezione dei polli allevati per la
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Prospettive della normativa sulla protezione dei polli allevati per la
11-05-2006 18:38 Pagina 217 Prospettive della normativa sulla protezione dei polli allevati per la produzione di carne Diego Deangeli Tiziano Zanetello Con oltre quattro miliardi di capi allevati ogni anno, il pollo da carne è una delle specie animali di maggiore interesse zootecnico nell’Unione Europea. Negli ultimi anni, tuttavia, vari documenti ufficiali hanno evidenziato che la filiera di produzione del pollo presenta dei punti critici riguardanti il benessere e la salute degli animali. Ne è nata la volontà di proporre una direttiva specifica per migliorare e tutelare il benessere di questa specie. Il 13 febbraio 2006 il Parlamento Europeo, riunito in sessione plenaria, ha approvato una risoluzione legislativa riguardante una proposta di direttiva del Consiglio che stabilisce alcune norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. Questo testo legislativo non è ancora arrivato ad una stesura definitiva, anche se le relative disposizioni sono ormai ben delineate nella struttura e nei contenuti. La proposta di direttiva affronta la materia con decisione e con la consapevolezza che il rispetto del benessere animale è un valo- re etico che merita di essere tutelato con forza. A questo proposito appare illuminante la decima considerazione contenuta nella premessa alla futura direttiva, dove la Commissione aveva scritto: “Stabilendo norme per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne occorre mantenere un equilibrio tra i diversi aspetti da considerare, come il benessere e la salute degli animali, le considerazioni economiche e sociali e l’impatto ambientale.” I parlamentari europei hanno aggiunto: “Tuttavia, ai sensi del trattato che istituisce la Comunità europea, le considerazioni di ordine economico e sociale non vanno privilegiate rispetto al benessere e alla salute degli animali.” Scopo del presente lavoro è illustrare gli aspetti più salienti della futura normativa e discutere l’impatto che essa avrà sugli allevatori e sui veterinari, cercando di metterne in evidenza le innovazioni e le problematiche applicative che si prospettano. Attualmente il benessere dei polli è tutelato da norme generali che si applicano a 5 / 217 Contributi Pratici 05_Maggio_2006_DEF 05_Maggio_2006_DEF 11-05-2006 18:38 Pagina 218 Contributi pratici tutte le specie animali, quali la direttiva 98/58/CE riguardante la protezione degli animali negli allevamenti, la 95/29/CE sulla protezione degli animali durante il trasporto e la 93/119/CEE che si occupa di macellazione e abbattimento. La proposta della Commissione vuole tutelare e migliorare il benessere dei polli con una norma espressamente dedicata a questa specie che considera l’intera filiera di produzione. Vengono stabilite delle norme tecniche e gestionali, affiancate ad un sistema di sorveglianza basato su flussi informativi pianificati tra allevatori, veterinari d’azienda, autorità competenti e macello. Sono previste trasmissioni di dati lungo tutto il ciclo produttivo, da monte verso valle, ma anche dei feed-back di ritorno in senso inverso. Il sistema di monitoraggio si basa su alcuni semplici indicatori dello stato di benessere: la presenza di lesioni plantari e la mortalità durante il ciclo di allevamento e all’arrivo al macello. È previsto che altri indicatori adeguati dovranno aggiungersi non appena saranno disponibili. La proposta di direttiva stabilisce un limite massimo di densità per unità di area utilizzabile negli allevamenti, individuato in 30 chilogrammi per metro quadrato. Si ritiene che la densità massima debba essere calcolata come la media degli ultimi tre gruppi, in modo da rendere possibile una certa elasticità operativa. Tuttavia, per nessuna ragione, la densità potrà mai superare i 32 kg./mq. In condizioni particolarmente favorevoli il proprietario dell’allevamento può chiedere che il limite di densità nel suo impianto sia fissato ad un livello più elevato, probabilmente fino a 38 kg/mq. Anche in questo caso, comunque, i deputati europei propongono che il conteggio sia basato sulla media degli ultimi cicli e indicano una soglia inderogabile di 40 kg./mq. È stata prevista inoltre, a partire dal 2013, una riduzione della soglia da 38 a 34 kg/mq. Per tutto il personale che lavora negli allevamenti è contemplato l’obbligo di ricevere una formazione professionale che comprenda anche nozioni sul benessere degli animali. Agli Stati membri viene affidata la responsabilità di istituire un sistema di controllo sui corsi di formazione. Le disposizioni a carattere tecnico e operativo della proposta di direttiva sono con- tenute nei cinque allegati all’articolato. L’allegato I stabilisce le norme applicabili a tutti gli allevamenti, indipendentemente dalla densità degli animali presente. Si tratta di disposizioni generiche, spesso non riconducibili a parametri oggettivi e misurabili. Nel paragrafo “Tenuta di registri”, al comma 11. dell’allegato I, viene espressamente stabilito che “...il proprietario o custode deve tenere un registro per ciascuna unità dello stabilimento indicante...” una serie di dati, in larga parte già presenti in altri documenti o registri previsti da altre norme. Ne consegue che, con un’interpretazione letterale della norma, non sarebbe sufficiente la semplice presenza delle informazioni in allevamento, ma occorrerebbe tenere un nuovo registro per ciascuna unità produttiva dello stabilimento, vale a dire un registro per ogni capannone. Non è chiara l’utilità di una simile disposizione, che provocherebbe soltanto un notevole aumento degli adempimenti formali sia per i produttori che per le autorità incaricate della vigilanza. Sarebbe più semplice, a nostro avviso, prevedere che il produttore sia in grado di garantire l’accesso alle informazioni alle autorità competenti ogniqualvolta queste lo richiedano. L’allegato II riguarda gli allevamenti che, in considerazione della elevata qualità delle proprie strutture, intendono incrementare la densità degli animali oltre il normale limite e arrivare al massimo previsto. Vengono definiti i requisiti che i produttori devono documentare di possedere per sostenere tale richiesta. I deputati hanno soppresso i limiti che erano stati proposti dalla Commissione e che riguardavano la concentrazione di ammoniaca, la concentrazione di anidride carbonica, l’umidità relativa e la temperatura interna dell’allevamento prevedendo invece l’obbligo di monitoraggio e di registrazione della temperatura ambientale, dell’umidità relativa e del consumo giornaliero di acqua in ogni capannone. L’allegato III definisce il sistema dei controlli e delle azioni correttive da intraprendere in caso di non-conformità nelle unità produttive autorizzate ad allevare a densità elevate. Il sistema previsto è di tipo dinamico. L’autorità competente può, infatti, disporre la riduzione della densità massima di polli che possono essere introdotti 5 / 218 in un allevamento o in uno specifico capannone. Il proprietario, a sua volta, può chiedere il ripristino della densità di allevamento precedente se dimostra, di concerto con il veterinario aziendale, che i problemi che avevano dato origine al provvedimento sono stati superati. L’allegato IV riguarda le attività di monitoraggio del benessere animale svolte al macello e le azioni consequenziali. Il macello è considerato un punto di osservazione privilegiato per valutare il rispetto delle condizioni di benessere durante il ciclo di allevamento. Al macello, sotto la supervisione del veterinario ufficiale, devono essere tenuti costantemente sotto controllo due parametri considerati significativi per il benessere degli animali: la presenza di dermatiti plantari e la mortalità dei capi all’arrivo in stabilimento. Sulla base di tali osservazioni, ad ogni partita macellata viene assegnato un punteggio correlato al numero di lesioni plantari osservate, ponderate in funzione della loro gravità. I punteggi vengono sommati e rapportati in percentuale. Il limite di accettabilità viene fissato in 50 punti. Non è ancora chiaro quale sia il criterio da applicare per distinguere tra lesioni podali gravi e non gravi. Il sistema di valutazione proposto appare, a nostro avviso, ragionevolmente tollerante, infatti un gruppo di polli con il 20% di lesioni plantari gravi e il 20% di lesioni plantari di lieve entità rimarrebbe comunque entro la soglia proposta. (*) La mortalità durante il trasporto, rilevata al macello, non dovrebbe superare il limite dello 0,5%. Viene stabilito un limite di accettabilità della mortalità in allevamento pari a 0,06% moltiplicato per l’età alla macellazione del gruppo, espressa in giorni, valore al quale deve essere sommato l’1% come mortalità iniziale. Ad esempio, un gruppo di polli leggeri macellati all’età di 38 giorni può, al massimo, avere una mortalità del gruppo pari a: 1 + (38 x 0,06) = 1 + 2,28 = 3,28% In caso di superamento dei limiti soprain(*) Esempio di calcolo nell’ipotesi che le rilevazioni siano state fatte su un campione di 150 capi: Lesioni podali gravi: n. 30; lesioni podali non gravi: n. 30 (pari al 20% per ciascuno dei generi) (30 x 0,5) + (30 x 2) = (15 + 60) = 75 75 / 150 x 100 = 50 punti equivalenti al valore limite di accettabilità. 05_Maggio_2006_DEF 11-05-2006 18:38 Pagina 219 dicati, il veterinario ufficiale del macello dovrà inviare una notifica di non conformità a: - proprietario o custode dell’allevamento, - veterinario d’azienda, - autorità competente. Da quanto sopra si può dedurre che il veterinario ufficiale del macello deve essere informato della percentuale di mortalità in allevamento di ciascuna partita macellata e deve essere in grado di identificare il veterinario d’azienda. Si tratta di flussi informativi auspicabili ma che pongono non pochi problemi d’ordine pratico. L’allegato V definisce i programmi e le materie dei corsi di formazione e di orientamento rivolti al personale che si occupa degli animali in allevamento o che collabora alle operazioni di carico dei polli. Discussione Tra i punti qualificanti della nuova normativa merita di essere sottolineato l’approccio integrato a tutta la filiera produttiva: allevamento, trasporto e macellazione. La norma non cita mai espressamente la locuzione “veterinario d’azienda” ma presuppone un ruolo chiaro e definito per una figura indicata nel testo italiano come “il veterinario che visita lo stabilimento”, nel testo francese come “le vétérinaire qui travaille dans l’établissement”, in quello inglese come “the veterinarian attending the establishment”. In particolare questi deve: - controfirmare la documentazione tecnica che deve supportare la richiesta del proprietario dell’allevamento di poter allevare i polli alla densità massima; - essere identificato nella documentazione degli allevamenti che lavorano a densità elevata; - controfirmare il programma di ripristino della capacità di allevamento eventualmente persa in seguito al riscontro di situazioni di non conformità; - controfirmare la richiesta di revisione dell’ordinanza di riduzione della densità massima; senza un suo giudizio favorevole, essa non potrà essere accolta; - ricevere, insieme al proprietario dell’allevamento e all’autorità competente, la notifica da parte del veterinario ufficiale del macello dei casi di non conformità riguardanti il benessere dei polli. Questa figura è in perfetta sintonia con il profilo del veterinario d’azienda citato nel decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 117: “Ferme restando le attività di sorveglianza e monitoraggio sanitario garantite dai servizi veterinari delle Aziende unità sanitarie locali per i fini di cui al comma 1, il decreto di cui al medesimo comma 1 definisce gli obblighi a carico degli operatori del settore alimentare e degli allevatori che possono avvalersi, per la loro esecuzione, di un veterinario aziendale; a tal fine con il medesimo decreto sono individuati, sentita la Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani, i compiti e le responsabilità da attribuire a tale figura e i relativi requisiti professionali e di specifica formazione che devono essere correlati all’attività da svolgere”. Si va delineando, sia nella legislazione nazionale che comunitaria, il profilo di un veterinario d’azienda inteso come un professionista al servizio del cliente privato, ma con delle precise responsabilità di salvaguardia dell’interesse pubblico e dei valori etici. Le norme per la tutela del benessere tuttavia comportano degli aumenti dei costi di produzione che rischiano di distorcere la concorrenza e interferire con l’ordinato funzionamento dei mercati. Questi pericoli sono particolarmente gravi se si considera l’attuale stato di profonda crisi che il comparto produttivo avicolo sta vivendo in seguito all’allarme influenza aviaria. In materia di benessere del pollo, la proposta originale della Commissione rinunciava al tentativo di imporre ai prodotti importati da paesi terzi il rispetto di norme equivalenti a quelle europee, puntando invece ad un sistema di etichettatura che indicasse al consumatore quali prodotti erano stati ottenuti nel rispetto del benessere degli animali. L’etichetta avrebbe dovuto informare i consumatori sulle caratteristiche di produzione e sull’origine del prodotto e, quindi, indicarne gli elementi essenziali come la provenienza, la densità di allevamento, l’età e altri parametri ritenuti significativi. Si sottolinea come, nella proposta originale, fosse espressamente previsto di applicare tale marchio non solo alle carni fresche, ma anche ai prodotti a base di carne e alle preparazioni di carni di pollo. Il Parlamento Europeo, invece, ha chiesto che ci si adoperi anche per spingere gli operatori commerciali che importano car5 / 219 ne di pollo in Europa a richiedere ai loro fornitori il rispetto degli standard europei sul benessere degli animali per arrivare, se necessario, fino al divieto di importazione in caso di gravi violazioni. A questo proposito, dobbiamo evidenziare che il rispetto delle norme sul benessere animale non è una caratteristica rilevabile dall’analisi dei prodotti e la verifica del suo rispetto non può prescindere da attività ispettive sui luoghi di produzione. Da questa constatazione derivano dei problemi oggettivi per l’imposizione ai paesi terzi di norme analoghe a quelle previste per i paesi UE. Per concludere, il testo in discussione è sicuramente pregevole sotto vari punti di vista anche se alcuni aspetti appaiono ancora problematici. Tra le difficoltà operative che si prospettano, vogliamo sottolineare quelle riguardanti la realizzazione pratica dei flussi informativi tra le parti coinvolte. Per coniugare efficienza ed efficacia, probabilmente si dovrà fare ricorso a tecnologie telematiche, difficilmente concretizzabili in tempi brevi lungo una filiera come quella avicola. Vogliamo inoltre ribadire che la prevista moltiplicazione dei registri e delle documentazioni cartacee da conservare in allevamento potrebbe portare al rischio di una deriva burocratica, rendendo di fatto inefficaci le verifiche da parte dell’autorità competente. Infine, il Parlamento Europeo ha proibito il debeccaggio, senza nessuna eccezione. Questa disposizione suscita notevoli perplessità per le conseguenze che può provocare. Infatti, mentre non vi è alcuna necessità di praticare il debeccaggio agli ibridi commerciali utilizzati dall’industria, la sua pratica risulta, invece, indispensabile per prevenire la pica e la plumofagia dei polli di razze particolarmente vivaci come quelle a lunga vita utilizzate per i capponi, per i Golden, per i galletti livornesi o per altre razze tipiche a crescita lenta. Sulla base delle considerazioni sopra svolte riteniamo che la protezione degli animali debba essere più vicina ai modelli di allevamento alternativi, rispettosi della biodiversità e dei valori culturali locali piuttosto che spingere verso la standardizzazione industriale delle produzioni. La versione completa è disponibile sul sito: www.ilprogressoveterinario.it