Cos`è l`uomo perché te ne curi?

Transcript

Cos`è l`uomo perché te ne curi?
Cos’è l’uomo perché te ne curi?
Il dramma della sofferenza e la provocazione alla speranza nella professione sanitaria
Come si può in un lavoro come quello del medico, dell’infermiere e in generale dell’operatore
sanitario non cadere nella tentazione di lasciarsi andare al cinismo, che spesso sembra essere la
risposta più immediata e più semplice di fronte al dramma della sofferenza?
Con questa domanda il 12 ottobre,
nell’Aula Magna delle Molinette, si è
aperto l’incontro “Cos’è l’uomo
perché te ne curi”, appuntamento
conclusivo del ciclo di incontri
“Università: uno sguardo sul mondo”,
promosso dalla lista di rappresentanza
studentesca Obiettivo Studenti.
All’evento hanno preso parte studenti
universitari, provenienti da Facoltà
diverse, professori della Facoltà di
Medicina e Chirurgia, i direttori della
Città della scienza e della salute e
molti operatori sanitari.
L’incontro è nato da alcuni di noi
studenti delle facoltà di Infermieristica
e Medicina, messi insieme dall’urgenza di capire quale sia la posizione più umana, e quindi più
vera, nella nostra professione. A partire dalla nostra esperienza di tirocinio in ospedale ci siamo resi
conto di quanto sia difficile stare di fronte a circostanze drammatiche, come la sofferenza dei nostri
pazienti e delle loro famiglie. Perciò abbiamo deciso di confrontarci su questo tema a partire
dall’esperienza del Prof. Giancarlo Cesana, presidente della Fondazione Policlinico IRCCS
Mangiagalli e Regina Elena, docente di Igiene all’Università degli Studi di Milano, Bicocca. Il
professor Cesana studia in particolare le relazioni tra fattori sociali e malattia, ed è inoltre autore di
numerose pubblicazioni scientifiche e vari libri sul tema.
Per rispondere alla nostra domanda, il relatore ha cominciato ripercorrendo la storia della medicina:
“Il rapporto dell’uomo con la malattia è sempre stato drammatico. Suscita paura, perché parla della
fine della vita. Questa paura ha fatto sì che l’uomo antico chiedesse aiuto a Dio: per questo i primi
medici furono dei sacerdoti.” Con Ippocrate, prosegue Cesana, è nato un metodo di approccio alla
medicina razionale, da cui sono sorte le “scuole mediche”. Ma l’atteggiamento verso il malato,
sebbene pietistico, restava in ultimo caratterizzato da un distacco tra il medico e l’infermo, dovuto a
quella paura non ancora vinta. “Gli ospedali veri e propri e il concetto di accoglienza e assistenza
nascono con il cristianesimo, con l’avvento della
speranza cristiana.” Gli ospedali, continua il
professore, sono sorti dapprima lungo le vie di
pellegrinaggio, poi si sono diffusi nelle diverse
città. “Fino a che il principio della carità ha reso
l’ospitalità un fenomeno popolare.”
Il dialogo continua sul tema dell’assistenza e
della dedizione al malato. “Cos’è dunque che
vince il cinismo? Proprio questa storia e questa
testimonianza di speranza.” Di fronte a quanto
detto dal Prof. Cesana, è nata una nuova
domanda: com’è possibile quindi portare aiuto e
conforto a una persona, nonostante la
consapevolezza di non essere la risposta a tutto il suo bisogno? “Noi una risposta possiamo darla:
possiamo testimoniare quella speranza che ci permette di dedicare la nostra vita alla cura della
persona. Solo per questo, senza tirarci indietro lamentandoci di non aver nulla da dare, possiamo
offrire quello che abbiamo per rispondere al bisogno dell’uomo: la massima competenza nel nostro
lavoro e l’amicizia umana con chi chiede le nostre cure. Ma per essere così amici degli uomini
bisogna innanzitutto poter sperimentare questa amicizia nella nostra vita.”.
Il Prof. Cesana ci ha testimoniato così una posizione più vera da vivere nelle professioni sanitarie,
affrontando il tema della sanità non solo nei suoi aspetti puramente tecnici e amministrativi, ma
arrivando a discutere del suo valore ultimo. Per noi è stata l'opportunità di ripartire nel nostro
lavoro, pieni di nuove domande sul suo significato, ma desiderosi di verificare quella posizione
sicuramente più affascinante.
Francesca Gulotta
Elena Aghemo
Giuditta Riu