il duro, il represso e il timido
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il duro, il represso e il timido
Altri misteri Il massacro del Circeo Chi sono gli assassini IL DURO, IL REPRESSO E IL TIMIDO di Giuseppe Di Dio Izzo – Parboni – Sonnino; oppure Izzo – Sonnino – Ghira; o anche Ghira – Parboni – Sonnino. Le terne ricorrono spesso negli archivi di polizia, nelle denunce dei comitati antifascisti, nelle cronache giudiziarie delle varie sezioni penali. Di Andrea Ghira, un avvocato che lo difese dall’accusa di rapina ha detto: “Non mi è mai capitato, in tutta la mia carriera, i aver conosciuto un cliente con una tendenza così piccata per la violenza”. Figlio di Aldo Ghira, una vecchia gloria dello sport italiano, nuotatore d’eccezione, animatore della squadra “settebello” alle Olimpiadi di Londra del ’48, che figurò benissimo nelle competizioni di pallanuoto, e di una nobildonna triestina, il ragazzo ha esordito prestissimo come facinoroso provocatore. Alle elementari si distingue per la sua aggressività e viene più volte ammonito. Non gli manca nulla. E’ un bambino viziato dal papà ricco ed affermato industriale nel campo dell’edilizia e della metallurgia leggera. Al liceo aderisce alle formazioni squadriste e al liceo Giulio Cesare, di corso Trieste, rivendica la posizione di leader di una fazione che teorizza il crimine come mezzo per l’affermazione sociale. Papà Ghira non se ne rammarica troppo e spera che prima o poi Andrea metta la testa a partito e diventi un giovane per bene. Ma l’inclinazione è più forte di qualsiasi condizionamento familiare. Andrea sente più il fascino della “mala” che della discreta borghesia del parentado. Nelle sue avventure sessuali, recentemente, si fa descrivere dai suoi gregari come Jacques, un giovane marsigliese legato alla banda di Berenguer. E con questo pseudonimo si produce in ogni genere di spacconate. Una delle sue amiche ha raccontato: “Aveva una specie di cicatrice da contatto all’altezza dell’inguine, dove teneva sempre la sua pistola, ben stretta tra la cinta dei pantaloni e la pelle”. Uscito, anzi espulso, dal Fronte della Gioventù perché troppo a destra, si era accostato a Lotta di Popolo, l’organizzazione di “duri”, fondata da Serafino Di Luia e Francesco Maria Dantini. Nel ’73 il consiglio dei professori del “Giulio Cesare” lo sospese dalla scuola per due mesi. Dice il preside: “Ghira aggrediva studenti democratici. Il giovane aveva innestato su una base ideologica elementi di delinquenza comune. Ricordo che dopo la sospensione Ghira mi attese fuori dalla scuola e mi disse che prima o poi mi avrebbe punito”. Nella sua classe lo detestavano: ma riusciva a trovare seguito tra i più scalmanati. Finora ha totalizzato, prima della storia attuale, 18 mesi di galera e ha collezionato imputazioni per i seguenti reati: 1) delitto di rapina aggravata (ai danni dell’industriale Marzano, con un bottino in argenteria, preziosi, pistole da collezione, soldi in contanti); 2) delitto di violazione di domicilio: 3) delitto di lesioni personali; 4) reato di porto abusivo di ama da fuoco; 5) delitto di ricettazione; 6) delitto di furto aggravato; 7) delitto di sostituzione di persona. Per questi reati il tribunale di Roma lo ha rinviato a giudizio. Dice il dispositivo della sentenza, firmata dal giudice istruttore Giuseppe Paci: “L’istruzione formale e le precedenti indagini hanno accertato le responsabilità del Ghira per tutte le sopraindicate imputazioni con sufficienti elementi di prova”. Andrea è stato scarcerato dieci giorni fa. La gita al Circeo, nella sua villa, doveva festeggiare la sua ripresa attività mondano-sessuale. Andiamo al numero due del terzetto “mobile”: Angelo Izzo. Da poco ventenne, figlio di un apprezzato ingegnere edile che d anni svolge consulenza immobiliare per i grandi costruttori, Angelo è il più grande di quattro figli. Ha sempre dato grossi problemi al papà. Nel ’72 l’ingegnere convinse il figliolo ad accettare le cure e l’assistenza di uno psichiatra, Mario Cimica, che lo trovò affetto da nevrosi maniaco depressiva e da “alterazioni della sessualità, anche a causa di una fimosi tardiva”. La fimosi è un intervento genito-urinario che talune liturgie religiose praticano sistematicamente, ma in età prepubere (la circoncisione) per permettere ai giovani di svilupparsi sessualmente nella maniera più corretta. Per Angelo non era stato così. Era stato circonciso da un urologo a 16 anni di età, quando era ormai un po’ tardi per evitare le conseguenze di una prevedibile menomazione (o iposviluppo) anatomico. Evidentemente – e lo dice lo stesso psichiatra – questo “difetto anatomico” aveva marcato nella sfera emotiva il soggetto. Comunque era stato sottoposto a terapia con psicofarmaci. Solo che ci aveva preso gusto ed era andato molto oltre la cura. Alunno del San leone Magno, insieme a Giampietro Parboni Arquati, Gianluca Sonnino e Gianni Guido, Angelo prende la maturità nel ’74 ed entra nella facoltà di Medicina. M non frequenta il teatro anatomico. Batte con i suoi amici i Parioli, il Nomentano e persino le borgate alla ricerca di “roba buona, roba bella”. Lo interessa il sesso per un senso di rivalsa, di superamento dei propri limiti oggettivi. La sera del 2 marzo del ’74, quando è ancora allievo del San Leone Magno, insieme con Sonnino e Parboni, imbarca un’amica, A. M. B. e la porta a Monteporzio Catone dove, sotto la minaccia la costringe a subire atti di libidine violenta, secondo la versione della vittima, accolta senza riserve dalla settima sezione del tribunale di Roma. Izzo, Sonnino e Parboni vengono condannati a 18 mesi. Il papà di Angelo tenterà in extremis di tirare fuori il ragazzo, spendendo un assegno di un milione “in risarcimento” al papà della ragazza. Ma il suo gesto non servirà ad evitare la galera al figlio ed ai suoi amici. Nel novembre dello stesso anno, Angelo, che ancora non ha affrontato il tribunale per la violenza di Monteporzio, ripete le sue gesta, sempre con gli stessi compagni di cordata e stavolta su E. C., una ragazza di 18 anni, figlia di un professionista. La ragazza si associa ad A.M.B. nella denuncia ed il tribunale emette una sentenza “a forfait” per i due espisodi. Parboni e Sonnino lo seguono in galera. Il terzetto è sempre più compatto. Da due mesi a questa parte, dopo la scarcerazione, al gruppo si associa Gianni Guido, pure lui ex allievo del San Leone Magno. (…) Gianni Guido è un timido, con forti complessi di inferiorità verso i suoi amici. Un ragazzo educato, rispettoso, così lo definiscono al San Leone Magno. E’ figlio di un personaggio del mondo finanziario romano, è il numero 3 di un grosso istituto di credito. “Non credo che mio figlio si sia mai drogato – sostiene il padre, sconvolto dalla vicenda – e non riesco a spiegarmi come sia rimasto coinvolto in questa orrenda storia. Ancora spero che si tratti di un equivoco o che altro mi resta?”. Anche il padre di Angelo Izzo assume lo stesso atteggiamento di rifiuto totale delle presunte responsabilità del figlio. Dice, per bocca del suo avvocato, Rocco Mangia: “Angelo ha precedenti specifici di violenza sessuale, ma all’omicidio non sarebbe arrivato mai. Altra gente verrà fuori nell’indagine, ne sono sicuro. I veri responsabili, forse, devono essere ancora smascherati”. L’unico che si è tenuto fuori da qualsiasi presa di posizione è l’ing. Ghira. Ha detto che di Andrea, in fondo, non sapeva nulla. Ma non esclude che possa essere rimasto invischiato in una storia più grande di lui, per colpa di cattive amicizie. Rocco Izzo, il padre dell’arrestato, ha puntualizzato, sempre tramite l’avvocato di famiglia, che suo figlio può essere definito un cattolico integralista, ma non un neofascista, anche se aveva militato, prima del ’72, nel Fronte della Gioventù. Era stato espulso dall’organizzazione per “azioni contrarie alla politica del Fronte”. Fonte: Il Messaggero del 3 ottobre 1975