Lezione 19maggio2006

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Lezione 19maggio2006
Lezione 19maggio2006
V: vi siete ritrovati in questa prima lezione di ermeneutica? È importante che ve le vediate subito così
poi la volta dopo, al training, ne possiamo riparlare, però già in questa prima lezione vi siete ritrovati il
nesso, perché quando fin da subito abbiamo sottolineato il metodo per andare a comprendere l’altro,
questo del concetto di contesto ha un valore ermeneutico, quindi con lei arricchite. Domande rispetto a
quello che abbiamo visto la volta precedente? Ve la siete ricordata la vostra adolescenza? È incredibile
perché adesso è in 1° media, l’hanno anticipata di parecchio. E secondo me si è anticipata di parecchio
perché il tempo è più veloce e i genitori non sanno più adeguare il tempo del genitore con il tempo del
figlio, quindi i primi ad anticipare sono i genitori, perché comunque è il modo dei genitori perché già
subito vogliono avere a che fare con qualcuno che comprenda solo attraverso la parola: “basta dire”,
invece un figlio non funziona così…c’è tutta una modalità che è affettiva ed emotiva che va, che è
ancora prioritaria…perciò l’accelerano, nasce prima ed è comico vedere questa mamma che
commentava, poi in prima media i maschi sono ancora bimbetti però hanno già questi atteggiamenti da
liceali, e quindi rimaneva un attimo sconcertata. Per chiudere rispetto all’adolescenza, questa settimana
ho visto un ragazzino di 13 anni che è in 3° media che praticamente a scuola non studia un gran che,
non fa più niente, e ovviamente la spiegazione della madre è perché è pigro, invece basta chiedere al
ragazzino perché e percome, che gli accade, se è tutti gli anni così, lui dice “no io inizio a studiare poi i
professori chiedono troppo, e allora basta non faccio più niente”. E allora il genitore, che non è
propriamente così attento alla dimensione dell’interiorità del figlio, dal suo punto di vista magari è pigro,
è intelligente ma non si applica, e quindi su questo è pigro ovviamente ancora di più sermoni,
ramanzine: “devi studiare…lo vedi che sei intelligente...lo vedi che sei capace…e allora perché non lo
fai...etc. Quando effettivamente il punto di questo ragazzino è che ancora ha 13 anni e si fa la pipì a letto
ogni tanto, quindi questo vi dà l’indice di quanto è ansioso, tanto, troppo per avere 13 anni, con tutta la
coscienza che si fa la pipì a letto, non è che ha 3 o 4 anni. Lo sport lo inizia a fare e ne cambia uno
all’anno, uno all’anno perché nel momento in cui l’altro richiede o comunque occorre iniziare a costruire
qualcosa lui: “no basta perché mi stanno antipatici, no non ce la faccio” e lo lascia, quindi ogni anno ne
inizia uno. È un bravissimo disegnatore, e la mamma è architetto e il padre è un consulente di immagine
delle aziende, questo perché così capisci il figlio dove è collocato, e sa disegnare, disegna fumetti, è
molto ironico, quindi si gioca questa carta per entrare e avere un aggancio con gli altri però poi la carta
si esaurisce e quando si esaurisce poi lui si ritira, si disconnette, sta x i fatti suoi, e lui l’ha detto che
qualsiasi cosa lui non ha attenzione su di sé, è solo l’altro: “io non posso dire che non voglio uscire e
andare a vedere quel film con i miei amici perché l’altro si offende” quindi si inventa che “no devo
andare da mia nonna, no sono impegnato...etc” ma non ha minimamente l’attenzione a sé rispetto a cosa
faccio, e non è che dico: “io non ho voglia, non mi va, il film mi fa schifo però io dico una palla così
non mi rompono”, non c’è questa strategia che richiede di avere una attenzione che è su di sé e sul fuori,
qua l’attenzione è tutta sul fuori, cioè io in automatico rispondo se no si offende. E giustamente la madre
l’ha portato perché dice “non possiamo continuare così ..questo l’anno prossimo è alle superiori che
succede?”Perchè il tema della mamma è che anche lei non studiava, ha iniziato a studiare forse al liceo
artistico, però era abituata che sia alle elementari che alle medie c’era il padre che la bloccava e le faceva
farei compiti, ma compiti nel senso che era lui che scriveva che le faceva leggere una pagina poi la
doveva ripetere, quindi poi all’università bene, ha dato gli esami veloce, non stava attenta al voto..dal 5°
anno delle superiori si è messa a studiare. Quindi ai suoi figli propone questi sermoni xchè poi si rende
conto che lei ha perso la possibilità di accumulare certe conoscenze, quindi con loro diventa ancora +
pesante, però un pesante dolce xkè non ci sono scontri, non c’è tensione in casa anche perché la mamma
sarà un puntuato intermittente, che fa tutti questi sermoni “studia adesso perché se no..” è chiaro che a
un ragazzino ci entra e ci esce…infatti ha 2 figli il primo ha 17 anni e più o meno è la stessa cosa, il
secondo 13 anni però questa variante della pipì a letto l’ho trovata importante. Lui aveva proprio
difficoltà a mantenere l’attenzione anche quando gli ho detto su allora facciamo la scena che io ti chiamo
e ti invito ad andare a vedere un film che a te non ti piace e se ci rimango male tu che pensi? Lui
ovviamente si vedeva attraverso me, fermandolo lui metteva a fuoco, gli ho fatto vedere come invece
spostare l’attenzione su quello che lui pensava di me, però non ce la faceva, non manteneva l’attenzione.
Questo rispetto al tema dell’adolescenza, capite che lui ancora non c’è nell’adolescenza perché la
solitudine non è una dimensione che ancora lui ha provato. Poi notavo una ragazzina di 15 anni, il tema
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della solitudine come dimensione arriva verso i 14-15 anni, prima c’è la fase della ribellione e
dell’andare contro, quindi questa ragazza veniva xkè in casa faceva un po’di guerra, adesso viene perché
il suo punto è tra sé e sé rispetto al sentirsi spaesata, tutta ovattata, con il senso che ha perso il controllo
su una situazione con un ragazzo, si sta facendo un po’ la virata sto male…attacchi di panico se sta nei
luoghi chiusi, mi ha chiesto “ mi possono venire gli attacchi di epilettici? Ma quando sento che qua mi
si stringe ma è vero? Non mi succede niente?” si sta facendo questa virata..però il suo tema ora è entrare
molto più a contatto tra sé e sé rispetto alla solitudine, mentre prima era tra sé e gli amici perciò c’era
l’amica del cuore con cui era pappa e ciccia 24 ore su 24, adesso che ha il senso di una sua dimensione
intima, con l’amica vuole mettere la distanza, solo che quale è il punto? Che per una così assumersi una
distanza vuol dire riconoscerla come legittima a livello interpersonale e saper gestirsela in maniera
strategica, e non dire all’amica non ti sopporto + vattene, ma mediare riconoscendo la sua necessità di
questa sua dimensione, di questo suo spazio e mettendo la distanza dall’altro è chiaro che lei adesso
questa cosa non la riesce a fare, idem con il ragazzo quanto mai ambiguo che non si capisce se a lui lei
piaccia oppure no, però lei si trovava che non sapeva come gestirsela, anche perché c’è stato il passaggio
che tutti sapevano che si piacevano quindi l’amica ci vado a parlare io etc..adesso c’è il passaggio sul
personale: è una cosa che si deve vedere lei e lui, in modo + strategico però in una dimensione intima
della faccenda, e stava in panne perché appropriarsi di questo ci vuole un attimo anche perché è la prima
volta che appare nella vita. D: io mi chiedevo se anche una progettualità anticipata può essere
disfunzionale, nel senso una uscita di casa..il matrimonio a 20 anni..quali sono i temi per poterla definire
disfunzionale..V: bè questo è da andare ad inserire nella storia della persona perché se magari una
persona ha avuto uno spiccato senso di autonomia da sempre poi viene da sé che a 20 anni è diverso dai
suoi coetanei..quindi se è disfunzionale lo capisci dalla storia. N:certi temi di disfunzionalità o
funzionalità non valgono in modo assoluto ma sempre in relazione a: momento di vita, eventi che sono
occorsi, stile di personalità etc..quindi è sempre relativo.. D: io ho poi un esempio di una mia cara amica
che è andata sempre in controtendenza rispetto a quello che ho fatto io, il fatto che mi ha lasciato
“stupita” è il fatto che lei abbia deciso di sposarsi e avere figli a breve distanza dalla morte dei genitori
del marito, mi è sembrata una accelerazione seguita a quell’evento a cui ha fatto seguito x così dire la
necessità di ricostruire, però mi è sembrata una ricostruzione molto rapida ..però mi rendo conto che se
vado a rivedere la loro storia non vedo note negative.. N: tutto va calato nell’orizzonte temporale e di
senso di quella persona, come funzione..e certe scelte bisogna vedere che senso hanno per lui…V: cioè
molto spesso si usa per uscire e chiudere l’adolescenza con il progetto: o madre, di solito sono le donne
le peggio, che usano questo fatto piuttosto che magari espormi direttamente su un campo professionale,
o di darmi un ruolo etc.. piuttosto faccio un figlio, a volte funziona a volte no, o con il matrimonio, però
il matrimonio quando è fatto apposta per uscire lo ricostruisci dal contesto perché vedi anche.. cerchi di
capire il grado di autonomia che comunque aveva prima una persona, la storia tra queste due persone,
magari classico è l’esempio dove il padre di lei era contrario a questo fidanzato e proprio perché era
contrario sull’andare contro ha fatto leva per separarsi e quindi facendo un matrimonio che di solito non
funziona, perché ovviamente non è la scelta del partner, ma è tramite il partner io arrivo a conquistarmi
la mia autonomia. Questo poi lo riprenderemo, come molto spesso,e questo lo leggete nel terzo volume
di Bowlby quando parla della perdita di genitori, si è visto che c’è un’alta incidenza x cui le figlie
femmine che hanno perso uno dei due genitori hanno molto prima i primi figli, quindi magari a 20 anni
hanno già il primo figlio, questo era messo in correlazione al fatto di come poi veniva superato il lutto,
poi quando faremo il lutto lo vedremo, questo x dire come un evento di questo tipo rispetto a un progetto
di come diventare nella prima adultità lo inserisci poi nel contesto della persona, quindi magari queste
persone che hanno..c’è una mia amica da manuale: le è morto il padre a 12 anni, in modo tragico perché
esce di casa un sabato mattina e non torna più, gli è venuto un infarto in macchina, sufficientemente
traumatica la cosa, tre figli una madre, e questa ragazza se l’è vissuta parecchio male e infatti
regolarmente a 21 anni sposata con un figlio, come se poi da lì, da una gestione di questo lutto si sia
creata una sorta di autonomia perché un lutto di questo tipo ti fa fare un passo avanti rispetto agli altri;
quando vi parlavo della ragazzina di 11 anni che seguo che le è morta la mamma di tumore, è certo che
adesso la sua difficoltà è riuscire a stare al passo con i coetanei, perché una cosa del genere ti catapulta
davanti, ti dà un altro punto sulla vita..parecchio..e poi bisogna vedere come il contesto familiare regge
questo catapultarsi; poi magari restano che la scelta del compagno non era proprio quella migliore infatti
suggeriamo di farsi un amante…infatti è vero è l’unica via di uscita …
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N: vediamo il ciclo di vita, partiamo dall’adolescenza, quale è il massimo momento di snodo, se così si
può dire, seguendo poi la vita di una persona? calato nella temporalità che passa..R: l’indipendenza
economica..N: e questo quando si colloca grosso modo? R: intorno ai 30..N:va tenuto presente che,come
abbiamo già detto, che l’adolescenza è quel momento in cui comincia l’individuazione, nel senso che
l’individuo si percepisce come tale e come elemento a sé, comincia a piegarsi su di sé, a guardarsi
dentro, a sentire chi sono, a definirsi, dove voglio andare, da dove vengo non tanto perché poi il passato
che ha alle spalle non è che sia molto lungo, però di fatto corrisponde, così come una evoluzione mentale
ad una nascita del pensiero più riflessiva, corrisponde a una maggiore strutturazione della dimensione
del sé, dell’osservazione del sé, quindi ci sono degli elementi aggiuntivi che rendono le cose un pochino
+ complesse, anche perché la vita stessa comincia ad arricchirsi di eventi che man mano si accumulano,
man mano che si va avanti man mano si stratificano delle esperienze, quindi diciamo così un qualcosa
che rimane a livello della strutturazione personale che poi va avanti, è da tenere ben presente il rapporto
su quello che le esperienze determinano e come poi vengono assimilate ed elaborate nella costruzione di
un qualcosa di nuovo che porto avanti e rilancio per il futuro. E questo parte dall’adolescenza,
l’adolescente comincia a riflettere sulle sue esperienze, ad avere la capacità di vedersi anche dal di fuori:
come sono, come funziono, che senso ha quello che faccio etc, quindi comincia ad avere un aspetto
critico e riflessivo, a questo corrisponde a una strutturazione di sé, ovviamente si apre a nuove
esperienze che a loro volta determinano ulteriori strutturazioni e così via si arricchisce sempre di +,
questa specie di assetto autoalimentante determina alla fine sempre + complessità e strutturazione della
persona, questo cosa determina, cioè uno subito dopo l’adolescenza che cosa è che comincia a fare? Nel
rapporto tra identità e temporalità nell’arco di tempo che ha davanti? Cosa comincia a fare tra i 18 e i 20
anni? Si progetta, si vede lanciato verso il futuro, l’adolescente è un individuo che ha tutto davanti, è
l’individuo che per definizione getta un ponte verso il futuro, si lancia verso il futuro, l’idealismo, il
sognatore, è uno stereotipo che nella letteratura, nei romanzi è + volte ripreso e descritto l’adolescente
idealista x definizione e questo si riflette su tanti aspetti della sua vita, nello studio finalizzato a.. la vita
affettiva quindi l’amore ideale, l’uomo o la donna dei sogni, comunque c’è l’emergere di una forte
componente futuribile, a differenza delle età precedenti in cui tutto era molto + centrato sul presente e
sulla operatività concreta. L’adolescente in virtù del processo di ripiego su sé stesso, che poi
determinava, come diceva Viridiana, la solitudine, che è molto importante proprio perché comincia a
capire che è un individuo anche staccato dagli altri con il suo agire, sentire, pensare e quindi di fatto in
questo si scopre anche solo. Allo stesso tempo comincia ad avere il bisogno di definirsi in un senso più (
rigido?) e quindi comincia a vedersi proiettato nel futuro. Questo aspetto della temporalità e del ciclo di
vita individuale è importante a mio giudizio, perché il 90% degli psichiatri e degli psicologi
assolutamente trascura in maniera gravissima. Perché la psichiatria classica parte dal presupposto che la
persona superata l’adolescenza è formata, è delineata, è un dipinto finito da appendere alla parete a cui
tutti possono assistere e rimane così per tutto l’arco della vita, è la + grande cavolata che possa essere
detta, e imparare a calare il disagio della persona nell’arco di vita è un elemento molto importante,
perché è dare un senso..ad esempio la depressione, voi leggete il Dsm, i testi clinici, la depressione viene
descritta con un certo numero di sintomi, ma c’è depressione e depressione, un conto è la depressione
del 30enne, un conto è la depressione del 40enne, del 60enne, un conto è la depressione del 75enne, è un
caso che ho visto l’altro giorno, sono cose diverse che hanno un senso e uno spessore diverso e
richiedono un approccio anche diverso, perché il senso è completamente diverso. La depressione del
30enne non è assolutamente uguale alla depressione del 70enne hanno un senso diverso xkè si lanciano
in un orizzonte di vita completamente diverso. È intuitivo: l’adolescente che si deprime, si deprime su
temi progettuali futuribili per esempio, un 70enne questo non ce l’ha, un 70enne un futuro non ce l’ha
più, ha un passato e si deprime sul futuro che non ha più o sull’elaborazione del passato che è stato,
l’adolescente difficilmente si deprime sull’elaborazione di un passato che è stato, non ce l’ha il passato,
si deprime magari sul futuro che non vede o sull’impossibilità di progettarsi il futuro, quindi vedete è
totalmente un’altra prospettiva. Comincia a essere chiaro il concetto che la persona una volta superata
l’adolescenza è definita, no non è definita, si sposta, perché se noi facciamo un grafichetto, se partiamo
dall’adolescenza (A) e arriviamo all’Exitus (Morte), è chiaro che man mano che io mi sposto lungo
questa linea avrò ovviamente che quello che rimane a sinistra è il passato, quello che rimane a destra è il
futuro, e chiaramente immaginate una persona che si sposta qua, ad un certo momento il futuro
diminuisce, questo non può non avere implicazioni, di quello che è il senso di quello che una persona fa,
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di come esperisce, di come agisce, nella vita di tutti i giorni, nelle relazioni affettive che ha, non può non
avere un riflesso, quindi va sempre tenuto presente chi avete davanti con la sua fascia di età. Poi è chiaro
che certi snodi cruciali sono fluttuabili nel senso che l’arco temporale di vita va intersecato con lo stile di
personalità del soggetto, per cui è chiaro quando vedremo gli stili di personalità, esiste un percorso
standard se così lo vogliamo definire, ma che non è una cosa fissa e stabile. Quindi l’adolescente rilancia
verso il futuro, progetta ..però questo rilanciare verso il futuro non è un fatto che rimane a sé, perché ha
una certa importanza e delle ripercussioni poi successivamente, soprattutto nella fase successiva, su una
certa progettualità, su certe idee, su certe fantasie e un certo idealismo uno comincia di fatto un po’ a
fondare sé stesso, è un qualcosa su cui poi comincia a misurarsi con le difficoltà e opportunità concrete,
con le sue capacità di mettere in atto certi ideali che ha.
Arriviamo così ai 30 anni, uno a 30 anni va bè, avrà pure avuto le utopie adolescenziali etc..però siamo
per così dire ai cancelli di partenza, o cominci a costruire qualcosa adesso o qui..non o mai più..ma come
dire se cominci a costruire una casa è l’ora di mettere le fondamenta, avrà in mente sta casa..la casa dei
miei sogni..col giardino..e sono qua in adolescenza, poi a 30 anni insomma il progetto ce l’ho nel
cassetto però le fondamenta è bene che comincio a farle..a costruire a realizzare e quindi può essere un
primo momento di difficoltà in alcune situazioni, il primo momento di riscontro perlomeno, in cui io mi
confronto x la prima volta con la difficoltà concreta operativa del mettere in atto certe mie idee, certi
miei progetti, e qui non parliamo solo sul piano lavorativo ma anche sul piano affettivo, e quindi di fatto
diventa per così dire, rimaniamo sempre su uno stereotipo generale e sottolineo che va calato nelle
singole storie e nelle singole emozioni, però rimanendo in una linea generale a 30 anni uno inizia a
prendere decisioni concrete, ad esempio mi sposo o non mi sposo? Per dire, se c’è una storia affettiva
che dia un senso a questo, oppure inizio a convivere, comunque inizio un percorso di convivenza e
condivisione, così come sul piano lavorativo, uno nell’arco dei 20 anni ha studiato si è formato etc..però
non è che posso fare lo studente a vita, ad un certo punto devo pure concretizzare quello che ho
appreso…come quelli che 40 anni stanno ancora a fare corsi di formazione..sì aggiornamenti sì però
sulla base di un qualcosa che cominci ad avere un riscontro pratico, non solo per un discorso economico,
ma anche proprio per sentirmi un io agente che di quello che in qualche modo ho appreso, perché non
posso rimanere potenzialità a vita, devo diventare attualità, nel senso di qualcosa che si attua, che si
concretizza e quindi qui si possono vedere le prime “svolte”, svolte tra virgolette, quindi le prime
decisioni importanti di vita che alcune persone tendono a prendere (io mi sono sposato a 30 anni..mi
sono deciso ad un certo punto…qui il confronto con un mio vecchio caro amico..ci siamo laureati
insieme a 25 anni tutti e 2, lui si è sposato subito, a 30 anni aveva già 2 figli, io mi sono sposato a 30
anni e il figlio l’ho fatto molto dopo con molta calma)quindi ognuno ha un suo percorso ovviamente, in
base agli eventi di vita, alle esperienze che ha avuto, alla situazione da cui proviene anche perché a 30
anni comincia già ad avere un passato con cui comincia ad avere dei rimandi in qualche modo, quindi a
30 anni comincia a raccogliere qualcosa, il progetto diventa attuativo, esecutivo, e quindi questo poi vi
lascio immaginare come può essere l’orientamento di una persona, pensate ad una persona inward, una
persona outward …adesso lo butto là poi lo riprendiamo tappa per tappa per vedere cosa può succedere,
poi comunque lo approfondiremo ulteriormente quando faremo gli stili di personalità, in cui ogni stile
verrà affrontato x tutto l’arco di vita, quali sono le caratteristiche e i problemi di quello stile nell’arco d
vita. Dai 30 anni passiamo ai 40 anni, i 40 anni lo vedete sono a metà, il classico concetto di middle life,
che era molto caro a Guidano, che è comunque ampiamente noto e evidenziato nella letteratura
internazionale dal punto di vista psicologico e psichiatrico, perché effettivamente viene vissuta come una
sorta di giro di boa l’età dei 40 anni, perché tanto mi rimane davanti e tanto ho fatto dietro, questo è
chiaro no? Quindi il progetto della casa, ho fatto le fondamenta, sono arrivato fino al tetto, e comincio a
guardarmi: ho 40 anni e questa casa è finita o non è finita? Va bene come è venuta o in fondo non
collima con i sogni e con le idee, i progetti che avevo a 30 anni o addirittura in adolescenza? Cioè inizia
un percorso di confronto e di autoriflessione su questo, e vi assicuro che c’è (io ho 42 anni), poi
chiaramente ognuno si vive le sue fasi, c’è chiaramente chi non vive nulla di tutto questo e va dritto, poi
ripeto ogni cosa va calata all’interno della storia individuale e del modo di funzionare della singola
persona, delle esperienze di vita che ha avuto, però di fatto ad un certo punto uno comincia a vedere
quello che ha realizzato effettivamente, in relazione a quanto gli manca come tempo per poter realizzare
certi progetti, in raffronto a quelle che erano le idee e i progetti che aveva, le sue aspirazioni, le
aspettative tra sé e sé, o aspettative del contesto familiare o parentale allargato, pensate al classico
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outward che si fa carico di una serie di aspettative e su quelle poi si direziona, è chiaro che ad un certo
punto può anche farci i conti con certe aspettative, e sono persone che possono avere delle crisi anche
brutte poi, sono quelli che arrivano depressi, e il farmaco non gli fa niente, perché crisi depressive?
Perché ad esempio nel momento in cui il classico outward si è direzionato su aspettative ambientali, per
esempio familiari o coniugali del partner, ad un certo punto può anche, nel tirare le somme, può avere la
sensazione che negli ultimi 10-20 anni x esempio, ha fatto cose i cui di fatto poi non gli interessava
niente, e su quello poi può avere un crollo da sindrome ex vacum da vuoto enorme, sono quelli che si
impantanano e mollano tutto contemporaneamente, subitaneamente, in modo inspiegabile cominciano a
vivere il non senso di tutta una serie di cose, l’assurdità per tutte le cose “ma che mi frega, ma a me non
mi è ma i fregato niente, ma chi me l’ha fatto fare ad impegnarmi su quella certa cosa, ho sprecato 10
anni della mia vita, a pensarci bene non me ne è fregato mai niente..” di queste situazioni ne vedrete
tante. Un altro concetto importante legato alla temporalità, il trascorrere del tempo con cosa coincide? R:
decadenza fisica?N: come dice Giampiero l’essere umano è un essere caduco, cioè nasce vive e perisce,
ma sembra una cosa banale ma vi assicuro che non lo è perché la maggior parte degli operatori nel
campo psi, come quelli che vivono un certo disagio così e se lo trovano addosso, non hanno
minimamente nel proprio orizzonte esplicito una coscienza di questo fatto qua, e nel momento in cui gli
viene fatto presente è un momento importante, passi che il paziente possa avere difficoltà in questo ma
l’operatore deve essere ben consapevole che chi ha davanti vive un arco di vita che ha un suo inizio, un
suo svolgimento e una sua fine, e la morte che nell’ adolescente è assente, perché l’adolescente vive
immortale, il classico adolescente che corre a 200 chilometri orari sull’auostrada che tanto gli incidenti
riguardano gli altri non riguardano me, oppure che ne so assumono schifezze di tutti i tipi, pasticche
tanto i danni al cervello sono degli altri e non sono i miei, cioè la classica così detta irresponsabilità, è
tale proprio perché manca la consapevolezza di questo, che invece man mano aumenta e diventa sempre
più presente, poi è chiaro che ci possono essere esperienze di vita che condizionano questo, e come
vedremo di un caso di cui poi vi parlerò c’è, che so morti premature, l’amica cara che muore, un genitore
che muore, sono cose che rimandano brutalmente e repentinamente un qualcosa che rimaneva invece
sullo sfondo, era assente, quindi mi obbliga a doverci farci i conti e questo può determinare un effetto
catalitico, di accelerazione, su una serie di valutazioni e di processi che cambia il senso in cui io mi vivo
le cose, per cui quella cosa che prima mi vivevo come mia e sensata in virtù di certi eventi che mi
rinfacciano certe cose, che mi determina questa accelerazione che abbiamo detto, questa cosa che
sentivo come mia, quindi piena di senso, la posso vivere come priva di senso, perchè mi cambia l’ottica,
cambia la prospettiva con cui io mi pongo nel vivere le cose, mi cambia l’orizzonte temporale di senso
proprio, non è un fattore secondario ma è importante, ripeto il 90% dei clinici, psichiatri non ha
minimamente presente, perché non si fa nelle scuole dove si fa la psicopatologia o la clinica classica,
con tutti i sintomi, le sindromi, e così via, ed è un aspetto importante perché vi fa capire perché uno a 40
anni si può deprimere, si può deprimere su questi temi qui, facilmente. V: e poi è un momento in cui il
corpo, almeno per quello che sento raccontare perché avendo 30 anni non ce l’ho l’esperienza di che
vuol dire essere un 40 enne, però i segni del tempo sul corpo si vedono e comunque si pone di fronte a
questo fatto. N: pensate ad un outward centrato sul discorso dell’immagine: i capelli bianchi, la perdita
di capelli, le rughe, il seno cadente, e vedete la classica 40enne che si fionda dal chirurgo estetico..V:
considerate quando una donna di questo tipo ha una figlia di 20-25 anni..è la fine..ti ricordi il video della
madre di quell’anoressica che veniva qui? Aveva fatto 27 interventi di chirurgia estetica, aveva 45 anni
ma era una cosa obbrobriosa, tra cui uno era quello di abbassarsi l’ombelico..e nel video si vede prima
la madre poi la figlia, una ragazza di 19 anni, e si vede come la madre era una copia tragica della
figlia…N: ovviamente in questo discorso dello scorrere del tempo la lancetta dell’orologio ha una
velocità molto relativa in tante persone, come diceva uno di cui non ricordo il nome, parlando della
relazione del figlio con la madre, uno è sempre figlio però ovviamente diverso è essere figlio a 5 anni, a
20 anni a 40 anni, cambia un rapporto temporale esperenziale e del vissuto relativo, questo trascorrere
del tempo con il cambiamento del modo con cui io mi vivo la stessa dimensione, in certe situazioni di
irrigidimento non c’è e lì ovviamente c’è qualcosa che non funziona bene a livello di quello che
dicevamo all’inizio, cioè dell’acquisizione dell’esperienza all’interno di una capacità di elaborazione per
lanciare poi un nuovo modo di affrontare l’esperienza successiva, questo feedback continuo che mi fa
rielaborare ciò che poi esperisco e che da questa rielaborazione ne nasce sempre qualcosa di nuovo, che
continuamente poi si adatta alle situazioni avvenire, è chiaro che questi momenti di snodo possono
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essere momenti di rilancio, nel senso costruttivo, positivo, per cui prendo consapevolezza di certe cose
effettivamente, tipo a 40 anni quello che ho realizzato e passo anche a un discorso operativo di
accelerazione anche positiva e propositiva..che so se sono arrivato ad esempio al tetto della casa e non
ho fatto ancora certe rifiniture ad un certo punto mi rendo conto che sono passati 40 anni che sto
aspettando? Allora faccio uno sforzo perché la casa deve essere finita non posso aspettare ulteriormente,
vedete che dopo 10 anni che non ci metteva un mattone finisce nell’arco di un anno con il rendere
abitabile la casa. Poi ci può essere il caso opposto, arriva al tetto della casa. mancano le rifiniture, i
pavimenti, ad un certo punto dice “ma insomma io ho speso tutto questo tempo a fare sta casa ma che
me ne frega a me? E sono quelle situazioni in cui la casa rimane incompiuta a vita, non ci mettono più
un mattone, non ci spendono più una lira, sono quelle situazioni per cui uno va a cercare altre
dimensioni, il senso di sé in altre dimensioni, su altri piani. Ovviamente man mano che il futuro si riduce
come prospettive di rilancio, quindi come possibilità effettive ed attuative di un qualcosa legato a sé,
aumenta la dimensione del passato: ciò che ho fatto ciò che mi rimane che può anche coincidere con il
ripescare qualcosa dal passato, che so uno che a 20 anni era appassionato di pesca, ad un certo punto non
gliene è più fregato niente, ha cominciato a lavorare e a 40 anni riscoprono questa passione per la pesca
che x 20 non gli poteva fregare di meno, oppure x altre cose che li vedi che si fissano tutte le domeniche
a pescare e la moglie che dice “ma che palle, questo quando l’ho sposato non gliene fregava niente”..e
come se avessero bisogno di riscoprire un senso nuovo del proprio agire e sentire e lo fanno andando a
ricostruire qualcosa che fa parte delle proprie radici dei propri progetti, delle proprie utopie magari
adolescenziali, sono quelli che magari a 50 anni si tingono i capelli, avevano una macchina familiare e la
vendono e si fanno la spider 2 posti, e la moglie “ma hai 3 figli che ci fai con questa due posti?”, questi
ringiovaniti, fanno i vitelloni..per cui ci sono questi cambiamenti per cui uno dice ma che gli è andato di
volta il cervello? e a volte arrivano come situazioni in consulenza con coniuge o figli allarmati perché si
spendono tutti i soldi, prima metteva da parte i soldi per quella cosa lì ora non gliene frega più
niente…oppure prende e se ne va e si va a fare il giro del mondo, oppure che ne so sul piano religioso o
mistico questi che riscoprono questa vocazione a 40-50 anni e cominciano a andare a Luordes, Fatima,
non nel senso delirante, ma come qualcosa che li assorbe molto e diventa quasi una componente
totalizzante della loro vita, questi che si danno al volontariato spinto. Questo corrisponde alla crisi della
middle life, della mezza età, questo giro di boa dove c’è equivalenza tra passato e futuro c’è un primo
fare i conti con quello che si è realizzato in relazione con le aspettative che uno aveva, i progetti che si
era dato, perché poi uno non si dimentica certe cose, quindi fa un po’ i conti con certi progetti che aveva,
una sorta di bilancio: ciò che è stato realizzato e ciò che invece…e su quello ovviamente ne scaturisce un
nuovo senso di sé, che rilancia per quello che rimane del futuro, per cui quello che ho realizzato adesso
lo raccolgo mi rimane ben poco, posso concretizzare ben altro e su questo ci sono anche momenti in cui
persone mollano tanti progetti anche importanti come dire mi sono impegnato per 20 anni a fare quella
cosa, vedo che non ci riesco, o comunque anche se sei arrivato, manca poco, ma basta mollo perchè mi
mancano 15 anni, voglio staccare e voglio dedicarmi ad altro in qualche modo, questo senso di asfissia
proprio per l’essere stati troppo…questo lo trovate a volte in certe personalità inward, quando si sono
troppo legate, si buttano anima e corpo in un progetto che le totalizza, le riempie enormemente poi ad un
certo punto cominciano a sentire l’asfissia per l’essersi dedicati esclusivamente a quella cosa, quindi
hanno bisogno di orientarsi su altre cose, proprio un senso di liberazione. Ovviamente man mano che si
va avanti comincia probabilmente a diventare preponderante l’aspetto della fisicità, non solo uno se lo
vive in prima persona: la perdita di funzionalità, la perdita di agilità mentale, la perdita di funzionalità
fisica, ma anche perché il contesto comincia a rimandarlo, magari comincia ad avere i primi problemi di
salute, oppure comincia ad avere un panorama di amicizie e di conoscenze che quello è morto così,
quello è morto di malattia, quello è diabetico..però comincia a rientrare sempre più in una atmosfera che
è quella che poi fa parte dell’ultima fase della vita, soprattutto dopo i 50 anni. È risaputo, dopo i 50 anni
c’è una incidenza che aumenta, comincia ad esserci diagnosi di demenza presenile, l’alzhaimer prima
dei 50 anni è rarissimo, ma dopo i 50 è un età di nodo sulla funzionalità cognitiva in senso proprio
neuropsicologico…poi c’è chi è lucido per carità, ma ci sono persone che già a 60 anni sono out..per una
serie di funzioni. Quindi comincia ad essere prevalente il discorso che il futuro non c’è più, il futuro è
legato ad un presente che ogni giorno vale la pena di essere vissuto perché ogni giorno può essere
l’ultimo per dire, e tutto ciò che mi rimane nel dare senso a quello che faccio è questa consapevolezza e
anche ciò che sono stato e ciò che ho realizzato nel passato che diventa totalizzante a quel punto. Vi
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accenno alla vecchietta di 75 anni che ho visto 2 giorni fa ad una prima visita. Questa me l’ha mandata il
medico di famiglia dato che erano 3-4 mesi che era depressa, praticamente si alzava la mattina con molta
fatica, proprio ci voleva la gru per alzarsi, come dice lei, una fatica bestiale a fare, mentre lei era una
persona sempre molto attiva, molto energica che ha sempre lavorato, molto intraprendente ad un certo
punto piano piano comincia a sviluppare questa astenia marcata mattutina soprattutto, poi man mano
durante il giorno continuava, insieme a questa astenia comincia a sviluppare una serie di ansie, ha
cominciato praticamente a segnarsi in un quadernino tutte le volte che andava di corpo, come andava,
come erano le feci, tutte le volte che andava al bagno urinava o non urinava, la quantità di urine a livelli
quasi esagerati, capitava che dopo che aveva bevuto il latte la mattina non andava di corpo e le
cominciavano le ansie, cominciava a prendere lassativi, poi ha iniziato ad andare dal medico e c’ho
questo e c’ho quello, analisi di qua e analisi di là, questo è un quadro senile classico di depressione in cui
potete immaginare l’elemento centrale di questa persona è la paura di morire, lei l’ha proprio esplicitato,
lei ha detto “dottore io ho 75 anni, sono sempre stata bene, non ho mai avuto niente, e tutto è iniziato con
un episodio di diarrea”.. quindi un normalissimo episodio di diarrea però lì le è partito qualcosa..ha fatto
2+2 in maniera automatica, e le è diventata cosciente parlandone con me questa cosa, ha messo 75 anni
vicino al discorso diarrea, vicino a tutta una serie di fatiche che lei ha cominciato a sentire nel gestire
tutta una serie di cose, perché lei andava a riscuotere gli affitti di alcune appartamenti, quindi
cominciava a sentire fatica di questo e mettendo insieme tutto questo ha cominciato a venirgli la strana
sensazione dice lei, che da un momento all’altro “è arrivata la mia ora” e questo è un classico della
depressione senile, questa è una donna inward molto centrata sul suo modo di funzionare e che ad un
certo punto ha avuto proprio il classico ingorgo che le persone a questa età hanno e che lei ha esplicitato
piangendo “la paura mia è che da un giorno all’altro muoia…perché ormai sono arrivata, ho 75 anni e
ormai…”quindi lei ogni mattina lei si alza con questa immagine che da un momento all’altro lei
potrebbe morire quindi ogni sintomo, ogni piccola cosa poteva essere il campanello di allarme che le
annunciava che poteva essere arrivata, e su questo è crollata con tutta una sintomatologia ansiosa oltre
che quella depressiva. È importante in questo caso, uno potrebbe trattarla come una banale depressione,
come fa la maggior parte degli psichiatri che dà l’ansiolitico o l’antidepressivo poi piano piano si risolve
che non è detto che si risolve perché con persone così sveglie ed in gamba l’antidepressivo le smuove
poco anziani così, però facendo un lavoro di questo tipo di consapevolezza, di acquisizione di certi
meccanismi può essere importante. Su certe cose la signora si è abbastanza tranquillizzata, soprattutto
dal punto di vista somatico, poi bisogna vedere perché i farmaci li deve prendere quello non c’è dubbio,
però è importante per voi per capire chi avete davanti, e come regolarvi e come affrontare il discorso. Vi
volevo parlare invece per quanto riguarda il tema dei 20 anni di un’altra ragazza che o visto la settimana
scorsa. Questa viene accompagnata dalla sorella per delle crisi di attacchi di panico, sono andate al
pronto soccorso per una tachicardia forte, il medico del pronto soccorso l’ha capito subito e le ha dato
delle gocce e poi le ha detto di venire da noi, e la sorella l’ha subito portata. Viene lì e questa
praticamente ha cominciato ad avere questa tachicardia per cui lei dice che il cuore và x conto suo per
cui si spaventa molto che gli viene un infarto e poi muore, da gennaio. Ricostruendo la storia questa a
ottobre muore improvvisamente la zia, sorella della madre, con una sindrome auto immunitaria grave
massiva, praticamente ha avuto una influenza, in alcune persone sensibili si può avere lo sviluppo di
auto anticorpi che determinano una sindrome auto immunitaria che crea x così dire dei precipitati
ematici che vanno ad intaccare i reni, ciò determina una insufficienza renale acuta grave e si muore,
questa persona è morta nel giro di 48 ore, era diagnosticabile perché si manifesta con dei puntini rossi
sul corpo, ma il medico di famiglia ha sottovalutato la cosa dicendo che erano i postumi dell’influenza.
Poi il giorno dopo ha cominciato a sentirsi sempre più debole, sempre più debole che non si reggeva in
piedi, l’hanno portata al pronto soccorso ma è arrivata in coma. Quindi a ottobre la zia muore in questo
modo nel giro di 48 ore, 3 mesi dopo, a dicembre. la cugina di questa qua muore in un incidente stradale,
andava in macchina col fidanzato e un ubriaco l’ha presa in pieno, l’ubriaco non si è fatto niente la
cugina è morta subito. Qui, 21 anni, come vi dicevo prima il concetto di morte è una entità astratta che
riguarda gli altri, è una cosa che riguarda il genere umano ma non me, il genere umano non sono io,
anche se appartengo al genere umano non la sento come qualcosa di diretto che mi riguarda in qualche
modo, 20-21 anni questa persona ha avuto una accelerazione in questo esponenziale perchè si è trovata a
gestire nel giro di 3 mesi 2 lutti di due persone care vicine, due morti forti e improvvise e poi c’è anche
l’aspetto proprio dell’assolutamente non previste e non diluito, da un giorno all’altro arriva una
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telefonata “è morta tua cugina”,ha avuto una accelerazione di questo rimando del discorso morte
enorme, questa praticamente si è vista la morte in faccia ovunque e in qualunque momento, ed è chiaro
che una persona che ha una struttura inward le ha determinato una accelerazione sul modo di vivere
certe situazioni di vita, certi rapporti e anche certi sentiti fisici che poi le hanno portato piano piano a
strutturare l’attacco di panico, per farvi capire il discorso tra stile di personalità, il senso che io do alle
cose e l’arco temporale di vita e le esperienze di vita fatte, la ragazza deve ricucire il discorso con il
senso della vita e non sarà facile. In questo caso ovviamente a 20 anni si trova a gestire il concetto di
morte, l’idea di morte a livello emotivo e cognitivo, cosa che normalmente avviene più avanti, e qui
avviene in modo molto concreto e massivo. Avendo questo inquadramento uno già si orienta bene su chi
ha davanti e il senso del sintomo che mi porta e che senso io le rimando a lei, rimando a lei non
passivamente ma nel senso che la faccio muovere lungo questo orizzonte temporale. V: io vi volevo
parlare di questo ragazzo che ha attacchi di panico, avrà 28 anni, va dallo psichiatra che gli dà le
pillolette, tutto gli parte qualche mese prima, va al cinema con gli amici e là si sente male, e questa cosa
lui non se l’è proprio riuscito a spiegare, è accaduto un mese prima che suo nonno era morto, adesso può
sembrare una cosa banale, però il punto è che questo era il nonno che da sempre avevano avuto un
rapporto molto intenso e che per lui era un riferimento, un riferimento che questo nonno gli ridava
indietro un senso di lui di quello centrale e capace, quindi viene meno questa figura nel momento in cui
lui si sta per affacciare e entrare nella vita, chiaramente il punto non è rispetto al nonno, non è che
bisogna fare una terapia rispetto al lutto, no, è ridare ..è servito anche a lui per mettere a fuoco
effettivamente il disagio di ora da dove veniva, era un’ansia rispetto a entrare nella vita e decidere, poi
era uno che un progetto ce l’aveva si stava laureando in architettura, c’era nella vita ma era fare questo
passaggio e nel fare il passaggio questo sballottamento l’ha un po’ bloccato. N: leggiamo il caso clinico,
questo caso rientra in un sostegno psicoterapeutico, cioè non proprio strutturato perché poi c’è un
problema di continuità. Daniela 40 anni viene ad effettuare il primo colloquio su consiglio del compagno
convivente che a sua volta era stato precedentemente in trattamento per problemi di ansia, convive con il
compagno da 2 anni e il compagno ha 10 anni meno di lei, lavora come impiegata amministrativa da
molti anni presso un ente locale facendo la pendolare quotidianamente. È arrivata alla convivenza dopo
circa 3 anni di fidanzamento tra molte titubanze legate alla differenza di età con il partner. Cioè tenete
presente lei ha 40 anni e il compagno ne ha 30, è uno snodo di età , non è che parliamo di uno che ne ha
60 e uno che ne ha 50 quello è già…lui ne ha 30, lavora, quindi ha un ottica temporale che è diversa
dalla sua che ha 40 anni ed in più è donna, perché una donna ha una forte snodo (?) a 40 anni che
nell’uomo è più sfumato, perché la donna a 40 anni comincia a sentire un ciclo biologico che cambia ,
quindi c’è un discorso di irreversibilità su una eventuale maternità, quindi una donna a 40 anni c’è
questo discorso che non è secondario, perché poi è un punto di non ritorno poi. Fino ad allora è sempre
vissuta in famiglia con i due genitori descritti l’uno (il padre) come una persona espansiva e di buon
carattere, l’altra come una persona più riservata, introversa e ansiosa. Vediamo il problema che porta.
Riferisce che dal mese di settembre 2005 ha iniziato a manifestare una sintomatologia caratterizzata da
vertigini soggettive (le vertigini oggettivi sono quelle reali, soggettive cioè sensazioni di instabilità) con
senso di costrizione al torace, affanno, palpitazioni, sensazione di stare per svenire o comunque sentirsi
male. Tali sintomi si manifestavano soprattutto in casa, spasso di notte allorché si svegliava nella prima
parte del sonno, a volte x andare in bagno. Durante tali malesseri il compagno veniva svegliato e si
allarmava delle sue condizioni di salute. Inizialmente il problema si è presentato in modo sporadico , poi
sempre + frequentemente tanto che con il compagno nn sapevano + come fare x fronteggiarlo. In un
primo momento le rassicurazioni di lui e l’assunzione di acqua e zucchero sembravano avere un certo
effetto che poi man mano si è andato perdendo. Allarmata da tutto ciò ha iniziato ad effettuare delle
visite specialistiche che hanno escluso la presenza di problemi di natura fisica. Ultimamente il medico di
famiglia aveva prescritto delle gocce di un ansiolitico che hanno ridotto il problema ma non
eliminandolo del tutto. Sente ormai di vivere in uno stato di apprensione quasi continua cercando di
monitorare ogni piccolo segno fisico per darsi ragione di quanto può accadergli nel senso del malessere,
e per prevenire ogni eventualità. Una cosa che mi sono dimenticato di dirvi rispetto alla ragazza di prima
quando lei aveva gli attacchi di panico, oltre ad avere la sensazione imminente di stare per morire, lei
aveva cioè la convinzione che da un momento all’altro poteva morire, riflettendo poi su questo, su che
cosa la spaventasse di questo lei aggiungeva “il fatto di morire mi fa arrabbiare con me stessa, con il
mondo e con tutti perché ho la sensazione che mi viene a mancare la possibilità di vivermi quel futuro
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che io mi sto immaginando e che mi sono sempre visto nella mente” voglio dire lei ha un fidanzato, ha
una nipotina , un’altra sorella più grande che sta x partorire, lei dice ma se muoio tutti i progetti che
avevo fatto, poi la nipotina tutto questo non me lo vivo, vedete come in lei, nel discorso adolescenziale
la morte fa una irruzione brutale e repentina e va a sparigliare un qualcosa che è più adolescenziale…una
progettualità tutta lanciata nel futuro, è come se ad un certo punto scopre che deve fare i conti con la
possibilità che non ci sarà più e quindi questa fantasie che senso ha che me le vado a fare se poi muoio.
Torniamo a Daniela. Vive il problema come assolutamente immotivato nel senso che se proprio deve
essere una questione di ansia (ha ancora dubbi in merito) lei riferisce di non avere alcun motivo per
essere ansiosa né ha mai sofferto in passato per problemi di questo tipo. Riferisce inoltre di cominciare a
avere problemi anche quando si trova in ambienti chiusi o affollati. Non riesce a rendersi ragione di tutto
ciò e viene al colloquio per la ricerca di un chiarimento in merito visto che le varie visite specialistiche
hanno escluso qualsiasi patologia organica. Come accade spesso questi vanno dallo psichiatra più che
altro x esclusione, nel senso tutti hanno detto che non c’è nulla di organico mi è rimasto solo lo
psichiatra, però raramente sono convinti appena all’inizio che effettivamente si tratti solo di un problema
di ansia. Buona parte del colloquio iniziale viene spesa per spiegare cosa è l’ansia e come essa si
manifesta e quindi il corredo sintomatologico che può avere. Già questo sembra rassicurarla sul fatto di
non avere niente di grave, se anche è ansia non è comunque niente di grave, e non si muore di ansia,
anche se poi non tutti hanno questa sicurezza perché quando hanno l’attacco di panico che il cuore
comincia ad essere tachicardico poi dicono va bè l’ansia non sarà niente, non si muore di ansia, però le
conseguenze dell’ansia cioè la tachicardia, mi fanno venire l’infarto, è una conseguenza indiretta che
comunque mi fa morire. Tende però a sfuggirgli il senso della cosa soprattutto perché essa si manifesti a
40 anni di età in una persona che precedentemente non aveva mai avuto problemi in merito.
Analisi del sintomo: un’analisi più puntuale di come l’ansia si manifestava permette di mettere in
evidenza come l’elemento emergente dal punto di vista del sentito della paziente sia una sorta di
ipersensibilità ai contesti chiusi, alla limitazione della propria libertà di movimento, e al sentirsi
soffocare negli ambienti affollati. È come se si fosse sensibilizzata a fattori di questo tipo, cosa cui prima
nn faceva neppure caso. È come se sentisse spesso il bisogno di aprire la finestra per prendere una
boccata d’aria , come se ci fosse sempre poco ossigeno nella stanza. Tendeva sempre + spesso a
riservarsi una via di uscita in + dai contesti ambientali in cui si trovava o comunque a ben notare le
uscite di sicurezza. Questo si sviluppava con il progredire del malessere e con la convinzione che la
possibilità di uscire rapidamente da un luogo chiuso fosse un modo per gestire l’insorgenza della
malattia. Da un lato quindi un forte elemento costrittivo, generatore del sintomo corporeo che si
associava ad un forte elemento di svincolo come strategia x dargli una risposta e riacquisire la propria
capacità di controllo sul sintomo-corpo. Il senso di disagio legato a situazioni costrittive emerge come un
punto importante su cui ruota gran parte del suo malessere. Si cerca quindi di far focalizzare l’attenzione
e la riflessione di D. sempre + sugli aspetti emotivi e sulle situazioni costrittive che altrimenti tendono
ad essere molto calamitate dal sintomo fisico, dal corpo. Ciò porta gradualmente a far emergere una serie
di stati d’animo la cui presenza viene condivisa e allargata a tuta una serie di situazioni di disagio , sia
familiare che relazionale in cui l’aspetto del sentirsi costretta a ..tende ad essere centrale. Si realizza così
una nuova acquisizione di senso per cui tante situazioni passate in cui una minima sintomatologia
corporea si manifestava con caratteristiche analoghe a quella attuale viene ricondotta ad un sentire ad
esse comune e quindi ad un movimento emotivo che adesso viene riconosciuto. L’attuale sintomatologia
comincia ad acquisire un determinato significato che può essere inquadrato all’interno di una cornice di
senso che inizia a delinearsi. In virtù di questo cambiamento la stessa d. impara a mettere bene a fuoco
determinati contesti e situazioni in cui tendono a d attivarsi certi elementi. Matura così la
consapevolezza di un disagio nel rapporto con il compagno che stava crescendo da alcuni mesi.
Dall’estate scorsa il partner aveva infatti cominciato a chiedere in modo sempre + convinto e pressante
di fare un figlio. Ciò aveva determinato inizialmente una grossa perplessità in d. sia x il fatto che sentiva
che il loro rapporto era ancora in fase di collaudo, sia x l’impegno come progetto di vita che la cosa
comportava: un legame x sempre sia con il padre che con il figlio.
Altra considerazione importante che emergeva era che dopo i primi tentativi la gravidanza non arrivava,
ciò iniziava a determinare una serie di perplessità legate alla sua età e al fatto che se non arriva adesso
non arriverà + perché “il mio tempo come fertilità sta scadendo, Non posso fargli da nonna anziché da
mamma e poi queste cosa si fanno da + giovano perché si hanno + forze e capacità fisiche x gestirle.
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Cioè lei cominciava ad avere un senso di perplessità fisica nella capacità di portare avanti una discorso
del genere, incomincia a farsi dei dubbi tipo:il bambino è piccolo, si sveglia di notte, le poppate, la
fatica non ce la faccio non solo psicologicamente ma proprio fisicamente, cominciava a notare le rughe
in più, qualche capello bianco e il suo disagio nasceva molto dal fatto che il suo compagno aveva 10
anni in meno, quindi aveva un’ottica temporale completamente diversa dalla sua cioè tutto lanciato in
una progettualità futura come quella di avere un figlio, a 30 anni come dicevamo prima uno deve
cominciare a buttare giù le basi della sua vita e lui si sentiva che una delle sue basi era quella di avere un
figlio, la compagna però aveva 10 anni di + e su questo cominciava a viversi come scaduta e quindi con
un senso di tutto questo ha determinato poi un elemento di vissuto in maniera forte. Si può quindi
osservare come il dato contingente delle pressioni del compagno x avere un figlio si associ al dato legato
al ciclo di vita determinando un doppio effetto che si presentava alla paziente come “una passerella
stretta stretta sulla quale devo passare rischiando, se nn mi sbrigo e nn sto attenta, di cadere da un lato o
dll’altro. D: ma lei voleva avere un figlio? N: no, l’idea l’ha lanciata il compagno che ha fatto delle
pressioni su di lei, dopo iniziali perplessità, perplessità xkè erano solo 2 o 3 anni che vivevano insieme,
quindi già su quello si sentiva con le spalle al muro e una che funziona come lei non è piacevole stare
con le spalle al muro e già comincia a cercare uscite di sicurezza, poi alla fine si è comunque convinta
perché lui è un ragazzo che ha 30 anni però comunque è una persona matura, ben strutturata, solida, non
è avere il figlio come fantasia infantile un po’ campata x aria, poi è uno ben realizzato dal punto di vista
professionale lavorativo, quindi ben autonomo, lei si è convinta dopo una incubazione di un annetto
circa, quindi è arrivata alla soglia dei 40 anni a fare questi tentativi, i primi tentativi x circa sei mesi sono
andati a vuoto e lì le è partito il trip sull’età,questa è stata un’altra componente che ha aumentato l’ansia
che già aveva su questo, quindi associa il discorso non sono convinta di avere il figlio associa soprattutto
tutto il discorso dell’età, perché è importante questo, lei lo ribadisce + volte questo discorso che si sente
i suoi 40 anni, qualche acciacchetto, le rughe, le pesa questo fatto di venire a roma tutti i giorni, sente e
si confronta con quando aveva 30 anni e vede proprio la differenza sul piano fisico oltre che emotivo di
leggere la cosa, le pressioni di lui che ha un orizzonte temporale un pò diverso dal suo l’ha messa un pò
in difficoltà. Le crisi di ansia e di panico a 40 anni sono inusuali, se parlate con uno psichiatra da dsm
classico dice che è strano, che c’è qualcos’altro, xkè epidemiologicamente l’esordio di attacco di panico
è tipicamente adolescenziale o post adolescenziale, è raro un esordio di attacchi di panico dopo i 30 anni,
ma in realtà in questo orizzonte di senso non è così, ed è vero che non è così perché c’è lei e un’altra che
ho in mente che sono esorditi + tardi, xkè poi dipende dai fattori di vita che si coagulano e che
determinano gli snodi da cui poi c’è una catalizzazione e una accelerazione di certi processi che può
portare alla crisi. E questa è andata in crisi sulla pressione dell’avere un figlio e sul discorso che lei
sentiva la soglia dei 40 anni, superata la quale poi va bè ci sono da approfondire una serie di elementi in
senso fobico che ora non è il caso, però sentiva che superati i 40 ani di fatto cambiava tutto, quindi
sentiva che “mi devo sbrigare, il mio tempo sta x scadere, o lo faccio adesso o mai più”, questo poi
implicava la delusione del partner, rischi di crisi con il compagno, nell’immaginario. Ovviamente
nell’uomo questo aspetto non c’è, un altro elemento critico nella donna è ovviamente la menopausa, la
perdita del ciclo che è un elemento che ovviamente caratterizza la femminilità come fertilità, è anche un
momento di passaggio che segna lo sbocco verso l’ultima parte della vita di una persona, e anche lì oltre
i vari sintomi le vampate etc su cui molto si dice e molto racconta ma anche lì poi va calato nella storia
della persona perché poi ognuno se la vive a modo suo.V: oggi molte 50enni si fanno prescrivere la
pillola piuttosto che perdere il ciclo…poi nelle donne il fatto della maternità, perché nell’arco di vita
molte donne la maternità se la gestiscono come una modalità di uscita nei momenti di snodi, ovviamente
possibile fino ai 40, perché chiaramente una 20enne se la può giocare con sto fatto, onde evitare di fare
un debutto, di immettermi direttamente nella vita, ho l’uscita per cui mi do il ruolo di mamma e quindi
sono giustificata e impossibilitata a farlo, che è diverso invece dell’avere avuto un progetto di avere
voluto un figlio da sempre, xkè pure qui nell’andare a gettare le basi ed attualizzare i miei progetti una
può avere il progetto di fare una famiglia, di fare la madre e lavoratrice perché magari occorre un
secondo stipendio, però ho puntato sul fatto di essere madre, quindi arriva a 25 anni che lo fa ma fa parte
del suo progetto, altra situazione è quella in cui piuttosto che decidere io in prima persona è un
escamotage, e parecchie hanno questo fatto di a vegliarsi a 38 anni, 38 anni perché nel momento in cui si
fa un consultivo di quello che avrei voluto fare, di quello che ho fatto e di quello che posso fare da
questo confronto mi rendo conto che questo consultivo è povero e rilancio, dicevo che ogni svolta è un
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rilancio e parecchie rilanciano sul figlio, mettendo a discapito la coppia perché se è una coppia che sta
insieme da 10 anni e il punto è non fare i figli, perché ci sono coppie che decidono di non fare figli,
possono mettere a discapito la coppia, tant’è che il marito e il compagno non riesce a capire, il punto
diventa assolutamente fare il figlio perché mi diventa un modo in cui io esco dai miei 40 anni, sposto
l’orizzonte temporale, perché un figlio lo sposta, cioè mi sento che essendo un prolungamento mio io
non ho il senso di essere finito, c’è lui e pure quando io ho 60 anni e questo ne ha 20 la situazione è più
sui suoi 20 anni non su i miei 60, prolungo in questo modo, quindi a volte può essere un bel modo per
uscire e rilanciare. N: a volte avere un figlio può essere un modo per alcune persone per sentirsi giovani,
non tanto per il figlio ma x tutte le situazioni correlate al figlio, un 50 enne aveva già dei figli grandi una
di 18 e una di 20 che ha deciso con la moglie di avere un figlio, quindi 15 anni più piccolo del secondo
figlio, proprio per riassaporare il gusto del bambino piccolino, del pannolino, delle famiglie giovani. V:
bè è un tema di rilancio poi quello del figlio…classico anche del separato e con mogli molto più giovani.
Questo come snodo a volte è un modo per rilanciare felice quello dei figli, non è che non va bene, a
volte è felice perché è una scelta scelta, non è una reazione: mi trovo che altrimenti affogo allora esco
così, invece può essere una scelta e là dove è una scelta vado a farlo tardi il figlio, non importa, perché
non toglie nulla al figlio, chiaro che secondo me si toglie qualcosa al figlio nel momento in cui non è una
scelta autonoma…N: a volte è una scelta mediata nel senso che a 40 anni si dice che bisogna avere un
figlio, si dice che una donna è completa se ha un figlio, ci sono tutta una serie di aspettative e c’è una
norma non scritta ma condivisa e da tutti risaputa che se una donna a 40 anni non ha un figlio le manca
qualcosa, quindi alcune donne arrivano a scegliere di avere un figlio sulla scia di questo pseudo sentire,
e poi si trovano nel vuoto + totale come capacità di rapportarsi e di gestire il figlio..V: perché è vero a 40
anni c’è una capacità fisica che è diversa, e ti mette veramente a dura prova..però la cosa è che se io l’ho
scelta a 40 anni come un modo mio personale di uscita chiaramente questo va a influenzare il tipo di
legame che io ho sul figlio, perché mi posso sintonizzare su questo aspetto qui e capite che riconoscere
l’alterità del figlio, perché l’ho fatto però è sempre altro da me, e in una situazione del genere non è che
sia sempre molto semplice. E questa è una carta che le donne hanno in + degli uomini rispetto alla
possibilità di uscita da un blocco, perché per gli uomini non è così..N: gli uomini + sul versante
lavorativo… V: oppure rimorchiano..N: a 50 anni si fidanzano con la 20enne…V:e magari poi è la 20
enne che vuole fare un figlio e lui a 50 anni lo fa… ma alle donna la maternità dà loro un ruolo e una via
di uscita e poi loro ci arrivano e ci fanno i conti…poi magari vi arrivano con il ragazzino problematico e
non lo sopportano..i problemi poi nascono. N: tenete presente che i momenti di snodo, lo ribadisco,
come possono essere momenti di rilancio, di ristrutturazione e quindi di ricalibratura sul senso del mio
agire e sentire, possono anche essere momenti in cui poi si ha lo sfaldamento + totale, di certe
personalità e di modi di funzionare e quindi una perdita di funzionalità e di capacità etc…V: se andiamo
a guardare invece i momenti di crisi che ci possono essere nell’arco della vita, oltre alle varie fasi...voi
pensate alla rottura di un legame affettivo, dato che sono le relazioni+ instabili che esistono…a seconda
del momento in cui c’è la rottura di questo legame affettivo fa un effetto piuttosto che un altro, e
chiaramente perché è tutto in relazione al senso della possibilità di un futuro, e quindi al punto in cui io
sto e al punto della progettualità che ho, molto spesso x una persona iniziare una storia con una persona
+ giovane ridà la possibilità, la percezione che ha quello + giovane del tempo per continuare a
riprogettare(?) …però io vorrei raccontare la situazione di un 50 enne e più, 53 o 54 anni e mi viene
inviato da una collega xkè lei segue la moglie, la storia è che questa copia è in crisi. Andiamo a vedere,
lui è un sindacalista, tenetelo a mente,e lei è una psicologa delle organizzazioni e lavora presso una
azienda. è il secondo matrimonio per entrambi, nel senso che entrambi avevano avuto delle storie
importanti, precedenti che erano durate 10 anni. Finite queste storie loro si rincontrano perché
vagamente si conoscevano e iniziano questa storia. Da questa storia nasce un figlio che ora ha 14 anni,
loro sono 17 anni che stanno insieme. Arriva il patatrac e il patatrac è che lui nell’ultimo anno ha avuto
una relazione con un’altra, una 30enne, e il patatrac + clamoroso è che lei è rimasta incinta e ha voluto
tenere il figlio, quindi lui si è trovato a 52 anni con questa storia di 17 anni messa a repentaglio, con un
figlio e con questa situazione nuova, quindi chiaramente la coppia è saltata, appena lui sa che quest’altra
è incita mette la moglie al corrente del fatto, e la moglie quando lui va e le dice questo lei risponde,
secondo me perché gli voleva dare uno smacco, che anche lei aveva avuto una relazione, quindi lui là
crolla perché non l’aveva mai capito. Questa coppia scoppia chiaramente perché lui che si sentiva quello
che aveva rotto la famiglia invece si ritrova che pure la moglie lo aveva fatto, anche perché così lui si
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spiega perché è andato a cercare fuori, allora viene fuori dall’interrogatorio che ha fatto alla moglie che
lei sono 7-8 anni che aveva un altro, che era un suo capo, anche lui sposato e con cui tutti e 4 andavano a
cena allegramente..e la cosa peggiore, secondo me e secondo lui, ma non secondo la terapeuta della
moglie che evidentemente prende il suo punto di vista, è che nell’estate del patatrac ..tenete conto che lui
sa che l’altra è incinta a marzo aprile, quindi succede il macello, il figlio 13 enne la madre lo manda in
vacanza in barca con il suo amante, lui capisce chi è soltanto dopo perché l’interrogatorio lei non dice e
lo deriva solo mettendo insieme una serie di cose..quindi questo viene fuori a luglio però il ragazzino
c’era già stato con questo, e per lui ovviamente è un fatto gravissimo, però quale è il punto? Lui si trova
a 52 anni con il senso che la coppia con la moglie si era basata sul fatto di una condivisione e di un
riconoscimento piuttosto totale, cioè ci diciamo tutto forti del fatto che entrambi avevano avuto una
relazione alle spalle importante ma che era finita, quindi adesso noi non faremo più così saremo diversi
quindi noi ci diciamo, quindi scoprire che questa aveva una doppia relazione, non da qualche mese come
lui ma bensì da 7 anni è dura, perché a lui gli cambia totalmente l’immagine di lei, e quindi lui non
aveva mai messo a fuoco che la distanza di lei poteva avere questa ragione che aveva un altro, perché lei
ovviamente era distante..si erano invertiti i ruoli lui faceva la mamma papà con il figlio e gestiva casa e
lei era quella che si era dedicata +alla carriera, tenete sempre a mente che lui è sindacalista, vi dico
questo perché invece la moglie aveva la percezione che lui fosse un uomo senza palle, perché non
decideva niente quando invece se sei un sindacalista sei iper strategico, poi hai tutto un modo diverso di
prendere le decisioni che non sono nette. Lui si ritrova che è in un momento di crisi però ecco a 52 anni,
con un rimettere insieme i pezzi rispetto a questa immagine della moglie che era crollata perché se la
nostra coppia era tutta sulla condivisione io adesso metto a fuoco che di condivisione….e con la
rivelazione che mi fa lei io mano mano rimetto a fuoco tutta una serie di situazioni di cui si era anche
dimenticato, però a questo punto è che faccio?Lascio una storia di 17 anni con un figlio, perché
ovviamente l’altra situazione non era stabile, era una relazione che c’era da poco tempo, sì c’era una
figlia appena nata però c’era già una stabilità, e lui da bravo sindacalista ha gestito quasi un annetto in
cui tutto il punto è stato ricostruirsi l’entrata in casa però facendo sì che fosse una entrata alla grande.
Perché il punto è che la moglie continua a dire che lui ha la colpa più grande perché ha una figlia, e
quindi il punto è stato gestire questa donna ricostruendosi una immagine di lei che non era appunto
quella di una che condivide tutto, leale, onesta e coerente, e imparare a gestire la moglie con bastone e
carote perché è una che va x assoluti, lei diceva io voglio stare con te, basta ho detto che voglio stare con
te allora si può stare insieme, ed è la cosa + assurda che si possa dire perché poi in realtà bisogna
ritrovare di nuovo e ridare le carte in una coppia che si è rotta, ma rotta a 52 anni e come ridai le carte?
chiaramente lui non se l’è sentita di mollare tutto anche perché lui ha la cosa importante è che ha una
figlia piccola e lui sul fatto di essere padre ha sempre puntato molto perché del maschio se ne è sempre
occupato lui, quindi lui è quello che in realtà ha una carta in + da giocarsi, è + forte rispetto la moglie
proprio perché ha la sua via di uscita e se non rilancia totalmente sulla relazione di coppia perché è
sempre in rotta, lui comunque ha il fatto che è padre, padre di 2 figli, uno adolescente e l’altra piccola, è
garantito comunque un altro tipo di senso, la moglie è messa peggio. Mi interessava sottolinearvi come
una crisi di coppia di questo tipo un conto è a 20 anni che mi ha tradito etc..e poi non è detto e che io
riesca ad accettare il compagno, a 52 anni è diverso..tanto più siamo giovani tanto + è complicato è
comprendere chi è + grande di noi, comprendere perché ci manca la vicinanza con la continuità con il
loro punto di vista, per questo a me veniva più semplice concepire il fatto “va bè la lasci, vedi che è una
altamente stronza la lasci quale è il problema?”invece qual il punto è coglierlo dal suo che è un progetto
in cui ci hai investito parecchio, tanto, il punto era veramente sostenerlo e accompagnarlo per dargli
delle indicazioni su come capovolgere la situazione e far sì che sia lui quello che decide un po’ di +
gestendo la moglie. Adesso farà il rientro in casa però deve essere segnato l’evento, perché tu non chiudi
la contrattazione senza che sia segnata perché nel segnare vai a stabilire ancora di + certe condizioni e
qui il punto era non lo puoi far passare nella quotidianità il fatto che rientro e quindi ora si vanno a fare
un viaggio che segna, però lui si è fatto tutto questo passaggio in cui ci sono stati dei momenti
drammatici in cui stava male perché x lui fare i conti che la moglie è piuttosto diversa da come lui aveva
sempre pensato ed è stata veramente dura, adesso ha ricostruito il puzzle della moglie e chiaramente
adesso la gestisce molto di +. Un’altra cosa rispetto ai nodi di vita..tanto più l’arco di vita è vissuto
rispetto le cose standard: ci si fidanza, ci si sposa, si fanno i figli, si compra casa..certamente può essere
+ comprensibile e lineare, quando invece è una vita che si discosta da questa linearità la comprensione
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diventa + complicata e qua dobbiamo essere molto onesti nel momento in cui ci rendiamo conto che la
via dell’altro è molto complicata perché magari si discosta parecchio da come noi abbiamo avuto il
senso della vita e ancora di + qui dobbiamo cogliere il punto di vista dell’altro, onde evitare di attribuire
noi ..rispetto quello che si deve fare (Pausa).
V: voi siete entrati nell’ottica di avere il senso che essendo calati nel tempo e nella temporalità le cose si
sviluppano e anche avete le coordinate di come si sviluppano. Quindi oggi abbiamo chiuso perché
abbiamo visto l’altra parte dei momenti di vita in cui effettivamente il singolo riferimento è la propria
identità narrativa, mentre prima fino a che non c’era lo sviluppo dell’identità narrativa c’è un contesto di
riferimento che è importante da tenere a mente, dopo non occorre + tenerlo in mente perché è il singolo
che è responsabile di sé. Quello che vorrei andare a sottolineare oggi è una cosa che ne avevamo già
parlato però sottolinearlo oggi è per centrarlo ancora di +, e mi riferisco qui, e lo trovate nella seconda
metà del terzo capitolo in relazione alla coerenza interna. In che senso, abbiamo visto che certi temi ideo
affettivi si sviluppano nel mio essere con l’altro, o con gli altri di riferimento ovviamente, e che poi il
punto diventa andare a costruire un modo x cui mi devo garantire la stabilità del senso che ho di me e
questo modo di mantenere la stabilità del senso di sé cambia in relazione ovviamente a quali sono i temi
statici e la grande differenziazione che abbiamo fatto finora è quella tra inward e outward. Il modo di
mantenere stabile un senso di sé è ovviamente quello di andare a riconfigurare ciò che mi fa riconoscere
come sempre me e sempre io con il mio accadere intercorrente (medesimezza e ipseità). E abbiamo visto
come con l’adolescenza si configura l’identità narrativa perché si configura il personaggio a cui
attribuire i fatti accaduti, i fatti accaduti che hanno fatto un effetto, ed è l’identità narrativa che
riconfigura, coordina, integra, integra x mantenere un senso di sé. C’è un autore, lo trovate citato, un
certo taylor che coglie come effettivamente noi sentiamo in relazione, in funzione di ciò che abbiamo
articolato, questo diventa un tema importante ed è questa la cosa che vorrei sottolineare, perché proprio
in questa coordinazione e riconfigurazione attraverso la quale io vado a modulare, articolare e posso
anche arrivare ad eludere totalmente certi stati affettivi, certe emozioni, certi fatti accaduti, io mi
garantisco un modo x mantenere una stabilità del mio senso. Dopo che con la mia identità narrativa io
mi riconosco che sono un individuo nel mio essere autonomo entro nella vita e nella vita accadono degli
eventi e questi eventi possono mettere in scacco il mio senso di stabilità, e oggi abbiamo tracciato x così
dire una griglia di momenti che possono essere critici più o meno per tutti poi magari c’è chi accusa di +
i 20 o 30 anni e chi invece accusa di + i 50 anni, è un modo, però quello che a noi interessa come addetti
ai lavori è nel momento in cui viene qualcuno da noi chiaramente il suo senso di stabilità è messo a
repentaglio, quindi vuol dire che un evento che x lui è risultato essere discrepante non lo riesce a
riconfigurare, quello è il testo che noi dobbiamo comprendere, non lo riesce a riconfigurare e riarticolare
in un senso di sé, ora qua c’è la faccenda che chiaramente l’evento è in sé rispetto a un fatto, cioè esiste
un fatto, però ovviamente non è oggettivo, i criteri di oggettività esistono poco, perché il punto è un
evento diventa un fatto x me xkè a me ha fatto un effetto e io in quanto io sono stata sensibile ad un
certo evento piuttosto che ad un altro, quindi la cosa da sottolineare è come noi nel incontrare il mondo,
questo mondo ci fa un effetto noi andiamo a cogliere, diamo significato a questo effetto e tutto ciò
accade anche prima del linguaggio, mi spiego meglio così vi spiego anche l’articolo che vi do che è di
bruner, perché vi diamo questo articolo, perché l’antica diatriba, l’antica dialettica tra percezione,
attenzione e cognizione sono eventi puri, eventi puri nel senso che sono distaccati da una persona e da
tutta la parte affettiva emotiva se è così, oppure che tipo di relazione c’è, questi studiosi, tenete presente
che è un tema che Bruner ha aperto negli anni 50 con la corrente della new look, e questo libro che è
degli anni 90 riprende e infatti si chiama del new new look riprende questa corrente di studi e sono
arrivati a cogliere il fatto che chiaramente la percezione non è pura, non è asettica me è sempre
percezione di qualcuno e di qualcosa. perché questo, perché chiaramente io nel mio sviluppo ho
acquisito un modo di sentirmi colpito dagli eventi e dalle cose tanto che io ho la capacità di detect, di
cogliere certi stimoli, e non altri. Quando ho parlato del fatto che l’articolazione emotiva articola,
modula o elude anche, vuol dire che magari non avendo toccato dei miei temi sensibili io quella cosa
neanche la vedo che è accaduta e qua entriamo nel concetto del priming perché accade un qualche cosa
che io subito riconosco, che subito lo riconosco perché va a toccare temi miei, quello che chiamano il
target cool, i miei temi, però qua facciamo una differenziazione perché questi studiosi colgono che ci
sono due questioni rispetto alla percezione di un evento in termini cognitivi, legate all’emozione, noi
diremo all’effetto che fa, una è chiaramente che l’emozione rispetto alla percezione amplifica, fa
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spostare l’attenzione su qualche cosa e amplifica e questa amplificazione è preconscia, cosa vuol dire
preconscia? Se lo traduciamo il preconscio noi diremo meglio è ante predicativo, ve lo ricordate il
bambino quando lo abbiamo visto nello sviluppo? Prima che usi il linguaggio per comunicare e
riconfigurare l’azione, è un bambino che comunque ha emozioni, le sente e già coglie e si orienta
rispetto alle emozioni, quello è, e su quello che poi si viene a strutturare quello che è ante predicativo
ma che fa che si attiva e mi fa sentire nonostante me, vuol dire che se io sono cresciuto in un modo x cui
l’attenzione era tutta sul pericolo, in una maniera automatica, al di fuori dalla mia coscienza io entro in
un contesto e metto subito a fuoco le situazioni che possono essere pericolose, ma questo accade
nonostante me, non ci penso, entro e valuto subito dove è l’uscita di sicurezza, in questo senso è
preconscio e diciamo meglio come anti predicativo perché accade senza una riflessione, perché
attraverso una riflessione io me ne approprio che nel momento in cui sono entrato in quella stanza e non
c’era l’uscita di sicurezza mi è preso un colpo, ma mi è preso un colpo perché io ero già pronto a
percepire l’ ambiente in termini di pericolosità. Questo è il semantic priming, perché semantic, perché
certamente io vado a cogliere come stimolo percettivo ciò che in me suscita un significato e poi si
collega, poi attiva tutto un corredo di ricordi, immagini, pensieri, emozioni. E questo accade nonostante
me e questo ci tengo a sottolinearlo perché ci rendiamo conto che questo modo è tipico degli inward, vi
ricordate quando abbiamo detto rispetto al colpire un trigger che diciamo ha le sue basi, rispetto alle
emozioni basiche che sono biologiche, questo mi accade nonostante me, e capite che nel momento in cui
uno funziona in questo modo per andare a regolare l’intensità di ciò che io sento l’attenzione io la devo
rivolgere si di me, quindi l’unico modo possibile per regolare l’intensità di quello che sento è
appropriarmene e ridurre la gamma , l’intervallo di grandezza, di questa emozione che sento. Per
esempio una persona tendente ai disturbi fobici, visto che il punto è il controllo il suo target cool sarà il
momento in cui perde il controllo, può perdere il controllo sia in relazione alla ricezione di un pericolo,
quindi qualcosa di negativo, sia anche in reazione ad una forte emozione positiva, che x loro diventa
pericolo anche quello perché vado fuori dal controllo, quindi regolare la loro..x mantenere il senso
stabile di sé loro di devono riaccaparrare la possibilità di avere il controllo e il lavoro che si fa su di loro
è sull’andare a riflettere e impadronirsi di un range di emozioni sia positive che negative che ancora non
conoscono ed escono fuori dal controllo, poi lo vediamo quando parleremo di questo stile di personalità,
però la cosa importante è andare a cogliere come partendo la faccenda mi scatta e l’unico modo x
riprendere il controllo, la gestione, è ridurre l’intensità. Però individuano anche un altro tipo di priming,
xkè fanno questa prova: prima di far vedere un cartone simpatico, spiritoso, allegro li fanno allenare a
fargli muovere i muscoli del sorriso, quindi le persone che erano state guidate a muovere i muscoli del
sorriso trovano il cartone + divertente di coloro che invece erano stati guidati ad accigliarsi. Allora qua i
risultati sono stati interpretati in questo modo: non è che l’emozione scaturisce semplicemente dal feed
back muscolo facciale, ma scaturisce da una interpretazione che io ho fatto attraverso un mio vedermi,
mi sono visto, ed è come se l’interpretazione ha toccato un livello di conoscenza che è + concettuale, è
mediato, e quindi quello lo chiamano il conceptual priming, se quello caratterizza un modo di
emozionarsi inward questo caratterizza un modo di emozionarsi outwart, perché vedete che arriva a me
sempre dal di fuori, quindi x queste persone regolare una intensità delle emozioni non è andare come
loro a ridurre ciò che sento e quindi renderlo in una gamma che è molto + gestibile, ma diventa cambiare
la propria cornice di riferimento attraverso cui io arrivo a dare quel senso a me e quindi il senso che mi
scaturisce, quindi qui il lavoro poi è trovare un’altra cornice di riferimento un altro punto attraverso cui
io prendo la referenza che può essere un altro o altri, un altro significativo, un altro progetto, un altro
sistema di valori, poi lo vediamo le sfumature che prende, quindi vedete che il modo di emozionarsi, che
non è proprio il modo di emozionarsi ma è proprio il modo di percepire, che è diverso, e noi questa
diversità la dobbiamo assolutamente riconoscere e rispettare, non nel senso che uno deve diventare un
po’ come l’altro e vice versa, perché poi si scrive nella carne, si scrive nella carne sia un modo che
l’altro, come è evidente che bambini rabbiosi, se uno gli fa vedere un contesto di faccette disegnate dove
c’è una faccetta rabbiosa e tutte le altre sono sorridenti, il ragazzino rabbioso da subito individua quella
arrabbiata, questo è il punto su cui ragionare, sul fatto che la percezione è guidata da chi percepisce
perché chi percepisce sin da subito ha iniziato a selezionare…perchè il mondo gli è apparso, gli si è
manifestato in un certo modo e quello è stato l’accesso che ha avuto al mondo, quindi abbiamo visto con
lo sviluppo come accade quali sono le strutture basiche dell’identità, arriviamo che si va a identificare in
un modo o nell’altro si costruisce un modo o l’altro, e poi dopo noi abbiamo a che fare con questi modi
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che sono poi della persona. Quindi il modo di percepire funziona in questo modo: c’è un evento che mi
fa scattare, questo è vero x tutti ovviamente, c’è un evento che già mi fa scattare una…come lo
chiamano..non riconoscimento..una attivazione, un’attivazione che quando uno dice preconscia capite
che può diventare vago, invece il nostro punto è cogliere che nel preconscio c’è già un modo incarnato
di cogliere le cose, comunque ante predicativo, perché è prima del linguaggio, è prima di qualsiasi altra
configurazione, poi è attraverso il linguaggio che io lo riconfiguro, perciò non è che io con il linguaggio
mi posso inventare di essere un altro personaggio, devo sempre corrispondere a ciò che comunque già
mi appartiene nella mia carne, dopo di che questo può attivare un mio punto, un mio tema sensibile che
può essere un tema ideoaffettivo, un target cool, mi tocca questo, li possiamo chiamare i temi ideo
affettivi che si rifanno, ovviamente x noi , alla modalità di emozionarsi, e poi scatta l’amplificazione che
è l’effetto dell’emozione che è scaturita, e poi il priming. Certo è che questo quando andiamo a parlare
con il nostro paziente questo è un percorso che dobbiamo riuscire a capire perché un punto è andare a
capire ciò che è accaduto che effetto mi ha fatto, e tutto ciò che è ante predicativo non necessariamente è
chiaro, sinora avete visto che il punto è poi condurli per riuscire capire a loro che effetto ha fatto, perché
se loro questo ce l’avessero chiaro si potrebbero gestire invece il nostro punto è andare a metterlo a
fuoco tanto che poi così loro se ne appropriano, si appropriano di un loro modo di funzionare, non è che
noi glielo dobbiamo cambiare. Questo tema dell’appropriazione di sé è fondamentale, ne abbiamo già
anche iniziato a parlare, non so se a voi l’ho sottolineato nel momento in cui si parlava dello sviluppo
del fatto che un genitore deve far sì che il figlio si appropri delle proprie azioni, e l’abbiamo visto
questo da subito, dalla seconda lezione quando abbiamo parlato del fatto che nel momento in cui io
ricostruisco un racconto che mi rende la totalità tutta intelligibile, quindi anche il commovente, però si
staglia il personaggio, e il personaggio è colui che ha sentito, che ha compiuto e in questo, x questo uno
si appropria, perché attraverso la narrazione io mi approprio, però nella narrazione mi devo appropriare
di qualcosa che è già mio, che è già scritto nella carne, e certo è che con persone su questo versante
inward a volte può essere + semplice perché gli outward come vedremo sono caratterizzati dalla
multiformità, quindi non è andare a ritrovare una emozione basica qua, no, si amplifica molto di + il
range perché le emozioni cognitive, proprio perché c’è la cognizione possono essere ancora molto+
articolate. E su questo fatto poi, dell’amplificazione del priming, su questo poi a volte c’è l’effetto
tunnel, la visione a tunnel, perciò io se entro in uno stato d’ansia per un certo motivo, se entro in uno
stato di panico poi vedo solo quello, penso che sto morendo xkè ho la tachicardia e mi piglia un infarto
etc, poi il punto è che diventa un tunnel e io fuori non vedo nient’altro, nel momento in cui in seduta si
ricostruisce si mettono a fuoco i sottotitoli propri con quello che è accaduto certo il campo si allarga, si
allarga perché non sonno immerso nella situazione e allargandosi io mi approprio di altre faccende che
mi sono accadute, si allarga il campo della visuale e colgo + cose. D: quindi gli inward sono +
stabilizzati..cioè una attivazione che è antipredicativa poi si stabilizza poi in quel modo di
emozionarmi? V: sì.. si stabilizza perché è il tratto ricorrente, cioè è uno stato emotivo ricorrente. D: che
è presente già da prima...V:è presente.. Si è costruito ed è sempre quello, è quello che mi ha colpito il
mio punto debole, quello che x me è significativo, questo dell’antipredicativo è importante perché sarà
un tema che poi quando faremo il secondo libro di arciero diventa importante, perché poi lì c’è tutto un
saggio che parla dell’inconscio quindi diventa molto + comprensibile anche sull’uso di questo termine.
Perché la questione è proprio che il linguaggio riconfigura, ordina, regola etc, però riconfigura quello
che già c’è scritto nella carne, anche perché altrimenti noi i bambini non li capiremo, com’è che a 2 anni
hanno già il senso, quando a 2 anni il linguaggio non riconfigura, però hanno chiaro il senso di come
manipolare meglio papà o mamma e lo sanno, e non solo già hanno in loro un modo di emozionarsi, è
adottato un modo, tanto che poi con il linguaggio riconfigurano quel modo, però questo è andare a
guardare veramente da un punto di vista della persona, di che cos’è la persona e la personalità. Un’ altra
cosa, chiudendo questo discorso, la faccenda è interessante nell’arco di vita e nei momenti di crisi perché
questo discorso è in relazione, capite alle 2 diverse modalità di mantenere un senso di stabilità, e
nell’arco di vita ci sono momenti critici e di solito i momenti critici sono le relazioni affettive
ovviamente, perché non sono mai stabili. Di questa parte delle relazioni affettive oggi non entro a vedere
i vari modi delle relazioni affettive perché le capiremo andando a vedere gli stili di personalità, perché di
ognuno andremo a vedere come le costruiscono, come le mantengono e come le rompono, però ciò che
mi piacerebbe oggi portare alla vostra attenzione è un tema che è il tema dell’amore nel senso della
comprensione dell’avvicinarsi ad un altro che comunque è altro da me, se ognuno è portatore di un
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proprio mondo, di una propria prospettiva sul mondo, capite che nelle relazioni affettive questa
prospettiva sul mondo può generare difficoltà, perché nel costruirla nell’avvicinarsi e nel costruire
questo legame la prospettiva deve essere compresa e rispettata. Tant’è che ci possono essere 3 modi di
gestire l’altro. Il primo modo è avere il senso che l’altro sia un oggetto, passate in rassegna persone che
conoscete..però il punto è che l’altro non viene dotato di una sua interiorità e quindi un rispetto del fatto
che è altro da me, che è simile a me rispetto al fatto che ha un mondo che è suo e io lo devo rispettare,
ma mi diventa un oggetto perciò non lo considero, non gli attribuisco situazioni e punti di vista
personali, questo lo capite bene perché nel terzo capitolo di arciero c’è uno scorcio di madame Bovary
xkè madame Bovary è colei che in letteratura rispecchia questo modo di amare dove è chiaro che
dell’altro non le interessa niente, il punto è che sposandomi avrei voluto diventare ed essere..ma non le
interessa dell’altro e questo tenetelo a mente perché vi capiteranno parecchie persone che hanno questo
modo di amare e di stare in coppia, pensate quanto poi è pessimo con i figli perché fra adulti c’è una
scelta reciproca, con un figlio gli tocca questo modo e basta, un altro modo che è intermedio è avere il
senso che l’altro ha un’altra prospettiva però la riduco a me, sono io che comunque conosco che
prospettiva ha, e quindi io lo conosco meglio di lui o di lei, molto spesso in una relazione dove c’è
questo modo dell’alterità l’altro l’unico modo per stare è quello di sottrarsi, perché chiaramente c’è una
sovrapposizione dove l’altro si appropria e sa quello che sono i miei… visto che ha il modo di
avvicinarsi a me e di riconoscermi con l’arroganza di sapere meglio di me chi sono, e qua c’è uno
scorcio di Proust della prigioniera dove si vede come nel momento in cui io attribuisco all’altro una sua
interiorità una sua prospettiva sul mondo però io la conosco meglio e me ne approprio in base ai miei
schematismi e glieli applico poi, l’altro è a metà tra l’essere un oggetto e non, perché diventa ..un modo
per..: lo uso x affermarmi, lo uso x controllarlo, a seconda del...Il terzo modo è quello dove l’alterità
viene vissuta proprio nel modo + puro. Cioè sei un altro rispetto a me, e quindi ho un modo di
avvicinarmi all’altro in cui io chiedo e cerco di capire l’altro come è, rispetto il punto di vista sul mondo
che può essere diverso dal mio, chiaramente questa ultima posizione rispetto all’alterità è quella che noi
dobbiamo allenare quando abbiamo di fronte l’altro, però è anche quella che noi dobbiamo promuovere
negli altri: nell’avere il senso che l’altro è altro da me, specie con i genitori dove x loro è ancora +
complicato, da un canto è comprensibile, avere il senso che il figlio è altro da me, perché nell’essere
altro da me e degno di rispetto ed è legittimo quanto me, perché loro con il fatto che è piccolo, è
totalmente inerme e da sempre l’hanno gestito, viene da sé che in parte io lo conosco meglio di lui e
so..non so se vi è capitata questa esperienza come figli, che sono loro a dire no io lo so, io ti conosco, io
so quale è la verità tu non la sai perché sono io il genitore. Rispetto all’alterità in quanto totalmente altro
da me, quindi io mi posso solamente avvicinare e osservare guardare cercare di capire, chiedere ma non
posso necessariamente dedurre o attribuire una prospettiva che sia mia, c’è un bel pezzo tratto da Amery,
capite che l’altetrità in quanto altro non è semplice perché implica avere bene il senso di quale è il mio
modo di come io sono e sapere quindi fino a che punto posso arrivare e poi dopo vado e..in una realzione
affettiva dove poi chiaramente si viene a costruire uno spazio che è di entrambi, le cose possono
complicarsi, perché quello che diventa importante cogliere è che nel momento in cui vado a costruire
una relazione con una persona metto in gioco, do uno spazio personale all’altro, l’altro lo fa e su questo
si viene a costruire un senso del noi che è quello che all’inizio è il più difficile da costruire e da
riconoscere, quando le storie poi finiscono la cosa più difficile è riappropriarsi di quel pezzo che io
avevo messo nel noi, questo è vero per tutti, c’è un noi, poi il punto è andare a vedere che tipo di noi si
costruisce in relazione a un modo d’essere, però è chiaro che poi si viene a costruire..quando dico noi è
dire che si costruisce una parte dell’identità in cui l’altro c’è, guardate come cambia nel momento in cui
si è da soli uno progettala giornata pensando per uno, quando si è in due e ci si riconosce essere coppia si
ragiona per due quindi sul fatto che davvero è condiviso un noi. I momenti critici possono essere
costruirlo, mantenerlo e poi la fine, ma mantenerlo perché a differenza di prima in cui la cosa era molto
+ standardizzata cioè si nasce, si studia, si lavora, ci si innamora, ci si sposa, la relazione andava avanti
+da sola perché era data, ora nella post modernità dove ciò che è dato è sempre di meno, la relazione uno
non è data e poi la relazione ne va di meno in termini molto + personali e di identità, perciò anche
mantenerla è + complicato, perché mi deve rinnovare uno spazio ed un noi che sia vivo perché non può
più essere data x data la relazione, tant’è infatti che come vediamo oggi come oggi le relazioni sono +
instabili e questo al di là può essere sia un bene che un male, a seconda di come si fanno poi le relazioni.
Perciò un conto è una separazione a 50 e passa anni e poi rendersi conto che la persona con cui stavo è
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tutt’altro di quello che mi aspettavo, qual’era quel caso che raccontava Giampiero di quella signora
obesa che aveva milioni di amanti e il marito quando se n’è accorto non ha retto e si è suicidato,
impensabile per lui avere il senso che la moglie molto abbondante avesse molti amanti ma tanti, quando
l’ha scoperto lui questo fatto non lo ha retto e si è suicidato, quindi anche le relazioni affettive vanno
viste e inserite qui, avendo il senso che nella relazione affettiva c’è uno spazio che è il noi, questo spazio
che è il noi certo io lo gestisco in relazione a come sono io, a come funziono e pure all’altro. Vi ricordate
quella ragazza che avevo visto di cui avevamo visto il video, che aveva avuto un sacco di storie etc..e
che si era coinvolta aveva convissuto quando era giovane, certo che lei aveva un senso del noi quanto
mai curioso, quanto mai curioso vuol dire che x esempio è venuta fuori una storia, una storia che sono
più o meno 6 anni che c’è, con un tizio, a intermittenza, quindi loro si sentono si possono pure vedere 3
volte l’anno però in quelle 3 volte l’anno evidentemente si rinnova un noi che li tiene, poi lei ha avuto
altri, lui pure ha avuto altre, però il punto è andare a cogliere che adesso lei si era stufata e non ne poteva
+ , perché ci stava troppo male e voleva chiudere la faccenda, finire questa storia, però non ci riusciva a
finire, perché chiaramente io metto fine quando ho il senso di quello che accade perché se no ho dato un
senso all’inizio della storia, a come si è mantenuta se no non la do la fine. Andando a vedere
effettivamente lei non era innamorata di questo xkè 3 volte l’anno non possiamo dire che si riesce a
costruire, non era neppure il fatto che le partiva il ti salverò perché questo è figlio di ..è cresciuto sotto
scorta.. quindi poverino io lo devo salvare, questo poco c’è stato quanto poi siamo andati a vedere lo
spazio del noi che lui aiutava a reggere con questo modo di esserci e non esserci e il suo personaggio che
lei si era creata in testa era proprio la possibilità x lei di sentirsi viva in quel modo, perché il sentirsi viva
in questa ragazza e in queste persone è di sentire emozioni, quindi lui che ora c’è e mi chiama prima di
iniziare a frequentare una persona con cui si coinvolgerà, mi dà il senso che ci sono x lui e mi da anche
un riconoscimento di questo, non un riconoscimento di una sua immagine, no, perché lei si sentiva viva
quindi chiaramente lei abbandona questo spazio di questa relazione solo se lei se mano mano si va a
garantire un altro spazio in cui sentirsi viva, questo è il motivo per cui non la chiudeva, nonostante lei ci
stesse male, perché ogni volta erano degli up e down importanti, quindi adesso ha decretato la fine della
relazione, però non si sa, perché finchè non trova altri spazi e poi lei non si appropria di questo suo
modo di emozionarsi per sentirsi viva dove ha la necessità di un altro, di condividerla x forza con un
altro allora lei non si staccherà mai da questa relazione, che stile amante romanzesca dà questa
possibilità oltre al fatto che è nell’immaginario. Vi racconto un’altra storia, una signora di 45 anni viene,
e 4 o 5 anni prima aveva avuto un tumore al seno. Solitamente i tumori al seno si inizia a intuire che
sono collegati alla perdita, lei è una di quelle casta e pura, casta e pura nel senso che ha un marito, si è
sposata non per scelta però, va bene, ha figli, il marito lavora lei non lavora, fa la casalinga, lui è di
origine sarda e lei di Roma, però piuttosto umili come origini, anche come stili di vita. Si sposa quindi
giovane, e inizia questa vita con quest’uomo, prima di sposarsi c’era stata questa relazione con un uomo
osteggiata dalla famiglia perché lui era + grande e sembrava uno non affidabile, non affidabile perché lui
faceva il venditore e vendeva macchine agricole, più grande e che a lei aveva dato tutto il tempo di una
vita viva, con la possibilità anche di accedere anche ad un altro punto di vista sulla vita, però non sono
d’accordo i genitori, poi lei era in conflitto e quindi non sceglie in maniera autonoma, e quindi si sposa
con il marito che le dà il senso che era molto + sicuro, molto + sicuro vuol dire che lei lo controlla di + ,
perché benché quest’altro fosse uno che l’attivava di + però aveva meno il senso che lo controllava.
Quindi si sposa, di questa donna la cosa che mi ha stupefatta è che non capivo quale potesse essere la
perdita, perché non si capiva: non aveva avuto un amante vero, nel senso carnale, poi andiamo a vedere
lei in questa vita in cui tutto è sufficientemente sotto controllo e piatto: mi alzo, faccio la spesa cucino,
stiro, e di questo lei non ne poteva + e andava avanti così x dieci anni, quali erano le sue botte personali
x sentirsi viva? Telefonare a questo qua, ma tipo una volta al mese, telefonare una volta al mese e x
telefono si raccontavano come andava , cosa era successo, però ovviamente il marito non lo sapeva, era
uno spazio suo in cui lei in queste telefonate si sentiva viva, aveva la possibilità di sentirsi viva, fate
conto ad agosto, perché lui continua a dire vediamoci, incontriamoci, lei lo incontra e si incontrano x un
caffè, in questo incontro che sarà durato mezz’ora, lui le chiede di andare a letto con lui, qua lei le
prende un colpo, perché la mette di fronte alla situazione, e che faccio? Lo faccio o non lo faccio? E lei
chiaramente in un lampo decide di no perché la sua stabilità altrimenti sarebbe partita, perciò vi dico una
donna all’antica. Marito, figli, casa, non se ne parla, quindi lei in 2 secondi dice no. Però lei il lutto se lo
fa lo stesso perché questo qua le cambia, perché chiaramente le cambia l’immagine di lui e lei non lo
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può più chiamare, perché altrimenti…lei non lo può + chiamare, lui non è quello che lei si immaginava e
lei non ha + questa possibilità di avere questo spazio in cui lei comunque si sentiva e si immaginava in
un certo modo, e dopo qualche mese arriva la notizia di un tumore al seno. Lei poi si opera, una donna
che non riusciva a stare sola perché le veniva un’ansia, mai stata sola nella vita, affronta le visite,
l’operazione totalmente da sola, ha deciso anche di rifare la ricostruzione, però lei a 45 anni, con questo
tumore, si vede chiaramente un'altra prospettiva di vita perché il punto è che può ritornare e poi non
aveva + questa faccenda x cui la sua giornata è ancora + piatta. Però la cosa che vorrei farvi cogliere è il
livello, perché a lei era una telefonata al mese la faceva reggere, sentire e dare il suo spazio, e lei x
questa possibilità che non ha più, è caduta in uno stato parecchio ko, facciamo una assonanza rispetto al
tumore non è che c’è un legame, una relazione causale lineare, tendenzialmente è così. E potete
immaginare la fatica tornata a casa, perché lei stava in uno stato depressivo abbastanza forte con attacchi
di panico importanti poi aveva sensi di vuoto ovviamente, e il riuscire a dare a questa donna il senso che
c’è un orizzonte è complicato, uno per avere avuto il tumore, due perché lei non si era coltivata nessuno
spazio, l’unico che si era coltivata poi è andato via, quindi x me è stato molto faticoso, anche qui le
possibilità sono… ecco ora si è presa la patente e guida e ha il senso che si può muovere, però secondo
me queste qui sono le cose a cui uno può arrivare, oltre che ha deciso che si fa l’operazione x la
ricostruizione perché nn tollera + vedersi così, allora lì ha un senso che c’è un orizzonte,ma appena è
arrivata x un paio di mesi è stata dura perché lei ovviamente l’orizzonte non ce l’aveva +, doppio sia x la
malattia sia per il fatto di sentirmi viva, dove lo ritrovo? Certamente era una signora che non articolava,
non era una persona abituata a riflettere altrimenti non si sarebbe fatta una storia parallela di questo tipo
con relativo tumore dopo. Nel mentre vi do l’articolo di Bruner, dovrete leggere qualche suo libro che è
stato anche tradotto in italiano come la mente a + dimensioni, da sempre porta avanti il discorso che
l’uomo è immerso in una cultura e quindi ovviamente tutti i simboli e i significati sono anche costruiti
anche in relazione ad una cultura. N: vi ricordate quando abbiamo parlato di senso e di significato? V:lui
si è occupato di questo poi ha un approccio sulla pedagogia, questo capitolo è a chiusura di un libro in
cui il filo conduttore è andare a cogliere che il fatto che la percezione non è un atto puro ma può essere
influenzata da propri temi, dalle emozioni, e quello che lui vagamente abbozza gli stili personali e i modi
personali, quello che lui non ha, perché rimane sul versante della psicologia,è poi andare a cogliere e
costruire un punto di lettura x cogliere le singole persone.
Video: la storia racconta bene come è cresciuta, le famiglie di un tempo, è bellissimo poi notare la
centralità che lei ha, e il marito… questo è l’inwardness, nel momento in cui lei è tutta centrata su di sé
non è detto che poi l’altro… e lei doveva fare l’infermiera xkè c’è la cura dell’altro in termini concreti e
le va benissimo, è veramente bella la descrizione della famiglia così si capisce come nasce il
personaggio di questo tipo, e poi anche come se l’è portato avanti nella vita, quindi come si è costruito
quel tipo di accesso al mondo, come è stato costruito, N: e poi c’è anche il presupposto dell’ambiente
familiare su cui poi eventi di vita hanno rinforzato questo sentimento, perché poi ad una così eventi di
vita hanno confermato che fa bene ad avere paura, a tenere sotto controllo…I:a me ha colpito quando ha
detto che nel momento in cui si è sposata ha sentito la mancanza della famiglia, diceva che stava male,
quando poi abitavano a fianco..V: però ha perso la centralità perché era centrale il marito.. I: poi si vede
anche come nella sua vita ha fatto le cose che si dovevano fare: innamorarsi, sposarsi, lavorare x la
famiglia, i figli…mentre forse voleva fare altro...quindi forse siamo in quella fase di bilancio..V:
guardate la centralità come era costruita nell’essere indispensabile.. era centrale x tutti…D: anche questa
è una modalità inward? questo fatto dell’essere indispensabile? V: dipende da come lo costruisci..D:
dipende dal senso che io do?V: sì da come lo costruisci..D: x esempio l’outward per essere compiacente
rispetto a questo? N: sì per avere un giudizio positivo..l’outward che ricerca la centralità ma per
l’attenzione , il giudizio, nell’inward è diverso, la centralità è + mirata per il controllo di certe paure e di
certe ansie e quindi sono indispensabile e gli altri mi prestano attenzione e mi stanno vicino…V:
l’indispensabilità come fonte di controllo, poi ci possono essere modalità diverse che poi vedremo, avete
visto come è seduttiva? Ti guardo per bene e ti dico che mi sono fidata di te perché hai la stessa faccia di
dalesio, il medico omeopata…N: vedete questo modo di agganciare e di rilanciare.. di portarti dalla
loro…di risucchiarti nella loro ottica..
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