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Sostienimi scaricando da www.dasolo.info Il Papa: “Cambiare data alla Pasqua per celebrarla insieme a ortodossi e protestanti”. E ancora: “La Chiesa è donna”. Il cambiamento avanza Sabato 13 giugno 2015 – Anno 7 – n° 160 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 SOLDI SPORCHI Bravograzie! OBAMA E HILLARY LI RESTITUISCONO I NOSTRI POLITICI SE LI TENGONO Renzi, Marino e Alemanno finanziati da Buzzi. Bersani e B. da Riva. D’Alema, Zingaretti e i dem di mezza Italia da Cpl Concordia. Lupi e altri dalla Cascina. Denari perlopiù registrati ma maleodoranti di scandali. Eppure nessuno li ridà indietro, diversamente dai leader Usa VENDUTI E COMPRATI Bazar Parlamento fra terrore di altre manette e mercato di “responsabili” d’Esposito » pag. 8 MAFIA CAPITALE Caffè e “artiglieria Poletti”: così Buzzi vinse la guerra con la coop rivale Lillo » pag. 6 Udi Peter Gomez DE LUCA SPARA SU SAVIANO (CIOÈ SUL PD) » pag. 18 Tecce e Valdambrini » pag. 2 - 3 Obama, Renzi e i soldi sporchi visti da Fucecchi LEZZI (M5S) RACCONTA » EMERGENZE » La Lega ricomincia: “Spariamo”. Il Papa: “Aiuto ai rifugiati” L’Italia esplode di migranti ma condona il lavoro nero Da Milano a Roma, in migliaia accampati nelle stazioni o nei centri. Intanto nelle maglie del Jobs Act ecco l’aiutino agli imprenditori. La Cgil: “Non sarà più sospesa l’attività di chi usa manodopera irregolare” Cannavò e D’Onghia » pag. 4 - 5 “Azzollini li guarda e tutti obbediscono” De Carolis » pag. 8 CORRADO PASSERA DAL SUDAN A NIZZA Mohamed: “Il mio Luna Park tra le frontiere” LA CATTIVERIA De Luca: “Saviano si inventa la calvizie per non comprarsi il pettine” » www.forum.spinoza.it STILE DI UN DIRETTORE IL CRITICO D’ARTE Caridi e Galeazzi » pag. 5 IL 30° COMPLEANNO “Quelli della notte”, Arbore e la banda del cazzeggio tv “Ridete, ridete: ora sopporto tutto Tanto poi vinco io” Caporale » pag. 9 y(7HC0D7*KSTKKQ( +,! +\!z"!,]!#!@% Calci negli stinchi al potere e ironia: le regole di Rinaldi Padellaro » pag. 14 Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info Bonito Oliva: “Edonista sì ma senza scandalo” Pagani » pag. 15 Da Catalano a Riccardino, le 33 puntate che scanvolsero la televisione: zero format, leggerezza, improvvisazione e nonsense. Perché “il materasso è la felicità” Delbecchi » pag. 16 di Marco Travaglio a una parte ci sono i giorD naloni, cioè il mondo dell’irrealtà. Prendete questo titolo del Corriere: “Caso Azzollini, Ncd contro il sì all’arresto. Il Pd frena. Orfini: voteremo a favore. Poi telefona a Quagliariello: saranno valutate le carte”. L’Ncd è contro il sì, dunque – par di capire – per il no. Il Pd è per il sì, ma poi parte una chiamata al partito dell’arrestando per dire che nulla è deciso, bisogna valutare le carte, potrebbe uscirne anche un no. Diciamo che siamo al ni. In ogni caso il Pd frena. Ma ecco un titolo arrembante di Repubblica: “Azzollini, il Senato accelera”. E chissà mai chi sarà, ad accelerare, visto che in Senato la maggioranza l’hanno il Pd (che secondo il Corriere frena, dunque pare difficile che possa contemporaneamente accelerare) e l’Ncd (che tutto può fare, fuorché affrettarsi a far arrestare il suo uomo). Poi c’è il Foglio (lo citiamo per quelli che non lo leggono, cioè per tutti), che staziona direttamente nel surrealismo: non pago di gabellare la gang di Mafia Capitale per un collegio di educande, lancia una nuova “battaglia di civiltà”. E lo fa attraverso le sue migliori lingue di ultima generazione: Salvatore Merlo esorta i veneziani a “non votare per Felice Casson”, per impedire a un incensurato, per giunta ex pm, che parla addirittura di legalità, di diventare sindaco di Venezia, al posto del compianto Giorgio Orsoni finito in manette; Claudio Cerasa implora con un altro, straziante appello “Salvate Venezia e l’Italia dai Felice Casson. È una battaglia di civiltà. Tutti insieme Podemos fermarli!”. Abbasso le guardie, viva i ladri. Sul Corriere, Pigi Battista assiste affranto, ma mai domo, alla deriva giustizialista di un Parlamento che “decide a prescindere” di “soddisfare la voglia di forca” e ancora una volta “dare in pasto all’opinione pubblica inferocita” un altro, l’ennesimo parlamentare espiatorio, Antonio Azzollini, quello che voleva pisciare in bocca alle suore della Misericordia e per ciò vittima di “quell’impalpabile ma maleodorante fumus persecutionis” della solita “Procura” cattiva (l’arresto l’ha disposto il Gip, ma fa lo stesso). Il fatto che negli ultimi trent’anni le Camere abbiano autorizzato la cattura di 4 onorevoli arrestati su una cinquantina, non lo tange. È “l’improvvisa scomparsa dei garantisti”, su cui lacrima La Stampa. Alessandro Campi, sul Messaggero, dalla Grande Razzia scoperchiata dalle indagini trae questa strepitosa lezione: “La politica comincia a sentirsi sempre più accerchiata dalla magistratura”. Segue a pagina 20 Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 2 PRIMO PIANO SABATO 13 GIUGNO 2015 Pprendono ensioni, le toghe 103 mila euro all’anno IN MEDIA prendono 103.000 euro all’anno, e circa il 90 per cento dei trattamenti è superiore a quanto sarebbe stato dato in base al calcolo contributivo. Sono i dati diffusi dall’Inps riguardo le pensioni dei magistrati, nell’ambito “dell’operazione trasparenza sui trattamenti degli iscritti ai fondi speciali dell’Istituto”. Stando alla relazione, se le pensioni venissero riconteggiate in base alle contribuzioni, il 13 per cento dei trattamenti subirebbe una perdita di valore del 25 per cento, mentre per un altro 20 delle toghe in pensione il taglio viaggerebbe tra il 15 e il 25 per il Fatto Quotidiano cento. Riduzioni che si spiegano anche con un dato: fino al 1992 i magistrati potevano contare su condizioni privilegiate come il calcolo della pensione sulla base della retribuzione dell’ultimo giorno di servizio, maggiorata del 18 per cento, e su aliquote di rendimento superiore a quelle de- gli altri lavoratori (2,33 per cento invece del 2). “Rispetto ad altre categorie le riduzioni risultano più contenute - spiega l’Inps - in quanto l’età media e l’anzianità media alla decorrenza sono pari a circa 70 e 46 anni, più elevate rispetto alla media delle pensioni dei dipendenti pubblici”. SOLDI SPORCHI, C’È CHI DICE NO OBAMA NEL 2012 HA RESTITUITO UN FINANZIAMENTO DI 300 MILA DOLLARI PROVENIENTI DALLA FAMIGLIA DI UN NARCOTRAFFICANTE MESSICANO. NON LO OBBLIGAVA NESSUNA LEGGE di Andrea Valdambrini chiude drasticamente: “Sulla base delle domande sollevate tutti i soldi verranno restituiti”, ha dichiarato un portavoce della compagna democratica riferendosi alle relazioni pericolose dei parenti americani con Pepe in Messico messe in luce dall’inchiesta del quotidiano newyorchese. C he i soldi non abbiano odore, non è sempre vero. A volte puzzano di criminalità e, anche se può sembrare strano, ci sono politici che se ne accorgono benissimo. Durante la campagna elettorale che lo avrebbe portato alla sua rielezione nel 2012, Barack Obama si è sentito in obbligo di restituire una grossa donazione privata proveniente dalla famiglia del magnate messicano Juan José Rojas Cardona, per gli amici Pepe, latitante fuggito dagli Usa dopo pesanti accuse di frode e traffico di droga. E i suoi fratelli, in cerca di riscatto per il nome della famiglia, hanno fatto una bella raccolta fondi per il Partito democratico: 200 mila dollari da diversi membri della famiglia, più altri 100 mila raccolti attraverso di loro. Sospettato di omicidio e giri di mazzette Pepe Cardona racconta il New York Times, non sembra esattamente un tipo raccomandabile. Fuggito dall’Iowa dove era stato liberato su cauzione, riappare nel suo Paese d’origine, il Messico, e si fa conoscere dalla giustizia per attività violente e atti di corruzione. Emerge anche da un cavo di Wikileaks nel 2009, dove si parla di lui come sospettato per aver organizzato l’omicidio di un suo rivale d’affari, nonché distribuito mazzette a funzionari locali. Secondo la magistratura americana, Sessanta parlamentari rimandarono tutto indietro ANCHE BUSH JR Nel 2006 restituì una piccola somma (6.000 verdoni) a un truffatore, lo stesso a cui Hillary Clinton ne rispedì 2.000 nel 2011 uno dei suoi fratelli cerca (invano) un contatto con l’allora presidente democratico dell’Iowa per cercare di far perdonare i reati di Pepe e farlo così rientrare negli Usa. Pochi mesi dopo, un altro fratello comincia a raccogliere fondi per Obama nella roccaforte del presidente a Chicago. Lui stesso, con altri membri della sua estesa famiglia, è un finanziatore: oltre 30 mila dollari al Comitato democratico nazionale vengono proprio dai due fratelli, 13 mila dollari dalla sorella che risiede in Tennessee. Troppo zelo per non insospettire i supporter di Obama. A inizio febbraio del 2012 la vicenda si Atto dovuto o dimostrazione di responsabilità da parte della politica? In un sistema politico tutto apertamente finanziato da donazioni di privati o di lobby, nessuna legge obbliga la restituzione. Ma a volte i politici preferiscono rinunciare piuttosto che rischiare un’indagine o uno scandalo per corruzione. Per questo nel 2006 l’allora presidente George W. Bush si liberò della modesta cifra di 6 mila dollari, donati come contributo dal lobbista Jack Abramoff, devolvendoli in beneficenza per la ricerca contro le malattie cardiache. Abramoff, uomo d’affari americano con tutt’e due le mani nel finanziamento alla politica, è stato condannato a sei anni di prigione per truffa, corruzione di pubblici ufficiali ed evasione fiscale. Nonostante la sua vicinanza al Partito repubblicano, il lobbista aveva distribuito regali a politici di una parte e dell’altra: 60 parlamentari – tra cui Hillary Clinton a cui erano andati 2.000 dollari – hanno restituito quel denaro considerato imbarazzante. Così come, solo per essere al riparo da polemiche, Mi- Blair costa 16 mila sterline a settimana L’EX PREMIER Tony Blair costa fino a 16 mila sterline, quasi 20 mila euro, a settimana al contribuente britannico: lo sostiene il Telegraph che ha avuto accesso a una serie di documenti segreti, con dettagli dei suoi viaggi per il mondo, accompagnato da guardie del corpo, volando con jet privati, alloggiando in alberghi a cinque stelle. In base ai documenti, emerge che Blair, in diversi suoi viaggi per il Quartetto per il Medio Oriente da lui presieduto fino a poco tempo fa, ha anche avuto una serie di incontri di lavoro privati, il che fa ipotizzare un potenziale conflitto di interessi. In una settimana, l’ex premier – che ha costruito un vero impero di consulenze internazionali – può recarsi in cinque Paesi diversi, costando tra le 14 e le 16 mila sterline al contribuente. Blair è infatti accompagnato da una squadra di poliziotti, pagati da tutti i cittadini britannici, spese comprese. chelle Obama nel 2010 ha detto “no grazie” a un controverso emolumento destinato alle first lady americane frutto di un lascito privato fin dal 1912. Nella vecchia Europa le cose cambiano È da questa parte dell’Atlantico – dove il finanziamento alla politica è però in gran parte pubblico eccetto che nel Regno Unito – che le cose cambiano e i politici non sembrano inclini a restituire soldi sporchi o frutto di uno scandalo, a meno che non lo imponga un provvedimento giudiziario. È pur vero che a Parigi il premier socialista Manuel Valls ha messo mano al “TU VUO’ FA L’AMERICANO” Il premier Matteo Renzi assieme al presidente Barack Obama LaPresse portafoglio dopo aver portato a spese dei contribuenti i suoi figli alla finale di Champions League a Berlino sabato scorso. Il primo ministro francese, che è di origini catalane e tifoso del Barcellona, si è difeso dicendo che si trattava di un viaggio ufficiale per incontrare il presidente Uefa Platini in vista degli Europei che si terranno in Francia nel 2016. Ma, messo sotto pressione dalla stampa e dall’opinione pubblica (su Twitter ha dilagato l’hashtag #Vallsgate), alla fine ha rimborsato 2.500 euro, la cifra stimata per il volo da Poitiers a Berlino con i suoi due rampolli. @andreavaldambri “LI HO GIÀ SPESI” E in Italia invece se li tengono (quasi) tutti in tasca, dal Pd a Fi di Carlo Tecce sità il rivale, Gianni Alemanno (75.000). L’ex chirurgo ha spiegato che quel denaro apparteneva al er incastrare Mario Chiesa, il magistrato An- Comitato per il voto a Roma. Il famelico Buzzi, a tonio Di Pietro firmò le banconote di una un mese dall’arresto per Mafia Capitale di dicemmazzetta. Perché il denaro, inodore e incolore, bre, aveva pure prenotato un tavolo per la cena di non dichiara la provenienza. Con la graduale abo- raccolta fondi dei democratici: 15.000 euro che lizione del finanziamento statale, per politici e hanno rimpinguato un gruzzolo di 1,5 milioni, partiti, abituati a consumare molto per le cam- rastrellati a Roma e Milano il 6 e 7 novembre e pagne elettorali, diventano essenziali i contributi ancora di ignota identità. Non risulta che il Naprivati. Poi capita che il donazareno abbia rispedito al mittore incappi in un’inchiesta giutente (o in beneficenza) i 15.000 diziaria, che sia Salvatore Buzzi euro di Buzzi, ma l’avvocato Alberto Bianchi, tesoriere di o la Cpl Concordia di Modena o l’ingegnere Stefano Perotti e la Open, la fondazione renziana, risposta, a soldi spesi, è classica: l’ha fatto per l’obolo da 5.000 io non potevo sapere. Obiezioeuro che la coop 29 Giugno ha ne accolta: ma restituire, no? inoltrato per la Leopolda. AppaAccade negli Stati Uniti. In Itare un’opera immane riassumere lia, il rimedio è la memoria deil legale passaggio di denaro fra bole: passata l’indignazione, aziende ora coinvolte in indagiscordata la riconsegna. La 29 ni e politici di qualsiasi schieraGiugno e la Eriches di Buzzi, in mento, ma soltanto nell’ultimo tempi non sospetti, hanno sosemestre gli episodi sono stati stenuto la candidatura di Ignanotevoli. A marzo, la Procura di zio Marino con un paio di boNapoli ha scovato l’elenco di nifici registrati, per un totale di elargizioni di Cpl Concordia, Francesco Bonifazi Ansa una tecnica che la cooperativa 30.000 euro. E con più genero- P Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info emiliana, a caccia di appalti, sfruttava per intrattenere e rafforzare relazioni di sistema. S’era appena stemperata la disputa mediatica per i 20.000 euro alla Fondazione ItalianiEuropei di Massimo D’Alema. Cpl Concordia, interessata a ghermire commesse locali, ha agevolato la propaganda di numerosi sindaci e sezioni locali dem: 20.000 per Virginio Merola, che correva per la fascia tricolore a Bologna; 5.000 per Antonio Decaro a Bari; 10.000 ciascuno per i democratici di Pesaro e Ferrara, il doppio a Urbino; altri 15.000 di nuovo a Ferrara e 3.000 al comitato di Pier Luigi Bersani. Robusta passione per il Lazio: 20.000 per Nicola Zingaretti (metà per il comitato e metà per una lista civica); 6.000 per una comune serata elettorale di Zingaretti e Marino; ancora 2.500 euro per l’ex chirurgo; 10.000 per Eugenio Patanè, consigliere regionale indagato per Mafia Capitale; 17.000 per il Pd provincia di Roma; 10.000 per il senatore viterbese Ugo Sposetti. Non mancano le Europee: 2.000 per il mandato a Strasburgo di Cecile Kyenge, 4.000 per l’ex ministro Flavio Zanonato e 5.000 per le cene dem di novembre. Questo rosario di nomi e cifre non contiene più Giorgia Meloni (2.000) e Alfredo D’Attore (5.000), la fondatrice di Fratelli d’Italia e il deputato pd di estrazione bersaniana hanno promesso che i soldi La candidata alla Presidenza degli Stati Uniti, Hillary Clinton Ansa sporchi non li vogliono. “Li mando a Scampia”, ha garantito la Meloni già in aprile. Il capitolo Cpl Concordia s’è aperto con lo scandalo “Grandi Opere/Ercole Incalza” ancora bollente e le dimissioni di Maurizio Lupi. OLTRE A UN ROLEX per la laurea del figlio, Ste- fano Perotti, il direttore dei lavori di cantieri pubblici da 25 miliardi di euro, ha aiutato l’amico Maurizio Lupi per le politiche 2013, 10.000 euro attraverso la Ingegneria Spm. Giovedì Salvatore Menolascina, patron de La Cascina, la coop vicina a Comunione e Liberazione, è stato interrogato in Tribunale dopo l’arresto ai domiciliari (accusa di corruzione e turbativa d’asta) per la seconda retata di Mafia Capitale. Il 4 luglio 2013, l’allora ministro Lupi ha informato la Camera di aver ricevuto 5.000 da Menolascina. “Grande Opere” ha invischiato anche la Italiana Costruzioni, una società con preferenze politiche poco nette. Nel 2013, Italia Costruzioni ha puntato su Nicola Latorre (30.000), sull’Udc di Pier Ferdinando Casini (25.000), su Nicola Zingaretti (25.000). E per andare più indietro col calendario, al 2006, vanno ricordati i 98.000 euro a Bersani di Emilio Riva, l’ex padrone dell’Ilva scomparso un anno fa. I Riva, però, tifavano per Forza Italia (575.000). Sostienimi scaricando da www.dasolo.info PRIMO PIANO il Fatto Quotidiano Faccusa orza Italia l’ex Fitto per fatture inevase “LEGGO IL CURIOSO e patetico tentativo di parlare delle spese sostenute negli anni passati da Forza Italia in Puglia, di volta in volta autorizzate da chi aveva responsabilità dirigenziali nel partito (non certamente da me) sia a livello regionale sia a livello nazionale, spese esclu- sivamente fatte solo per le diverse campagne elettorali e mai per pagare mega affitti, personale ed altri costi per manifestazioni che per anni hanno gravato per decine e decine di milioni di euro sui bilanci del partito di Forza Italia e del Pdl utilizzando le centinaia di milioni di euro ricevuti SABATO 13 GIUGNO 2015 come contributo pubblico”. Lo afferma il leader di Conservatori e Riformisti facendo riferimento ad un articolo apparso su il Tempo dal titolo “700mila euro di fatture inevase. L’ultima accusa degli azzurri a Fitto”. “Ciascuno – prosegue – può giudicare tempi (si parla nel 2015 di spese 3 autorizzate dal 2010 al 2013) e modalità di questo maldestro tentativo. Sarebbe utile invece capire come è stata spesa questa montagna di soldi pubblici. In ogni caso, per quanto mi riguarda, ho già dato mandato ai miei legali per procedere nelle sedi competenti”. WEB A 5 STELLE Grillo, i dieci anni del blog per l’assalto al Parlamento DA BERSANI “GARGAMELLA” A BERLUSCONI “PSICONANO”. STORIA E TROVATE DEL PORTALE “Ma il nostro vitalizio è giustizia sociale” LA DIFESA DEGLI EX PARLAMENTARI RIUNITI IN ASSEMBLEA CONTRO LA CAMPAGNA DEL QUOTIDIANO LIBERO: “QUEL GIORNALE HA PRESO SOVVENZIONI PUBBLICHE” di Fabrizio d’Esposito to del mandato parlamentare, l’abolizione dei vitalizi segnerebbe, in realtà, un grave arretramento verso modelli oligarchici ed elitari di democrazia che trasformano in una scatola vuota il principio della sovranità popolare”. I l vitalizio è giustizia sociale nonché garanzia della tenuta democratica, “contro l’arretramento verso modelli oligarchici ed elitari”. Mercoledì scorso, nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, a Roma, un’ottantina di ex parlamentari si è riunita per la tradizionale assemblea annuale in cui approvare il bilancio della loro associazione. Ma la concomitanza con la campagna mediatica, in particolare di Libero, contro i vitalizi di centinaia di ex deputati ed ex senatori ha trasformato la riunione in una manifestazione di orgoglio e rabbia e rivendicazione dei diritti acquisiti. E così ex dc, ex psi, ex missini, ex azzurri, ex comunisti, ex radicali si sono ritrovati insieme ad applaudire la relazione in merito di Antonello Falomi, ex pci poi diessino e infine dipietrista. Falomi è il segretario degli ex parlamentari, mentre il presidente è una figura storica della Dc, Gerardo Bianco. Falomi è partito da lontano, da quando nel 1912 fu introdotta l’indennità parlamentare. Punto d’arrivo: “Se deve essere consentito a tutti, anche a chi non ha i mezzi, di accedere in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive e se è importante che i parlamentari svolgano il loro mandato liberamente, senza vincoli e condizionamenti, allora è del tutto logico garantire ai parlamentari che cesseranno il loro mandato un trattamento previdenziale. Ne sanno qualcosa in proposito quei nostri colleghi che, cessato il lo- DA QUI SI arriva al cuore della Antonello Falomi (ex Pci, Pds, Ds e Idv) e Gerardo Bianco (ex Dc) ro mandato parlamentare, hanno subito discriminazioni e penalizzazioni in ragione della attività parlamentare svolta. E ne sanno qualcosa anche quei colleghi, e non sono pochi, che, interrotta la loro attività professionale per adempiere il dovere di parlamentare, hanno faticato non poco per reinserirsi nel circuito della loro professione”. IL RAGIONAMENTO si collega a quanto scritto da Bianco in una lettera aperta ai presidenti di Camera e Senato: “L’indennità parlamentare e il connesso vita- LA DIFESA “Abolire le pensioni degli ex onorevoli e senatori sarebbe un grave arretramento verso modelli antidemocratici” Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info lizio (che non è una pensione, pur avendo carattere previdenziale, ndr) hanno il valore di una garanzia assicurativa per il parlamentare al fine di garantire il libero svolgimento del mandato”. Gli ex parlamentari rivendicano la “costruzione democratica” del Paese. Continua Falomi: “Penso che si possa discutere tutto, l’entità della contribuzione, il metodo di calcolo di vitalizi o pensioni, l’età per accedervi, il rapporto con le legislature svolte, il loro ammontare, il loro cumulo. Ciò che non si può accettare è l’idea di generalizzare il modello, a mio avviso incostituzionale, della Regione Emilia Romagna che ha semplicemente cancellato l’istituto del vitalizio senza sostituirlo con niente altro. La violenta e offensiva campagna per l’abolizione dei vitalizi ha un contenuto antidemocratico che non dobbiamo sottovalutare. Rimettendo in discussione il principio di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive e il principio del libero svolgimen- difesa. Senza dimenticare che “Libero soltanto nel 2013 ha ricevuto dallo Stato 3milioni 405 mila 240 euro”. Il bersaglio di Falomi è la campagna contro la Casta: “Nei confronti di questi colleghi sentiamo il dovere di tutelarne, anche in sede giudiziaria, se necessario, la dignità e l’immagine gravemente lesa da una campagna infamante e diffamatoria. Ma non è solo per questo che sentiamo il dovere di resistere e reagire. Dobbiamo resistere e reagire perché in gioco non ci sono i nostri vitalizi, ma la natura stessa della nostra democrazia”. La lotta ai privilegi della Casta è solamente “un’arma di distrazione di massa” perché “da quando questa campagna è iniziata, nessuno può smentire che in Italia il tasso di diseguaglianza sociale sia enormemente cresciuto”. Poi, l’ultima bordata contro i giornali: “Noi non ci siamo mai permessi né ci permetteremo mai di chiamare papponi, scrocconi, mangioni le imprese editoriali che si sono avvalse di queste risorse pubbliche, né abbiamo mai chiesto la restituzione delle risorse ricevute, perché sappiamo che esse sono servite a sostenere concretamente il principio costituzionale della libertà e del pluralismo dell’informazione”. di Virginia Della Sala l primo post pubblicato sul blog di Beppe Grillo porta la data I del 16 gennaio 2005, lo stesso anno della nascita di Youtube. Si intitola il “Muro del pianto”, è un manifesto in 14 parole di ciò che non sarà: “Questo è un post aperto per argomenti che non riguardano le città della tournee”. Ed è l’inizio di un fenomeno nuovo per forma e sostanza, almeno in Italia. La politica (gli Amici di Beppe Grillo si presenteranno alle amministrative in Sicilia nel 2008, il M5S arriverà solo nel 2009) incontra la rete, per non tornare indietro. Da allora sono trascorsi oltre dieci anni: Grillo lo ha ricordato ieri, con l’annuncio della pubblicazione di alcuni ebook che raccontano l’Italia vista dai 5 Stelle attraverso post e discussioni su singoli temi. “La Rete è cambiata – scrive il fondatore ci sono state guerre, nuovi governi, nuovi presidenti, disastri immani, qualcuno ci ha lasciato (...) Il mondo è cambiato e anche un po’ il blog, ma non ha tradito il suo spirito originale. Quello di informare e di rompere le uova nel paniere a delinquenti e corrotti”. L’UOMO CHE SPACCAVA I COMPUTER in scena e che definiva la rete “inFernet” ne scoprì l’importanza dopo un incontro con Casaleggio e i consigli di un amico. Parallelamente all’avvio del blog, mise in scena uno spettacolo dal titolo Beppegrillo.it. “È una via di scampo – scriveva nei primi post, riferendosi al web - La tecnologia deve essere usabile, semplice, invisibile”. E lo è stata. Tanto che l’invisibilità è venuta meno: unico tra quelli italiani a entrare tra i 100 blog più letti e più influenti del mondo (tra i primi 25 secondo quanto riportato dal Time nel 2006), ha introdotto termini e concetti che oggi appartengono al vocabolario della satira e dell’immaginario dei lettori. Dal Bersani Gargamella a Napolitano - Morfeo, passando per lo Psiconano-Berlusconi, così battezzato in un post del 2009. Ma il blog ha soprattutto avviato e vinto numerose battaglie. L’ultimo post invita a partecipare alla Fiaccolata dell’Onestà ad Ostia, il 27 giugno. Nel 2005 Grillo compra con altri cittadini una pagina de La Repubblica chiedendo le dimissioni di Antonio Fazio, al tempo governatore della Banca d’Italia coinvolto nello scandalo Opa-Antonveneta. Raccolse più dei 15mila euro richiesti. Ed esultò definendolo il primo evento di democrazia diretta in Italia, decise di destinare il resto a un’altra iniziativa. Arrivò così la missione “Parlamento Pulito”, la pubblicazione della lista completa dei pregiudicati eletti, con relativi reati. Provò a comprare sui quotidiani italiani una pagina che l’ospitasse. Ma nessuno accettò. Alla fine l’acquistò una sull’Herald Tribune per 58 mila euro. Ma anche gli americani rinunciarono, intimoriti dalla reticenza della stampa italiana. Ospitarono solo il link che rimandava al blog: lì, il pdf completo, bandiera italiana e il disegno di una scopa, è ancora consultabile. Nel 2007 le primarie programmatiche online: discusse da almeno 800mila persone. E sul blog l’annuncio, lo stesso anno, del primo Vaffanculo day, o LA CONVERSIONE V-Day. “Una via di mezzo tra il D-Day dello sbarco in Il leader del M5S Normandia e V come Vendetta. Per ricordare che dal spaccava pc in scena 1943 non è cambiato niene urlava contro “infernet”. te”, scriveva Grillo. E invece, almeno sul web, tanto è Ora parla ogni giorno cambiato: come il “Partigiano della Terza guerra tramite il sito, tra i cento mondiale” (così si definì più letti del mondo Grillo) aveva immaginato. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 4 ECONOMIA SABATO 13 GIUGNO 2015 Isilva,lavora: morire mentre il vescovo piange l’operaio “NON SI PUÒ MORIRE mentre si lavora. Non è giusto. Non è tollerabile”. La frase più chiara sulla morte di Alessandro Morricella, il giovane operaio Ilva ustionato dalla fuoriuscita di ghisa incandescente lunedì scorso nell’altoforno 2 dello stabilimento ionico, la scrive l’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro. Morricella si era avvicinato al foro di colata per ef- il Fatto Quotidiano fettuare i prelievi finalizzati al controllo della temperatura della ghisa quando è stato colpito dalla fiammata. A nulla sono valsi gli indumenti di protezione che indossava. Il sostituto procuratore del Tribunale di Taranto Antonella De Luca ha iscritto nel registro degli indagati quattro persone. Morricella lascia la moglie e due bimbi piccoli. La Fiom si costituirà parte civile. JOBS ACT, IL LAVORO NERO POTRÀ ESSERE CONDONATO Whirlpool contro la chiusura: Renzi rispetti le promesse LA CGIL DENUNCIA LA NORMA CHE ABOLISCE LA SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ PER CHI OCCUPA PERSONALE IRREGOLARE: “UNA ULTERIORE SPINTA ALL’ILLECITO” IN 2000 IN PIAZZA DAVANTI ALLO STABILIMENTO DI VARESE. NUOVA PROTESTA IL 17 GIUGNO di Salvatore o sciopero del gruppo Whirlpool è “riuscito in tutte le L sedi”. È il comunicato Fiom quello più netto al termine di una nuova giornata di mobilitazione per gli operai del C Cannavò presa. La cassa integrazione, pur allargata alle aziende con più di sei dipendenti (oggi 15) viene ridotta a 24 mesi; si cancella la cassa integrazione per “cessazione” con una deroga di sei mesi solo per grandi vertenze (tipo Whirlpool). on il Jobs Act si potrà condonare anche il lavoro nero. Lo stabilisce la norma inserita in uno dei nuovi decreti legislativi varati l’altra sera dal governo e che ora saranno al vaglio delle Camere. Il decreto riguarda la Semplificazione LE TIPOLOGIE contrattuali delle procedure e degli adempimenti e, al punto d) della sintesi pubblicata sul sito di Palazzo Chigi si legge che viene inserita la modifica “alla c.d. maxisanzione per il lavoro ‘nero’ con l’introduzione degli importi sanzionatori ‘per fasce’, anziché legati alla singola giornata di lavoro irregolare”. Il termine “per fasce” fa rizzare i capelli alla Fillea-Cgil, il sindacato degli edili che per prima ha individuato in questa modifica e che, con il suo segretario Walter Schiavella, sottolinea che a una “assoluta emergenza il governo risponde con un’ulteriore spinta deregolativa”. “Il provvedimento sulla semplificazione è scritto sotto dettatura delle associazioni imprenditoriali”, commenta Schiavella, perché “per chi viene scoperto con dipendenti in nero non c’è più la sospensione dell’attività fino alla regolarizzazione, ma l’invito a sanare l’illecito”. IL TESTO PREVEDE la reintro- duzione della procedura di diffida, che consente la regolarizzazione delle violazioni accertate. “La regolarizzazione è subordinata al mantenimento al lavoro del personale ‘in nero’ per un determinato periodo di tempo”, precisa il governo mentre viene modificato il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale “favorendo una immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, valorizzando gli istituti di tipo premiale”. “In un paese in cui le aziende edili subiscono in media un’ispezione ogni 15 anni, eliminare anche il deterrente della sospensione dell’attività è un chiaro incentivo all’utilizzo del lavoro nero e irregolare”, è il giudizio di Schiavella. Il sindacato degli edili Cgil denuncia anche un’altra modifica “grave”: l’eliminazione dell’obbligo, nell’ambito dei cantieri edili, di munire il personale occupato con apposita tessera di riconoscimento”, il cosiddetto cartellino. “Non è sicuramente solo il tesserino che tiene lontane le irregolarità”, prosegue Schiavella, “ma certamente aiuta”. La Cgil ricorda il caso dei cantieri Expo dove, anche se non si è riusciti a far emergere tutte le irregolarità, ci sono stati comunque PAESE REALE Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti Ansa controlli costanti e, pochi giorni fa, 200 lavoratori irregolari sono stati allontanati. “Grazie anche all’istituto del cartellino” che invece ora con il provvedimento del Jobs Act scompare. Lo spirito del Jobs Act, commenta al Fatto Guglielmo Loy della segreteria Uil, obbedisce a una “impostazione che sposta il baricentro degli interven- ti verso l’impresa”. Il filo individuato da Loy, non certo un estremista, ricorre in tutti i provvedimenti. A parte l’allungamento del congedo parentale per i figli fino a 12 anni e l’allungamento della Naspi a 24 mesi – misure che sono però finanziate dalla riduzione della cassa integrazione – il resto delle misure è sintomatico della logica di im- non vengono sostanzialmente toccate: il contratto a termine e quello di somministrazione sono più liberi da vincoli, il ricorso al voucher viene incentivato, le collaborazioni rimarranno a eccezione di quelle “personali che si concretizzino in prestazioni di lavoro continunative ed etero-organizzate dal datore di lavoro”. Rimarranno anche quelle previste da specifici accordi collettivi. La misura del demansionamento organizzativo produrrà effetti rilevanti nei posti di lavoro con effetti anche sulla retribuzione in presenza di “trattamenti accessori legati a specifiche modalità di svolgimento del lavoro” che saranno quelle prese maggiormente di mira. Molto blande, invece, le norme sulla nuova Agenzia ispettiva del lavoro che avrà compiti di “coordinamento” e sulla nuova Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro dentro la quale è prevista la presenza anche delle Agenzie private. gruppo elettrodomestico che, nonostante le rassicurazioni del governo Renzi, stanno cercando faticosamente di salvare i propri posti di lavoro. Lo sciopero ha bloccato gli stabilimenti di Siena, Fabriano, None, Comunanza, Napoli, Caserta e anche Varese, dove si è svolta una manifestazione di duemila lavoratori. Il corteo è partito alle 9.30 da Gavirate e ha raggiunto il piazzale di fronte alla direzione di Whirlpool, a Comerio, dove la manifestazione è stata chiusa dagli interventi di alcuni delegati di fabbrica e da quelli dei tre segretari generali di Fim, Fiom e Uilm. NEL SUO INTERVENTO MAURIZIO LANDINI ha ribadito che “i lavoratori, uniti, respingono la logica sbagliata delle assunzioni da una parte e delle chiusure dall’altra, chiedendo all’azienda di cambiare il piano industriale”. La Fiom, nonostante fosse stata contestata in Campania, ha ribadito che “non è accettabile la chiusura dello stabilimento di Caserta”. “Auspichiamo - ha concluso Landini - che dall’incontro del prossimo 17 giugno cominci una trattativa vera e che anche il governo faccia la sua parte”. Il segretario generale della Fim Marco Bentivogli, ha chiuso la manifestazione con un richiamo forte al presidente del Consiglio, Matteo Renzi. “Abbiamo buona memoria - ha detto - Nel luglio scorso avevi salutato l’operazione come qualcosa di straordinario, serve più attenzione e più rispetto per i lavoratori italiani, hai preso degli impegni, non dimenticarli”. La chiusura dello stabilimento Whirlpool di Carinaro “è un delitto contro l’umanità” ha invece ribadito il segretario generale della Uilm Rocco Palombella che ha aggiunto: “Abbiamo chiesto il motivo all’azienda e non ci hanno saputo rispondere, perché non c’è una logica”. “Il prossimo 17 giugno - ha aggiunto - dobbiamo essere tutti uniti per dire che il piano va cambiato”. POLEMICHE Rai, il concorsone dei veleni di Roberto Salvetti irca cinquemila giornalisti chiaC mati a sostenere le prove per un concorso, quello Rai, atteso da anni. Solo che i 4982 concorrenti per 100 posti dovranno recarsi in un centro molto piccolo, Bastia Umbra, in provincia di Perugia, difficilmente raggiungibile da tutta Italia. La vicenda sta infiammando i rapporti tra l’Ordine dei giornalisti e la stessa Rai. Tra le anomalie segnalate finora, la convocazione di pubblicisti o, addirittura in un caso, di pensionati. IL CONCORSO È FRUTTO di un accordo siglato dall’Usigrai nel luglio del 2013. Ci sono voluti quasi due anni per arrivare alle prove definitive anche se le giornate umbre serviranno solo a una scrematura fino a 400 candidati che poi sosterranno le prove finali. Invece di rallegrarsi per una novità relativa al mondo Rai e alla professione giornalistica, però, l’Ordine dei giornalisti, presieduto da Enzo Iacopino, ha diramato una nota di netta presa di distanza: “Un’occasione mancata per recuperare quella credibilità che dovrebbe avere la prima azienda di informa- Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info zione in Italia” è stata la prima bordata. “La convocazione per la prima prova testimonia un assoluto disprezzo per quanti coltivano il sogno di essere utili ai cittadini”, la seconda cannonata. “La scelta di Bastia Umbra, che ha ignorato le più elementari esigenze per garantire l’accessibilità dei partecipanti, dimostra una mentalità proprietaria”. Terzo colpo, il più duro. La Rai ha mostrato “vera e propria indignazione”: “In un momento nel quale il settore dell’editoria si trova in crisi gravissima la Rai, con uno sforzo non scontato, si appresta a fare una selezione trasparente e a livello nazionale”. L’attacco dell’istituto di Iacopino viene definito “al limite dell’autolesionismo, Luigi Gubitosi, direttore Rai si dice “indignato” per le polemiche contro il concorso Ansa TUTTO ESAURITO Cinquemila candidati per cento posti, ma la prova per Viale Mazzini si tiene nella piccola Bastia Umbra. Scontro con l’Ordine giornalisti basato su argomenti risibili”. I vertici di Viale Mazzini contestano che 22 giorni di preavviso costituiscano un termine limitato “visto che proprio l’Ordine ha convocato il 26 maggio i partecipanti all’esame professionale del 15 giugno”. Il luogo, secondo la Rai, è stato selezionato al termine di una gara pubblica: “Bastia Umbra è indubitabilmente posta nel centro del Paese e le strutture ricettive dei dintorni offrono oltre 20 mila posti letto”. I MALIGNI, IN REALTÀ, dicono che la scelta umbra è motivata dalla vicina Scuola di Perugia, tradizionale “vivaio” dei giornalisti Rai, una sorta di feudo dell’azienda radiotelevisiva. “Prendiamo atto che Bastia Umbra sia il centro del mondo”, ha replicato molto ironicamente l’Ordine, ma l’affermazione “rischia di aprire un conflitto nella regione perché questo ruolo è storicamente rivendicato da Foligno”. L’istituto presieduto da Iacopino sostiene che i prezzi degli alberghi siano raddoppiati nel giro di tre ore e accusa chi viaggia “in auto blu o di altro colore” di disprezzare le condizioni della categoria. Che rimane piuttosto interdetta. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info CRONACA il Fatto Quotidiano Bobbligatorio ruxelles insiste: ospitare 40 mila emigranti UN “PIANO B” per il negoziato sui ricollocamenti intra-Ue dei 40mila richiedenti asilo da Grecia e Italia? Il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas ha ribadito ieri che “Difenderemo la nostra proposta”, che prevede l’obbligatorietà, “fino all’ultima parola”. Sui ricollocamenti “gli Stati membri hanno espresso visioni divergenti sulla natura obbligatoria. Alcuni SABATO 13 GIUGNO 2015 5 hanno messo in discussione la chiave di ripartizione proposta dalla Commissione, ed in particolare l'oggettività dei criteri”, così il documento della presidenza lettone del Consiglio Ue per la riunione dei ministri degli Interni di martedì. In discussione anche “il numero totale delle persone da ricollocare, i fondi a disposizione, e la capacità delle strutture degli Stati”. Immigrazione, liberi tutti tra “spari” e “normalità” MARONI RIUSA L’ARMAMENTARIO LEGHISTA. GENTILONI DICE CHE LA SITUAZIONE MIGLIORA. LA CEI ACCUSA LA POLITICA DELLA PAURA. LA FRANCIA CHIUDE IL CONFINE di Silvia D’Onghia S e la risposta dell’esecutivo è quella che dà il ministro degli Esteri, allora siamo perduti. “Il governo ci sta lavorando e mi pare che la situazione si stia normalizzando”, ha detto ieri Gentiloni. Viene da pensare che non abbia neanche aperto siti Internet o guardato telegiornali; altrimenti si sarebbe reso conto che le centinaia di profughi ammassati alla stazione Centrale di Milano o al centro di accoglienza Baobab di Roma (700, dopo lo sgombero della Tiburtina, a fronte di una capienza di 190) tutto sono tranne che una “situazione normalizzata”. E che anzi, su questo fronte, si sta giocando una partita politica che lascerà feriti sul campo. sicurezza per tutti non è una comunità di vita e di destini, ma un insieme di interessi dove vince chi è più forte”, ha monitato il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Sorretto e supportato dalle parole dello stesso papa Francesco, che – rivolto ai cappellani aeroportuali – ha messo in guardia: “Qui transitano migranti e rifugiati, bambini e anziani, persone che hanno bisogno di cure e attenzioni speciali. Vi è anche il preoccupante nu- fatto a mano mero di passeggeri senza documenti – spesso rifugiati e richiedenti asilo –, che sono detenuti nei locali aeroportuali per brevi o lunghi periodi, a volte senza adeguata assistenza umana e spirituale”. Un altro segnale, semmai ce ne fosse bisogno, Bergoglio lo darà a Torino il 22 giugno, quando visiterà un centro per rifugiati. E NONOSTANTE il presidente del Senato Grasso senta l’esigenza di intervenire a Milano (“Non si può gridare all’emergenza sanitaria se nessuno pensa ad accogliere queste persone in un contesto in cui questa emergenza non può nemmeno sorgere”), l’esecutivo – dicevamo – fischietta. Renzi e Alfano, che sarebbero deputati a gestire l’ondata di immigrazione, proprio sulla gestione dei migranti hanno qualche problemino, leggi Mafia Capitale. Dal premier solo un timido richiamo alla questione: “Tanti abbaiano alla luna, vivono sulle paure e pensano che la soluzione sia chiu- NON A CASO il resto del gover- no tace, di fronte agli strilli leghisti, ed è un silenzio assordante in cui la Chiesa diventa di sinistra. “Se una società si chiude nella paura e non garantisce la MILANO-ROMA SOLA ANDATA Migranti africani accampati alla Stazione Centrale di Milano in attesa di riuscire a partire per l’estero e gli eritrei che a centinaia hanno soggiornato nel piazzale della Stazione Tiburtina di Roma LaPresse/Reuters dersi a chiave in casa, ma non è così”. Certo è che lui la soluzione l’ha demandata all’Europa, e amen. E allora le piazze leghiste sono praterie sulle quali far correre i vecchi cavalli di battaglia. Maroni, dopo il capotreno assalito a colpi di ascia, chiede i militari sui treni e la possibilità di “sparare”. Salvini agita lo spettro dell’emergenza sanitaria, perché a Milano – dopo che a Roma – si è registrato qualche caso di scabbia. Non sa che la scabbia è una malattia dermatologica che non si prende con una stretta di mano, ma col contatto prolungato. Non sa, o meglio non gli interessa, tanto l’obiettivo è creare il panico. E al governatore della Toscana che tra social e tv lo accusa di “razzismo etnico”, risponde con un lapidario “Rossi sei un poveretto, pensa ai Toscani e non ai clandestini. Ruspa!”. Zaia dal Veneto e Toti dalla Liguria gli vanno dietro e chiedono di non accogliere più nessuno e di cacciare i clandestini dalle località turistiche. Tra un grido e il silenzio, nessuno si accorge che, dopo Austria e Germania che hanno sospeso Schengen per il G7, anche Ventimiglia adesso ha chiuso le frontiere. GRAND TOUR DEI MIGRANTI di Cosimo Caridi e Lorenzo Galeazzi Nizza (Francia) uesta non è l'Europa di cui Q ho sentito parlare. Qui non ho incontrato le stesse persone Il viaggio di Mohamed dal Sudan e il Luna Park delle frontiere che venivano in Africa ad aiutarci”. Mohamed, cittadino sudanese di vent'anni, non si capacita dell'accoglienza riservatagli dal nostro paese e dalla Francia che, per fermare l'esodo di migranti verso Parigi, ha deciso di sospendere il Trattato di Schengen ripristinando i controlli alla frontiera con l'Italia. Sta viaggiando sul treno Ventimiglia-Nizza ed è un fiume in piena: “Sono qui da tre giorni e ho già provato a passare più volte, ma a Menton-Garavan la polizia francese ci prende e ci rimanda indietro”. ci identifica, ci carica su dei furgoni e ci riporta al confine con l'Italia. Da lì sono quattro ore a piedi per tornare in paese”, spiega Amjad, sudanese anche lui: “Questo giardino è la mia nuova casa, vivo qui, mangio quello che trovo e i vestiti li lavo in mare. Ma prima o poi ce la farò a passare”. L'ultimo tentativo, il più costoso, è il viaggio in macchina. Sì, perché la serrata francese ha fatto fiorire l'economia dei passeur, gli ex spalloni che al posto della merce di contrabbando, ora commerciano in esseri umani. Li si vede arrivare alle prime MOHAMED VIENE DAL DARFUR, regione occi- dentale del Sudan teatro dal 2003 di una feroce guerra civile. “Gli europei facevano tutto per noi – ricorda – Ci sfamavano, vestivano e curavano. Quello che non riesco a capire è perché, ora che siamo qui, a questa gente non piacciamo più”. Inutile spiegargli le strumentalizzazioni sul fenomeno migratorio e la conseguente ostilità di una certa politica nei confronti dei clandestini. Tanto vale augurarsi che i Crs, i reparti antisommossa francesi messi dall'Eliseo a presidiare le redivive frontiere, non lo trovino. In modo che possa raggiungere la meta dopo venti giorni e 8mila chilometri di viaggio. Mentre Mohamed sfreccia in ferrovia verso Menton, la stazione di Ventimiglia e il vicino parco sono dei campi profughi a cielo aperto. Di fianco agli anziani che giocano a bocce sotto il fresco degli alberi bivaccano sull'erba decine di africani fra un tentativo e l'altro di raggiungere la Francia . Il racconto è sempre lo stesso. “La polizia ci prende, IL WEB-REPORTAGE SUL FATTOQUOTIDIANO.IT Un migrante da- vanti alla stazione di Ventimiglia e profughi in attesa del treno per Nizza foto Caridi e Galeazzi Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info luci della sera, quando i controlli in frontiera si allentano, e offrono viaggi nel bagagliaio delle proprie auto fino a Nizza per 50 euro. “Sono principalmente nordafricani con passaporto francese– racconta Amjad – Ma se avessi avuto quel denaro, 50 euro per Nizza e 120 di treno per Parigi, sarei rimasto a casa mia. Con quei soldi in Sudan una famiglia mangia per mesi”. NELL'ANDRONE DELLO SCALO la situazione non cambia un granché: gruppi di migranti col naso all'insù per controllore sui tabelloni l'orario del prossimo treno. Il tutto nella totale indifferenza della polizia di frontiera che, vista la situazione, non fa neanche finta di controllarli lasciando il compito ai colleghi francesi qualche decina di chilometri più in là. “Io non faccio più biglietti agli extracomunitari”, attacca il direttore dell'agenzia Avast che però subito dopo precisa: “Mica per razzismo, solo perché buttano via dei soldi, dato che la Francia ce li rimanda indietro e io non posso rimborsare tutti i titoli di viaggio” Ma sui controlli d'Oltralpe i poliziotti italiani hanno più di un dubbio. “Se li bloccassero davvero qui avremmo 100mila clandestini – rivela un agente del Centro di Cooperazione e di Dogana a patto di rimanere anonimo – È un dispositivo messo in piedi per tenere calmo l'elettorato francese, ma prima o poi, in treno, in macchina o a piedi, gli immigrati passano tutti”. Nel frattempo Mohamed, seduto sul convoglio e con la testa piena di pensieri, vede passare dai finestrini Latte, Mortola e Grimaldi, ultimo borgo italiano. Si alza improvvisamente e si chiude nel gabinetto. Dopo pochi minuti il treno è a Menton-Garavan e, non appena si aprono le porte, negli scompartimenti salgono una decina di agenti: fuori dalla stazione i furgoni hanno già il motore acceso per riaccompagnare gli immigrati al confine. I poliziotti chiedono i documenti a tutti, turisti compresi, e fanno scendere una decina di africani, ma non notano che il bagno del vagone quattro è occupato, così Mohamed riesce a passare. Roquebrune, Montecarlo, Beaulieu sur Mer. Le stazioni scorrono veloci e nel giro di 40 minuti il sudanese è a Nizza. In stazione fa conoscenza con Therese Maffeis dell'Associazione per la democrazia che, dopo le presentazioni, incalza: “Visto che in Costa Azzurra non votiamo tutti Marine Le Pen?”. Mohamed non capisce, ma la simpatia della volontaria è contagiosa, così comincia finalmente a rilassarsi e a raccontare il suo viaggio “Sono partito dal Cairo e dopo nove giorni in mare una nave mi ha salvato sbarcandomi a Crotone. Dopo tre notti in un centro mi hanno detto che potevo andare via. Impronte digitali? No, non me le hanno prese”. Therese annuisce: “Nessuno in Italia le prende perché altrimenti dovrebbe accoglierli invece che mandarli qui”. Poi sorridente si rivolge di nuovo a Mohamed: “Benvenuto in Francia ragazzo”. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 6 POLITICA SABATO 13 GIUGNO 2015 Saviano: “Questo è solo l’inizio, il metodo funziona” MAFIA CAPITALE è un punto di partenza, non di arrivo. Ne è convinto Roberto Saviano, secondo cui l’inchiesta della Procura di Roma, “è solo l’inizio, perché manca ancora il lato che riguarda sanità e cemento. Questo era il lato che riguardava burocrazia, politica e gestione dell’immigra- il Fatto Quotidiano zione, mancano tutti gli altri passaggi. Questo sistema mostra che senza la corruzione non parte niente, nessun affare”, sottolinea Saviano. Secondo l’autore di Gomorra, intervenuto nel programma Gazebo di Rai 3, i meriti delle ultime rivelazioni sono dei magistrati: “Il metodo Pignatone funziona ed è destinato a cambiare la storia di Roma”. Servono contrasti sempre più efficaci contro un’organizzazione criminale che può essere definita mafiosa a pieno titolo: “L'azione e la prassi sono quelle, sia dal punto di vista militare che economico. Vengono usati codici mafiosi”. BUZZI E “L’ARTIGLIERIA POLETTI” PER REGOLARE I CONTI TRA LE COOP COSÌ ‘IL ROSSO’ AL TELEFONO NEL 2014, L’EX CAPO DELLA LEGA ERA GIÀ MINISTRO di Marco Lillo L a frase è bellica ma svela un nodo tutto politico: quello del rapporto stretto delle cooperative rosse con la politica. “Io non ho ancora messo in campo l’artiglieria pesante, ma se vuoi metto in campo anche l’artiglieria pesante eh... arriva Giuliano Poletti!”. È il 16 giugno 2014, tre mesi dopo la nomina dell’ex presidente della Lega Coop (in quella veste presente nel 2013 all’assemblea dei soci della Coop 29 Giugno di Buzzi e compagni) a capo del ministero dello Sviluppo economico. Buzzi parla, sei mesi prima del suo arresto, con l’indagato Salvatore Forlenza, responsabile rifiuti del Cns, il Consorzio Nazionale Servizi di Bologna, che raggruppa una serie di coop rosse come la 29 giugno e la Cpl di Concordia, in provincia di Modena. BUZZI vuole una mano da Forlenza per mettere all’angolo la componente nordica (emiliano-romagnola e tosco-umbra) del Cns. Dopo la relazione durissima del ministero dell’Economia del gennaio 2014 che bacchetta il Comune di Roma per l’assegnazione dell’appalto da 52 milioni alla società Multiservizi, controllata dal Comune con il 51 per cento, l’assessore Alessandra Cattoi aveva optato per la gara Consip chiudendo il contratto con la Multiservizi. La gara viene vinta dal Cns, consorzio con baricentro in Emilia che pensa di far fuori i romani come Buzzi, ancorché suoi soci. Il 13 maggio 2014 parte la reazione del ‘rosso’ di Mafia Capitale. Prima di schierare l’artiglieria pesante (non ci sono telefonate con Poletti) Buzzi dimostra di avere un’influenza su una falange di fanti. Il primo è l’assessore comunale del Pd Daniele Ozzimo, convocato per un caffè alle 14 e 7 minuti. Due ore dopo Buzzi scrive al braccio destro di Ignazio Marino, Mattia Stella: “Ti volevo dire che Ozzimo ha parlato con Alessandra Cattoi e ha trovato ascolto e condivisione”. Stella si fa trovare sul pezzo: “Anche io ho parlato con lei nel primissimo pomeriggio”. Luca Giansanti del Pd è un consigliere-squillo: “Ci vediamo a Pira- L’AFFARE E IL DONO Il business conteso era la Multiservizi. Scomodò anche Alemanno e gli chiese la mail: gli aveva regalato l’abbonamento al Tempo mide tra 15 minuti?” intima Buzzi col solito sms. E lui goloso: “Sì Cafè du parc”, il bar che fa la migliore granita della zona. Pochi minuti ancora e Buzzi relaziona al consigliere di destra, sostenuto da Massimo Carminati e indagato, Giovanni Quar- zo: “Noi siamo aderenti a Cns però il Cns di Bologna ha affidato questi servizi non a noi ma a tutte le Cooperative ToscoEmiliane-Umbre”. Poi Buzzi aggiunge: “Già ne ho parlato con tutti i capi gruppo della maggioranza, che tutti hanno appoggiato e qualcuno ha già parlato con la Cattoi. Io ti chiedevo, poi ne parlerò anche con Gianni Alemanno, se mi dà una mano”. ALESSANDRA Cattoi aveva fat- to una scelta politicamente scomoda e coraggiosa assecondando i rilievi del Ministero e di fatto chiudendo il rapporto decennale con Multiservizi, una società con 3 mila e 700 dipendenti, spesso selezionati tra i lavoratori socialmente utili, un bacino elettorale notevole. L’assessora è però accerchiata dai suoi e dalla destra. Buzzi dice a Quarzo che anche i consiglieri del Pd Francesco D’Ausilio e Mirko Coratti hanno già parlato con la Cattoi. Poi Buzzi spiega all’uomo dei rifiuti del Cns, Salvatore Forlenza che Coratti è “micidiale” perché ha già parlato con i dirigenti del Cns, come Pino Cinquanta, lo stesso che poi sarà indagato per concorso esterno in associazione mafiosa per la metanizzazione della Campania dalla Procura di Napoli. “Io riesco ad arrivare anche al sindaco, diglielo a Pino (Cinquanta, ndr) eh, io – si vanta Buzzi con Forlenza – in due ore arrivo al sindaco. Se devo arrivare al sindaco non c’è problema però non mi va di arrivare fino al sindaco. Questa è una tattica: se LA MINACCIA Giuliano Poletti guidava Legacoop fino alla nomina a ministro del Lavoro. A destra, Salvatore Buzzi, capo della coop 29 Giugno affiliata alla Lega, in carcere da dicembre Ansa c’è una pressione maggioranza e opposizione ... quelli della maggioranza sono tutti presi, di quelli dell’opposizione mi manca solo Ghera (Fratelli d’Italia, ndr) e Onorato (Lista Marchini, ndr)”. Il 17 giugno c’è un pranzo Pd-Coop che profuma di passato e si tiene al ristorante l’Archeologia: l’assessore Ozzimo e il consigliere Luca Giansanti, Buzzi e Pino Cinquanta di Cns, parlano della 29 Giugno. Coratti già aveva detto a Cinquanta: “O mi raccomando la 29 Giugno”, racconta il suo segretario Franco Figurelli. Anche Sel è della partita: Buzzi chiama Gianluca Peciola e poi il vicesindaco Luigi Nieri. Così Buzzi ne parla con la consigliera Annamaria Cesaretti di Sel: “A Nieri gli ho detto ‘sta cosa lo sai che non l’ha capita? Per me è fuso il ragazzo e mentre dicevo sta cosa se mi aiutava per far crescere la Cooperativa, me chiedeva ‘ma mi puoi assume questo?’. Gli ho detto ‘a Lui’, ma uno come fa ad assume se tu non crei lavoro?”. MENTRE alla alunna Cesaretti Buzzi fa i complimenti: “Tu ha capito in due minuti”. Il consigliere di Forza Italia Giordano Tredicine, arrestato il 4 giugno scorso, presenta addirittura una mozione sulla questione Multiservizi. Il 20 giugno tocca ad Alemanno. Scrive il Ros: “Buzzi chiedeva a Alemanno l’indirizzo mail in quanto gli aveva regalato l’abbonamento on-line al quotidiano Il Tempo e Alemanno dettava la mail. Poi Buzzi - prosegue l’informativa del Ros - segnalava: ‘ma tu l’hai seguita che la Multiservizi gli hanno levato l’appalto?’. Alemanno (che evidentemente leggeva qualcosa anche prima dell’abbonamento regalo, ndr) rispondeva che stava seguendo la vicenda”. Alla fine, Alessandra Cattoi cambia idea e si sfila di impaccio. Con la motivazione delle mancate garanzie da parte di Cns al Comune di assumere i dipendenti di Multiservizi rimasti senza lavoro per la perdita del mega appalto, l’assessora concede una proroga tecnica a Multiservizi, l’assalto alla diligenza è rinviato. L’artiglieria pesante resta in caserma. La “spartizione” Cup e il cugino di Bettini NELLA VINCITRICE NTA (NON INDAGATA) UN PARENTE DELL’UOMO FORTE DEL PD: “GOFFREDO? BUONI RAPPORTI, IL LAVORO NON C’ENTRA” di Mariagrazia Gerina alvatore Buzzi? Non sapevo neppure che esiS stesse, nel mondo della sanità non si era mai affacciato. Noi operiamo in un altro modo e si immagini il disappunto nell’aver vinto una gara, attesa da tempo e poi…”. Andrea Bettini, 56 anni, occhiali dalla montatura leggera, modi eleganti, è socio della Nta Srl, in corsa per la gestione di sportelli e back office degli ospedali laziali. Se la gara Cup (Centro unico prenotazioni sanitarie) da 91 milioni bandita dalla Regione Lazio la primavera scorsa non fosse stata annullata in seguito all’inchiesta su Mafia Capitale, la Nta Srl si sarebbe aggiudicata due lotti su quattro. Uno in cordata con il Consorzio nazionale dei servizi, colosso “rosso” bolognese – “ma loro sono Golia, noi Davide”, dice Bettini –, l’altro con la Capodarco, cooperativa romana abituata a fare la parte del leone in questo settore sia con la sinistra sia con la destra. Due pezzi da novanta, insomma. Presso i quali Salvatore Buzzi, l’uomo delle coop sociali romane in cella da dicembre, aveva cercato sponda prima di rivolgersi all’ex capogruppo Pdl, Luca Gramazio, arrestato il 4 giugno. sto non c’entra nulla con il lavoro che svolgo da molti anni”, spiega mentre ci apre la porta della sua azienda, al nono piano di via Mosca, a Roma. “Vedete, esistiamo davvero”, mostra da una parte un open space con i turni di help desk per le aziende sanitarie in cui opera la Nta, dall’altra le foto del presidente, Carlo Tiberi, in Africa con le suore orsoline (“sosteniamo un progetto in Tanzania”) e poi quelle dell’Ungheria, dove a giorni si inaugura un allevamento di bufale campane: “Siamo per la diversificazione”. Qui e nella sede gemella di Cosenza, la settimana scorsa, si sono presentati i carabinieri, che hanno perquisito tutte le aziende coinvolte nella gara per i Cup del Lazio. Anche quelle non indagate, come la Nta. “Cosa cercavano non lo so – risponde pacato –, ma non hanno trovato nulla, la perquisizione ha dato esito IL MEGA-APPALTO negativo”. La Procura di Roma La gara della Regione ipotizza “un accordo spartitorio, anteceLazio (91 milioni dente alla pubblicadi euro), poi annullata, zione del bando”, in cui Buzzi riesce a inera stata aggiudicata serirsi in quota opsenza alle cordate con il colosso posizione, strafare. “’sta partita rosso Cns e Capodarco la gestisce Venafro”, 2012, invece, è piuttosto ingombrante. Bettini è il cugino di Goffredo, “regista” del Pd e del centrosinistra romano, che per oltre vent’anni ha mosso le fila della politica nella capitale, dalla candidatura Rutelli nel ’93 alle più recenti di Marino e Zingaretti. Maurizio Venafro, l’ex capo di gabinetto di Zingaretti dimessosi perché indagato per turbativa d’asta nella gara Cup, è un suo fedelissimo da sempre. “Certo che conosco Venafro, ma come uomo delle istituzioni, l’ultima volta l’ho visto quando è stato eletto mio cugino al parlamento europeo: organizzò una festa al Gran Teatro, c’erano migliaia di persone”, racconta l’altro Bettini, che senza scomporsi puntualizza la separazione delle carriere: “Con Goffredo abbiamo buoni rapporti familiari, ma que- LA SIGLA della Nuove tecnologie applicate, fon- data nel 1986, dice poco ai non addetti ai lavori. Quello di Andrea Bettini, socio della Nta dal Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info chiarisce Buzzi in una conversazione intercettata. "Marotta (il presidente di Capodarco, Ndr) ne piglierà due o tre”. E ancora: “Sul quarto c’è Storace”, dice ai suoi parlando del lotto che la Nta si sarebbe aggiudicata con Capodarco. “Ah davvero non me lo spiego cosa volesse dire – si schermisce Andrea Bettini –. Forse saremo tonti, ma noi non ci eravamo accorti di nulla. Con pesi differenti, noi e Capodarco siamo i principali operatori nel Lazio”. “QUANDO c’è stata la gara per lotti, abbiamo detto: difendiamo ciascuno le nostre posizioni, in modo trasparente. Nel progetto tecnico era specificato che nel quarto lotto noi avremmo curato il Cup dell’ospedale Grassi a Ostia e gli altri presidi della Asl Roma D”, mentre nel primo lotto la Nta avrebbe gestito solo i Cup dell’ospedale Pertini e degli altri presidi della Asl Rm B e il resto sarebbe andato al Cns. “Sono le Asl in cui già operavamo – spiega Bettini –. Il nostro fatturato con la gara sarebbe rimasto invariato”. Dodici milioni l’anno, compresa la Asl Rm G che abbraccia Tivoli, e Viterbo, che non erano incluse nella gara. “Non mi chieda perché, non lo so”. In ogni caso, gara o no: “Gli appalti che avevamo ci sono stati tutti riconfermati, però questo clamore ci sta turbando, non so gli altri, noi siamo abituati a fare le gare e lavorare, rapporti con i politici non ne abbiamo”. Familiari esclusi, s’intende. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info POLITICA il Fatto Quotidiano Accostamenti “AL MOVIMENTO 5 Stelle, i cui principali esponenti sono gli idoli dei clan di Ostia, spiego che non è un caso che si diventi idoli dei clan”. Per questa frase Matteo Orfini è stato querelato dai portavoce M5s di Roma Capitale. La settimana scorsa il presidente del Partito Democratico per difendere l’amministrazione Marino aveva fatto riferimento a una vecchia po- alla mafia, M5S querela Orfini lemica accesa dal suo collega di partito e senatore, Stefano Esposito: “Il reggente del clan Spada è un fan di Alessandro Di Battista. Vorrei invitare Di Battista e compagni a riflettere sul perché personaggi come Roberto Spada a noi del Pd ci minacciano e a voi grillini vi condividono i post”, aveva scritto su Facebook lo scorso marzo. Dopo le ultime vicende di Mafia Marino sì, Marino no Roma, le spine del sindaco CONSIGLIERI E UN ASSESSORE PD ARRESTATI, CONTATTI AMICHEVOLI TRA IL CAPO DELLA “29 GIUGNO” E LA SUA SEGRETERIA. E IL GOVERNO GLI TOGLIE IL GIUBILEO di Valeria Pacelli posso lavora’. Quindi, dammi un altro posto’. Il Comune però, in quel caso, fermò il progetto. N on poteva esserci un periodo più nero per Ignazio Marino, il sindaco di Roma stretto tra i tentacoli di Mafia Capitale che erano riusciti ad arrivare in Campidoglio e il governo che non pensa minimamente a dargli una mano. Matteo Renzi, che pure aveva Buzzi seduto al tavolo della sua cena di finanziamento di novembre, non ha detto mezza parola a favore di Marino. Un silenzio che sa più di abbandono, diverso dalla linea “garantista” scelta per il sottosegretario Giuseppe Castiglione, indagato a Catania. Non solo: due giorni fa il governo ha bloccato le norme che gli avrebbero consentito di prelevare dalla gestione straordinaria del debito i fondi per il Giubileo. Lo gestirà il prefetto Franco Gabrielli. Oggi però inizia anche il tesseramento del Pd romano. E già ci si immagina la fila fuori dai circoli che – se tutto va bene – non saranno incendiati, come quello di Mirko Coratti. Tutti gli indagati nelle file Democrat Coratti, come altri Dem, è indagato nell’inchiesta romana. Nessuno per mafia. Che l’ex presidente dell’Assemblea capitolina fosse coinvolto nell’indagine si sapeva già da dicembre, quando uscì fuori pure l’in- NELLA MORSA Il primo cittadino tra i tentacoli di Mafia Capitale e la freddezza del premier, che lo tratta peggio di Castiglione tercettazione di Salvatore Buzzi che diceva “Me so’ comprato Coratti”. Otto giorni fa poi è stato arrestato. Durante l’interrogatorio di garanzia ha negato le accuse, lui come l’ex assessore alla casa Daniele Ozzimo, altro indagato Dem e altro imbarazzo per Marino. Sotto inchiesta anche Massimo Caprari, consigliere comunale, e Pierpaolo Pedetti, ex consigliere comunale e presidente della VII commissione Patrimonio e Politiche abitative del Comune di Roma. Entrambi arrestati. Roma come Ostia. Perché anche Andrea Tassone, presidente del X municipio è finito ai domiciliari perché riceveva “attraverso Solvi, suo intermediario, somme di denaro non inferiori Quando in Comune c’era Mattia Stella Ignazio Marino, dietro l’assessore alla Legalità, Alfonso Sabella LaPresse SABATO 13 GIUGNO 2015 Le telefonate con Buzzi dell’ex capo segreteria di Marino Mattia Stella, anch’egli estraneo all’inchiesta, erano già note a dicembre. In questa seconda tranche Buzzi parla di una cena. Annotano i Ros: “Buzzi precisava che in serata sarebbe andato a cena con Mattia Sella (all’epoca dei fatti, dirigente del Gabinetto di Ignazio Marino): ‘Perché sto a cena co .. (inc) poi accompagna’ Mattia Stella a Palestrina”. Capitale, Orfini era tornato su quel messaggio per controbattere agli attacchi del M5s. Ma stavolta i diretti interessati hanno deciso di portarlo in tribunale per “le sue dichiarazioni diffamatorie nei confronti del Movimento e più particolarmente per aver accostato la loro politica a quella dei maggiori clan mafiosi di Ostia”. L’intervista Gian Giacomo Migone Lui non c’entra, mandarlo via aiuta i criminali ian Giacomo Migone, storico ed ex senatore Ds, non è tra coloro che pensano che Roma debba essere commissariata. G Gli effetti di Mafia Capitale, dunque, per lui non deve scontarli Ignazio Marino. Tanto che ha dato vita a una raccolta firme a favore del sindaco di Roma, alla quale hanno già aderito, tra gli altri, anche Gustavo Zagrebelsky a Furio Colombo. Marino per Migone “non fa parte di quel potere Pd che si trova al governo. È diverso da loro. Altrimenti non lo avrei difeso. Certo, queste sono mie valutazioni politiche. In questo caso parlo a nome mio e non dei firmatari”. Non è necessario il commissariamento alla luce delle vicende di infiltrazione mafiosa, a tutti i livelli, che sta venendo fuori? Assolutamente no, anzi. L’eliminazione di Marino costituisce il rafforzamento di quelle forze che hanno creato questa situazione. Se si commissaria il Comune, si avrà l’esatto risultato opposto: i gruppi criminali potranno riorganizzarsi. Ci sarà un commissario per controllare? La mancanza di un sindaco al Campidoglio e la presenza di una situazione meno stabile darà fiato e tempo a queste bande per inquinare le prove e riacquattarsi. Ma Marino ha il problema Coratti: collettore di voti per il Pd romano, ex presidente dell’Assemblea capitolina e arrestato venerdì. Le sembra poco? Il vicesindaco Nieri e le richieste di assunzione Mirko Coratti e Daniele Ozzimo, entrambi arrestati Ansa a 30 mila euro”. Dalla foto imbarazzante alla telefonata del capo staff Con la seconda retata di Mafia Capitale quindi aumenta la quota Pd coinvolta nell’inchiesta. Un altro colpo a Marino che già a dicembre aveva dovuto superare l’imbarazzo di quella foto nella sede della 29 Giugno con Salvatore Buzzi: immagine che smentiva le sue parole: “Non conosco Buzzi”, aveva detto. Superata la bufera di allora, ne è arrivata un’altra. Solo pochi giorni fa è stata pubblicata anche la telefonata tra Buzzi e Silvia Decina, capo della sua segreteria ed estranea alle indagini. Decina: Ciao Salvatore, sono Silvia Decina, il capo della segreteria di Ignazio Marino. Ti volevo dire che Lionello mi ha dato la documentazione per Ignazio sulla Leroy Merlin. Adesso Ignazio l’ha vista e sta facendo convocare una riunione di staff. Buzzi: Gli è piaciuta al sindaco? Decina: Moltissimo. Tanto, ma proprio tanto. Però ha chiesto che la seguissimo noi qui direttamente dal Gabinetto, perché se inizia a passare per tutti gli assessorati non ne usciamo vivi con questo. Quello di cui si parla è il progetto dell’azienda francese Leroy Merlin, che aveva dato al Campidoglio la disponibilità a realizzare un punto vendita dove ha sede il campo rom de La Barbuta, offrendo in cambio della Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info riqualificazione dell’area 10 milioni di euro da investire “per il sociale”. Un progetto che eccita Buzzi, il quale sa cosa fare dopo: “Tu apri un finto cantiere – spiega a Carminati –. Poi, una volta che te portano via tutto, gli dici: ‘Mo’ io qui che faccio? Non Buzzi non risparmia nessuno, neanche il vicesindaco Luigi Nieri (non indagato) e parla della richiesta di un’assunzione. Dice Buzzi: “Eh Nieri! Oh, a Nieri gli ho detto ’sta cosa lo sai che non l’ha capita? Per me è fuso. E mentre dicevo ’sta cosa se mi aiutava per far crescere la cooperativa, me chiedeva ‘ma mi puoi assume’ questo?’. Gli ho detto ‘a lui’, ma uno come fa ad assume’ se tu non crei lavoro, non crei occupazione? Ti sto a chiede’ proprio questo, dammi la possibilità di cresce’... Non lo capisce il ragazzo”. @PacelliValeria 7 Guardi il nostro appello ha una visione più nazionale. Noi ci siamo rivolti ai cittadini e alle cittadine italiane e molti nostri firmatari non sono romani. Si percepisce in sostanza più il bosco che i singoli alberi. Quindi per lei Marino deve restare al suo posto. Assolutamente. Anzi ne approfitterei per dire al M5s che ora hanno due possibilità: allearsi con le forze sane, oppure – ed è questa la scelta che prevalentemente fanno – di continuare a seguire la strada del “più le cose vanno male, più voti prendiamo”. Linea dettata dalla regia, ossia Grillo e Casaleggio. Gian Giacomo Migone Anche questa è una sua valutazione politica. Eh sì. Il sistema ormai è inceppato, questo tipo di scelte fa male a loro e alla democrazia val.pa. DECIDE PALAZZO CHIGI Lunedì la relazione al prefetto Lo scioglimento spaventa tutti di Lorenzo Vendemiale unedì può essere il giorno nero di L Ignazio Marino. O forse no. Sul tavolo del prefetto Franco Gabrielli arriverà la re- lazione della Commissione d’accesso agli atti del Comune di Roma sull’ipotesi commissariamento. Il documento che potrebbe rappresentare il primo passo verso la fine del suo mandato da sindaco. Ma secondo alcune indiscrezioni, la temuta relazione conterrà solo una ricostruzione dei fatti, delle infiltrazioni di Mafia Capitale in Franco Gabrielli LaPresse Campidoglio. Con mezzo Partito democratico implicato, certo. Ma senza riferimenti diretti al commissariamento. Sarà Gabrielli a decidere che peso darle. Ma ad oggi l’ipotesi di commissariare la Capitale resta una congettura. IL PERCORSO che porterà alla decisione fi- nale ha tappe ben scandite: entro lunedì la Commissione (composta dal prefetto Marilisa Magno, dal viceprefetto Enza Caporale e da Massimiliano Bardani) deve stilare un documento sull’operato delle ultime due giunte (Alemanno e Marino) alla luce delle acquisizioni dell’inchieLA PROCEDURA sta della Procura. Nessuna proposta. SpetAtteso un report che terà a Gabrielli dare un giudizio, e avrà 45 giorni non impone soluzioni di tempo per farlo. Podrastiche, poi tocca a trebbe prenderseli tutti, considerata la delicatezGabrielli, Alfano e Renzi. za del caso. A quel punto – fine luglio – porterà la Il timore dell’impatto sua relazione sul tavolo mediatico planetario del ministero dell’Inter- no: Angelino Alfano aprirà l’istruttoria ad agosto, e dovrà decidere se dare corso allo scioglimento. Nel qual caso il Consiglio dei ministri dovrebbe preparare un decreto, non prima dell’autunno. Sarà una scelta anche politica, ma determinata dal contenuto delle due relazioni, quella della Commissione prima, e di Gabrielli poi. PER TANTE ragioni oggi la soluzione più radicale sembra una pista difficilmente percorribile. Troppo lungo l’iter: la situazione va affrontata subito, perchè fra 4-5 mesi (quando l’ipotesi potrebbe concretizzarsi) sarebbe ormai tardi. Inoltre, sarebbe troppo complicato commissariare una metropoli di quasi tre milioni di abitanti. Non ci sarebbe soltanto l’Assemblea capitolina da rifare, ma anche consigli, assessorati e uffici di presidenza dei 15 municipi. “Un commissario dovrebbe venire a sostituire 526 persone”, aveva detto qualche giorno fa l’assessore alla legalità, Alfonso Sabella. E naturalmente la principale preoccupazione di chi dovrà decidere è il devastante impatto mediatico planetario che avrebbe il commissariamento della Città Eterna. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 8 POLITICA SABATO 13 GIUGNO 2015 B . a Segrate: ”La sinistra vuole rovinare Milano2” “NON PERMETTETE che la sinistra estrema che appoggia Paolo Micheli metta le mani su Segrate e su Milano2”. La campagna elettorale di Silvio Berlusconi per i ballottaggi torna a Segrate, la città dove l’ex Cavaliere era finito per sbaglio nel comizio del candidato di centrosinistra. Per evitare il Fatto Quotidiano malintesi, stavolta Berlusconi si è affidato a un volantino (ma era già tornato a Segrate venerdì scorso). L’accorato invito ai cittadini è di non lasciare la città al centrosinistra, per non mettere in pericolo il centro residenziale edificato da lui stesso negli anni settanta. “Ho costruito Milano2 più di 40 anni fa – si legge nel testo firmato Silvio Berlusconi, che non nasconde un pizzico di malinconia per i bei tempi andati – e ancora oggi è un modello copiato in tutto il mondo”. In caso di vittoria della sinistra – c’è scritto – la qualità della vita di Segrate e di Milano2 verrebbe messa a repentaglio. IL BAZAR PARLAMENTO TRA COMPRAVENDITA E FIFA DELLE MANETTE NEI CAPANNELLI A MONTECITORIO SI RESPIRA IL TERRORE DI UNA NUOVA TANGENTOPOLI E L’ANSIA PER LE POLTRONE. IN MOLTI SPERANO NELL’ACCORDO PD-VERDINI, CON FITTO DI RINFORZO di Fabrizio d’Esposito P ersino Khalid Chaouki, che è un giovanissimo deputato del Pd, di origini marocchine, a un certo punto non si trattiene e si allinea al mood imperante. Si avvicina ai cronisti e chiede, sorridendo: “Allora è fatta per Verdini? Che notizie avete?”. Dove per Verdini è da intendersi il plurinquisito berlusconiano, di nome Denis, che adesso sta per mollare la Casa Madre di Arcore per traslocare con il suo soccorso azzurro (una dozzina di senatori) nel recinto della maggioranza. “Non lo arrestiamo? Ma siete matti!” A Montecitorio si vota per i due giudici della Consulta e il viavai è molto intenso. L’aria pesa come piombo e lo dimostra la faccia cupa di Ugo Sposetti, senatore del Pd ed ex tesoriere dei Ds. Di solito, quando si appalesa, deambula per il Transatlantico cazzeggiando con tutti. Stavolta, invece, va dritto senza fermarsi. Non è solo Matteo Renzi a stare chiuso nel suo bunker di Palazzo Chigi. Anche i nominati di questo Parlamento edizione 2013 si sentono assediati e vedono più lontana la fatidica meta del 2018, fine naturale della legislatura e garanzia certa del vitalizio per tutti gli esordienti, quelli di primo pelo. Il terrore per Mafia Capitale e per i guai di Ncd, il partitino impresentabile di Angelino Alfano, tra l’arre- Visto da vicino stando Azzollini e l’indagato Castiglione (sottosegretario), sono un blob nerissimo che ottunde e deprime l’umore generale. In un capannello di osservanza renziana si commentano le polemiche sulle manette per Azzollini, “anticipate” da Matteo Orfini, presidente del Pd, senza leggere le carte. Sintesi finale: “Non lo arrestiamo? Ma siete matti! Se non votiamo sì tutto questo casino di Mafia Capitale ci ammazzerà”. Ecco la chiave: l’arresto del prode moderato pugliese, che minaccia piogge dorate in bocca alle suore, è un argine al potenziale disastro modello ‘92, il Parlamento di Tangentopoli. È l’unico SOSPETTI E SALUTI Cicchitto (Ncd): “I pm attaccano noi per arrivare al premier”. I dubbi dei dem su Marino. Mentre Biancofiore vuole lasciare Forza Italia paragone possibile. Aspettando cappi e monetine In questo senso va lo sfogo di uno che c’era anche allora. L’ex socialista Fabrizio Cicchitto, poi berlusconiano infine alfaniano. Cicchitto non flette dalla sua vocazione ipergarantista: “Le procure attaccano Ncd per arrivare a Renzi. È l’uso politico della giustizia”. Renzi come Berlusconi e prima ancora la Dc. Non solo: ieri il Psi, oggi il Pd. Quanto manca per i cappi e le monetine? In un angolo si svolge un’altra variante del dramma democrat. Stefano Esposito è un puntutissimo senatore di Torino e adesso fa il commissario a Ostia, a combattere la mafia rossonera, nel senso Buzzi e Carminati. Compulsa lo smartphone, fuma, richiama un numero, cade la linea, riprova, maledice l’intero sistema di telecomunicazioni, parla con “Filippo”, poi niente, chiama “Matteo”, telefonino staccato e faccia sfatta per il pessimismo. Una tragedia. È pomeriggio e non si hanno notizie sulla sorte di Ignazio Marino. In ansia per “Ignazio” La saldezza del giro di Denis Il venticello del cortile di Montecitorio consegna una voce clamorosa: “Renzi mollerà Marino”. Poi non sarà così, ma sono in molti a correre come formiche e ad agitarsi per questo. Conclude Esposito: “Speriamo non sia così, è sbagliato scaricare il sindaco, se non si ripulisce la macchina amministrativa è inutile mandarlo a casa. E poi vogliamo dirla tutta: a Roma non vinceremo tra un anno, né tra due o tre, temo”. Alla fine della Prima repubblica, dietro l’angolo spuntò Berlusconi. Ora le alternative sono Grillo e VOLTI DA FILIERA Denis Verdini. A destra, dall’alto, Fabrizio Cicchitto e Stefano Esposito Ansa Salvini. La paura aumenta. Resistere, resistere, resistere. I più saldi sono i verdiniani che si apprestano al grande salto annunciato nella maggioranza renziana. Il loro sistema nervoso ha affrontato partite forse peggiori. Come l’indimenticabile 2010 dei Responsabili di Scilipoti, Razzi e tantissimi altri per tamponare la scissione di Gianfranco Fini dal Pdl. Il gruppo che salverà il premier al Senato parla soprattutto dialetti del sud. In particolare della Campania e di Napoli. A Palazzo Madama, i verdiniani possono addirittura arrivare a 15. Dentro c’è, per esempio, Riccardo Villari che fu presidente “abusivo” della Vigilanza Rai. Era della Margherita ma fu eletto coi voti decisivi del Pdl. È stato democristiano, buttiglioniano, mastelliano, margheritino, autonomista e ora verdinian-renziano. L’eroe D’Anna e i dolori della Biancofiore L’eroe di questo gruppo è il roboante Vincenzo D’Anna, l’ex cosentiniano che ha fatto vincere De Luca in Campania con una lista che ha fatto esplodere la polemica sugli impresentabili. D’Anna proclama: “Berlusconi è morto. In senso politico, ovviamente. Resteranno lui la Rossi e la Pascale”. Finanche LA STORIA SECONDO MATTEO di Michaela Biancofiore, berlusconiana senza se e senza ma, fa filtrare le voci su un suo possibile addio, tipo Sandro Bondi. Andrebbe però nel gruppo misto, senza seguire i verdiniani o i fittiani. Già, i fittiani. Un altro campano, Ciro Falanga, teorizza l’unione tra i due gruppi. Si arriverebbe quasi a 30, al Senato. In ogni caso, per tutti, la promessa è una sola: arrivare al 2018 senza rischiare di andare prima a casa. Se poi esserci un rimpasto tanto meglio. Nel bunker di Montecitorio prende forma la maggioranza Renzi-Verdini con quel che resta di Alfano. Manette permettendo, s’intende. Andrea Scanzi Le invasioni inesistenti di Renzi C on quelle pause di otto ore, roba che in confronto Celentano parla troppo svelto, e quell’ars oratoria da comparsa nei film minori di Giovanni Veronesi, Matteo Renzi si è rivelato anche un finissimo storico. Balbettando come un pesce palla senz’acqua e inseguendo vanamente uno sguardo che anche solo sembrasse intelligente, Renzi ha di recente dato lezioni a Bruno Vespa. “Nel ‘700, ‘800, ‘900… si occupavano militarmente altri stati”. Toh, buono a sapersi. Poi, implacabile, la zampata del fenomeno: “Noi ci prendevamo l’Istria, Nizza e la Savoia”. Quando Vespa gli ha fatto notare che al massimo quell’invasione era capitata al Risiko di Rignano, Renzi si è puntualmente comportato come gli alunni fanfaroni, quelli che alle interrogazioni non ne beccavano mezza e poi davano la colpa alla lavagna cattiva o alla cimosa fascista. Così, minimizzando nervosamente, ha farfugliato qualcosa tipo: “Va be’, non state lì a fare i precisini”. Poveretto: in confronto, i “Romolo e Remolo” di Berlusconi assurgono a Vangelo. Barbara Lezzi (M5S) “Azzollini comanda i senatori con gli occhi” di Luca De Carolis zzollini ha sempre comandato la commisA sione con gli occhi, respingendo regolarmente correzioni o cambi di programma. Ma il caso della Divina Provvidenza ha cambiato tutto: e il Pd pensa già al sostituto”. Barbara Lezzi (Cinque Stelle) è la vicepresidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama: il regno di Antonio Azzollini, senatore del Nuovo Centrodestra di cui la Procura di Trani ha chiesto l’arresto per bancarotta fraudolenta, in seguito al crac della casa di cura Divina Provvidenza a Bisceglie. Il 62enne di Molfetta (Bari) presiede la commissione dal 2008 (ma l’aveva già “diretta” tra il 2001 e il 2006). Lezzi racconta il suo metodo per gestire l’organo che emana pareri preventivi su tutti i disegni di legge e gli emendamenti del Parlamento, stabilendo se siano dotati delle coperture economiche. Come si lavora con Azzollini? Lui non presiede, bensì dirige la commissione, a suo piacimento. Le sedute durano un quarto d’ora la Barbara Lezzi, vicepresidente commissione Bilancio Ansa mattina e un quarto d’ora il pomeriggio. Azzollini prepara il lavoro nella sua segreteria, poi presenta tutti i pareri già pronti e compilati. Non vuole mai votare, nonostante le insistenze di noi dei 5Stelle. “Non ce n’è bisogno, la maggioranza è d’accordo” risponde. Poi guarda i membri dei partiti di governo, e sono sempre sguardi d’intesa. Su cosa siete più entrati in contrasto? Nel dicembre 2013 passò l’emendamento di Azzollini con l’ennesima proroga delle agevolazioni fiscali anche per la Divina Provvidenza: ma in quella legge di Stabilità inserirono tanti altri stanziamenti, per un totale di quasi un miliardo. Noi ci Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info opponemmo a questo “marchettificio”, ricordando che la legge di contabilità vieta interventi micro-settoriali. E lui rispose in modo sprezzante: “Se il Parlamento avesse davvero voluto vietare questi stanziamenti, avrebbe previsto nella Costituzione il principio della legge di contabilità”. Non riuscite mai a correggere i pareri? Tende a respingere tutti i nostri emendamenti, anche perché quando entra in commissione ha già chiuso l’accordo con la maggioranza. Quando gli serve cita l’articolo 81 della Carta, che prevede l’obbligo del pareggio di bilancio. Ma se ha altre esigenze non ne tiene conto. Raccontano che sia molto considerato. Parla raramente in aula, ma quando lo fa cala il silenzio, e dopo i suoi interventi riceve molti complimenti. È potente, perché accontenta e garantisce tutti. Quando serve trova sempre la copertura economica per il provvedimento che gli preme, la classica “pezza”. Tre giorni fa per il senatore è arrivata la richiesta d’arresto. Come ha reagito? Giovedì scorso ha convocato per il pomeriggio la commissione, per accelerare l’esame del disegno di legge sulla scuola. Ed è strano, perché noi lavoriamo sempre martedì e mercoledì. Cosa rappresenta questa novità? Renzi voleva rallentare sul ddl, e lui invece ha velocizzato. Suona come uno sgambetto, ma soprattutto come un modo per ricordare che questa partita la gestisce anche lui. Il Pd pare orientato a votare a favore dell’arresto. Non vedo come possano fare diversamente, vista anche la bufera di Mafia Capitale. Di certo Azzollini non può mantenere la carica di presidente. E infatti si parla già del sostituto. Chi potrebbe essere? Il nome che circola è quello di Linda Lanzillotta (Pd, ex Scelta Civica, ndr): in ottimi rapporti con Azzollini. E lui cosa dice? In commissione ci ha assicurato di essere “molto sereno” e che vuole andare avanti. Ma non è accettabile. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info POLITICA il Fatto Quotidiano ICorte guai di De Luca: dei conti e compagna imputata Alla ventura di Antonello Caporale C orrado Passera, un fuoco le arde dentro e non c’è niente da fare. Niente, dal liceo, dai comitati studenteschi, da quando hai 18 anni e già in testa la voglia di fare bene qualcosa per il bene di tutti. Poi non te ne liberi più. Perché un banchiere ricco si ritrova a fare il politico povero e trascurato da tutti? Perché spende i suoi soldi per andare a Uno Mattina? E perché gli italiani non lo capiscono? E perché invece lui pensa che lo comprendano? E di cosa è contento? Mi piace che finalmente qualcuno mi faccia queste domande. Ogni volta che la vedo in tv mi domando come sia stato possibile che Corrado Passera... Alt, la fermo. Quel che sono oggi è il risultato della fatica di ieri, è il senso del dovere, di un impegno per la collettività che non mi ha mai lasciato in pace. In tutti i luoghi in cui ho svolto il mio mestiere di manager sono stato accompagnato da questo desiderio. L’INCUBO del termovalorizzatore di Salerno tormenta Vincenzo De Luca. Non bastavano il processo, la condanna per abuso d’ufficio, la legge Severino, l’inevitabile e imminente sospensione da governatore della Campania. Si è mossa anche la Procura regionale della Corte dei conti, che sulla scorta della sentenza di primo grado del Tribunale penale ha notificato all’ex sindaco e alle altre persone coinvolte un invito a dedurre. Si ipotizza un danno erariale da 130.000 euro. A tanto sarebbe ammontato lo spreco prodotto dalla struttura messa in piedi da De Luca nel 2008 in SABATO 13 GIUGNO 2015 qualità di sub commissario di governo per la realizzazione dell’impianto, previsto a Cupa Siglia e rimasto solo sulla carta. L’invito a dedurre non è una condanna, ma una sorta di avviso di garanzia del procedimento contabile. Non è l’unica brutta notizia per l’ex sindaco di Salerno: la sua com- 9 pagna, l’architetto Marilena Cantisani, è stata rinviata a giudizio (anche lei per abuso d’ufficio). L’indagine riguarda un presunto abuso commesso dalla Cantisani nel ruolo di dirigente del servizio Trasformazioni edilizie del Comune di Salerno. (vin.iur.) Corrado Passera “Ora mi prendete tutti in giro Ma sopporto: tanto vinco io” Un po’ no. Ma è esattamente questa la ragione! Voglio dimostrare che quell’azienda può ritornare a essere un perno della società. E quei lavoratori afflitti devono ritrovare l’orgoglio di essere parte di una grande impresa sociale. M’invento il bancoposta. L’azienda decotta torna a splendere. Pare che i postini siano di nuovo nei guai. Vado a fare il banchiere. Creo Intesa San Paolo, do vita a Banca Prossima, la prima banca etica. Secondo lei perché lo faccio? Per il fuoco che le arde dentro. Per il piacere di servire l’Italia. È proprio così! E anche Alitalia. Confermo. Alitalia però non è venuta benissimo. Sbaglia. Facciamo reset un attimo. Non lo avevamo capito, purtroppo. Ripercorro brevemente la mia carriera. Lascio il mondo dei giornali che mi affascinava, ero il capo azienda dell’Espresso, un gruppo editoriale straordinario, per dimostrare che andare alle Poste, cioè in un baratro, non era frutto di un colpo di sole ma di una scelta ponderata. Perché lo faccio secondo lei? Lo fa per il bene del Paese. Non è convinto. Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info Mi chiama Giulio Tremonti per tentare un rilancio e gli dico: non c’è altro da fare che suggellare il fallimento. Ha divorato soldi pubblici, ora basta. Io cerco nel mondo intero qualcuno che la prenda. Niente da fare. Allora mi do l’ultima chance: salvarla per quanto si poteva, farla vivere nelle forme che si poteva. Salvare il massimo dei dipendenti e recuperare il massimo della reputazione possibile. Metto insieme una cordata che sul piatto investe un miliardo e mezzo. E la salva. La cordata ancora maledice quel giorno. Il punto centrale mi pare sia: ovunque andasse aveva l’Italia in testa. Scrivevo, proponevo, illustravo. Ha scritto il piano per salvare l’Italia e Napolitano la convocò con urgenza. Erano 150 pagine. Vuole che lo illustri? Per sommi capi. Manovra da 500 miliardi di euro. Un elenco dettagliato, minuzioso, perfetto per indicare la via della salvezza. Monti ne fece carta straccia. Non l’ha capito, non ci ha creduto. Amarezza. Non tutte le cose vanno a piattino. Ci sono investimenti che danno subito utili e altri più complicati. Amarezza, sì. Si chiama capitale di rischio, per l’appunto. Le hanno tarpato le ali. Anche i banchieri sbagliano. Alla sua banca quanto ha fatto spendere? Da ministro è parso che non sia riuscito a dare il meglio. Su questo devo convenire. Ho dato meno di quanto potessi. Numeri alla mano a quest’ora, se si fosse fatto la metà di quel che prescrivevo... Un centinaio di milioni di euro. Perciò ha scelto di farsi il partito e non dare più retta a nessuno. Le costerà un sacco di soldi. I soci che ho messo insieme hanno ancora il 50 per cento di Alitalia. Vedrà che col tempo si rifaranno. Mi costa, sì. Ne ho parlato in famiglia e abbiamo deciso di comune accordo. Mettiamoci una croce sopra. Lei spenderà tutti i soldi della liquidazione. Investo i miei soldi, non tutti i soldi. L’UMILE SERVITORE Ho creato banche, ho salvato Alitalia e avevo un piano per far rinascere il Paese, ma Monti non ci ha creduto. Ho lasciato uno stipendio milionario per il bene comune La liquidazione da Banca Intesa. Dieci milioni di euro, e uno stipendio di un milione e mezzo l’anno a cui ho detto bye bye. Ancora non ci credo. A cosa non crede? La famiglia lo sa? Crede che queste cose si decidono senza il consenso della famiglia? Però non spende mica tutto, per fortuna. Spendo quel che posso in ragione dell’obiettivo che ho. Ho chiesto anche a degli amici di aiutarmi e dare una possibilità all’Italia di uscire fuori dalla melma. Temo che gli italiani non si sentano pronti a Italia Unica. I sondaggi ci dicono altro. I giornalisti la guardano con sufficienza. Nota anche lei i ghigni, i sorrisetti? Subisco in silenzio. Per quella foto con il bavaglio davanti al Parlamento è stato sbeffeggiato. L’Italicum mina la democrazia e lascia nelle mani di uno solo il governo, il Parlamento, la Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale. Dovevo fare qualcosa di eclatante. Mi ha molto colpito il bavaglio in sé. Non l’ha fatto alla Pannella, alla cheyenne, diciamo così, col fazzoletto a coprirle tutta la bocca. Si è imbavagliato come fosse stato rapito. Non sono espertissimo, di bavagli. È stata mostruosa la sua campagna pubblicitaria. Ci sono stati giorni in cui lei compariva dovunque. Chissà quanti milioni di euro. In tutto è costata 145 mila euro. L’abbiamo fatta in gennaio: spazi vuoti, prezzi da discount. Come vede ciò che appare non è. Però campagna un po’ sfortunata. Il giorno della convention di Italia Unica si eleggeva il nuovo presidente della Repubblica. Non potevamo spostare un appuntamento deciso da mesi. Una questione di serietà. Ora guarda a Milano. Vuole fare il sindaco. Crede che abbia fatto male i conti? È lei il banchiere. Vecchia vita quella. Non ritorna più. Sento che se la giocherà al fotofinish. Non ci crede ancora, ma presto si ricrederà. POZIELLO L’“eretico” che provoca il Pd ntonio Poziello va avanti e continua a “proA vocare” il Pd. Il candidato sindaco di Giugliano, che nonostante la vittoria nelle primarie è stato fermato dal Partito democratico per un rinvio a giudizio risalente a una vicenda di otto anni fa, non si scoraggia per la “scomunica” dei suoi ex compagni. Giovedì aveva ricevuto la visita e l’appoggio di Vincenzo De Luca. Ieri ha rilanciato, nel giorno di chiusura della campagna elettorale: “Io appartengo al Pd. Non mi sento un eretico e per questo invito tutti gli elettori della sinistra a votarmi”. Il suo ex partito a Giugliano non è arrivato al ballottaggio. E Poziello gongola: “Qui la sinistra sono io. Io e Vincenzo De Luca vogliamo cambiare questa città”. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 10 POLITICA SABATO 13 GIUGNO 2015 P“C’èuglia, Prefettura: un errore nella legge elettorale” C’È UN PROBLEMA nella legge elettorale con cui gli elettori pugliesi sono andati a votare. A evidenziarlo è stata la Prefettura di Bari, che lo scorso 12 giugno ha inviato una lettera ai presidenti della giunta e del consiglio elettorale e dell’ufficio centrale regionale presso la corte d’appello. “Al riguardo - si legge nel documento che il Fatto ha potuto visionare - lo scrivente gruppo di lavoro (di cui fa parte anche la so- il Fatto Quotidiano cietà Innova Puglia, che ha il compito di elaborare i dati elettorali e di restituirli in prima istanza al Ministero degli Interni e poi renderli pubblici, ndr) incaricato di curare l’organizzazione di tutte le attività necessarie a garantire il regolare svolgimento delle operazioni elettorali, ha avuto modo di rilevare l’esistenza di un errore materiale in sede di stesura definitiva del testo (...) che si ritiene debba essere Venezia, M5S fa da arbitro “FI è peggio di Casson” A DUE GIORNI DALLE URNE, GLI SFIDANTI ADERISCONO A I 5 PUNTI DEL PROGRAMMA DEI GRILLINI. CHE PERÒ ATTACCANO IL CANDIDATO DI CENTRODESTRA BRUGNARO C accia all’ultimo voto, per Felice Casson e Luigi Brugnaro, domenica al ballottaggio per diventare sindaco di Venezia. Ieri Casson, buon calciatore della nazionale magistrati, ha realizzato due gol: il Comitato No Grandi Navi (che si oppone al transito in laguna delle imbarcazioni da crociera) si è schierato ufficialmente per il candidato del centrosinistra; e il Movimento Cinque Stelle (che invece ufficialmente non si schiera) ha fatto qualche passo verso il senatore del Pd, dopo che questi ha sottoscritto i cinque punti di programma chiesti dal movimento fondato da Beppe Grillo. I Cinquestelle restano fermi nella loro scelta di non dare indicazioni di voto, malgrado gli appelli di Stefano Rodotà, di Ferdinando Imposimato e di tanti altri vicini al movimento. La loro linea è stata quella di proporre a entrambi i candidati di sottoscrivere cinque punti del loro programma. “Su questa base i nostri elettori si faranno un’idea”, ha detto Davide Scano, il candidato sindaco del M5s. Sono punti molto tecnici e molto dettagliati, che vanno dall’alleggerimento della macchina comunale all’accorpamento delle società partecipate, dalla modifica delle scelte urbanistiche alle trasformazioni della viabilità, fino al divieto delle grandi navi di passare in laguna. Ieri li hanno sottoscritti, proponendo qualche modifica, entrambi i candidati al ballottaggio. Casson è stato quello che più si è avvicinato alle richieste del M5s: “Sono punti già compresi nel mio programma”, ha dichiarato. Pesa soprattutto il quinto punto, quello sulle grandi navi: Casson è completamente d’accordo di estromet- molto vicina”, risponde a distanza Casson, “e mi hanno fatto piacere gli appelli a mio favore di persone come Stefano Rodotà e Ferdinando Imposimato, i loro candidati alla presidenza della Repubblica. Siccome io li rispetto, non mi metto a chiedere accordi. Quei punti, però, li faccio miei”. Gli sfidanti di domenica, Luigi Brugnaro e Felice Casson LaPresse tere dalla laguna i bestioni da crociera ed è contrario a scavare nuovi canali per farli arrivare in porto, con il risultato di danneggiare l’ecosistema lagunare; Brugnaro, invece, propone di far passare le navi da Malamocco-canale dei Petroli-canale Vittorio Emanuele, una soluzione ancora in discussione dal punto di vista tecnico. I CINQUESTELLE, incassate comunque le firme dei due, a questo punto lasciano la scelta agli elettori, a cui chiedono di “valutare quale dei due candidati sia il meno dannoso”. Ma un’indicazione arriva anche dalle parole di Davide Scano, che ha definito Brugnaro “un mini-Berlusconi che si proclama renziano e che alla fine si è tirato dietro Forza Italia e Ncd al primo turno, e ora la Lega e Fratelli d’Italia”. Comunque, prosegue Scano, “a chi oggi ci vuole tirare per la giacchetta dico che se i vene- SEGNALI-CODICE Il pentastellato Scano: “È un mini Berlusconi renziano”. A far pendere l’ago della bilancia per l’ex pm, il no secco al transito delle grandi navi ziani volevano rovesciare il tavolo dovevano votare noi, e non darci solo il 12 per cento. Venezia poteva essere un’altra Parma. È un Comune che per colpa del Pd locale ha 1 miliardo e mezzo di debiti, 200 milioni di derivati, 10 mila dipendenti. Lo scandalo Mose è solo la punta dell’iceberg di un sistema che è prosperato all’ombra del clientelismo”. “A parte il candidato sindaco, sento la base dei Cinquestelle PIÙ DIRETTO il Comitato No Grandi Navi: “Felice Casson, che noi tutti conosciamo come persona onesta e capace, può essere elemento di garanzia per un vero cambiamento della gestione del Comune di Venezia e per la risoluzione di molti problemi per i quali in questi anni abbiamo lottato”. Così dice un comunicato del comitato, che indica la necessità di sconfiggere “la lobby che vuole mantenere comunque le grandi navi all’interno della laguna e che propone soluzioni devastanti e inaccettabili come lo scavo del Canale Contorta o lo scavo del Canale Vittorio Emanuele (progetto inesistente e riesumato nella campagna elettorale da Brugnaro)”. Al primo turno, proseguono i No Grandi Navi, “ognuno di noi ha votato secondo coscienza per diversi schieramenti politici e per diversi candidati sindaci. E molti, nauseati da quanto era successo precedentemente, non hanno votato”. Ma ora “vi invitiamo tutti ad andare ai seggi elettorali e votare per Felice Casson”. Anche perché la lista più votata al primo turno non è stata quella del Pd, ma quella civica “Felice Casson Sindaco” che farà eleggere in consiglio comunale “nuovi consiglieri non compromessi nelle gestioni precedenti”. Lo scandalo Mose continua a pesare. Domenica notte sapremo come finirà la sfida. G. B. prontamente corretto per consentire l’attività che il gruppo è stato chiamato a svolgere”. A causare l’errore, una differenza tra i commi modificati da un emendamento approvato in giunta riguardo ai criteri di conteggio dei voti: “L’errore potrà essere sanato con il procedimento dell’errata corrige“. Altrimenti non si riusciranno a effettuare i conteggi. Con il rischio di invalidare tutto. Appello degli ex pd Per una svolta verde La Laguna al voto rischia l’abbuffata di “grandi opere” di Roberto Della Seta e Francesco Ferrante omenica prossima i veneziani sceglieranno il loro D nuovo sindaco. In lizza al ballottaggio vi sono Luigi Brugnaro, candidato di Forza Italia e Lega, e Felice Cas- son, espressione di un vasto (dato non comunissimo in questo turno elettorale) schieramento di centrosinistra. È un voto amministrativo, però la sua portata è più larga. Schematizzando ma non troppo, si può dire che Casson e Brugnaro incarnino due idee di Venezia, in generale due idee di città tra loro assai lontane. Venezia non è soltanto un luogo di infinita bellezza. È stata anche negli anni recenti uno dei simboli – simbolo in questo caso negativo – di alcuni dei mali endemici di cui soffre l’Italia: l’abbuffata delle “grandi opere”, con il Mose che ha inghiottito miliardi di denaro pubblico e seminato corruzione “bipartisan”; e poi con Porto Marghera area industriale immersa nella città che ha lasciato un’eredità pesantissima di inquinamento -, il modello di uno sviluppo fondato sul saccheggio dell’ambiente e della salute e che nemmeno ha creato lavoro stabile e vera ricchezza. RISPETTO a tutto questo Felice Casson rappresenta una indiscutibile alternativa, per la proposta di governo con cui si è presentato al giudizio dei suoi concittadini e soprattutto per la sua storia: un'alternativa convincente anche per quella parte di elettori veneziani che al primo turno ha votato per il candidato dei Cinquestelle Davide Scano. Da magistrato fu Casson a “scoperchiare” il disastro ambientale di Marghera; da parlamentare si è sempre battuto contro la logica delle “grandi opere”, che fossero le costosissime e probabilmente inutili dighe mobili del Mose o il progetto odierno e ancora più insensato di scavare un nuovo canale (Contorta) per consentire alle grandi navi da crociera di scorrazzare ai piedi di San Marco. Casson sindaco, insomma, sarebbe non soltanto un prezioso presidio di legalità per una città umiliata da scandali e corruzione (suo uno dei meriti principali per l’approvazione definitiva pochi giorni fa della legge sugli ecoreati), ma aprirebbe per Venezia una pagina di sviluppo fortemente innovativa: una pagina nella quale le vecchie parole “grandi opere”, industria inquinante, amministrazione opaca, lascino il posto a quella prospettiva di “green new deal”, di economia verde, di sostenibilità ambientale che è la sola base solida su cui costruire per i veneziani un futuro all’insegna del lavoro e della qualità sociale. PAITA CONTRO ORLANDO Liguria, nel Pd finisce a insulti e “pattoni” di Ferruccio Sansa ra ti prendo a pattoni”. Il dibattito O nel Pd ligure è roba di pugni più che di correnti. Come ha dimostrato alla Spezia lo scambio di “vedute” tra il presidente del porto, Lorenzo Forcieri, e il segretario provinciale uscente, Juri Michelucci (quello dei “pattoni”). Basta? No, c’è Raffaella Paita, la candidata sconfitta, che ai presenti ha dato l’impressione di accusare il ministro Andrea Orlando (pure lui presente) di essere un piromane di schede. A quel punto nella sala della federazione Pd c’è stato un attimo di gelo: “Dove siamo finiti!”, sospira un militante dei tempi del Pci. Immaginate la sede del partito: via Lunigiana, alle spalle della ferrovia. Intorno alcune facce che si vedevano ai tempi del Partito, di Berlinguer. Adesso sgranano gli occhi. Un match in due round: il primo martedì sera, il secondo ieri. Al centro c’è lei, Raffaella Paita. La candidata sconfitta che pare non rassegnarsi ai risultati. “È una bomba che non riusciamo a disinnescare”, allarga le braccia un pezzo grosso del partito. Addirittura ai presenti Paita pare ventilare l’accusa che Orlando (lui pure spezzino) abbia fatto bruciare le schede delle primarie per il Parlamento: “Sono state contestate le mie primarie, ma Orlando dimentica quelle del 2013”. Brusio in sala, l’allusione sembra essere Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info alla consultazione nel Pd stravinta da Orlando. In particolare al comune di Sarzana. Possibile che Paita si spinga a questo punto? “Era una furia, le tremava la voce, pareva stesse per piangere…”, racconta uno dei dirigenti presenti. Orlando incendiario? Macché, mai detto, ha smentito ieri Paita. Il ministro, parlando con i suoi amici, ha sorriso: “La contestazione all’epoca non riguardava mica me… ma il secondo e terzo classificato. Io che c’entro?”. Ma le schede? “Le bruciano sempre, i verbali del voto, però, ci sono ancora”. Intanto “Lella” va avanti come un treno: “Se l’è presa con tutti, mancava Obama. Da Pastorino a Cofferati, da Orlando a Marco Doria. Ha parlato di un “sistema Genova” che non l’ha sostenuta… e noi abbiamo sgranato gli occhi: ma era lei la candidata di Burlando e del potere genovese”. MARTEDÌ SERA, l’obiettivo principale è stato il presente Orlando (il ministro c’era anche ieri sera e ha cercato di mantenere un aplomb british): “Lui non si assume mai le responsabilità delle sue sconfitte. Critica me che da bersaniana sono passata con Renzi. Mentre lui fa il renziano a Roma e il cuperliano alla Spezia”. Nella sala c’è chi guarda l’orologio sperando che il fiume in piena si fermi. E Orlando? “Io non sono renziano a Roma e nemmeno burlandiano in Liguria. Non potevo certo R. Paita e A. Orlando LaPresse fingermi burlandiano perché lui diceva di essere un rottamatore”, racconta al Fatto. Poi tenta un’analisi del voto: “Non voglio giudicare Burlando, ma il suo sistema era in fase calante. Pastorino non è la causa, ma l’effetto”, conclude il ministro. Il resto delle sedute è difficile da raccontare: urla, minacce, insulti. E pensare che Claudio Burlando aveva detto: “Questa sconfitta deve essere occasione per un esame di coscienza”. Forse dopo il gong. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info ECONOMIA il Fatto Quotidiano G rexit più vicina Ma Atene: “Pronti al compromesso” ATENE SI PREPARA al compromesso: "Siamo più vicini che mai a un accordo, domani ci sarà un nuovo incontro e un altro piano”. Ma la Germania inizia a pensare all'uscita della Grecia dall'euro e spaventa le Borse dove scattano le vendite: crolla la Piazza di Atene che chiude perdendo il 6%. Per la Bild, il giornale tedesco più vicino alle posizioni dei falchi dell'Eurozona, “anche Angela Merkel si prepara a una Grexit”, soprattutto dopo il nulla di fatto al termine dell'incontro a tre con il presidente francese Hollande e il premier greco Tsipras. Il portavoce del governo tedesco però ha smentito il gior- SABATO 13 GIUGNO 2015 nale: “Lavoriamo affinché la Grecia resti un membro dell'Eurozona". E così mentre i falchi insistono perché Atene prenda "misure difficili”, il governo greco controbatte: “Senza un'intesa nessun rimborso al Fmi a fine giugno. Non accettiamo altri tagli a stipendi e pensioni, i discorsi tecnici sono finiti, 11 ora tocca alla politica”. Insomma la situazione torna a complicarsi proprio mentre dalla Grecia i dirigenti di Syriza, il partito di sinistra del premier Alexis Tsipras, iniziavano a preparare i colleghi di partito e la gente alla possibilità che il governo sottoscriva un accordo. EXPO, GARA FATTA COI PIEDI IN RITARDO TUTTI I GADGET A CAUSA DI UNA PROCEDURA NATA E GESTITA MALE, IL PADIGLIONE OVS-EXCELSIOR CHE VENDE MAGLIETTE E ACCESSORI È STATO INAUGURATO DOPO UN MESE di Gianni Barbacetto Milano P otete immaginare Disneyland senza le felpe di Topolino? No. Ebbene, Expo è riuscito a far partire la sua Disneyland a Milano senza le felpe, le t-shirt, l’abbigliamento e i prodotti commerciali marchiati Expo. Solo ora, a un mese dall’apertura dell’esposizione, è caduto l’ultimo telo bianco di camouflage ed è finalmente comparso sul “decumano” lo stand Ovs-Excelsior che vende il marchandising. Con un danno economico che si avvicina al milione di euro. Tutta colpa di una gara fatta male. Da manager che guadagnano, come il commissario Giuseppe Sala, 430 mila euro l’anno, sono assunti a tempo indeterminato (per una manifestazione che du- MOSE Slitta di un anno Costi su di 5 milioni a fine dei lavori del Mose, la grande opera che L dovrebbe difendere Venezia dall’acqua alta, avverrà solo a giugno 2018, e non a metà 2017 com’era previsto. Il rinvio era nell’aria ma è stato ufficializzato nell’atto integrativo che ha modificato la convenzione vigente. E non è tutto: dai conti della delibera spunta anche un aumento di 5 milioni di euro dei costi, che riguarda i lavori alla bocca di porto di Chioggia, il centro operativo e le indagini tecniche. Il calvario del Mose continua. Dopo l’indagine per frode fiscale nel 2013, e lo scandalo corruzione del 2014 che aveva portato in manette tra gli altri anche l’ex sindaco Orsoni, arriva un ulteriore rinvio nella consegna del progetto. Già il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaela Cantone, aveva posticipato di mezzo anno l’originaria scadenza di fine 2016. E i commissari aggiungono: “Il nuovo termine di ultimazione potrà essere rispettato solo qualora le risorse vengano rese effettivamente disponibili”. Lo slittamento, insomma, non è stato il primo e potrebbe non essere l’ultimo. ra sei mesi) e magari puntano, dopo, a candidarsi sindaco di Milano. La storia inizia nella primavera 2014, quando vengono aperte le buste della gara per il “retail & marchandising partner”, ovvero per trovare chi realizzerà ideazione, creazione e vendita di abbigliamento e prodotti commerciali con il marchio Expo. Un business che vale 5-6 milioni di euro per chi lo gestisce e porta il 7 per cento in ro- ERRORI SU ERRORI L‘assegnazione affidata a manager ben pagati che si sono poi rivolti a consulenti esterni. Diffusi anche dati che invece erano segreti yalty alla società Expo spa. Viene dichiarata vincitrice la Rinascente. Seconda arrivata, e sconfitta, Coin-Ovs-Excelsior. Eppure l’80 per cento del punteggio di gara era assegnato all’efficienza della rete, mentre il 20 per cento riguardava la qualità del marchio. Ora, Coin-Ovs-Excelsior ha la rete di vendita più grande d’Italia, ben più capillare di Rinascente. Non solo: la gara deve svolgersi in piena riservatezza. Invece quei furboni di Expo si affidano, per valutare le offerte dei partecipanti, a consulenti esterni, facendo uscire dalla commissione esaminatrice dati che dovevano restare ben chiusi nei loro cassetti. RISULTATO: Coin ricorre ai giu- dici amministrativi. E vince. Vince tre volte. Coin ha ragione, Expo ha torto, sentenziano i giudici amministrativi. La gara fu “illegittima”. La commissione che la gestì “ha violato il principio di segretezza, che è presidio dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa”. La commissione giudicatrice di Expo, prima dell’apertura delle buste, affida infatti a un consulente esterno la valutazione del valore da attribuire ai “piani di promozione e visibilità” presentati dai due partecipanti. Questi risultati arrivano ai commissari prima che questi aprano le offerte: “In palese violazione”, scrivono i giudici del Tar, “del principio della necessaria precedenza dell’offerta tecnica rispetto alla valutazione economica”. Insomma: pasticcioni, questi sapientoni dell’Expo, che infrangono “il principio di segretezza” che deve essere “inderogabilmente” rispettato. Primo smacco per Expo: una bacchettata sulle dita che costa 12 mila euro di spese legali. Sala ricorre al Consiglio di Stato. Questo però non solo conferma la decisione dei primi giudici, ma aggrava la situazione, TEMPI MORTI Il mercatino provvisorio che vendeva t-shirt marchiate Expo prima che venisse inaugurato il padiglione Ovs-Excelsior. A destra, Foody, la mascotte Expo Ansa stabilendo che il ricorso a un consulente è stato “un illegittimo affiancamento” di un “soggetto valutante” esterno: la commissione di gara di una società pubblica deve invece essere in grado di fare tutte le valutazioni, senza aiutini. SALA non si dà per vinto. Invece di accettare le sentenze, revoca la gara: “Ormai siamo troppo in ritardo”, ammette, “e l’attività assegnata non sarebbe più economicamente vantaggiosa”. Coin non ci sta e ricorre ancora al Tar, che di nuovo stabilisce che il ricorrente ha ragione: la revoca è illegittima. Alla fine Coin apre il suo shop Ovs-Excelsior sul “decumano”. Ormai però il mese di maggio è perso e con esso, prevedibilmente, quasi 1 milione d’incassi. Per Expo spa, significa una perdita di 70 mila euro. Noccioline. Saranno recuperate nei mesi prossimi? No, prevedono i manager di Coin. Inferociti. Perché? I primi giorni d’apertura, gli affari sono andati a gonfie vele; ma poi davanti allo shop Ovs-Excelsior è stato piazzato uno dei “mercati” di Dante Ferretti che presentano italici prosciutti, salami, formaggi, frutta e verdura, tutto rigorosamente di plastica. Negozio oscurato, incasso dimezzato. L’inceneritore rischia di bruciare Pizzarotti PD E 5STELLE MANIFESTERANNO INSIEME CONTRO LA MISURA DELLO SBLOCCA ITALIA: I RIFIUTI DI MEZZO PAESE FINIRANNO A PARMA di Ferruccio Sansa izzarotti e il Pd insieme a Parma. Uniti P dalla lotta contro l’ampliamento dell’inceneritore consentito, tra l’altro, dallo Sblocca stato duramente contestato dall’opposizione per le sue scelte in materia di servizi educativi – ha trovato un alleato insperato: il Pd. 195mila tonnellate l’anno. Più 50% esatto. E subito il comune guidato dai Cinque Stelle ha alzato le barricate. L’inceneritore – approvato prima dell’arrivo dei grillini – è stato la bandiera della campagna elettorale: non entrerà mai in funzione, era la scommessa. Una battaglia persa, perché l’impianto era ultimato. Italia del governo di centrosinistra. Chi l’avrebbe mai detto, dopo che proprio l’inceneritore era stato il nodo dell’accesissima campagna elettorale con cui i Cinque Stelle avevano scon- NIENTE DA FARE. Ma adesso ecco arrivare adfitto il centrosinistra. E adesso invece i rivali si dirittura l’ampliamento. E il sindaco, che ormai trovano dalla stessa parte, addirittura potreb- ha superato la metà del primo mandato, ha bero sfilare insieme per le strade di Parma il dichiarato guerra: “La richiesta di Iren per auprossimo 11 luglio. mentare la portata dell'inceneritore è assoluOra arriva il progetto di Iren (la multiutility che tamente inaccettabile”, ha esordito ieri Pizzaunisce tanti comuni del nord Italia) che gestisce rotti. E ha aggiunto: “Sarebbe una beffa per i il contestatissimo inceneritore di Parma: pre- cittadini e uno schiaffo a chi agisce in modo vede non soltanto di aprire virtuoso nella gestione dei rifiuti. Stesso discorso vale per l’impianto ai rifiuti della provincia di Parma, ma “imporl'articolo del decreto Sblocca DOPPIO FRONTE tarli” anche da fuori. Un modo Italia che permette alle società per sfruttare al massimo la come Iren, che hanno scopo di La multiutility Iren lucro, di importare rifiuti senstruttura, per fare cassa, ma anche per aumentare le emisza vincoli territoriali, non teè pronta ad ampliare nendo in alcun conto i patti sioni. Non basta: a gettare benfino al 50% la portata zina sul fuoco ci si è messo anstipulati dalle singole comuniche lo Sblocca Italia del govertà”. Insomma, si agirà su due dell’impianto (approvato fronti: “Nei confronti della no che punta sugli inceneritori. Risultato: nell’impianto Provincia (che esiste ancora, dalla vecchia giunta). di Parma i rifiuti conferiti pasndr) per chiedere che non sia Tutti in piazza l’11 luglio aumentata la quantità di rifiuti serebbero da 130 mila a Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info “SIAMO contrari al potenziamento della ca- Il termovalorizzatore di Parma Ansa bruciati. E verso la Regione perché il piano regionale dei rifiuti impedisca che si aprano le porte al conferimento da altre parti d’Italia”. La vicenda, secondo Pizzarotti, rivela quanto sia stato sbagliato puntare sugli inceneritori: “In Emilia Romagna ne abbiamo 8 per 9 province. E nel nostro funziona solo una linea su due perché i rifiuti, grazie alla differenziata, diminuiscono”. Così ecco lanciata l’idea della manifestazione dell’11 luglio. Tutti per le strade di Parma: “Sarà una manifestazione senza bandiere. Spero che aderiscano tutti perché è in gioco il bene dei cittadini”. Ma Pizzarotti – che recentemente era pacità di smaltimento dell’inceneritore di Parma” chiarisce subito la mozione approvata all’unanimità nei giorni scorsi dalla direzione provinciale del Partito democratico di Parma. Non solo: si chiede “ai sindaci Pd del patto di sindacato Iren di attivarsi e prendere posizione nelle sedi decisionali della società affinché la stessa ritiri la richiesta di adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale”. Ma il Pd di Parma chiede un intervento anche al presidente della Regione, Stefano Bonaccini (anche lui Pd) perché si attivi “affinché lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani provenienti da fuori regione sia consentito solo in via transitoria e per fare fronte a conclamate situazioni di emergenza garantendo in ogni caso che non vi siano impatti sulla qualità dell'aria”. Ora bisognerà vedere come reagirà il Pd in Provincia e in Regione alle richieste del sindaco Cinque Stelle, ma anche di quelli che una volta si sarebbero detti compagni. Così dai rifiuti nasce un’inedita sintonia. L’11 luglio tutti insieme in piazza a Parma, Cinque Stelle accanto al Pd. E chissà che non succeda anche altrove. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 12 CRONACA SABATO 13 GIUGNO 2015 EElkann. storsione a Lapo Condanne fino a quattro anni IL GIUDICE DI MILANO Giuseppe Vanore ha condannato i fratelli Enrico e Giovanni Bellavista rispettivamente a 4 anni e a 3 anni e 6 mesi di reclusione per un’estorsione ai danni di Lapo Elkann. È stato condannato a 2 anni e 8 mesi anche il padre, Renato. Disposta anche una provvisionale da 50 mila euro a Elkann, parte civile. I tre imputati, accusati di estorsione e tentata estorsione, sono stati proces- sati con rito abbreviato. Enrico Bellavista, cameriere di 31 anni, era stato arrestato mentre nella stanza di un hotel a Milano intascava 90 mila euro da un collaboratore del rampollo della famiglia Agnelli. Si trattava, in realtà, di una trappola organizzata dagli investigatori dopo la denuncia di Elkann (che aveva già dato 30 mila euro al cameriere nei mesi precedenti), che ha raccontato di essere stato ricattato PANDILLAS, CODICI E MACHETE LE GANG LATINE SU MILANO MERCOLEDÌ L’AGGRESSIONE A UN CAPOTRENO CHE HA RISCHIATO DI PERDERE L’USO DI UN BRACCIO. NE HANNO ARRESTATI DUE, UNO AFFILIATO ALLA TEMIBILE MS13 di Davide Milosa L Milano a sera dell’11 giugno il capotreno Carlo Di Napoli, 32 anni marito e padre di una bimba di cinque mesi, sta sul convoglio che dal sito di Expo corre veloce verso Rogoredo. Linea suburbana S14 creata apposta per l’Esposizione universale. Con lui un collega che ha quasi terminato il turno. Poco dopo le 21. Negli stessi minuti in un parco vicino alla stazione Certosa un gruppo di sudamericani fa serata con fiumi di vodka. Sono una decina di persone, quasi tutti di origine salvadoregna. C’è anche una ragazza. Alcuni di loro si portano dietro una vita balorda. Qualcuno è clandestino, altri sono affiliati agli MS13, gang latina nata in America centrale e che l’Fbi considera la “pandilla” più pericolosa al mondo. Destini lontani quelli di Carlo e dei latinos. IL TEMPO, PERÒ, accorcia le distanze. E così alle 21.50 di mercoledì, quando il treno arriva alla stazione di Villapizzone, Carlo decide di fare il suo mestiere. Chiede il biglietto a quei ragazzi alterati dall’alcol. Sono appena saliti. Su dieci solo uno ha pagato la corsa. Ora il tempo scorre rapido. Il gruppo dei latinos si dilegua. Restano in quattro. Carlo insiste. Dovrà farli scendere e compilare il verbale. Basta questo: la minaccia di una multa. E uno dei quattro estrae dai pantaloni un machete e lo colpisce al braccio. Il colpo è terribile. Carlo sanguina. I latinos fuggono. Il suo collega, ferito anche lui, si sfila Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info GENOVA RITORNA Detenuto picchiato Tra gli indagati c’è la dottoressa del G8 ACCUSE DI OMISSIONE ANCHE PER LA ZACCARDI, COINVOLTA NEI FATTI DELLA CASERMA BOLZANETO ieci persone indagate a vario titolo: otto medici e due guarD die penitenziarie. L’accusa: avrebbero insabbiato il pestaggio di un detenuto da parte di un agente nel carcere di Marassi a Il luogo dove è stato aggredito il capotreno Carlo Di Napoli Ansa terrogatori danno i frutti sperati. Le risposte di uno dei due chiariscono il quadro definendo dinamica e protagonisti dell’aggressione. E così per entrambi scatta l’arresto con l’accusa di tentato omicidio. Si tratta di Jackson Jahir Lopez Trivino, 20 anni irregolare, e di José Emilio Rosa Martinez 19 anni che la squadra Mobile considera l’esecutore materiale dell’aggressione. Sarà proprio Martinez, già padre di un figlio, a fare dichiarazioni di responsabilità spiegando la modalità da Bellavista e da altre persone in possesso di un video compromettente. Filmato, realizzato nel giugno scorso, in cui l’imprenditore apparirebbe seminudo, vicino a delle “piste” di cocaina stese su un tavolo. L’inchiesta in seguito ha portato anche all’arresto di Giovanni Bellavista e del fotografo Fabrizio “Bicio” Pensa, che a differenza degli altri imputati non ha scelto il rito abbreviato. di Alessandro Bartolini la cintura e tenta di bloccare l’emorragia. Portato in codice rosso all’ospedale Niguarda, Carlo non perderà l’uso del braccio grazie a un’operazione di otto ore. Mentre il capotreno è sotto i ferri, in via Edoardo Moneta vicino al ponte Martin Luther King la volante Comasina bis ferma due salvadoregni. Sono giovanissimi e hanno i vestiti imbrattati di sangue. Dopo l’aggressione sono fuggiti verso i campi di via Negrotto. La polizia li accompagna in Questura per identificarli. In via Fatebenefratelli ci restano per oltre dodici ore. Fino a che nella serata di ieri i lunghi in- I FERMATI Jackson Trivino ha 20 anni e un figlio. José Martinez 19 ed è accusato di essere l’autore materiale della violenza il Fatto Quotidiano della violenza e di averlo fatto per difendere i propri compagni. Trivino, invece non ha risposto. Il suo, però, è un nome noto agli archivi di polizia visto che nel 2013 viene coinvolto nell’operazione Mareros sull’associazione criminale MS13. Nel comunicato di allora la polizia scrive: “La gang, conosciuta anche come Marasalvatrucha è nata in America centrale, ed è considerata come la più pericolosa al mondo”. L’inchiesta Mareros svela dinamiche e interessi della gang. Tutti gli affiliati devono seguire alcune regole racchiuse nel “codice della Mara” che prevede anche le iniziazioni. Si tratta di rituali violentissimi che per le donne prevedono lo stupro. VIOLENZA INAUDITA, dunque. Che due giorni fa ha colpito Carlo Di Napoli. “Ho avuto molta paura, ma ora mi sento più sollevato: la cosa più importante è che potrò riabbracciare la mia bimba”. Queste le sue parole dopo l’intervento. “Avevo intuito che c’era una situazione strana e per questo ho chiesto al mio collega se poteva stare ancora con me”. Durante l’aggressione con il machete Carlo si è difeso con un braccio. Movimento che ha evitato conseguenze se possibili peggiori. Da qui l’accusa di tentato omicidio. Su Facebook la moglie ha scritto: “Questa è la notte più brutta e lunga della mia vita, mio marito è una roccia anzi la nostra roccia!”. All’ospedale Niguarda ieri si è presentato anche il governatore Bobo Maroni che ha commentato così il fatto: “Chiederemo di mettere i militari e la polizia per contrastare questi fenomeni. Voglio qualcuno che impedisca queste cose e se è necessario spari”. Intanto l’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e dal pm Lucia Minutella, prosegue per identificare almeno altri due latinos. Al momento la polizia sta lavorando su alcuni nomi. Genova. Tra loro un nome, che lega le presunte violenze di oggi con le torture del 2001 nella caserma di Bolzaneto durante il G8. È quello della dottoressa Marilena Zaccardi, condannata insieme ad altri quattro colleghi per abuso d’ufficio pluriaggravato e ingiuria pluriaggravata. Accuse cancellate dalla prescrizione. La Zaccardi quattordici anni fa, ricostruì la procura, nella caserma delle torture gridava a una ragazza ferita e terrorizzata: “Puzzi come un cane”. Secondo i giudici dell’Appello, durante i giorni di Bolzaneto, la dottoressa “aveva consentito o effettuato controlli di triage e di visita sottoponendo le persone a trattamento inumano e in violazione della dignità”. Oggi è indagata di “omissioni” e “favoreggiamento”. A mettere in fila i tasselli per ricostruire quello che è avvenuto nel carcere di Marassi è il pm Giuseppe Longo. Anche se per avere una visione più chiara del mosaico bisogna fare un salto indietro di alcuni mesi. È IL 13 APRILE scorso. Ferdinan- do B. ha 36 anni, è dentro per droga. Ha il volto tumefatto. Ventiquattro ore dopo, come ha scritto ieri Repubblica, Silvia Oldrati, la psichiatra che lo visita e lo medica segnala al medico responsabile Silvano Bertirotti “lesioni sospette”, forse procurate da un manganello. Entrambi sono stati raggiunti dall’avviso di garanzia, così come la Zaccardi e altri due colleghi: Ilias Zannis e Giuseppe Papatola che – come i colleghi – non avrebbero refertato e denunciato le presunte botte. Tutti e cinque appartengono alla Struttura di Medicina Penitenziaria. Insieme a loro altri tre medici e due guardie carcerarie sono finiti nel registro degli indagati. Secondo la procura quelle “lesioni sospette” sono state provocate dall’agente Dario Pinchiera, di 30 anni, sospeso dal servizio per un anno. La guardia si difende, sostenendo di aver reagito a un’aggressione da parte del detenuto. Sarebbe nata una colluttazione. Ferdinando B. sarebbe scivolato, procurandosi le ferite. Non ci sono testimoni, però. E tutto è andato in scena in una zona del carcere dove gli occhi elettronici delle telecamere non arrivano. Insomma il nome di Marilena Zaccardi torna d’attualità dopo i fatti di Bolzaneto. La sua figura già allora suscitò imbarazzo nell’Ordine dei Medici che la sospese per due mesi. Imbarazzo che l’Asl non ha mai provato. Due mesi fa ha indicato la dottoressa come relatrice a un convegno sulla salute nelle carceri. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info MONDO il Fatto Quotidiano Pianeta terra SABATO 13 GIUGNO 2015 13 TURCHIA DEMIRTAS: “TEMO ATTACCO ISIS” Cellule dello Stato Islamico starebbero attendendo l’ordine per entrare in azione in Turchia. È il timore espresso dal leader del partito filo-curdo Hdp, Selahattin Demirtas. “Ho paura che forze legate all’Isis stiano aspettando l’ordine per creare incidenti in centinaia di luoghi in Turchia”. Reuters YEMEN PER LA PRIMA VOLTA BOMBE SULLA CITTÀ VECCHIA Le bombe e i missili della coalizione araba a guida saudita anche ieri hanno ucciso civili nella capitale Sanaa. Per la prima volta, i raid aerei hanno colpito la Città Vecchia. Tre edifici del sito inserito dall’Unesco nel patrimonio mondiale dell’umanità sono stati rasi al suolo. Ansa TANTO RUMORE PER NULLA STRAUSS-KAHN NON È UN PAPPONE FRANCIA, IL PROCESSO SU ORGE E SESSO BRUTALE NON HA DIMOSTRATO CHE DSK PAGAVA LE RAGAZZE, MA NEL 2012 LA SUA CORSA ALL’ELISEO È STATA FERMATA di Luana De Micco N Parigi on è uno sfruttatore della prostituzione, né un istigatore, solo un cliente, un libertino dagli appetiti sessuali quanto meno discutibili, e mai negati, ma un tribunale non si occupa di questioni morali. E andare con le prostitute in Francia, anche se la questione di un reato da attribuire al cliente era in dibattito proprio ieri in Parlamento, al momento, non costituisce un illecito penale. Ieri il tribunale di Lille ha prosciolto Dominique Strauss-Kahn dalle accuse di sfruttamento della prostituzione per le serate libertine organizzate tra Parigi, Bruxelles e Washington, da alcuni suoi amici dell’hotel Carlton, dal 2008 al 2011. Contro di lui non ci sono prove. “Tanto casino per nulla”, sono state le parole dell’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale che ha seguito la lettura delle 247 pagine del verdetto senza batter ciglio, Il maxi bucato contro gli stupri IL KOSOVO RICORDA LE VITTIME DI GUERRA Oltre 5000 vestiti da donna sono stati stesi su fili per il bucato nello stadio di Pristina, per ricordare le vittime di stupro e violenze durante la guerra del 1998-99 Ansa SPAGNA Il re punisce Cristina: Palma addio l re di Spagna Felipe VI ha revocato alla sorella I Cristina - incriminata per presunte irregolarità fiscali con il marito, l’ex atleta Inaki Urdangarin - il titolo di duchessa di Palma di Maiorca. L’Infanta tramite il suo legale, ha dato la sua versione: è stata lei a “rinunciare” al titolo, di sua spontanea volontà. L’infanta Cristina è coinvolta nell’inchiesta che vede Urdangarin come principale accusato di numerosi reati, fra i quali l'appropriazione indebita e riciclaggio attraverso la Fondazione Noos. Un caso che imbarazza non poco la Casa Reale che cerca un rilancio di immagine sulla sua integrità: così ieri sul sito della Gazzetta Ufficiale spagnola è comparso il decreto reale, contro firmato dal premier Mariano Rajoy, che priva l’Infanta del titolo ricevuto dal padre Juan Carlos nel 1997 in occasione del suo matrimonio. La notizia arriva nel giorno del viaggio a Roma della regina Letizia per accettare la nomina ad ambasciatrice speciale della Fao per la Nutrizione. La trasferta italiana della regina è stata messa in ombra dall’ennesima disavventura di Cristina e dal dissidio che si è creato con il fratello: alcuni quotidiani riportano che lui le aveva chiesto ripetutamente di rinunciare al titolo, sino poi a prendere la decisione d’autorità. Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info prima di lasciare il tribunale di Lille dalla porta di servizio. Tre anni di inchieste che finiscono con un gigantesco flop della giustizia francese. IL CASO CARLTON scoppiò nell’ottobre del 2011 quando il nome di DSK rimase coinvolto nell’inchiesta su un presunto giro di escort. All’epoca un’altra bomba era già scoppiata annientando la carriera politica del socialista che sembrava destinato all’Eliseo nel 2012. L’arresto clamoroso a New York, nel maggio 2011, per le accuse di stupro da parte di Nafissatou Diallo, una cameriera dell’hotel Sofitel, lo aveva già obbligato a rinunciare all’ambita candidatura e a dimettersi dal FMI. Era stato gridato al complotto per impedire al favorito di tutti i sondaggi di afferrare l’Eliseo che sembrava suo. Nel caso Carlton DSK era accusato di partecipare a serate a luci rosse insieme ad amici di grosso calibro, accogliendo le ragazze persino nei suoi uffici del FMI. Era accusato di essere il re di quei festini, di organizzarli in base ai suoi impegni. Si sono sospettati stupri di gruppo. Alcune escort hanno denunciato veri e propri carnai. DSK non ha mai negato di apprezzare le orgie, ha ammesso di amare il sesso brutale, ma ha anche sempre sostenuto di non sapere che le DAL FMI ragazze erano pagate. ALLA Lui almeno GOGNA Donon ha mai minique cacciato un Strauss-Kahn, soldo. E 66 anni, ex capo niente ha didel Fondo momostrato il netario Reuters contrario. Ieri tredici dei quattordici imputati sono stati prosciolti. I due imprenditori, amici di DSK, Fabrice Paszkowski e David Roquet, che organizzavano le serate e pagavano le ragazze. E persino Dominique Alderweireld, detto Dodo, il tenutario di un bordello alla frontiera franco-belga, quello che forniva le escort. Solo Réné Kojfer, ex responsabile delle relazioni esterne del Carlton, è stato condannato, ad un anno con la condizionale. Per adesso nessuno osa fare dichiarazioni a sinistra. Anche ora che si è scrollato di dosso i guai giudiziari, tanto negli Stati Uniti che in Francia, sembra poco probabile che Strauss-Khan torni in politica. In Francia resta un personaggio poco raccomandabile. É quasi un’ombra. Qualche giorno fa è comparso sulle gradinate del Rolland Garros. Vive per lo più in Marocco, a Casablanca, e viaggia in giro per il mondo a elargire consigli di economia a suon di quattrini. LIBIA Ritorsione contro Tunisi: 10 sequestrati ennesimo episodio della guerra fratricida in LiL’ bia è un assalto ad una delle poche ambasciate ancora aperte a Tripoli, quella tunisina. Almeno 10 dipendenti sono stati sequestrati da un commando di miliziani. Si tratterebbe, secondo alcuni media locali, di una ritorsione per la mancata scarcerazione, da parte di Tunisi, di Walid Glayeb, capo di una delle milizie appartenenti alla coalizione islamista Fajr Libia, che controlla il territorio della città di Tripoli. La decisione dei giudici tunisini risale all’11 giugno. L’arresto di Glayeb, avvenuto a Tunisi all’aeroporto Carthage deriva da reati legati al terrorismo. Nella Libia spaccata dalle fazioni, ieri a Derna è stata una giornata sanguinosa: sette persone sono state uccise mentre partecipavano a una manifestazione contro lo Stato Islamico (Isis). Lo ha riferito il network al-Arabiya. In base alla ricostruzione fornita dagli abitanti, i manifestanti si stavano dirigendo verso la base dell’Isis quando i miliziani hanno aperto il fuoco contro la folla. Infine, ancora distanti le posizioni fra il governo di Tripoli sostenuto dai Fratelli Musulmani e quello di Tobruk riconosciuto dalla comunità internazionale. Il piano di pace proposto dall’inviato Onu non trova consensi. “Save the Children covo di spie” PAKISTAN, DOPO 30 ANNI DI ATTIVITÀ CACCIATA L’ORGANIZZAZIONE CHE SI OCCUPA DI BAMBINI di Virginia Della Sala ra la giornata mondiale E contro lo sfruttamento del lavoro minorile: e ieri, provan- do a cercare su Internet le sedi di Save the Children in Pakistan (dove, secondo l’ultimo rapporto Unicef, lavora l’88 per cento dei bambini tra i 7 e i 14 anni che non vanno a scuola) risultava impossibile trovarle. L'organizzazione internazionale che tutela i diritti dell'infanzia ha infatti rimosso il Pakistan dalla lista dei paesi in cui opera: è una proiezione in rete di quello che è accaduto nel reale. Sul territorio, le sue sedi sono state sigillate e messe sotto sorveglianza. Dopo 30 anni di attività, il dipartimento per gli Affari economici del ministero dell’Interno di Islamabad ha accusato l'ong di pratiche “anti-pachistane” e di spionaggio, ordinando a tutti i funzionari di Save the Children di lasciare il paese entro 15 giorni. E non è una decisione improvvisa. Già nel 2011 l'intelligence pachistana aveva accusato Save the children di essere collegata al medico pakistano Shakil Afridi, all’uomo reclutato dalla Cia con un ruolo chiave nell’operazione in cui fu ucciso Bin Laden. Secondo le ricostruzioni, Afridi aveva inscenato un programma di vaccinazione nella cittadina di Abbottabad, dove poi fu scoperto e ucciso Bin laden, per ottenere i campioni di Dna provenienti dall'area in cui si nascondeva. Il decreto di espulsione, però, quella volta era stato sospeso dopo pochi giorni. Stavolta, invece, le tv locali hanno trasmesso immagini inequivocabili: la polizia pachistana ha sigillato le sedi dell'organizzazione. E secondo quanto riferito da Save the Children, non ci sarebbe stata alcuna notifica del provvedimento. Per il ministro degli Interni pachistano, Chaudhry Nisar Ali Khan, alcune associazioni avrebbero svolto attività oltre i propri limiti di competenza. Pochi dettagli, ma un chiaro riferimento: “Non CACCIA A BIN LADEN I servizi segreti sono convinti: il medico che aiutò la Cia a trovare e uccidere il capo di al Qaeda era legato alla Ong vogliamo metterle al bando, vogliamo che lavorino nel rispetto delle leggi - ha detto Non possiamo permettere che organizzazioni non governative che operano contro lo Stato lavorino sotto la copertura di quelle corrette”. Save the children (che sul territorio pachistano era presente con uno staff di 1200 persone “tutte di nazionalità pachistana”, precisano), ha risposto immediatamente. “Tutto il nostro lavoro - ha dichiarato con una nota - è stato pianificato in stretta collaborazione con i ministeri governativi, in tutto il Paese". Nonostante ciò, l’ong è stata bandita. L’ultimo caso, il mese scorso, in India dove il ministero degli Affari interni indiano aveva bloccato i conti correnti nazionali di Greenpeace e sospeso la licenza che permette all’organizzazione ambientalista di ricevere contributi internazionali. L’accusa? Di operare a “danno della sicurezza nazionale indiana”. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 14 SOCIETÀ SABATO 13 GIUGNO 2015 D a Lotta Continua alla guida dei tre rotocalchi italiani NATO IL 9 APRILE del 1946 a Roma, Claudio Rinaldi è l’unico giornalista italiano ad aver diretto i tre grandi settimanali d’informazione del nostro Paese nel dopoguerra (l’Espresso, l’Europeo e Panorama). Dopo aver studiato alla Cattolica di Milano, negli anni Settanta è tra i principali esponenti del movimento di estrema sinistra, Lotta Continua. Nel ‘74 comincia a collaborare come giornalista economico a Panorama con Lamberto Sechi, da dove si trasferisce nel 1983 all’Europeo, prima come vicedirettore, poi come direttore. Nel 1985 torna a Panorama per dirigerlo, ma nel 1990, in seguito all’acquisto da parte di Silvio Berlusconi del gruppo Mondadori, decide di lasciare l’incarico. Dopo un anno sabbatico, prende il po- il Fatto Quotidiano sto di Giovanni Valentini alla direzione de l’Espresso, che guida fino al 1999, continuando poi a lavorare come editorialista del settimanale e del quotidiano Repubblica. È scomparso il 4 luglio 2007, dopo aver lottato per oltre vent’anni contro una terribile malattia, la sclerosi multipla, che gli era stata diagnosticata nel 1986. IL RICORDO di Antonio S Padellaro pesso, quando la redazione dell’Espresso si spopolava per la pausa pranzo entravo nella sua stanza, accanto alla mia, per fare due chiacchiere. È successo così per anni e anche dopo, lui non più direttore a causa della malattia, continuammo a sentirci ogni giorno con la rituale telefonata quotidiana, senza contare la partita della Roma in tv che ogni domenica, cascasse il mondo, guardavamo insieme. Eppure, prima del suo arrivo a via Po nel febbraio 1991 non c’eravamo mai incontrati e il nostro primo contatto non fu neppure felicissimo. Mi spiegò che non avrei avuto spazio nel nuovo organigramma operativo e sarei diventato, in pratica, un vicedirettore senza potere. “Ma potrai scrivere se vuoi”, aggiunse con un lampo negli occhi, e mi sembrò un contentino beffardo che mi fece vieppiù incazzare. Mi sbagliavo: furono anni formidabili e sotto la sua direzione, dopo tanto tempo, tornai a sentirmi un giornalista felice. Oggi, però, se ripenso a Claudio penso all’amicizia. Che resta un sentimento inspiegabile: uno che sa tutto di te e gli piaci lo stesso. Io di Rinaldi sapevo ciò che si tramandava tra le iene dattilografe del nostro mondo. Genio e regolatezza. Mente criminale. Acido fosforico, Plagiator cortese. Direttore-record di tutti e tre i news-magazine italiani, l’Europeo, Panorama, l’Espresso. Formula bomba. Grandi questioni, piccoli dettagli. Disincanto. Ironia. Ma quando ci vuole, calci negli stinchi agli avversari. Cura maniacale dei testi. Artigiano delle didascalie. Rinaldi, amico fragile e direttore dell’Espresso in guerra con il potere STORIA DI UN AFFETTO NATO NELLA REDAZIONE DEL SETTIMANALE DOPO CHE B. COMPRÒ MONDADORI E LO CACCIÒ DA PANORAMA sconi: così era scritto sull’etichetta. Un gesto propiziatorio tipico del personaggio. Poi, siamo nell’83 o nell’84, le reti Fininvest sono state oscurate dai pretori e una sera, molto tardi, Rinaldi è a Roma davanti all’edicola di piazza Colonna ad aspettare la prima edizione dei quotidiani. Da un’auto scendono Berlusca e Fedele Confalonieri. “Lo vidi avvicinarsi. Lui mi fece un segno di saluto. Mi colpì la sua espressione frastornata e il fatto che fosse incredibilmente basso, probabilmente non aveva ancora le scarpe con il tacco rialzato. Mi venne spontaneo dargli una pacca sulla spalla e benché non fossi in nessuna familiarità mi uscì una battuta: ‘Siamo al buio, eh...’. Lui non apprezzò affatto, mi guardò con occhi sbarrati e colorito terreo e sgusciò via”. “Senza un nemico il giornalismo deperisce” Sogno segreto: il giornale scriverlo e impaginarlo tutto da solo. Regola uno: senza un nemico il vero giornalismo deperisce. Regola due: Dio e il diavolo sono nei particolari. Regola tre: non si fanno sconti a nessuno. Giocava allo stesso tavolo di poker con Jas Gawronski, portavoce a Palazzo Chigi di quel Cavaliere che il giorno dopo regolarmente tornava a massacrare. Regola quattro: se so una cosa la pubblico; a costo di epiche litigate con amici e colleghi che si sono lasciati sfuggire la chicca. Regola cinque: chi si esprime bene, pensa bene (prima che lo dicesse Nanni Moretti). E dunque, disprezzo per gli sciatti, i superficiali, gli approssimativi. Rinaldi è stato il pri- AL TIMONE Claudio Rinaldi, direttore de l’Espresso dal 1991 al 1999 mo in un giornalismo di belli addormentati – cauto, soppesato, un colpo al cerchio e uno alla botte, non si sa mai nella vita –, il primo a capire, in anticipo perfino su Berlusconi, che Berlusconi si sarebbe dato alla politica. Sull’uomo di Arcore raccontava storie divertenti. La mattina che deve intervistarlo per Espansione (siamo nel 1977), Claudio trova sul pianerottolo della casa dove abita 17 casse di vino, per un totale di 204 bottiglie. Nettare delle Terre Rosse, riserva speciale Silvio Berlu- Ignoravo le “notizie” sul mio male uando levo il bicchiere ho un legQ gero tremito. E versando il vino stringo la bottiglia con troppa forza, come temendo di farmela sfuggire. A volte uso tutte e due le mani, come Boris Becker quando piazza un rovescio. Daria se ne accorge: “Direttore, è emozionato? O sta bevendo troppo?”. Non mi va di cercare una contro-battuta, già ho trasceso. Con i giovani, oltretutto, non si sa mai in anticipo cosa troveranno divertente e cosa no. Tanto vale che la spiazzi con una risposta cupa, purché non pensi di stare a cena con un cadavere. Così le rivelo che nel mio corpo c’è qualcosa di marcio. Quando voglio fare colpo parlo crudamente di me, mi presento come un caso clinico: soddisfa la mia pretesa di unicità. Ma stavolta c’è di più. Voglio vedere se Daria cambia, e in che modo; o se tutto continua a ondeggiarle intorno senza prendere forma, come il camicione rosso che la nasconde. LA PRENDO ALLA LONTANA. Da quell’estate 1986 in cui scoprii di essere un malato cronico. Fino ad allora i segnali di allarme erano stati pochi e vaghi. La misteriosa caduta di un anno prima, vicino a Capalbio; la gamba sinistra che a volte zoppicava; la pipì che non fluiva più spedita; i formicolii che andavano e venivano lungo gli arti; un Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info senso di oppressione al torace quando facevo il bagno. Bianca era preoccupatissima. Io invece non volevo mettermi nel tritacarne di fisiologi, ortopedici, neurologi, psicoanalisti e quant’altro. Preferivo tenermi i miei arcani disturbi. Una sola volta volli fare una prova. Ero al Toulà, uno dei ristoranti più cari di Milano, e mi sentivo le gambe stranamente impacciate; perciò andai verso la toilette, guardai i cinque gradini da scendere, li affrontai di corsa. Caddi nel modo più goffo. Visto che non mi ero rotto niente, rimossi il problema. Mai più esperimenti. Mia moglie è di un’altra scuola. Se sente un ladro in soggiorno, non finge di Il male che lo consumava e la biro tenuta con la sinistra Mai un accenno al male che lo consumava lentamente. Un giorno notai che pur non essendo mancino teneva la biro (con cui correggeva perfino le virgole) con la mano sinistra non rassegnandosi a non potere usare più la destra. Una volta (e poi mai più) mi parlò del momento della rivelazione. Guidava una spider verso il Casinò di Campione con un bel gruzzolo in tasca quando tac le sue dita non riuscirono più a L’assegno del Caimano stringere la leva del cambio. Fino a e quel pranzo con Baffino un istante prima era un giovane uoIl terzo incontro, il più significativo, mo all’apice del successo, un giorall’inizio del 1990 quando Berlusco- nalista potente, ammirato dalle ni s’impadronisce donne e tutto andadella Mondadori e vabene. Mi manca il caccia Rinaldi dalla suo pessimismo viFRONTE ROSSO direzione di Panoragile: quando la Roma. Senonché al ma vinceva tre a zeVari screzi momento del conro a cinque minuti gedo, nell’accomdalla fine e lui ancon D’Alema pagnarlo fuori cora riusciva a duche a pranzo gli disse: bitare della vittoria. dall’ufficio, il nuovo padrone tira fuori il O quando gli rac“Pansa non capisce libretto degli assecontavo del Fatto gni e dice: beh, conascente, e lui pridi politica e Prodi ma scuoteva la testa munque dottore, se ancora meno di lui” (“Una cosa senza lei vuole rimanere capo né coda”) e poi agganciato al nostro m’incoraggiava ad gruppo con una consulenza, io ne sarei felice. L’uo- andare avanti. Mi mancano le sue mo è fatto così, vuole tenere aggan- domande impreviste sulle donne ciati tutti. Oltre che dallo scontro per poi accennare a un misterioso cruento con Berlusconi, quei nostri romanzo che stava scrivendo e che anni all’Espresso furono segnati dalla un giorno, chissà, mi avrebbe fatto guerra fredda con Massimo D’Ale- leggere. Mi manca un amico a cui ma. Lo definiva un primo della clas- telefonare. L’ANTICIPAZIONE DEL LIBRO di Claudio Rinaldi se, un po’ saccente e non attraversato da grandi passioni. Poi, dopo vari screzi, un pranzo riconciliatorio durante il quale un leader Maximo scoppiettante dice che Giampaolo Pansa (allora condirettore dell’Espresso) non capisce niente di politica e che Romano Prodi (candidato premier dell’Ulivo che lui stesso aveva indicato) ne capiva meno di Pansa (che forse agli occhi di Spezzaferro aveva il torto di essersi inventato Dalemoni, il mostro dell’inciucio a due teste). Di episodi così ce ne sarebbero da riempire un libro, ma nei nostri conversari non parlavamo quasi mai di politica o di giornali. Se non per innaffiare del suo arguto cinismo il paesaggio circostante: “Il giornalismo è un mestiere basato sulla chiacchiera, chiacchieriamo meglio di chiunque altro. Siamo una generazione aggressiva e disincantata che, coerente al primato della chiacchiera, ha occupato in massa i giornali”. dormire: afferra la torcia elettrica e parte per un giro di ispezione. Io non l’accompagnerei nemmeno a pagamento, piuttosto mi benderei. Benché mi erga a modello di razionalità, tento di ignorare le cattive notizie. Nei periodi in cui la Borsa va giù e il parco buoi muggisce, me compreso, non leggo le quotazioni. Non intendo dare al Male la soddisfazione di installarsi al centro dei miei pensieri. Dopo mesi di calcolata indifferenza, però, una gita al casinò di Campione d’Italia mi costrinse ad accettare un controllo. Correvo sull’autostrada Milano-Como con mille franchi svizzeri in tasca. Sta- ULTIMO VOLO DELLA SERA Claudio Rinaldi Feltrinelli, pagg. 382 - 20,00 ¤ vo definendo fra me e me la tattica da seguire alla roulette, i numeri su cui puntare, quando una catena di episodi mi atterrì. MENTRE GUIDAVO la mano sinistra scivolò giù dal volante. La rimisi in posizione, ma ancora cadde. Riprovai e si accasciò di nuovo. Allora strinsi rabbiosamente le dita intorno alla plastica grigia diventata d’un tratto inaffidabile. Intanto però la mano destra, come impazzita, non riusciva più a trovare da sola la leva del cambio: dovevano soccorrerla gli occhi e orientarla. Eppure il pomello era lì, nel posto di sempre, e aspettava di essere afferrato. La sua immobilità era spaventosa e irridente. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info il Fatto Quotidiano SABATO 13 GIUGNO 2015 ROMA, CASTAN OTTIENE L’IDONEITÀ DOPO L’INTERVENTO AL CERVELLO Leandro Castan potrà tornare a giocare. Il difensore brasiliano ha ottenuto ieri l’idoneità sportiva, dopo che a dicembre si era operato per un cavernoma al cervelletto OGGI IL GAY PRIDE DI ROMA 2015, MADRINA FEDERICA SCIARELLI SAMP, EUROPA LEAGUE A RISCHIO PER UN PATTEGGIAMENTO Appuntamento alle 16 in piazza della Repubblica per il Gay Pride. Madrina della sfilata Federica Sciarelli. “Saremo in 250 mila” ipotizzano gli organizzatori SECONDO 15 L’Uefa sta effettuando una verifica sui requisiti di ammissibilità: c’è la macchia del patteggiamento dell’estate 2012 per il caso scommesse che aveva coinvolto Guberti TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE Il critico D di Malcom Pagani omande lecite: “Tranne un prestito, può chiedere quel che vuole”. Risposte in versi: “Critici si nasce, artisti si diventa e pubblico si muore”. Memorie lontane che trascinano a oggi: “Già quattro decenni fa sostenevo che il critico possiede corpo, pulsioni ed erotismo”. A 75 anni, Achille Bonito Oliva si sente ancora “Eretico, erotico, erratico” e tra un aereo e l’altro, atterra volentieri in tv. Nella seconda stagione di Fuori quadro (Rai Tre, 8 puntate, domenica alle 13.25) con la presenza di Marta Perego e una serie di rubriche che non diversamente dalle strade che portano a Roma, rimandano invariabilmente al suo timbro: “In coda alla trasmissione c’è anche il tallone d’Achille, con una ragazza di 13 anni, Sveva Fratino, che chiede spiegazioni su una frase che non ha ben capito permettendomi di essere al tempo stesso protettivo ed esplicativo” il territorio è vasto e la scommessa ardua. ABO non dubita: “Voglio bucare l’indifferenza provando a trasformare il programma da strumento di informazione a strumento di formazione”. Oltre lo schermo e le opere, come sempre, senza doglianze, il suo nome: “In Cina hanno ristampato da poco il mio settimo libro”. Il suo volto: “Un artista olandese, Jorit Agoch, mi ha appena dedicato un murales di oltre dieci metri al Rione Traiano”. La fiamma della provocazione (calcolata per i detrattori, geniale per gli apologeti) è comunque simile a quella che nel ’72 gli fece affiggere le mura di Roma con la sua fotografia in completo bianco: “Sono il critico e quindi un coglione”. Identica l’allegria: “Non ho mai inseguito il consenso e nemmeno ho giocato sul valore dello scandalo, ma ho saputo abbandonarmi a un sano edonismo”. Saldo il narcisismo: “Ne ho goduto provando a esaltarlo in ogni occasione. Il narcisismo è il motore ecologico della vita di chiunque. Anche dei santi”. Lei però un santo non è. Achille Bonito Oliva Non cerco lo scandalo Con l’arte inseguo la felicità Non ho mai preteso di esserlo, ma restituendo protagonismo alla critica d’arte che fino agli anni 70, come saprà, era considerata una serva di scena, ho giocato alla pari con la vanità degli artisti. Erano abituati a un protagonismo solitario e assoluto. Il mio arrivo li ha spiazzati, infastiditi, spaventati, costretti al confronto. Cos’è oggi l’arte contempora- nea? Una sintesi tra creazione e riflessione. In Fuori quadro ho la pretesa di credere che la televisione, del contemporaneo, possa catturare la complessità. Confondere le acque e visto che siamo in un eterno presente, parlare anche di quel che ci circonda. Un’arte puntata sul mondo. Lo diceva Picasso ed è esatta- mente ciò a cui aspiro. Non più i compartimenti stagni, le categorie bloccate: pittura, scultura, disegno, architettura. Ma la contaminazione. Lo sconfinamento. Il nomadismo. L’interdisciplinarità. Lei ha lavorato a lungo sulla figura del principe De Curtis. E Totò, anzi il totoismo, nella trasmissione troverà spazio. Parleremo d’arte cercando di tenere sugli eventi, sui fatti e sulle persone, un occhio ciclopico capace di farsi travolgere totalmente da quel che osserva. Osservare lo scenario contemporaneo produce ansia. L’arte contemporanea per necessità e per ansietà è nervosa per definizione. Non vuole stare sotto la teca, ma spingersi oltre. Non cerca conferme, né spinge ad andare avanti. Il campionato di calcio è finito. Parlare d’arte in piena estate, all’ora di pranzo, di domenica su una televisione generalista resta una chimera. La tv è come un frigorifero. Se il pasto è o meno nudo, dipende dagli ingredienti. Tutti i mezzi sono leciti e il fine giustifica il mezzo, ma da parte mia non c’è nessuna supponenza. Fiducia? FUORI QUADRO Faccio la guida senza più avere la superbia di volere trasformare il mondo. È la politica che deve dare risposte. Cos’è rimasto dell’egemonia culturale del vecchio Pci? Macerie canoni immobili. Insegue una speranza di felicità. Anche l’artista? Il murales che l’artista olandese, Jorit Agoch, ha dedicato ad Achille Bonito Oliva nel Rione Traiano a Napoli MODA Addio a Micol, ultima delle Fontana I n principio fu Linda Christian, che per convolare a giuste nozze con il bello e tenebroso Tyrone Power, scelse proprio un abito Fontana. Da quel giorno il nome delle tre sorelle di Traversetolo, nel parmense, Zoe, Micol e Giovanna, trovò a Hollywood – e non solo – la sua massima celebrazione. Ieri se n’è andata l’ultima delle tre, Micol, che aveva 102 anni e da 21 presiedeva la Fondazione omonima. Sinonimo di stile, di eleganza, di alta moda sartoriale che nulla ha ancora oggi da invidiare alle più grandi griffe. Il sito della Fondazione ricorda che Linda Christian avesse ammirato gli abiti disegnati dalle sorelle Fontana per Gioia Marconi, figlia dello scienziato. Da lì alle donne più belle del mondo il passo fu breve: Ava Gardner, Liz Taylor, Audrey Hepburn, Grace di Monaco, Soraya, Maria Gabriella di Savoia, Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info Jacqueline Kennedy, solo per citarne alcune. Le meravigliose creazioni – alcune delle quali si possono ammirare ancora oggi presso la sede della Fondazione, in via San Sebastianello, 6 a Roma – stupirono il cinema e fecero sognare le donne di tutto il mondo. I vitini stretti degli anni Cinquanta, i giochi di tulle dei Sessanta, le scollature un po’ azzardate dei Settanta: a ogni epoca il suo abito Fontana. “Abbiamo imparato a lavorare dalla mamma, dalla nonna, dalla bisnonna – raccontava Micol –. Finita la quinta elementare ci siamo messe a lavorare, ma vivendo in un Paese, più in alto della moglie del medico o del salumiere non si poteva arrivare. Nel nostro sangue non c’è sangue blu, ci sono spilli”. L’artista è un inviato speciale nella realtà, ma non è un soldato giapponese che pensa di poter combattere da solo una guerra solitaria contro il mondo. L’arte però è più veloce della bellezza. Va raccontata. Lei si propone come guida esperta. Senza più avere la superbia o l’ambizione, tipica delle avanguardie storiche, di volere con le arti trasformare il mondo. È la politica che deve dare risposte alle cose, l’arte deve fare domande. Qualcuno ha traviato il contesto e ha utilizzato l’arte come un ascensore sociale. Cosa è rimasto dell’egemonia culturale del vecchio Pci? Macerie. Quindi? Quindi il grande paradosso è assumersi le proprie responsabilità quando tramontano le ideologie e le società, non solo in Italia, vanno alla deriva. C’è chi la ama e c’è chi la odia. Che effetto le fa l’altrui ostilità? Mi fortifica. Mi mette alla prova. Mi stimola. Sono rimasto un bambino. Ancora penso a quel che farò da grande. Ho conservato un senso di onnipotenza infantile, di immaturità e di insoddisfazione che mi Molta. So che il pubblico non è quello specializzato delle lezioni universitarie. E mi sono adeguato. In qualunque caso e con qualunque esito, non mi deprimerò sicuramente. Non sono mai stato depresso. Anzi, depressione non so proprio cosa significhi. In trasmissione sarà accompagnato da figure femminili. Sono veramente contento che ci sia Marta Perego. È una presenza lieta. Non ho mai avuto paura delle donne. Mi piacciono. Ritrovo in loro una radicalità, una complessità e una capacità di sopportare il dolore che nel maschio è del tutto scomparsa. Tra uno scandalo e l’altro sembra evaporata anche Roma. Avverto l’assedio. Ma sento anche che la bellezza esiste e non può essere scalfita. Roma è il più grande museo all’aperto del mondo. Sarebbe ora di gestire l’argomento senza retorica e tentare di capire quello che qualsiasi manager straniero avrebbe intuito da tempo. L’arte crea indotto. Nuove professionalità. Posti di lavoro. L’abbandono, al contrario, non produce niente. Marino ha le sue colpe? Marino sconta le conseguenze di una realtà che arriva da lontano. C’è gente che con Roma si è comportata in modo cannibalesco, prendersela con lui significa avere cattiva memoria. Sa qual è la verità? Qual è? Che anche se nessuno ha il coraggio di dirlo, aveva ragione Marx. La sua analisi della realtà è puntualmente tragica. Il ceto medio è terrorizzato da qualsiasi cosa, i migranti sbarcano e sullo sfondo si agita una politica muscolare e buffonesca animata da egoismi tribali. Non siamo ben messi. Dobbiamo dunque riscoprirci marxisti? È meglio che riscoprirsi democristiani, non trova? Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 16 SECONDO TEMPO SABATO 13 GIUGNO 2015 il Fatto Quotidiano Il condominio di “Quelli della notte”: un miracolo tra cazzeggio e swing 30 ANNI FA LE 33 PUNTATE CHE SONO DIVENTATE CULT: DA FRASSICA A MASSIMO CATALANO, DA RICCARDINO A D’AGOSTINO, CON IL MAESTRO ARBORE A DIRIGERE LA BANDA. NON UN FORMAT, SOLO UNA FESTA CONTINUA E IMPROVVISATA di Nanni Delbecchi “Non capisco ma mi adeguo” (Maurizio Ferrini, rappresentante romagnolo di pedalò) C hissà se Quelli della notte, di cui stasera Fabio Fazio celebra il trentennale su Rai3 ospitando a Che fuori tempo che fa Renzo Arbore, Maurizio Ferrini e Nino Frassica, sarebbe entrato nella storia della tv, e poi del costume, e poi nella leggenda se non fosse passato sugli schermi di casa in un lampo, come una stella cadente. Nei ritmi di quelle 33 puntate in onda dal 29 aprile al 14 giugno 1985, un mese e mezzo in tutto, ci fu qualcosa di così rapido e insieme di così perfetto da rasentare la magia. Tutto accade nel centro esatto degli anni Ottanta, quando ancora la seconda serata in Tv non esiste, la Rai manda in onda solo il monoscopio fisso, ma il mondo è entrato in pieno trip da “Edonismo reaganiano” e l’Italia riscopre una gran voglia di divertirsi, una nuova età del jazz. La leggenda vuole che l’idea sia venuta ad Arbore dopo una riunione condominiale a casa della mamma a Foggia, sulle ali delle sue due grandi passioni, la radio e il jazz. “Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello, che bello” (Frate Antonino da Scasazza, alias Nino Frassica) “Stasera stiamo volando rasoterra. Per alzare il livello propongo un dibattito serio: Parigi è sempre Parigi?” (Professor Riccardo Pazzaglia) “Meglio una moglie giovane, bella e ricca che una moglie vecchia, brutta e con le pezze dominio della mamma a quello di casa sua, per portare sullo schermo un po' di amici: il rappresentante di pedalò veterocomunista Maurizio Ferrini; Fra’ Antonino da Casazza, al secolo Nino Frassica; l'indefesso indossatore di foulard e scopritore di acqua calda Massimo Catalano; il teorizzatore del brodo primordiale professor Pazzaglia; al sedere” (Massimo Catalano, filosofo) “È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze” (Massimo Catalano) “Vengo dopo il Tiggì , Vengo dopo il Tiggì, Vengo e rimango lì” (Renzo Arbore) Ma il materasso, il materasso, è il massimo che c'è, il materasso è la felicità” (Renzo Arbore) Mario Marenco, alias Riccardino, il padre di tutti i bimbiminkia; la telefonista svampita Iside Martufoni, alias Simona Marchini; il giovane Roberto D'Agostino in veste di effimerologo e lookologo. Di tutti solo Maurisa Laurito veniva dal teatro, ma fu lieta di dimenticarsene. Improvvisamente, alle 23 su Rai2 il monoscopio fisso spa- rì; era nato quello che D'Agostino definì “il primo programma orizzontale della storia della tv”, la nemesi della notte sul giorno e del nonsense sul luogo comune, una parodia del talk show che anticipava il talk show serio. Lo share schizzò oltre il 51 per cento e da trent'anni non si è più smesso di chiedersi quale fosse il segreto di Quelli della QUI ENTRA in gioco la magia di una festa riuscita, sempre più riuscita, per tutti i suoi 33 giorni. A rivedere gli spezzoni d'epoca (come accadrà stasera a Che fuori tempo che fa) ci si accorge che in Quelli della notte brilla la fiamma dell'irripetibile, il mistero per cui ci sono feste in cui ti vorresti sparare dalla noia, poi ce ne sono altre così divertenti che vorresti non finissero mai; e non si è mai capito dove sta la differenza. No, Quelli della notte non anticipò e non aprì la strada a un bel niente. Unica fu la festa, e unica è rimasta dopo avere il- Il capobanda Renzo Arbore luminato il monoscopio come una stella cadente, ma che cadendo realizza il suo desiderio. Oggi si va per format, scalette, casting, script, si costruiscono i salotti come l'uvaggio di un vino barricato; oggi non ci sono più le seconde serate di una volta, anzi, non ci sono proprio le seconde serate. E dopo le lucciole, sta scomparendo anche la notte. Di giorno si suda, come diceva Neruda; ma come si fa a tirar tardi in compagnia di Salvini, di Orfini e della Santanchè? Finisce che uno se ne va a letto presto, come De Niro in C'era una volta in America, e si domanda se anche il monoscopio fisso, dopotutto, non avesse il suo perché. TRAME.5 Festival antimafia per “giovani favolosi” i legge “Trame punto cinque”, si scrive Trame.5: la quinta S edizione del Festival di libri sulle mafie, che sarà inaugurato il 17 giugno a Lamezia Terme, è dedicata ai “giovani SULLO SWING del cazzeggio, quello di Bandiera gialla e soprattutto di Alto gradimento, si fanno largo i solisti che interpretano se stessi o un loro doppio: assoli, improvvisazioni, tormentoni, di una jam session televisiva, come l'ha definita Arbore stesso. “Volevo portare il blues nella parola”, ha dichiarato recentemente; e gli riuscì in pieno grazie al suo pollice verde, allo scouting infallibile per il talento altrui (altro che Bersani). I talent di oggi battono tutta Italia per selezionare migliaia di candidati; Arbore si limitò a passare dal con- notte. A ripensarci oggi, il sospetto è che consistesse in qualcosa di molto semplice: i protagonisti erano i primi a divertirsi come pazzi, per davvero, non per esigenze di copione. Ma perché si divertivano e facevano divertire così tanto? favolosi”, a ragazze e ragazzi che in tutta Italia lottano contro le mafie e alle giovani coscienze impegnate a costruire un futuro libero dai condizionamenti mafiosi. E infatti, la giornata d’apertura sarà dedicata a Giancarlo Siani, con un’installazione dell’artista Renzo Bellanca: al centro, la Mehari del giovane cronista de Il Mattino, ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985 a Napoli, e un incontro con il fratello di Giancarlo, Paolo. Il Festival continuerà fino al 21 giugno: sabato 20 giugno rientrerà negli eventi previsti per La notte bianca del libro. Ci saranno discussioni, workshop, maratone di documentari, percorsi formativi e interventi: da Rosy Bindi, presidente della commissione Antimafia, a Michele Prestipino, procuratore aggiunto di Roma. Dall’attore Luigi Lo Cascio a Massimo Bray e al giornalista Sandro Ruotolo. Previsto anche lo spettacolo di Pietrangelo Buttafuoco, per la prima volta in Calabria, dal titolo Buttanissima Sicilia. LA SQUADRA Con Arbore c’erano Ferrini, Frassica, Catalano, Marenco, Marchini Ansa I David, Mr. Wolf e il lato ironico di Mattarella IL PRESIDENTE SCHERZA CON QUENTIN TARANTINO. TRIONFA “ANIME NERE” DI FRANCESCO MUNZI. ELIO GERMANO E MARGHERITA BUY MIGLIORI ATTORI di Federico Pontiggia mente sorpresi, in primis il regista americano: “Signor Tarantino, anche se ci prestasse il suo mister Wolf, neppure lui riuscirebbe da solo a risolvere tutti i nostri problemi”. Pulp Fiction formato presidenziale, insomma, e Mattarella ci prende gusto: conviene che “uscire dalla crisi non è facile”, istituisce “un legame tra la crescita culturale e la crescita democratica” e spara a zero contro il futuribile Partito della Nazione: “Non sarà mai il pensiero unico, o l’illusione di una concentrazione del potere, a sanare questa fratture”. avid di Donatello, trionfa Anime D nere di Francesco Munzi: nove statuette, un risultato superiore alle più rosee aspettative, e non ce n’è per nessuno. Presentato in Concorso all’ultima Mostra di Venezia, accolto negli Usa da lusinghiere recensioni, il dramma formato famiglia nella Calabria profonda della ‘ndrangheta fa l’en plein: miglior film, regia, sceneggiatura, produttore, fotografia, musicista, canzone originale, montatore, fonico di presa diretta. A DIGIUNO, viceversa, per gli attori: la spuntano tra i protagonisti Elio Germano (Il giovane favoloso) e Margherita Buy (Mia madre), tra i non protagonisti Carlo Buccirosso (Noi e la Giulia) e Giulia Lazzarini (Mia madre). Se tra i documentari, con soddisfazione, vince Belluscone di Franco Maresco, il miglior regista esordiente è Edoardo Falcone per Se Dio vuole, mentre il posto d’onore va condiviso tra Noi e la Giulia di Edoardo Leo (David Giovani, Buccirosso) e Il giovane favoloso di Mario Martone (Germano, Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, col regista Quentin Tarantino Ansa scenografo, costumista, truccatore e acconciatore). Ma Anime nere non è l’unico a trionfare, anzi: Dio benedica Tarantino. Quentin è riuscito in almeno due miracoli: dare uno scossone alla stracca cerimonia dei David e, ancor prima, servire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella la battuta che non t’aspetti, soprattutto da uno come lui. Ricevendo i candidati al Quirinale, il successore di Napolitano ha lasciato tutti piacevol- Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info PULP FICTION Due riconoscimenti al regista americano che spiega: “C’è chi punta sul sangue, chi sulle battute. Io punto su entrambi” RENZI pigli e porti a casa. Non solo, Mattarella interviene a gamba tesa sul piccolo schermo, entrando nel merito come Napolitano non aveva mai fatto: “Perché non incentivare le televisioni italiane a sostenere i film di produzione nazionale, e a trasmetterli nelle fasce orarie più idonee per incontrare il grande pubblico? Io credo che si possa fare”. Sì, Tarantino fa bene, ed è non solo generoso ma contagioso: risolleva la serata condotta da Tullio Solenghi rivelando la collaborazione con il sommo Ennio Mor- ricone nel suo prossimo film e, soprattutto, assegnando a Bruno Vespa il ruolo de “Il padrino dei padrini”, a Mara Venier “l’amante”, ad Antonella Clerici “l’assassina” e a Gigi Marzullo “il contabile del padrino” in un ipotetico mafia movie made in Rai. Già, ai David per ritirare finalmente le statuette per Pulp Fiction e Django Unchained, migliori film stranieri nel 1995 e nel 2013, rinnova l’amore cinefilo e, osiamo, antropologico per il nostro Paese: “Questi premi non solo rafforzano il mio legame con il vostro cinema, ma 14 ore di aereo le faccio solo per i miei fan italiani, per dimostrare loro quanto ci tengo. Comunque, per me e il cinema di genere un po’ pazzo che faccio il riconoscimento della vostra industria è l’onore più grande”. Sarebbe da adottarlo Quentin, che a Natale negli Usa e a inizio 2016 nel resto del mondo porterà in sala l’atteso The Hateful Eight, “più vicino allo spaghetti-western che a John Ford e John Wayne: non per scimmiottare quel genere, sia chiaro, ma perché lo amo surrealista com’è, e volevo omaggiarlo ancora dopo Django”. Denghiù, Quentin! Sostienimi scaricando da www.dasolo.info SECONDO TEMPO SABATO 13 GIUGNO 2015 IL CONFORMISTA il Fatto Quotidiano NON È UN TUÌT Le favole di Dente per i molto stanchi IL PRIMO LIBRO DEL CANTAUTORE: DUECENTO FAVOLE, MINIATURE BREVISSIME E FULMINANTI di Silvia Truzzi I l libro l’ha scritto un cantautore. E dunque si può pensare che quest’articolo sarebbe più a suo agio nella sezione spettacoli. Non è che non si trovino titoli di musicisti negli scaffali delle librerie, è che questo è proprio un libro. Intanto perché dietro c'è un'idea: raccontare una storia in pochissime parole (infatti s'intitola Favole per bambini molto stanchi). E poi perché c'è un gran lavoro sullo stile e, naturalmente, sulla musica. L'autore è Giuseppe Peveri, in arte Dente: cinque dischi all'attivo, una raccolta di racconti uscita con Minimum Fax (“Cosa volete sentire”, con altri dodici colleghi fra cui Vasco Brondi e Antonio Di Martino) e ora le fiabe pubblicate da Bompiani (con le illustrazioni di Franco Matticchio). La prima cosa che fa sorridere sono i destinatari, i bambini “molto stanchi”. Le storie sono tutte molto brevi, a volte brevissime: più corte di un tuìt. E su questo confine c’è il primo tranello, in cui non bisogna cadere. Cioè pensare che siano i racconti dell'età dei social. Intanto perché concisione non significa superficialità e nemmeno velocità: dietro ciascuna favolina c'è un gioco di parole, spesso molto intelligente, nascosto, per nulla immediato (ma questo è un tratto della scrittura di Dente: chi lo ascolta sa che tutti i suoi testi sono pieni di rimandi, calembour, polisemie). Il che vuol dire che bisogna fermarsi e pensare, prima di sorridere. Come ne La capra dislessica: “C'era una capra che pensava di essere un IL FESTIVAL © FAVOLE PER BAMBINI MOLTO STANCHI Il cantante emiliano Dente Ansa Lui non la vide”. Si può ridere anche delle tragedie e della Storia? In Apartheid entriamo in “Un bar che non serviva il cappuccino, nemmeno il latte macchiato o caffelatte. Per fortuna ha cambiato gestione". In Rivoluzione scientifica “un signore seduto mentre valutava la gravità di un bernoccolo, toccandolo con le mani ci trovò un'idea”. Bisogna guardarli bene i quadretti che dipinge Dente, pieni di cani anticonformisti, giardini di vicini nient’affatto più IL ROMANZO Piccoli cittadini crescono (leggendo) Un criminale che fa ridere di Chiara Daina P Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info @silviatruzzi1 IL GIALLO Sangue e neve in Lapponia Olivier Truc Marsilio pagg. 429 © ¤ 18,50 iazza Cavour, palazzo del Podestà. Fuori decine di biciclette fissate al cavalletto. E il mare a due passi. Dentro gruppi di adolescenti alle prese con interviste da preparare, un giornale da scrivere, biglietti e cassa. Il mare ancora più profondo è nelle pagine dei libri che leggono ogni sera prima di andare a dormire. Siamo a Rimini, dove ieri è partita l’ottava edizione del Festival “Mare di libri” (fino a domani), l’unico evento letterario creato dai ragazzi per i ragazzi. Fanno tutto loro, seguono perfino l’agenda dell’autore che hanno scelto di invitare. Sono oltre cento, hanno tra gli 11 e i 18 anni, indossano una maglietta blu con scritto “Quando si è ragazzi per essere qualcuno bisogna essere in parecchi” (Romain Gary). Commenta Laura, quindicenne: “Ci vengo da tre anni e mi piace perché la città si riempie di noi. Finalmente ci danno delle responsabilità”. La kermesse è un’idea della libreria Viale dei ciliegi 17 e della casa editrice Rizzoli. Dal quartier generale al Teatro degli atti. Spadafora, Garante per l’Infanzia, invitato da Viola, una sua amica. “Voi state facendo politica, quella bella” dice l’Autorità. Sara passa la parola allo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun. Lo hanno chiamato per capire come si fa a superare la paura verso gli stranieri e che cos’è l’Islam. La sala è stracolma, più di 300 persone, i ragazzi seduti nelle file davanti, che prendono appunti armati di penna e bianchetto. Alcuni ai lati fanno le foto con la reflex. In fondo gli adulti. Il giovane team di volontari si è preparato durante l’anno. Cinque brainstorming per selezionare autori e temi dei dibattiti. E un camp di due giorni a San Marino per imparare a fare squadra e a gestire biglietteria, bookshop e soldi. Il bullismo omofobo è un altro argomento che hanno proposto, al centro dell’incontro con James Lecense, autore del libro “Trevor. Non sei sbagliato: sei come sei” (Rizzoli). Poi l’emancipazione femminile con la lettura del libro “L’evoluzione di Calpurnia” (Salani) di Kelly Jacqueline. E lo stereotipo di genere a cui hanno dedicato un appuntamento domenica: “Sono cose da maschi?” con Alberto Pellai, autore di “Baciare, fare, dire” e Telmo Pievani, che ha pubblicato “Il maschio è inutile”. Insieme proveranno a individuare l’origine dei luoghi comuni legati ai sessi, frutto di processi culturali più che della natura. Anche lezioni divertenti sulle materie più odiate (latino e matematica), sulla traduzione dall’inglese delle saghe fantasy, sui classici che non muoiono mai. Al miglior romanzo under 13 daranno un premio. “Quasi 5mila presenza nel 2014, quest’anno le prenotazioni online sono aumentate del 40%” commenta Alice Bigli, la libraia che ha organizzato il festival. Il programma è online su maredilibri.it. verdi, ragazze prosperose, feroci dittatori e conchiglie Ogm: ciascuno può cercare la sua favola e la sua morale, per nulla morale. Le fiabe di Dente sono una medicina senza effetti collaterali, consigliata (anche) ai troppi autori convintissimi di essere Proust o Balzac, che periodicamente danno alle stampe una presunta nuova, poderosa, Comédie: “C’era un libro che si credeva più importante degli altri...”. © LO STRETTO DEL LUPO Rimini IL MICROFONO è nelle mani di Sara. Dà il benvenuto a Vincenzo Strega, i migliori sette sono gli esclusi di Caterina Soffici Dente Bompiani; pagg. 250 © ¤ 13 pesce”. Oppure in Ossimoro. “C'era un signore che viveva su un'isola deserta”. Si procede festina lente; più che con velocità, con quella rapidità che rivela “agilità, mobilità, disinvoltura”, come spiega Calvino nelle Lezioni americane. S’incontra, in molte di queste miniature, il gusto amaro del Dente che canta “Oggi fai a me quel che l'autunno fa agli alberi” (Ti regalo un anello). In Uniti per sempre, “Un signore e una signora un giorno s'incontrarono. Lei veniva da destra. 17 LA RAPACITÀ del progresso, avida di danaro e consumismo, contro la tradizione lappone degli allevatori di renne, il fiero popolo nomade dei sami. Per i cultori del giallo è difficile sottrarsi alla curiosità per il secondo episodio della saga di Klemet Nango e Nina Hansen, laddove in un giorno di maggio il sole sorge all’1.59 e tramonta alle 22.43. Venti ore e quarantaquattro minuti di luce. Un incubo per chi è malato d’insonnia. Nango è un sami, Hansen una norvegese. Entrambi percorrono distanze sterminate con la divisa della polizia delle renne, che opera tra Finlandia, Norvegia e Svezia. Dopo il Mare del Nord, la nuova Mecca artica del petrolio è il Mare di Barents. E una roccia sacra ai sami diventa un altare di morti e fantasmi. fd’e © ONORA IL BABBUINO Michele Dalai Feltrinelli pagg. 143 © ¤ 13,00 IL CARDO ha deciso di viversi la vita come vuole lui. È un criminale, però a modo suo. Fa più ridere che spavento. Ha un’etica tutta particolare e una propensione ai monologhi senza capo né coda, che però (se ascolti bene) hanno tanto l’una quanto l’altra. Un tizio, prima di partire per un lungo viaggio – così lungo che non è più tornato –, gli ha lasciato una leonessa enorme. Si chiama Kira e mangia 5 chili di carne al dì. A volte, già che c’è, mangia pure le zampe dei cani che le gravitano troppo attorno. Lui, il Cardo, le vuole bene. È circondato da donne ora belle e più spesso no, ha un compare per nulla sveglio e ancor meno accorto, però fidato. Il Cardo progetta il colpo della vita, e chissà se ce la farà. Michele Dalai firma un libro felicemente folle, divertente e ispirato. Un po’ fratelli Coen, un po’ Soliti Ignoti e un po’ Sorrentino (versione romanziere, versione Tony Pagoda), “Onora il babbuino” è opera decisamente riuscita. Andrea Scanzi DELLA cinquina dello Strega sentirete parlare fin troppo. Ecco qui una controcinquina, che in verità è una settina, cioè i 7 esclusi dalla selezione dei 12 finalisti. Nella media, come è facile intuire, i libri esclusi sono migliori di quelli entrati in cinquina. Ma questo non deve stupire, perché lo Strega non premia il migliore scrittore dell’anno, ma lo Scrittore Mainstream. Niente di male, basta sapere quali sono le regole e chi vuole stare al gioco ci sta. Noi qui facciamo un altro gioco, con controfinale e controclassifica. Fedeli al motto che vita va spesa per una passione e un ideale, primi a pari merito Zerocalcare, con Dimentica il mio nome (Bao Publishing), genio assoluto della graphic novel, ex aequo con Wanda Marasco con Il genio dell’abbandono (Neri Pozza), dove racconta la incredibile vita dello scultore napoletano Vincenzo Gemito. Seconda Marina Mizzau con Se mi cerchi non ci sono (Manni), piccolo editore che sforna sempre ragguardevoli talenti. Qui una storia fulminante con il rebus al centro CCC (2,2,6,3,2,6): semicerchi, non C sono. Della serie: la vita è un rebus, soprattutto quando un morto lascia delle lettere in un computer. Terzo Final Cut di Vins Gallico: meglio rivolgersi a un’agenzia se non si ha il coraggio di mollare il partner. Premiata la fantasia e l’esecuzione. Quarta Clara Sereni (Via Ripetta 155, Giunti), che ha ancora ha la voglia di ricordare a qualcuno che è esistito il ’68, quando “nessuno si pensava da solo”. Premio alla perseveranza. Fuori concorso: Il paese dei coppoloni (Feltrinelli) di Vinicio Capossela. Diciassette anni di struggimenti interiori e di pensieri sul sud e sul tempo. Ottimo per gli amanti del genere, astenersi perditempo. Non pervenuto: XXI Secolo di Paolo Zardi (Neo edizioni). Si può evitare senza danni. IL THRILLER Atroci delitti nei boschi di Oslo © LA STAGIONE DEGLI INNOCENTI Samuel Bjørk Longanesi pagg. 490 © ¤ 16,90 ADRENALINA pura. Nella peggiore caccia al tesoro per un detective: trovare il maniaco che uccide bambine con una siringa e poi le impicca. Senza toccarle, vestendole con abitini da bambola, che hanno l’etichetta che richiama i versetti del Vangelo di Marco: “Lasciate che i bambini vengano a me”. Holger Munch e Mia Krüger hanno vite devastate. Lui ha 54 anni, è separato, fuma senza pause e rimpiange Oslo. Lei, trentenne, si prepara al suicidio su un’isoletta, lontana dal mondo. La prima bimba uccisa li riscaglia nella tremenda realtà. Holger e Mia sono i due leader di una squadra speciale che viene rimessa insieme per indagare. Il serial killer marchia e conta le sue vittime, con un piccolo numero sulle unghie. Deve arrivare a 10? “La stagione degli innocenti”, in tre anni, ha invaso tutta Europa. Adesso arriva in Italia per Longanesi. L’autore è un artista di Oslo. La trama non ha sbavature (l’unica, innocua sciatteria è nella traduzione coi numeri dei versetti evangelici che non sono mai gli stessi) e conduce gli investigatori nel “buio” di una setta cristiana che segrega e manipola i suoi adepti. Munch, ovviamente chiamato così in onore dell’immortale Urlo, si troverà di fronte a un dramma personale. Così come Mia, stordita dall’alcol e dagli psicofarmaci. Il ritmo è forte e avvolgente e regge sino alla fine. Fabrizio d’Esposito Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 18 SECONDO TEMPO SABATO 13 GIUGNO 2015 il Fatto Quotidiano FATTI CHIARI ANTIMAFIA Bindi, la vendetta che macchia il Pd di Franco Monaco nome di Pio La Torre – dirigente siciliano del Pci e autore di una celebre legge per la confisca dei beni sequestrati alla mafia poi ucciso da essa – per opporlo ai presunti giustizialisti di oggi. Curioso. C ome usa dire, il tempo è galantuomo. Con il trascorrere dei giorni, si è depositata la polvere delle feroci polemiche che hanno investito Rosy Bindi in qualità di presidente della commissione Antimafia. Polemiche – risulta sempre più chiaro – originate da disinformazione, fraintendimenti, strumentalità. Sino alla più sconcertante e calunniosa delle accuse, mossa incredibilmente dal vertice del suo stesso partito, di un comportamento ispirato a rancore e a obiettivi di lotta politica interna al Pd, cui la Bindi avrebbe piegato l’istituzione della Bicamerale antimafia. BINDI NON ha un carattere fa- cile, da lei si può dissentire, ma la si conosce abbastanza per escludere esattamente le due accuse che le sono state mosse: slealtà nelle sue battaglie politiche e uso improprio delle istituzioni. Il comunicato a doppia firma dei due vicesegretari nazionali Pd che decretavano tale scomunica resta agli atti come una delle pagine più ignominiose di quel partito. Una reazione scomposta mirata alla ricerca di un capro espiatorio a maldestra copertura di una precisa responsabilità politica in capo al Pd: quella di non avere saputo opporsi alla candidatura di chi (alludo a De Luca) si è candidato in spregio alla legge Severino, voluta e votata dal Pd. Con i problemi che ne sortiscono per la Campania e dai quali tuttora non si sa come uscire. Una legge, la Severino, che, in base ad altra sua norma, ha decretato la decadenza di Berlusconi, facendo ora gridare, politici e media di centrodestra, all’ipocrisia dei due pesi e delle due misure. Va detto con onestà: giustamente! Ripeto, con il tempo, molti equivoci sono stati fugati. Riassumo: si può discutere, a monte, opportunità e persino legittimità dello screening sulle liste da parte dell’Antimafia, ma la decisione di farlo stava scritta nella legge istitutiva della commissione e, ancor più chiaramente, nel Codice votato all’unanimità dai suoi membri; l’inclusione piuttosto che l’esclusione dalla lista non è stata oggetto di alcuna valutazione discrezionale, né della commissione, né tantomeno dalla sua presidente, trattandosi della mera fotografia delle posizioni giudiziarie dei candidati e della sussistenza o meno, nei loro capi d’imputazione, dei reati ricompresi (e meticolosamente fissati) nel suddetto Codice di autoregolamentazione; tutti i passaggi del lavoro della commissione sono stati puntualmente condivisi dai gruppi, compresa la decisione di tenere fede all’impegno di rendere pubblica la lista a ridosso delle elezioni e di dare mandato di comunicarla alla presidente; negli atti della Rosy Bindi Ansa SENZA VERGOGNA Le accuse infamanti alla presidente sono una delle pagine più ignominiose del partito. E il passato viene rievocato al contrario commissione mai figura la parola giornalistica, effettivamente impropria e scivolosa, di “impresentabili”; a dispetto di un infelice e fuorviante titolo di prima pagina di Repubblica, Raffaele Cantone non ha addebitato colpe alla Bindi, ma semmai al Codice da tutti approvato e comunque sostenendo che quella lista avrebbe dovuto essere più estesa; l’inclusione di De Luca in quella lista – fuor di ipocrisia, è quello il nome che ha scatenato la bufera – era un atto dovuto, rientrando egli perfettamente nella casistica contemplata dal Codice; la sua arbitraria esclusione sarebbe stata sì una violazione delle regole e una diserzione dai propri doveri istituzionali. Si pretendeva questo dalla Bindi? A testimonianza del clima strumentalmente esasperato di quelle ore sta un episodio che smentisce gli sdegnati critici di oggi. Una vecchia e stimata figura storica del Pci, Emanuele Macaluso, ha pensato bene di dare forza al suo dissenso dall’operato dell’Antimafia e del suo presidente, evocando un precedente che riguarda un eminente predecessore della Bindi, il garantista Gerardo Chiaromonte. Quel precedente va esattamente nella direzione opposta. Anche in quella circostanza – trattasi delle elezioni del 1992 – la lista fu resa pubblica a poche ore dal voto seguendo criteri e procedure che ricalcano alla lettera quelli seguiti dall’Antimafia attuale. Per altro incappando in più di un errore poi corretto. Diverse semmai, anzi opposte, furono le reazioni politiche: del ministro della Giustizia Martelli, che ringraziò per il prezioso servizio informativo reso ai cittadini elettori; e persino del segretario Dc Forlani (ripeto: Forlani!) che lo definì “utile iniziativa”, nonostante la più parte dei candidati ricompresi in quella lista fossero del suo partito. Di più: Macaluso fa il Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info CHI AVESSE la pazienza di leggere la relazione di minoranza, a sua prima firma, della commissione Antimafia del 1976, ne sarebbe impressionato: vi figurano decine e decine di nomi di politici attivi e di primo piano, in termini puntuali e circostanziati, con tanto di accuse, sospetti, cattive frequentazioni. Al confronto la laconica lista di oggi è acqua fresca. Se ora si fosse fatto un decimo di ciò che si fece allora da parte di La Torre e del suo gruppo sarebbe successo il finimondo. La lezione? Triplice: che, quando si fa sul serio nell’elevare la soglia delle verifiche, vanno messe nel conto le reazioni, spesso interessate, di chi le mal sopporta; che i precedenti vanno presi sempre con le pinze e la loro lettura-interpretazione talora è dettata dalle convenienze (e dalle campagne d’opinione) contingenti; che anche i testimoni del tempo si possono sbagliare. Nel recente film di Sorrentino Youth vi è una sequenza nella quale uno dei due anziani protagonisti brandisce un cannocchiale alla rovescia, osservando che, con l’avanzare degli anni, nel ricordo, la realtà rimpicciolisce sino a svanire, come nella visione di quel cannocchiale. Non è una colpa, ma è bene esserne avvertiti. L’impegno di De Luca per togliere voti ai suoi di Peter Gomez DICONO che Dio renda cieco chi vuole perdere. Una conferma arriva da Vincenzo De Luca, il governatore in pectore della Campania, in attesa di sospensione causa legge Severino. Solo il soprannaturale può infatti spiegare la furibonda battaglia ingaggiata dall’esponente dem, condannato in primo grado per abuso d’ufficio, per togliere credibilità e consensi al suo partito. Dopo aver vinto le elezioni regionali per 67 mila voti, De Luca non ha acceso, come in molti si sarebbero aspettati, un cero alla Madonna. Il suo trionfo, raccontano i numeri, è arrivato grazie al determinante ingresso nella coalizione di centrosinistra di almeno due liste dalle origini discutibili: Campania in Rete, formata dagli uomini dell’ex deputato del Pdl, Nicola Cosentino – in carcere da un anno per i suoi rapporti con il clan dei Casalesi – e Campania Libera, ideata da Tommaso Barbato, l’ex braccio destro di Clemente Mastella, da tempo indagato per una presunta compravendita di voti alle ultime Politiche. Questo però non ha impedito a De Luca di iniziare nei confronti di chi lo aveva criticato una sorta di regolamento dei conti personale, condotto a colpi di querele, interviste e dichiarazioni. Una delle più pacate e misurate riguarda lo scrittore Roberto Saviano, costretto a vivere sotto scorta dal 13 ottobre 2006 perché condannato a morte dalla criminalità organizzata. “In qualche momento sembra che Savian no abbia bisogno di inventarsi la camorra anche dove non c’è, altrimenti rimane disoccupato”, ha detto De Luca a Panorama, poco prima di partecipare, con perfetto tempismo, a un pranzo elettorale pre-ballottaggio accanto a Antonio Poziello, candidato sindaco di Giugliano, escluso dalle liste del Pd perché rinviato a giudizio per associazione per delinquere. L’attacco a Saviano, visto da milioni di elettori democratici come un’icona della legalità e dell’antimafia, ha finalmente spinto anche i vertici del Nazareno a intervenire. Il presidente del partito Matteo Orfini, che era stato zitto di fronte alle bordate LUNGIMIRANZE Il neo governatore spara a zero contro Saviano. E adesso chi lo spiega agli elettori dem che vedono nello scrittore il paladino della legalità? Roberto Saviano dell’ex sindaco di Salerno contro Rosy Bindi, evidentemente considerata non abbastanza popolare per essere difesa, ha replicato tranchant: “De Luca ha detto delle sciocchezze. La camorra è un grave problema dell’Italia, credo dovrebbe essere più rispettoso di chi come Saviano su questi temi non solo ha fatto battaglie importanti, ma corre anche dei gravissimi rischi personali”. IL FATTO è che l’arrogante De Luca, come stanno cominciando a capire Orfini e gli altri, è senz’altro utile per vincere in una regione come la Campania. Ma rischia di far perdere consensi al partito in (quasi) tutto il resto d’Italia. Dove non ci si può alleare con cosentiniani e barbatiani (magari non per volontà, ma per scarsità della materia prima) l’elettore dem, convinto che Matteo Renzi rappresenti ancora la rottamazione e il cambiamento, se pensa alla faccia dell’ex sindaco di Salerno, prima dubita e poi non vota. Ovvio, è possibile che De Luca, nei prossimi mesi, venga assolto in secondo grado o che il suo ricorso alla magistratura ordinaria contro la legge Severino venga accolto. Ma il danno ormai è stato fatto. Perché, come diceva lo scrittore e politico francese André Malraux, “non si fa politica con la morale, ma nemmeno senza”. E la prospettiva che il centrosinistra se ne renda conto a proprie spese, dopo ogni roboante sparata del futuro governatore sospeso della Campania, diventa di giorno in giorno più concreta. n LA LETTERA Caro Sensi, Renzi parla di Salvini perché il suo vero nemico è il M5S di Luisella Costamagna aro Filippo Sensi, C Oscar Wilde scriveva: “Bisognerebbe scegliere le verità con la stessa cura con cui si scelgono le menzogne, e scegliere le nostre virtù con quella stessa cura che dedichiamo alla scelta dei nostri nemici”. Forse su suo consiglio, da portavoce e spin doctor, il premier Renzi è andato nella direzione esattamente opposta, concentrandosi soprattutto sulla scelta di nemici ad hoc per rafforzare consenso e identità. La strategia sembra fin troppo chiara: accusa gli altri di “gufare”, “essere contro”, “dire sempre no”, e poi è il primo a farlo; si crea ogni volta un nemico diverso – sindacati, insegnanti, poteri forti (ma poi abbraccia Marchionne e finanzieri caymani), corrotti (ma soprassiede sui suoi inquisiti), vecchia guardia (ma candida De Luca), – e poi gli dà la colpa di essere “contro”. Che sia lui il vero gufo? In principio il nemico era Grillo, e contro il “fascista”, “squadrista”, “buffone”, “assassino”, “serial killer squilibrato”, “potenziale stupratore”... si sono mobilitate la politica e l’informazione. Letta e Renzi sono arrivati a Palazzo Chigi perché la paura grillina faceva 90, e alle Europee si è parlato addirittura di disordini se avesse vinto il M5S. INCASSATO il 41 per cento, la strategia è cambiata: oblio (complici la decisione autolesionista grillina di non partecipare ai talk e le beghe interne). Eliminato il M5S dall’immaginario collettivo, dovevate scegliere un nuovo nemico. Ed ecco che il grande talent politico della tv ne ha offerti ben due: Landini e Salvini. Il primo è temibile: credibile su crisi e lavoro, passionale, di sinistra. Lancia la Coalizione sociale che può diventare movimento politico, e fa capire che Renzi di sinistra non è. Troppo temibile: oblio an- che per lui. Ma eureka! C’è Salvini. Il Matteo verde è il nemico perfetto: la destra xenofoba delle ruspe farebbe risultare di sinistra pure Francisco Franco, ricompatta sulla paura del “se no vince lui” l’elettorato Pd ormai allo stremo e non impensierisce, visto che appartiene alla stessa classe politica che ha governato in questi anni. Per quanto cresca, oltre il 15 per cento nazionale non può andare: non siamo un paese di destra bensì di centrodestra, e per questo c’è già Renzi. Dopo le Regionali, la consacrazione: “Fuori dal Pd c’è Salvini e il Cdx”, dice Renzi, aggiungendo che “l’unica sinistra che in Europa ha ancora un risultato, è la nostra” (considera la Grecia di Tsipras già fuori dall’euro?). Salvini è l’avversario ideale, funzionale e meno preoccupante. E giù a indicarlo. Ma a guardare il dito si perde la classica luna, che è ancora e sempre – ancora di Filippo Sensi Ansa più dopo che con le Regionali si è confermato secondo partito e ha mostrato una squadra credibile ed efficace anche in tv – il M5S. È lui il vero nemico, no caro Sensi? SECONDO la retorica ren- ziana, i grillini dopo le elezioni sono “irrilevanti”, parola della soldatessa Serracchiani. Ma lo dite perché è vero esattamente il contrario. In fondo, al momento, chi sfiderebbe il Pd al ballottaggio con l’Italicum è il M5S e non coalizioni di Cdx. Caro Sensi, Renzi sfida Salvini ma trema al pensiero di Di Maio. E lei è così bravo a comunicare che, ormai, l’abbiamo capito tutti. Un cordiale saluto. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 19 SABATO 13 GIUGNO 2015 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Casson si è già dissociato dal Pd Sui social network Eco dice banalità Pochi giorni fa è stato richiesto l’arresto del senatore Azzollini del Nuovo centrodestra. Quando in passato la giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato negò alla magistratura l’utilizzo di alcune intercettazioni che lo riguardavano, Casson si autosospese dal gruppo Pd al Senato. I 5Stelle che votano a Venezia non devono chiedere a Casson, come condizione per il proprio voto, di dissociarsi dal Pd: lo ha già fatto. L’accumulo di esperienza è cosa preziosa quante altre mai, e passa gioco forza per l’accumulo degli anni di vita, possibilmente spesi al servizio della curiosità intellettuale, non importa a quale livello l’intelligenza di ciascun essere umano consenta. Non credo però sia un caso che, ad esempio, la Medaglia Fields, il premio che vale un Nobel, che viene riconosciuto ai matematici, sia conferito a chi non abbia superato l’età di 40 anni. Credo dipenda dal fatto che il nostro cervello, quando è chiamato a proporre il meglio delle sue prestazioni, risenta anche lui dell’invecchiamento, e che il saldo fra esperienza (positivo) e declino fisiologico (negativo), sia al dunque determinato dal segno meno. Che l’esperienza accu- Paolo Rabitti Rom capro espiatorio, la Lega pensi ai politici Appare incomprensibile l’indifferenza dei leghisti verso la macrocriminalità di certi politici se confrontata con l’astioso accanimento dimostrato nei confronti della microcriminalità di alcuni Rom. Il danno sociale della prima, come l’enorme evasione fiscale realizzata dallo storico alleato della Lega, è di gran lunga più devastante della seconda. Per non parlare del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ma sono tante le colpe degli esponenti della Lega, dei loro alleati presenti o passati e di tutti i loro colleghi. Reati di cui invece non si sono certo macchiati i Rom. Che tra l’altro, non ricoprono incarichi pubblici così importanti. In fondo si può dire che anche loro sono vittime, e non artefici del malaffare dilagante che devasta il Paese: lo dimostrano i crimini di Mafia Capitale, Mose, Expo, e via dicendo. I leghisti, dunque, dovrebbero acquisire un più adeguato senso delle proporzioni in modo da convincere Salvini a spianare con le ruspe i campi sterminati della criminalità dei colletti bianchi, invece di pensare solo e sempre ai rom, che rappresentano un capro espiatorio. Maurizio Burattini ni. L’asserzione che internet e i social darebbero “diritto di parola a legioni di imbecilli” è a dir poco banale, sia perché scopre la cosiddetta acqua calda, le preesistenti legioni di imbecilli, sia perché, rimanendo all’Italia, è almeno dal 1° gennaio 1948, che l’art. 21 sancisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E quel tutti non esclude proprio nessuno, nemmeno gli imbecilli di cui parla Umberto Eco. Vittorio Melandri A Roma non basta il commissariamento Le vicende di Mafia Capitale hanno dimostrato che il sistema di corruzione, intimidazioni e ricatti è talmente diffuso, e non tutto è ancora venuto alla luce, per cui è illusorio risolvere il pro- la vignetta mulata da Umberto Eco sia di valore inestimabile è sotto gli occhi di tutti, questo non si può discutere. Ma evidentemente anche il suo cervello è umano, ed il declino fisiologico, pur temperato da quell’arma potentissima che è l’ironia, lo porta talvolta ad esprimere sublimi banalità. È successo questo negli ultimi gior- blema con la nomina di un semplice commissario (che resta un uomo fallibile), se non si modificano urgentemente e profondamente tutte le procedure relative agli atti che implicano spese pubbliche. Solo con la completa trasparenza, con atti accessibili alla cittadinanza oltre che agli organi di controllo Ma l’Onu che fine ha fatto? CARO FURIO COLOMBO, ci domandiamo tutto il tempo che cosa fa o dovrebbe fare l’Europa. Ma le Nazioni Unite, che dovrebbero essere il governo dei governi, che fine hanno fatto? Anita MENTRE il Mediterraneo si affolla di migranti e si sa già che non tutti, non molti potranno essere salvati, e si sa anche che non è più la ricerca di una vita migliore ma la fuga da guerre e persecuzioni feroci a causare le fughe immense e disperate, non c’è stato neppure un Consiglio di Sicurezza che si sia riunito in seduta straordinaria per dire al mondo che il problema non è solo di chi fugge e dell’unico Paese che fronteggia l’evento, l’Italia, e neppure tutta l’Europa, ma tutti coloro (non sono pochissimi) che hanno forza economica per aiutare. La ragione evidente è un decadimento umiliante e pauroso del grande sogno di Franklin Delano Roosevelt, un progressivo declassamento dei suoi rappresentanti, un diffuso disprezzo nel mondo per l’organizzazione che avrebbe dovuto garantire non solo la pace, ma anche il buon funzionamento dei rapporti internazionali. Non si cade da soli o per colpa di qualcuno in situazioni che suggeriscono desolazione e abbandono, come quella che stiamo vivendo all’Onu. Occorrono decisioni, volontà e perseveranza nel progetto di smontare un organismo di sorveglianza mondiale che avrebbe dovuto essere una sponda di salvezza. Risalendo nella storia recente è inevitabile notare che l’Onu ha avuto due potenti nemici, la nuova Russia di Putin, che non tollera lezioni o intromissioni. E la destra americana (a cominciare da Reagan per arrivare, con progressiva ostilità, al Tea Party) che disprezza sempre e comunque i governi (figuriamoci un “governo del mondo”) e non ha mai voluto accettare supervisioni su eventi decisi in America (quando i presidenti sono di destra, naturalmente). È utile ricordare che competenti, su appalti, concorsi, concessioni e ogni altra decisione di spesa, si può sperare di contenere al massimo l’illegalità negli atti della Capitale (ma in fondo di tutto il Paese). Esigenza pressante anche per l’imminenza del Giubileo, per cui non basterà un commissario. il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Vicedirettori Ettore Boffano, Stefano Feltri Caporedattore centrale Edoardo Novella Vicecaporedattore vicario Eduardo Di Blasi Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info Ascanio De Sanctis ciascun presidente della lunga cordata di destra americana al potere ha voluto come ambasciatori alle Nazioni Unite personaggi politici o diplomatici che si erano già distinti per il loro spirito sprezzante e distruttivo contro l’Organizzazione. Tipica è stata la nomina, da parte di George W. Bush, di William Bolton, che aveva dedicato la sua vita pubblica a denigrare l’Onu e ha continuato a farlo come ambasciatore in quel consesso mondiale e nel Consiglio di sicurezza. Fatalmente sia l’atteggiamento russo sia quello americano hanno allontanato dalle Nazioni Unite personaggi di livello, prestigio e valore, come invece era accaduto nei primi tre decenni dopo la fondazione, a San Francisco, dell’Onu, quando il Palazzo di Vetro aveva un corpo militare permanente, i segretari generali venivano scelti fra ex capi di Stato o di governo, e a capo delle Agenzie (Unicef, Rifugiati, Cooperazione) venivano scelti personaggi di fama internazionali. Sembra inevitabile dire che la mancanza di fondi all’Onu sia la conseguenza della crisi economica che ha colpito i grandi Paesi industriali a partire dal 2008. Ma non è vero. L’abbandono economico dell’Onu sotto la spinta della destra americana e poi del bullismo della Russia di Putin, è avvenuto molto prima, mentre, di Paese in Paese diminuiva sia il livello delle designazioni dei vari Paesi agli incarichi chiave, sia la qualità degli ambasciatori destinati all’Onu, una carica considerata sempre meno prestigiosa, anche per l’atteggiamento marginale del Consiglio di Sicurezza. Si può porre riparo a una simile situazione e al pericolo che il vuoto di una regìa mondiale rappresenta? Si può. O meglio: si potrebbe. Ma poiché nessun governo sembra interessato alla rinascita dell’Onu, non ci sarà nessuna rinascita. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Venezia è unica, il suo voto decisivo Venezia è una delle tante città italiane su cui misurare la tenuta del Partito Democratico, valutare il peso dei consensi del M5S e gli effetti della campagna elettorale anti-immigrati di Salvini. “Venezia è Unica” non perché leggiamo questo slogan sui biglietti del va- poretto, ma perché lo è veramente e quello che accade in questa città ha una risonanza internazionale ed effetti significativi sulla politica nazionale. Il ballottaggio tra Felice Casson e l’imprenditore Luigi Brugnaro, ex presidente di Confindustria Veneto, è un risultato prevedibile, visti gli interessi in gioco in una cit- tà dove arrivano ogni anno 30milioni di turisti, dove si programma il raddoppio della pista aeroportuale, dove si sta realizzando un’infrastruttura, il tram, che costa la bellezza di 10 milioni a chilometro, dove nonostante la crisi si continuano a costruire alberghi e ipermercati e a cementificare ogni centimetro di suolo. Questa è anche una città che ha creato negli anni passati una macchina amministrativa mostruosa, che ha assorbito denaro pubblico. Putroppo i media si sono occupati troppo poco del destino elettorale della città. E ora tocca ai cittadini scegliere, forse senza i necessari strumenti di valutazione. Voteranno con il cuore e con la pancia a seconda se sono più “attratti” dall’imprenditore decisionista e pragmatico che promette lavoro e benessere e sicurezza, o dall’ex magistrato d’assalto che parla con linguaggio forbito, uomo colto che si fa garante di legalità e tolleranza, ma che (purtroppo per lui) è percepito come uomo del Pd. Il Fatto se ne sta occupando, è fra i pochi, ma alcuni articoli sanno un po’ troppo di “appello al voto”: “votate con coscienza”, sembra il catechismo. Si chiede ai 5Stelle di sostenere Casson che potrebbe tutelare i valori comuni, ma da attivista adesso forse è tardi. Se certi valori fossero stati sostenuti mesi fa, magari anche prima della caduta della giunta Orsoni, si sarebbe reso un utile servizio ai cittadini. Invece adesso siamo arrivati all’ultima spiaggia, e i cittadini dovrebbero mettersi una mano sul cuore e salvare la situazione. Ma in questo momento avremmo bisogno di usare il cervello, non di fare un atto di fede, sperando che poi vada bene. Cristina Costantini Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI TUTTO COMPRESO Un abbonamento al quotidiano cartaceo a scelta + TUTTO DIGITAL • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 220,00 e • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e • 7 giorni Prezzo 320,00 e • 6 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 135,00 e • 5 giorni (dal lunedì al venerdì) • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e • 7 giorni Prezzo 180,00 e • 6 giorni • Abbonamento settimanale Prezzo 5,49 e • Abbonamento mensile Prezzo 17,99 e • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 290,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e • 6 giorni (dal lunedì al sabato) TUTTO DIGITAL - App Mia Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) - PDF del quotidiano su PC - Numeri precedenti - Accesso all’archivio cartaceo - Servizi “Utente sostenitore” * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7877 del 09/02/2015 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] • Servizio clienti [email protected] MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Sostienimi scaricando da www.dasolo.info 20 ULTIMA PAGINA SABATO 13 GIUGNO 2015 DALLA PRIMA di Marco Travaglio on solo: “Si affaccia insiN stente il timore, quando sembrava che la politica avesse finalmente riconquistato una minima autonomia d’azione, che siano nuovamente le Procure, non i cittadini, a decidere alleanze, maggioranza e singole carriere politiche”, col rischio che riparta il “disegno politico eversivo” della magistratura. Ma niente paura: Maria Teresa Meli del Corriere ha potuto auscultare l’amato Renzi mentre “spiegava” ma anche “confidava ai fedelissimi” e si “soffermava con i suoi collaboratori” sulle seguenti parole d’ordine, tratte direttamente dal Nerone di Petrolini: “Non sottovalutare la situazione, ma nemmeno drammatizzarla oltre misura” (bravo! grazie!); “Stanno cercando di colpirci con gli scandali, ma noi resisteremo e andremo avanti con maggior decisione di prima” (grazie! bravo!); “Siamo pronti a cominciare a dare risposte e soluzioni alle richieste che ci vengono dagli italiani” (bravograzie!); “l’unica è andare avanti con maggior determinazione di prima” (graziebravograzie!). Dall’altra parte, a debita distanza, ci sono le notizie, cioè il mondo della realtà. Due partiti pilotati e foraggiati da Mafia Capitale – Pd e Ncd – che vogliono commissariare il Giubileo per sottrarlo al sindaco Marino, l’unico che almeno personalmente non aveva contatti con la gang. L’arrestando Azzollini che resta a pie’ fermo presidente della commissione Bilancio, così come il condannato Galan presidente della commissione Cultura dagli arresti domiciliari, e l’indagato Castiglione sottosegretario all’Agricoltura per tenere compagnia ad altri 4 colleghi inquisiti. Intanto, a Napoli, il governatore condannato e ineleggibile e dunque eletto De Luca pensa di candidare uno dei due figli (quello indagato) a sindaco, carica notoriamente ereditaria (ma a questo punto non si vede perché tagliar fuori la compagna, fresca fresca di rinvio a giudizio). Nell’attesa, fra un insulto alla Bindi e uno a Saviano, don Vincenzo fa campagna per Antonio Poziello, candidato a Giugliano scomunicato dal Pd perché rinviato a giudizio per associazione per delinquere, in vista del ballottaggio col candidato incensurato di FI. Iniziativa che – informa il Corriere – è stata “accolta con disappunto dai vertici locali del partito”. Ecco: disappunto. Stiamo parlando di un partito che un suo dirigente, Walter Verini, paragona alla “Chicago anni 30” rischiando una querela di Al Capone; e che il commissario Barca già definì “cattivo, dannoso, pericoloso e clientelare”; al punto che ora un consigliere comunale romano del Pd confessa “io stavolta non riuscirei proprio a votare Pd”. Nel Palazzo ormai gli onorevoli parlano col linguaggio dei segni per paura delle intercettazioni e si nascondono nei bagni per paura dei carabinieri. Del resto, scrive sempre il Corriere, Renzi ha messo su “una sorta di gabinetto di guerra”. Sempre nella speranza di non veder sopraggiungere Azzollini che, in fatto di gabinetti, ha mostrato una mira piuttosto approssimativa. Ma pur sempre degna di minzione. RIMASUGLI L’onore no? Salviamo almeno i quattrini di Marco Palombi Sostienimi! scaricando da www.dasolo.info are che a Matteo Renzi P non piaccia Ignazio Marino. Pare che non ne apprez- zi le qualità amministrative, diciamo. Pare pure che questa faccenda di Mafia Capitale gli abbia fatto perdere il sonno e quel poco di autocontrollo che conservava. Dicono che giri esagitato per le stanze di Palazzo Chigi in preda all’umor nero, alla melanconia, abbracciando ora questa e ora quell’idea ossessiva: lo faccio dimettere, non lo faccio dimettere ma mando i carri armati, mando Maria Elena senza carri armati, dormo e spero che domattina quel chirurgo sia tornato negli States insieme al Cecato. E dire che Matteo Renzi e Ignazio Marino hanno almeno un amico in comune: Salvato- re Buzzi, per dire, ha finanziato entrambi. Niente, ormai il giovane premier consuma il pavimento avanti e indietro cercando di trovare il modo per risolvere la figuraccia capitale. Una, in realtà, pare gli sia venuta. Dice: le istituzioni stanno come stanno, si sa, lo spirito manca, la nazione chissà se c’è mai stata. Salviamo almeno i soldi: alla fine questo Giubileo povero vale il Fatto Quotidiano comunque mezzo miliardo e spicci. Un bel commissario all’emergenza pellegrini e così ci possiamo guardare le retate in televisione con tutta calma. È quando c’è un’emergenza, però, che l’assenza di persone capaci si sente di più: pensa Buzzi e Carminati quanto si sarebbero divertiti coi pellegrini.