1_INTRODUZIONE_amnesty 2013 - amnesty :: Rapporto annuale

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AMNESTY
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DUEMILA
AMNESTY INTERNATIONAL RAPPORTO 2013
LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
AFRICA SUBSAHARIANA
MADAGASCAR
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AFRICA SUBSAHARIANA
MADAGASCAR
REPUBBLICA DEL MADAGASCAR
Capo di stato: Andry Nirina Rajoelina
Capo del governo: Jean Omer Beriziky
Nel paese hanno continuato a essere compiute nella pressoché completa impunità gravi
violazioni dei diritti umani, tra cui centinaia di uccisioni illegali da parte delle forze di
sicurezza, oltre che arresti e detenzioni illegali. Leader politici, giornalisti, ministri di
culto e avvocati, così come altre voci critiche nei confronti delle autorità, hanno subito
intimidazioni e alcuni sono stati anche incarcerati a seguito di processi iniqui.
CONTESTO
La situazione politica e sociale ha continuato a essere influenzata dalle tensioni e la sicurezza è rimasta precaria in alcune parti del paese, specialmente nel sud. Alcuni importanti punti elencati nel “piano d’intervento per porre fine alla crisi in Madagascar”,
firmato nel settembre 2011 dalla maggioranza degli attori politici malgasci, con la mediazione della Comunità per lo sviluppo dell’Africa del Sud, non sono stati realizzati.
Questi comprendevano la fine dei procedimenti giudiziari con motivazioni politiche, la
protezione e promozione dei diritti umani e del rispetto delle libertà fondamentali e il
rientro in patria degli esuli politici. Esponenti della comunità internazionale e il governo
hanno confermato che le elezioni presidenziali si sarebbero tenute a maggio 2013. A
metà aprile 2012, entrambe le camere del “parlamento” hanno approvato una legge di
amnistia, che copriva il periodo dal gennaio 2002 al 31 dicembre 2009.
A settembre, il Madagascar ha firmato sia il Secondo protocollo opzionale all'Iccpr finalizzato all’abolizione della pena di morte, sia il Protocollo opzionale alla Convenzione
delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.
A seguito di un comunicato stampa diffuso da Amnesty International il 20 novembre, in
cui l’organizzazione evidenziava le gravi violazioni dei diritti umani commesse dalle forze
di sicurezza nel sud del paese e invocava indagini indipendenti, il primo ministro ha deciso d’istituire una commissione d’inchiesta, che sarebbe stata guidata dalle Nazioni
Unite. A fine anno erano ancora in corso i preparativi per l’inchiesta.
UCCISIONI ILLEGALI
Ci sono state moltissime uccisioni di civili per mano di attori statali nel contesto di furti di
bestiame e centinaia di persone non sono state protette dalla violenza comunitaria e da uccisioni di massa, specialmente nella regione meridionale di Anosy. Testimoni hanno rac101
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RAPPORTO 2013
contato ad Amnesty International che chi non è riuscito a fuggire dalla propria abitazione è
stato bruciato vivo, quando le forze di sicurezza hanno incendiato indiscriminatamente i
villaggi nel contesto dell’operazione militare denominata “Tandroka”, lanciata a settembre.
Secondo le accuse, a settembre le forze di sicurezza hanno ucciso almeno 11 persone, tra cui una bambina
di sei anni, e bruciato 95 abitazioni nel distretto di Elonty. Durante gli attacchi, sono stati distrutti i raccolti
e almeno una scuola è stata rasa al suolo. Le autorità hanno affermato che le forze di sicurezza statali
avevano distrutto soltanto le fattorie che coltivavano cannabis.
Nel villaggio di Numbi, a settembre, le forze di sicurezza hanno commesso esecuzioni extragiudiziali di
sospetti ladri di bestiame (i “dahalo”), compresa una persona disabile. A ottobre, i genitori e la moglie di
un indiziato di primo piano sono stati vittime di esecuzione extragiudiziale, nel distretto di Mahaly.
Almeno 250 persone sono state uccise durante l’anno nei dintorni della città meridionale di Fort-Dauphin, in
quelli che le autorità hanno descritto come scontri comunitari innescati da furti di bestiame. Amnesty International
ha espresso il timore che il numero delle uccisioni potesse essere molto superiore. Testimoni hanno raccontato
che i vicini avevano informato le autorità riguardo a un attacco imminente al villaggio, in cui almeno 86 persone sono state poi fatte a pezzi con i machete, ma che le autorità non avaveno fatto niente per impedirlo.
IMPUNITÀ
Funzionari di sicurezza e membri di gruppi armati responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni illegali, hanno continuato ad agire impunemente.
A un anno dalla morte del procuratore Michel Rahavana, la denuncia relativa al suo caso era ancora
oggetto d’indagine. Era stato ucciso nel dicembre 2011 da un gruppo di poliziotti che tentavano di liberare
un collega arrestato dal procuratore, in relazione a un furto. Stando alle accuse, il ministro competente
per la polizia, il ministro della Sicurezza interna, che si trovava in città al momento dell’uccisione, era
stato informato dell’imminente aggressione ma non era intervenuto per impedirla. Alla fine del 2011, il
ministro della Giustizia aveva annunciato che sul caso sarebbe stata condotta un’indagine.
Non è stata aperta alcuna indagine ufficiale in merito all’uccisione del tassista Hajaharimananirainy
Zenon, conosciuto con il nome di Bota, malgrado le rassicurazioni espresse dal ministro della Giustizia.
La famiglia di Bota aveva sporto formale denuncia il 30 agosto 2011, a seguito dell’arresto, della tortura
e dell’uccisione del loro congiunto per mano di membri della forza d’intervento della polizia (Force d’intervention de la police – Fip), il 17 luglio 2011, nel quartiere 67ha di Antananarivo.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE – GIORNALISTI
Diversi mezzi d’informazione, compresa Radio Fahazavana, sono rimasti chiusi. Almeno
altre cinque stazioni radiofoniche sono state chiuse a febbraio. Le autorità hanno continuato a servirsi del sistema giudiziario per esercitare intimidazioni e vessazioni nei confronti di giornalisti.
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AFRICA SUBSAHARIANA
Il 13 novembre, i giornalisti di Radio Free Fm Lalatiana Rakotondrazafy e Fidèle Razara Pierre sono stati
condannati a tre mesi di reclusione con sospensione della pena e al pagamento di un’ammenda pari a un
milione di ariary (500 dollari Usa), da un tribunale di Antananarivo. I due erano stati rilasciati il 3 maggio
dopo un fermo di 24 ore. A giugno, le autorità hanno impedito loro di lasciare il paese. Sono stati giudicati
colpevoli di diffamazione e diffusione di notizie false a seguito di una denuncia presentata da Ravatomanga
Mamy, uomo d’affari e consigliere ufficiale del presidente. Temendo per la loro incolumità, i due giornalisti,
assieme a un tecnico della stazione radiofonica, avevano in precedenza trascorso più di due mesi negli
edifici dell’ambasciata sudafricana ad Antananarivo, a partire dal 1° di agosto.
L’8 e il 9 novembre, quattro giornalisti della carta stampata, Zo Rakotoseheno, direttore di Midi Madagasikara; Rocco Rasoanaivo, direttore di La Nation e presidente del sindacato dei giornalisti malgasci; Fidy
Robson e Herivonjy Rajaonah, rispettivamente direttore e caporedattore di Gazetiko, sono comparsi davanti
alla gendarmeria di Betongolo, ad Antananarivo. Ravatomanga Mamy, uomo d’affari e consigliere ufficiale
del presidente, aveva sporto denuncia contro i giornalisti dopo che i loro quotidiani avevano pubblicato
stralci di una dichiarazione rilasciata da un capo villaggio, che lo accusava di essere legato al traffico di
legno di palissandro. I giornalisti sono stati deferiti all’ufficio del pubblico ministero il 12 novembre. Non
erano in stato di fermo ma a fine anno il loro caso era ancora oggetto d’indagine.
MISSIONI E RAPPORTI DI AMNESTY INTERNATIONAL
Un delegato di Amnesty International ha visitato il Madagascar a novembre.
Madagascar must end mass killings and investigate security forces (PRE01/570/212)
MALAWI
REPUBBLICA DEL MALAWI
Capo di stato e di governo: Joyce Banda
(subentrata a Bingu wa Mutharika
ad aprile)
Sono proseguite nella prima parte dell’anno le vessazioni e le intimidazioni nei confronti
di persone critiche verso il governo. A seguito del giuramento della presidente Joyce
Banda ad aprile, la situazione dei diritti civili e politici è rapidamente migliorata. Le
commissioni d’inchiesta sulla morte di 20 persone, nel corso delle manifestazioni che
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