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PRIMO PIANO: OLISMO E DESIGN
[
Intervista a Silvio Dolci
e Marco Benadì,
Presidente e
Amministratore
Generale
di Dolci Advertising
]
DA CAROSELLO A OGGI, SCOPRIAMO
COME È CAMBIATA LA PUBBLICITÀ NEL NOSTRO PAESE.
LA FORZA DELLE IDEE
E
ra il 3 febbraio del 1957 quando
andò in onda per la prima volta
Carosello, il contenitore di 5-6
spot pubblicitari che teneva incollati
allo schermo i primi italiani a essersi dotati di un apparecchio televisivo nei primi anni del dopoguerra. Gli spot raccontavano storie, alcuni ricorrendo a
sketch comici, altri puntando sui personaggi dei cartoni animati, altri ancora sfruttando la notorietà di canzoni e
cantanti dell’epoca. La struttura narrativa ricordava quasi sempre quella delle favole: la storia vedeva un eroe e un
cattivo che, attraverso l’uso del prodotto sponsorizzato, veniva redento. Il
messaggio contenente la valorizzazione dei prodotti passava dagli slogan
verbali, sempre uguali, alcuni dei quali fanno ancora parte della memoria
collettiva degli italiani, il cui obiettivo
era favorire il riconoscimento della
marca e il suo imprimersi nella mente
dei consumatori.
Da allora sono cambiati i linguaggi, sono cambiati i messaggi che le marche
vogliono comunicare e, soprattutto,
sono cambiati il modo e i mezzi attraverso i quali comunicarli. Ma qualcosa,
a parte il fatto che la pubblicità continua a essere uno specchio della nostra
società e dei nostri consumi, è rimasto
immutato dagli anni ‘50 a oggi. Lo scopriamo nell’intervista che segue, grazie alle parole di Silvio Dolci (SD) e Marco Benadì (MB), rispettivamente Presidente e Amministratore Generale di
Dolci Advertising, una delle realtà più
importanti nel panorama
pubblicitario italiano.
Secondo lei la comunicazione pubblicitaria è olistica o rimane un linguaggio specialistico?
MB: Quasi tutte le agenzie
propongono dei progetti
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di comunicazione integrata e interattiva, dove i diversi elementi (la pubblicità, l’ufficio stampa la presenza sui social, ecc) non rappresentano solo una
parte dell’intero progetto ma si rafforzano e si arricchiscono l’uno con l’altro.
Tutto l’insieme, inoltre, concorre a rafforzare l’idea centrale che deve essere
comunicata e quanto più il sistema di
comunicazione risulta armonico tanto
più l’idea funziona. Tutto, nella comunicazione, ruota intorno all’idea centrale che va poi declinata nei vari linguaggi che l’azienda propone, e quando ciò funziona ci sono le premesse per
un buon lavoro di marca. Oggi i consumatori sono più informati, più attenti,
sono veri e propri partner. Danno pareri, giudicano, criticano, si tengono al
corrente su Internet. Pensiamo al ruolo che piattaforme come Tripadvisor ricoprono nel settore dell’hotellerie,
strumenti che non possono assolutamente essere sottovalutati.
Un tempo, le aziende pensavano che
bastasse fare promesse e presentare
un prodotto “in grande” per riuscire a
vendere. Oggi non è più così: il consumatore non vuole solo una descrizione
del prodotto ma vuole sentire una storia raccontata con un tono e uno stile
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NON CAMBIA MAI
sempre coerenti negli anni.
In tutto questo risiede l’olismo della comunicazione pubblicitaria.
Forse possiamo individuare anche un
lato specialistico nel fatto che nel mercato della comunicazione, oggi, c’è
una fitta parcellizzazione dei ruoli e
delle competenze professionali. Questo aspetto, però, alle aziende interessa poco, per loro conta avere una comunicazione coerente, un’identità riconoscibile, ottenuta sfruttando la forza di ogni mezzo. E il pubblicitario deve saper orchestrare le varie competenze, i vari linguaggi e i vari strumenti della comunicazione attorno all’idea
centrale.
Come cambia l’approccio del
pubblicitario nel realizzare una
campagna a seconda dei clienti?
Quali parametri vengono considerati quando si progetta una
campagna advertising?
SD: Dipende tutto dalla natura del
prodotto e dalle caratteristiche dell’azienda.
Ogni settore ha le sue peculiarità, per
cui un’uniformità nella delineazione
dei temi da comunicare non è possibile. È l’azienda, con i suoi obiettivi, i
Fondata nel 1962 da Silvio Dolci, con il nome “Studio Dolci”, l’agenzia
conquista subito budget pubblicitari notevoli e clienti di fama internazionale.
Grazie alla notevole crescita che conferma Dolci come una delle prime realtà
italiane del settore, le agenzie diventano tre: Dolci Italia, Dolci International
e Dolci Advertising, con un totale di 70 collaboratori.
Nel 1968, Silvio Dolci fonda Dolci France nel cuore di Parigi. Primo italiano ad
aver “osato” aprire un’agenzia all’estero, il suo lavoro viene presto ripagato,
anche grazie all’effervescenza creativa dei suoi collaboratori, e in breve tempo Dolci France si colloca tra le più affermate agenzie francesi.
A partire dal 1988, Silvio Dolci si dedica a un progetto più ampio, fondando
nove agenzie che operano a livello internazionale. Nel 1991 si aggiudica il
Leone d’Oro all’International Advertising Film Festival di Cannes, il massimo
riconoscimento per il mondo della pubblicità.
Dai primi anni del 2000 Dolci Advertising non ha fatto che consolidare il suo
ruolo nel settore della comunicazione, curando campagne per clienti come
Toyota, Nissan, BMW, con uno stile creativo che è sempre riuscito ad adeguarsi al mutamento della società e dei linguaggi.
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suoi valori, le sue peculiarità a suggerire
l’orientamento della comunicazione
e del marketing. Non a caso, in Dolci
lavoriamo seguendo un approccio su
misura. Per ogni cliente svolgiamo un
gran lavoro di marketing intelligence,
ascoltiamo i consumatori, indaghiamo sul mercato di riferimento, individuiamo le peculiarità dell’azienda.
Fatto questo studio, scriviamo un vero e proprio manifesto della marca,
dove ne definiamo gli aspetti visivi e
verbali, il tono e lo stile di comunicazione.
Altro elemento fondamentale per
noi, è il fatto di lavorare sia a contatto con l’imprenditore, sia con l’organizzazione aziendale fino ai punti
vendita: questo, perché, se da un lato
è vero che è la marca a creare attenzione su di sé, dall’altro lato è pur vero che i risultati commerciali si conseguono localmente. Ci deve essere
una coerenza tra quello che la marca
promette e il modo in cui viene comunicata all’interno degli store. Questa coerenza contribuisce notevolmente al successo del prodotto.
Com’è cambiata la comunicazione pubblicitaria negli ultimi 60-70
anni?
MB: Siamo orgogliosi di definirci
un’agenzia indipendente nata nel periodo del debutto televisivo e attiva
anche oggi nell’era delle nuove piattaforme digitali. In tutti questi anni, la
principale evoluzione nel mondo della pubblicità si è avuta nei rapporti
con le persone: una volta le marche
promettevano e la gente si limitava ad
ascoltare. Oggi il messaggio pubblicitario passa attraverso nuovi linguaggi, nuovi mezzi, nuove professionalità, ma quello che non cambierà mai è
la forza delle idee, elemento centrale
per noi pubblicitari. Non a caso, le
aziende più forti nel mercato sono
quelle che credono nelle idee che comunicano. Le idee consentono alle
aziende di uscire dalla crisi rafforzate
rispetto a quando ci sono entrate. Un
cambiamento importante è legato al
fatto che le aziende si sono rese conto del fatto che i loro clienti sono consumatori attivi, sempre connessi,
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molto partecipi. Bisogna quindi innovarsi aprendosi verso una comprensione totale (una diagnosi dei processi e dei linguaggi in atto) e un dialogo
verso i consumatori. Dialogo che deve assumere sempre più le forme dello scambio (cosa che avviene sui canali social) e del coinvolgimento. Non
a caso si moltiplicano i tentativi di engagement del cliente attraverso la
diffusione di carte di fedeltà o di
questionari per la raccolta delle
opinioni.
Un tempo la pubblicità
compariva solo in Tv, sulla stampa e sulle affissioni stradali. Oggi ci
s o n o a nche i nuov i
media come Internet
e i social network.
Quali novità ha portato questo cambiamento?
SD: Sicuramente la
novità principale
consiste in un ampliamento delle informazioni che vanno ripartite sul mercato. Le caratteristiche dei vecchi media
oggi sono completate
e ridimensionate dai
nuovi mezzi di comunicazione che stanno
quasi prendendo il sopravvento. Questo si riflette anche sulle dimensioni degli investimenti: ormai s’investe su Internet e
sui nuovi canali quasi quanto
sui media tradizionali.
Come immagina la pubblicità
del futuro?
MB: I nostri comportamenti di acquisto non possono prescindere dal contesto in cui viviamo. Le marche devono tenerne conto e, nel futuro, devono ripartire dal prodotto, dalle sue peculiarità, devono soddisfare il bisogno
dei consumatori di saperne sempre di
più. Dobbiamo quindi obbligare le
aziende a dire sempre di più sul prodotto, non limitandosi a descriverlo
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ma fornendo il racconto di una storia
concreta, vicina al mondo dei consumatori. Se siamo troppo didascalici
annoiamo, se rimaniamo troppo impalpabili risultiamo distanti e non avviciniamo le persone.
Dolci Advertising ha realizzato
diverse campagne per aziende
del settore automotive. In quel
caso cosa si è voluto comunicare
e come è stata progettata la
campagna?
SD: Abbiamo avuto l’onore di
lavorare con grandi marchi,
aziende di prodotto, società
di servizi, imprenditori italiani coraggiosi ma anche
brand planetari.
Nel settore auomotive
abbiamo seguito oltre
quindici case automobilistiche.
Abbiamo cominciato
a lavorare con loro
negli anni Novanta,
anni in cui la conoscenza del consumatore, del mercato e
della concorrenza, i
cambiamenti sociali e
culturali diventavano
elementi indispensabili per la realizzazione
di una campagna integrata di successo.
Le abbiamo affiancate
anche nella gestione del
post vendita, instaurando
un vero e proprio rapporto
a 360 gradi.
E con alcune di loro abbiamo
fatto ricorso a codici rivoluzionari per i tempi e per il settore
dell’automotive, anticipando il
concetto di low cost/high value.
Concetto che sarebbe esploso di lì a
poco tempo e che, nel caso dell’automobile, oggetto che ci coinvolge quotidianamente, è molto importante.
Così facendo, grazie a una rinnovata
attenzione al risparmio, il brand è stato anche percepito come portatore di
un patrimonio di valori che comprende anche il divertimento e l’attitudine
etica ai consumi.
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