necrosi asettica e algodistrofia

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necrosi asettica e algodistrofia
NECROSI ASETTICA E ALGODISTROFIA
Luciano Ditri - O.T.I. Medicale Vicenza
NECROSI ASETTICA
Introduzione
La Necrosi Asettica (NA), altrimenti chiamata anche Necrosi Avascolare, Necrosi
Ischemica, è una malattia generata da un’eziologia molto varia, che, determinando una
riduzione progressiva del flusso sanguigno locale, danneggia in maniera crescente la
struttura dell’osso. L’evoluzione naturale di questa patologia, nella maggioranza dei casi
(circa il 70%)1, porta alla distruzione dell’osso, con necessità di un intervento di
artroprotesi. Interessa una popolazione relativamente giovane (18–65 anni) con
un’incidenza variabile dal 10 al 20 % sul totale degli interventi di artroprotesi d’anca 2.
L’età media dei pazienti che vanno incontro a intervento di protesi, secondaria a NA, è
di circa 35 anni. La durata media di una protesi è di circa 12 anni, perciò, considerando
la giovane età dei pazienti colpiti dalla patologia, si apre, per questi, un iter sanitario che
prevede più interventi, con i conseguenti rischi chirurgici, infettivi, anestesiologici e con
una riabilitazione sempre più problematica. A questo si aggiunge il costo sociale, dal
momento che i pazienti hanno una attività lavorativa, che sarà interrotta dal susseguirsi
degli interventi chirurgici.
Eziologia
Il trauma rappresenta il fattore eziologico più frequente, ma spesso la malattia dipende
da patologie concomitanti, dall’uso di farmaci oppure non è possibile stabilirne la causa
e, di conseguenza, viene definita “idiopatica”. (Tab.1)
Tab 1. Patologie associate a Osteonecrosi
GRUPPI
DI PATOLOGIA/EZIOLOGIA
PATOLOGIE
Trauma
Fratture, Lussazioni, Traumi Vasculari,
Ustioni
Ematologiche
Emoglobinopatie (Anemia Falciforme,
Talassemia),
CID,
Policitemia,
Emofilia
Metaboliche/
Ipercolesterolemia,
Gotta,
Endocrinologich Iperparatiroidismo,
Gravidanza,
e
Emocromatosi, Iperlipidemia, Malattia
di Cushing, Insufficienza Renale
Cronica, Malattia di Gaucher, Diabete
e Obesità, Malattia di Fabry
Gastrointestinali Pancreatite, Intestino irritabile
Neoplastiche
Malattie del midollo
Infettive
Osteomieliti, HIV, Meningococcemia
Vasculari/Reuma LES,
Polimiositi,
Polimialgia
tologiche/
Reumatica, Malattia di Raynaud,
Malattie
del Artrite
Reumatoide,
Spondilite
tessuto
Anchilosante, Sindrome di Siögren,
Connettivo
Arterite
a
Cellule
Giganti,
Tromboflebite, Embolia Grassosa,
Sindrome di Ehler-Danlos
Ortopediche
Distacco
dell’epifisi
femorale,
Lussazione
congenita
dell’anca,
ispostosi Ereditaria, Malattia di
FREQUENZA
Comune, meno comune
nelle Ustioni
Comune
Meno comune
Comune
Insufficienza
Cronica
nella
Renale
Meno comune
Meno comune
Meno comune
Meno comune
Comune nel LES
Meno comune
Comune nella LeggCalvé-Perthes Disease
1
GRUPPI
DI PATOLOGIA/EZIOLOGIA
PATOLOGIE
Legg-Calvé-Perthes
Fattori dietetici e Disbarismi
(Malattia
Da
ambientali
Decompressione), Alcolismo, Fumo
Iatrogeniche
Corticosteroidi,
Radioterapia,
Emodialisi,
Terapia
Citotossica,
Trapianti d’Organo, Chirurgia Laser
Idiopatica
?
FREQUENZA
Comune
Comune
Comune
Come si può desumere dalla tabella, al momento, non ci sono dati certi sulla percentuale
di incidenza delle varie cause nella patogenesi della NA, dal momento che l’azione dei
vari eventi morbosi, che concorrono nell’eziologia della osteonecrosi, non è conosciuta
in maniera completa.
Patogenesi
Anche il meccanismo fisiopatologico che genera l’osteonecrosi non è ancora ben
chiarito, ma produce un effetto comune in tutte le forme ed è la progressiva distruzione
della rete vascolare dell’osso delle zone periarticolari, che comporta l’interruzione del
circolo e dell’arrivo alle cellule ossee dei componenti nutrizionali e dell’Ossigeno. La
conseguenza diretta di questa situazione è la crescente sofferenza dell’osso con morte
delle cellule e conseguente necrosi. La necrosi coinvolge una zona sempre più estesa
dell’osso, fino a provocarne il crollo della struttura e l’impotenza funzionale.
Le zone periarticolari maggiormente a rischio di NA sono la testa del femore, i condili
femorali, la testa dell’omero, le ossa del tarso e il semilunare del carpo. L’osso
subcondrale è servito da arteriole con uno scarso circolo collaterale. I sinusoidi
dell’osso non hanno l’avventizia, quindi la loro pervietà dipende dal volume interno di
sangue e dalla pressione esterna del midollo circostante, il tutto racchiuso dalla corticale
dell’osso che è inestensibile. In un compartimento di questo genere ogni elemento può
guadagnare spazio a spese degli altri, quindi un aumento dell’edema del midollo
diminuisce il flusso sanguigno con sofferenza tissutale, ischemia e edema, instaurando
così un circolo vizioso con aumento della pressione intraossea e ischemia.
Metodiche diagnostiche
La Risonanza Magnetica (RMN) è la metodica più sensibile e più specifica, per fare
diagnosi anche negli stadi più precoci della malattia, quando l’immagine della
Radiografia convenzionale risulta ancora normale, in presenza di una sintomatologia
indicativa. Diverse altre tecniche diagnostiche vengono ancora utilizzate, la Scintigrafia
Ossea, la Tomografia Assiale Computerizzata e la Valutazione Artroscopica, anche se
con l’introduzione della RMN il loro uso non trova più indicazione, se non in pazienti
selezionati che non possono essere sottoposti a Risonanza Magnetica.
Stadiazione della Osteonecrosi
Nella stadiazione della NA, esistono ben cinque classificazioni maggiori. Unificare
questi metodi sarebbe auspicabile, soprattutto per la possibilità di confronto dei risultati
terapeutici. La più comunemente usata è quella di Ficat e Arlet 3, anche se con l’uso
della RMN risulta di maggiore utilità quella di Steinberg 4 (Tab. 2). La classificazione di
Steinberg è nata per la stadiazione della Necrosi asettica della testa del femore, ma,
attualmente viene usata, per similitudine, anche nelle necrosi di altri distretti.
2
3
Tab 2. Classificazione della Necrosi asettica della Testa del Femore secondo Steinberg4
STADIO
0
I
II
III
IV
V
VI
DESCRIZIONE
Normale o Radiografia convenzionale, RMN, Scintigrafia ossea non
diagnostiche
Radiografia normale – anormale RMN o Scintigrafia ossea
A – Lieve
(< 15% della Testa)
B – Moderata (15% - 30%)
C – Severa
(> 30%)
Modificazioni sclerotiche o lesionsi cistiche
A – Lieve
(< 15% della Testa)
B – Moderata (15% - 30%)
C – Severa
(> 30%)
Collasso subcondrale senza appiattimento
A – Lieve
(< 15% della superficie articolare)
B – Moderata (15% - 30%)
C – Severa
(> 30%)
Appiattimento della Testa del Femore
A – Lieve
(< 15% della superficie e depressione < 2 mm)
B – Moderata (15% - 30% della superficie o depressione di 2-4 mm)
C – Severa
(> 30% della superficie e depressione > 4 mm)
Riduzione dello spazio articolare e/o coinvolgimento dell’acetabolo
A – Lieve
B – Moderata
C – Severa
Modificazioni degenerative progressive
Razionale dell’uso dell’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) nel trattamento della
Necrosi asettica (NA).
La patogenesi dell’Osteonecrosi è, come già riportato, un problema ancora non
completamente conosciuto. Emboli di grasso, emboli gassosi, coagulazione
intravascolare, incremento della pressione all’interno dell’osso, iperviscosità del sangue,
stasi venosa sono i meccanismi maggiormente incriminati. Tutti portano ad un'unica
conseguenza, cioè alla interruzione della circolazione del sangue, che ha come esito
l’ipossia del tessuto osseo con morte cellulare.
Gli osteociti, in condizioni normali, consumano relativamente poco Ossigeno, e possono
tollerare un’ischemia della durata di 12 ore, gli osteoblasti consumano più Ossigeno in
condizioni basali, mentre aumentano il consumo di 8 volte in presenza di una situazione
di bisogno come una frattura. Le cellule che hanno più bisogno di Ossigeno sono gli
osteoclasti, deputati al riassorbimento del tessuto osseo e che possono consumarne
cento volte più degli osteociti5.
Da diversi studi si è visto che l’OTI è in grado di incidere in maniera determinante sul
metabolismo dell’osso, inducendo l’osteogenesi in assenza di Ossigeno trasportato
dall’Emoglobina1. Per tale motivo l’uso dell’OTI nell’Osteonecrosi ha un suo
fondamento, confermato anche da quelli che sono i suoi effetti fisiologici: aumenta in
maniera importante la presenza del gas nei fluidi dell’osso sofferente, impedendo un
ulteriore danno alle cellule, ha un effetto antiedemigeno diretto e indiretto che riduce la
tensione all’interno dell’osso e della relativa articolazione, ristabilendo così le
condizioni ottimali di circolo e riducendo, in maniera importante, il dolore. Induce la
neovascolarizzazione, ha un effetto antinfiammatorio e mobilizza le cellule staminali
del midollo osseo.
4
Terapia
La possibilità di ritardare l’intervento di protesi o di portare il paziente nelle condizioni
di non averne più bisogno è lo scopo che trova coinvolte più discipline medicochirurgiche, che cercano una soluzione in grado di assolvere a questa necessità.
La terapia della NA è ancora un problema non risolto, infatti vengono proposte diverse
tecniche, sia chirurgiche, sia non chirurgiche, per il suo trattamento. Questo indica che
non è stato ancora raggiunto un risultato pienamente soddisfacente. Tra le tecniche
chirurgiche trovano posto la Decompressione del nucleo osseo, il Trapianto osseo
vascolarizzato e non vascolarizzato, con o senza l’associazione di Fattori di Crescita e
Differenziazione6, l’Osteotomia. Tra quelle non chirurgiche la Stimolazione Elettrica, i
Campi Magnetici Pulsanti, le Onde d’urto ad Alta Energia, il Trattamento
Farmacologico con Osteointegratori e/o Prostanoidi7 e l’Ossigenoterapia Iperbarica
(OTI).
Le metodiche proposte comportano degli effetti collaterali e una percentuale più o meno
elevata di insuccessi:
 La Decompressione del nucleo osseo presenta il rischio di frattura del collo del
femore e una percentuale di insuccesso di circa il 40% 8.
 Il Trapianto osseo vascolarizzato comporta un lungo tempo chirurgico con l’uso
di tecniche microchirurgiche, dolore, malfunzionamento della parte donatrice,
con una percentuale di insuccessi di circa il 15-20% a 24 mesi2. “Il Trapianto
osseo vascolarizzato è un’opzione percorribile nelle fasi di precollasso e in
alcune forme di collasso recente”2.
 Il Trapianto osseo non vascolarizzato, con o senza l’associazione di Fattori di
Crescita e Differenziazione presenta una percentuale di insuccessi superiore al
60% e se usata in associazione con Fattori di Crescita e Differenziazione può
indurre la neoformazione di osso meno resistente dal punto di vista meccanico
in quanto contiene un elevato numero di vasi sanguigni al suo interno 9.
 L’Osteotomia ha tra le complicanze una anormale meccanica della testa del
femore ma gli insuccessi sono inferiori al 30%, va usata in pazienti selezionati,
con lesioni di discreta entità2.
 La Stimolazione Elettrica, i Campi Magnetici Pulsanti, le Onde d’urto ad Alta
Energia non sono supportate da una sufficiente evidenza clinica2.
 L’OTI oltre a presentare un razionale solido per la sua utilizzazione, non
richiede un intervento chirurgico e presenta quale effetto collaterale la
possibilità del collasso della testa femorale durante la fase di crescita ossea,
fenomeno che in letteratura è aneddotico.
Ossigenoterapia Iperbarica
La metanalisi di Strauss e Dvorak prende in considerazione quindici lavori effettuati
sull’uso dell’OTI per un totale di 189 pazienti con una percentuale di successi del 97% a
12 mesi e del 81% a 24 mesi1. Dei 15 lavori presi in considerazione, tre sono dei case
report, quattro hanno usato l’OTI in combinazione con interventi chirurgici. Sono tutte
analisi retrospettive, in maggioranza senza dei precisi criteri di analisi dei risultati.
Dopo questa metanalisi, in letteratura, è comparso solamente uno studio, sull’uso
dell’OTI nell’uomo, effettuato da Reis e collaboratori che hanno eseguito un’analisi
retrospettiva dei loro pazienti, individuandone 12 (16 anche) con NA allo stadio I della
Classificazione di Ficat. Il gruppo di controllo, non randomizzato, era formato da
pazienti con le stesse condizioni cliniche, ma non sottoposti a OTI. I pazienti hanno
5
ricevuto 100 trattamenti OTI e sottoposti ad un follow-up dopo 24 mesi. Tredici anche,
dopo una media di 8 mesi dall’inizio della terapia, sono completamente guarite 10.
Sempre il gruppo di Reis ha prodotto due lavori sperimentali nei ratti sull’uso dell’OTI
nell’osteonecrosi indotta artificialmente11,12. I risultati sono stati estremamente
incoraggianti, soprattutto nello studio in cui a OTI veniva associato lo scarico dell’arto.
In luglio 2010 è stato pubblicato il lavoro di Vezzani13 che è uno studio randomizzato,
controllato, in doppio cieco, che dimostra, pur se su un campione ridotto di pazienti,
l’efficacia dell’OTI nella cura della Osteonecrosi.
Nostra esperienza 1999-2009
Metodi
In undici anni nel nostro centro iperbarico abbiamo trattato 720 pazienti affetti da
Osteonecrosi asettica. In questa analisi retrospettiva abbiamo valutato l’efficacia
dell’Ossigenoterapia Iperbarica dopo più di 24 mesi dalla fine della terapia stessa.
Abbiamo escluso 155 pazienti che non avevano completato i 24 mesi dalla fine della
terapia e 65 che non abbiamo rintracciato per effettuare il follow-up.
Abbiamo valutato 494 pazienti con una Necrosi Asettica lieve o moderata (stadi 1 e 2
della Classificazione di Steinberg) per stabilire se l’uso prolungato dell’OTI (40-100
sedute) insieme alla terapia non chirurgica convenzionale (Fisiokinesiterapia, scarico o
riposo dell’arto, Osteointegratori, Analgesici) era associato a una regressione della
patologia, con riduzione o scomparsa del dolore e recupero della funzionalità dell’osso e
dell’articolazione.
Le modalità del follow-up erano così impostate:
 Guarito, RMN senza segni di Necrosi e paziente senza dolore;
 Migliorato, RMN con segni minimi e stabilizzati di Necrosi e edema, riduzione
o scomparsa del dolore;
 Invariato, RMN senza variazioni e dolore invariato;
 Peggiorato, il paziente è stato sottoposto a intervento di protesizzazione.
Risultati
Dei 494 pazienti che abbiamo valutato, 165 sono stati esclusi per i seguenti motivi:
 Fuori dal range di sedute OTI (40-100);
 Necrosi asettica determinata da patologie diverse per più di 3 anni;
 Pazienti fuori dal range di età (18-65 anni).
Abbiamo preso in considerazione, pertanto, 329 pazienti che abbiamo suddiviso per
sede anatomica interessata dalla Necrosi (Tab.3).
6
Tab 3. Pazienti per sedi anatomiche.
SEDE
N. PAZIENTI
FEMMINE
MASCHI
ETA’
SEDUTE
OTI
TESTA
FEMORE
230 (70%)
74 (32%)
156 (68%)
5013
6212
GINOCCHIO
59 (17.9%)
27 (45.8%)
32 (54.2%)
5912
609
ALTRE SEDI
40 (12.1%)
17 (42.5%)
23 (57.5%)
4715
6014
TOTALI
329
118
211
5114
6112
Con l’impiego dell’OTI nel trattamento dell’Osteonecrosi abbiamo ottenuto buoni
risultati che possono essere così riassunti:
Osteonecrosi della testa del femore, sono stati trattati 230 pazienti di cui 102 (44.4%)
sono guariti, 47 (20.4%) sono migliorati, 18 (7.8%) sono rimasti invariati e 63 (27.4%)
sono peggiorati e sottoposti ad intervento di artroprotesi.
Osteonecrosi dei condili femorali (ginocchio), sono stati trattati 59 pazienti, di cui 32
(54.2%) sono guariti, 17 (28.8%) sono migliorati, 3 (5.1%) è rimasto invariato e 7
(11.9%) sono peggiorati.
Osteonecrosi in altre sedi (caviglia, testa omero, semilunare del carpo, ecc.), sono
stati trattati 40 pazienti di cui 19 (47.5%) sono guariti, 12 (30.0%) sono migliorati, 6
(15.0%) sono rimasti invariati e 3 (7.5%) sono peggiorati.
Conclusioni
Pur con tutti i limiti di uno studio retrospettivo, dai risultati ottenuti si evince l’utilità
dell’OTI nella cura della Necrosi Asettica. A favore dell’uso dell’OTI nei pazienti
affetti da FHN depongono sia un razionale di alto peso specifico che è basato sui suoi
effetti fisiologici, sia tutti i risultati di altri studi osservazionali, che confermano la sua
efficacia.
In particolare l’Ossigenoterapia Iperbarica è in grado di evitare il ricorso a pratiche
chirurgiche e, alla fine, all’intervento di protesizzazione.
Affinché l’OTI sia risolutiva è di fondamentale importanza una diagnosi precoce della
malattia quando non si è ancora arrivati al collasso della struttura ossea.
L’OTI correttamente usata porta, infine, ad una importante riduzione dei costi sanitari,
sociali ed umani.
7
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8
LA SINDROME ALGODISTROFICA RIFLESSA o CRPS (Complex Regional
Pain Syndrome)
Introduzione
Dolore locale spesso severo, modificazione del colore della pelle, ipo- o iperidrosi, con
osteoporosi localizzata, caratterizzano la Sindrome algodistrofica riflessa, attualmente
chiamata Complex Regional Pain Syndrome (CRPS). Questa descrizione venne fatta per
la prima volta da Mitchell già nel 1864 e approfondita da Sudeck agli inizi del ‘900 (1).
Da allora però la conoscenza di questa patologia non ha fatto molti progressi né dal
punto di vista eziologico, né per quanto riguarda la fisiopatologia.
Spesso causata da un trauma senza, però, un nesso diretto con la gravità del trauma
stesso, si sviluppa questa sindrome che comporta, per il paziente, una impotenza
funzionale di vario grado, che nella sua evoluzione può arrivare alla fase atrofica con
perdita irreversibile delle funzionalità dell’arto interessato.
L’Ossigeno Iperbarico si inserisce in maniera non marginale nel programma terapeutico
della CRPS, agendo in sinergia con la Fisiokinesiterapia, con la Terapia del Dolore e
con la Terapia Occupazionale (Ergoterapia).
Eziopatologia
Varie cause possono scatenare la CRPS, quali traumi (distorsioni, lussazioni, fratture,
interventi chirurgici, ustioni, lesioni da schiacciamento, elettrocuzione),
immobilizzazione, disordini neurologici (ictus, tumori, siringomielia, interventi
neurochirurgici), infezione da Herpes zoster, infarto del miocardio, disordini muscoloscheletrici (es: lesione della cuffia dei m. rotatori della spalla), neoplasie, farmaci
(anticonvulsivanti, antitubercolari), manovre intra-articolari (artroscopia), puntura
arteriosa e venosa. Delle volte non è possibile risalire a una causa e la CRPS viene
definita idiopatica.
Tra i meccanismi periferici e spinali che possono indurre e mantenere la CRPS ci sono
l’infiammazione locale con accumulo di mediatori nocicettivi nella sede del danno, la
sensibilizzazione dei nocicettori afferenti associata a ipersensibilità adrenergica, una
“comunicazione aberrante”, nei gangli dorsali, tra neuroni sensitivi e simpatici,
sensibilizzazione dei nocicettori specifici da parte dei meccanocettori a bassa soglia
nelle corna posteriori della sostanza grigia midollare, una amplificazione o ridotta
inibizione nocicettiva nel talamo e nel locus ceruleus (2). Diversi sono i mediatori
dell’infiammazione coinvolti nella patogenesi di questa sindrome quali i Neuropeptidi
(Bradichinine, Neuropeptide Y, ecc.), le Citokine (Interleukine, TNF) e Eicosanoidi
(Prostaglandine e Leukotrieni) (3).
Diversi studi hanno evidenziato le anomalie del flusso ematico e l’alterata dinamica del
microcircolo in corso di CRPS, derivanti da un’aumentata pressione endomidollare, da
una ridotta estrazione di Ossigeno, da una ridotta produzione di ATP, da un aumento
della permeabilità capillare e di Acido Lattico, nonché dalla presenza di uno stress
ipossico muscolare (4-8).
9
Razionale dell’uso dell’Ossigeno Iperbarico nel trattamento della CRPS
La patogenesi della CRPS indica, in un’alterata dinamica del microcircolo, nell’edema e
nella infiammazione che ne deriva, i principali fattori che scatenano e mantengono
questa sindrome.
L’Ossigenoterapia Iperbarica (OTI) ha diversi effetti farmacologici che vanno a
contrastare in maniera determinante questi fattori di malattia. Infatti induce la
correzione dell’ipossia attraverso un incremento della quota di ossigeno disciolto nel
plasma, attraverso una ridistribuzione del sangue verso i tessuti ipossici a seguito di
vasocostrizione nei tessuti sani e aumentando la deformabilita’ globuli rossi.
Ha un effetto antiedemigeno che si esplica con la riduzione dello stravaso di liquido e
della diapedesi e con la preservazione dei livelli di ATP (azione antiedemigena
indiretta).
Incrementa il microcircolo attraverso la neovasculogenesi e la neoangiogenesi; ha una
azione di protezione nei confronti delle strutture nervose, mantenendo normali i livelli
di ATPasi e di Fosfocreatinkinasi (PCK) e bassi i livelli di Lattati, proteggendo le
membrane dalla lipoperossidazione radicalica. Contrasta, inoltre, la produzione delle
beta 2-integrine che favoriscono la adesività dei Globuli bianchi sulla parete endoteliale
dei capillari e, quindi, agisce come un potente antinfiammatorio.
A dimostrazione dell’effetto positivo dell’Ossigeno Iperbarico sono stati prodotti tre
lavori scientifici, di cui uno come studio prospettico, controllato, randomizzato, in
doppio cieco, che confermano i buoni risultati (9-11).
Nostra esperienza 1999-2009
Abbiamo effettuato un’analisi retrospettiva sui nostri pazienti, trattati tra il 1999 e il
2009.
In questo lasso di tempo abbiamo trattato, per questa patologia, 390 pazienti, con una
età media di 5214 anni, di cui il 58% erano maschi, il 48% femmine.
Sede anatomica
 141 pazienti (36.1%) regione caviglia-piede
 93 (23.8%) ginocchio
 76 (19.5%) anca
 36 (9.2%) regione polso-mano
 27 (6.9%) gamba
 17 (4.3%) regione spalla-braccio.
Eziologia
Regione caviglia-piede (141 pz): 66% post-traumatica, 28% idiopatica, 3% osteopatica,
2% post-chirurgica, 1% neuropatica
Ginocchio (93 pz): 27% post-traumatica, 53% idiopatica, 14% post-chirurgica, 5%
protesi, 1% neuropatica
Anca (76 pz): 18% post-traumatica, 68% idiopatica, 4% post-chirurgica, 8% protesi, 1%
neuropatica, 1% osteopatica
Regione polso-mano (36 pz): 69% post-traumatica, 3% idiopatica, 25% post-chirurgica,
3% neuropatica
Gamba (27 pz): 59% post-traumatica, 19% idiopatica, 7% post-chirurgica, 4%
neuropatica, osteopatica 11%
Regione spalla-braccio (17 pz): 47% post-traumatica, 41% idiopatica, 12% postchirurgica.
10
Follow-up
Regione caviglia-piede: di 141 sono risultati irreperibili 7, per cui il follow-up riguarda
134 pazienti.
Ginocchio: di 93 sono risultati irreperibili 3 e 1 è stato sospeso, per cui il follow-up
riguarda 89 pazienti.
Anca: di 76 sono risultati irreperibili 4 e 1 è stato sospeso, per cui il follow-up riguarda
71 pazienti.
Regione polso-mano: di 36 è risultato irreperibile 1, per cui il follow-up riguarda 35
pazienti.
Gamba: di 27 è risultato irreperibile 1, per cui il follow-up riguarda 26 pazienti.
Regione spalla-braccio: di 17 è risultato irreperibile 1, per cui il follow-up riguarda 16
pazienti.
Criteri di valutazione
Guarito: risoluzione completa della sintomatologia
Migliorato: riduzione del dolore maggiore del 60% sulla scala di valutazione (VAS)
Invariato: Nessuna modifica del quadro clinico
Peggiorato: Aggravamento del quadro clinico
Risultati
Regione caviglia-piede:
Guarito 31.4%, Migliorato 50.0%, Invariato 16.4%, Peggiorato 2.2%
Ginocchio:
Guarito 41.5%, Migliorato 35.9%, Invariato 18.1%, Peggiorato 4.5%
Anca:
Guarito 40.8%, Migliorato 43.7%, Invariato 11.3%, Peggiorato 4.2%
Regione polso-mano:
Guarito 31.4%, Migliorato 45.7%, Invariato 14.3%, Peggiorato 8.6%
Gamba:
Guarito 34.6%, Migliorato 42.3%, Invariato 23.1%, Peggiorato 0.0%
Regione spalla-braccio:
Guarito 6.2%, Migliorato 62.5%, Invariato 18.8%, Peggiorato 12.5%
Conclusioni
Dalla letteratura e dai risultati da noi raggiunti si evince che l’Ossigeno Iperbarico
rappresenta una terapia efficace nella CRPS. Terapia che va utilizzata nei tempi giusti,
evitando di considerarla “l’ultima spiaggia”, altrimenti i risultati non potranno essere
positivi. Rappresenta, inoltre, la soluzione anticipata dei problemi per il paziente, con
un rapporto costo/beneficio nettamente a favore del secondo.
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