tecnico veterinario: un valore aggiunto

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tecnico veterinario: un valore aggiunto
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Professione
TECNICO VETERINARIO:
UN VALORE AGGIUNTO
Nell’ambito del settore veterinario la figura del tecnico,
spesso ignorata o mal interpretata dalla maggioranza degli
addetti ai lavori e del grande pubblico, sta assumendo ora un
ruolo di fondamentale spessore sia nelle procedure
infermieristiche e riabilitative, sia in quelle di vera e propria
gestione ambulatoriale.
La Settimana Veterinaria - N°786 - 23 maggio 2012
I
compiti di un tecnico veterinario possono essere paragonati a quelli svolti in Medicina umana dagli infermieri professionisti e dai moderni operatori sanitari (OS).
Per la professione veterinaria, la comparsa di questo tipo di personale ausiliario qualificato, quale componente a piena validità dell’equipe di ambulatorio o clinica, costituisce
un passo avanti assolutamente significativo.
Come afferma il principale testo di riferimen-
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to in tal senso (Pratt P.W. Principi e pratica di
tecnologia veterinaria), l’evoluzione della figura dell’infermiere veterinario (vedere riquadro
1) ha vissuto il proprio stadio d’esordio all’inizio degli anni ’60, per poi svilupparsi notevolmente nel decennio successivo e conoscere
un periodo di interessante evoluzione negli anni ’80. Gli anni ’90 invece possono considerarsi quelli della formazione professionale definitiva. Come intende dunque qualificarsi e proporsi questa figura sull’attuale mercato del lavoro?
La situazione globale: formazione e contesto
lavorativo in Italia e all’estero
A oggi in 38 Stati americani si tengono 71 corsi di formazione per tecnici veterinari riconosciuti dalla Avma (American veterinary medical association), organizzazione senza fini di lucro, istituita nel 1863, che rappresenta più di
82.500 medici veterinari impiegati nel settore
pubblico e privato, per conto di (o tramite) istituzioni governative, industrie, mondo accademico e servizi in uniforme.
Questi programmi di formazione dovrebbero
essere resi pubblici anche nel nostro Paese, in
modo da fornire un’esperienza pratica che permetta a ogni studente o aspirante tale di acquisire una vera e propria preparazione professionale, per mettere successivamente in atto ciò
che loro definiscono le cosiddette 200 “mansioni fondamentali”, elencate in un preciso “manuale dei criteri di accreditamento e delle procedure”.
Negli Stati Uniti, dal 1995 a oggi, sono stati
formati (e professionalmente collocati) ben
1.214 tecnici di Veterinaria, preparati attraverso 65 diversi programmi di formazione accreditati e riconosciuti dall’Avma.
In Inghilterra è stimato che per ogni medico veterinario esistano almeno due tecnici, cosa che
facilita in special modo l’inserimento lavorativo, incentivato in maniera ancor più dettagliata da vere e proprie associazioni preposte
al corretto inserimento del “veterinary nurse”
in cliniche e ambulatori. Nel Regno Unito il veterinary nurse (o paraveterinary worker, che
dir si voglia) è così in grado di proseguire la
propria formazione professionale attraverso la
frequenza di un corso specialistico Bvna (British veterinary nurse association) in odontoiatria, o tramite conseguimento del diploma •••
1. L’evoluzione della figura dell’infermiere veterinario
• I medici veterinari hanno avuto sostegno da parte di questo tipo di personale sin dagli albori della
storia della pratica veterinaria; il primo importante traguardo dell’associazione americana dei
lavoratori paraveterinari fu raggiunto nel 1908 con l’inclusione nel team di lavoro di speciali infermieri
(per gran parte giovani donne con una tangibile passione per gli animali), addestrati dal prestigioso
Nurses canine institute. L’intervento venne reso pubblico attraverso la rivista specialistica The
veterinary student. Secondo l’autore della pubblicazione, lo scopo della divulgazione sarebbe stato
quello di creare nuovi posti di lavoro per una figura che “seguisse alla lettera gli ordini del veterinario
nel corso delle chirurgie, soddisfacesse il reale bisogno di attenzioni e risposte da parte dei proprietari
di cani, e allo stesso tempo fosse in grado di trasformare la propria passione per gli animali in una
professione soddisfacente e regolarmente retribuita”.
• Il Ruislip dog sanatorium (ospedale veterinario specializzato nella cura delle principali patologie
canine), istituito nel 1913 nel Mayfair (Uk), fu uno dei primi a richiedere l’intervento specifico degli
infermieri veterinari per la cura dei cani infortunati. Nel 1920 il Mayfair si avvalse della collaborazione di
infermiere professioniste qualificate in Medicina umana, per eseguire i bendaggi degli animali. Nella
seconda parte degli anni ‘30, le neo-assistenti veterinarie ebbero accesso al Royal college of veterinary
surgeons per il riconoscimento della professione e, nel 1938, il Royal veterinary college assunse
regolarmente una capo infermiera, anche se il vero e proprio riconoscimento non venne ufficialmente
approvato che nel 1957, inizialmente mediante la qualifica di “assistente veterinario”, per poi
trasformarsi in meno di un anno nell’acronimo Rana (Royal animal nursing auxiliaries), titolo
infermieristico di valenza professionale pari a quella esercitata dagli operatori sanitari qualificatisi in
ambito umano.
• Nel 1951, il primo incarico formale in qualità di personale paraveterinario venne istituito dalla United
States Air force, che introdusse i tecnici veterinari, esempio sucessivamente seguito nel 1961 dalla State
University of New York (Suny) Agricultural and technical college. Nel 1965 Walter Collins, medico
veterinario, ricevette fondi statali per lo sviluppo di uno specifico programma di preparazione
professionale (con inserimento di relativo curriculum obbligatorio), per i tecnici veterinari. Nei successivi
sette anni, egli rese pubbliche ulteriori e precise linee guida per la formazione e l’addestramento dei
tecnici, e per questo suo costante impegno è tuttora considerato negli Stati Uniti “il padre della
moderna tecnologia veterinaria”.
• Nel 1984, il termine “assistente veterinario” venne formalmente sostituito dalla qualifica “lavoratori
del settore paraveterinario (paraveterinary workers)” in tutto in Regno Unito.
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••• Rcvs (Royal college of veterinary surgeon)
in Advanced veterinary nursing (diploma Avn),
specializzandosi in uno (o più) dei tre settori
formativi proposti: animali di piccola taglia,
cura degli equini (animali da reddito), formazione infermieristica veterinaria.
Dall’Australia giungono addirittura voci riguardo al fatto che sia molto più facile trovare lavoro per un tecnico veterinario che per un medico: una volta qualificatasi, la figura del tecnico in questo Paese è infatti incredibilmente
richiesta, a tal punto da aver diritto nell’immediato a un appartamento, un telefono personale, ove poter essere sempre reperibile, e ovviamente un regolare contratto d’inserimento lavorativo.
Per quanto riguarda Francia e Spagna, esistono altrettanti istituti privati e corsi universitari che forniscono certificazioni di competenza
specifiche per il settore paraveterinario, previa
frequenza obbligatoria di opportuni corsi e superamento di esami ben precisi.
La stessa procedura è ugualmente valida per
quanto riguarda Paesi come Belgio, Danimarca, Irlanda, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Thailandia,
Turchia e Regno Unito.
In Europa, per quanto riguarda la formazione
dei tecnici veterinari esiste l’Acovene (Comitato europeo di accreditamento per la formazione professionale degli infermieri veterinari), organizzazione che coordina e garantisce che i
programmi d’istruzione degli infermieri veterinari siano conformi agli standard europei. L’Acovene è stata istituita come fondazione nel
2007 per far fronte all’impellente necessità di
un sistema unificato di accreditamento europeo. Le prime sette scuole Ue di infermieristica
veterinaria sono state suffragate dalla’Acovene
a seguito di un progetto pilota di successo per
sviluppare un sistema di qualità in rapporto formazione/aggiornamento conforme alle norme
attualmente in vigore nell’Ue.
Nel 2009, in seguito ai programmi dell’Acovene, sono state accreditate la scuola italiana Abivet e quella norvegese di Scienze veterinarie. In
Italia, oltre ai corsi triennali proposti da varie
Università (Teramo, Bari, Milano), l’Abivet con
sede in Roma è una delle 20 scuole europee che
si prefigge come obiettivo la formazione di standard necessari a definire un livello di competenze professionali specifiche per i lavoratori
del settore paraveterinario.
Assistenti ma non solo
Le funzioni svolte da questo tipo di personale
variano secondo le molteplici modalità in cui
può essere suddivisa la comune prassi veterinaria: oltre a rappresentare un aiuto concreto nel
contenimento degli animali, nella ricezione del
cliente e nella gestione dell’igiene generale dell’ambiente di lavoro, i moderni tecnici di veterinaria a oggi eseguono (sotto stretta sorveglianza del personale medico) procedure infermieristiche di natura medica e chirurgica, di
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Tutti i tecnici veterinari operano sotto la diretta supervisione di un medico veterinario abilitato all’esercizio della
professione e non possono in alcun modo sostituirsi ad esso.
medicina di laboratorio, di allestimento delle
sale chirurgiche, di vigilanza sul paziente in fase di risveglio post-anestesia, svolgendo altre
essenziali mansioni quali il triage (l’accettazione e l’assistenza del cliente “step by step” dal
momento dell’ingresso in clinica del paziente
fino alla sua effettiva ospedalizzazione), procedura che passa dal confronto diretto con la
clientela, alla raccolta dei campioni per la diagnostica (anamnesi), all’esecuzione degli esami
ematochimici o citologici (con annessa relativa
gestione della sala strumenti), fino allo sviluppo di radiografie e alle vere e proprie cure post-operatorie.
Esercitando in questo modo, come un’unica
squadra volta a coadiuvare in tempo reale l’operato quotidiano del medico veterinario, la
produttività del medico stesso e dell’ambulatorio è potenziata, poiché il delegare ai tecnici
la maggior parte delle attività in grado di generare utili più o meno immediati snellisce l’iter
ambulatoriale, consentendo al medico di concentrarsi sull’attività di diagnosi, sulle terapie
e sulla pratica chirurgica, garantendo così un
ulteriore apporto qualitativo all’operato generale della struttura.
Tutti i tecnici veterinari (dopo aver ricevuto
un’adeguata formazione attraverso la pratica
diretta “sul campo”, privatamente o tramite la
frequenza di corsi accreditati o lauree triennali) operano sotto la diretta supervisione di un
medico veterinario abilitato all’esercizio della
professione e non possono in alcun modo sostituirsi ad esso emettendo diagnosi, stabilendo terapie, eseguendo operazioni di tipo chi-
rurgico o altre attività a delegazione e uso riservati esclusivamente allo stesso (tale attività
è già stata regolata da precise leggi a tutela del
Codice deontologico veterinario). Questa figura è presente in moltissimi Paesi dentro e fuori dall’Ue, dove è riconosciuta ufficialmente come parte integrante e necessaria rispetto al team
di lavoro, e non come elemento di contrasto o
dissapori riguardo ai ruoli che dovrebbe ricoprire all’interno dello stesso.
Legislazione, tutela e proposte per il futuro
Come già affermato in precedenza, a oggi in Italia non esiste alcuna legge che rappresenti o tuteli chiunque pratichi di fatto la professione del
tecnico veterinario. A tal proposito, visto il livello sempre crescente di personale formatosi
“sul campo” e proveniente dalle più svariate
esperienze professionali o da anni di preparazione universitaria, l’associazione Tecnivet si sta
battendo per la divulgazione di una proposta di
legge in cui il ruolo del tecnico possa essere suddiviso in specifiche fasce, dettate dal superamento di esami da superare per poi essere in grado
di ricoprire le varie mansioni e responsabilità
ad esso preposte (vedere riquadro 2 a pag. 8).
L’associazione sta cercando di creare uniformità
tra le varie strutture, enti e consorzi di stampo
paraveterinario, in modo da poter presentare la
richiesta comune riguardo una proposta di legge, secondo la quale le figure professionali possano venire suddivise in:
• aiutante veterinario, figura che si occupi prevalentemente del contenimento; semplice inserviente preposto alla cura e nutrizione degli •••
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2. Mansionario Tecnivet
Questo manuale è stato proposto dalla Tecnivet
all’attuale rappresentanza della Medicina
veterinaria come modello di riferimento principale
riguardo al modus operandi (con relativo
mansionario adattato alla formazione che ci viene
data nel nostro Paese) cui si dovebbero attenere
ufficialmente i tecnici attualmente operativi sul
territorio nazionale. Tale proposta non ha ancora
riscontrato il dovuto consenso, ma auspicando che
ciò possa verificarsi nel più breve tempo possibile,
l’associazione ha ritenuto utile e doveroso
pubblicarne comunque il contenuto.
Negli Stati Uniti e in Canada la professione del
tecnico veterinario è riconosciuta e
regolamentata. Esistono dei corsi di formazione
accreditati dall’Amva (American veterinary
medical association) della durata di due o quattro
anni e un esame nazionale per tecnici di
veterinaria che abilita all’esercizio della
professione.
Il tecnico veterinario è parte integrante della
squadra di lavoro. Viene formato all’assistenza, al
contenimento e alla manipolazione degli animali,
conosce i principi base dei processi vitali fisiologici
e patologici, e sa eseguire svariate procedure
cliniche e di laboratorio.
Tutti i tecnici veterinari lavorano sotto la
supervisione di un medico veterinario abilitato e
non possono formulare diagnosi, prescrivere
terapie, eseguire interventi chirurgici o esercitare
qualsiasi altra attività espressamente vietata
dalle leggi che disciplinano la professione
veterinaria.
Nell’ambito della pratica clinica le mansioni del
tecnico veterinario sono le seguenti:
• raccolta dell’anamnesi;
• esame obiettivo generale;
• raccolta di campioni ed esecuzione procedure di
laboratorio;
• assistenza infermieristica ai pazienti
ospedalizzati:
- monitoraggio dei parametri vitali;
- somministrazione di farmaci;
- applicazione di medicazioni e bendaggi;
- terapia intensiva;
- cura dell’alimentazione;
- terapia fisica;
• assistenza in procedure diagnostiche, mediche e
chirurgiche:
- preparazione, contenimento e posizionamento
del paziente sul tavolo operatorio;
- sterilizzazione, gestione e manutenzione dello
strumentario chirurgico e degli ambienti;
- assistenza in corso di interventi chirurgici;
- esposizione e sviluppo radiografie;
- controlli di sicurezza contro le radiazioni;
• amministrazione della struttura veterinaria:
- accoglienza e relazioni con la clientela;
- prenotazioni e organizzazione generale
dell’attività clinica;
- gestione del magazzino;
- supervisione e addestramento del personale.
Esistono inoltre numerosi corsi di specializzazione
che permettono di accrescere il numero di
responsabilità e mansioni in settori specifici, quali
l’anestesia, la medicina d’urgenza e la terapia
intensiva, l’assistenza infermieristica equina, la
tecnologia dentale.
Oltre alle strutture veterinarie, possono esserci
ulteriori ambiti occupazionali, quali:
- ricerca biomedica/informatore scientifico;
- servizi militari;
- ispezione e sicurezza degli alimenti;
- insegnamento;
- cura degli animali da zoo e degli animali
selvatici;
- impiego in laboratori diagnostici;
- vendita di attrezzature per la veterinaria;
- aziende farmaceutiche e mangimistiche.
••• animali, che non necessiti di particolare
• tecnologo veterinario, figura che oltre ad aver
conseguito il diploma, si sia specializzata in un
settore paraveterinario specifico attraverso master o esperienze all’estero, che pianifica ed esegue progetti, sovrintende e/o istruisce i tecnici,
cooperando con i medici veterinari neolaureati che ancora devono imparare la parte puramente pratica delle manualità infermieristiche
veterinarie.
esperienza in materia e non disponga di alcun
certificato di competenza, poiché il suo compito è limitato alla semplice esecuzione delle incombenze richieste;
• tecnico veterinario, figura che abbia conseguito un diploma e che sappia eseguire compiti paragonabili a quelli svolti in Medicina
umana da un infermiere professionale (tecnico
di sala operatoria, igienista dentale, tecnico di
laboratorio clinico o tecnico di radiologia); figura professionale in grado dunque di poter lavorare anche nella ricerca, nell’insegnamento,
nel campo delle vendite, dell’informazione scientifica o in ambito pubblico;
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Testo di riferimento: Pratt P.W. Principi e pratica di tecnologia
veterinaria; 2001, Delfino editore.
Il percorso formativo in Italia: l’operato delle
associazioni lungo la strada per il
riconoscimento
In questo momento in Italia, il percorso che deve accingersi a intraprendere chi desidera di-
ventare un tecnico veterinario regolarmente abilitato alla professione si profila insidioso e costellato da inconvenienti burocratici e difficoltà
di natura formativa o di garanzia; non esiste infatti alcuna legge che riconosca e tuteli le persone che di fatto già svolgono queste mansioni a svariati livelli in diverse strutture veterinarie presenti sul territorio nazionale. La mancanza di una normativa, che definisca il regolare e
ufficiale svolgimento di tale professione, contribuisce ad alimentare il già burrascoso clima
di “misunderstanding” generale che vige ancora nel nostro Paese nei confronti della figura
del tecnico, che viene spesso fraintesa, mal tollerata e mal compresa dall’utenza generale e
dallo stesso personale medico veterinario.
Tutta questa confusione è stata causa di problemi soprattutto a livello dell’ambito formativo e didattico, complicazioni evidenziatesi anche attraverso la creazione (spesso a opera di
enti privati), di onerosi corsi di stampo paraveterinario, uniti nel medesimo obiettivo di studio (dare allo studente una vaga infarinatura
in merito a ciò che sarà la professione), ma sostanzialmente privi di canoni che regolamentino il riconoscimento ufficiale della figura che
si accingono a formare.
Chi volesse diventare tecnico veterinario in Italia, può seguire il corso Abivet, una delle 20
scuole europee il cui obiettivo è la formazione
di standard europei necessari a definire un livello di competenze professionali per tecnico
veterinario uguale in tutti i Paesi europei, e che
aderisce al progetto Pepas (Pan european practical assessment system for veterinary nurses)
per la standardizzazione e la convalida reciproca degli esami in diversi Paesi Ue. Al termine di
questo percorso, dopo aver sostenuto l’esame
finale, lo studente acquisisce il titolo di tecnico
veterinario, paradossalmente riconosciuto a livello europeo, ma non in Italia.
Per quanto riguarda la formazione universitaria, si può menzionare la Facoltà di Mediciana
veterinaria di Udine, in cui esiste una Laurea
triennale interfacoltà denominata “Igiene e sanità animale” con orientamento “Assistente veterinario”, e la Facoltà di Medicina veterinaria
di Teramo, in cui è attiva una laurea triennale
denominata “Tutela e benessere animale”, che
(soprattutto al terzo anno) garantisce una formazione che in parte ricalca quella ora attribuibile al tecnico veterinario.
Associazioni di categoria in Italia e all’estero
L’Associazione nazionale dei tecnici veterinari
in America (National association of veterinary
technicians in America, Navta) è stata costituita a East Lansing (Michigan), nel 1981, con
l’obiettivo di consentire ai tecnici veterinari di
fornire il proprio personale contributo su questioni nazionali riguardanti la professione veterinaria. La missione della Navta consiste nel rappresentare e promuovere la professione di tecnologo veterinario. Navta fornisce contenuti,
educazione, sostegno e coordinamento ai •••
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••• suoi membri e lavora quotidianamente a
fianco di altre organizzazioni professionali gemelle, comunemente schierate per la cura e il
trattamento solidale degli animali.
In Irlanda dal 2002, i tecnici veterinari sono
rappresentati dalla Irish veterinary nursing association (Ivna) e ancor prima di essa dal 1960,
dalla British veterinary nursing association (Bvna). Dal gennaio 2008, grazie alla Legge del
2005 sulle pratiche veterinarie, l’infermieristica veterinaria è diventata una professione ufficialmente regolamentata.
In Sudafrica, i tecnici veterinari sono tuttora
rappresentati dalla Veterinary nurses association of South Africa (Vnasa), avviata nel 1978
dopo il primo corso di qualifica per infermieri
veterinari laureati (www.vnasa.co.za). Lo stato del Sudafrica ha inoltre concesso l’opportunità di istituire un Bachelor of veterinary nursing e, grazie al contributo dell’Università di
Pretoria, è stato recentemente richiesto alle autorità sudafricane il pubblico riconoscimento
di tale qualifica, con l’aggiunta di un successivo anno di perfezionamento sul programma attuale “DipVetNurs” e un esame di Stato volto a convertire il diploma in laurea.
Al momento in Francia non è invece presente
alcuna associazione nazionale che rappresenti
in maniera ufficiale gli interessi degli ausiliari
veterinari.
Gli infermieri veterinari del Regno Unito sono rappresentati dalla British veterinary nursing association (Bvna), mentre in Svizzera acquistano voce attraverso la Swiss association
of veterinary medical assistants/Association suisse des assistantes (www.vstpa.ch).
Per quanto riguarda la Thailandia, l’Associazione tecnologia veterinaria thailandese (Vtat)
ha voce in capitolo come punto di riferimento
principale. La tecnologia veterinaria ha preso
piede in questo Paese nel 1993 grazie alla Kasetsart University (KU) di Bangkok, che offre
tuttora un Bachelor of science in Tecnologia
veterinaria.
I tecnici veterinari australiani si avvalgono del-
L’aiutante veterinario dovrebbe essere la figura che si
occupa prevalentemente del contenimento e preposta alla
cura e nutrizione degli animali.
la rappresentanza ufficiale da parte del Veterinary nurses council of Australia (Vnca) e dell’Australian veterinary association (AVA), oggi Avn (Accredited veterinary nurse).
In Italia, nel giugno 2006 nasce l’Atav (Associazione tecnici ausiliari veterinari), fondata da
Irene Bendoni e Giulia Vitaliti, indirettamente
collegata a Scivac. Nel 2009 alcuni membri di
tale associazione decidono di separarsi e fondare nel febbraio 2010 un’altra corporazione,
la Tecnivet (Associazione per medici e tecnici
veterinari).
A oggi la Tecnivet, società italiana senza scopo di lucro per la tutela dei tecnici veterinari,
fondata da Giulia Vitaliti assieme a un gruppo
di arditi tecnici veterinari italiani, si sta impegnando a diffondere quante più informazioni
possibili riguardo il ruolo del tecnico in affiancamento alla figura del medico veterinario, avvalendosi di un comitato scientifico composto
da docenti universitari e liberi professionisti,
commissione che ha l’incarico di definire, migliorare e far riconoscere ufficialmente la figura del tecnico nell’ambito specialistico. L’associazione organizza inoltre corsi di aggiornamento completamente gratuiti per tecnici veterinari. Il prototipo cui fa riferimento Tecnivet si rifà
al modello americano della Navta, istituzione
che rappresenta con successo negli Stati Uniti
la professione di tecnico veterinario a livello
nazionale: dopo aver riscosso svariati esiti positivi nei settori più disparati, la Navta è riuscita a spingere l’Avma (American veterinary medical association) a istituire una procedura di
convalida di un vero e proprio esame di Stato
utile per l’esercizio della professione a livello
nazionale.
Compito della Tecnivet, oltre al riconoscimento ufficiale della figura del tecnico in Italia e a
una corretta (e continua) didattica di aggiornamento, è principalmente quello di chiarire di
fronte all’opinione pubblica che la figura del
tecnico è complementare a quella del medico
veterinario e non competitiva o concorrenziale: se in una struttura è presente anche un tecnico, il direttore sanitario lavorerà sicuramente in modo più vantaggioso, e gli studenti e i
neolaureati impareranno a cooperare, tutti insieme uniti dal desiderio comune di curare con
passione.
■ Giulia Lazzarino*
■ Giulia Vitaliti*
* Tecnivet
PER SAPERNE DI PIÙ
• Pratt P.W. Principi e pratica di tecnologia veterinaria;
2001, Delfino editore.
• Dall’Ara P. I tecnici veterinari, questi sconosciuti. La
Settimana Veterinaria n. 763, del 30 novembre 2011: pp.
30-31.
• www.tecniciveterinari.it
• www.wikipedia.com
Gestione
Un punto di riferimento per medico e cliente
Intervista a Veronica Orlandi
(tecnico veterinario presso una clinica
veterinaria con annesso pronto soccorso, Roma)
La Settimana Veterinaria: Perché hai deciso di
intraprendere lo studio (e quindi la professione) di tecnico veterinario?
Veronica Orlandi: Ho deciso di studiare da tecnico veterinario perché il grande amore e l’empatia che nutro nei confronti degli animali mi
ha portato a provare il forte desiderio di accudirli, assistendoli nel loro percorso, a volte
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veramente difficile, che è la malattia. Spesso il
medico veterinario è impegnato in diagnosi o
chirurgie d’importanza cruciale riguardo alla
vita del paziente per avere anche il tempo di occuparsi personalmente dei particolari che accelerano la guarigione di pazienti così delicati e
sensibili. La mia vocazione naturale nel prendermi cura di queste creature ha fatto il resto.
S. V.: Ti piace il tuo lavoro?
V. O.: Tantissimo, anche se spesso è davvero
dura: iniziamo il nostro lavoro per l’immenso
amore che proviamo per gli animali e vederli
tutti i giorni soffrire o lottare per una malattia non sempre è facile da digerire, ci vuole un
po’ di pelo sullo stomaco.
S. V.: Ci racconti una tua “giornata-tipo?”
V. O.: In realtà dipende dal settore che ricopri quando sei di turno: di solito io mi trovo in
sala visite. Perciò all’arrivo del cliente, a meno che non sia un pronto soccorso che richiede un triage immediato, lo accompagno in sala visite e, se è necessario, ho la possibilità •••
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••• di illustrare adeguatamente i servizi offerti dalla clinica che possono interessare il suo caso, di rivedere i motivi che hanno portato il paziente alla visita e di raccomandare le procedure di routine (vaccini, controlli e trattamenti).
Dopo una dettagliata raccolta anamnestica del
paziente procedo con un piccolo esame clinico
iniziale, che comprende la misurazione della
temperatura rettale, l’annotazione sulla scheda
di anomalie fisiche evidenti e il prelievo dei campioni richiesti per gli esami di laboratorio. Ritengo di essere una figura molto importante nell’educazione del cliente al corretto approccio
con l’ospedalizzazione del paziente, un valido
aiuto nella sua gestione dell’ansia e un sostegno essenziale per la completa guarigione del
paziente ricoverato.
S. V.: Cosa accade quando ti trovi di turno in
chirurgia?
V. O.: In questo frangente preparo innanzitutto il materiale cartaceo, quindi controllo che
nella cartella clinica del paziente siano presenti tutti gli esami richiesti dal chirurgo e in ordine tutte le procedure burocratiche necessarie
all’intervento. Di solito faccio anche due chiacchiere con il padrone, che è spesso molto in ansia per la sorte del proprio animale e, proprio
come lui, necessita di opportune attenzioni. Dopo aver rassicurato e “coccolato” il proprietario, scendo con il paziente e, mentre si trova
ancora nelle mani dell’anestesista, preparo la
sala chirurgica con materiale sterile e ferri
conformi all’intervento. Dopodiché procedo insieme all’anestesista alla preparazione del paziente, nonché alla vestizione del chirurgo e da
lì resto al suo fianco, a disposizione per ogni
eventuale esigenza o emergenza.
S. V.: Come ti comporti nel caso in cui il paziente si trovi ricoverato?
V. O.: In quel caso mi occupo in ogni particolare della sua degenza, affinché sia sempre meno traumatica e stressante: è ormai noto a tutti il fatto che gli animali guariscono prima se si
trovano in un ambiente sereno, in quanto creature estremamente sensibili allo stress. Inoltre, divento un punto di riferimento per i medici riguardo l’accurato monitoraggio quotidiano della patologia e del paziente.
Omar del Vecchio: La figura del tecnico veterinario, mi ha sempre affascinato, poiché io
guardo con molta ammirazione la Medicina
umana, intesa come intraprendenza e organizzazione. A tal proposito, ritengo che sia fondamentale che il medico veterinario (come il medico umano) sia affiancato da una figura come
il tecnico (o l’infermiere). Il medico deve fare il
medico, ossia visitare, fare diagnosi e impostare la terapia, sia essa medica o chirurgica. Tutto il corollario dovrebbe invece essere effettuato dal tecnico (prelievi, cateterizzazione venosa, somministrazione della terapia prescritta dal
veterinario, ecc.). In questo modo il veterinario può seguire al meglio più pazienti: quante
volte infatti, a causa della sala d’attesa strapiena, facciamo solo una visita rapida e rimandiamo il paziente a casa senza esami, radiografie,
ecc.? Ci basiamo solo sulla nostra visita, sulla
nostra esperienza clinica, ma talvolta in maniera superficiale, priviamo il nostro paziente di
indagini più scrupolose (che i proprietari oggi
richiedono fermamente) e priviamo noi stessi e
la nostra struttura di guadagni ben più alti. Un
esempio: ho 5 visite da effettuare, posso visitare rapidamente i miei pazienti, prescrivere una
terapia e rimandare al controllo con un semplice “vediamo come va...”; posso invece visitare
il paziente e più scrupolosamente richiedere un
prelievo ematico, una radiografia, ecc., e chiedere al tecnico di effettuare il prelievo, gli esami di laboratorio, la somministrazione della terapia; e il calcolo è presto fatto... a fronte di
una visita più accurata si può aumentare il margine di guadagno, con clienti più soddisfatti e
meno possibilità di errore!
S. V.: Nelle tue strutture sono presenti tecnici
veterinari?
O. d. V.: Sono titolare di due strutture, in entrambe è presente un tecnico e periodicamente
offriamo dei periodi di formazione per i tecnici neodiplomati. Questo è un punto chiave: la
formazione del tecnico veterinario deve essere
teorica sì, ma soprattutto pratica! Deve essere
formato e garantire una professionalità certa.
In sostanza deve saper fare quello per cui è formato.
Intervista a Omar del Vecchio, medico
veterinario di Savona
S. V.: Quali sono le mansioni principali che
svolgono?
O. d. V.: Il tecnico si occupa della preparazione, sterilizzazione e stoccaggio degli strumenti chirurgici e della preparazione della sala operatoria; della preparazione del paziente e spesso si trasforma anche in aiuto-chirurgo. Per
quanto riguarda le visite, effettua i prelievi e
posiziona le venocannule. Effettua le terapie,
comprese quelle dei ricoverati, e nei ricoveri affianca il veterinario durante le visite giornaliere di controllo.
La Settimana Veterinaria: Come concepisci la
figura del tecnico veterinario nella tua professione?
S. V.: Pensi che il tirocinante medico possa sostituire la figura del tecnico veterinario?
O. d. V.: A questo proposito, molte strutture si
S. V.: Cosa ti aspetti dal futuro per la tua professione?
V. O.: Più rispetto per il nostro lavoro, meno
speculazione e più opportunità di crescita professionale, corsi e master per studiare, rimanendo costantemente aggiornati e al passo con i
tempi.
La Settimana Veterinaria - N°786 - 23 maggio 2012
affidano al veterinario neo-laureato, perché a
fronte di un mancato pagamento si avvalgono
di un “infermiere” a costo zero. Non credo che
questa sia la strada giusta: il veterinario deve
essere bravo a fare le visite, specialistiche e non,
a far diagnosi, a prescrivere terapie corrette.
Non deve fare la “gavetta” gratis, facendo un
lavoro che compete a un’altra figura professionale (tecnico). Per concludere, il tecnico veterinario va formato teoricamente e praticamente
a fare ciò per cui ha studiato. Il veterinario idem.
Ultima considerazione: le Società specialistiche,
le Scuole per i tecnici e le Università devono
comprendere che formare tecnici veterinari non
significa solo creare cattedre per l’insegnamento, ma garantire che i sacrifici che le famiglie
fanno per fare “studiare” i propri figli vadano a buon fine, sia come preparazione, sia come collocamento adeguato.
Intervista al cliente sig.ra Blanche Sabatinelli
La Settimana Veterinaria: Quando porta il suo
animale in visita è abbastanza chiara la differenza tra tecnico e medico veterinario?
Blanche Sabatinelli: Sì, è abbastanza chiara,
perché vedo che il tecnico non risponde alle domande di carattere prettamente medico, anche
se in alcuni casi saprebbe farlo, per rispetto della differenza delle due professionalità; mentre
se si tratta di eseguire punture o manualità sull’animale il tecnico è molto pratico. Inoltre, riesce a darmi più certezze per quanto riguarda la
gestione quotidiana del mio animale con tanti
piccoli consigli; diciamo che, mentre il medico è più dedito a diagnosi e terapia, il tecnico
ha un’ottima cura del contorno.
S. V.: Che cosa nello specifico apprezza della
figura del tecnico all’interno di una struttura
veterinaria?
B. S.: Che ci puoi parlare più liberamente, per
la disponibilità e il tempo che dedica a me e i
miei animali. Soprattutto quando ho un mio
animale ricoverato, il tecnico veterinario è colui che mi da più fiducia e disponibilità nell’avere informazioni, non tanto sul suo stato di
salute, ma soprattutto sul suo stato emotivo.
Oltretutto, il rapporto che si instaura è diverso, più confidenziale; posso “disturbare” di più,
perché mi sento confortata come in famiglia.
S. V.: Pensa che una struttura veterinaria potrebbe fare tranquillamente a meno dei tecnici
veterinari?
B. S.: Assolutamente no! Non mi sentirei tranquilla ad affidare il mio animale là dove non
c’è personale addetto alla cure e alle terapie.
Soprattutto durante la visita ambulatoriale ritengo indispensabile la presenza del tecnico veterinario, che per qualsiasi cosa diventa comunque un grosso punto di riferimento.
■ G. L., G. V.