IL TAR CONFERMA L`APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA

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IL TAR CONFERMA L`APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA
IL TAR CONFERMA L’APPLICAZIONE
DELLA NORMATIVA ANTICORRUZIONE A
ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI
La sentenza del TAR Lazio n. 11391/2015 ha rigettato il ricorso
presentato da cinque Consigli dell’Ordine degli Avvocati contro
l’applicazione della legge anticorruzione e dei decreti delegati anche
agli Ordini ed ai Collegi professionali.
Questo articolo esamina le motivazioni della sentenza e gli
importanti chiarimenti resi su alcune questioni di dettaglio oggetto di
dibattito, fornendo al contempo una sintetica panoramica degli
obblighi a carico degli enti associativi delle professioni, di come
questi vadano applicati con buonsenso e proporzionalità e delle
questioni ancora aperte.
A cura di Rosalisa Lancia
PREMESSA - LA SENTENZA DEL TAR LAZIO 11391/2015
Ad un anno dalla Delibera ANAC 145/2014, anche la Magistratura amministrativa ha
confermato che le misure anticorruzione e trasparenza di cui alla L. 192/2012 si applicano
a Ordini e Collegi Professionali.
È quanto ha disposto, ponendo fine ad un’incertezza diffusa, la sentenza della Sezione
Terza del TAR Lazio n. 11391/2015 che ha rigettato il ricorso, presentato da cinque
Consigli dell’Ordine degli Avvocati (1), contro le Delibere n. 144/2014 e 145/2014
(1)
Con ricorso depositato il 2 gennaio 2015, I Consigli degli Ordini degli Avvocati di Locri, di Pisa,
di Biella, di Catanzaro e di Cosenza hanno impugnato e chiesto l’annullamento -previa
sospensione cautelare- della Delibera n. 145/2014 di ANAC (“Parere dell’Autorità
sull’applicazione della L. 190/2012 e dei decreti delegati ad Ordini e Collegi professionali”) e, in
quanto necessario, della Delibera n. 144/2014 di ANAC (“Obblighi di pubblicazione concernenti
gli organi di indirizzo politico nelle pubbliche amministrazioni”. L’impugnativa della Delibera
145/2015, con cui ANAC aveva chiaramente individuato gli obblighi incombenti su Ordini e Collegi
e il relativo regime sanzionatorio in caso di inottemperanza, è stato originato dalla nota che il CUP
aveva inviato ad ANAC nel febbraio 2014 in cui - a fronte di un parere pro veritate del Prof. A.
Capotosti - il CUP aveva ritenuto che la disciplina anticorruzione e trasparenza non si dovesse
applicare in via diretta ad Ordini e Collegi ma che la stessa ponesse in capo a questi solo un
obbligo di adeguamento ai relativi principi. Tale orientamento del CUP si fondava su varie
circostanze tra cui: la non completa applicabilità del D. Leg.vo 165/2001 agli Ordini e Collegi; la
natura associativa di Ordini e Collegi che si autofinanziano per il tramite del contributo degli iscritti
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dell'ANAC con cui - nell’ottobre 2014 - erano stati ritenuti applicabili la legge
anticorruzione e i decreti delegati anche agli Ordini ed ai Collegi professionali.
Il TAR, nella trattazione del ricorso, ha passato in rassegna le motivazioni che, di tempo
in tempo, sono state utilizzate per ribadire la natura “speciale” di Ordini e Collegi (e
quindi la non sottoposizione diretta alla normativa anticorruzione) e, dopo
argomentazioni ampie e ricostruttive, ha rigettato il ricorso dei cinque Consigli,
confermando in via definitiva che gli Ordini e Collegi, quali enti pubblici non
economici, sono destinatari delle disposizioni e, conseguentemente, il loro obbligo ad
adeguarsi alla normativa in oggetto.
LE MOTIVAZIONI A SUPPORTO DELLA DECISIONE
Nelle motivazioni addotte, il TAR ha ribadito concetti importanti, già anticipati
dall’ANAC, ma di fatto li ha ampliati e ne ha creato un’interpretazione univoca e di
riferimento. Si veda a seguire nello specifico.
 Ordini e Collegi sono enti pubblici economici - Il TAR ha confermato che gli
Ordini e i Collegi professionali rientrano certamente nella categoria di enti
pubblici non economici e che la più volte ribadita natura associativa, unitamente
alle caratteristiche organizzative e alle finalità istituzionali, comunque non
esclude lo status di ente pubblico degli stessi.
 L’autofinanziamento non esclude la natura pubblicistica - Esprimendosi su un
punto controverso che, più degli altri è stato utilizzato a sostegno della peculiarità
degli enti ricorrenti, motivandone la loro non diretta sottoposizione alla normativa
soprattutto di trasparenza, il TAR ha ritenuto che l’autofinanziamento di Ordini e
Collegi per il tramite del contributo degli iscritti non precluda la natura
pubblicistica degli stessi enti, posto che “la qualificazione pubblicistica, in realtà,
ben si accorda con la natura tributaria delle prestazioni patrimoniali in
questione, espressamente affermata dalla Corte regolatrice, per la quale il
contributo annuale previsto dall’art. 14 D.lg.lgt. 23 novembre 1944 n. 382 (2) (….)
a dispetto del nome, va -per l’appunto- considerato un tributo, sia perché
riferendosi anche ad esso, il comma 2 dell’art. 7 (3) del medesimo D.lg.lgt.. parla
e che, pertanto, non gravano sulla contabilità statale; l’esclusione di Ordini e Collegi dalla sfera
di applicabilità della Direttiva 2004/18/UE da parte della Corte di Giustizia Europea e la difficoltà
di applicare talune disposizioni della normativa trasparenza (D. Leg.vo 33/2013) alla realtà
ordinistica stanti le peculiarità organizzative e dimensionali degli enti stessi.
(2)
“I Consigli Nazionali determinano inoltre la misura del contributo da corrispondersi
annualmente dagli iscritti nell'albo per le spese del proprio funzionamento”.
(3)
“ll Consiglio provvede all'amministrazione dei beni spettanti all'ordine o collegio e propone
all'approvazione dell'assemblea il conto consuntivo ed il bilancio preventivo. Il Consiglio può,
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di “tassa annuale”, sia per il suo carattere di doverosità, sia, infine, perché la
prestazione in questione è collegata alla necessità di fornire la provvista dei mezzi
finanziari necessari all’ente delegato dall’ordinamento per il controllo dell’albo
professionale”. Il TAR ha aggiunto che le considerazioni svolte in tema di
autofinanziamento sono da riferirsi sia ai Consigli nazionali che agli Ordini
e Collegi territoriali. Il punto è importante e sensibile poiché il TAR, attribuendo
una rilevanza pubblicistica al contributo annuale, ha contrastato il convincimento
secondo cui il finanziamento ad opera degli iscritti costituisca uno strumento
meramente associativo, confermando invece che l’attribuzione patrimoniale fatta
dagli iscritti è comunque riconducibile - e soprattutto funzionale - allo
svolgimento di una funzione pubblica che, nel caso di Ordini e Collegi, non è né
potrebbe essere opinabile.
 La mancata inclusione degli enti nel conto economico consolidato dello Stato
non è circostanza dirimente - In stretto collegamento con quanto affermato in
tema di autofinanziamento, il TAR ha trattato la questione - per la verità formale
- della mancata ricomprensione degli Ordini e Collegi nel conto economico
consolidato dello Stato, ovvero tra gli enti individuati dall’ISTAT ex art. 1,
comma 3, L. 196/2009. Anche a tal riguardo, si afferma che la mancata
ricomprensione non vale come dirimente poiché ciò che rileva sotto il profilo
qualificatorio non è l’inclusione dell’ente nel conto economico consolidato ma la
destinazione pubblica delle risorse. In particolare, sottolinea la Sezione III: “il
fatto che determinati enti siano finanziati esclusivamente da prestazioni
patrimoniali imposte agli iscritti, non comporta necessariamente che tali risorse
non abbiano finalità pubbliche”; anzi, continua il TAR, posto che le risorse
economiche versate dagli iscritti hanno finalità pubbliche, “da questo deriva
l’interesse generale alla conoscenza del modo in cui dette risorse vengono
impiegate e dei dati relativi ai soggetti che siano chiamati ad impegnarli”.
 Il sistema ordinistico riveste una funzione sociale e di tutela della collettività
- A chiusura delle argomentazioni svolte sulla natura pubblica di Ordini e Collegi
e sull’interesse pubblico da questi tutelati, ed a supporto della ricomprensione
degli stessi nella definizione di enti pubblici nonostante le evidenziate
caratteristiche e peculiarità, il TAR ha affermato che la natura pubblica degli enti
esponenziali delle categorie professionali deriva proprio dalla “imprescindibile e
entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell'ordine o collegio, stabilire una tassa
annuale, una tassa per l'iscrizione nel registro dei praticanti e per l'iscrizione nell'albo, nonché
una tassa per il rilascio di certificati e dei pareri per la liquidazione degli onorari.
Ferma rimanendo l'efficacia delle norme che impongono contributi a favore di enti previdenziali
di categoria, nessun pagamento, oltre quelli previsti da questo decreto, può essere imposto o
riscosso per l'esercizio della professione a carico degli iscritti nell'albo”
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fondamentale” funzione sociale dei professionisti (4) e dall’attività di
coordinamento e controllo che Ordini e Collegi svolgono; attività quali
formazione e tenuta dell’Albo, regolamentazione dell’esercizio della professione,
repressione dell’uso di titoli abusivamente, opinamento parcelle, mantenimento
della disciplina e della competenza tra gli iscritti, sono attività preposte alla tutela
della collettività e della clientela che, ad avviso del TAR, rendono Ordini e Collegi
enti pubblici a pieno titolo.
ULTERIORI DETTAGLI E CONSIDERAZIONI PRATICHE
Oltre ai punti sopra esposti, la sentenza del TAR merita ulteriore attenzione: muovendo
da osservazioni svolte dall’industria sugli impatti pratici procurati dalla normativa
anticorruzione, il Giudice amministrativo fornisce spunti importanti in tema di obblighi
proporzionati alla natura dell’ente, nomina del Responsabile anticorruzione, dimensioni
dell’ente e coordinamento tra enti, obblighi di pubblicità per organi apicali, necessità per
Ordini e Collegi del “Piano delle performance”. Questi punti meritano di essere
evidenziati e commentati poiché hanno costituito punto di discussione e di confronto per
Ordini e Collegi che già dall’ottobre 2014 hanno scelto di adeguarsi alla normativa in
esame.
Obblighi proporzionati alla natura dell’ente
In merito al necessario proporzionamento degli obblighi anticorruzione all’entità e
dimensione dell’ente, il TAR evidenzia che la normativa anticorruzione è sicuramente
connotata da generalità ed astrattezza e, pertanto, affinché la sua applicazione avvenga
concretamente il giudicante reputa necessario che le relative disposizioni siano adattate
alla natura e alle dimensioni del singolo ente; ciò importerebbe, secondo la visione
assolutamente condivisibile del TAR, che determinate disposizioni della stessa
normativa anticorruzione “non siano inderogabili”.
Ad avviso di chi scrive, il punto approfondito dal TAR rappresenta il tema centrale,
poiché la valutazione dell’applicazione della normativa deve necessariamente essere fatta
in concreto, ovvero svolta ente per ente e sulla base del criterio della proporzionalità,
adattabilità e sostenibilità. In questo modo l’applicazione della normativa
anticorruzione non sarà sproporzionata o sovradimensionata ma verrà condotta avuto
riguardo alle caratteristiche e peculiarità del soggetto obbligato e si passerà da un concetto
di applicazione della normativa ad un concetto - ben più praticabile - di “rispetto della
normativa attraverso un adeguamento alla situazione concreta”.
Nomina del Responsabile anticorruzione
(4)
La cui attività, come noto, può essere svolta solo successivamente all’iscrizione all’Albo
relativo.
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Ammissibilità di soggetto non dotato di qualifica dirigenziale
Sulla nomina del Responsabile anticorruzione e rispondendo in via definitiva ad un
quesito reiteratamente avanzato, sull’assunto che Ordini e Collegi non necessariamente
contano tra i loro dipendenti profili dirigenziali, il TAR ammette che il ruolo di
Responsabile anticorruzione può essere assunto da un soggetto non dotato di
qualifica di dirigente, privilegiano così l’applicazione più estensiva della norma e, a
nostro avviso, consentendo un adeguamento alla normativa anticorruzione più efficace.
Ciò dimostrerebbe una lettura “fattiva” dell’art. 1, comma 7, della L. 190/2012 (5) e una
modalità efficace di adeguamento.
A tal riguardo, è nostra opinione che il ruolo di RPC possa essere attribuito - in assenza
di figure dirigenziali - valutando le competenze rinvenibili dal curriculum vitae dei
soggetti eleggibili e valutando eventuali conflitti di interesse tra la qualifica di RPC e le
mansioni già attribuite e svolte dal soggetto individuato. Va da sé che la nomina del
Responsabile anticorruzione dovrebbe contenere indicazioni in merito alla professionalità
del soggetto prescelto e - laddove non si tratti di dirigente - si dovrebbe dare evidenza
che l’ente non conta figure dirigenziali e che, pertanto, la scelta è caduta su soggetto
non dirigente ma il cui profilo professionale dimostra competenza ed è idoneo ad
assumere l’incarico.
Dimensioni dell’ente e coordinamento tra enti
Sul terzo punto, rafforzando un concetto già espresso in varie sedi da ANAC, il TAR
ritiene che gli Ordini e Collegi la cui pianta organica non risulti sufficiente ad
implementare la normativa anticorruzione in maniera sostenibile per insufficienza di
struttura organizzativa o limitato numero di iscritti, possano riunirsi e consorziarsi (6) al
fine di condividere determinate attività o funzioni.
Anche in quest’ultimo caso, ad avviso di chi scrive, il giudicante ha mostrato interesse ai
temi della flessibilità ed adeguamento della normativa che - conviene ripeterlo - sono gli
unici approcci irrinunciabili per consentire l’applicazione delle norme a tutte le specie di
Pubbliche amministrazioni.
Obblighi di pubblicità per organi apicali
In merito agli obblighi di pubblicità previsti dal D. Leg.vo 33/2013 gravanti sui soggetti
apicali degli enti, il TAR ha confermato che questi si applicano anche agli organi di
(5)
“(…), l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di
prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il
responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salva
diversa e motivata determinazione”.
(6)
Il TAR fa riferimento all’istituto dell’accordo tra Pubbliche amministrazioni, disciplinato dall’art.
15 della L. 241/1990.
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indirizzo politico (7) degli Ordini e Collegi, definitivamente chiarendo che per “organo
di indirizzo politico” debba identificarsi l’organo che definisce obiettivi, priorità, piani e
programmi e che, in estrema sintesi, indirizza e definisce le linee di azione dell’ente; il
TAR conclude in punto rappresentando che l’individuazione di questi organi dovrà essere
effettuata in concreto facendo riferimento alle caratteristiche dell’ente cui si riferisce.
Necessità per Ordini e Collegi del “Piano delle performance”
Il TAR si esprime, infine, sulla connessione tra Programma Triennale Trasparenza e
Integrità (PTTI) e ciclo delle performance di cui al D. Leg.vo 150/2009 e, partendo dalla
posizione dei ricorrenti secondo cui il piano delle performance non si applica (8) ad Ordini
e Collegi, il TAR si esprime affermando che l’art. 10 del D. Leg.vo 33/2013 si riferisce a
tutti gli strumenti di programmazione degli enti e non ha esclusivamente riferimento al
piano della performance (9). Ad avviso di chi scrive questo si risolve nella connessione e
coerenza tra quanto disposto e programmato nel PTTI e quanto indicato negli strumenti
di cui ciascun ente si dota per facilitare la propria pianificazione, programmazione e
strategia.
CONCLUSIONI - SINTESI DEGLI
ADEMPIMENTI A CARICO DI ORDINI E COLLEGI
Alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, gli Ordini e i Collegi professionali che
ancora non lo avessero fatto (o che lo avessero fatto in maniera incompleta o
inappropriata) sono tenuti ad adeguarsi con immediatezza alla normativa di cui alla L.
190/2012, D. Leg.vo 33/2013, D.P.R. 62/2013 e D. Leg.vo 39/2013, ponendo in essere le
attività come di seguito sinteticamente indicate:
 nomina del Responsabile anticorruzione e del Responsabile trasparenza che, come
noto, possono anche coincidere in capo allo stesso professionista;
 predisposizione di un Programma Triennale di Prevenzione della Corruzione
(PTPC) che contenga almeno l’indicazione dei soggetti coinvolti,
l’individuazione della aree di rischio corruzione e la predisposizione di misure di
(7)
I ricorrenti hanno contestato l’applicazione della normativa trasparenza ai propri organi di
indirizzo politico poiché hanno evidenziato che l’organizzazione di tali enti non prevedrebbe la
distinzione tra organi di indirizzo politico e organi di gestione.
(8)
L’inapplicabilità - a detta dei ricorrenti - deriverebbe dall’art. 2, comma 2-bis, del D.L. 101/2013.
(9)
L’art. 10, comma 3 del D. Leg.vo 33/2013 stabilisce che “gli obiettivi indicati nel programma
triennale (i.e. per la trasparenza e integrità) sono formulati in collegamento con la
programmazione strategica e operativa dell’amministrazione, definita in via generale nel Piano
della performance e negli analoghi strumenti di programmazione previsti negli enti locali. La
promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un’area strategica di ogni
amministrazione, che deve tradursi nella definizione di obiettivi organizzativi e individuali.
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contrasto alla corruzione (sia obbligatorie di eventuali), avuto riguardo alle
indicazioni fornite dal Piano Nazionale Anticorruzione e dai relativi allegati (10);
 predisposizione del Programma Triennale di Trasparenza che indichi le iniziative,
le tempistiche, i soggetti per consentire all’ente un adeguato livello di trasparenza,
nonché lo sviluppo della cultura dell’integrità e della legalità. Il PTTI, come noto,
può costituire una sezione del PTPC (11);
 predisposizione di un Codice di comportamento specifico dei dipendenti degli
Ordini e Collegi, avuto riguardo al Codice generale di cui al D.P.R. 62/2013 e alle
indicazioni fornite da ANAC in tema di segnalazioni del dipendente (12);
 rispetto della normativa in tema di incandidabilità ed inconferibilità degli incarichi
di cui al D. Leg.vo 39/2013.
Quanto sopra deve necessariamente tener conto delle ancora molte incertezze che si
annoverano sull’applicazione della normativa e dell’attività che ANAC da una parte e gli
enti soggetti dall’altra stanno facendo in termini di interpretazione e adattamento della
normativa agli Ordini e Collegi professionali.
Numerose previsioni normative richiedono ancora interpretazioni autentiche e,
nonostante ANAC sia intervenuta nell’ultimo anno con una nutrita serie di delibere,
determinazioni ed orientamenti, esistono profili di applicabilità dubbi non solo per Ordini
e Collegi, ma in genere per le PP.AA.
Tra i tanti temi che richiedono chiarimenti e integrazioni normative vanno individuati
sicuramente quelli dell’inconferibilità e dell’incandidabilità, degli obblighi incombenti su
enti di diritto privato controllati e partecipati dalle Pubbliche amministrazioni, sulle
Fondazioni, sulle Casse di previdenza dei liberi professionisti.
In altri casi, invece, a fronte di norme chiare, si attende il consolidarsi di prassi che - anche
in ragione del poco tempo intercorso dalla definitività degli obblighi in capo ad Ordini e
Collegi - non hanno ancora avuto luogo.
Si è spesso discusso dell’anticorruzione alternativamente come obbligo o come
opportunità: a nostro avviso e anche avuto riguardo a risultati conseguiti da enti che si
sono impegnati in questo percorso, i temi dell’anticorruzione e della strumentale
trasparenza non possono rivestire - agli occhi degli operatori - un carattere di obbligo
apodittico ed immotivato ma devono essere letti come un momento di razionalizzazione
organizzativa e come un’opportunità, data al pubblico di riferimento, di meglio
comprendere le attività che gli Ordini e i Collegi svolgono, sia a tutela della collettività
sia a favore degli iscritti.
(10)
Delibera CiVIT n. 72/2013, Approvazione del Piano Nazionale Anticorruzione.
(11)
Cfr. art. 10, comma 2 D. Leg.vo 33/2013.
(12)
Determinazione ANAC n. 6 del 28 aprile 2015 “Linee guida in materia di tutela del dipendente
pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)”.
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