dossier - Camera di Commercio di Modena

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Modena
“internazionale”:
il parere
delle imprese
“
I punti di forza del sistema
E. F.
Bosch Rexroth Oil Control
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Bosch Rexroth Oil Control
Modena caput mundi? Magari no, ma per molte
imprese estere il nostro territorio, se non è una capitale, possiede comunque una grande attrattività.
È il caso della tedesca Bosch Rexroth Oil Control
di Nonantola. «La fama modenese nel campo della
meccanica (e di quella sua branca specifica che è
l’oleodinamica) ha certamente contribuito a mantenere viva l’attenzione sulle aziende del settore.
Quando si è presentata l’occasione giusta Bosch
era nella posizione ideale per coglierla», confida Simone Storci, che dopo aver a lungo lavorato
in Oil Control assieme al padre, che ne è stato il
fondatore, è rimasto in azienda anche successivamente alla sua acquisizione. In questo contesto
non è casuale che la Bosch continui ad affidare una
parte importante delle lavorazioni a fornitori esterni
quasi tutti collocati nel territorio o in quelli contigui:
«La presenza di un network esteso ed efficiente –
dice Storci – è un’unicità modenese. Facendo leva
su questa è possibile trarre interessanti vantaggi
competitivi. Noi cerchiamo di giovarcene al massimo». Modena, insomma, è nei fatti un plusvalore.
«Ci troviamo al centro della cosiddetta hydraulics
valley italiana, solo la Germania centrale e, negli
Stati Uniti, la zona di Chicago sono paragonabili
ad essa per la densità di know-how specifico relativo al nostro settore. Modena è senza dubbio una
scelta vantaggiosa sotto molti profili». Magari solo
indirettamente, ma anche il tessuto sociale locale
ha avuto un peso nella scelta dell’impresa tedesca.
«Diversamente da quanto accaduto ad altri, la nostra incardinazione sul territorio modenese è avvenuta attraverso l’acquisizione di una realtà locale di
successo. Fattori come cultura del lavoro e servizi di
alto livello sono stati determinanti per la nascita e
lo sviluppo dell’azienda e, quindi, della decisione di
acquisirla». Un legame, quello con il territorio, che
non si è certo allentato con il cambio di proprietà:
«La crescita economica e sociale dei territori dove
operiamo è uno degli obiettivi della nostra attività
per volontà dello stesso fondatore Robert Bosch. Per
questo motivo dialoghiamo in maniera franca e cordiale con tutte le istituzioni e le associazioni presenti sul territorio, consapevoli che una collaborazione
aperta e fattiva è l’unico modo per perseguire in
maniera efficace i nostri traguardi».
L’analisi non cambia molto se ci spostiamo dalla
meccanica al biomedicale. «Quando Gambro ha
acquistato lo stabilimento di Medolla – racconta
Marco Zanasi, site manager della Gambro Dasco –
lo ha fatto acquisendo il marchio Hospal, leader nel
mercato della dialisi per lungo tempo, con alcune
innovazioni che hanno fatto la storia della medicina,
come il trattamento AFB nel 1984. Nel caso di Gambro Dasco e quindi dello stabilimento modenese,
Gambro ha acquisito il luogo simbolo della dialisi
in Italia: Dasco è stata la prima società a costruire
i cosiddetti monitor per dialisi, in Dasco sono stati
registrati centinaia di brevetti e da qui sono nati gli
spin-off di decine di aziende biomedicali».
«La rete di subfornitura – continua Zanasi – ha
favorito sicuramente l’iniziale processo di insediamento di Dasco, ma oggi non è decisiva. Oggi stare
qui significa utilizzare il flusso di valore di centinaia
di persone: dagli operatori ai ricercatori».
Ma quanto sono forti i legami con l’economia del
territorio? «Qui abbiamo fornitori e, come ho detto,
da qui in passato sono uscite le persone che hanno
costruito il biomedicale mirandolese: non solo Veronesi, il nostro fondatore, ma tanti altri che nella
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Gambro Dasco
Gambro Dasco
fornitura, nella subfornitura e anche tra i competitor si sono affermati a livello mondiale. Certo che
se dovessi fare un paragone, il biomedicale è molto
meno legato alla fornitura di prossimità rispetto ad
altri distretti quali il meccanico-motoristico o il ceramico».
Insomma, quella di Mirandola per una multinazionale come Dasco è una buona offerta, ma incompleta: «Da queste parti ci sono competenze che è
raro trovare altrove nel campo dello sviluppo e della
manifattura di dispositivi medici, unite all’enorme
attenzione alla qualità e al cliente/paziente. Altre
figure però scarseggiano e allora siamo costretti
ad attrarle – in particolare figure specializzate e
con alta formazione – da tutta Italia e non solo».
Non è tutto oro ciò che luccica, e fa bene Zanasi
a evidenziare anche i limiti dell’area: «Non possiamo certo sostenere che i servizi e le infrastrutture
ci abbiano particolarmente aiutato. Probabilmente
all’inizio dell’avventura di Dasco questo gap non
ha influito più di tanto e, anzi, la presenza di una
scuola superiore tecnica di valore e lo sviluppo dei
servizi base hanno favorito l’insediamento di tutto il distretto. Oggi però queste cose non sono più
sufficienti. La mancanza di una grande arteria di
comunicazione che attraversi il distretto, la scarsità
dei collegamenti con il capoluogo, l’assenza di un
polo di intrattenimento, la mancanza di un punto
di riferimento per il biomedicale (anche se pare che
la Regione oggi si stia muovendo in questo senso):
tutto ciò non facilita l’attrazione di talenti di livello
mondiale che sono in realtà il nostro target. Non è
facile trattenere qui un world class talent, competendo con alcune città italiane o parchi tecnologici
come possono essere Sophia Antipolis a Cannes, o
altri più recenti nei pressi di Berlino o di Londra, o
nei nuovi paesi emergenti».
Insomma, non bisogna certo addormentarsi sugli
allori: Modena ha effettivamente bisogno di un’azione coordinata di marketing territoriale.
C’è anche chi, al di là dei rapporti con il territorio,
ha puntato sulla qualità della produzione, pur non
essendo il prodotto tipicamente modenese. È il caso
di Italpizza, una bellissima storia imprenditoriale
emblematica di come l’applicazione costante e la
qualità del prodotto costituiscano le basi del successo aziendale. Infatti, proprio grazie a questi
fattori Italpizza, nata all’inizio degli anni novanta
come azienda di piccole dimensioni su iniziativa del
suo fondatore, Cristian Pederzini, ha saputo affermarsi e crescere in fretta fino a diventare un leader
nel settore delle pizze congelate, tanto da suscitare
l’interesse di un gruppo alimentare britannico, la
Bakkavör.
«Nel nostro caso – chi parla è proprio Cristian Pederzini, anch’egli rimasto in azienda dopo la sua
cessione – le ragioni dell’acquisizione sono state
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dettate esclusivamente dal business». E non potrebbe essere altrimenti, visto che, a dirla tutta,
la pizza non è propriamente una tipicità nostrana.
«Nonostante ciò abbiamo una rete di fornitori locali
e conserviamo anche uno stretto legame con il territorio: non manchiamo infatti di sostenere attività
sportive, culturali e tradizionali della zona».
Non sarà un prodotto modenese, ma l’attenzione
alla qualità è nel DNA delle nostre imprese: «Non ci
si poteva aspettare qualcosa di diverso da un’azienda situata a Modena, nel cuore profondo dell’Emilia,
regione storicamente conosciuta in tutto il mondo
per il prestigio e la qualità dei suoi cibi. Basti pensare che ancora oggi nei nostri stabilimenti di San
Donnino la pizza viene fatta lievitare 24 ore, stesa a
mano e cotta in forni a legna», conclude Pederzini.
Chi invece nel territorio ci ha messo radici, dividendosi tra la Bruciata e la vicina Rubiera, è Tetra Pak.
Che è sbarcata per ragioni ben precise. «Agli occhi di
Tetra Pak – conferma Michele Mastrobuono, direttore
Ambiente e relazioni esterne Tetra Pak Italia – l’Italia
è sempre stata considerata il paese dell’eccellenza
in campo meccanico-ingegneristico e alimentare.
L’Emilia Romagna, e Modena in particolare, riunisce
in sé queste due caratteristiche e questo ha fatto sì
che il Gruppo decidesse di insediare in questa area
due sue importanti aziende: la Market Company
Italiana, successivamente stabilitasi in provincia
di Reggio Emilia, e uno dei centri internazionali di
Ricerca & Sviluppo e assemblaggio macchine, Tetra Pak Packaging Solutions. Possiamo affermare
con certezza che anche il tessuto di piccole e medie
aziende metalmeccaniche e di servizi ha influito sulla
scelta di questo territorio, agevolando le attività della
nostra azienda e consentendone l’importante crescita
cui abbiamo assistito negli anni».
Sulla base di simili premesse, va da sé che Tetra Pak
e Modena vanno a braccetto. «Sì, i legami sono mol-
Italpizza
Italpizza
to forti – continua Mastrobuono – sia per il modello
di business che Tetra Pak utilizza, sia per l’attività
di Ricerca & Sviluppo e produzione che viene svolta
qui. La produzione dei sottogruppi che compongono
i macchinari è completamente esternalizzata a ditte
specializzate, molte delle quali localizzate nel territorio. Anche l’esternalizzazione dei servizi è molto
spinta».
La ricerca presentata in Camera di commercio da
Giovanni Solinas trova conferma una volta di più
nei plus identificati a Modena dall’azienda svedese: «Qui è possibile assumere personale altamente
specializzato, collaborare con artigiani e fornitori
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che mettono a disposizione competenze e tecnologie
avanzate e soprattutto sono disponibili a crescere e
a fare “innovazione” con i loro clienti».
Nella scelta di Tetra Pak, poi, assumono rilevanza
anche i servizi sociali: «Avere a disposizione servizi
efficienti e a costi competitivi – aggiunge Gianmaurizio Cazzarolli, direttore Risorse umane di Tetra Pak
Packaging Solutions – ha sicuramente influenzato
la scelta di localizzare attività di Ricerca & Sviluppo e produzione a Modena. Altrettanto importante
è il tessuto sociale che permette di essere attrattivi come luogo in cui vivere con la propria famiglia. Attualmente in Tetra Pak a Modena lavorano
più di 100 persone straniere in rappresentanza di
30 nazionalità. Questa situazione è possibile perché Modena è conosciuta nel mondo per la sua imprenditorialità, il tessuto sociale e i servizi». E ciò
spiega l’impegno della multinazionale sul territorio:
«Le istituzioni e le associazioni riconoscono il nostro
ruolo nel creare occupazione non rispetto al numero
dei nostri dipendenti, ma soprattutto per l’indotto
che ruota attorno alle nostre attività. In un’ottica di
Responsabilità sociale di impresa, siamo impegnati a essere parte attiva del territorio con iniziative
rivolte non solo ai nostri dipendenti ma anche alla
comunità. Un esempio è l’asilo nido creato in collaborazione con il Comune e aperto anche alle liste
comunali».
Insomma, quasi una simbiosi tra Modena e Tetra
Pak. «Siamo in un territorio dove è possibile fare
Tetra Pak
innovazione grazie alle competenze, all’inventiva e
alla imprenditorialità tipiche della cultura mediterranea. Queste qualità, combinate con quelle tipiche
della cultura scandinava, hanno portato a una crescita e a un miglioramento continuo». Parole che
lasciano intendere l’importanza dell’integrazione e
della capacità di richiamare all’ombra della Ghirlandina persone e capitali.
Tetra Pak