Programmazione e metodo di insegnamento per la scuola calcio

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Programmazione e metodo di insegnamento per la scuola calcio
Programmazione e metodo di insegnamento per una scuola calcio
INTRODUZIONE
Da molti, troppi anni, l’insegnamento sportivo e nella fattispecie nel calcio, punta l’attenzione sullo
sviluppo generale del gruppo squadra, tralasciando la crescita tecnico motoria individuale dei ragazzi,
trascurando le esigenze dei singoli per concentrarsi sulla funzionalità del gruppo squadra. Soprattutto in
una società sedentaria come la nostra, le società sportive diventano l’unico momento dove i nostri figli
possono sperimentare le loro esperienze motorie, che non possono ridursi ad esercitazioni che troppo
presto si concentrano esclusivamente su attività specifiche dello sport che si intende insegnare.
Mi è capitato spesso di notare su un campo di calcio, dove si stava disputando una partita tra squadre
giovanili, ragazzi che padroneggiavano dei movimenti di squadra sempre più complessi, ma nello stesso
tempo notavo in molti di loro movenze grossolane, quasi goffe, e incapacità di gesti individuali e non
stereotipati, che testimoniavano carenze in ambito coordinativo, dovute a insufficienti esperienze
motorie avute nell’età della fanciullezza.
Notavo infine, in molti ragazzi, che il loro sviluppo aveva una rapida impennata, ma nel tempo non
mantenevano questa tendenza all’apprendimento, e troppo spesso promettentissimi bambini, già
considerati piccoli campioni, diventavano dei normalissimi ragazzi.
Renato Manno considera “le capacità coordinative come presupposto delle future acquisizioni
tecniche”.
Secondo me è da questa affermazione che bisogna partire per una adeguata programmazione didattica
per una scuola calcio.
PERCHE’ PROGRAMMARE?
In qualsiasi attività della vita, non si può fare a meno di programmare, tanto più nello sport e in
particolare in una scuola calcio.
In una programmazione che si rispetti, dovremmo poter individuare gli obiettivi , i tempi per il loro
raggiungimento, i metodi e i mezzi da utilizzare. Uno spazio altrettanto importante andrebbe destinato
alla valutazione del lavoro svolto con dei test da somministrare periodicamente agli allievi.
Non programmare, significherebbe improvvisare, proporre un’ attività senza essere coscienti della sua
utilità, trascurare le esigenze del momento, non avere la possibilità di valutare lo sviluppo degli allievi e
di conseguenza la bontà dell’attività proposta; per fare un paragone sarebbe come navigare senza una
rotta predefinita, con un po’ di fortuna potremmo comunque raggiungere un porto, ma senza sapere
quale e in quanto tempo.
“Con un po’ di fortuna raggiungeremo un porto
ma senza sapere quale e in quanto tempo”
LA LINEA METODOLOGICA
Nell’insegnare il calcio a bambini di 6-12 anni, è indispensabile non improvvisare ma pianificare una
linea d’intervento precisa, che rispetti lo stato evolutivo psico-fisico raggiunto dal bambino.
Partendo dunque dalla conoscenza del bambino, la scuola calcio punta l’attenzione sullo sviluppo delle
capacità coordinative, visto che la loro maturazione sta alla base di un giusto apprendimento delle
abilità tecniche.
Secondo le fasi sensibili,( tabella di Martin) il nostro intervento si concentrerà in modo particolare su
una capacità coordinativa e una abilità tecnica in ogni mesociclo, per arrivare alla fine dell’anno ad avere
analizzato tutte le capacità rispettando sempre lo sviluppo psicofisico del bambino.
L’apprendimento del bambino attraversa diverse fasi dipendenti l’una dall’altra: Conoscenza del
problema; Strutturazione ideomotoria; Coordinazione approssimativa; Coordinazione fine;
Stabilizzazione; Disponibilità variabile.
In un gioco di squadra come il calcio (sport di situazione), risulta indispensabile non fermarsi alla
stabilizzazione, ma arrivare alla disponibilità variabile, raggiungibile inserendo il bambino nella
complessità e globalità del gioco di squadra sconsacrando un insegnamento con concezione strumentale
e meccanicistica del movimento. Il metodo “Globale-Analitico-Globale” sembrerebbe rispondere a
tali esigenze, vista che da la possibilità di: presentare al bambino il problema nella sua complessità
permettendogli una prima soluzione autonoma (Conoscenza del problema, coordinazione
approssimativa, strutturazione ideomotoria); andremo poi ad estrapolare i singoli elementi nel
momento analitico in modo da rendere fine la coordinazione e stabilizzare il movimento, per poi
passare nuovamente all’aspetto globale calando il bambino nella realtà stessa del gioco dove si
producono realmente le interrelazioni e la riunificazione di tutti gli elementi che gli permetterà di
rendere variabile l’acquisizione.
L’alternanza globale-analitica-globale, la ritroveremo sia nella successione delle sedute di allenamento,
che nelle singole sedute di allenamento, distinguendo tre momenti.
Per distinguere un momento analitico da un momento globale, consideriamo l’intensità e la qualità
dell’intervento dell’istruttore, oltre all’analisi dell’ambiente in cui il bambino viene inserito.
Dettagliatamente quindi avremo che in una situazione Analitica, l’ambiente scarso di variabili, senza
avversari che disturbino chi si esercita, possibilità di ripetere più volte il gesto che si sta analizzando, la
presentazione di un solo elemento e l’intervento dell’istruttore continuo e pronto alla correzione; nel
Globale l’ambiente è complesso e variabile in continuazione, con presenza di compagni ed avversari e
con l’istruttore che si propone più come osservatore limitando i suoi interventi lasciando al bambino la
possibilità di fare esperienza anche dai suoi errori.
Nel momento metodologico globale, si deve sempre prediligere il metodo d’insegnamento induttivo
rispetto a quello deduttivo, lasciando che il bambino possa trovare da solo le soluzione ai problemi che
gli si presentano. Preferire invece il metodo deduttivo nell’insegnamento analitico.
L’alternanza delle sedute analitiche e globali, varia a seconda dell’età dei bambini; più sono piccoli e più
il rapporto è a favore delle sedute globali, fino ad arrivare, per i più grandi, ad un rapporto di parità.
Le abilità tecniche migliorano con il migliorare delle capacità coordinative; è per questo che si partirà
sempre dal presupposto coordinativo per arrivare al miglioramento tecnico. Per i più grandi, il gesto
tecnico verrà osservato con più attenzione, non trascurando però lo sviluppo delle capacità
coordinative che hanno ormai raggiunto, chi più chi meno, una buona maturazione ma non ancora
completa.
Tra i mezzi di insegnamento continuiamo a preferire le attività che presentano una forte componente
ludica, maggiormente motivanti per il bambino, come i giochi a tema, i giochi di situazione, le partite a
tema, senza abbandonare le esercitazioni semplici o complesse soprattutto quando è necessario
analizzare l’elemento considerato in maniera più dettagliata.
Avere una linea metodologica ben definita permette ad un gruppo, di lavorare seguendo gli stessi
principi, identificarsi in una ideologia ben precisa, ed analizzare l’esattezza o meno della proposta con
una analisi serena e critica.
CONCLUSIONI
Non ho la pretesa di credere che questo tipo di organizzazione sia la migliore in assoluto, ma dalle
risposte avute dai gruppi che escono dopo aver terminato il ciclo di scuola calcio, ho notato che la
maggior parte di loro, presentano quei requisiti, che in via programmatica, mi ero proposto di
raggiungere, in particolare buona tecnica accompagnata da un più che buono sviluppo delle capacità
coordinative e soprattutto, la capacità di adattamento e di risposta a delle azioni motorie sempre
differenti, tipico dei giochi di situazione .
La mia speranza è comunque quella di essere riuscito a fornire a tutti gli allievi delle basi tecnicomotorie, che gli permettano nel corso degli anni di continuare il loro sviluppo, e che dunque la scuola
calcio sia per loro solo “la fine dell’inizio” e non la fine delle loro acquisizione.
Puntare anche all’aspetto formativo dello sport è essenziale se si pensa che la maggior parte dei nostri
allievi difficilmente faranno del calcio la loro professione, ma uomini lo dovranno essere tutti.
L’ultimo pensiero va agli operatori che quotidianamente in campo portano avanti il discorso pratico
con amore e professionalità, lontani dalle luci della ribalta; un lavoro di scuola calcio come quello
proposto, è imprescindibile da istruttori altamente qualificati, che uniscano conoscenze fisiologiche e
pedagogiche a quelle di tecnica specifica.
La figura dell’insegnanti di educazione fisica con un passato da calciatori anche se non di 1° livello
sembrerebbe la più idonea.
Prof. Gianluca Ripani