1 La casa pompeiana - Domus Santuario.pub

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1 La casa pompeiana - Domus Santuario.pub
Aniello Langella
La casa pompeiana come
luogo di culto
Terza parte
La domus pompeiana diventa santuario
2010
www.vesuvioweb.com
Penates e Genii abitavano ogni punto della domus
Se gli ambiti esterni alla casa pompeiana non concedono
spazi per comprenderne i contenuti culturali e artistici, è certamente il percorso dalla porta d’ingresso al nucleo centrale che
rimedia in maniera forte a questo nostro desiderio. Scoprire il
senso religioso delle cose che circondano la famiglia stando
all’interno della domus. E un po’ l’intento di questa nostra serena passeggiata tra le case pompeiane. Avere la possibilità di
interpretare gli oggetti, gli ambienti e i decori con un occhio
tutto teso alla riscoperta, qualora vi sia, di un senso spirituale e
quindi di una dimensione ascetica che elevi la più o meno semplice dimora, da monumento a santuario. E se da un lato, tale
concetto può sembrare eccessivo, dall’altro mostra invece tutta
la sua fondatezza proprio in quell’istante nel quale lasciando
l’atrium, passiamo a visitare gli altri ambiti domestici. Sembra
quasi che letti in senso religioso, tutti gli ambienti della domus
contengano in maniera più o meno chiara, riferimenti al sovrannaturale che domina il senso comune delle cose e trasforma
molte ritualità della famiglia in cerimonie e molti aspetti estetici
in gesti dell’anima. Quelli che abbiano visitato fino ad ora sono
i luoghi dove è chiara la relazione e ora con pizzico di curiosità,
non ci resta che lasciare i punti cardini (faux, vestibulum e atrium) della domus e addentrarci in un’indagine più capillare,
tra gli altri ambienti che non di meno mostreranno, forse la loro
vera anima.
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Benessere e prosperità si augura la famiglia e spesso lo fa Da http://
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attraverso alcune figure importanti, tra cui il Genius¹ che può
essere anche definita come il capo ancestrale e primitivo della
famiglia stessa. I Genii² sono lo spirito e assieme il nume tutelare domestico, che provvede a tutelare le sorti della famiglia. I
Penates, come abbiamo accennato, erano considerati idoli antichi il cui principale compito era quello di garantire protezione
sulle dispense e fornire un approvvigionamento costante di prodotti alimentari per la cucina. Ai Penates si chiedeva il pane
quotidiano, l’olio e i prodotti della terra e del mare. A loro venivano affidate le chiavi della dispensa.
1 Censorino, De die natali liber.
“Sed et hoc a quibusdam saepe quaesitum solvendum videtur, qui sit genius,
curve eum potissimum suo quisque natali veneremur. Genius est deus, cuius
in tutela ut quisque natus est vivit. Hic sive quod ut genamur curat, sive
quod una genitur nobiscum, sive etiam quod nos genitos suscipit ac tutatur,
certe a genendo genius appellatur”.
2 Gneo Nevio Bellum Poenicum I,1. “... postquam avem aspexitin templo
Anchisa, sacra in mensa Penatium ordine ponuntur; immolabat auream victimam pulchram”.
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Per comprendere gli aspetti interiori del Genio in senso lato
e calato poi nella realtà pompeiana, si deve procedure per gradi
esaminandone le origini. Per questo è necessario guardare alla
storia della mitologia e ricercare in essa possibili eventuali
tracce. Sembra che nasca proprio dalla forza vitale maschile, la
figura del Genius e a Roma acquisisce il significato e lo spirito
trascendentale legato strettamente alla figura del dominus e del
pater familias. Genius è il portatore del seme e assieme il generator familiae. L’idea di Genius¹ come parte ideale dell’io,
avrebbe la sua lontana origine nelle rappresentazioni assire
dell’VIII secolo a.C. e forse ancor prima nella religion egizia.
Un genio accompagna ogni uomo anche oltre la vita in un dualismo che lo vede contrapposto all’essere, nell dimensione di
demone, di figura alata tutelare, come consigliere. Intorno al I
d.C, a Roma diventa spirito apotropaico, sempre pronto a proteggere e sostenere la famiglia nelle avversità. E così approda a
Pompei, spesso accompagnato nelle raffigurazioni parietali, assieme ai Penates ai Lares e alla figura del serpenti
(l’agatodemone)² durante le libagioni e i sacrifici.
Genii e Vesta in un Lararium
da Pompei. Museo Archeologico di Napoli
Da http://
www.pompeiiinpictures.eu/
1 Jean Chevalier e Alain Gheerbrant. Dizionario dei simboli. Bur 2005. P.
495
2 Dal greco Aγαθοδαίµων, “Buon Genio”, denominazione greca di divinità
egizie rappresentate come serpenti ritenuti favorevoli all’uomo. Dunque una
divinità minore, considerata apportatrice di benessere, abbondanza e prosperità, protettrice dei campi, delle città e delle abitazioni, in età romana
assimilata al Bonus Eventus. Agatodemone o Buon Genio si è il nome d'un
serpentello venerato in Egitto. Adorna la fronte d'alcuni simulacri egizj. Li
antichi scrittori testimoniano il nome e la frequenza di esso in quelle contrade. Co' suoi simboli viene rappresentato Antinoo. (MPC. v. 5 t. 17; v. 7 t. 15
n.). Celebri sono 2 colossi della villa Adriana, ornamento del MPC ( Iv. v. S
Pref. e t. 18.). Li Egizj nell' inventare questa specie di Cariatidi seguirono il
loro costume, per il quale volevano che li uomini sostenessero i pesi su1
capo, e le donne su li omeri. ( Iv. Pref. ) Agatodemone riconosciuto in Tebe
sotto il nome di Cnef, autore di tutti i beni, o, per meglio dire, la persona
allegorica della bontà divina o del buon principio, preside particolare del
Nilo nel basso Egitto, il qual fiume da esso prendeva nome nel suo dividersi
al Delta. Suo simbolo era il serpente. (Iv. t. 17 e n. ; v. 3 Ind. d. M. t. C. n. 1.
- MW. p. 120.) Da Florilegio Visconteo: o sia estratto della principale erudizione delle opere Di Giovanni Rossi, 1848. P. 45.
Chi non rammenta il Genio di Socrate ? Basti a noi l' averlo qui solo nominato, rimettendocene al libro che ne scrisse Apulejo. Anche le opere delle
arti credeansi prodotte grazie ad un Genio particolare a ciascuna. Essi li
chiamavano Demoni, appunto dal sapere, come quelli ch'erano ispiratori,
maestri e sopracciò di tutte le cose; e dicevano Megalodemone il gran Genio, ossia il Genio universale di tutta la terra, Agatodemoni i buoni Genii,
figurati per lo più sotto la forma di Serpenti, alla maniera Fenicia, e Cacodemonì i cattivi Genii : chè non andava esente l' ellenica religione da quel
dualismo già altrove accennato, e però temevano i Greci gli Spiriti mali ,
temevan le Lamie , le Empuse, i Mormoni. Da Real Museo Borbonico, Antonio Niccolini - 1835
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Genio alato dalla villa di P.
Fannius Synistor a Boscoreale.
Immagine Wiki
Genio alato dalla Villa dei
Misteri a Pompei.
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Il Genio è nella romanità la trasposizione del Daimon Greco
(δαίµων) ed è un tramite tra la divinità e l’uomo e forse in tal
senso oggi viene assimilato agli angeli custodi. Se vanno invocati come spirito guida, vanno omaggiati delle nostre attenzioni
in ogni circostanza sia che riguardi la nostra esistenza familiare,
che nelle relazioni con gli altri e nel lavoro. Per questo motivo,
ignorandone il genere (maschime o femminile) essendo consapevoli che non può esistere un luogo senza la loro protezione
(nullus locus sine), come asserisce Svetonio nel commento
all’Eneide, ogni genio abita ogni uomo e ogni angolo fisicamente visibile della nostra vita. Nascono così Daimon dedicati a
quasi ogni momento dell’esistenza, dalla nascita (Genius Natalis)e percorrendo la vita intera fino alla morte. Non a caso la
bibliografia romana e nello specifico quella pompeiana ci raccontano di questi personaggi come frequentatori e abitatori degli stessi ambiti e momenti di vita di ciascun uomo.
Genius loci (CIL, VI, 247; 30884; 30885)
Genius horreorum (CIL, VI, 235; 236; 237; 238)
Genius loci et stationis (CIL, VI, 36779)
Genius venalici (CIL, VI, 399)
Genius stationis aquarum (CIL, VI, 36781)
Genius Caeli Montis (CIL, VI, 334)
Genius fori vinarii (Ostia: CIL, X, 543)
Genius curiae (CIL, VI, 5996)
Genius decuriae (CIL, VI, 244)
Genius familiae monetalis (CIL, VI, 239
Genius pagi livi (CIL, V, 4909)
Genius pagi Arusnatium (CIL, V, 3915)
Genius colonae aquiliae (AE, 1934, 234)
Genius coloniae Florentiae (CIL, XI, 7030)
Genius coloniae Ostiensis (CIL, XIV, 9; G. c. Ostiensium CIL,
XIV, 8)
Genius corporis pellionum Ostiensium (CIL, XIV, 10)
Genius corporis splendidissimi inportantium et negotiantium
vinariorum (AE, 1955, 165)
Genius municipi cultorum (AE, 1965, 193)
Genius municipi Segusini (CIL, V, 7234; 7235)
Genius municipi Castrimoeniensis (CIL, XIV, 2454)
Genius municipi Praenestini (CIL, XIV, 2889)¹
Non mancano accanto ai Genii e effigiate in maniera quasi
regale, altre divinità dell’olimpo pagano, quail la Fortuna,
Apollo e Dioniso, che vengono rappresentati e proposti in numerosi punti della domus in forma di piccole sculture o pitture
murali.
1 http://www.romanoimpero.com/2010/06/culto-dei-genii.html
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Agatodemoni del Lararium
della casa della Regina
d’Olanda.
Da
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La casa pompeiana diviene il luogo dell’offerta e della richiesta in una continua relazione interessata di dare e avere, di
diritti e doveri, trasferendo anche in parte nel senso religioso
delle cose, il principio della lex costituita, che viene emanata e
applicata nei luoghi della giustizia, come ad esempio la Basilica. Ovunque vi sia un angolo, una stanza, una semplice volume
abitativo, magari di raccordo tra ambienti, si poteva cogliere di
buon grado l’opportunità di celebrare gli dei domestici, così
lontani dalla gente, ma in fondo così simili a loro stessi. Genii,
Penates e Larii accrebbero la loro fama e la loro presenza al
punto tale da diventare potenti e unici confidenti della famiglia
Pompei. Casa del Criptoportico
e questo crebbe al punto tale che nel corso degli anni venne
quasi ad essere oscurato il culto per un simbolo che a Pompei www.pompeiiinpictures.eu/
era di casa, a mio avviso già dai primordi: il serpente.
A Pompei, come del resto in altre provincie romane, il serpente che è l’Agathodaimon o portafortuna è letto iconograficamente come elemento della natura che costruisce benessere. Vive sotto terra e all’aperto, si nutre del sole, si libera della propria pelle, ricorda le procedure benefiche della medicina di Esculapio. Queste le sue primarie caratteristiche benevole. Li ritroviamo dipinti nei pressi dei larari, lungo le strade, all’interno
delle botteghe e sul frontespizio delle case. Sono maschio e
femmina intrecciati come una pigna o come un uovo, simbolo
della rinascita. Nelle immagini a destra affreschi con serpenti
dall’Antiquarium di Boscoreale. (Foto A. Langella 2007)
Sono simbolo di fertilità in quanto legati alla procreazione e
anche simbolo della forza e del potere del dominus. Per queste
caratteristiche intrinseche legate alla loro primitiva devozione
che trova riscontri in tutte le culture dell’antico Mediterraneo,
offrono anche a colui che li espone e li esalta, il potere di scacciare intrusi, vagabondi e profanatori, non solo della casa ma
anche dei luoghi pubblici. In certe raffigurazioni, il serpente
pone in guardia il viandante e lo esorta ad allontanarsi se ha intenzioni di oltraggiare il luogo o lo spazio che frequenta. “Vai
indietro e non lordare questo luogo con il tuo sterco”, recita
così un’iscrizione lungo la via di porta Nocera. “Non urinare in
questo luogo”, recita un’altra. “Allontanati da questa casa con i
tuoi cattivi odori”, infine si scrive su un affresco pompeiano.
In alcune domus il senso spirituale sembra concretizzarsi
nella globalità della dimora a partire dagli ambienti di rappresentanza. Il riferimento ad esempio al ratto di Ganimede espresso nel sacello larario della casa del Sacello iliaco o Casa del
Larario di Achille, ne sia un esempio. Nella volta del sacello e
lungo le sue pareti sono celebrate alcune scene delle gesta di
Achille e Ettore e questo ha fatto ritenere che questo luogo sia
stato dedicato al culto degli eroi greci dai quali probabilmente
la famiglia che abitava questa dimora, discendesse.
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Agatodemone, Lares e Penates dalla casa di C. Julius Polybius
Da http://www.pompeiiinpictures.eu
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Nella casa di M. Fabius Rufus sembra che sia stato ricavato Immagini da:
un ambiente probabilmente destinato a sacello con intenti reli- www.pompeiiinpictures.eu
giosi. Per alcuni, stando ad un giudizio estetico, venne riconosciuto il culto di Venere la quale appare dipinta in posizione
centrale con un amorino poggiato sulla spalla destra. Questo
affresco restò tale fino al 62, d.C. anno nel quale il terremoto
rese necessari dei lavori di restauro. Fu così che la primitiva
pittura venne coperta da uno strato intonacale di diversa fattura
e stile.
I protettori della domus erano gli stessi proprietari
Affascinante e forse per certi versi insostenibile il titolo di
questa che può essere definita una considerazione di appendice.
L’idea che alcune immagini pittoriche definite come Lares, Penates e Genii, siano opere ritrattistiche non deve stupire e anzi
deve indurre a considerazioni più generali che spesso ritroviamo in molti aspetti della cultura pompeiana e romana. Celebrare
se stessi per alcuni diventa un rito e un dovere.
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Alcuni dei volti ritratti ad esempio nel grandioso affresco
della Villa dei Misteri di Pompei, hanno caratteri, forme e dimensioni che difficilmente possono essere accomunati a personaggi casuali. Sono i caratteri somatici che diventano importanti. Il taglio degli occhi, spesso il loro colore, il disegno della
bocca e del naso, l’ovale del volto con l’acconciatura.
Alcuni elementi del volto sono stati volutamente esaltati,
quasi a sottolineare i caratteri soggettivi del personaggio, cogliendo nella loro individualità i particolari contraddistintivi del
personaggio stesso. Questi nelle immagini a sinistra, tratti
dall’affresco della nota e ricca dimora, non sono personaggi anonimi, non sono casuali invenzioni artistiche. Sono l’esatta
copia e rappresentazione del personaggio chiave del mistero
rappresentato nella scena. In particolare le ultime due figure
possono essere definite, essendo di eccellente mano come i ritratti reali delle vestali che animavano il rito orfico. E’ il taglio
e il disegno della bocca che non si ripete come in un cliché decorativo, ma prende forme, dimensioni e anche espressione a
seconda della scena e del momento.
Non era infrequente celebrare attraverso le immagini ritratto,
il rango della famiglia. Ritengo frequente il ricorso
all’autocelebrazione, specie in presenza di personaggi importanti e influenti in città. Panettiere da generazioni, colto e ben affermato nelle solide basi del commercio locale, Terentius Neo e
sua moglie, avevano chiesto e ottenuto da un noto pictor il proprio ritratto. La propria effige in affresco nella propria dimora
pompeiana era l’espressione di una singolare venerazione forse
autocelebrativa, ma primariamente volta a mostrare agli altri il
proprio status e condizione.
Memoria e culto di se stessi? Memoria per i posteri?
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Pompei
Lararius e Agatodemoni
Casa di Narciso
Immagine da http://www.pompeiiinpictures.eu
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I Santuari si estendono ad altre aree della domus: i giardini
Lo spazio interno della casa riservato alle delizie della natura
e maggiormente esposto alla lice e ai giochi delle stagioni era
sicuramente il giardino. L’area del viridarium è come lo stesso
nucleo centrale, riservato e circoscritto in una dimensione aerea,
fruibile nei momenti di intemperie attraverso un porticato che
alla maniera del più classico dei peristili, circonda il verde, i
giochi delle fontane, estendendo così lo spirito familiare
all’intero impianto. In questo spazio vivono in una dimensione
diversa, tutta rivolta alla natura i numi tutelari. E lo fanno in
alcuni casi, con uno spirito più gioioso, a volte anche cromaticamente diverso rispetto agli interni. Un esempio che chiarisce
questo concetto lo ritroviamo nella casa del Principe di Napoli.
Spesso accanto a questi Lararia si progettano e si costruiscono
delle fontane che decorate e abbellite con i migliori personaggi
della mitologia diventano prima sorgenti d’acqua e poi ninfei.
E’ il caso della fastosa e ricca decorazione della casa della fontana piccola. (Immagine a destra. Pompei 2007). Nella domus di
Casa de Principe di Napoli
Casa della Fontana Piccola.
Paccius Alexander i Lararia diventano tre. Due forse coevi e
uno ricavato in epoca diversa per un cambio di proprietà. La
celebrazione avviene davanti agli spazi ampi e in un’area della
casa che raccoglie senza portico e né altri ripari murari, tutta la
dimensione esterna pur restando intimamente legata agli altri
ambienti della casa stessa. Gli esempi di sacrificio all’aria aperta e in condivisione con la natura, sono tantissimi a Pompei e
ognuno riporta alla mente storie intime della famiglia e le tappe
diverse di una trasformazione culturale tipica della città.
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La casa, o meglio la ricca dimora che in quest’altro esempio
ci parlerà della relazione intima da giardino e santuari è detta
del Profumiere e anche del Giardino di Ercole. Lo spazio destinato al verde e alla natura è notevole e si trasforma da vidirarium a hortus proprio per venire in contro alle esigenze lavorative dei suoi abitanti. Sullo sfondo di un muro di confine, tra siepi di rosmarino e erbe aromatiche un Lararium mostra la sua
semplice e quasi statuaria presenza in una cornice di verde e
profumi. Percorrendo lo stretto viale centrale del giardino ci
sembra di cogliere quasi il senso di religiosità di questo luogo:
il termine di un percorso che è fisico, ma anche spirituale e rappresenta un po’ l’essenza lavorativa e quindi il senso della vita
dei suoi abitanti. Le dimore ricche di Pompei occupavano ampi
spazi urbani e non mancavano di questi ambienti aperti dove la
natura poteva essere fruita con partecipazione di tutta la famiglia. In questo esempio della dimora del Profumiere il Lararium
ha una morfologia minore, priva di decori sontuosi e celebrativi
e mostra quasi nella sua semplicità, l’essenzialità del messaggio
che riceveva e elargiva agli oranti. Ricalca in maniera sintetica
l’espressione architettonica della casa stessa con un tetto a due
falde e una camera centrale. Purtroppo di questo tempietto non
ci sono giunti elementi decorativi pittorici che certo non dovevano mancare. Ma voglio immaginarne almeno idealmente il
tipo di offerta che il noto profumiere portava ai suoi Lares.
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Terminiamo qui la visita al giardino e alle aree verdi della
domus. Lo facciamo essendo consapevoli che gli esempi da riportare sarebbero tantissimi e ci allontanerebbero dal nostro primario intento che è quello di voler esporre un argomento nel
suo senso generale. Ma prima di lasciare questo ambito della
casa pompeiana non può mancare una visita e se volete uno
sguardo ad un Lararium di una ricca dimora che occupava un
punto strategicamente importante nei pressi del portico. Non
può essere definito come semplice elemento architettonico, quasi decorativo della domus, in quanto venne concepito come volume quasi abitativo, tutto dedicato ad accogliere i Lares, Penates e Genii. Una sorta di ambiente totalmente strutturato per una
funzione e aperto al giardino e al portico su due lati. Siamo nella domus Cn. Poppaei Habiti. Due pareti affrescate con ricchezza di colori e grande maestria ritraggono questa volta i numi
tutelari della casa nelle sembianze di dei egizi: Horo, figlio di
Iside e Osiride in mezzo ad altre due divinità, Iside e Anubi. Lo
attesterebbero gli strumenti che utilizzano e le loro sembianze.
Non mancano gli Agatodemoni in basso che quasi si attorcigliano e convergono verso l’angolo centrale della scena. E sulla
parete opposta all’immagine dei numi tutelari, alcuni oggetti
dipinti in affresco ci ricordano che a Pompei era diffusa e prosperava la grande religione che nuove popolazioni avevano portato qui, lasciando la sponda opposta del Mediterraneo.
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Sul lato orientale del giardino della casa della Regina
d’Olanda un Lararium semplice e quanto mai classico nella forma e nei contenuti venne costruito per rendere omaggio al serpente. Prossimo ad un’ara votiva che regge un uovo, il grosso
rettile occupa quasi interamente la scena religiosa. Il tempietto
con tanto di timpano decorato a stucco fu ricavato nel contesto
dello spessore della parete divisoria con altri ambienti.
Percorrendo le strade di Pompei e volendoci addentrare in
ciascuna delle abitazioni più o meno nobili, più o meno ricche,
scopriremmo, prima o poi un universo religioso di bellezza unica e dalle suggestività assolutamente irripetibili. Ricorre in questi Lararia, inseriti in ogni punto della domus, il senso della intima relazione con il sovrannaturale e traspare per ogni esempio,
il grande amore per il gusto estetico. Ripensando alla drammatica distruzione delle città del Vesuvio ed in particolare rivolgendo lo sguardo a questi aspetti così intimi della Pompei di venti
secoli fa, non possiamo tralasciare una riflessione sul senso del
pathos che tanto traspare da questi momenti di vita comune
spezzati dalla travolgente furia del vulcano.
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Area del giardino della casa di Paccius Alexander
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[email protected]
Per la realizzazione di questo lavoro ho consultato il portale
http://pompeiiinpictures.com
E ringrazio Jackie and Bob Dunn per aver curato questo spazio in rete che consente ancora oggi un
approccio semplice e culturalmente efficace alle bellezze dell’archeologia vesuviana
TERZA PARTE
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