Briciole di Missione - n. 37 - 19 maggio 2013
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Briciole di Missione - n. 37 - 19 maggio 2013
Informatore Missionario - Macherio n. 37 - 19 Maggio 2013 IL POPOLO CHE AMA MARIA Nelle Filippine la devozione mariana è condivisa da tutti e ha la sua massima espressione nei riti coloratissimi del mese di maggio. Ma la statua della Madonna fu anche il simbolo della rivoluzione dell’86. I vescovi delle Filippine hanno definito il loro popolo "pueblo amante de Maria", "popolo che ama Maria". Anche il visitatore più distratto può facilmente rendersi conto della devozione molto sentita di questa gente per la Madonna, che è chiamata "mama Mary": "mamma Maria". Ricordo che quando, anni fa, ero cappellano delle carceri della città di Zamboanga non potevo fare regalo migliore ai carcerati di un rosario, che molto spesso si mettevano al collo come segno distintivo del loro essere cristiani. La povera gente, donne e uomini, ma soprattutto i bambini e gli adolescenti non hanno vergogna di mostrare il rosario al collo come se fosse una preziosa collana, l'unica che molti di loro possiedono. Per fortuna, avevo amici negli Stati Uniti che periodicamente mi mandavano gratis migliaia di rosari. I santuari dedicati alla Madonna sotto i titoli più svariati (Madonna del Buon cammino, Madonna del perdono, oltre tutti i titoli che troviamo anche in Italia) si trovano sparsi in tutte le Filippine. La maggioranza delle cappelle nei villaggi delle zone rurali sono dedicate alla Madonna. L'immagine più venerata e amata è senza dubbio "Maria, Madre del Perpetuo soccorso", per la quale si celebra una "Novena universale", cioè ogni mercoledì dell'anno, per tutto l'anno. Ogni filippino si sente impegnato a recitare questa Novena con grande fedeltà ogni mercoledì, in parrocchia o anche a casa. Ci sono poi le "Fatima Devotions", che consistono in un gruppo di famiglie della stessa strada che si impegnano, a turno, ad accogliere in casa per una settimana una statua della Madonna di Fatima. L'impegno è quello di custodire l'immagine, ma soprattutto di recitare il rosario in famiglia ogni giorno. Alla fine della settimana, la statua viene accompagnata in processione in un'altra casa, che l'accoglierà per i giorni successivi. La statua della Madonna di Fatima è diventata ancora più famosa perché - si può dire Briciole di Missione - 1 - è stata la protagonista di quella che viene chiamata "la rivoluzione dei fiori" o anche "dei rosari", cioè la rivoluzione pacifica (Edsa Revolution) che nel 1986 ha liberato il popolo filippino dalla dittatura di Ferdinand Marcos. La gente che si era riversata nelle strade di Manila per protestare contro il presidente era "armata" di fiori e di rosari! Emblematica, in quell'occasione, fu proprio l'immagine della Madonna di Fatima che compariva nell'ufficio del generale Fidel Ramos - poi, presidente Ramos - quando si ribellò a Marcos (Ramos è protestante). È però durante il mese di maggio che la devozione dei filippini verso la Madonna tocca la sua massima espressione. La sua manifestazione più simpatica e caratteristica è rappresentata da quello che è noto come "Flores de Mayo", un festival molto colorato e folkloristico che coinvolge i bambini. Maggio è il mese delle feste in molti paesi: la gente si sente più libera di festeggiare perché non c'è molto lavoro nei campi e i bambini sono ancora in vacanza: le scuole, infatti, riaprono ai primi di giugno. Il clima tropicale dell'estate si fa ancora sentire, ma con l'arrivo delle prime piogge la temperatura migliora, e le mille e centosette isole delle Filippine sono un giardino pieno di tanti fiori variopinti che creano un'atmosfera di festa. I bambini si ritrovano in parrocchia per la catechesi e attività ricreative, che terminano poi con un momento di preghiera (in genere, la recita del rosario). Alla fine, mentre si cantano inni in onore della Vergine Maria, i bimbi sfilano davanti all'immagine della Madonna, depositando ai suoi piedi un fiore. Normalmente il mese si conclude con il "Living Rosary" (il "rosario vivente"), quando i ragazzi si dispongono a forma di rosario, tenendo in mano una candela accesa mentre recitano l'Ave Maria, il Padre nostro e il Gloria. In questa occasione, quando vengono annunciati i misteri, i bambini li ricreano con delle scene in costume, che attirano l'attenzione di piccoli e grandi. Un'altra curiosità. Le Filippine sono forse l'unica nazione nel mondo cattolico dove spontaneamente si canta "Happy Birthday", cioè "buon compleanno" in chiesa l'otto settembre, festa della Natività di Maria. di Giulio F. Mariani LA MADONNA NELL'ANNO DELLA FEDE Emozioni giapponesi, tra martirio e atomica Nel corso della mia ultima visita in Giappone, ho avuto l'opportunità di andare per la prima volta a Nagasaki. Ho così visitato i luoghi-memoriale della bomba atomica, fatta esplodere il 9 agosto del 1945, e ho trascorso la notte non lontano dalla cattedrale di Urakami, vicino all'epicentro dello scoppio. Il giorno dopo, festa di tutti i santi, insieme al confratello p. Pier Giorgio Manni, ho celebrato la santa Messa nel santuario dei martiri, eretto vicino al luogo dove il 5 febbraio 1597 sono stati "innalzati" i primi 26 martiri giapponesi. Ho poi visitato il museo annesso e la chiesa nel quartiere di Oura, dove nel 1865 i cristiani "nascosti" si sono maBriciole di Missione - 2 - nifestati al missionario francese p. Bernard de Petijean. Un breve giro nel meraviglioso giardino delle camelie (Glover garden), vicino alla chiesa, ha concluso la visita. È stata per me una visita piena di emozioni, legate contemporaneamente alla bomba atomica (in particolare alla figura del dottor Nagai e alla sua testimonianza come uomo e come cristiano nel mezzo della tragedia atomica), ai coraggiosi martiri giapponesi e all'epopea dei cristiani "nascosti", che per più di 200 anni hanno saputo mantenere viva lo loro fede senza preti e con la minaccia della persecuzione. Ma una cosa soprattutto mi ha colpito: la presenza silenziosa di Maria. Rosari e corone di origami Nel museo della bomba atomica sono esposti vari rosari ritrovati dopo lo scoppio, alcuni La Madonna in terracotta con calcificati e in parte fusi dall'esplosione, tra gli occhi di vetro, simbolo della cui quello della moglie del dottor Nagai, a bomba atomica di Nagasaki testimonianza degli 8mila cristiani periti nello scoppio, su 12mila presenti in città. Un non cristiano, visitando questo luogo, potrebbe pensare che il rosario sia il simbolo del cristiano. Mi sembrava anche che, con la forza debole della fede, il rosario fosse riuscito a vincere la forza tragica della bomba. Per la celebrazione della Messa nella chiesa dei martiri ci ha accompagnato un coppia di anziani sposi cristiani. Lui è un sopravvissuto della bomba atomica (a quel tempo era uno studente). Mi hanno regalato due corone fatte dalla sposa con un intreccio di origami. Una corona l'ho data da mettere nel santuario mariano del mio paese (S. Lorenzo di Rovetta, Bergamo). Le statue della Vergine Nella cattedrale di Urakami, ricostruita dopo essere diventata per tutti il simbolo della bomba, l'immagine più eloquente della tragedia è la testa di una statua della Madonna in terracotta, con gli occhi di vetro. Per il calore sprigionato dall'atomica il vetro si è fuso, dando vita a un volto doloroso e intenso. Nel museo dei martiri, ci sono moltissime "Maria Kannon", cioè statuette di Maria con il bambino, "celata" nelle sembianze di una dea giapponese, la dea madre "Kannon". Insieme al rosario, questa statuetta Mariana è stata uno dei simboli dei cristiani "nascosti" per difendere la loro fede. Nella chiesa di Oura, il piccolo gruppo di cristiani che il 17 marzo 1865 ha avvicinato il p. Bernard de Petijean per verificare che fosse veramente di un prete Briciole di Missione - 3 - cattolico, oltre a chiedergli se era sposato e se era mandato dal Papa, hanno chiesto di poter vedere la statua della Vergine. Quella statua è ancora conservata in questa chiesa, che è la più antica in Giappone, e che proprio per questo ora è monumento. Una registrazione su disco continua a raccontare la vicenda dell'incontro e del riconoscimento ai numerosi visitatori. Maria, compagna di viaggio Un pensiero mi ha accompagnato. Siamo nell'anno della fede: nel disorientamento creato dallo scoppio del materialismo e del relativismo, la Vergine Maria può aiutarci a ritrovare la strada comunque essere anche per noi missionari una forte compagna di viaggio. Dopo queste visite e le profonde emozioni provate, devo dire che il giardino delle camelie non mi ha detto granché, con buona pace di Puccini e di madame Butterfly. p. Rino Benzoni , sx Briciole di Parola: CON MARIA NELLA STANZA ALTA Restare dentro la storia, nella fede Gli apostoli tornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo zelòta e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui. (Atti 1,12-14) Parlare a te è come sentirsi parte di un'immensa folla che ti ha chiamata, lungo la storia. Ne hai popolato le ore di riposo e di lavoro. Sgranando la corona, hanno portato a te le loro pene e le loro speranze. Labbra di credenti, donne e uomini, continuano a mormorare: Ave Maria! Colgo di te l'ultima immagine, in quel tempo dell'assenza di tuo Figlio, che è anche il nostro tempo. Tu hai provato la fatica delle nostre giornate vuote della sua pre- senza visibile, private della sua parola. Hai sperimentato la nostalgia di un incontro in cui anche gli occhi riuscivano a vedere, l'orecchio poteva udire, le braccia potevano abbracciare. Eppure tu non eri sul monte con gli Undici a vederlo partire. Eri in città, nella stanza alta, ad attenderli. Per orientare a lui quel gruppo composto di gente di famiglia, di apostoli, di donne, e per tenerli dentro la storia. Briciole di Missione - 4 - Per questo ti preghiamo: attendi ed accogli anche noi. Trattienici dal crearci zone di fuga, anche se hanno il pretesto della spiritualità. Insegnaci a restare dentro la storia, sapendo; dentro la realtà, osando; dentro l'umanità, abbracciando questo mondo, che profuma da sempre del Verbo. Tu l'avevi compreso fin dai giorni della tua gestazione. Nessuno più di te sa che quel Figlio era un figlio umano, un corpo vero di carne, un corpo mai rinnegato, neppure nel suo ritorno al Padre. Gliel'avevi dato tu, ma era il nostro corpo: era questa tribolata e affascinante terra; era questa tribolata e affascinante storia. Se la scavalcassimo, scavalcheremmo anche te. Per sempre, tu ci assicuri che quel Figlio era davvero come noi: un "nato di donna". Ti preghiamo perciò, donna coraggiosa fra tutte: attendici in città, dove risuonano i rumori, le sirene, lo smog, le propagande; dove ci si fiancheggia e ci si aggira in solitudine; dove si dibatte e ci si scontra; si vince e si perde. Tienici dentro alle vicende, alle costrizioni, al peso e alle gioie scarne del quotidiano; dentro agli incontri, alle tribolazioni, alle file, alle tasse, ai dibattiti... Rendici appassionati del mondo, mai rinunciando alla fatica condivisa di renderlo abitabile. Ma attendici nella stanza alta, come diceva il vescovo Tonino Bello. Da lì, si vedono spazi lontani: il bimbo di Baghdad che chiede perché e il vecchio d'Africa che narra di quando le donne andavano al campo cantando, e gli uomini andavano alla caccia, suonando i tamburi. Anche l'anziana sola del condominio e il ragazzo che vaga alla stazione della città. Dove non ci si perde in false questioni, ma ci si appassiona a quelle vere. E orienta il nostro sguardo ancora oltre, verso gli orizzonti che ci aprì il Figlio tuo beato. Allora impariamo da dove viene e dove va questa storia; intuiamo quale è l'opera in corso. Allora i nostri molteplici dei si dileguano ed appare il volto di un Padre. Ci viene offerta una vita nuova e un nuovo nome: figli! Ci scopriamo cittadini del cielo e forestieri ovunque. Tutto questo lo apprendiamo ad una mensa, anch'essa avvenuta nella stanza alta. Lì tuo Figlio, spezzando il pane e porgendo il vino, ci consegnò il corpo che tu gli avevi dato. Lì ci insegnò l'amore. Lì sbaragliò tutte le nostre leggi, le nostre giustizie, i nostri calcoli. Quel corpo dato ci liberò dall'affanno di vivere per noi stessi. Tu, o Vergine, rendici consapevoli che tutto è dono; che la città nuova scende dall'alto; e che il nostro impegno deve essere totale. Aiutaci a tornare nella stanza alta, anche quando percorriamo le frenetiche strade della città. Lo Spirito ti aveva coperto, come ombra, rendendoti madre del Figlio di Dio. Facci scoprire dove sono le nostre vere sterilità ed insegnaci la via per portare un frutto che dura. Tu eri una di noi, ma sei andata oltre noi tutti. Chiedi per noi e con noi il soffio delle altezze, lo Spirito del Figlio tuo. Amen. Briciole di Missione - 5 - Teresina Caffi mM DON GIGI CI SCRIVE DALLA MISSIONE Assalaamu aleekum... e che la gioia pasquale sia sempre con voi. La gioia, da noi è stato lo stato d'animo con cui abbiamo aperto questo mese di Aprile. La gioia di aver ricevuto le prime piogge che hanno portato un po' di sollievo dopo le temperature sahariane degli ultimi tempi. Ma soprattutto la gioia di aver celebrato la Pasqua del Signore e di aver accolto nella nostra comunità una quarantina di nuovi fratelli e sorelle. È davvero difficile descrivere la forza della celebrazione della veglia pasquale vissuta nella comunità di Djalingo. La celebrazione è proprio una festa dove l'assemblea fatica a contenere sia la gioia dell'annuncio pasquale, sia quella che nasce dall'accogliere nuovi fratelli e sorelle nella comunità. Dall'annuncio della resurrezione in poi tutta la celebrazione è pervasa da un Caos ordinato. Tutta l'assemblea è continuamente in movimento, come il brulicare delle formiche che appare caotico, ma che in realtà segue logiche ben precise. Così è l'assemblea liturgica brulicante di persone che si lasciano incantare dal ritmo della celebrazione e del tamburo che scandisce il tempo della loro gioia. I cori coinvolgono con la loro forza tutta l'assemblea che si abbandona al ritmo della musica per esprimere con questo linguaggio comune (canto e danza) la gioia che nasce dalla loro fede. Commovente è poi il momento subito dopo il battesimo, l'assemblea accoglie i neobattezzati rivestiti della veste bianca. Subito questi nuovi fratelli e sorelle sono investiti dell'affetto della comunità che gli ha accompagnati nel loro cammino. Qui infatti è la comunità, nella figura dei suoi responsabili e catechisti che presenta i candidati e ne attesta la preparazione reputandoli pronti di ricevere il battesimo, il sacerdote poi sostiene con loro un colloquio per vedere se secondo i canoni ecclesiali hanno i requisiti richiesti. La cosa interessate e che spesso la comunità intercede a favore del candidato, anche quando il sacerdote propende per il rinvio, secondo la logica per cui una fede vissuta e praticata può correggere e sostenere anche una fede che a livello teorico ancora lamenta qualche lacuna o approssimazione. L'altro importante avvenimento che ha segnato questo mese è stato il saluto a don Mario da parte della comunità. Don Mario terminato il suo mandato è rientrato in Italia dopo quasi dodici anni di missione di cui gli ultimi 7 passati a Djalingo come parroco. La festa ha coinvolto tutti i settori della parrocchia e le autorità del villaggio Briciole di Missione - 6 - che durante la celebrazione eucaristica lo hanno ringraziato e salutato. Sono stati momenti carichi di emozione che traspariva dai volti di tutti i partecipanti: sentimenti di ringraziamento e di commozione per un saluto che però non ha sancito la separazione, ma un nuovo tipo di vicinanza, quello nella preghiera e nel ricordo. La sera di sabato 6 aprile i giovani e i più piccoli hanno salutato il parroco uscente esibendosi in canti e danze che hanno animato la serata del villaggio. Domenica durante la celebrazione una lunga processione offertoriale in favore di don Mario a reso visibile poi l'affetto e la stima che la comunità provavano nei confronti del fondatore della loro parrocchia. Durante questi giorni la parrocchia è stata un vero “porto di mare” con numerose visite di quanti volevano esprimere personalmente la propria riconoscenza a don Mario e con la presenza speciale di Paolo e Francesco, due amici italiani della comunità di Djalingo che durante gli anni anno aiutato il parroco nella costruzione della casa e del centro pastorale. Don Mario ora è rientrato in Italia dove, dopo un doveroso periodo di riposo, sarà a disposizione per un nuovo incarico pastorale, questa volta nella diocesi di Milano. Anche don Alberto, prete della diocesi di Milano fidei donum a Garoua nella parrocchia di Ngalbijie, è stato costretto ad un rientro forzato a causa malattia, ormai in fase terminale, della mamma. Per questo motivo come preti di Djalingo ci siamo presi a carico anche la celebrazione delle messe domenicali e di due messe infrasettimanali della parrocchia di Ngalbijie fino al ritorno del parroco. Un'altra esperienza che ha segnato questo mese è stata quella dell'incontro tra i missionari di lingua italiana che si è svolto a Ngaundere dal 9 al 16 di aprile. È stato un momento di formazione, fraternità e confronto sulle diverse realtà di missione che viviamo. I missionari di lingua italiana provenivano dall'area del Cameroun e del Tchad. La formazione ha seguito due piste, una legata all'approfondimento di un tema biblico e l'altra al tema del dialogo con l'Islam. Per quanto riguarda il tema biblico la riflessione è stata guidata da Padre Pino Stancari, gesuita biblista che svolge il suo ministero in Calabria. Il tema scelto è stato quello del profetismo e in particolar modo la corrente profetica che fa riferimento al profeta Isaia. Padre Pino ci ha guidato in un percorso per farci scoprire la ricchezza e l'attualità della profezia di Isaia. La seconda pista di riflessione e confronto è stata guidata invece dall'Immam della moschea di Ndjamena, capitale del Tchad. Con lui ci siamo soffermati più che su grandi questioni teologiche, sul rapporto possibile tra i credenti della religione islamica e quella cristiana. L'immam che è protagonista di un cammino di dialogo con la Chiesa Cattolica nel Tchad, ha cercato di tratteggiare la complessità del fenomeno islamico e ha tentato di indicarci possibili piste di dialogo. Il terzo grande relatore del nostro cammino di formazione è stato poi il gruppo stesso. La ricchezza di esperienze missionarie così varie è stato un motivo di confronto e la fraternità che si è creata ha permesso di vivere questi giorni come vero momento di ricarica. In modo particolare la preghiera comune vissuta con intensità ha fatto emergere quella comunione profonda che nasce dalla fede e che alimenta la fraternità. Per il resto continua il mio inserimento e Briciole di Missione - 7 - la mia conoscenza della realtà parrocchiale. Con don Maurizio abbiamo programmato per il mese di maggio la visita a tutti i settori della parrocchia per conoscere i diversi responsabili e conoscere il cammino percorso dalle diverse comunità. Piano piano poi, cominciano ad emergere quali sono le priorità che accompagneranno la presa in carico della responsabilità pastorale della parrocchia. Anche su indicazione del nostro vescovo Antoine Ntalou, una delle urgenze del nostro intervento sarà quello di consolidare le realtà esistenti e dare una solida formazione a tutti i responsabili laici della nostra parrocchia perché sempre più possano essere loro protagonisti della vita della nostra comunità. Vi saluto e auguro a tutti di continuare a custodire la speranza che la pasqua ci ha donato anche in questi tempi così complessi. Yaa bee jam seyo Yesu Don Gigi SPIRITO SANTO NEI COMPAGNI DI VIAGGIO Il commento al vangelo di Giovanni 14,2329 è di padre Paolo Latorre, missionario comboniano in Kenia; ha lavorato nella Baraccopoli di Korogocho dal 2004 al 2011, dopo un breve periodo di studi e spiritualità è ritornato in Kenya (Nairobi) per lavorare nell'ambito amministrativo della provincia. Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,26). La bellezza di queste parole sta tutta nel coinvolgimento che Gesù fa di noi, dell’umanità nel suo cammino di Vita. Il brano del Vangelo di questa domenica è un forte invito a non restare spettatori di ciò che accade attorno a noi, di non stare alla finestra a guardare, a giudicare, a dare opinioni che quasi sempre hanno il sapore del gossip che peggiora le cose, che blocca la Vita. Con le Parole di questo brano di Vangelo il Signore Gesù ci vuole protagonisti, ci invita a metterci in cammino con Lui per portare la pace lì dove la Pace manca o è adombrata da tanti elementi che confondono e ci portano dove non vogliamo. Se state pensando di cercare un corso, una formula di come diventare protagonisti, potete pure lasciar stare, tanto non lo trovate. Solo la Vita e la Quotidianità della nostra vita vissuta in pienezza può farci protagonisti. Questo Spirito Santo, che ci ricorda il nostro essere figli nel Figlio e protagonisti della storia di Salvezza, lo riconosco in molti compagni di viaggio in questa terra Kenyana dove sono dal 2004. Pauline era una donna la cui vita era appesa ad un filo, o meglio attaccata alla bottiglia, beveva per dimenticare e forse anche per tentare di non pensare ai suoi problemi, ma poi dopo i problemi si presentavano più grandi e difficili. Tre anni fa l’abbiamo Briciole di Missione - 8 - accolta nel nostro centro di riabilitazione “Napenda Kuishi” (in Swahili vuol dire “Amo Vivere”); lì ha fatto un duro cammino, come tanti che passano, ha dovuto rivedere e rivedersi tanti aspetti della sua vita, ora che scrivo Pauline è impegnata nel centro di riabilitazione come guida di altre donne e uomini che passano per staccarsi dalla bottiglia e attaccarsi alla Vita. Non solo, la notte di Pasqua Pauline è stata battezzata, ha chiesto di fare il catecumenato ed ora è una Cristiana. Son certo che quel che è successo in Pauline è stato questo lavoro dello Spirito che le ha ricordato della sua dignità di donna, di madre. In Pauline vedo i segni della Resurrezione che non è affatto un miracolo, un colpo di fortuna. La Resurrezione è la mano tesa di Gesù a tirarci fuori dalle nostre tombe, e per uscire dalla tomba non basta la mano di Gesù, ci vuole il nostro voler uscire, acconsentire di essere tirati, partecipare all’uscita, alla rinascita. Questo partecipare, questo essere protagonisti è molto importante per uscire dalla crisi che sta colpendo tanti Paesi e società; invece quel che vedo e noto è che si è disposti a delegare, a criticare quella politica non buona che noi stessi appoggiamo con tanti nostri atteggiamenti e scelte. Le parole di questo Vangelo mi risuonano nel cuore come un grido di amore e passione per la Vita che rivendica e grida per gli scandali che la Vita subisce. Mentre Gesù ci vuole Liberi e protagonisti nella storia, la politica e la sua ancella di cui la politica è diventata schiava: L’economia e la finanza ci vogliono costringere in piani che non portano alla Vita. Gesù in questo Vangelo ci assicura che a chiunque ama e fa suo l’amore per la Vita che Dio ha messo nel nostro cuore la SUA presenza è assicurata, non mancherà all’appuntamento di dimorare con noi (Gv 14,23). Non ho un modo con cui concludere questa breve riflessione, ma pensandoci neanche la cerco perché sento che di conclusioni ne tiro già molte, quello che mi serve è l’apertura a questo Dono incommensurabile dell’amore di Dio, al suo paziente e forte desiderio di voler dimorare con me. Barikiwe - p. Paolo Latorre POVERTÀ NON È FATALITÀ Inedia e pandemie, guerre e carestie, sono una costante in molti Paesi dell’Africa Subsahariana, soprattutto in quelli della fascia Saheliana e del Corno d’Africa. E proprio di ieri la notizia dell’ennesimo attentato terroristico a Mogadiscio, in Somalia, perpetrato dalle solite formazioni estremiste islamiche, foraggiate dai salafiti sauditi. Undici le vittime finora accertate, in un contesto dove la stragrande maggioranza della popolazione vive, o meglio, sopravvive in condizioni subumane. Ecco perché si impone un serio discernimento, trattandosi di una questione irrisolta che interpella la coscienza di ogni uomo e donna di buona volontà. Ma andiamo per ordine. Lungi da ogni retorica, le ragioni di questo permanente degrado della condizione umana, per dirla con le parole di Christian Coméliau, sono legate alla povertà che “non può essere intesa come una fatalità del destino, né uno stato, né tanto meno una categoria sociale, ma un processo di esclusione determinato dalle Briciole di Missione - 9 - ineguaglianze strutturali”. In effetti, stiamo parlando di Paesi dove il jihadismo spinto, ovvero la strumentalizzazione ideologica della religione per fini eversivi, come anche l’emarginazione di vastissimi settori delle popolazioni autoctone dalla gestione della res publica, sostenuta da un’accesa conflittualità, rendono questo scenario a dir poco incandescente. Una fenomenologia con le caratteristiche tipiche del circolo vizioso, in cui i diversi fattori interagiscono tra loro, penalizzando ogni anno milioni di innocenti. Ciò che, comunque, sconcerta è l’omertà della comunità internazionale rispetto alle vicende di questi Paesi, Somalia in primis. E sì, perché se da una parte è evidente che l’Africa rappresenti la linea di faglia tra opposti interessi geostrategici, legati – almeno in parte – al controllo delle immense fonti energetiche presenti nel sottosuolo (che vanno dal petrolio al gas naturale fino all’uranio), vi sono anche altre negligenze che coinvolgono le classi dirigenti locali (troppo spesso assetate di denaro) e di certi grandi benefattori o presunti tali. Ad esempio, da troppi anni a Mogadiscio e dintorni, come anche nel resto del Corno d’Africa, il consesso delle nazioni anziché promuovere una cooperazione allo sviluppo che tenesse conto degli effettivi bisogni del territorio, ha risposto spesso e volentieri alle cicliche calamità climatiche, poco importa che si trattasse di siccità o inondazioni, e alle crisi armate promuovendo interventi d’emergenza con modalità che hanno finito per acuire a dismisura la dipendenza delle popolazioni africane dagli aiuti stranieri. E cosa dire delle speculazioni finanziarie legate alla compravendita di fondi di investimento? Si tratta di “futures” sui prodotti agricoli che non vengono più solo acquistati da chi ha un interesse diretto in quel determinato mercato seguendo le tradizionali leggi della domanda e dell’offerta, ma anche di soggetti finanziari come i fondi pensione, che investono grandi somme di denaro con l’obiettivo esclusivo di ottenere il miglior rendimento. Col risultato che si determinano impennate dei costi alimentari, soprattutto dei cereali in contesti dove la solidarietà dovrebbe prendere il sopravvento sulle spietate regole del business. Parliamo di Paesi in cui la gente destina più dell’80% del proprio reddito al fabbisogno alimentare e che, nell’attuale congiuntura, non sono assolutamente in grado di far fronte all’aumento indiscriminato dei prezzi del cibo. Ecco perché sarebbe auspicabile che la diplomazia internazionale iniziasse ad affrontare l’agenda politica di queste nazioni, partendo dalla prossima conferenza internazionale sulla Somalia, che si terrà a Londra. Un evento, questo, a cui prenderà parte la neoministra Emma Bonino, alla sua prima uscita internazionale. Ciò che conta è guardare ai problemi in una prospettiva olistica e non segmentata nei tradizionali settori d’intervento, quasi fossero realtà a sé stanti (emergenze umanitarie, peacebuilding, aiuti allo sviluppo) e che tenga conto delle varie componenti che hanno fatto di quel Paese un autentico calvario. Ma ciò sarà possibile solo e unicamente quando si avrà l’onesta intellettuale di affermare nella politica internazionale, un multilateralismo dalla parte dell’uomo e non ostaggio dei soliti interessi mercantili, quelli asserviti al dio denaro. Briciole di Missione - 10 - (Di Giulio Albanese) Fotografie di Padre Rocky dal Ciad Briciole di Missione - 11 - Briciole di Film: UN GIORNO DEVI ANDARE Un matrimonio finito, un figlio non nato, un padre che non c’è più, una madre racchiusa nel silenzio. Jasmine raggiunge suor Franca, nell’immensità dell’Amazzonia. Là dove tutto è davvero grande, sconfinato, violento, bellissimo, terribile. Vagano di villaggio in villaggio, le due donne. Sul battello Itinerante. Ma gli occhi di Jasmine sono perduti. Non riesce a sorridere nemmeno ai bambini. Briciole di Missione - 12 - Suor Franca sa cosa è giusto: ha ascoltato la voce di Dio ed è partita. Ma non si è posta domande, Franca. Non si è chiesta se davvero la gente del fiume cercasse il suo stesso Dio o se preferisse mangiarsi i polli invece che le loro uova. Le due donne sono cacciate da un villaggio che si è convertito a una setta cristiana. Franca non si arrende, è sicura che Dio sia al suo fianco. È una “professionista dello spirito”. La chiesa nella foresta è stata costruita con i soldi di chi vuole metter su un albergo di lusso nella giungla e i missionari non si interrogano. Dicono solo: «Prima di evangelizzarli, avremmo dovuto dare loro un cervello». No, Jasmine non può più viaggiare con Franca. Non ha le sue certezze. Non le cerca. Non vuole carità. Non ha una missione da svolgere. Scende dalla barca. Ne prende un’altra, viaggia fino a Manaus. Si addentra fra i vicoli di palafitta della favela. Cerca, Jasmine. C’è la ricerca della ragazza; la solitudine della madre fra le nevi del Trentino; un colloquio tra le due, via Skype, straziante. L’illusione della vicinanza quando i corpi sono lontani. E le parole non bastano. E le anime non si avvicinano. È lacerante il contrasto fra le nevi di San Romedio e il sole umido di Manaus. Diritti non ce la racconta tutta. Questa storia è “sua”. Non si va fino in Amazzonia per raccontare questa storia. Non si sceglie Jasmine come attrice dei silenzi se non c’è qualcosa dentro che non ci vuoi dire, ma che s’intuisce. C’è emozione, la tua emozione, in questo film. Nella favelas la cinepresa corre, si avvicina, sembra viva. Si sente il cuore battere. Nel saliscendi terribile della vita. Ci sono i bambini, il giovane che sogna di ballare in Italia, le donne, il gioco, c’è una condivisione che a Jasmine, senza illusioni, appare vera. Gli occhi di Jasmine ritrovano una luce, la sua bocca afferra nuovamente il sorriso. Lotta, la ragazza. Il senso della vita appare a portata di mano. Non tornerà in Italia. Almeno per ora, voglio credere. Ma la vita non ha mai un “buon finale”. Questo film assomiglia alla vita, non ha consolazioni da offrire. Esistono mille finali. Ogni giorno c’è un finale diverso. Jasmine è sola. Straniera. Troppo alte le sue ambizioni? Troppo forti le sue speranze? L’ultimo quarto d’ora del film è solo silenzio e rumore della natura. Una canoa, la tempesta, una spiaggia bianchissima. Jasmine alza una tenda precaria, offre il suo corpo alla violenza del sole e della pioggia. Cerca, in questa totale solitudine. Un pescatore le porta del pesce e delle banane. Un giorno, un bambino appare sulla spiaggia. Si guardano. Con qualche diffidenza si avvicinano. Poi giocano, corrono, volano assieme. Jasmine sorride. Ed è capace di salutare il bambino quando la famiglia di pescatori arriva a cercarlo. La canoa se ne va. Lei rimane sulla spiaggia. Rannicchia le ginocchia contro il petto. La cinepresa si allontana. Jasmine è lì. Cosa accade dopo i titoli di coda? Li lascio scorrere tutti. Cerco un appiglio. Non c’è alcun gancio da afferrare prima che la luce si riaccenda Non c’è che andare. Anche Jasmine si alzerà e muoverà i remi della sua canoa. Non ci sono scorciatoie. Andrea Semplici Briciole di Missione - 13 - L'Anniversario: Annalena Tonelli «UN SILENZIO CHE GRIDA» IN QUESTO 2013 RICORRONO I DIECI ANNI DALLA MORTE DI ANNALENA TONELLI, LAICA MISSIONARIA ITALIANA CHE HA SPESO LA VITA SENZA RISERVE TRA LA GENTE DELLA SOMALIA Aveva trovato nell'amore per Dio e per gli ultimi il senso di una vita degna di essere vissuta. Una vita di servizio e di sacrificio. Anche quello estremo. Annalena Tonelli è vissuta ed è morta dando una testimonianza cristiana "alta", in una terra difficile come la Somalia, segnata dalla guerra e dall'intolleranza. Ma proprio qui, in mezzo a mille difficoltà e sofferenze, aveva trovato il significato autentico della sua vocazione, nonché la possibilità di un dialogo e di un incontro. È vissuta nel nascondimento, Annalena. Poco si sapeva di lei e della sua straordinaria attività a favore dei malati di tubercolosi, degli handicappati e degli orfani, dei malati mentali o delle donne mutilate... Pochissimo della sua profonda spiritualità, di quella fede rocciosa e radicale, che ha ispirato la sua esistenza e la sua opera. Ancora oggi, a dieci anni dall'uccisione, è il suo silenzio che continua a parlare, il suo «gridare il Vangelo con la vita. Una vita radicalmente consacrata a Dio e ai più poveri tra i poveri. Dunque, come lei stessa amava ripetere, «la migliore delle vite possibili». Prossimo banchetto EQUO COMMERCIO 9 Giugno 2013 piazzale della Chiesa dalle ore 7.30 alle 12.30 Briciole di Missione - 14 - Decanato Missionario - Lissone P. Giulio Mariani ci racconta la sua missione nelle FILIPPINE lunedì 20 maggio 2013 Ore 21,00 c/o parrocchia di VEDANO AL LAMBRO casa S.Giuseppe via S.Stefano/pza. Madre teresa Briciole di Missione - 15 - Preghiera del mese: L'educazione alla povertà è un mestiere difficile: per chi lo insegna e per chi lo impara. Forse per questo il Maestro ha voluto riservare ai poveri la prima beatitudine. Non è vero che si nasce poveri. Si può nascere poeti, ma non poveri. Poveri si diventa. Come si diventa avvocati, tecnici, preti. Dopo una trafila di studi, cioè. Dopo lunghe fatiche ed estenuanti esercizi. Questa della povertà, insomma, è una carriera. E per giunta tra le più complesse. Suppone un noviziato severo. Richiede un tirocinio difficile. Tanto difficile, che il Signore Gesù si è voluto riservare direttamente l'insegnamento di questa disciplina. Nella seconda lettera che San Paolo scrisse ai cittadini di Corinto, al capitolo ottavo, c è un passaggio fortissimo: "Il Signore nostro Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi". E' un testo splendido. Ha la cadenza di un diploma di laurea, conseguito a pieni voti, incorniciato con cura, e gelosamente custodito dal titolare, che se l'è portato con sé in tutte le trasferte come il documento più significativo della sua identità: "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli il nido; ma il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Se l'è portato perfino nella trasferta suprema della croce, come la più inequivocabile tessera di riconoscimento della sua persona, se è vera quella intuizione di Dante che, parlando della povertà del Maestro, afferma: "Ella con Cristo salì sulla croce". Non c'è che dire: il Signore Gesù ha fatto una brillante carriera. E ce l'ha voluta insegnare. Perché la povertà si insegna e si apprende. Alla povertà ci si educa e ci si allena. (Don Tonino Bello, Educare alla povertà) Briciole di Missione - 16 -