introduzione - Psicoanalisi di Frontiera

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introduzione - Psicoanalisi di Frontiera
SEMINARIO
LA LUCE, I COLORI E IL LUOGO DELL’OMBRA
L’apparato psichico e i disegni dei bambini e degli adulti
nell’atelier e nella clinica
INTRODUZIONE
Perché l’ombra?
Oggetto del seminario è mostrare come la lavorazione della luce da parte dell’apparato psichico, (la scomposizione della luce, della luce solare nei colori dell’iride) contribuisce alla costruzione di un luogo riparato,
recintato nel quale e attraverso il quale l’individuo possa nascere come soggetto. (a partire dalla Tustin
differenza tra nascita biologica e nascita psicologica).
Che cosa si debba intendere per nascita del soggetto e come questa avvenga lo scopriremo nel corso del
seminario.
E lo faremo anche oggi, come tante altre volte, a partire dai disegni dei bambini per scoprire, per riscoprire,
in quanto la scoperta viene da lontano, che è l’ombra, il riparo, la recinzione a creare le condizioni necessarie
per la nascita del soggetto.
Punto di partenza per la nostra riflessione sono le conseguenze di quando tale funzione non viene svolta
dall’apparato psichico (la scissione della luce nei colori dell’iride), la posizione di chi guarda il sole senza
chiudere le palpebre, come si dice faccia l’aquila.
Posizione che troviamo anche nel disegno n.1, e che costituirà il disegno di inizio della relazione di Luca
Gaudino.
Per iniziare a comprendere ciò che comporta per il soggetto il collocarsi nella posizione di voler guardare
la luce del sole senza riparo faremo, alcuni brevi riferimenti a un caso clinico di Freud, il caso clinico del
presidente Schreber.
Nel 1903 il presidente di corte di appello Daniel Paul Schreber, che aveva subìto vari ricoveri per una forma
di paranoia, dopo l’ultima dimissione pubblicò a proprie spese il racconto della sua malattia: Le memorie di
un malato di nervi.
Il delirio
Una particolareggiata esposizione del delirio nella sua configurazione definitiva ci è dato desumere dalla perizia
rilasciata dal dottor Weber nel 1899:
“Il sistema delirante del paziente culmina in questo, che egli è chiamato a redimere il mondo e a riportare all’umanità
la perduta beatitudine. Afferma di essere giunto a tale compito per diretta ispirazione divina, così come insegnano i
profeti; infatti proprio i nervi più eccitati, quali per tanto tempo sono stati i suoi avrebbero la proprietà di esercitare
un’attrazione su Dio, ma sarebbe una questione che non permette (o comunque solo con estrema difficoltà) di essere
espressa nel linguaggio umano perché è al di là di ogni esperienza umana e rivelata appunto unicamente a lui.
L’aspetto più essenziale della sua missione di redenzione e che per prima cosa deve essere deve aver luogo la sua trasformazione in donna. Non è che egli voglia diventar femmina si tratterebbe anzi di un ‘dovere’ che ha le sue radici
nell’ordine del mondo e a cui non può assolutamente sfuggire, anche se personalmente avrebbe preferito permanere
nel suo degno status maschile, ormai però l’al di là non può essere conquistato per lui né per il resto dell’umanità se
non a prezzo della sua trasformazione in donna, destinata a compiersi in lui per miracolo divino forse solo tra molti
anni o decenni. …” (p. 346)
Il rapporto di Schreber con il sole.
Il nostro interesse per il caso clinico di Freud si limita solo a un aspetto: il rapporto di Schreber con il sole,
con la luce del sole.
Schreber ha con il sole – dice Freud (p. 380) - un rapporto del tutto particolare.
Il sole gli parla con parole umane e si fa riconoscere come essere animato o come organo di un essere superiore che si
troverebbe dietro di lui. Da una perizia medica apprendiamo che Schreber “inveisce a voce altissima contro il sole,
spesso addirittura ruggendo, che gli grida di nascondersi di fronte a lui. Egli stesso ci comunica che il sole al suo
cospetto impallidisce.
A questo punto del testo Freud, in una nota, introduce le parole stesse di Schreber:
Del resto anche oggi il sole mi mostra un’immagine in parte diversa da quella che io avevo nei tempi precedenti la
mia malattia.
I suoi raggi impallidiscono davanti a me, quando parlo a voce alta nella sua direzione. Io posso tranquillamente
guardare dentro al sole, rimanendovi solo molto relativamente abbagliato, mentre in stato di sanità per me, come
del resto per gli altri uomini, guardare dentro il sole per minuti interi non sarebbe stato affatto possibile. ( Nota a
pag. 380)
Ripresa del testo di Freud:
La partecipazione del sole al destino di Schreber si manifesta nel fatto che importanti cambiamenti avvengono
nell’apparenza esteriore dell’astro non appena in Schreber si verificano dei mutamenti, per esempio durante le prime
settimane del suo soggiorno a Sonnenstein. L’interpretazione di questo mito del sole ci è resa accessibile dallo stesso
Schreber. Egli identifica il sole direttamente con Dio, ora col dio inferiore (Ariman), ora con quello superiore: “Il
giorno seguente… vidi il dio superiore (Ormuzd), questa volta però non con il mio occhio spirituale, bensì con quello
fisico. Era il sole, ma non il sole nel suo aspetto abituale, noto a tutti gli uomini, bensì…” ecc. (155-156). E quindi
più che logico che Schreber tratti il sole come se fosse Dio in persona.
I rapporti particolari che Schreber ha con il sole inducono Freud a considerare il sole come un “simbolo paterno” sublimato, e a collegarlo ai miti che hanno per oggetto il rapporto con il sole:
A questo privilegio delirante di poter fissare il sole senza rimanere abbagliato si collega l’interesse mitologico
Leggiamo che gli studiosi di storia naturale dell’antichità attribuivano tale potere alla sola aquila, la quale, dimorando
nelle più eccelse regioni dell’aria, entrava in intimo rapporto col cielo, col sole e col fulmine. Inoltre le stesse fonti ci
informano che l’aquila sottopone i suoi piccoli a questa prova prima di riconoscerli come propri rampolli legittimi. Se
questi non riescono a guardare il sole senza battere le palpebre, vengono gettati fuori dal nido.
Quello che l’aquila impone ai suoi aquilotti è una ordalia, una prova della discendenza, come quelle che secondo la
tradizione erano in vigore presso i popoli più diversi dell’antichità.
…
Quando l’aquila lascia che i suoi aquilotti guardino nel sole ed esige che essi non siano abbagliati dalla sua luce, si
comporta come un discendente del sole che sottoponesse i propri figli alla prova ancestrale.
E quando Schreber si vanta di fissare impunemente il sole senza rimanere abbagliato egli ha riscoperto un’espressione
mitologica per significare il suo rapporto filiale nei confronti del sole e ha dato alla nostra concezione del suo sole come
simbolo del padre un’ulteriore conferma.…
… Allora il rapporto di questo suo privilegio delirante (quello di poter fissare impunemente il sole) con il fondamento
stesso della malattia diventa abbastanza chiaro. ( p. 405)
Fissare la luce del sole senza chiudere le palpebre vuol dire stabilire un rapporto di filiazione diretta dal
sole/padre, dal padre.
Appunto di teoria
Il rapporto con la luce del sole, la questione della filiazione diretta dal sole/padre non riguarda solo il fondamento della malattia di Schreber, non riguarda solo la struttura della psicosi ma riguarda tutti noi, in
quanto alla base del divenir soggetto sta per ciascuno di noi un fondamento psicotico, ed è dalla lavorazione di questo fondamento che nasce il soggetto, lavorazione che consiste nella costruzione della barriera
anti-incesto, di un luogo recintato.
Componente essenziale di tale lavorazione è data dalla scomposizione, rifrazione della luce del sole/padre
nei colori dell’iride. È su questo che si basa il nostro interesse per la lavorazione della luce operata dal bambino nei primi quattro anni, lavorazione che può passare nel disegno.