Prof. Vito Ferro, Università di Palermo

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Prof. Vito Ferro, Università di Palermo
Prof.Ing. Vito Ferro
Ordinario di “Sistemazioni Idraulico-Forestali”
Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali
Università di Palermo
[email protected]
Alla Segreteria Tecnica di #italiasicura
[email protected]
Di seguito le mie osservazioni sul documento aperto “Linee guida per le attività di
programmazione e progettazione degli interventi per il contrasto del rischio idrogeologico”.
1) La prima questione riguarda l’oggetto stesso delle “Linee Guida” che sono state redatte
quasi ignorando, con l’unica eccezione della citazione a pag.10 nella scheda 5, il problema della
manutenzione delle opere esistenti. Vero è che il citato DPR 207/2010 <<prevede che, in fase
di progettazione, siano definiti i protocolli della manutenzione ordinaria e straordinaria>> ma
questa pratica non può essere attuata solo per le opere di nuova progettazione dato che il
nostro Paese è già dotato di un “parco opere” che ha certamente bisogno di interventi, in
alcuni casi urgenti dato che la loro funzionalità è in atto limitata (ad esempio nel caso delle
dighe il cui invaso è autorizzato fino ad una quota diversa da quella di massima ritenuta) anche
ai fini della protezione dal rischio di dissesto idrogeologico.
Suggerisco, pertanto, la necessità di inserire una Scheda 5bis dal titolo “Analisi sistemica –
Manutenzione delle opere esistenti” e di cambiare il titolo delle linee guida proposte in
“Linee guida per le attività di programmazione, progettazione e manutenzione degli
interventi per il contrasto del rischio idrogeologico”. Questo nuovo titolo evidenzierebbe
una precisa scelta politica: quella di effettuare la manutenzione delle opere esistenti e
funzionali per la difesa dal dissesto idrogeologico prima ancora di realizzare nuove opere. Anzi,
in alcuni casi, la manutenzione potrebbe essere una opzione di progetto: occorrerebbe
verificare se interventi su opere esistenti, piuttosto che realizzazioni di nuove opere, siano in
grado di produrre gli stessi effetti difensivi.
Questo concetto era ben chiaro a Zoli che, già nel 1955, scriveva: <<Come una strada, una
casa devono essere oggetto di manutenzione così la terra su cui viviamo deve essere
ugualmente oggetto di manutenzione. La forma, l’entità, il ritmo di questo intervento sarà
diverso da caso a caso, ma, se manca, la strada, la casa, la terra vanno in rovina. E per la
terra, andare in rovina significa frane, e asportazione e depauperamento dello strato terroso
utile – il che si verificherà in concomitanza con la pendenza del suolo, cioè in montagna e in
collina – ma significa anche inghiamenti e impaludamenti che sono invece propri dei luoghi di
pianura………… Questa opera di manutenzione è, nell’ambito montano e collinare, specifico
oggetto delle sistemazioni idraulico-forestali>>.
Manca, per le opere esistenti, un chiaro riferimento al ripristino della loro funzionalità di
progetto, circostanza che nel caso delle dighe, specie quelle i cui invasi sono anche destinati
alla laminazione delle piene, pone problemi di gestione di sedimenti.
2) Il principio della conservazione del suolo è declinato solo con riferimento ad eventi
calamitosi (come può essere una piena, una frana, una colata detritica) senza fare alcun
riferimento alla naturale evoluzione della morfologia del territorio imputabile ai fenomeni di
erosione idrica che interessano i versanti di un bacino idrografico e che provocano un problema
di “gestione dei sedimenti”. Basti pensare, per comprendere la portata del problema, ai
sedimenti accumulati all’interno di una diga e provenienti dai fenomeni erosivi del bacino di
alimentazione.
Gli sbarramenti fluviali, oltre a consentire un accumulo dei deflussi liquidi per differenti finalità,
determinano, infatti, un arresto del trasporto solido del corso d’acqua e producono, pertanto,
un accumulo dei sedimenti all’interno dell’invaso.
Una gestione sostenibile dell’invaso presuppone il ricorso alla rimozione dei sedimenti
accumulatisi sul fondo o l’adozione di misure di prevenzione dell’interrimento. La vigente
normativa (art.114, D.Lgs. 152/06, Parte III, Sezione II, Titolo III, Capo IV) prevede che, al
fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità
dell’acqua invasata sia del corpo ricettore, le eventuali <<operazioni di svaso, sghiaiamento e
sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione>> dell’invaso.
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Come previsto dal comma 2 dell’art.114 del citato Decreto Legislativo <<Il progetto di
gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le
attività di manutenzione da eseguire sull’impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del
corpo ricettore, dell’ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate
e rilasciate a valle dell’invaso durante le operazioni stesse.>>
In questo contesto normativo, e tenuto conto delle attuali modalità di gestione delle acque
invasate, si pone il problema di effettuare una caratterizzazione qualitativa e quantitativa dei
sedimenti presenti nell’invaso e nel canale di scarico a valle delle vasche di dissipazione del
serbatoio.
In particolare, in ottemperanza all’art.3, comma 2, punto b) e al comma 3, punti c) e d) del
citato Decreto Legislativo, il progetto di gestione dei sedimenti ha l’obiettivo di effettuare una
caratterizzazione qualitativa dei sedimenti sia fisica, con il ricorso alla loro classificazione
granulometrica, sia chimica, per ottenere informazioni ed indicazioni sulla provenienza del
materiale solido sedimentato nel serbatoio e sulle attività antropiche che gravitano sul bacino
idrografico di alimentazione.
Ulteriori indicazioni potranno emergere in relazione alla modalità di dislocazione ovvero di
smaltimento del materiale rimosso, da individuare in relazione alle caratteristiche dell’ambiente
destinato a ricevere i materiali asportati o ad una eventuale riutilizzazione in relazione alle sue
caratteristiche di qualità.
3) A pag.8 (Scheda 4) i fenomeni alluvionali vengono trattati dal punto di vista
dell’<<invarianza idrologica>> (necessità di non mutare il regime delle portate liquide) e della
necessità di non variare i <<conseguenti livelli massimi di transito delle stesse (invarianza
idraulica)>>. La Scheda 4 dovrebbe riportare un esplicito riferimento allo studio dei processi
erosivi a scala di versante e al trasporto solido fluviale al fine sia di individuare le tendenze
evolutive degli alvei fluviali sia di stabilire e valutare l’alimentazione solida in corrispondenza
della linea di costa.
4) A pag.12 (Scheda 6) si parla di <<valutazioni idrologiche e idrauliche>> e non esistono
indicazioni su eventuali valutazioni da effettuare per la componente solida delle correnti fluviali
in regime sia ordinario che di piena. Si propone l’inserimento della Scheda 6bis. Specifiche
valutazioni di carattere sedimentologico a scala di versante e di rete idrografica.
5) A pag.16 (Scheda 8) si parla della <<valutazione degli effetti che l’intervento può avere sui
processi geomorfologici dei corsi d’acqua di interesse e della linea di costa>>. Questa
valutazione non può essere effettuata senza scegliere il modello di erosione a scala di versante
ed il modello di trasporto solido fluviale. La metodologia indirizza verso analisi qualitative che
mal si accoppiano con le analisi quantitative che vengono proposte per la parte idrologica e
idraulica. Nelle indicazioni si richiama esplicitamente la necessità di una <<valutazione degli
effetti che l’intervento può avere sui processi di erosione e sedimentazione del versante>>. La
Scheda 8 richiede un chiaro riferimento alla Scheda 6bis proposta.
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6bis. Specifiche valutazioni di carattere sedimentologico a scala di versante e di rete
idrografica
Indice di rilevanza rispetto ai fenomeni
Tipologia dei fenomeni
Alluvione
Geomorfologici di versante
Marittimi e costieri
RILEVANZA
Elevata
Elevata
Elevata
Inquadramento generale
Criterio guida
Le valutazioni sedimentologiche avranno come obiettivo la determinazione della produzione di sedimenti
del bacino idrografico di interesse tenendo conto delle specificità climatiche, delle caratteristiche di
erodibilità dei suoli presenti sul bacino, della morfologia dei versanti, delle utilizzazioni agricole e forestali
esistenti nonché dell’eventuale adozione di pratiche di conservazione del suolo.
Nel caso di bacino idrografici sottesi a sezioni di imposta di dighe l’analisi dovrà valutare, a prefissati
orizzonti temporali, la sufficienza del volume morto per le opere esistenti o la riduzione del volumi di
invaso per le opere in progettazione.
Dati da utilizzare
La scelta delle informazioni sarà commisurata alla scala temporale prescelta che dovrà essere almeno
quella annuale e dell’anno medio di un periodo pluriennale. La caratterizzazione climatica a fini erosivi
dovrà fondarsi sull’informazione pluviografica e pluviometrica disponibile e sui risultati delle indagini
regionali già effettuate. La determinazione dell’erodibilità dei suoli dovrà essere effettuata sulla base di
determinazioni (granulometria, sostanza organica, struttura, permeabilità) effettuate su campioni di
suolo, prelevati secondo una rete di rilevamento che copra l’intera superficie del bacino, e ne dovrà
essere valutata la variabilità spaziale. La caratterizzazione morfologica dei versanti dovrà essere
effettuata con un modello digitale del terreno (DTM) idoneo per mesh size e scala al fenomeno in istudio.
Il riconoscimento degli usi agricoli e forestali e delle aree interessate da pratiche antierosive avverrà sulla
base della cartografia tematica eventualmente disponibile o sulla classificazione di rilievi remoti controllati
con appositi punti di controllo a terra. La ricostruzione della morfologia fluviale, delle sezioni trasversali e
dei profili longitudinali avverrà sulla base di un DTM idoneo alla precisione necessaria per le valutazioni
quantitative da effettuare. La portata solida in alveo dovrà tenere conto, qualora disponibili, di serie
storiche di misura del trasporto solido in sospensione e dei principali studi di letteratura effettuati.
Nel caso di gestione di sedimenti a tergo di manufatti esistenti dovrà essere effettuata la
caratterizzazione fisica e chimica prevista dalla vigente normativa.
Analisi sistemica
Il quadro conoscitivo produrrà stime di produzione di sedimenti e di portata solida in alveo finalizzate a
stabilire gli effetti riconducibili alla presenza delle opere da realizzare o alla caratterizzazione quantitativa
e qualitativa dei sedimenti accumulati oggetto di gestione. Il quadro conoscitivo dovrà individuare,
mediante l’applicazione di un modello distribuito, quali sono le aree all’interno del bacino in istudio
maggiormente responsabili della produzione di sedimenti (aree sorgenti). La progettazione degli
interventi di difesa dei versanti e di mitigazione dei rischi dovrà prioritariamente riguardare le aree
sorgenti.
La progettazione dell’opera dovrà mettere in evidenza quali cambiamenti sono attesi al seguito del suo
funzionamento nell’unità morfologica di inserimento (versante, rete) e quali interventi sono previsti nel
tempo per mantenerne la funzionalità di progetto con riferimento all’eventuale accumulo di sedimenti o
all’innesco di processi erosivi.
Analisi dei processi morfologici costieri
Per le opere che interferiscono con il regime del trasporto solido fluviale (briglie, casse di espansione,
serbatoi di laminazione) dovrà essere valutata la portata solida fociale, la sua eventuale riduzione per
effetto delle opere in progetto, e le interferenze con il sistema di trasporto solido litoraneo.
Indicazioni
Il progetto dovrà garantire, dal punto di vista dell’alimentazione solida, il non aggravio delle
condizioni esistenti e dovrà stabilire gli effetti del trasporto solido sulle opere e gli effetti delle
opere sulla morfologia fluviale e costiera.
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