COS`È Con fitodisidratazione si intende un processo
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COS`È Con fitodisidratazione si intende un processo
Remida / le tecnologie impiegate LA FITODISIDRATAZIONE COS’È Con fitodisidratazione si intende un processo di progressiva disidratazione di substrati ad opera dei processi traspirativi delle piante. La fitodisidratazione può ulteriormente agire sugli eventuali contaminati presenti, riducendo la pericolosità ambientale delle matrici trattate. La tecnologia si basa sulla capacità delle piante di estrarre acqua dal substrato di crescita, anche a valori di potenziale idrico molto negativi (2-3 MPa), grazie al gradiente di potenziale che si viene a determinare nel continuum suolo-pianta-atmosfera. Il processo è regolato dalle piante, in risposta alle condizioni ambientali esterne e alla dinamica fenologica. DOVE SI APPLICA Si applica in tutti quei casi in cui l’alto contenuto di acqua di un materiale e le volumetrie in gioco rendono economicamente impraticabile e inefficiente la movimentazione dello stesso tal quale ed il pre-trattamento in situ effettuato con sistemi tecnologici quali centrifughe o nastropresse (es. bacini di sedimentazione, vasche di asciugatura dei fanghi di depurazione, depositi di sedimenti risultanti da operazioni di dragaggio). Le matrici una volta disidratate, possono essere trasformate in nuovi substrati e/o ammendanti agricoli, ovvero smaltiti in discarica, in accordo ai livelli di contaminazione presente al termine del processo di fitodisidratazione. Il processo risulta anche idoneo a “bonificare in senso idraulico” aree costituite da materiali fangosi (naturali o antropici) e modificarne le caratteristiche al fine di attivare processi di rinaturalizzazione. L’APPLICAZIONE IN UMBRIA Il sito di intervento è un bacino artificiale (2.2 ettari di superficie per 4 metri di profondità) posto originariamente a servizio di un impianto per la produzione di biogas da reflui zootecnici, di proprietà del Comune di Marsciano (PG). La linea di produzione (non più attiva) utilizzava il bacino per lo stoccaggio della frazione liquida del biodigestato (a seguito di un trattamento di separazione della frazione solida) da destinare alla fertirrigazione. Nel corso del tempo tuttavia, la non completa separazione delle due frazioni ha causato un progressivo accumulo nel bacino dei sedimenti fini, che rimasti in sospensione attualmente occupano la quasi totalità del volume disponibile. Per effetto dell’apporto idrico dovuto alle precipitazioni i sedimenti si trovano per gran parte dell’anno in uno stato di sovra saturazione, con uno strato di acqua libera superficiale mediamente di 20-30 cm (Fig. 1); in caso di forti precipitazioni sussiste quindi il rischio di tracimazione con dispersione dei fanghi nel rivo adiacente, affluente del torrente Nestore (che dopo pochi chilometri riversa le acque nel fiume Tevere). Obiettivi dell’intervento Obiettivo principale dell’intervento è quello di ridurre il rischio di contaminazione delle aree circostanti attraverso la riduzione del volume dei fanghi e una trasformazione degli stessi compatibile con le successive destinazioni dell’area.. L’approccio scelto è quello di una progressiva disidratazione del sedimento contenuto nel bacino, che sarà ottenuta per mezzo dell’azione traspirante di specie vegetali (erbacee perenni e arboree) poste a dimora sulla sua superficie (fito-disidratazione). Figura 1. a) il sito di Olmeto visto dall’alto; le linee gialle individuano il bacino (a sinistra, attualmente quasi interamente coperto da teli impermeabili) e l’impianto per la produzione di biogas (a destra). b) vista del bacino, con un’area priva di copertura in primo piano L’ipotesi progettuale per la fito-disidratazione del sedimento e la sua verifica Allo scopo di mettere a punto e validare l’ipotesi di intervento, è attualmente in corso una prima fase sperimentale in cui le modalità previste dal progetto sono testate a scala ridotta in contenitori riempiti con il fango della laguna e con un livello di acqua libera superficiale di circa 30 cm. La capacità di differenti specie vegetali di attecchire e accrescersi nei fanghi e la loro capacità di ridurne il contenuto idrico sono i principali parametri oggetto di sperimentazione. A questo scopo i contenitori sono posti sotto copertura (fig. 2) e la capacità evapotraspirativa è quantificata sulla base dei riempimenti settimanali necessari a ripristinare il livello idrico iniziale. Le specie selezionate per la fitodisidratazione presentano adattamenti che le rendono tolleranti alle condizioni di asfissia radicale, in cui dovranno svilupparsi almeno per un primo periodo. Sono testate sia specie arboree appartenenti al genere Tamarix (Tamarix gallica L. e Tamarix africana Poir.) che specie erbacee perenni tipiche degli ambienti palustri (Phragmites australis (cav.) trin. ex steud., Carex gracilis Curtis, Iris pseudacorus L. e Juncus effusus L.). Le giovani piante sono poste a dimora su sistemi galleggianti biodegradabili, che dovranno garantire l’emersione della parte aerea fino a quando il sedimento presente nel bacino non avrà raggiunto uno stato di maggiore solidità (con contestuale riduzione in volume). Figura 2. L’area di sperimentazione pre-pilo- Figura 4. Contenitori riempiti con i fanghi della laguna con imta (Olmeto) pianto di Tamarix gallica (talea nelle prime fasi di sviluppo, Fig. 4a) e Phragmites Australis (Fig. 4b)