State buoni se potete
Transcript
State buoni se potete
Numero 35 inverno 2015 Periodico di informazione, svago e cultura bornese a cura de State buoni se potete... C’è un’espressione dialettale che mi ha sempre fatto sorridere: “L’è bèl del bröt”. “E’ talmente brutto da apparire bello”, si potrebbe tradurre... Un aforisma che esprime quanto anche l’orrore possa essere affascinante, se spinto all’estremo. Mi piace pensare che chi la pronuncia riveli un’attitudine alla ricerca del bello ad ogni costo, del buono nel cattivo, addirittura del bene nel male. Ah, l’eterna lotta! E’ un classico della letteratura, e anch’io nel mio piccolo non potevo esimermi dall’affrontare un simile dilemma sulle pagine della Gazza... Senza scendere in pensieri troppo filosofici, è comunque assodato che nell’essere umano, e ancor di più nel genere umano, il bene e il male non siano perfettamente determinabili, ma tendano spesso a confondersi: lo dimostrano certamente i recenti fatti di Parigi, dove alcuni invasati hanno sacrificato l’unico vero bene in loro possesso - la vita - provocando morte, dolore e distruzione ai propri simili, credendo in cuor loro - nel proprio fanatismo - di commettere un’azione buona e giusta. E questo è solo un fatto più eclatante degli altri, in mezzo alla miriade di atti violenti e cattiverie compiuti dai nostri simili ogni benedetto secondo che passa in nome del bene assoluto, di un Dio, o - paradosso dei paradossi - “per raggiungere la pace”... Insomma: tutto è relativo e ci sono dei termini che lo dimostrano. Ultimamente va molto di moda la parola “buonismo” che, pur avendo una radice positiva ha una connotazione decisamente negativa. Utilizzarla con enfasi e disapprovazione a mio parere rivela la tendenza opposta a quella di cui sopra, ovvero non quella di cercare a tutti i costi il bene nel male, ma l’esatto contrario, convinti che l’essere troppo buoni significhi essere deboli, e che il rifiuto, la violenza contro i propri simili siano in qualche modo indispensabili, e vadano esercitati in maniera sistematica, soprattutto con chi è diverso da noi per cultura, religione e orientamenti vari. Sono convinto che anche nell’ISIS i “buonisti” non siano visti di buon occhio... A parte gli scherzi, sebbene pochissimi possano ritenere di eguagliare San Francesco d’Assisi, Gandhi o Madre Teresa in quanto ad atti d’amore e di generosità verso il prossimo, rimango convinto che la strada per evitare brutalità come quelle di Parigi e come quelle che ogni giorno si consumano in varie parti del mondo sia la nonviolenza. Non è questione di porgere l’altra guancia, né di sottomettersi: credo sia fondamentale cercare di farsi rispettare, di non perdere la propria dignità e la propria cultura con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, in primis la denuncia dei soprusi; ma il rancore, le armi e soprattutto la guerra non servono a nulla, se non a generare una spirale di odio infinita, oltre - naturalmente - a molti profitti per gente senza scrupoli, ben lontana dalla battaglia... In quest’epoca di immigrazione incontrollata, di conflitti, di terrorismo e di crisi economica generale è facile cadere nella trappola dell’intolleranza, della paura, della diffidenza verso chi è diverso, ma in questo modo si fa esattamente il gioco di chi vuole terrorizzarci, si diventa deboli e ci si mette sullo stesso piano di chi la guerra la vuole scatenare a qualsiasi costo, anche sacrificando migliaia di innocenti, la cui unica colpa è quella di vivere nel posto sbagliato. Anche a livello individuale sono persuaso che la tolleranza, l’accettazione, l’indulgenza siano qualità che vadano praticate costantemente, non solo nel rispetto del prossimo, ma proprio per il nostro personalissimo interesse. E’ un bel modo di prendere la vita, un sistema per sopravvivere ai dolori, per perdonare ai piccoli torti subiti e mantenere gli amici nel tempo. Insomma, Natale o non Natale, vogliamoci bene, non diventatemi... “cattivisti”! F. S.