EDITORIALE Ci scusiamo con gli abbonati e gli affezionati

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EDITORIALE Ci scusiamo con gli abbonati e gli affezionati
EDITORIALE
Ci scusiamo con gli abbonati e gli affezionati lettori: per diversi motivi questo numero di
Islamochristiana esce con molto ritardo. Ma uno di questi motivi è bello e importante: la
preparazione della celebrazione del cinquantesimo anniversario del PISAI a Roma (1964-2014), che
per cause tecniche ha avuto luogo dal 22 al 24 gennaio 2015 presso l’aula magna della Pontificia
Università Urbaniana (Roma). Oltre alla celebrazione giubilare in se stessa, abbiamo riflettuto da
diverse prospettive sul tema “Studiare e comprendere la religione dell’altro. Verso un
riconoscimento reciproco tra le religioni e tra le culture nel mondo di oggi”.
Oltre al nostro Istituto, l’evento ha avuto tra gli organizzatori la Congregazione per
l’Educazione Cattolica, la Georgetown University (Washington) e l’Ambasciata della Repubblica
Federale di Germania presso la Santa Sede. Il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e la
Pontificia Università Urbaniana hanno gentilmente concesso il loro patrocinio.
Si è trattato di una vera grande festa che ha coinvolto, oltre ai professori e agli studenti del
nostro Istituto, anche personalità ecclesiastiche e accademiche del mondo intero. L’udienza
particolare presso il Santo Padre Francesco ha concluso magnificamente l’evento. Ciò che ci ha
fatto più piacere nella circostanza, è stato constatare l’affetto e la stima che il PISAI gode nel
mondo sia da parte dei cristiani sia da parte dei musulmani. Gli atti del convegno saranno pubblicati
prossimamente in un volume della collana “Studi Arabo-Islamici del PISAI”. Vogliamo però
lasciare un segno anche su Islamochristiana pubblicando sia il discorso che Papa Francesco ci ha
rivolto durante l’udienza nell’originale italiano e nella traduzione inglese sia la cronaca del
passaggio del PISAI dalla Tunisia a Roma, secondo il racconto di P. Maurice Borrmans, che ne è
stato uno dei protagonisti.
Quanto alla situazione del mondo attuale, potremmo dire che tutto continua a ripetersi con
esasperante monotonia. “Niente di nuovo sotto il sole”, diceva già Qohelet. A una timida e incerta
ripresa economica in alcune parti del mondo, rispondono nuovi egoismi; alla globalizzazione che
spinge le popolazioni a mescolarsi e a interagire, rispondono chiusure sempre più massicce delle
frontiere; alla solidarietà con i poveri che si esprime in mille modi e a prescindere dall’appartenenza
religiosa, rispondono i fondamentalismi etnici, culturali e religiosi che continuano a costruire
sempre nuove barriere ideologiche. I medesimi problemi assillano sempre le stesse regioni del
mondo. “Islamofobia” e “cristianofobia” continuano a imperversare. Sforzi e iniziative di dialogo
continuano a essere prodotti. Niente di nuovo, dunque. Bene e male continuano ad affrontarsi senza
interruzione nel macrocosmo come nel microcosmo.
Un fatto nuovo, tuttavia, si è imposto all’attenzione mondiale durante questo ultimo anno: la
comparsa del cosiddetto “Stato Islamico” (IS, EI, Daesh) sunnita a cavallo tra Siria e Iraq, al quale
sono arrivate adesioni da diversi Paesi già segnati da violenza settaria, come la Nigeria e la Libia.
L’auto-proclamazione di un “califfo” nella moschea di Mosul, il 29 giugno 2014, ne ha segnato
l’atto di nascita. Non è certo questo il luogo per cercare di comprendere un fenomeno così
complesso, in cui si intrecciano elementi economici, politici e religiosi. Desta invece un senso di
amarezza l’immagine che esso presenta dell’islam agli occhi del mondo: violenza fisica e morale;
pulizia etnica e religiosa non solo nei confronti di altre confessioni come i cristiani e gli yazidi ma
degli stessi musulmani colpevoli di pensarsi in maniera diversa; distruzione di simboli storici,
artistici, culturali e religiosi... Tutto presentato come obbedienza alla volontà di Dio e come
espressione del “vero islam”, duro e puro. Per fortuna le reazioni non si sono fatte attendere: da
quella, durissima, del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso del 12 agosto 2014 a quelle
di diversi organismi rappresentativi del mondo musulmano, come registra puntualmente la parte di
questo numero di ISCH dedicata a Note e documenti.
Nell’orrore di una situazione di violenza estrema, di intere popolazioni private di ogni dignità e
della stessa vita fisica, di odio feroce e di insicurezza continua, brillano come perle i gesti di bontà e
di coraggio di musulmani nei confronti dei cristiani e di cristiani nei confronti di musulmani. La
speranza nasce da qui: dalle affermazioni sincere seguite dalle opere di chi ha la responsabilità
dell’autorità e soprattutto dai gesti concreti della gente “normale”, non trascinata dall’ideologia ma
dalla considerazione della persona dell’altro. Un dato resta incontrovertibile: “Ogni violenza che
cerca di giustificarsi con la religione esige la più ferma condanna, perché l’Onnipotente è il Dio
della vita e della pace”, come ha detto Papa Francesco durante la sua visita in Turchia.
Il titolo generale di questo numero di ISCH (Melange) indica che non seguiremo quest’anno la
modalità consueta di un tema monografico. Il motivo fondamentale è dato dal fatto che sono giunti
in redazione molti articoli interessanti, che non avrebbero trovato spazio nella formula consueta. I
contributi sono quasi tutti dedicati all’attualità. Nella disposizione abbiamo cercato di raggrupparli
attorno a tematiche simili.
Dopo il discorso dedicato da Papa Francesco al PISAI e la cronaca del passaggio dell’Istituto
dalla Tunisia a Roma, come detto sopra, Ignazio De Francesco affronta il tema della morte come
martirio in prospettiva cristiana e musulmana in due opere storiche significative; Paul Lemarié
presenta l’esperienza attualissima del Movimento dei Focolari in relazione con i musulmani.
Un gruppo di articoli ruota attorno al tema della ricerca e dell’educazione: Gabriele Said
Reynolds analizza le nuove correnti di ricerca accademica sull’Islam e sul Corano nel Nord
America; l’Arcivescovo Maroun Lahham e Martino Diez, in due interventi, parlano dell’importanza
dell’educazione nel dialogo islamo-cristiano; Alessandro Cancian mette in relazione la formazione
nella ḥawza ‘ilmiyya sciita e nell’istituzione seminariale cattolica. In relazione con gli sciiti iraniani
è ancora l’articolo di Clément Therme, che analizza i rapporti di dialogo interreligioso tra la Russia
e l’Iran.
I due ultimi articoli riflettono situazioni locali. Il contributo di Najib George Awad ruota
attorno alla possibilità di pensare uno “stato laico” (civil state) nei progetti dei Fratelli Musulmani
siriani. Infine José Luis Sánchez Nogales e Gonzalo Villagrán Medina illustrano la situazione
dell’integrazione dei musulmani nella Spagna attuale.
Note e documenti, molto ricco, descrive incontri, opinioni, difficoltà e accordi tra cristiani e
musulmani nelle diverse parti del mondo. Le recensioni testimoniano l’interesse crescente per
l’islam e le relazioni islamo-cristiane nel mondo.
Nel suo discorso, Papa Francesco ci ha detto: “Auguro alla comunità del PISAI di non tradire
mai il compito primario dell’ascolto e del dialogo, fondato su identità chiare, sulla ricerca
appassionata, paziente e rigorosa della verità e della bellezza”. Islamochristiana, per quanto può,
cerca di seguire questa strada.
Islamochristiana