Da Bologna a Canberra: scambi che arricchiscono

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Da Bologna a Canberra: scambi che arricchiscono
Bollettino della Comunità Scientifica in Australasia
Ambasciata d’Italia
Dicembre 2005
CANBERRA
Da Bologna a Canberra: scambi che arricchiscono
Paola Lucidi
Da diversi anni l’Università di Bologna porta avanti progetti di scambio non
solamente con università europee, attraverso i progetti Erasmus, Leonardo e Socrates,
ma anche con università “overseas” in paesi quali Stati Uniti d’America, Giappone,
Australia, Cile, Colombia, Messico e Brasile. Le borse di studio messe a disposizione
degli studenti offrono l’opportunità di frequentare uno o due semestri accademici
presso l’università in cui si è vinto il posto di scambio. Essendo un programma
bramato da molti, le domande superano sempre di gran lunga i posti a disposizione, la
vincita del posto di scambio è determinata da selezione, durante la quale una
commissione verifica le motivazioni ed gli eventuali progetti proposti dallo studente
che intende partecipare al programma di scambio.
Durante l’anno accademico 2003/2004 presentai domanda per il programma
“Overseas”, chiedendo di svolgere i miei ultimi due semestri del corso di laurea
triennale in Traduzione e Interpretazione di Trattativa a cui ero iscritta, in Australia. E
a grande sorpresa, mi venne comunicata, il 4 dicembre 2003, l’assegnazione del un
posto di scambio presso l’Australian National University di Canberra per due semestri
accademici che, con grande gioia, accettai senza neanche doverci riflettere sopra.
Ebbi molto tempo per i preparativi che un viaggio del genere richiede, infatti la
partenza era prevista per luglio 2004. Ma tra le pratiche burocratiche per l’università, il
visto ad richiedere in ambasciata e il biglietto aereo, non ci fu poi così tanto tempo per
sognare l’amata Australia, che prima di quanto immaginassi si trasformò in una realtà
tutta da vivere e da scoprire.
In un ambiente estremamente stimolante come quello dell’ANU, con centinaia di corsi
offerti ogni semestre e migliaia di studenti provenienti da tutte le parti del globo, mi
ritrovai ad entrare in contatto con mondi e culture tanto diverse quanto affascinanti.
Tra le tante piacevoli conoscenze che feci ci fu quella con il mondo aborigeno
australiano. L’ANU offre vari corsi sugli studi aborigeni e durante i due semestri che vi
frequentai, ne seguii alcuni, approfittando dell’occasione per poter approfondire una
tematica che mi affascinò da subito.
Tra le varie attività che portai avanti durante il mio soggiorno in Australia, cui il
tirocinio presso l’Ambasciata d’Italia, decisi di scrivere la mia tesi di laurea, visto
l’interesse che la questione aborigena mi aveva suscitato. L’idea prese una forma più
definita durante le lezioni di un corso tenuto dal Prof. Harold Koch, “Languages in
Indigenous Australia”.
Lo scopo del corso era quello di offrire un quadro generale della natura e del ruolo
delle lingue nelle società indigene d’Australia, prima e dopo la colonizzazione ed una
panoramica sulle lingue parlate dai nativi d’Australia, ossia dalle popolazioni aborigene
e dai Torrres Strait Islanders.
Per il mio elaborato, decisi di focalizzare l’attenzione esclusivamente sulle lingue
parlate dalle popolazioni aborigene, non per creare una discriminazione razziale, ma
piuttosto per circoscrivere in qualche modo il mio già vasto campo di ricerca. Inoltre,
in un panorama di circa 200 lingue, almeno questo è il numero di lingue stimato al
momento della colonizzazione, presi in esame per questo studio solamente le lingue e
le comunità aborigene che presentano fenomeni linguistici e sociali comuni, pur
consapevole delle numerose differenze sia linguistiche che sociali fra le diverse
comunità.
Il tema principale del mio elaborato è il rapporto tra lingua e struttura sociale. Si può
infatti sostenere che lo studio di particolari aspetti della lingua offre informazioni sulla
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struttura e sui valori sociali di una comunità. Questi aspetti linguistici particolari sono
rappresentati per esempio dalla terminologia utilizzata per esprimere i legami di
parentela e per rivolgersi ai membri stessi della comunità, a cui è stato dedicato un
intero capitolo. Dall’analisi di questa terminologia è emerso che l’uso di determinati
termini riflette la struttura sociale della società che usa tale lingua. La struttura sociale
delle società aborigene risulta profondamente diversa da quella delle società
occidentali. Infatti, i termini che esprimono i legami di parentela non vengono
solamente impiegati per esprimere relazioni sanguinee, ma per riferirsi a tutti coloro
che appartengono ad un determinato gruppo linguistico (il concetto di gruppo
linguistico definisce spesso una comunità). Questi termini inoltre non si riferiscono ad
uno specifico individuo, ma a classi di individui. Perciò il termine “padre” non viene
usato esclusivamente per esprimere la relazione di paternità, ma per un gruppo di
individui più vasto costituito dal padre e dai suoi fratelli. Lo stesso vale per il termine
“madre” e per molti altri termini di parentela.
Dallo studio delle lingue aborigene d’Australia è emerso inoltre che particolari
“linguaggi” vengono usati dai membri delle comunità aborigene, in base al rapporto
tra gli interlocutori, come nel caso della “lingua di rispetto” usata tra nuora/genero e
suoceri, ed in base al contesto, come le “lingue segrete” che vengono invece usate
durante le cerimonie di iniziazione e in altri casi specifici. Caso opposto alle “lingue di
rispetto” è invece costituito dal tipo di linguaggio impiegato tra familiari in un
rapporto di parentela definito “scherzoso”, nel qual caso si tollerano l’uso di oscenità,
scherzi e giochi, che diventano una vera e propria regola di comportamento. Analisi
dettagliate sono state svolte per ciascuno di questi “linguaggi”, cercando di fornire un
quadro che potesse il più possibile la vasta e variegata realtà australiana.
Questo studio ha dimostrato inoltre la difficoltà nello studio delle lingue, che non
scaturisce esclusivamente dalle peculiarità della lingua stessa, ma dalla profonda
necessità di capirne i valori sociali in essa intrinseci.
Infine, con questo studio, mi proposi di promuovere, nel mio piccolo, lo studio della
cultura aborigena che ancora riveste un ruolo marginale nel contesto culturale
australiano. Infatti, pochi programmi scolastici prevedono lo studio della storia e
cultura delle popolazioni native d’Australia, e poche sono ancora le università che
offrono corsi esaustivi su questa tematica. Basta pensare che solo a partire dagli anni
’60 si inizia a sviluppare una coscienza politica indigena, ed è a partire da questo
periodo che il governo australiano iniziò a perseguire una politica di tolleranza e
rispetto di tutte le razze e culture, che portò alla nascita, nel 1961, per esempio,
dell’istituto australiano per gli studi aborigeni e sui Torres Strait Islanders (AIATSIS),
una biblioteca ricchissima da cui attinsi gran parte del materiale utilizzato per la stesura
del mio elaborato.
Portai a termine con successo il mio proposito. L’elaborato fu infatti ben recepito dal
mio relatore in Italia, Prof. Patrick Leech, insegnante di Lingua Inglese presso la
Scuola di Lingue Moderne per Traduttori e Interpreti di Forlì, presso la quale mi sarei
laureata il 5 ottobre.
Vorrei pertanto concludere esprimendo somma gratitudine all’Università di Bologna,
per l’occasione offertami, al Prof. Harold Koch, per tutte le conoscenze trasmessemi,
al Prof. Patrick Leech, per essere stato il mio relatore, ed infine all’Ing. Nicola
Sasanelli, per le opportunità concessemi e all’ANU per l’ospitalità.
Dott.ssa Paola Lucidi
Email: [email protected]
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