Le donne, del 1971

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Le donne, del 1971
Le donne
Nelle donne, la prima cosa che diventa vecchia è il
collo. Un giorno, si guardano nello specchio il collo
pieno di rughe. Dicono: « Ma come è successo? ». Intendono dire: « Ma come mai questo è successo a me?
a me, che ero giovane per mia natura e per sempre? ».
Avevano l'abitudine di lavarsi il viso col sapone.
Nei periodici, dove si parla della cura della pelle, è
scritto che non bisogna mai toccare il viso col sapone.
Esse tuttavia pensavano che il loro viso fosse un'eccezione, che fosse refrattario alle creme e fatto per essere insaponato con energia.
Tuttavia a poco a poco, sentono che si è insediata nella loro testa l'idea che il sapone fa malissimo.
Smettono di insaponarsi il viso. Comprano acqua tonica e latte detergente.
Ogni sera, spruzzando un poco di quel latte su un
batuffolo d'ovatta, gli torna alla memoria una frase
che hanno letto sui periodici: « Fai al tuo collo tutto
quello che fai al tuo viso ». Ogni sera, questa frase
gli sembra strana, perché pensano che al collo andrebbero prodigate più devote e sottili attenzioni.
Nel pulirsi la pelle con il latte, con l'acqua tonica,
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si chiedono se queste sostanze servano a qualcosa. Si
chiedono cosa diavolo ci sia dentro. Annusano la bottiglietta dell'acqua tonica, la trovano totalmente inodore. Si chiedono se ci sìa una vera differenza fra questa acqua e l'acqua dei rubinetti. Pensano intanto che in
fondo non gliene importa niente di avere le rughe. Però
le volte che sono andate a dormire senza usare né il
latte né l'acqua tonica, si sono sentite in colpa, avendo letto che senza queste sostanze « i pori non respirano ». Hanno a un tratto avuto la sensazione che il
loro viso fosse chiuso in una crosta e non respirasse,
Al mattino, lottano contro l'antica abitudine di insaponarsi il viso. Lo lavano con l'acqua del rubinetto1,
poi ancora col latte e l'acqua tonica. Il collo però lo
insaponano. Il perché Io ignorano. Le parole « fai al
tuo collo tutto quello che fai al tuo viso » al mattino
le mettono in disparte, Ma per un poco, quelle parole
ronzano in loro come un sordo rimprovero. A un tratto si chiedono perché mai la loro testa sia ingombra
di problemi tanto idioti.
A quarantanni, hanno cominciato a domandarsi come potevano fare per non diventare quell'animale ridicolo, antipatico e triste, che è chiamato « una donna di mezza età ».
Per abitare senza orrore col proprio essere, esse
devono a un certo momento dimenticare la loro età.
Perciò prendono a vivere avendo riposto la loro età
in un punto segreto del pensiero dove non vanno
a guardare mai. Però sanno che in quel punto avvolto
di nebbia, la loro età esiste. Non solo esiste ma cresce ogni giorno, come un'erba velenosa-
Nello stesso tempo, esse aspirano a diventare con
immensa rapidità delle vecchie curve fino a terra e canute. Sognano di avere chiome canute, boccolute e
sfatte come lana di materassi. Esse saranno allora una
cosa non più pesante e ridicola, ma invece venerabile e gentile. Nessuno scorgerà più su di loro i segni
della vecchiaia, perché esse impersoneranno la vecchiaia stessa.
Immaginano la loro testa canuta e boccoluta, un
ricamo, e una poltrona. Non usando esse mai ricamare,
non capiscono bene cosa faranno con quel ricamo. La
poltrona la vedono immersa nel vuoto. DÌ colpo si
accorgono che una simile immagine della vecchiaia è
un'immagine che hanno conservato dagli anni dell'infanzia, che avevano messo in disparte e che a un tratto risorge. Vi sentono odore di naftalina. È un'immagine da loro pescata un tempo in remoti sillabari. In
verità non è detto affatto che avranno, in vecchiaia,
una poltrona. Forse non avranno niente, i loro capelli
saranno una selva incolta e incolore ed esse staranno
sedute su un angolo di strada, stringendo in grembo
un barattolo vuoto.
Comunque, il tempo della vera vecchiaia gli sembra
irraggiungibile. Si sentono disperatamente lontane dalla vera vecchiaia. Intanto, non sanno cosa essere e come essere. Non sanno come devono vestirsi. I vestiti
evidentemente destinati alle signore di mezza età, li
detestano. E d'altronde detestano le signore di mezza
età. Tuttavia loro questo sono. Non volevano, ma è
questo che sono. Guardano con desiderio, nei negozi,
le camicette e le magliette. Però pensano che quelle ca-
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micette e magliette, su di loro, sarebbero ridicole.
Chissà come deve essere vestita una donna di mezza
età. Non si sa. Non lo sa nessuno.
Si comprano dei maglioni con il collo alto rivoltato. Però quando li mettono, pensano con insistenza
al loro collo, nascosto nel collo del maglione. Così
non amano portare quei maglioni, non amando pensare al loro collo, desiderando non già di nasconderlo ma
di scordarsene resistenza. Ripongono quei maglioni nei
cassetti, in sacchetti di cellophane. Quando aprono
quei cassetti, pensano che sono diventate, invecchiando,
d'un ordine meraviglioso. Pensano anche, come mai
gli sia venuto in testa di comprare tutti quei maglioni
da marinaio, essendo esse tutto fuorché dei marinai.
Trovano che oggi invecchiare è molto complicato.
Molto più complicato di una volta. Una volta, doveva
essere abbastanza semplice. Trovano inoltre che invecchiare oggi è molto più complicato per le donne che
per gli uomini. Non sanno bene il perché. Pensano che
forse le donne non hanno mai saputo come essere e
cosa essere, ma adesso lo sanno meno che mai.
Pensano che quello che si chiedeva alle donne che
invecchiavano, una volta, era chiaro. Gli si chiedeva
di invecchiare in pace, dolcemente, di muovere con
passi tranquilli verso una tranquilla penembra. Adesso, alle donne si chiede di restare giovani il più a
lungo possibile. Gli si chiede di essere magre, sane,
intraprendenti, robuste. Nello stesso tempo, gli si chiede anche di levarsi in fretta dai piedi, non essendoci al
mondo nessuno spazio per le vecchie donne, le quali,
Quello che le donne usavano un tempo fare da vecchie, accudire ai piccoli nipoti e ricamare dei centrini e
dei cuscini, si è rivelato in parte totalmente inutile,
in parte necessario ma necessario in via provvisoria e
per caso. I centrini si sono rivelati inutili avendo capito la gente che i vassoi possono stare benissimo senza centrini. Quanto ai cuscini, ricamarli non è necessario. Nessuno crede più nella durevolezza degli oggetti, perciò nessuno fissa più Io sguardo su divani e vassoi. Si è insediato nel mondo un forte disprezzo per
divani e vassoi. Le donne condividono questo disprezzo, l'hanno provato in giovinezza e anzi hanno la sensazione di essere state fra i primi esseri umani a spar
gere questo disprezzo nell'universo. Difatti, da ragaz
ze, detestavano il superfluo e puntavano sull'essenziale. Sognavano case nude e pareti spoglie. Tuttavia il
loro era un semplice disprezzo. Ormai quello che intorno dilaga non è più soltanto disprezzo, è nausea intollerabile verso gli oggetti. Il mondo straborda di oggetti e ne sente nausea. Le donne condivìdono questa
nausea. Ma nello stesso tempo non possono fare a meno dì amare nella memoria i centrini ricamati e le ca-
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benché siano magari sane e robuste, forti come dei
tori, sono però ugualmente vecchie, il contrario delle
ragazze.
Le donne pensano che per gli uomini è quasi la stessa cosa. Però non del tutto. Gli uomini, essendo considerati i padroni della terra, troveranno forse fino all'ultimo un poco di spazio, che alle vecchie donne sarà negato.
se solide, adorne, calde e piene di tende e tappeti della
loro remota infanzia.
Quanto ai piccoli nipoti, figli dei loro figli, esse a
volte sono chiamate per accudirli. Ne sono felici, sentendosi ad un tratto indispensabili. Di colpo gli sembra di essere molto vecchie, di avere infine raggiunto
un'età irrevocabile e precisa. Hanno però sempre la
sensazione che i bambini vengano affidati a loro per
caso, in mancanza di meglio, nell'attesa che si istituiscano buoni e sicuri giardini d'infanzia. Sentono di
essere giudicate molto peggiori di un giardino d'infanzia. I figli trovano che esse hanno dei sistemi vecchi e
sbagliati. Inoltre la figura della nonna accanto ai bambini non è contemplata dalla psicanalisi. Così esse sì
sentono accanto ai bambini delle figure trascurabili e
non contemplate.
Quando i piccoli nipoti vengono loro affidati, esse ricevono dai figli l'ingiunzione severa di non servirsi dei loro antichi sistemi, che si sono rivelati balordi.
Esse devono così mettere in disparte le loro norme,
che sentono addensarsi nella mente in presenza dei
bambini. Devono imparare a non chiedere che a pranzo i bambini rimangono seduti, devono imparare a guardarli in silenzio mentre mangiano il pranzo passeggiando per le stanze. Devono imparare a guardarli levarsi il tovaglielo e pulire le gambe del tavolo, allineare gli spaghetti sul pavimento e dopo mangiarli, perché le norme d'igiene che esse un tempo hanno appreso non valgono più, essendo state travolte dall'importanza essenziale della libertà infantile. Le parole « Mangia col pane », che esse hanno udito nella loro ìnfan128
zia e ripetuto nella maternità, simili parole gli salgono
alle labbra ma devono ricacciarle indietro, perché figli e nuore hanno loro a lungo spiegato che il pane ingrassa e che inoltre ai bambini non bisogna dare sul
cibo né ordini, né consigli. Nel momento di mettere
i bambini a dormire, le vecchie donne si trovano fra
le mani delle mutandine di gomma, che a loro sembrano sommamente malsane, e devono infilare sui bambini dei calzoncini forniti di un numero immenso di
automatici, i quali non combaciano mai.
Così alla fine d'una giornata con i bambini, le vecchie donne si sentono spossate come dopo una lunga
battaglia. La loro testa è piena di dubbi. In qualche
momento trovano la nuova educazione assurda, i bambini viziati e faticosi, in qualche momento pensano
di avere torto e di avere sempre avuto torto. Benché
molto stanche, corrono però in farmacia a comprare
sei o sette paia di mutandine di gomma, perché quelle
che gli sono state consegnate con i bambini gli sembrano poche e stracciate. Esse le detestano, ma desiderano che almeno ce ne sia un buon numero, visto
che ne viene fatto uso. Sperano che, quando i bambini saranno di nuovo affidati a loro la prossima volta,
esse riceveranno in consegna le nuove sette paia di
mutandine. Non si sa però se ci sarà una prossima
volta, perché forse nel frattempo sarà stato trovato un
meraviglioso giardino d'infanzia.
La volta dopo, i bambini vengono loro affidati con
due sole paia di mutandine di gomma, già vecchissime e lacere. Inutile chiedere dove siano finite le sette paia nuove. Alcune paia sono andate perse non si
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sa dove, le altre sono invecchiate subito. Le mutandine di gomma invecchiano in fretta. Vengono rapidamente travolte nel disordine dell'universo. Sono state create così odiose, perché fosse facile usarle e disfarsene senza rimpianti. Non si possono rammendare.
Rotte, si buttano via. Del resto la parola « rammendare » a poco a poco sparisce. Essa significa piegarsi con
amore sugli oggetti. Sparisce, perché gli oggetti non si
amano più, si odiano.
Le donne si domandano quale sarà la loro mansione
quando saranno vecchie del tutto, se non c'è più bisogno di nessuno per ricamare e per rammendare. È
vero che loro non sanno né ricamare, né rammendare,
come se avessero intuito in giovinezza che sarebbe
stato inutile. Si accorgono però d'aver sempre pensato
che un giorno, quando sarebbero state troppo vecchie
per fare altro, avrebbero improvvisamente imparato
il rammendo e il ricamo. Né di ricamare né di rammendare, al mondo oggi si fa più parola. Inoltre per i rammendi e i ricami, andavano bene delle case tranquille
e solide, un tavolo, una poltrona, una lampada. Le
donne oggi non sanno se ci saranno ancora poltrone e
lampade nel futuro. Si accorgono a un tratto che non
esiste più il futuro. Esso si è dileguato dal mondo, è
fuggito. Non soltanto per loro, ma per tutti. Le donne pensano che però, di questo, loro soffrono più degli altri. Nell'angoscia universale sentono mescolarsi
le loro angosce personali, gli sembra di portare stampata sul proprio essere l'incertezza, l'inquietudine e
l'inettitudine universale. Sentono agitarsi nel proprio
spinto una strana folla di violente collere e di sotto130
missioni decrepite. Pensano che loro, le donne, forse
erano venute al mondo per amare il futuro, per aspettare, generare, custodire e contemplare il futuro. Era
questo che erano venute a fare al mondo e adesso non
sanno più cosa devono fare.
giugno 71
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