1 LA COMUNICAZIONE TRA MEDICO E PAZIENTE NON E` UN

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1 LA COMUNICAZIONE TRA MEDICO E PAZIENTE NON E` UN
Simposio FAPP Torino 17/11/2007
LA COMUNICAZIONE TRA MEDICO E PAZIENTE NON E’ UN EVENTO MA UN
PROCESSO DI NEGOZIAZIONE CHE POTREBBE PREVENIRE IL RISCHIO CLINICO
E RIDURRE L’INDICE DI SINISTROSITA’ DI UN’AZIENDA SANITARIA
Guido Cento
Noi italiani siamo un popolo di artisti. L’artista crea.
Non so cosa accada nelle altre professioni, ma in quella di medico io mi sono comportato ed ho
visto comportarsi alcuni colleghi come se la comunicazione tra medico e paziente fosse un evento
occasionale. Il solo fatto di possedere una laurea ed una specializzazione mi ha fatto per anni
presupporre di avere il patentino del comunicatore, anche di cattive notizie. Come se la capacità di
comunicare fosse un carisma legato al ruolo che induce chi lo riveste a sapere quel che è bene per il
proprio paziente.
Tra le decine di contatti con persone ho un ricordo indelebile di incontri con familiari di pazienti in
rianimazione cui qualche volta mi è capitato di chiedere il consenso al prelievo di reni di loro
congiunti in coma depassè per eventuale trapianto di persone dializzate. Rivedo ancora i loro occhi
pieni di lacrime mute ed i loro visi distrutti dalla disperazione. E ricordo con altrettanta sofferenza
la mia partecipazione al loro dolore e la fatica anche fisica (ogni volta senti di aver perso qualche
mese di vita) indipendentemente dal consenso o diniego ottenuti.
In quelle come in altre occasioni ero solito chiudermi per qualche momento nella stanza del medico
di guardia ad ascoltare fondamentalmente il mio vuoto ed a cercare risposte, mai arrivate, alla
disperazione di quei momenti.
Dieci anni fa, cambiando mestiere, ho iniziato ad occuparmi di organizzazione, di procedure, di
istruzioni operative. Con un gruppo di colleghi, medici ed infermieri, per un anno, il 1997, ho
lavorato alla predisposizione della procedura per la “corretta informazione al cittadino sul suo stato
di salute”. Poche allora le leggi in proposito da utilizzare come guida. Non tante le pubblicazioni
specifiche ed in maggioranza riguardanti il paziente oncologico; non chiare le indicazioni sul
consenso informato. All’inizio del percorso anche molto distanti le opinioni tra colleghi. E’ stato il
mio primo approccio alla comunicazione tra medico e paziente vissuta come PROCESSO e non
come EVENTO. Ed è lì che ho incominciato a capire che anche nella comunicazione è
indispensabile un percorso organizzato con un inizio, un cammino con tappe pianificate ed in
successione temporale, varie interfacce e vari attori coinvolti, i punti critici da tenere sotto controllo
e gli indicatori di processo che misurano i risultati delle varie fasi e quelli di esito che misurano il
raggiungimento dell’obiettivo prefissato, una chiusura relativa alla “fase acuta” della
comunicazione e la pianificazione di un follow up a distanza.
Perché un processo, come recita la Norma ISO 9000/2000 applicata in molti paesi del mondo e che
definisce in 8 capitoli i requisiti per la gestione di un sistema qualità aziendale, viene riconosciuto
come un “insieme di risorse ed attività tra loro interconnesse che trasformano elementi in ingresso
in elementi in uscita aggiungendo loro valore”.
Un risultato voluto è ottenuto con maggiore efficacia quando le risorse e le attività correlate sono
gestite come un processo.
Poiché un processo prevede che sia definito:
CHE COSA OTTENERE: ( un paziente informato? un consenso informato? un paziente
collaborante? una persona in grado di autodeterminare le proprie scelte per una vita futura
magari pesantemente sconvolta dalla comparsa di una malattia? )
CHI SONO I FORNITORI: ( medico di famiglia, specialisti clinici o di servizi, psicologi,
altri…)
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CHE COSA DEBBONO FORNIRE: (c.f.r Procedura Generale P.G.5.1 del Sistema
Qualità ASO S. Croce e Carle di Cuneo) nel rispetto di quanto previsto dalla vigente
normativa anche in materia di Consenso Informato (c.f.r. Linee di indirizzo AReSS Regione
Piemonte aprile 2006) UN’INFORMAZIONE RISERVATA, VERITIERA,OBIETTIVA,NON
IMPOSTA, ADEGUATA ALLA SITUAZIONE PATOLOGICA DEL PAZIENTE,
COMPRENSIBILE, AGGIORNATA, COMPLETA, CON TEMPI ADEGUATI ALLA
NECESSITA’, UNIVOCA, IN LUOGO DEDICATO.
COME FUNZIONA : è necessario che il medico apprenda gli strumenti e le metodologie
per una corretta comunicazione e che utilizzi opportune domande controllo (FEED BACK)
per verificare, non solo utilizzando il proprio percepito, ma ove possibile con evidenze
oggettive, se il percorso comunicativo sta raggiungendo gli obiettivi prefissati.
CHI GOVERNA IL PROCESSO: il/i medici cui è affidato il farsi carico del paziente.
COME E’ POSSIBILE MIGLIORARLO: il processo di comunicazione in medicina è
dinamico, non statico; è fatto da una persona per e con un’altra persona, spesso con grosso
coinvolgimento emotivo da ambo le parti, ed essendo dinamico è passibile di
miglioramento, attraverso l’autovalutazione da parte del medico, il confronto coi colleghi e
la supervisione di esperti.
Ritengo la comunicazione tra medico e paziente parte sostanziale della prestazione professionale ed
attività comprimaria nel processo diagnostico terapeutico assistenziale che in alcune pubblicazioni è
stata accreditata di un notevole peso (~30%) c.f.r. “Dall’altra parte” di P. Barnard BUR, giugno
2006.
Oggi tendiamo a supplire con tecnologie a volte non appropriate la comunicazione che non
sappiamo sostenere trincerandoci dietro la richiesta paradossale della 18° TAC al paziente che ci fa
la fatidica domanda “ dottore, ma si saranno formate nuove metastasi?”.
Senza contare che questi comportamenti incidono profondamente sull’efficienza del SSN,
aumentando notevolmente il rischio clinico ed il criterio di efficienza non necessariamente ha una
valenza negativa perché identificato come riduzione della spesa , ma ha un contenuto etico che, in
presenza di risorse limitate, ci porta a riflettere che probabilmente ciò che viene sprecato per
qualcuno viene tolto a qualcun altro.
Come per qualunque processo quello del comunicare necessita di STRATEGIE e TATTICHE.
Strategia è la predisposizione ed il coordinamento dei mezzi necessari a raggiungere un determinato
obiettivo; potremmo definirla con molta approssimazione la linea di condotta che descrive “a che
gioco giochiamo e perchè?”e, riferendola al processo di comunicazione , quella che ci permette di
ottenere il risultato di informare correttamente per ottenere un consenso informato, compliance ed
autodeterminazione della persona malata utilizzando al meglio le risorse.
Tattica è l’arte di ordinare, quella che ci permette di definire il “come?” raggiungere l’obiettivo del
comunicare correttamente attraverso l’utilizzo delle capacità personali (carisma), della cultura del
confronto e di metodologie e strumenti idonei.
E tornando all’inizio di queste mie riflessioni sono profondamente convinto che il saper comunicare
non sia solamente un dono di pochi sparuti eletti. Si può e si deve imparare a comunicare.
Uno dei sogni che ho nel mio cuore di medico / organizzatore è che un giorno non lontano le
Facoltà di Medicina inseriscano tra le materie di studio anche quelle che ci permettano di utilizzare
al meglio il processo del comunicare. Il tempo dedicato all'informazione, alla comunicazione e alla
relazione è tempo di cura. Una corretta informazione esige un linguaggio chiaro e condiviso. (
punto 5 della Carta di Firenze 2005)
Certamente il bagaglio culturale del medico conterrebbe qualche strumento in più per vivere la
nostra professione in modo più completo sentendoci meno abbandonati.
Prendendo a prestito la frase di un noto scrittore francese riaffermo che compito di ciascun medico
è quello di “GUARIRE QUANDO E’ POSSIBILE, CURARE SPESSO , PRENDERSI CURA
SEMPRE”.
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Questa riflessione è quanto mai preziosa oggi quando alla medicina si richiede attraverso tecnologie
sempre più sofisticate di essere totipotente e capace di allungare all’infinito la vita delle persone ed
al medico di essere quel semidio in grado di guarire sempre.
Saper utilizzare la parola per curare è strumento per umanizzare la medicina ma anche attività
insostituibile del processo di diagnosi e cura che può concorrere a prevenire il rischio clinico
riducendo l’indice di sinistrosità delle nostre strutture sanitarie e che aggiunge valore alla
prestazione professionale.
Guido Cento
BIBLIOGRAFIA
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Norma UNI EN ISO 9001/2000
Norma UNI EN ISO 9000/2000
Manuale Generale per la Qualità ASO Cuneo rev 6; capitolo 5
Procedura Generale PG 5.1 rev 1 giugno 2006
D.L. 502/1992, art. 14
Legge 196/2003 (legge sulla privacy)
Linea guida prodotta dal "Progetto di miglioramento continuo della
qualità dell’informazione sullo stato di salute della persona ricoverata"
A.S.O. S.Croce e Carle di Cuneo anno 1998
• Codice Penale artt. 622, 326
• Progetto “Il consenso informato consapevole”, DS-Ufficio Qualità Aso S.
Croce e Carle di Cuneo, marzo 2003
• Carta di Firenze aprile 2005
• “Linee di indirizzo per la gestione del consenso informato” AReSS
Piemonte del 12.04.2006 recepite con delibera aziendale 380 del 26.04.06
(presente sulla rete intranet)
• Codice di deontologia medica 16 dicembre 2006
• Atti del convegno “parole che curano” Cuneo 22 e 23 febbraio 2007
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