Tirabassi, La mostra migrazioni italiane testo 25
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Tirabassi, La mostra migrazioni italiane testo 25
1 LA MOSTRA «MIGRAZIONI ITALIANE» Maddalena Tirabassi Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane www.altreitalie.it Oggi di emigrazione italiana si parla costantemente, ma sono ancora numerosi gli stereotipi che accompagnano il fenomeno che ha percorso tutta la storia nazionale. Avvalendoci di una quasi trentennale esperienza di ricerca della Fondazione Giovanni Agnelli sulle tematiche relative alle migrazioni italiane, e dalla ventennale attività editoriale di Altreitalie, abbiamo pensato di proporre una mostra che illustrasse, attraverso materiali che si trovano presso il Centro Altreitalie − documenti, fotografie e statistiche − il lungo e complesso percorso delle migrazioni italiane a partire dall’Unità d’Italia a oggi1. Il paradigma migratorio italiano per cifre, durata e varietà di mete, e una vastissima produzione storiografica che si è andata intensificando nell’ultimo decennio, meritavano, secondo noi, un approfondimento in questo senso. L’Italia ha partecipato con i suoi movimenti di popolazione alla prima e alla seconda globalizzazione; la più recente storiografia ha abbattuto lo spartiacque tra migrazioni pre e post unitarie. Se si guarda indietro nel tempo, dalle mobilità dell’Ancien Régime si è passati al più grande esodo migratorio dell’era moderna. A cavallo del XIX e del XX secolo, a partire dal 1861, sono state registrate più di ventiquattro milioni di partenze, un numero quasi equivalente all’ammontare della popolazione al momento dell’Unità. Anche se queste cifre non tengono conto del fenomeno dei rientri che, nel periodo che va dal 1861 alla Seconda guerra mondiale, si aggirò attorno alla metà delle partenze. L’Italia ha avuto inoltre un ruolo di primo piano in Europa per le migrazioni del secondo dopoguerra, sia interne sia verso l’estero. Sempre tra le nazioni europee, è quella che più repentinamente è passata da paese di emigrazione a terra di immigrazione. Anche in questo caso, l’Italia ha il primato della presenza del maggior numero di nazionalità sul territorio, con 130 nazionalità segnalate nel 2007. Persiste inoltre un debole flusso migratorio con una media di 46.000 espatri all’anno negli anni novanta, in cui all’emigrazione tradizionale, che rappresenta l’80 per cento, composta da persone con un titolo di studio medio inferiore, si affianca un’emigrazione di diplomati e laureati. Gli italiani figurano tuttora tra i gruppi immigrati in diversi paesi europei, in alcuni di questi le seconde generazioni sono oggetto ancora oggi di indagini sociologiche. La mostra ripercorre le vicende e i temi salienti degli anni a cavallo fra il XIX e il XX secolo fino ai giorni nostri descrivendo i movimenti migratori del nostro Paese, il viaggio, il lavoro, la casa, le difficoltà dell’inserimento nel tessuto sociale del paese d’accoglienza. Affronta poi questioni legate alla storia delle migrazioni italiane, rese attuali dai nuovi flussi internazionali. Il felice esito dell’epopea migratoria italiana non deve far dimenticare i difficili inizi, attraverso documenti che illustrano e descrivono i quartieri e le abitazioni; le discriminazioni subite, di cui il caso di Sacco e Vanzetti fu solo il più eclatante; la durezza delle condizioni di lavoro nelle fabbriche e nelle miniere (la tragedia di Marcinelle). La mostra dà conto del passaggio alle seconde e terze generazioni, e della progressiva integrazione sociale ed economica. Infine, una specifica attenzione è data al presente, con approfondimenti sul ruolo delle comunità italiane nel mondo globale, il comportamento elettorale degli italiani all’estero e il passaggio dell’Italia da paese di emigrazione a paese d’immigrazione. Riportiamo in questa sede parte dei testi introduttivi e per intero la sezione statistica. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 2 Saluzzo (CN), Festivalstoria, 2005 Castellabate (SA), Le giornate dell’emigrazione, 2006 © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 3 Torino, La Cavallerizza Reale, in occasione dello spettacolo teatrale «Bar Franco-Italien», regia di Jean Claude Penchenat da un testo di Myriam Tanant, 2008 Torino, La Cavallerizza Reale, 2008 Le mete Geograficamente, i flussi migratori hanno spaziato per tutti i continenti, ancorché in misura diversa. L’Italia contribuì con percentuali analoghe all’esodo verso l’Europa e verso le Americhe, ma una notevole differenza è data dalle zone di partenza: il mezzogiorno fornì il 90 per cento della propria emigrazione alle Americhe, privilegiando gli Stati Uniti. Il viaggio in treno per raggiungere i paesi dell’Europa settentrionale era non solo altrettanto lungo, ma costava più di quello sul bastimento. Dal settentrione l’emigrazione privilegiò l’Europa e l’America Latina, con ulteriori suddivisioni per quello che riguarda le mete transoceaniche: dal Veneto si andò prevalentemente in Brasile, mentre i © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 4 piemontesi privilegiarono l’Argentina. Dalle regioni dell’Italia centrale l’emigrazione si divise equamente tra stati nordeuropei e mete transoceaniche. Emigrazione per principali paesi di destinazione europea (1876-1945) Anni Francia Svizzera Germania 1876-85 406.780 101.571 71.208 1886-95 286.054 96.843 127.986 1896-1905 396.292 397.374 434.748 1906-15 569.577 744.504 591.905 1916-25 998.642 126.758 11.402 1926-35 532.383 170.261 7.397 1936-45 47.045 22.165 70.108 Totale 3.236.773 1.659.476 1.314.754 Benelux Inghilterra Tot. 5 Tot. Europa 3.524 5.419 588.502 850.219 2.053 5.891 518.827 970.133 8.221 23.527 1.260.162 1.890.943 23.691 34.646 1.964.323 2.426.091 67.208 20.634 1.224.644 1.286.311 46.124 5.965 762.130 809.778 2.516 1.114 142.948 149.649 153.337 97.196 6.461.536 8.383.124 Fonte: ns. rielaborazioni su dati Istat, Sommario di statistiche storiche italiane, vari anni Espatri per principali paesi di destinazione extra-europei (1876-1945) Anni USA Canada Argentina Brasile Australia* Totale 1876-85 83.583 1.198 157.860 55.936 460 299.037 1886-95 377.068 7.557 414.426 503.599 1.590 1.304.240 1896-1905 1.306.083 23.225 489.748 450.423 3.440 2.272.919 1906-15 2.385.800 116.585 716.043 196.669 7.540 3.422.637 1916-25 738.050 33.149 378.041 66.988 7.480 1.223.708 1926-35 259.412 13.221 264.081 35.487 33.516 605.717 1936-45 48.416 1.392 29.930 5.041 14.248 99.027 Totale 5.198.412 196.327 2.450.129 1.314.143 68.274 9.227.285 * Periodi considerati: 1871-80; 1881-90; 1891-1900; 1901-10; 1911-20; 1921-30; 1931-40 Fonte: ns. rielaborazioni su dati Istat, Sommario di statistiche storiche italiane, vari anni Migrazioni regionali Si trattò di un esodo che toccò tutte le regioni italiane, con una priorità dell’esodo settentrionale tra il 1876 e il 1900 con tre regioni che fornirono da sole il 47 per cento del contingente migratorio: il Veneto (17,9 per cento), il Friuli Venezia Giulia (16,1 per cento) e il Piemonte (12,5 per cento). La situazione si capovolse nei due decenni successivi quando il primato migratorio passò alle regioni meridionali con la Sicilia che dette il maggior contributo, 12,8 per cento con 1.126.513 emigranti, seguita dalla Campania con 955.1889 (10,9 per cento). © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 5 Espatri per regioni di provenienza (1876-1942) Regioni Piemonte e Valle d’Aosta Lombardia Veneto Trentino Friuli V.G. Liguria Emilia Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale Media periodo 1876-1900 1901-1915 1916-1942 Totale % 709.076 831.088 533.085 2.073.249 11,3% 519.100 940.711 823.659 882.082 847.072 117.941 220.745 290.111 8.866 70.050 15.830 109.038 136.355 520.791 50.282 191.433 275.926 226.449 8.135 5.257.911 210.316 560.721 105.215 469.430 473.045 155.654 320.107 189.125 486.518 171.680 955.188 332.615 190.260 603.105 1.126.500 89.624 8.765.616 584.374 497.579 1.840.338 392.157 2.214.950 119.245 119.245 378.631 1.786.424 116.099 339.255 188.955 879.130 258.906 1.022.062 43.341 207.861 114.378 504.535 78.556 283.511 157.342 752.898 62.620 370.655 319.496 1.795.475 155.632 538.529 67.203 448.896 281.480 1.160.511 449.093 1.802.042 35.666 133.425 4.249.464 18.272.991 157.388 10,1% 12,1% 0,7% 9,8% 1,9% 4,8% 5,6% 1,1% 2,8% 1,6% 4,1% 2,0% 9,8% 2,9% 2,5% 6,4% 9,9% 0,7% 100% Fonte: ns. rielaborazioni su dati Rosoli G., Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976, Cser, 1978 e Istat, Sommario di statistiche storiche italiane, vari anni L’emigrazione piemontese L’emigrazione piemontese ha una storia secolare iniziata già all’epoca dell’ancien régime a partire dalle zone montane. La mobilità era legata all’esercizio di attività artigianali, mestieri itineranti qualificati e reti commerciali molto estese che determinavano comunità con un forte tasso di emigrazione maschile stagionale e una sempre più alta presenza femminile nel settore agricolo. In pianura le dinamiche economiche e demografiche erano differenti così che l’epoca delle grandi migrazioni si aprì solo intorno alla metà del XIX secolo e, soprattutto, dopo l’unità d’Italia con il grande esodo concentrato negli anni fra il 1876 e il 1930. Alla fine del XIX secolo le migrazioni piemontesi erano caratterizzate da una prevalenza maschile (circa l’80 per cento) e da alti tassi di rimpatri a indicare appunto una mobilità stagionale e temporanea. All’inizio del XX secolo cominciarono a partire anche molte donne e bambini, con un picco nel decennio precedente alla Prima guerra mondiale. In questa fase il 41 per cento si imbarcava per destinazioni transoceaniche. Superato il periodo bellico, i flussi migratori ripresero anche se più lentamente a causa delle crisi economiche internazionali e alle leggi fasciste contro l’emigrazione. Fra le due guerre la presenza femminile raggiunse il 60 per cento del totale degli emigranti. L’ultima grande ondata si registrò nel secondo dopoguerra soprattutto per le richieste di ricongiungimenti familiari, ma dagli anni sessanta anche per l’espatrio di studiosi e lavoratori altamente qualificati che cercavano all’estero maggiori opportunità occupazionali. Oggi nel mondo si contano quasi sei milioni di individui di origine piemontese discendenti dei due milioni di persone che sono emigrate dalla regione fra il 1870 e il 1970. Inizialmente le direzioni privilegiate erano i paesi confinanti, Francia, Svizzera e Germania, ma ben presto le destinazioni d’oltreoceano cominciarono ad attrarre sempre più, fino ad interessare il 50 per cento degli espatri. In particolare l’America Latina è stata la zona che ha accolto il maggior numero di emigranti e oggi vi si contano 4.150.000 persone con origini piemontesi. È l’Argentina a vantare il maggior numero di piemontesi per nascita o discendenza, sono in tutto tre milioni e abitano principalmente nelle province di © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 6 Còrdoba, Mendoza, Rosario, Buenos Aires e Santa Fe. Seguono il Brasile con 700.000 presenze (principali centri d’insediamento sono le città di San Paolo e Belo Horizonte), il Venezuela (Caracas) con 200.000 e il Cile (Santiago) con 150.000. In tutto il Nord America vivono altri 700.000 piemontesi, mentre in Europa il primato spetta alla Francia meridionale con 500.000 presenze. In Francia La Francia, meta privilegiata dell'emigrazione italiana, nel tempo ha assorbito oltre quattro milioni di immigrati. Nella seconda metà dell'Ottocento, contadini e pastori, venditori ambulanti e mendicanti delle province più vicine al confine, furono seguiti da un numero sempre crescente di lavoratori stagionali. Alla vigilia della Prima guerra mondiale erano il più numeroso gruppo di stranieri, quasi mezzo milione. Gli italiani si distribuirono prevalentemente in tre aree: i dipartimenti meridionali del Var, delle Alpes Maritimes e di Bouches-du-Rhone che ne ospitavano, con la Corsica, due terzi. Nei dipartimenti della Haute Savoie, della Savoie e dell'Isère, si dirigeva un secondo contingente, mentre il terzo era attratto dalla capitale e dal suo circondario. Solo dopo la Prima guerra mondiale sarebbe cresciuta in modo esponenziale la presenza nei distretti minerari e siderurgici settentrionali. Il 30 per cento veniva dal Piemonte, il 20 per cento, dalla Toscana, il 10 per cento dalla Lombardia, dall'Emilia e dal Veneto. Gli uomini lavoravano nell’edilizia pubblica e privata, nei porti, e nell'agricoltura. Le donne erano occupate nel servizio domestico sia in famiglia sia negli alberghi delle località costiere, nel baliatico, e negli opifici tessili del Lionese. Erano presenti anche schiere di bambini, importati in condizioni di semischiavitù e messi al lavoro nelle famigerate vetrerie. Anche in Francia non mancarono episodi di xenofobia: nel giugno del 1881 la violenza antiitaliana si ripeté per più giorni a Marsiglia, a seguito di una banale rissa fra immigrati, i Vespri marsigliesi. L'episodio più grave si verificò nel 1893 ad Aigues Mortes, quando una rissa fra operai al lavoro nelle saline provocò una caccia all'uomo che si concluse con una decina di morti e varie decine di feriti. Le ripetute esplosioni di xenofobia non impedirono né la crescita della presenza italiana in vari settori occupazionali, come costruzioni ferroviarie, miniere e grande industria siderurgica, né la diffusione di forme di mobilità sociale, legate soprattutto al commercio, alla ristorazione e alla piccola impresa edile. Migrazioni italiane nei principali paesi europei (1861-1990) Anni Francia Germania* Svizzera 1861-80 636.090 149.970 171.000 1881-900 633.350 317.320 260.240 1901-20 1.237.110 876.110 1.089.170 1921-30 1.023.088 11.494 157.056 1931-50 405.822 58.177 398.890 1951-70 799.179 906.361 1.766.064 1971-90 105.040 585.522 506.492 4.839.679 2.904.954 4.348.912 Totale *Dal 1949 in poi, i dati si riferiscono alla sola Repubblica federale tedesca Fonte: ns. rielaborazioni su dati Istat, Sommario di statistiche storiche italiane, vari anni Nel secondo dopoguerra l'emigrazione riprese. Oltre ai ventimila minatori previsti dal primo accordo italo-francese del 1946 altri diecimila immigrati arrivavano autonomamente: alla fine dell'anno i clandestini erano trentamila; il doppio nel 1949. Alcuni scelsero come alternativa al rimpatrio l'arruolamento nella legione straniera che permetteva, dopo cinque anni, di acquisire la cittadinanza francese e un lavoro. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 7 Nel corso degli anni sessanta l’immigrazione dalle regioni meridionali ebbe il sopravvento. Fu l'edilizia, assieme alle attività commerciali e di ristorazione, che offrì le migliori opportunità di mobilità sociale e gli italiani andarono a occuparvi posizioni tecniche e imprenditoriali. Nonostante il flusso ininterrotto degli arrivi, il numero degli italiani in Francia era destinato a scendere, per via delle naturalizzazioni permesse dallo ius soli per cui ai figli degli emigranti veniva attribuita la cittadinanza del Paese di nascita. La lunga storia dell'immigrazione italiana ha prodotto nel tempo condizioni sempre più favorevoli all'integrazione dei nuovi arrivati che hanno trovato, nelle comunità di più vecchio insediamento, possibilità per l’inserimento nella società francese attraverso la scuola, i sindacati, le associazioni e le attività sportive. Il processo di integrazione ha portato alla perdita di quella visibilità che ovunque connota gli stranieri. Ciononostante, la vicinanza dei due confini e la crescente facilità dei trasporti, hanno portato a una doppia appartenenenza culturale e identitaria, la francitalité, raccontata da molti rappresentati della seconda e terza generazione. Stati Uniti Gli Stati Uniti sono il Paese che è stato più studiato. Dal 1820 al 1920, 14 milioni di cittadini europei emigrarono negli Stati Uniti. Circa cinque milioni erano italiani. Tra gli ultimi a partire negli anni a cavallo del secolo, assieme a popolazioni provenienti da Paesi dell’Europa sud-orientale, essi furono spesso vittime di pregiudizi e discriminazioni. La gran massa dell'emigrazione italiana negli Stati Uniti si diresse nelle città dell'Est attraverso la migrazione a catena che portò alla costituzione delle little italies nelle principali città statunitensi, interi quartieri abitati da italiani nelle cui strade la lingua ufficiale erano i vari dialetti del pesi di provenienza, con negozi in cui si vendevano prodotti di importazione italiani. Spesso, quartieri una volta residenziali si svuotarono per lasciare il posto ai tenement. Si trattava il più delle volte di veri e propri ghetti in cui gli immigrati contrastavano l’emarginazione sociale aggrappandosi alle tradizioni del proprio paese d’origine. Man mano che gli immigrati si integravano nella società americana il vivere in quartieri italiani diventò una scelta. Gli italiani privilegiarono i lavori salariati, anche in vista del rientro in Italia, e furono impiegati nelle fabbriche, nella costruzione di strade, ferrovie e nelle miniere. Le donne lavoravano a domicilio. Spesso tenevano pensionati: parenti o compaesani detti i «bordanti”. Nelle zone agricole vennero impiegate nella raccolta di frutta e ortaggi e nelle industrie alimentari. Nei primi anni dell’insediamento erano quasi sempre affiancate nel lavoro dai bambini. Emigranti italiani negli Stati Uniti (1881-1990) Totale emigrazione italiana ANNI Stati Uniti 1861-70 …. 1.210.400 1871-80 1.175.960 1881-90 244.870 1.879.200 1891-900 514.330 2.834.730 1901-10 2.329.450 6.026.690 1911-20 1.566.780 3.828.070 1921-30 419.161 2.550.639 1931-40 114.636 702.650 1946-50 66.068 1.127.720 1951-60 193.459 2.937.406 1961-70 166.961 2.646.994 1971-80 82.800 1.082.340 1981-90 36.569 687.302 totale 5.735.084 28.690.101 Fonte: elaborazione di Altreitalie su dati Istat © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli Percentuale 13% 18,14% 38,60% 40,92% 16,43% 15,80% 5,85% 6,58% 6,30% 7,65% 5,32% 19,98% 8 Il lavoro Con il forte sviluppo di industrie, edilizia e infrastrutture si ebbe grande richiesta di manodopera sia in Europa – soprattutto Francia e Svizzera- sia nelle Americhe. L’Argentina e il Brasile incoraggiavano l’immigrazione per la colonizzazione delle loro terre. In Brasile, dove dal 1888 era stata abolita la schiavitù, vi era gran richiesta di braccia per le fazendas: intere famiglie, prevalentemente venete, vennero reclutate e lavoravano per i latiofondisti in una sorta di regime mezzadrile. Il tipo di attività dipendeva dalle offerte del mercato del lavoro nei paese di immigrazione. Per le donne questo era ancor più vero. Nei paesi transoceanici si ebbero migrazioni femminili inserite prevalentemente nel contesto familiare anche se le donne giunsero spesso in momenti successi rispetto agli uomini. Qui le occupazioni includevano lavoro agricolo o a domicilio a seconda delle zone d’insediamento. In Europa furono più numerose le partenze di donne sole che svolgevano lavori di domestica, balie e sarta oltre che di operaia. Tra le due guerre La fine della Prima guerra mondiale sancì la fine del liberismo migratorio e concluse l’epoca della grande emigrazione. Si può dire che tutti i Paesi di destinazione adottarono misure per contenere l’immigrazione. I movimenti in Europa vennero regolamentati attraverso accordi bilaterali. Negli Stati Uniti venne introdotto il Quota System che fece calare l’immigrazione italiana dai 5.735.811 del decennio 1911-1920 ai 528.431 negli anni 1931-1941. Analoghe politiche vennero intraprese da Canada, Brasile e Australia. In Italia non si fermarono però le migrazioni che furono incoraggiate dal regime fascista soprattutto per il popolamento delle proprie colonie. L’avvento dei regimi totalitari diede adito a un fenomeno migratorio di diverso genere. Si calcola che dopo l’avvento del fascismo partirono dall’Italia circa sessanta mila esuli, i «fuorusciti». Essi si recarono nei paesi europei e nelle Americhe. L’emigrazione nel secondo dopoguerra Due guerre mondiali e il fascismo limitarono fortemente il flusso migratorio italiano che riprese però nel dopoguerra, inserendo nuove mete come il Canada e l’Australia, accanto alle solite nelle Americhe e in Europa. Dal 1945 i valori medi annui dell’esodo toccarono le trecentomila unità. Mentre nel decennio 1946-55 più del cinquanta per cento privilegiò mete extraeuropee, tra il 1961 e il 1965 l’85 per cento degli espatri avvenne verso paesi europei. A partire dagli anni sessanta l’emigrazione – quasi quattro milioni di persone, di cui ben uno dalla Sicilia – avvenne quasi esclusivamente dalle regioni meridionali e si orientò verso le aree industrializzate dell’Europa settentrionale e nel triangolo industriale italiano. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 9 Espatri per regioni di provenienza (1946-2004) Regioni Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Veneto Trentino Friuli V.G. Liguria Emilia Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Totale Media periodo 1946-1976 1977-1988 1989-2004* Totale % 141.669 35.699 47.474 224.842 2,4% 475.799 81.876 102989 856.844 386.685 283.224 172.633 60.728 172.693 293.352 464.505 248.344 936.561 856.503 242.456 752.372 785.056 109.430 7.423.719 239.475 99.698 112.360 15.946 25.759 15.807 23.110 17.047 4.536 13.335 33.125 24.280 12.596 99.276 106.536 30.960 85.280 125.774 16.056 897.180 74.765 110.970 17.848 47.367 23.133 25.675 35.834 32.745 7.431 15.306 79.278 15.204 7.091 72.030 80.990 13.098 63.017 159.734 21.848 876.073 54.755 686.467 212.084 166.302 905.736 428.167 342.168 222.425 72.695 201.334 405.755 503.989 268.031 1.107.867 1.044.029 286.514 900.669 1.070.564 147.334 9.196.972 7,5 2,3 1,8 9,8 4,7 3,7 2,4 0,8 2,2 4,4 5,5 2,9 12,0 11,4 3,1 9,8 11,6 1,6 100 * Iscrizioni anagrafiche cancellate per l'estero Fonte: ns. rielaborazioni su dati Istat, Sommario di statistiche storiche italiane e Annuario statistico italiano, vari anni Le migrazioni interne Oltre ai flussi da e per l’estero, l’Italia ha infatti vissuto nel corso della sua storia rilevanti migrazioni interne. Conseguenza di diverse dinamiche demografiche regionali e, soprattutto, di ineguali prospettive di sviluppo economico tra differenti aree del nostro Paese, le migrazioni interne hanno sperimentato una fase acuta nel periodo postbellico, in occasione di quel processo di ricostruzione che ha coinciso con un periodo di intenso progresso economico e industriale del nord-ovest accentuando i divari economici tra Settentrione e Mezzogiorno. Con il «Miracolo economico», nel corso degli anni ’50 e ’60, i flussi si sono prevalentemente indirizzati verso le aree metropolitane dei centri industriali. Nel 1961 la corrente migratoria est-ovest (dal Triveneto verso le regioni nord occidentali), lascia il posto a crescenti flussi dal sud. Dei nove milioni di emigrati dal Mezzogiorno, si stima che due milioni si siano diretti verso le regioni del «triangolo industriale» (Torino-Milano-Genova) e un milione e ottocentomila nel Lazio. L’immigrazione meridionale a Torino Tra il 1951 e il 1969 la popolazione torinese è aumentata di 439.000 unità, da 700.000 a un milione e 170.000 abitanti. L’ondata migratoria più massiccia investì Torino negli anni tra il 1959 e il 1962 con 64.745 unità nel 1960, 84.426 nel 1961 e 79.743 nel 1962. Ancora oggi dal Mezzogiorno si emigra nelle regioni del Nord Italia. Negli anni novanta i trasferimenti di residenza dal sud al nord hanno di gran lunga superato le centomila unità annue. Gli italiani nel mondo oggi Il fenomeno migratorio italiano non si è del tutto esaurito. Ancora oggi, con 4 milioni di residenti all’estero, l’Italia è tra i paesi dell’Unione Europea quello con il più alto numero di emigrati, seguito da Portogallo, Spagna e Grecia. Tra i paesi avanzati, inoltre, ha la più alta incidenza di emigrati rispetto alla © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 10 popolazione presente. L’area di insediamento prevalente è l’Unione Europea (42 per cento) e, in particolare, ben 716 mila si trovano in Germania, 360 mila in Francia e 282 mila in Belgio. Il 57 per cento degli emigrati italiani è originario del meridione, il 29 per cento proviene dal nord e il restante 14 per cento dal centro. Rispetto al passato è tuttavia cambiato il profilo professionale: oggi, tra i nuovi emigranti, si riscontrano numerosi tecnici ed operai specializzati, imprenditori e ricercatori. Nel corso di questi ultimi anni il flusso degli italiani che espatriano in cerca di migliori opportunità di lavoro si è aggirato intorno alle cinquantamila unità all’anno, controbilanciato da altrettanti rimpatri. Nel 2004 le cancellazioni anagrafiche per l’estero sono state 64.849 con Lombardia e Sicilia in testa nella graduatoria regionale. Decisamente più rilevante è invece l’entità numerica delle collettività dei cosiddetti oriundi italiani, cioè di quelle popolazioni di origine italiana che ne comprendono anche i discendenti. Alle soglie del 2000, secondo recenti stime del Ministero degli Affari Esteri, le popolazioni di origine italiana nel mondo si collocherebbero tra i 60 e i 70 milioni. Le comunità di origine italiana più numerose si trovano in Argentina, Stati Uniti, Brasile, Canada e Australia. Un fenomeno importante degli ultimi due decenni è l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei discendenti degli emigrati. In alcuni Paesi dell’America Latina, in particolare in Argentina, in seguito alla crisi economica si sono avute numerose richieste per l’ottenimento di un passaporto italiano. Il voto italiano all’estero Nel 2001 è stata approvata, dopo un dibattito parlamentare che risale addirittura al primo decennio del Novecento, la legge sul voto degli italiani all’estero. Finora costoro hanno partecipato a due consultazioni referendarie nel giugno 2003 e nel giugno del 2004. In linea con quanto accaduto sul territorio nazionale, i referendum del 12 e 13 giugno 2005 hanno registrato tassi di partecipazione molto bassi anche da parte degli italiani residenti all’estero. Su un totale di 2.665.081 soggetti aventi diritto, solo il 19 per cento si è espresso in merito ai quattro quesiti referendari. Rispetto alla precedente consultazione referendaria del 15 giugno 2003, che aveva registrato tassi di partecipazione al voto del 21,7 per cento abbiamo quindi registrato un calo di partecipazione pari a circa 2,7 per cento punti percentuali. L’affluenza alle urne sul territorio nazionale in occasione delle due citate consultazioni è stata del 25,7 per cento nel 2003 e del 25,9 per cento nel 2005. Come già accaduto in occasione della consultazione precedente, l’area che ha partecipato maggiormente al voto, registrando tassi superiori anche al dato nazionale, è stata l’America Meridionale Argentina (30,6 per cento), Uruguay (30,8 per cento) e Perù (35,8 per cento). Seguono le macroaree dell’Asia-Africa-Oceania-Antartide (circa il 18,7 per cento di votanti), l’Europa (16,7 per cento) e ultima – confermando la scarsa propensione al voto già emersa nel 2003 – l’America Settentrionale e Centrale, in cui solo il 12 per cento degli aventi diritto ha votato. Gli italiani nel mondo sono saliti alla ribalta con le elezioni politiche del 2006, quando il loro voto ha avuto un peso determinante sul risultato elettorale. L’immigrazione in Italia Negli anni in cui il saldo migratorio italiano invertiva la tendenza (nel 1973 i rimpatri superarono per la prima volta gli espatri) iniziarono ad arrivare in Italia i primi immigrati. Durante gli anni settanta e fino all’inizio degli anni ottanta furono quattro i più importanti flussi migratori: tunisini che si recarono in Sicilia dove trovarono lavoro come braccianti nei settori della pesca e dell’agricoltura; le prime donne immigrate filippine, eritree, capoverdiane, somale e latino-americane che andarono a fare le domestiche; manovali edili iugoslavi. In ultimo vi fu un flusso di rifugiati politici e di studenti provenienti da altri paesi europei, come la Grecia, o asiatici e africani. Nel 1996 i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini stranieri per la prima volta superarono il milione (1.095.622) suddivisi tra comunitari, 13,9 per cento, ed extracomunitari, 86,1 per cento. A fine 2007 la quota di immigrati sulla popolazione si aggira attorno al 5 per cento, l’1,9 se si contano solo coloro che non provengono dalla Unione europea, mentre in molti paesi europei si aggira attorno al 7/9 per cento e, nel caso svizzero, è del 21,7 per cento. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 11 Per l’Italia si è parlato di arcipelago migratorio poiché l’arco delle nazionalità presente nel paese è straordinariamente ampio, le tabelle ne riportano una trentina che vedono al primo posto le seguenti nazionalità: Romania con oltre 342.200 presenze seguita da Albania (375.947), Marocco (343.228), Cina Popolare, Ucraina, Filippine, Polonia, Tunisia, ma sono circa 130 le nazionalità segnalate. Popolazione straniera residente in Italia per sesso e area geografica (2004 - 2007) AREE GEOGRAFICHE 1° gennaio 2004 m f 1° gennaio 2007 m+f m f m+f EUROPA 423.600 490.020 913.620 629.282 765.224 1.394.506 AFRICA 342.669 207.132 549.801 461.200 288.697 749.897 ASIA 180.343 154.661 335.004 279.494 232.886 512.380 63.940 124.515 188.455 101.735 177.225 278.960 7.441 9.017 16.458 7.831 9.470 17.301 56.499 115.498 171.997 93.904 167.755 261.659 1.046 1.516 2.562 1.008 1.528 2.536 APOLIDI 329 388 717 354 289 643 TOTALE 1.011.927 978.232 1.990.159 1.473.073 1.465.849 2.938.922 AMERICA AMERICA SETTENTRIONALE AMERICA CENTROMERIDIONALE OCEANIA Fonti: Istat, La popolazione straniera residente in Italia al 1 gennaio 2007, sito istat, 2 ottobre 2007 Nel 1990 il Parlamento italiano approva la legge Martelli che regolamenta l’immigrazione in Italia e il soggiorno degli stranieri. Sarà seguita dalla legge Turco-Napolitano nel 1998 e dalla legge Bossi-Fini nel 2002. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 12 Immigrati in Italia: prime trenta nazionalità presenti (2006) Paesi Albania Marocco Romania Cina Ucraina Filippine Tunisia Macedonia Polonia India Ecuador Perù Egito Serbia e Montenegro Senegal Sri Lanka Moldova Bangladesh Pakistan Germania Nigeria Ghana Brasile Francia Bosnia Erzegovina Regno Unito Algeria Croazia Federazione Russa Bulgaria Apolidi e altro Totale Soggiornanti 375.947 343.228 342.200 144.885 120.070 101.337 88.932 74.162 72.457 69.504 68.880 66.506 65.667 64.411 59.877 56.745 55.803 49.575 46.085 38.135 37.733 36.540 34.342 29.205 26.298 24.673 21.519 21.360 20.459 19.924 362.463 2.938.922 Fonte: Istat 2007 © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli % sul totale 12,7 11,7 11,6 5 4 3,5 3 2,6 2,5 2,4 2,3 2,3 2,2 2,2 2 1,9 1,9 1,7 1,6 1,4 1,3 1,2 1,2 1 0,9 0,8 0,7 0,7 0,7 0,7 12,3 1868 1873 1876 1885 1887 1888 1893 1940-46 1897 1901 1903 1906 1907 1908 1910 1915 1917 1919 1921 1924 1927 Cronologia Il primo intervento statale sull’emigrazione nell’Italia unita si ha con la «circolare Menabrea»: impone alle autorità competenti di impedire le partenze per l’Algeria e l’America a coloro che non hanno un lavoro o adeguati mezzi di sussistenza. La «circolare Lanza» aggiunge l’obbligo per gli emigranti di presentare un impegno scritto a pagare il viaggio di ritorno in caso di rimpatrio da parte dei consolati. La «circolare Nicotera», emanata durante il governo Depretis mitiga in parte le leggi precedenti. Approvato negli Stati Uniti il Contract Labor Act che proibisce il reclutamento dei lavoratori in Europa e i viaggi prepagati. Monsignor Scalabrini fonda la Congregazione di missionari per gli emigranti. Abolizione della schiavitù in Brasile. Le «braccia per le fazendas» vengono cercate nei paesi poveri europei attraverso viaggi sovvenzionati. La legge Crispi proclama la piena libertà di emigrare (solo le donne sposate necessitano dell’assenso del marito, disposizione annullata nel 1919), disciplina l’attività degli agenti e dei sub agenti richiedendo loro una patente, regolamenta il trasporto, crea le Commissioni arbitrali per la risoluzione delle vertenze tra emigrati e vettori. Gli emigrati con obblighi di leva necessitano del permesso del Ministero della guerra, i loro figli sono soggetti agli obblighi di leva, se in possesso della cittadinanza italiana. In Francia ad Aigues-Mortes incidenti tra operai francesi e italiani. Con l’ingresso dell’Italia nel Secondo conflitto mondiale gli emigrati che risiedono nei Paesi Alleati vengono dichiarati stranieri nemici e in taluni casi messi in campi di internamento. Negli USA il Literacy test, approvato dal Congresso, viene bloccato dal veto del presidente Grover Cleveland. Istituito il Commissariato Generale dell’Emigrazione (CGE) che abolisce agenti e subagenti sostituendoli con i rappresentanti dei vettori, stabilisce la patente annuale di vettore per le compagnie di navigazione e la fissazione di noli di stato. Al Banco di Napoli viene affidata l’esclusiva sulla raccolta dei risparmi degli emigranti. Ulteriori compiti riguardano la repressione dell’emigrazione clandestina e la tutela delle donne e dei fanciulli. Anarchici, epilettici e mendicanti non possono immigrare negli Stati Uniti Negli USA il Naturalization Act richiede la conoscenza dell’inglese per ottenere la naturalizzazione, prima tappa per l’acquisizione della cittadinanza. l’Immigration Act sancisce l’aumento della tassa sull’immigrazione e vengono esclusi i malati di tubercolosi, le persone affette da malattie mentali o handicap fisici. Primo Congresso degli italiani all’estero. Il Commissariato Generale dell’Emigrazione diventa parte del Ministero degli Affari Esteri. Con la guerra viene imposto l’obbligo del passaporto per chi emigra dall’Italia. Negli USA approvato il Literacy test e raddoppiata la tassa sull’immigrazione. In Italia il «testo unico» pone restrizioni alla libertà di emigrare. Negli USA con l’Emergency Quota Act viene ammesso il 3 per cento all’anno di ogni nazionalità europea basandosi sul censimento del 1910. Negli USA il Johnson-Reed Act stabilisce che dal 1927 sarebbe stata abbassata la percentuale per paese al 2 per cento e viene preso il 1890 come anno di riferimento. Il CGE viene trasformato da Mussolini in Direzione generale degli italiani all’estero sotto l’egida del Ministero degli esteri. Gli anarchici Nicola Sacco e Bartolomeo © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli Vanzetti vengono giustiziati negli Stati Uniti. Entra in vigore la legge sulle quote in base alla nazionalità, prendendo però come riferimento il 1920. Questa serie di provvedimenti fa sì che l’immigrazione italiana negli Stati Uniti cali dai 5.735.811 del decennio 1911-1920 ai 528.431 negli anni 1931-1941. 1934 In Brasile viene introdotta una quota per limitare l’immigrazione. 1946 L’accordo del giugno 1946 tra Italia e Belgio prevede l’invio di 2000 giovani disoccupati la settimana da far lavorare nelle miniere belghe in cambio della vendita a basso costo di un certo numero di tonnellate di carbone. 1951 Iniziano le migrazioni dal Sud al Nord Italia. 1956 L'8 agosto 1956 un incendio scoppiato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier, (Charles LeRoi, Marcinelle) causa la morte di 262 persone di dodici diverse nazionalità, di cui 136 italiane. I minatori rimangono senza via di scampo, soffocati dalle esalazioni di gas. 1965 Accordo italo-svizzero che subordina l’immigrazione italiana nella Confederazione alla concessione di un permesso. 1970 Vengono istituite le Regioni a statuto ordinario. 1973 Gli immigrati in Italia superano le partenze. 1988 Seconda Conferenza Nazionale dell’Emigrazione. 2001 Con la legge del 27 dicembre 2001 viene conferito il diritto di voto ai cittadini italiani residenti all’estero. 2002 Entra in vigore la Legge Bossi-Fini: «Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo». 2003 Nel mese di giugno i cittadini italiani residenti all’estero si recano per la prima volta alle urne. 2002-3 Grande regolarizzazione degli immigrati in Italia: 700.000 domande di cui 650.000 vengono accolte. 2006 Decreto flussi: ammette 170.000 extracomunitari più 170.000 nuovi comunitari. 1/1/2007 Romania e Bulgaria entrano a far parte della UE, circa 500.000 immigrati da extra diventano comunitari. 11/4/2007 Libera circolazione dei cittadini comunitari dell’Europa allargata. 2007 Passaggio dalle questure ai comuni delle procedure per ottenere il permesso di soggiorno, creazione dello «sportello unico». 1929 © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli 1 Il programma di ricerca su gli italiani nel mondo è stato avviato dalla Fondazione Giovanni Agnelli nel 1976. All’inizio degli anni ottanta, in collaborazione con il Center for Migration Studies di Staten Island, New York (CMS) e la National Italian American Foundation che ha sede a Washington (NIAF) vennero promosse ricerche sulle associazioni italoamericane sfociate nella pubblicazione di tre volumi. Numerose ricerche furono poi dedicate all’America Latina, collaborando con studiosi dei centri studi e delle università locali: Università di San Paulo, Universidade Federal do Rio Grande do Sul, il Cemla di Buenos Aires. Successivamente si instaurarono collaborazioni con il Balch Institute di Philadelphia e l’Immigration History Research Center di St. Paul, Minnesota. I primi studi promossi dalla Fondazione Giovanni Agnelli tentarono di definire le esigenze degli emigrati e dei loro discendenti esaminando la storia dell’emigrazione italiana nei vari paesi. Accanto all’attività di studi e ricerche si intraprese fin dall’inizio uno sforzo di divulgazione, attraverso l’allestimento di mostre. Nel 1981 venne organizzata la mostra «Italia, un paese modellato dall’uomo» esposta negli Stati Uniti, in Canada, Brasile, Argentina e Venezuela. Il versante italiano dell’emigrazione fu analizzato nel 1982 attraverso l’allestimento a Torino di «Integrato metropolitano, tre volti dell’emigrazione italiana, New York, Chicago, Torino» che aveva non solo lo scopo di far conoscere in Italia la storia degli emigrati, ma anche quello più importante di cercar di trarre dalla propria esperienza migratoria transatlantica una chiave di lettura per comprendere il fenomeno delle migrazioni interne le cui conseguenze Torino si trovava allora ad affrontare. Per favorire la conoscenza e la circolazione in Italia degli studi intrapresi oltreoceano relativi all’emigrazione e alle comunità italiane nel 1987 si promosse la pubblicazione di Euroamericani tre volumi dedicati alle popolazioni di origine italiana negli Stati Uniti, Argentina e Brasile. Successivamente il progetto ha dato vita alla collana editoriale Popolazioni e culture italiane nel mondo. Nel 1990 e nel 1993 la rivista XXI Secolo ha presentato una valutazione quantitativa delle comunità di origine italiana nel mondo cercando di fornire basi scientifiche al dibattito sul voto italiano all’estero operando una distinzione tra i cittadini italiani all’estero e i discendenti degli emigrati , spesso raggruppati entrambi sotto l’etichetta generica di italiani nel mondo. Essenziali strumenti del lavoro oggi sono la rivista Altreitalie. Rivista internazionale di studi sulle migrazioni italiane nel mondo, pubblicazione semestrale nata nel 1989 e dal 1996 disponibile on line nel portale (http://www.altreitalie.it) e il Centro di Documentazione sulle Popolazione e le Culture Italiane nel Mondo. Dal 2000 il Centro gestisce anche le banche dati on-line relative al progetto Cerca le tue radici, per effettuare ricerche avanzate sulle liste delle centinaia di migliaia d’italiani sbarcati a New York, a Buenos Aires e a Vitoria (Brasile) a cavallo fra XIX e XX secolo. Nel corso del 2004 si è provveduto a sviluppare il nuovo portale www.altreitalie.it, che contiene tra l’altro la collezione completa della rivista, le banche dati e il catalogo on line del Centro di documentazione. Nello stesso anno è stato organizzato il convegno internazionale «Una lettura transnazionale della diaspora italiana attraverso le generazioni», con contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e della Regione Piemonte sfociato nella pubblicazione del volume, a cura di Maddalena Tirabassi, Itinera. Paradigmi delle migrazioni italiane. Nel 2005, attraverso un un finanziamento della Compagnia di San Paolo è nato il Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane volto a potenziare le attività nel settore. © Centro Altreitalie, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli